17 novembre 2010

Eco-balla CCS (stoccaggio anidride carbonica nel sottosuolo): la CO2 può contaminare le falde acquifere

La crociata falso-verde per le tecnologie CCS (carbon capture storage) è in moto in Europa, dove coi soldi dei contribuenti si stanno finanziando progetti sperimentali di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica nel sottosuolo. Abbiamo già spiegato il perché questa idea sia malsana e antieconomica, i nuovi studi continuano a confermarlo.

Da GaiaNews.it
"Perdite di anidride carbonica iniettata in profondità per aiutare a combattere il cambiamento climatico potrebbero danneggiare o contaminare l’acqua nelle falde acquifere in prossimità della superficie, facendo salire i livelli di contaminanti nelle acque di dieci volte o più in alcuni luoghi, secondo uno studio degli scienziati della Duke University.

Sulla base di un’analisi durata un anno con carotaggi da falde acquifere di quattro siti da cui si ricava acqua potabile, “abbiamo trovato che il potenziale di contaminazione è reale, ma ci sono modi per evitare o ridurre i rischi”, dice Robert B. Jackson, docente di cambiamenti climatici e professore di biologia alla Duke.

“I criteri geologici che abbiamo identificato nello studio possono aiutare a identificare zone in tutto il paese (gli USA, ndr.) che devono essere monitorate o evitate,” dice. “Ma non tutti i siti sono soggetti a problemi di qualità dell’acqua.”

Lo studio è comparso nell’edizione online della rivista Environmental Science & Technology.

Lo stoccaggio dell’anidride carbonica in profondità sotto la superficie della Terra, un processo noto come geosequestrazione, fa parte di un nsieme di metodi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica appena prodotta nelle fasi produttive da governi e industrie a livello mondiale per ridurre la quantità di emissioni di gas serra nell’atmosfera terrestre. Le tecnologie ancora in fase di studio sono progettate per catturare e comprimere la CO2 appena viene emessa alla fonte – in genere in centrali elettriche e altri impianti industriali – e per trasportarla in luoghi dove può essere iniettata molto al di sotto della superficie terrestre per uno stoccaggio di lungo termine. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, lavorando con l’industria e il mondo accademico, ha iniziato la pianificazione almeno sette progetti regionali di geosequestrazione.

“La paura della contaminazione dell’acqua potabile da perdite di CO2 è uno dei tanti punti critici sulla geosequestrazione e ha contribuito a far nascere un’opposizione locale ad essa,” dice Jackson, che dirige il centro per i cambiamenti globali della Duke University. “Abbiamo esaminato l’ipotesi di cosa accadrebbe se la CO2 risalisse lentamente dalle formazioni geologiche profonde, e quale potrebbe essere l’impatto negativo delle falde acquifere di acqua dolce in prossimità della superficie, e perché”.

Jackson e il suo collega Mark G. Little hanno raccolto campioni di carote (non i vegetali arancioni, ma dei campioni di forma cilindrica prelevati con una speciale trivella) da quattro falde acquifere di acqua dolce in tutti gli Stati Uniti in prossimità dei potenziali siti potenziali per la geosequestrazione e le hanno portate in laboratorio, facendo passare della CO2 attraverso il materiale per ben un anno.

Dopo l’esposizione ad un anno di CO2, l’analisi dei campioni ha mostrato che “ci sono un certo numero di siti potenziali dove le perdite di CO2 trasportano contaminanti dieci volte in più del normale, in alcuni casi a livelli superiori i carichi massimi di contaminanti fissate dall’EPA per l’acqua potabile, “dice Jackson. Tre fattori chiave - mobilità di particelle metalliche, la capacità di accumulare carbonati e scambi di elettroni nella falda acquifera sovrastante – sono risultati influenzare il rischio di contaminazione dell’acqua potabile da fughe di CO2 nel sottosuolo.

Lo studio ha anche identificato quattro marcatori che gli scienziati possono utilizzare per verificare la segnalazione tempestiva di possibili perdite di anidride carbonica. “Insieme con variazioni di concentrazione di carbonato e l’acidità delle acque, le concentrazioni di manganese, ferro e calcio potrebbero essere tutti utilizzati come marcatori geochimici di una perdita, in quanto il loro aumento di concentrazione nelle due settimane di esposizione al di CO2″, dice Jackson.

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