No al carbone Alto Lazio

3 novembre 2010

Riconversione a carbone della centrale enel di Rossano calabro: il Ministero rispedisce il progetto al mittente

Da Sibarinet.it "CENTRALE ENEL DI ROSSANO: IL MINISTERO RIFIUTA DI VALUTARE IL PROGETTO INTEGRATO DI RICONVERSIONE

Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha riconfermato il proprio parere n. 438 dell’08 aprile 2010 circa il progetto di riconversione a carbone della centrale termoelettrica di Rossano ritenendo che le valutazioni espresse all’epoca mantengono integralmente la loro validità. Pertanto il Ministero decreta il pronunciamento interlocutorio negativo circa la compatibilità ambientale del progetto di riconversione prevalentemente a carbone della centrale presentata dalla Società Enel Produzioni S.p.A..

In sostanza il Ministero dell’Ambiente ha valutato le integrazioni progettuali trasmesse dall’Enel il 23 aprile 2010 come un nuovo progetto. Sulla base di ciò, scrive il dottor Mariano Grillo, Direttore Generale del Ministero, non si ritiene di dover procedere alla valutazione del nuovo progetto, nell’ambito della procedura di VIA avviata in data 26/04/05, ritenendo che siano bastevoli le valutazioni espresse nel parere dell’08 aprile 2010. Lo stesso Direttore Generale notifica chiaramente all’Enel il concetto che la nuova documentazione, definita integrativa, configurerebbe un nuovo progetto. In conseguenza di ciò l’Enel dovrà, secondo le norme in vigore, attivare formalmente un nuovo procedimento ai fini della VIA (Valutazione di Impatto Ambientale). Viene messo a segno in questo modo un primo risultato positivo in favore della battaglia che il Comune di Rossano sta conducendo insieme ai cittadini, ai comitati, alle associazioni di categoria, ai 57 Comuni del territorio, alla Provincia e alla Regione e che ha come condizione esclusiva il “no al carbone”. Il Sindaco Franco Filareto nel manifestare la propria soddisfazione per l’atteggiamento del Ministero dell’Ambiente rilancia sull’immediata attivazione di un tavolo interistituzionale in grado di definire il destino dell’importante sito produttivo di Rossano. Un impianto del quale non si disconosce l’importanza nell’ambito del sistema energetico nazionale. Occorre approfittare dello stop imposto dal Ministero dell’Ambiente per riannodare i fili di un dialogo che il Comune non ha mai voluto interrompere e che l’Enel ha stoppato sull’arroccamento di un’alimentazione prevalentemente a carbone. Ci sono tutte le condizioni per l’attivazione del tavolo e sono convinto – ha dichiarato il Sindaco Filareto – che Regione, Provincia, i 57 Comuni e tutti i soggetti interessati non si sottrarranno ad un confronto che accantoni per sempre ogni pretesa neocolonialista di trasformazione dell’Enel a carbone e avvii un processo concertativo di riconversione del sito elettrico basato su energie pulite e rinnovabili.

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I manager della miniera di carbone sparano sui minatori africani

Da PeaceReporter.it riportiamo l'articolo "Zambia: partner o vassalli di Pechino?"

"Il presidente dello Zambia, Rupiah Banda, sta imparando a sue spese che la Cina nel suo Paese ha portato capitali, tecnologia e anche molte grane. L'ultima gli è scoppiata tra le mani una decina di giorni fa e adesso rischia di avere gravi conseguenze politiche.

Fuoco sui minatori. Venerdì 15 ottobre, una rappresentanza di minatori dell'impianto carbonifero gestito dalla Collum Coal Mine Ltd, a capitale cinese, ha affrontato il management della compagnia chiedendo un aumento dei salari. La tensione è salita rapidamente alle stelle, anche a causa delle barriere linguistiche, dal momento che la direzione della società non parlava bene l'inglese. E in pochi istanti si è consumata la follia: i manager hanno fatto fuoco contro la quindicina di operai che li stava incalzando, con pistole di piccolo calibro che hanno mandato in ospedale 11 minatori, due dei quali in gravi condizioni, con ferite alla testa e all'addome. La reazione eccessiva ha innescato poi una sorta di assalto alla sede della Collum, con relativi atti di vandalismo e tentativi di saccheggio, in parte sventati dall'arrivo in forze dei reparti antisommossa che hanno sparato lacrimogeni e disperso i minatori esasperati. La fredda cronaca della vicenda dovrebbe infine registrare l'arresto, tre giorni dopo, di due dirigenti, Xiao Lishan e Wu Jiuhua, trasferiti alla prigione centrale di Choma, con l'accusa di tentato omicidio, la fuga in Cina degli altri manager, "inseguiti" dalla polizia, la visita al sito e le scuse ufficiali portate dal presidente Hu Jintao. Opportune e dovute ma insufficienti per placare gli animi e disinnescare un incidente diplomatico che più che alla Cina e alla sua reputazione sta provocando danni al sistema di potere del presidente Banda e del suo inner circle.

Conseguenze politiche. Le ricadute sul piano della politica interna, infatti, sono decisamente più rilevanti che quelle sulle relazioni Zambia-Cina e, più in generale, tra il Paese e il capitale straniero. E' inedito e molto agguerrito il fronte che si è creato contro Banda: mette insieme i sindacati, la società civile, i nazionalisti, la chiesa e organizzazioni giovanili. Il messaggio è chiaro: il presidente ha svenduto il Paese, la sua dignità e la manodopera. E di questa tensione, chi davvero può approfittarsene è Michael Sata, detto "re Cobra", il populista leader del Patriotic Front, il principale partito d'opposizione. Il suo messaggio è chiaro e arriva dritto allo stomaco: "Ormai è chiaro che questo governo non ci protegge perché èstato pesantemente corrotto dai cinesi in vista delle elezioni del 2011". Tre ottobre 2011, è questa la data che spaventa Banda e i suoi, preoccupati dal calo di popolarità e dall'uso che l'opposizione potrebbe fare dell'incidente alla Collum Coal Mine. E la folla riunita martedì 19 davanti all'ambasciata cinese di Lusaka per chiedere le scuse non lasciava intuire nulla di buono. All'esecutivo viene contestata la lentezza della reazione, tale da aver consentito alla maggior parte degli executive cinesi di lasciare il Paese, le risposte balbettanti date all'opinione pubblica, la debolezza mostrata nei confronti di Pechino.

I precedenti. Quelli che accusano il governo di aver svenduto terra e manodopera alla Cina hanno molti argomenti dalla loro parte. I minatori della Collum sono ancora privi di contratto, ormai da nove anni, da quando la società ha aperto la miniera. Lavorano per un salario da fame, che va dai 31 ai 100 dollari al mese, senza sistemi di protezione adeguati, in condizioni precarie e senza diritti. Una situazione insostenibile che i lavoratori denunciano da anni, tanto che l'impianto era stato chiuso d'ufficio per alcuni giorni già nel 2006, dopo la denuncia in televisione da parte di un ministro, Alice Simango, che aveva accusato il management di "trattare i propri dipendenti come schiavi". Se non è nuova la questione, non lo sono nemmeno incidenti come quello accaduti alla Collum. Un episodio simile si era verificato nell'impianto di Chambishi, nel luglio 2005, dove la dirgenza aveva fatto fuoco su sei minatori, appena tre mesi dopo che 46 operai erano morti in una fabbrica di esplosivi della Nfc Mining Africa, società cinese come quella che gestiva la miniera di Chambishi, con palesi violazioni delle norme sulla sicurezza dei lavoratori. La Cina continua però a investire, attirata dal ricco sottosuolo del Paese africano. Nel solo 2010, tre delegazioni di alto profilo sono atterrate a Lusaka a caccia di contratti: rame, ferro, carbone e nichel le risorse più ambite. Nella citta di Chambishi, Pechino ha sponsorizzato un piano di sviluppo da 900 milioni di dollari, altri 300 ne ha investiti nell'impianto di Mulianshi, confermandosi così il più importante investitore in Zambia, per un totale di oltre due miliardi di dollari, spesi nel solo settore minerario. Questo ha portato posti di lavoro, iniezioni di valuta estera e ha fatto da propulsore allo sviluppo economico. Ma Banda ha capito che anche questo frutto ha una dose di veleno. Se grande o piccola, lo scoprirà con le prossime elezioni. Un primo test comunque arriverà dalle municipali di Chilanga e Mpulungu. L'opposizione affila le armi e si prepara ad attaccare il presidente che ha svenduto il Paese alla Cina.

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Le Associazioni dell'Area Jonica avviano una campagna di sensibilizzazione sul carbone a Saline Joniche

Comunicato del Coordinamento Associazioni Area Jonica
"Il borgo di Pentedattilo, per la sua particolarità ambientale e per il suo valore storico, si è rivelato la cornice privilegiata per un incontro-dibattito, tenutosi sabato 30 ottobre, su un tema che attualmente esige una posizione decisa e ferma: il dissenso sulla centrale a carbone.

Giuseppe Toscano (Propentedattilo) ha introdotto i lavori, molti contributi interessanti sono stati forniti da Carmelo Giuseppe Nucera (Apodiafazzi), Domenico Principato, Fabio Macheda (Fossatesi nel Mondo), Mimmo Romeo (Proloco Saline), Giuseppe Anghelone (Masci), Salvatore Mafrici (Libera), Rosaria Catanoso (Forum del Terzo settore Areagrecanica), Piero Melasi (Azimut).

La realizzazione di una gigantesca centrale a carbone nel sito della ex iquichimica di Saline Joniche è un ulteriore atto volto a deturpare le caratteristiche paesaggistiche del nostro territorio.

Il “Coordinamento associazioni Area Jonica” lancia un chiaro messaggio alle istituzioni, regionali, provinciali, e comunali del nostro territorio: sono necessari atti decisi che affianchino il no espresso a parole. Infatti la richiesta è che la Regione Calabria ribadisca la propria volontà a non proseguire le pratiche per la realizzazione dell’impianto. Durante l’incontro era presente il consigliere provinciale Bernardo Russo, il quale si è fatto portavoce delle istanze che il Coordinamento delle associazioni vuol promuovere. Inoltre, il consigliere ha chiaramente espresso, oltre alla sua solidarietà personale, la volontà di lottare come istituzione politica all’interno della Provincia di Reggio Calabria affinché emerga una posizione chiara volta a smantellare qualsiasi progetto della multinazionale svizzera Sei. Le associazioni sfidano in modo deciso e perentorio i sindaci che ancora tentennano nell’assumere una posizione ferma. Infatti, il comune di Montebello Jonico, con la vecchia Amministrazione in cui era sindaco l’avv. Nisi, si è sempre fermamente opposto alla centrale a carbone, promuovendo iniziative per impedire che i progetti da parte della Sei sul territorio calabrese attecchissero. La nuova amministrazione, pur mantenendo ufficialmente la posizione del No al carbone, ha assunto una linea più morbida, che potrebbe dar adito a dubbi e interpretazioni di vario genere. Altri comuni, infine, non hanno preso una posizione chiara. La nomina di una commissione di esperti che dovrebbe far luce sulla bontà o meno dell’impianto è in evidente contraddizione al No alla centrale già giustificato e motivato dall’ampia e documentata relazione, a firma del Prof. Piccione, fornita già a suo tempo, al comune di Montebello Jonico.

Rispetto a tante lampanti incongruenze, il Coordinamento a fine riunione ha deciso gli step da percorrere che consisteranno prioritariamente in una campagna di sensibilizzazione e di informazione rivolta alla popolazione.

Un momento a cui il “Coordinamento associazioni” parteciperà compatto è la manifestazione indetta per il giorno 6 novembre p.v., alle ore 10:00, presso l’impianto polifunzionale sito in Saline di Montebello Jonico in prossimità dello svincolo nord.

E’ necessario che l’uomo tenga in considerazione le conseguenze future delle proprie scelte e dei propri atti. Nella nostra battaglia vogliamo far riecheggiare l’imperativo dell’etica della responsabilità promosso e formulato dal filosofo Hans Jonas: ”agisci in modo tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente umana.”

Rosaria Catanoso.
Coordinamento Associazioni Area Jonica

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Progetto di centrale carbone a Saline Joniche, dall'ex Liquichimica ad oggi

Da 'NtaCalabria
"di Francesco Iriti (pubblicato su Calabria Ora)
A distanza di 40 anni i riflettori nazionali vengono proiettati nuovamente sulla “cattedrale” deserta dell’area dell’ex Liquichimica a Saline Joniche con il progetto della centrale a carbone. Una vicenda che affonda le radici nella notte dei tempi e che ebbe inizio nel 1970 quando il governo nazionale decide di porre fine ai tumulti della provincia di Reggio Calabria, che nel frattempo aveva lottato per non perdere il capoluogo, passato a Catanzaro, con il cosiddetto “Pacchetto Colombo”. Un enorme progetto di sviluppo del Sud che riguardava l’insediamento nel territorio reggino di apparati produttivi, tra cui il polo industriale di Saline Joniche grazie allo stanziamento di 300 miliardi di vecchie lire. La struttura viene ultimata nel 1974. Passano pochi mesi dai collaudi, che il Ministero dell’Ambiente blocca definitivamente l’impianto, costruito per la produzione di bioproteine per mangimi animali, per il rischio di agenti cancerogeni. Si arriva quindi al 1977, data del fallimento con ben 600 operai mandati in cassa integrazione, senza aver mai lavorato.

Sull’area cala il silenzio per ben 20 anni con l’enorme struttura lasciata a se stessa ad arrugginire mentre l’adiacente porto inizia a fare i conti con la forza del mare, segno che la progettazione non era stata perfetta, che distrugge parte delle banchine e con la sabbia che ostruisce l’imbocco. Dell’ex Liquichimica si ritorna a parlare nel 1997 allorquando il Consorzio Sipi (Saline Ioniche Progetto Integrato), costituito da imprenditori locali, rileva all’asta gli impianti e i terreni ex Enichem con l’obiettivo di rottamare il ferro e l’acciaio degli impianti e rivendere il terreno. Con il tempo anche le Ogr, officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie, vengono smantellate mentre dalle indagini si scopre che la ‘ndrangheta aveva messo gli occhi sulla zona per realizzare un centro commerciale. Si assiste a varie promesse sulla rivalutazione dell’area come la costruzione di un Parco Marino, l’installazione di pannelli fotovoltaici. Solo parole.

Si arriva nel frattempo ai giorni d’oggi, ed in particolare nel 2006, quando l’impresa svizzera Sei SpA (Società Energia Saline composta da Ratia Energia G.A., Hera S.p.A., Foster Wheeler Italiana S.p.A., Apri Sviluppo) acquista dalla SIPI una parte dell’area per la realizzazione di una centrale a carbone, lo stesso carbone il cui utilizzo per la produzione di energia elettrica è vietato dal Piano energetico regionale per tutto il territorio calabrese.

Inizia, quindi, un lungo iter, con istituzioni, associazioni e popolazione che pongono subito il loro no mentre sullo “sfondo” si decide il futuro. Infatti, tra dichiarazioni di alcuni sindaci dell’area grecanica e pareri della conferenza dei servizi (17 settembre 2008), sembra che la vicenda sia chiusa con il rifiuto del progetto. Tuttavia, la Sei continua l’itero di autorizzazioni ottenendo pochi giorni fa il Si da parte del Via del Ministero dell’Ambiente. In mezzo alcuni incontri segreti, anche tra sindaci dell’area grecanica che dichiarano il loro «No…ma».

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Carbone a Vado Ligure, i cittadini chiedono una presa di psizione netta

Da Savonaeponente.com
"Prendere al più presto una decisa posizione sul futuro della centrale di Tirreno Power. E’ la richiesta di numerose associazioni, comitati e singoli cittadini, savonesi e non, compresi diversi medici in campo nazionale che fanno parte dell’ Unione Associazione, Comitati e Cittadini per la Tutela dell’Ambiente in provincia di Savona.

“Dopo anni di riunioni, tavole rotonde, posizioni assunte e poi modificate, delibere, ricorsi e controricorsi, esposti, gli abitanti di Vado e quelli di tutta la provincia di Savona si ritrovano nell’identica, precisa situazione di trent’anni fa. Anzi, sotto alcuni aspetti la situazione è addirittura peggiorata” scrivono associazione e cittadini savonesi.

“Dopo aver studiato a lungo i moltissimi documenti prodotti dalla stessa Azienda, dal Ministero dell’Ambiente, dalla Regione Liguria, dai medici locali italiani, europei e mondiali, dalle amministrazioni locali e da tutti coloro che, nel corso di questi anni, si sono occupati dell’argomento “centrale a carbone”, crediamo sia venuto il momento di fare il punto della situazione. Un punto che verrà presentato anche all’Assessore all’ambiente regionale Briano, che ha promesso di “venire sul territorio” quanto prima per ascoltare il punto di vista dei comitati, delle associazioni e di tutte le realtà che rappresentano i cittadini e che quindi sono l’espressione forse meno “istituzionale”, ma sicuramente più “vera”, della democrazia” .

In particolare l’ Unione Associazione, Comitati e Cittadini per la Tutela dell’Ambiente in provincia di Savona punta il dito contro “il carbone responsabile di causare malattie e uccidere decine di persone all’anno”.

“L’atteggiamento della politica locale – prosegue l’Unione Associzione per la tutela dell’ambiente - partendo dai Comuni ed arrivando alla Regione, è sempre stato all’insegna dell’ambiguità. Partiti e singoli politici che hanno impostato le proprie campagne elettorali sul No forte e deciso al carbone hanno, in seguito, fatto una parziale o totale marcia indietro, o hanno completamente smesso di occuparsi del problema.Sembra lecito supporre che i sindaci vengano tenuti in scacco dalla possibilità di un’”emergenza rifiuti” sicuramente non lontana, data la situazione delle discariche locali, a cui si potrebbe profilare la soluzione tristemente presente nell’ultimo Piano Provinciale dei Rifiuti, ovvero quella di bruciare CDR nella centrale (con emissioni ancor più letali delle attuali, in quanto si aggiungerebbero quantità insostenibili di diossine e benzene).
Tutte le autorità locali, quando e se interrogate su questo punto, si sono sempre chiuse in un sospetto riserbo o nel totale silenzio”.

“Ma i cittadini non sono disposti ad accettare che questi compromessi vengano fatti sulla loro pelle, e per questo motivo non si ritengono sufficientemente rappresentati da istituzioni che, di fatto, appaiono condizionabili e ricattabili, oltre che non sufficientemente preparate dal punto di vista scientifico. Ma a rendere noto il punto di vista scientifico dovrebbe essere stato chiamato, fin dal primo momento, l’Ordine dei Medici della Provincia”.

“A fronte di tutto questo, ci chiediamo come sia possibile che questo impianto operi a tutt’oggi 24h/24, in modo indisturbato, nonostante esposti, mobilitazioni, inadempienze, silenzi e omertà. La nostra conclusione può essere una sola: basta morire per gli sporchi affari altrui. Basta carbone. Se i nostri amministrazioni arriveranno a conclusioni diverse, dovranno motivarle con argomentazioni ineccepibili: in caso contrario, per noi saranno colpevolmente consapevoli di non aver fatto nulla per impedire il dilagare di malattie e morti. E dovranno renderne conto alla cittadinanza e alla giustizia, oltre che alla propria coscienza.
Per tutti i motivi sopra esposti, i gruppi a carbone 3 e 4 (che producono più del’80% dell’inquinamento della centrale intera e non rispettano, superandoli di molto, i valori limite di emissione BAT della Ue), dovrebbero essere immediatamente chiusi . Infatti, anche se fossero ristrutturati, per dichiarazione dello stesso Ministero dell’Ambiente (vedi dichiarazione di VIA) non potrebbero MAI raggiungere mai le BAT richieste dalla Ue.
Non ha alcun senso che Sindaci e amministratori locali continuino a tergiversare in attesa dell’AIA, accettando magari qualche insignificante miglioria (controlli aria, nuovi esami epidemiologici, copertura dei parchi carbone ecc.)” concludono cittadini, comitati e associazioni savonesi.

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Osservatorio ambientale, "le tre centraline comunali ancora spente"

Riportiamo da TrcGiornale questo articolo (in verità un po' "ingenuo" )
"Era un anno fa quando si disse che, entro dicembre 2010, sarebbe stata chiusa la questione delle centraline per il monitoraggio della qualità dell'aria, ma dicembre 2010 è alle porte e la questione è tutt'altro che risolta, anzi, se possibile, è ulteriormente peggiorata. Come noto tra tutte le centraline di Civitavecchia le tre di proprietà del comune – quelle di villa Albani, via Isonzo e ponte delle Quattro Porte - dovevano passare ad Arpa Lazio, che le avrebbe inserite nella rete di quelle direttamente nel suo controllo.

Queste tre centraline dovevano essere riposizionate perché la loro collocazione non soddisfaceva gli standards di legge, ma non se n'è fatto nulla perché è ancora aperta la questione relativa all'attribuzione di competenze tra l'Osservatorio Ambientale dei comuni del comprensorio, presieduto dal dottor Manrico Coleine, [dichiarato ILLEGITTIMO dal Ministero, NDR] e il tavolo della salute regionale che, secondo alcune interpretazioni, sarebbe il vero osservatorio ambientale disposto dal decreto autorizzativo della riconversione a carbone di Torre Valdaliga Nord [eliminare il condizionale, NDR]. Intanto, le altre centraline di Civitavecchia e del comprensorio, continuano a rilevare gli inquinanti. Il servizio è svolto dalla società Bilab, il cui contratto di appalto con l'osservatorio ambientale è scaduto a ottobre e che si sta rinnovando di mese in mese, anche perché Enel sembra piuttosto restia a sborsare i soldi senza che sia definitivamente chiarita la questione delle competenze dei due osservatori ambientali. [enel paga per controllare se stessa, quale credibilità possono avere questi controlli? NDR] "Tuttavia – ha dichiarato il presidente dell'osservatorio dei comuni, Coleine – Enel alla fine ci ha pagato [lo sapevamo, NDR]. Del resto a giorni si dovrebbe risolvere la questione delle competenze con la Regione. L'orientamento pare sia quello che il tavolo della salute si occupi di indagini epidemiologiche, mentre noi dovremmo continuare con il monitoraggio della qualità dell'aria, ma anche dell'acqua e del suolo". In questo senso entro qualche settimana dovrebbe svolgersi una conferenza stampa per la presentazione dei dati. Coleine ha anticipato che negli ultimi nove mesi in cui sono tornate attive le centraline si sono registrati a Civitavecchia solo tre sforamenti, e un solo sforamento nel comprensorio, ad Allumiere. Intanto la sensazione che resta, comunque, quella di un generale immobilismo. Le centraline, che non sono quelle della rete Arpa, sembra che siano accese come se si trattasse di una mera formalità, affinché Tvn continui a funzionare.

VEDI QUI per approfondimenti

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1 novembre 2010

I sonetti di Giancarlo Peris. "Tutto nel mio giardino"


Una progettualità di ampio respiro, uno sguardo sistemico sui problemi del reale: è quanto più ci fa difetto, come società e come cultura. Abbiamo sotto gli occhi gli effetti nefasti di una simile ignoranza, ne risente in modo diretto la qualità delle nostre vite, pagheranno un prezzo salato i nostri figli.

I cittadini ribattezzati con sarcasmo da certi media come "n.i.m.b.y." (not in my backyard, "non nel mio giardino" o "non nel mio cortile") sanno bene come vanno le cose: nella cronica assenza di un piano di sviluppo armonico e sostenibile, quando apri la porta all'insediamento sul tuo territorio del malaffare cementificatore/industriale, quella porta resterà sfondata da qul momento in avanti, aperta per razzìe di ogni genere. Certe radici velenose attecchiscono in fretta, crescono, e non si debellano più. Lo sappiamo bene noi, nell'Alto Lazio.
Per questa rubrica settimanale è il sesto sonetto di Giancarlo Peris, dedicato alle sventure del nostro martoriato territorio. Buona lettura.


"Tutto nel mio giardino" 19 febbraio 2006


A Citavecchia c’è un cementificio,
Du’ enormi, fosche e lugubri centrali,
Banchine ar porto co’ cromo e silicio
E da le navi fumi a noi esiziali.


Inoltre ce sta un centro militare
Indove se smartisce er gas nervino
Che si lì je se guasta quarche affare
Ce fa ‘na trita fino a Fiumicino.


Mo “NO NER MIO GIARDINO” adè ‘no spettro
Che gira in lungo e in largo per pianeta,
Ma io fo ‘sta domanna a chi ha lo scettro
Pe interveni’, e me pare assai concreta:


Perché tra li tanti orti der bon Dio
La monnezza ha da sta’ tutta ner mio?

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Continuano le prese di posizione contro il carbone a Saline Joniche, inviti al boicottaggio dei prodotti svizzeri

Mentre il consigliere provinciale Russo dice No alla centrale a carbone, medesima posizione esprime Pasquale Sapone, sindaco di San Lorenzo. Gioffré e Minniti (Prc/Fds) criticano il progetto della società SEI e invitano al boicottaggio dei prodotti svizzeri, il segretario questore del Consiglio regionale della Calabria, Giovanni Nucera critica la politica centralistica dei palazzi, e una parte crescente del mondo associazionistico calabrese manifesta chiara contrarietà rispetto a un progetto che non viene giudicato un saggio investimento per il territorio.

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Nasce dal basso un movimento di contrasto al progetto di centrale a carbone a Saline Joniche

Da 'NtaCalabria.it
"INVITO A TUTTI I CITTADINI DEL COMUNE DI MONTEBELLO IONICO, DEI COMUNI LIMITROFI, DELL’AREA METROPOLITANA DI REGGIO CALABRIA, DELLA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA, DELL’INTERA REGIONE CALABRIA

Cittadini,

ancora una volta si sta tentando di perpretare l’ennesima beffa nei confronti delle popolazioni della nostra terra e del nostro territorio: LA REALIZZAZIONE DI UNA MEGA CENTRALE A CARBONE NEL SITO DELLA EX LIQUICHIMICA di SALINE JONICHE.

In questi mesi si è assistito, più o meno indifferenti, ai vari balletti che venivano effettuati nelle sedi istituzionali preposte a dare il via alla realizzazione dell’impianto, certamente portatore di grandi disagi che andranno ad incidere, nel caso malagurato di realizzazione, sulla qualità della vita ed anche della morte di noi tutti e delle popolazioni del nostro territorio e non solo.

Il Governo centrale non ha una posizione chiara, i vari Ministeri competenti hanno posizioni differenziate e tra loro contrapposte.

La regione Calabria, ha già espresso il proprio no al carbone, sarebbe il caso che venga ribadito ulteriormente la propria volontà di chiusura completa alla realizzazione di tale impianto.

La Provincia di Reggio Calabria ha manifestato un orientamento di intenti che non da spazio alla realizzazione della centrale sarebbe opportuno che producesse atti istituzionali.

Il comune di Reggio Calabria e per essa la Città Metropolitana ha manifestato sia in precedenza con l’ex sindaco Scopelliti, sia adesso con il sindaco Raffa, la completa determinazione a opporsi alla sua realizzazione, anche qui sarebbero necessari atti istituzionali.

Il comune di Montebello Ionico, con la vecchia Amministrazione in cui era sindaco l’avv. Nisi, si è fermamente opposto alla centrale a carbone, attivando tutte le iniziative del caso e di sua competenza, per impedire che l’iniziativa della Sei andasse avanti; la nuova Amministrazione, a parte la posizione chiara di qualche assessore di NO al carbone, assume un atteggiamento possibilista che da adito a tanti dubbi ed interpretazioni. E’ vero che in più di un consiglio comunale della nuova Amministrazione si è ribadito il no alla centrale, ma è anche vero che la nomina di una commissione di esperti che dovrebbe illuminarci sulla bontà o meno dell’impianto non è in coerenza alle decisioni prese.

Caso mai ci sia una commissione di esperti che studi l’aspetto scientifico per ribadire il no senza se e senza ma.

Cittadini, è necessaria una presa di coscienza generalizzata sul problema che incombe, come la spada di Damocle, sopra le nostre teste.

NON ASPETTIAMO ANCHE QUESTA VOLTA CHE ALTRI DECIDANO LE NOSTRE SORTI E LE SORTI DELLE GENERAZIONI FUTURE DELLA NOSTRA TERRA.

Cosa fare?

Costituiamo il fronte del NO AL CARBONE

A questo fronte sono invitati ad aderire: tutti i Cittadini e le Associazioni di Montebello Ionico e dei Comuni limitrofi nessuna esclusa, i Cittadini e le Associazioni della Provincia di Reggio Calabria e della Regione Calabria. Tutte le Istituzioni ai vari livelli, Comunali, Provinciali e Regionali.

Il FRONTE DEL NO non ha nessuna colorazione politica, l’unica maglietta che indosserà sarà quella dell’interesse e della salute di tutta la popolazione comunale, provinciale e regionale. Nessuno potrà pensare di strumentalizzarci per scopi diversi da quelli manifestati.

ALLO SCOPO E’ INDETTA PER IL GIORNO 06/11/2010, ore 10,00, PRESSO L’IMPIANTO POLIFUNZIONALE SITO IN SALINE DI MONTEBELLO IONICO IN PROSSIMITA’ DELLO SVINCOLO NORD, UNA PRIMA RIUNIONE PER GETTARE LE BASI PER LA COSTITUZIONE DEL FRONTE DEL NO E PER PROGRAMMARE LE INIZIATIVE DA INTRAPRENDERE PER FAR SENTIRE LA VOCE DEL POPOLO CHE E’ IL VERO SOGGETTO LEGGITTIMATO DEL TERRITORIO.

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Allagata una miniera di carbone in Cina, 12 morti

(ANSA) - PECHINO, 28 OTT - Dodici minatori hanno perso la vita e uno e' rimasto ferito a causa di un'inondazione in una miniera di carbone nel Guizhou (Cina del sudovest). Altri 38 minatori sono riusciti a mettersi in salvo. I 'dirigenti' della miniera sono stati arrestati. Le miniere di carbone della Cina sono ritenute le piu' pericolose del mondo e gli incidenti mortali dovuti a frane, esplosioni e inondazioni sono frequenti.

Secondo dati ufficiali,l'anno scorso 2.631 minatori sono morti in incidenti di questo tipo."

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Genova, due operai intossicati da polvere di carbone

(ANSA) - GENOVA, 28 OTT - Due operai sono rimasti intossicati dalla polvere di carbone fuoriuscita da un flangia di raccordo nella centrale Enel in porto a Genova.

I due lavoratori sono stati trasportati al pronto soccorso dell'ospedale Villa Scassi di Sampierdarena in codice giallo.

Sul posto stanno operando mezzi dei vigili del fuoco e della capitaneria di Porto. L'incidente e' avvenuto nell'area ex idroscalo tra ponte San Giorgio e ponte Etiopia

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