No al carbone Alto Lazio

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13 gennaio 2014

ISPRA: Enel risarcisca 3,6 miliardi per inquinamento a Porto Tolle

Ecco il doc originale: http://www.slideshare.net/thomasmackinson/relazione-ispra
Riportiamo l'articolo da Ilfattoquotidiano

 "Un risarcimento da 3,6 miliardi per danno ambientale e sanitario. Questa la cifra che i periti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) hanno quantificato, per la prima volta, rispetto all’impatto economico per lo Stato della centrale di Porto Tolle, in provincia di Rovigo: 2,6 miliardi di danni sanitari, essenzialmente per la mortalità in eccesso, più un miliardo per omessa ambientalizzazione. Centrale gestita da Enel, colosso energetico italiano e seconda utility quotata in Europa, a processo per disastro ambientale. A chiedere la perizia, firmata da Leonardo Arru su incarico dell’avvocatura di Stato, i ministeri di Ambiente e Salute, parte civile nel procedimento – denominato ‘Enel bis’ – insieme alle associazioni. Una notizia che non piace (quasi) a nessuno, tanto che a parlarne è solo la stampa locale. Non piace a Enel che a fine dicembre aveva esultato per una riduzione dell’indebitamento da 42 a 40 miliardi ora virtualmente gravato dal rischio di future, pesantissime, passività. Non piace al governo che tramite il Tesoro (31,2%) è il primo azionista di riferimento e carezzava da tempo l’idea di vendere quote per fare cassa. E ora si trova in mezzo a una surreale disputa tra ministeri in cui lo Stato fa causa a se stesso. Sarà poi pane per le agenzie di rating che da mesi incrociano un balletto di svalutazioni e rivalutazioni su titolo e prospettive della seconda società italiana per capitalizzazione di Borsa La perizia è di fine novembre 2013 ma è rimasta confinata nell’ambito del procedimento che si tiene al tribunale di Rovigo per disastro ambientale che è prossimo alla conclusione (la sentenza è prevista per marzo 2014). Eppure potrebbe – secondo il legale di parte civile Matteo Ceruti – diventare un precedente per una serie di situazioni pendenti ad altissimo impatto ambientale oggetto d’indagine o di processi di riconversione: dalla Tirreno Power (ex Enel oggi gruppo De Benedetti) di Vado Ligure (Savona), per la quale la locale procura indaga per gli stessi capi di imputazione, passando per le centrali di Brindisi (Enel), Monfalcone in provincia di Gorizia (A2a), Torre Valdaliga Nord a Civitavecchia (Enel). Non a caso associazioni ambientaliste che si sono costituite nel processo, come Greenpeace, ritengono la perizia un significativo passo avanti non solo per l’entità dell’importo risarcitorio richiesto ma perché mette in chiaro il principio per cui ‘chi inquina paga’. Il conto arriva sul Delta del Po per cause di ordine storico, industriale e perfino politico. La centrale costruita negli anni Ottanta a pieno regime emetteva più anidride solforosa (SO2 ) di qualunque altro impianto fisso in Italia. Ancora nel 2002 si stima sprigionasse da sola il 10% di tutte le emissioni di SO2 imputabili a qualsiasi altra fonte sul territorio nazionale. Per i reati ambientali connessi al funzionamento della centrale, la responsabilità dei direttori dell’impianto e degli amministratori delegati di Enel spa dell’epoca, Paolo Scaroni e Franco Tatò, è stata definitivamente accertata in Cassazione nel 2011 ma i reati erano ormai prescritti: restavano le conseguenze patrimoniali che la corte d’appello di Venezia sta quantificando. Ulteriori indagini e perizie hanno poi permesso di accertare il nesso causale tra le emissioni e le conseguenze di ordine ambientale e sanitario sulla popolazione, in particolare sui bambini. Così è partito il processo “Enel bis” che vede oggi imputati una decina di dirigenti Enel che si sono avvicendati tra il 1998 e il 2009. Secondo la procura di Rovigo, che procede per disastro doloso, avrebbero trascurato l’installazione di impianti che avrebbero consentito di tutelare la salute dei residenti e del territorio provocando un significativo aumento dei ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie della popolazione infantile. A comparire davanti al collegio saranno anche l’attuale amministratore delegato Fulvio Conti e i suoi predecessori. E’ in questo procedimento che il ministero dell’Ambiente, parte civile insieme a quello della Salute, tramite l’avvocatura dello Stato distrettuale di Venezia, ha chiesto di valutare anche i danni economici per lo Stato. Danni per l’appunto quantificati in 3,6 miliardi. “Un anno di vita perso vale 40mila euro” - Gli enti locali a corto di soldi stanno uscendo dal processo penale in cambio di noccioline: 130mila euro a testa per cinque Comuni emiliani, più 500mila euro per il Parco regionale del Delta del Po. In tutto 1,1 milioni di euro. Di ancor meno si accontentano gli enti locali veneti (fuorché la Provincia di Rovigo e i Comune di Rosolina e Porto Tolle che sono rimasti come parti civili). Risarcimenti a fronte dei quali le parti si impegnano, tra l’altro, a rinunciare a eventuali pretese o azioni giudiziarie future connesse al funzionamento della centrale sino al 2009. E a questo punto tocca vedere se lo Stato, invece, venderà cara la pelle. “Una valutazione cautelativa”: come viene calcolato il danno Il tecnico che ha firmato la perizia ha portato in aula i calcoli fatti per il periodo 1998-2009, riguardo alla diffusione di biossido di Zolfo (SO2) sulla base delle emissioni dichiarate da Enel al registro internazionale delle emissioni. La stima monetaria è stata fatta utilizzando la metodologia elaborata dall’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) e – avverte il perito – “con un orientamento cautelativo” (leggi nel box). Non quantifica, tra l’altro, taluni tipi di impatti come i danni all’ecosistema da acidificazione e deposito di ozono o quelli agli edifici e al patrimonio culturale. Ma si avvicina molto al danno presunto, anche perché alternativa non c’è visto che “non si può stabilire generalmente il danno ritenendolo linearmente proporzionale ai carichi di inquinamento”. Si può, invece, circoscrivere l’addendum di emissioni in eccesso che qualificano e quantificano il peggioramento del profilo emissivo, e moltiplicarlo per unità di costo-vita, laddove esistano indici di mortalità correlabili. Ebbene secondo il perito del ministero dal ’98 al 2009 ci sarebbero 2,6 miliardi di euro di danni connessi al rilascio di 418mila tonnellate di SO2 in eccesso rispetto a quelli rilasciati qualora la centrale avesse operato in un ipotetico regime a gas metano, come imponeva di fare la legge regionale veneta del 1997 istitutiva del Parco del Delta del Po. Ciascuna tonnellata viene moltiplicata per diversi coefficienti individuati in sede europea. La difesa di Enel: “Cifra abnorme e analisi infondata” – Enel, dalla sua, ha già contestato queste cifre come “abnormi”, ritenendo del tutto “infondata” l’analisi dell’Ispra. In particolare, secondo la difesa del colosso energetico, il consulente ha preso a riferimento unicamente le emissioni della centrale senza dare alcuna importanza ai rilevamenti delle cadute a terra di altri inquinanti. Inoltre, secondo i legali Enel, ha considerato come emissioni in eccesso tutte quelle superiori a quelle previste dal decreto ministeriale del 1990 che prevedeva, invece, specifiche deroghe normative per Porto Tolle che la centrale ha rispettato. Ma chi le ha messe quelle deroghe? La politica che sulla vicenda non ha mai mollato la presa. Non solo facendo generose concessioni normative sui limiti di emissioni, ma arrivando a tentare di condizionare l’attività di indagine della procura. Deroga e dilazioni: 20 anni di politica sotto il traliccio La politica e le emissioni, la politica e il colosso nazionale dell’energia. Un rapporto sempre stretto che si fa strettissimo quando serve. La centrale di Porto Tolle doveva essere “ambientalizzata”, cioè ricondotta a tetti di emissione imposti dall’Europa e vigenti per il resto del Paese, fin dal 1990. E invece fino a oggi ha mantenuto impianti di combustione a olio con tecnologia da anni Sessanta. Come è stato possibile? Con l’aiuto della politica che ha sempre trovato, a livello centrale e locale, le giuste deroghe e scappatoie per evitare a Enel un intervento di adeguamento oneroso. Il primo processo penale, quello che ha visto riconoscere la responsabilità degli amministratori dell’epoca per i reati ambientali, ha accertato poi che nonostante le deroghe per l’ambientalizzazione Porto Tolle è stata tenuta scientemente per ultima con ulteriore danno per l’ambiente. Da qui le condanne. Avanti dieci anni, si parla di riconversione ma non a metano, bensì a carbone. Costerebbe a Enel 2,7 miliardi ma il punto è che non porterebbe mirabili riduzioni degli inquinanti, anzi. Il progetto tiene banco per anni con le associazioni ambientaliste, operatori turistici e pescatori che si mettono di traverso e riescono, nel 2011, a far annullare dal Consiglio di Stato il decreto di Valutazione di impatto ambientale (Via). I giudici accolgono i rilievi sollevati e riconoscono che non è stata fatta una valutazione alternativa rispetto all’ipotesi del carbone. In particolare sul gas metano, visto che a 10 km dalla centrale c’è il più grande terminale gasifero offshore al mondo (il rigassificatore di Porto Viro, di proprietà dell’emiro del Quatar), realizzato proprio nella prospettiva di alimentare la centrale di Polesine Camerini. Ma i due impianti non saranno mai collegati perché il metano costa più del carbone. Poi il colpo di scena: nell’estate del 2011 prima il parlamento e poi Regione Veneto modificano le leggi, statali e regionali, rendendo non più necessarie valutazioni alternative. Una coincidenza temporale? Forse. Fatto sta che così facendo si consente di porre nel nulla la sentenza del Consiglio di Stato e di agevolare la nuova Via per il progetto a carbone, attualmente in corso presso il Ministero dell’ambiente. Parallelamente la politica trova modo di mettere lo zampino direttamente sulle inchieste. Gli interventi a gamba tesa sui magistrati che indagano Luciano Violante (Pd) Se la politica tenta a frenare i magistrati della Procura di Rovigo. “Diciamo che è un dato di fatto che tutti quelli che hanno la lavorato a questa vicenda hanno avuto qualche problema”, ricorda l’avvocato di parte civile Ceruti. Il riferimento, neanche troppo velato. Il riferimento, neanche troppo velato, è all’avvocato dello Stato Giampaolo Schiesaro, fatto oggetto di pressanti consigli, da parte di un agente dei servizi caduto in disgrazia, di “allentare la presa” sul processo Enel. Ma anche alla richiesta di azione disciplinare nei confronti del pm Manuela Fasolato avanzata dal Pd Luciano Violante e dal ministro Pdl Angelino Alfano. Il filo delle future larghe intese, improvvisamente, si stringeva intorno al collo di chi rischiava di intaccare interessi che non vanno toccati. La storia è nota. E’ il 2010 e il pm sta lavorando a diversi filoni d’inchiesta sulla centrale ipotizzando legami tra le emissioni e l’aumento dell’incidenza di malattie nei territori circostanti l’impianto. Sulla centrale pende l’iter della Valutazione d’impatto ambientale per il progetto di riconversione che vale, sulla carta, 4mila posti di lavoro e 2 miliardi e mezzo di investimento. Il pm comunica però agli enti interessati, ministero dell’Ambiente e Commissione di Via, le risultanze di alcune perizie che mettono i dubbio la veridicità dei dati del progetto depositato da Enel: un via libera senza una loro verifica avrebbe potuto aggravare il quadro dei reati e comportare ulteriori conseguenze per ambiente e popolazione. Apriti cielo. A Cortina Incontra, il 5 gennaio 2010, Violante nella inedita veste di presidente della associazione Italia decide, si espone in prima persona chiedendo un’ispezione. Sarebbero solo parole in libertà, se non fosse per un dettaglio: Enel è tra i soci fondatori di Italia decide. Ma la coincidenza non impedisce al ministro Alfano di prendere in esame le doglianze di Violante e di inviare a Rovigo il capo degli ispettori Arcibaldo Miller (poi coinvolto nell’indagine della cosiddetta P3) con contestazioni varie e fantasiose (come quella di aver lavorato, su autorizzazione dei superiori, al processo Enel mentre era impegnata come commissario nel concorso per gli esami nazionali in magistratura). Fasolato, nel frattempo trasferita alla Procura generale presso la Corte d’Appello di Brescia, ha chiesto ed ottenuto dal CSM di essere applicata a questo processo davanti al Tribunale di Rovigo, ed ancor oggi è ancora lì che non molla. E la centrale dei veleni pure.

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28 maggio 2011

La Micronesia, minacciata dal riscaldamento globale, porta in tribunale il carbone europeo

Stabilito un interessantissimo precedente nel diritto internazionale: per la prima volta un paese la cui sopravvivenza è direttamente minacciata dal cambiamento climatico ha intrapreso un’azione legale contro l’inquinamento di una nazione dall’altra parte del mondo

Da Rinnovabili.it

"Gli Stati Federati di Micronesia (FSM), una nazione insulare sparsa per il Pacifico settentrionale, si sono già trovati costretti ad affrontare le maree del cambiamento climatico, che hanno divorato le coste e lasciato la sicurezza alimentare e l’approvvigionamento idrico nel caos. Quindi quando hanno sentito che la Repubblica ceca aveva intenzione di estendere la licenza alla sua più grande centrale elettrica a carbone, l’impianto di Prunéřov, i leader della federazione hanno deciso che non sarebbero rimasti a guardare, pronti a portare la nazione europea in sede legale con l’accusa di mettere in serio pericolo la sopravvivenza dell’arcipelago. Per la prima volta nella storia dell’umanità una delle prime vittime del Climate Change si fa avanti e punta il dito contro l’inquinatore, nonostante a dividerli ci siano oltre 11mila km. La storia in realtà comincia nel gennaio del 2010 quando la Micronesia era intervenuta nell’ampliamento dello stabilimento ceco chiedendo una Valutazione d’Impatto Ambientale Transfrontaliero in considerazione dell’incidenza del progetto sull’ambiente; la centrale di Prunéřov con i suoi 1.490 MW di potenza produce emissioni 40 volte superiori a tutte quelle emesse dall’intero arcipelago. La richiesta era una prima assoluta dal momento che la Valutazione d’Impatto Ambientale Transfrontaliero è stato uno strumento giuridico precedentemente utilizzato solo dagli Stati confinanti.

Il governo di Praga ha finito per concedere la propria approvazione alla centrale prolungando la vita dello stabilimento fino all’anno 2035 (la centrale si sarebbe dovuta chiudere nel 2020), ma ha concesso alla Federazione lo status di “paese colpito” e il Ministero dell’Ambiente ha richiesto a CEZ, la società di servizi statali, di compensare 5 milioni di tonnellate di CO2 nel tentativo di mitigare l’impatto ambientale del progetto. La Micronesia ha presentato in questi giorni il documento base dell’azione legale internazionale, avanzata in collaborazione con Greenpeace e con l’Associazione Environmental Law Service, nella speranza di incoraggiare altre nazioni a prendere un atteggiamento più proattivo. L’occasione, non a caso è stata quella della “Conferenza delle nazioni insulari minacciate dai cambiamenti climatici” tenutasi a New York e apre ufficialmente un nuovo fronte nel diritto internazionale e nei rapporti diplomatici tra le nazioni stabilendo a tutti gli effetti un precedente. “Questo passo avanti – ha fatto sapere il ministro della Giustizia della Micronesia, Maketo Robert – mostra che i paesi minacciati come il nostro hanno ormai il sostegno del diritto internazionale, per pesare in modo più efficace sulle scelte energetiche”.

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5 gennaio 2011

Le lobby energetiche finanziano spot falsamente neutrali sul nucleare

Lo spot atomico finto-neutrale, nuovo "brevetto di Chicco Testa", ecologista convertito e guru del marketing "p.i.m.b.y. col culo degli altri".

Da IlFattoQuotidiano.it
Il nuovo forum per l'informazione obiettiva sulla scelta per il nucleare è guidato da uomini di Enel e Edf. L'attuale campagna pubblicitaria, costata 6 milioni di euro, è pagata dalle lobby delle centrali
Gli antinuclearisti hanno reagito rabbiosamente. Altro che spot neutrale, protestano. Chicco Testa, presidente del Forum nucleare italiano, ironizza sulle critiche attirate dalla massiccia campagna pubblicitaria per una discussione senza pregiudizi sull’energia atomica: “Qualcuno sostiene che aver dato gli scacchi bianchi al filonucleare comunica in modo subliminale che quella è la parte migliore”. Testa ha ragione. E’ inutile analizzare i contenuti visivi e testuali di uno spot televisivo per capire da che parte tira. Si fa molto prima a guardare chi lo paga. E così si scopre che, in un Paese dove l’opposizione è accusata di ostacolare la regolare attività di governo, qualcuno considera normale che la lobby nucleare si tassi per affidare a se stessa l’informazione equilibrata da dare al popolo.

Testa conosce l’argomento. L’E-nel l’ha scelto per sanare i danni gravissimi da lui stesso prodotti alla cultura nucleare nazionale negli anni ‘80, quando guidava le manifestazioni per fermare le centrali. E’ lui che il 9 novembre 1987, deputato comunista, così commentava l’esito del referendum nucleare: “Il risultato è di grandissimo interesse politico. La battaglia è stata dura per i grossi interessi in campo”. Adesso evidentemente non ci sono più interessi in campo. Forse i 6 milioni stanziati per la campagna pubblicitaria sono disinteressati. E così, con la mente libera di spaziare senza pregiudizi nelle ampie praterie della conoscenza, l’ex leader antinucleare inonda tv e giornali con lo spot che invita a informarsi in modo serio, senza stare a sentire le assurdità propalate dai suoi successori di Legambiente e simili.

Lo spot
Creato dalla Saatchi & Saatchi così velocemente da andare in onda prima che il Forum nominasse il comitato scientifico che doveva approvarlo, rappresenta una partita a scacchi tra un favorevole e un contrario al nucleare, che sono poi la stessa persona, a rappresentare il dubbio che è in noi. Il dubbioso ha il nero, però muove per primo: “Sono contrario all’energia nucleare perché mi preoccupo per i miei figli”. Apertura generica. Il bianco replica mostrando conoscenze specifiche: “Sono favorevole perché tra cinquant’anni non potranno contare solo sui combustibili fossili”. E con i combustibili fossili, che tutti i telespettatori hanno imparato a enumerare fin dalle elementari, i figli sono sistemati.

Lo spaesato ci riprova: “Ci sono dei dubbi sulle centrali”. E’ ancora generico e disinformato, e il granitico lo infilza di nuovo: “Ma non ce ne sono sulla sicurezza”. E passa la paura. Terzo tentativo: “Il nucleare è una mossa azzardata per il Paese”, ci riprova l’ignorante. “O forse è una grande mossa”, insinua l’ottimista con il tono di chi sa a chi chiedere le dritte per vincere in Borsa. La voce neutrale dell’arbitro chiude lo spot: “E tu sei a favore o contro l’energia nucleare? O non hai ancora una posizione?”. Inutile qui ricordare i commenti diffusi nella Rete sui gradi angolari della posizione che lo spot suggerisce (subliminalmente) al cittadino.

Il caso
Lo spot finto neutrale solleva un problema più generale. L’informazione equilibrata e obiettiva sul nucleare, gestita dal Forum di Chicco Testa, è finanziata (fino a oggi per 7 milioni, mentre il budget 2011 è ancora in fase di definizione) dalle seguenti aziende, in ordine alfabetico: Alstom, Ansaldo Nucleare, Areva, Confindustria, Eon, Edf, Edison, Enel, Federprogetti, Gdf Suez, Sogin, Stratinvest Ru, Techint, Technip, Tecnimont, Terna, Westinghouse. Tra i soci del Forum ci sono anche Cisl e Uil di categoria, più alcune Università italiane.

I dirigenti del Forum sono, oltre a Chicco Testa, Bruno D’Onghia (capo in Italia dell’Edf, gigante elettrico nucleare francese), Karen Daifuku (nota lobbista internazionale del settore), e tre dirigenti Enel: Giancarlo Aquilanti, Paolo Iammatteo e Federico Colosi. L’associazione è fondata sul “supportoorganizzativoestrategico” della Hill & Knowlton, multinazionale della comunicazione. Testa, che non disdegna mai la polemica, replica alle critiche degli antinuclearisti con una provocazione: “Mi diano sui loro siti lo stesso spazio che noi diamo a loro sul nostro Forum”.

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1 novembre 2010

I sonetti di Giancarlo Peris. "Tutto nel mio giardino"


Una progettualità di ampio respiro, uno sguardo sistemico sui problemi del reale: è quanto più ci fa difetto, come società e come cultura. Abbiamo sotto gli occhi gli effetti nefasti di una simile ignoranza, ne risente in modo diretto la qualità delle nostre vite, pagheranno un prezzo salato i nostri figli.

I cittadini ribattezzati con sarcasmo da certi media come "n.i.m.b.y." (not in my backyard, "non nel mio giardino" o "non nel mio cortile") sanno bene come vanno le cose: nella cronica assenza di un piano di sviluppo armonico e sostenibile, quando apri la porta all'insediamento sul tuo territorio del malaffare cementificatore/industriale, quella porta resterà sfondata da qul momento in avanti, aperta per razzìe di ogni genere. Certe radici velenose attecchiscono in fretta, crescono, e non si debellano più. Lo sappiamo bene noi, nell'Alto Lazio.
Per questa rubrica settimanale è il sesto sonetto di Giancarlo Peris, dedicato alle sventure del nostro martoriato territorio. Buona lettura.


"Tutto nel mio giardino" 19 febbraio 2006


A Citavecchia c’è un cementificio,
Du’ enormi, fosche e lugubri centrali,
Banchine ar porto co’ cromo e silicio
E da le navi fumi a noi esiziali.


Inoltre ce sta un centro militare
Indove se smartisce er gas nervino
Che si lì je se guasta quarche affare
Ce fa ‘na trita fino a Fiumicino.


Mo “NO NER MIO GIARDINO” adè ‘no spettro
Che gira in lungo e in largo per pianeta,
Ma io fo ‘sta domanna a chi ha lo scettro
Pe interveni’, e me pare assai concreta:


Perché tra li tanti orti der bon Dio
La monnezza ha da sta’ tutta ner mio?

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14 maggio 2010

Chicco Testa, il "Pimby col culo degli altri" minaccia chi lo contraddice

Chicco Testa, lo sporco lobbista, Pimby col culo degli altri, si svela per quello che è. Rivolto a Tozzi che gli parla del problema dello stoccaggio delle scorie nucleari: "IO TI SPACCO LA FACCIA"



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12 maggio 2010

Potere politico e controllo del "rubinetto" dei soldi

Eccolo uno dei motivi per cui esistono idiozie come i "Pimby", oppure organismi come "Italia decide". La politica guadagna potere controllando il flusso di denaro delle grandi opere, che quindi sono sempre benvenute a prescindere. Ma lo fa con soldi che non ci sono, e quindi ci indebita. Ecco un esempio di "grande opera" che dimostra quanto appena detto.

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7 luglio 2009

Continua il dibattito: il prof. Mattioli ribatte su Chicco Testa (aka "pimby col culo degli altri")

A Chicco Testa dal prof. Gianni Mattioli. Su Chicco Testa leggi qui.

"Nel dibattito sull'energia nucleare ospitato dai media, Giuseppe Alcetta mi ha invitato ad "approfondire con un ambientalista come il Dr. Testa le argomentazioni che lo hanno portato sulla nuova via": il sostegno all'energia nucleare.



Spiegai ad Alcetta che non mi pareva utile andare ad imparare alcunché da uno che aveva pubblicato un libro che, almeno su due questioni cruciali - le dosi di radiazioni per i lavoratori e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi - si limita a sostenere che il problema non c'è.

Aggiungevo anche qualche dubbio sul suo ruolo di ambientalista, dal momento che gli anni della sua presidenza dell'ENEL sono quelli che hanno visto l'Italia agli ultimi posti nell'impegno per il decollo delle energie pulite e rinnovabili.

Alcuni giorni dopo ho letto su un giornale una piccata risposta di Testa, contenente due affermazioni.


1) Impari Mattioli dal Premio Nobel della Fisica Chu che "inserisce il nucleare fra le fonti pulite".

2) Sotto la sua presidenza di Enel fu fondata Enel Greenpower.


Sul danno da radiazioni, avevo riportato quanto chiunque può leggere nelle pubblicazioni della Commissione Internazionale di Protezione dalle Radiazioni Ionizzanti, la più alta autorità internazionale in materia (In particolare: Pubblicazione 103 ICRP 2007).

Chiedere di valutare il danno sanitario delle radiazioni ad un fisico, sia pure premio Nobel, misura la cultura scientifica di Testa.

E quanto ai meriti di Enel in materia di fonti rinnovabili, qualsiasi tabella ci informa che solo negli ultimi tre anni è tardivamente avvenuto, anche in Italia, il decollo di fonti rinnovabili, sulla base di una legislazione europea di incentivi, tardivamente recepita dall'Italia.

Ma Testa è un Berlusconi in sedicesimo, per il quale basta affermare che il problema non c'è.


Gianni Mattioli

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