28 ottobre 2010

Per costruire il futuro

Una pregevolissima lettura consigliata a tutti.
"Gente che costruisce il futuro" di Andrea Masullo, docente di Sostenibilità ambientale all'Università di Camerino

"Dalla comunità scientifica internazionale giungono sempre più frequenti allarmi sulle conseguenze planetarie dell’eccessivo uso delle risorse: dai cambiamenti climatici, alla desertificazione, alle crisi idriche ed alimentari, alla ormai prossima scarsità di petrolio e di molte altre risorse minerarie su cui si basa la moderna economia. Le analisi scientifiche prevedono un aggravamento di tutte queste conseguenze negative dello sviluppo che rischiano di vanificare i progressi straordinari dell’umanità riportandoci ad una situazione simile a quella di inizio ‘900, ma senza le potenzialità allora esistenti e che oggi risultano in gran parte esaurite. Tutto sembra confermare i risultati drammatici del modello macroeconomico utilizzato da Dennis e Donella Meadows e Jorgen Randers per aggiornare il rapporto sui limiti della crescita a 30 anni dalla prima clamorosa stesura. Secondo questo aggiornamento pubblicato nel 2004 (edizione italiana “I nuovi limiti dello sviluppo”, Saggi Mondadori), le crisi delle risorse e le conseguenze sul benessere subiranno un aggravamento nel secondo decennio di questo secolo; come non vedere nell’attuale difficoltosa e non del tutto compresa crisi economica globale un segnale premonitore?

 All’International Media Forum  di Greenaccord svoltosi a Cuneo dal 13 al 16 ottobre con il titolo “People Building Future: confini e valori per un vivere sostenibile” scienziati provenienti da tutto il mondo si sono radunati con giornalisti di tutti i continenti per provare insieme a costruire una via per evitare le crisi incombenti e continuare a produrre benessere per l’intera popolazione che abiterà la Terra negli anni e nei secoli futuri. L’intento comune è di non rassegnarsi in modo fatalistico al peggio e trovare la via per scuotere una opinione pubblica confusa da media che fanno emergere di tanto in tanto allarmi apocalittici per poi tornare ad una comunicazione che sostanzialmente ignora le grandi questioni aperte dalle crisi globali, seguendo una classe politica che preferisce ignorare gli allarmi e proporre analisi tranquillizzanti e soluzioni contraddittorie, anzi controproducenti, come il martellante richiamo ad una ripresa dei consumi. La voce unanime emersa è che siamo davvero ad un punto di svolta in cui dobbiamo scegliere cosa portarci dietro per il cammino che ci attende e cosa relegare definitivamente al passato.

Ci si è interrogati su quali devono essere i valori, i modelli e le strategie che devono dar corpo e gambe ad uno sviluppo sostenibile che fino ad oggi è stato poco più di uno slogan vuoto. Il nuovo modello economico deve introdurre accanto al capitale finanziario, che oggi è l’unico valore di riferimento, il capitale umano la cui valorizzazione deve essere lo scopo dell’organizzazione sociale ed economica, ed il capitale naturale, che è l’unica base reale dello sviluppo.
Il modello? Nè capitalismo né socialismo, ma semplicemente imitare il meccanismo che guida con successo da 4 miliardi e mezzo di anni l’evoluzione del nostro pianeta, che senza soluzione di continuità cresce qualitativamente senza limiti, ma all’interno di confini quantitativi ben precisi, verso un sempre maggiore perfezionamento ed arricchimento in termini di complessità e bio-diversità, senza produrre rifiuti né distruggere risorse, semplicemente utilizzando al meglio ciò che esiste in ciascun lembo di territorio, cercando perennemente in ogni luogo ed in ogni istante la soluzione migliore secondo una logica che guida ogni essere ed ogni specie a ricercare il proprio benessere attraverso il benessere generale dell’ambiente in cui vive e di tutte le altre specie che vivono in esso; in altri termini è necessario far evolvere l’economia dalla logica della competizione conflittuale ed egoistica, che porta alla lotta di un individuo o di un popolo per l’accaparramento per sé , alla competizione cooperativa e solidale. Liberarsi dal consumismo ottuso e fine a sé stesso che divora ambiente e persone, che dissolve le reti di relazioni sociali esaltando l’individualismo e scoprire il benessere e la felicità in una vita sobria e ricca di relazioni sociali.


I valori etici? Nulla da inventare; basta applicare la Dichiarazione Universale dei Diritti Dell’Uomo, i cui 30 articoli sono in larga parte drammaticamente ancora disattesi ad oltre 60 anni dalla sua adozione da parte dell’ONU.
La sostenibilità è quindi una vera rivoluzione da attuarsi prima che le conseguenze più nefaste dell’attuale modello si manifestino. Essa richiede un nuovo orientamento delle attività umane verso la soddisfazione del diritto ad una vita felice per ciascun individuo. La green economy può essere il ponte temporale per arrivarci. Essa consente di far durare più a lungo le risorse a disposizione migliorando l’efficienza delle tecnologie e dell’organizzazione sociale. E se oggi il consumismo e il folle mito della crescita illimitata dei consumi ancora guida la dottrina economica, già si affacciano scintille di green-economy e in parte anche di sostenibilità. Alcuni esempi concreti sono stati presentati nel Forum di Greenaccord.
  1. Il programma “zero waste” dell’ Interface FLOR, illustrato da Arratia Ramon, rappresenta una notizia straordinaria in quanto ci ha mostrato come una potente multinazionale che produceva moquette con un elevatissimo impatto ambientale, in pochi anni può ridurre enormemente i suoi rifiuti e le sue emissioni rendendo realistico un obiettivo di impatto zero.
  2. Joachim Eble ci ha mostrato come la grande architettura può cambiare profondamente lo schema urbano anche nelle grandi città della Cina, ricucendo le reti ecologiche e le reti sociali attraverso uno schema ad emissioni zero.
  3. Wittfrida Mitterer ci ha mostrato come anche la tragedia di un terremoto può divenire l’occasione di una rinascita sostenibile di una città, illustrandoci il suo progetto di ricostruzione di Onna, finanziato dal governo tedesco, che prevede il recupero delle antiche architetture con criteri anti-sismici, riciclando le pietre crollate, il recupero del tessuto sociale creando anche nuovi spazi di incontro; il tutto alimentato da energie rinnovabili come la geotermia e l’energia solare.
  4. I volontari del LVIA ci hanno descritto cooperative di sole donne che riciclano la plastica in Burkina Faso, dimostrando praticamente il legame fra ecologia della natura ed ecologia umana, attraverso la soluzione congiunta di un problema sociale, economico ed ambientale.
  5. La socioetà Marcopolo di Cuneo ci ha descritto semplici tecnologie che trasformano un gravissimo problema ambientale per i paesi ricchi ed anche igienico e sanitario nei paesi poveri, come quello dei rifiuti organici urbani, in un grande beneficio, producendo attraverso la biodigestione metano, per produrre energia rinnovabile, e terra fertile, con il risultato non solo di azzerare le emissioni di gas serra, ma addirittura sottraendo con la vermicoltura carbonio all’atmosfera. E’ la dimostrazione inoltre che chiudere i cicli ecologici lasciati aperti dalle attività umane comporta anche un beneficio economico, mentre le soluzioni orientate allo smaltimento come le discariche e gli inceneritori, dimostrano in Campania di creare solo altri disastri ambientali e rivolta sociale.
  6. Il Viceministro dell’ambiente della Costa Rica, Ana Lorena Guevara ci ha dimostrato come un paese povero di capitale finanziario possa fondare la sua economia sulla bellezza e sulla biodiversità, scoprendosi ricco di capitale naturale e di capitale umano. E’ un esempio concreto per tutti i paesi poveri, per lo più ricchi di risorse naturali, che la via della valorizzazione del capitale naturale è una via praticabile per uscire dalla povertà superando la trappola del debito che li costringe ad esportare le loro risorse.
  7. L’ingegnere australiano Karlson Charlie Hargroves, illustrandoci palazzi che si ispirano per la loro climatizzazione al sistema escogitato dalle termiti per mantenere condizioni di temperatura ed umidità ideali anche nel deserto più caldo, ci ha mostrato con esempi concreti come si possa sviluppare una tecnologia sostenibile semplicemente imitando la natura, e quanto siano più efficaci le soluzioni derivate da miliardi di anni di evoluzione della biosfera rispetto a quelle prodotte da 200 anni di evoluzione tecnologica.
  8. Esempi concreti di soluzioni socio-politiche-ambientali ci sono state illustrate abbondantemente anche nella relazione di Joan Martinez Alier che ha sollevato la questione dei diritti dei popoli indigeni di fronte alle imprese minerarie multinazionali che devastano il loro territorio e la loro vita.
Insomma in questo incontro si aperta una finestra sul futuro da cui è entrato il sole, l’aria pura la speranza di una vita felice e prospera per tutti, un futuro che non potrà essere come il passato e che se sarà migliore o peggiore dipenderà solo dalle scelte che sapremo fare noi individualmente e che sapremo imporre ad una classe politica ed imprenditoriale vecchia, che pensa solo a conservare i propri privilegi proponendoci cose vecchie del passato come carbone, nucleare, inceneritori, automobili…ecc.
L’utopia che vi propongo è che un po’ alla volta la gente acquisti consapevolezza di tutto ciò, si riappropri del proprio destino sottraendolo alle avide mani di affaristi e squallide cricche, e di quel mondo politico che sguazza in questa palude guidandoci verso un futuro incerto e foriero di catastrofi. Ognuno deve fare la sua parte per costruire un futuro sostenibile.

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