Vittoria? Vittoria!
Nota Enel: "A fronte dell'evidente cambiamento del contesto energetico e della differente dinamica tra domanda e offerta di energia avvenuti negli ultimi dieci anni - tanto è durato l'iter autorizzativo, peraltro non ancora concluso, per la riconversione della centrale di Porto Tolle, nuove alternative devono essere esaminate per l'impianto polesano alimentato a olio combustibile".
Guarda il caso: la decisione è stata comunicata nelle stesse ore in cui sono state rese pubbliche dagli avvocati di parte civile, le motivazioni con cui il tibunale di Rovigo ha reso note le motivazioni con cui il tribunale di Rovigo ha condannato in primo grado gli ex vertici di Enel, i manager Franco Tatò e Paolo Scaroni, all'epoca dei fatti contestati rispettivamente presidente e amministratore delegato di Enel.
Da savonanews.it
“La pena inflitta risulta adeguata alla non indifferente capacità a delinquere dimostrata dai prevenuti, i quali hanno agito al fine di incrementare gli utili d'impresa a discapito della sicurezza e della salute dei cittadini”. Questa la frase che esprime l’esito del processo “Enel bis” per il disastro conseguente alle emissioni della centrale a carbone di Porto Tolle.
Le motivazioni della sentenza, emessa dal Tribunale di Rovigo lo scorso 31 marzo, sono state depositate nei giorni scorsi che, accolte le richieste della Procura della Repubblica (P.M. Manuela Fasolato), hanno portato alla condanna degli ex amministratori delegati Enel Scaroni e Tatò per disastro, in termini di messa pericolo della salute di un numero indeterminato di persone (in particolare in termini di patologie respiratorie nei bambini) conseguenti alle emissioni della centrale termoelettrica di Porto Tolle tra il 1998 e il 2009. Tutti e tre i magistrati del Collegio giudicante (il presidente Cristina Angeletti, e i due giudici Silvia Varotto e Gilberto Stigliano Messuti) sono estensori della sentenza. “La centrale ad oggi non potrebbe mai entrare in funzione perchè il suo funzionamento sarebbe illecito. Gli imputati condannati non solo a somme pecuniarie ma anche al ripristino ambientale dei danni causati”: la pronuncia prende il via esaminando tutte le violazioni commesse dagli imputati e già accertate nel primo processo conclusosi davanti al Tribunale di Rovigo – Adria nel 2006 (giudice Lorenzo Miazzi) e confermate dalla Corte di Cassazione nel 2011 (dalla mancata ambientalizzazione della centrale alla scelta del combustibile con elevato tenore di zolfo, alla scarsa manutenzione), pervenendo alla conclusione che la mera autorizzazione -peraltro tacita- al funzionamento della centrale non è sufficiente ad escludere reati suscettibili di incidere sulla salute delle persone. I giudici del Tribunale di Rovigo precisano infatti che “nessun margine di tolleranza può essere contemplato, nel nostro sistema giuridico, in ordine alla causazione di lesioni, morti o di danno ambientale di dimensioni tali da integrare la nozione di disastro, attesa la posizione preminente da attribuirsi ai beni della salute e dell'ambiente rispetto a quello della libertà delle attività economiche. E qui compare il riferimento al decreto di sequestro preventivo del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Savona dell’ 11 marzo sulla Tirreno Power.
E’ stata così riconosciuta dai giudici la validità probatoria delle perizie sulla centrale di Porto Tolle, eseguite con gli stessi periti e le stesse metodologie per il caso della centrale termoelettrica di Vado Ligure. Ad essere riconosciuta la validità probatoria delle perizie epidemiologiche del dottor Crosignani e le perizie ambientali del dottor Scarselli, condotte dalla procura. “Un duro colpo a chi per mesi ha criticato l'impianto accusatorio della procura di Savona, formulato con gli stessi periti e le stesse metodologie”.
E’ stato inoltre riconosciuto il ruolo importante delle associazioni di protezione ambientale costituite parti civili: “Risultata provata nel presente processo che le predette associazioni hanno svolto concretamente e continuativamente attività di valorizzazione e tutela del territorio nel quale insiste la centrale, organizzando manifestazioni ed iniziative volte a denunziare le problematiche ambientali connesse al funzionamento dell'impianto”.
4 ottobre 2014
Niente più carbone a Porto Tolle
31 marzo 2014
Sentenza su centrale Enel di Porto Tolle: tre anni di reclusione per Paolo Scaroni e Franco Tatò
Fonte: ilfattoquotidiano Sentenza storica nel processo a Rovigo per il disastro ambientale alla Centrale Enel di Porto Tolle. Dopo diverse ore in camera di consiglio la corte ha condannato a tre anni di reclusione gli ex ad Paolo Scaroni (oggi al vertice di Eni) e Franco Tatò con interdizione di cinque anni dai pubblici uffici. Assolto, per mancanza di elemento soggettivo, l’attuale amministratore e direttore generale Fulvio Conti. Assolti gli altri dirigenti. La corte ha accolto la tesi del pm Manuela Fasolato per il secondo capo di imputazione relativo al disastro colposo nell’ipotesi non aggravata. Sostanzialmente si è accertato che la Centrale di Porto Tolle è stata gestita senza adeguati meccanismi di contenimento delle emissioni che hanno messo in pericolo la pubblica incolumità. Non è stato accertato, invece, che il disastro sia avvenuto, ipotesi aggravata del 434 comma 2. La sentenza, per il legale di parte civile Matteo Cerutti, accerta che i condannati “hanno posto in essere fatti diretti a cagionare un disastro”. E la cosa più interessante, sottolinea, è che riconosce una precisa scelta di vertice, perché condanna gli amministratori e assolve i quadri intermedi e i direttori di centrale. Mentre le conseguenze sanitarie del “disastro” dovranno essere ora accertate dalle autorità sanitarie, quelle patrimoniali in sede civile. Esultano le associazioni ambientaliste costituite al processo. “La condanna dei vertici di Enel – dichiara il direttore generale di Greenpeace Giuseppe Onufrio – relativa al periodo in cui ci sono state le emissioni di inquinanti maggiori e, sopratutto, la definizione del danno ambientale causato dalle emissioni in eccesso rispetto alla normativa, sono un riconoscimento importante da parte del magistrato”. Intanto arrivano le prime reazioni dei condannati. L’assoluzione di Conti è accolta con sollievo: “Sono soddisfatto per la sentenza di assoluzione, che dimostra la mia totale estraneità rispetto alle accuse sollevate in questi mesi di dibattimento. Come ho già avuto modo di dichiarare, nutro il pieno riguardo nel lavoro della magistratura. Ribadisco comunque che la centrale di Porto Tolle ha sempre operato nel rispetto delle leggi e delle prescrizioni sia regionali sia nazionali”. L’ex ad di Enel, Paolo Scaroni, già condannato in passato per la gestione della Centrale e poi prescritto, si dichiara invece estraneo alle accuse: “Sono completamente estraneo alla vicenda e farò immediatamente ricorso. Sono stupefatto da questa decisione, come dimostrato dalle difese la centrale Enel di Porto Tolle ha sempre rispettato gli standard in vigore, anche all’epoca dei fatti contestati”. La sua condanna rischia di mandare a monte l’ipotesi di riconferma ai vertici dell’Eni. Il suo nome rientrava d’ufficio nella lista che il Mef dovrà sottoporre al governo. Nessun effetto diretto, perché l’incompatibilità per la guida delle società pubbliche scatta solo al terzo grado di giudizio. E tuttavia non è un bel biglietto da visita per Scaroni, indagato per tutt’altra vicenda (presunte tangenti su una commessa in Algeria) dalla Procura di Milano. “Considero questa una sentenza assurda, che scuote la mia teutonica fiducia nella giustizia. Sono certo – afferma in una nota Franco Tatò - che chi gestiva la centrale quindici anni fa ha sempre rispettato le norme: vedremo in appello”.
12 marzo 2014
Affonda il carbone a Porto Tolle, emerge l'eolico
Dopo la bocciatura della riconversione a carbone a Porto Tolle (vedi qui) che costringe Enel, se vorrà portare avanti la conversione dell'impianto, a presentare un nuovo progetto e un nuovo studio di Impatto Ambientale, e nuove incriminazioni a dirigenti Enel per l'inquinamento dello stesso impianto, il nuovo studio "Levelized Cost of Electricy Renewable Energy Technologies" mostra la competitività delle rinnovabili. Nel frattempo si attiva una centrale solare a concentrazione da quasi 400 MW in California.
Ci si avvicina alla svolta?
13 gennaio 2014
ISPRA: Enel risarcisca 3,6 miliardi per inquinamento a Porto Tolle
Ecco il doc originale: http://www.slideshare.net/thomasmackinson/relazione-ispra
Riportiamo l'articolo da Ilfattoquotidiano
"Un risarcimento da 3,6 miliardi per danno ambientale e sanitario. Questa la cifra che i periti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) hanno quantificato, per la prima volta, rispetto all’impatto economico per lo Stato della centrale di Porto Tolle, in provincia di Rovigo: 2,6 miliardi di danni sanitari, essenzialmente per la mortalità in eccesso, più un miliardo per omessa ambientalizzazione. Centrale gestita da Enel, colosso energetico italiano e seconda utility quotata in Europa, a processo per disastro ambientale. A chiedere la perizia, firmata da Leonardo Arru su incarico dell’avvocatura di Stato, i ministeri di Ambiente e Salute, parte civile nel procedimento – denominato ‘Enel bis’ – insieme alle associazioni.
Una notizia che non piace (quasi) a nessuno, tanto che a parlarne è solo la stampa locale. Non piace a Enel che a fine dicembre aveva esultato per una riduzione dell’indebitamento da 42 a 40 miliardi ora virtualmente gravato dal rischio di future, pesantissime, passività. Non piace al governo che tramite il Tesoro (31,2%) è il primo azionista di riferimento e carezzava da tempo l’idea di vendere quote per fare cassa. E ora si trova in mezzo a una surreale disputa tra ministeri in cui lo Stato fa causa a se stesso. Sarà poi pane per le agenzie di rating che da mesi incrociano un balletto di svalutazioni e rivalutazioni su titolo e prospettive della seconda società italiana per capitalizzazione di Borsa
La perizia è di fine novembre 2013 ma è rimasta confinata nell’ambito del procedimento che si tiene al tribunale di Rovigo per disastro ambientale che è prossimo alla conclusione (la sentenza è prevista per marzo 2014). Eppure potrebbe – secondo il legale di parte civile Matteo Ceruti – diventare un precedente per una serie di situazioni pendenti ad altissimo impatto ambientale oggetto d’indagine o di processi di riconversione: dalla Tirreno Power (ex Enel oggi gruppo De Benedetti) di Vado Ligure (Savona), per la quale la locale procura indaga per gli stessi capi di imputazione, passando per le centrali di Brindisi (Enel), Monfalcone in provincia di Gorizia (A2a), Torre Valdaliga Nord a Civitavecchia (Enel).
Non a caso associazioni ambientaliste che si sono costituite nel processo, come Greenpeace, ritengono
la perizia un significativo passo avanti non solo per l’entità dell’importo risarcitorio richiesto ma perché mette in chiaro il principio per cui ‘chi inquina paga’. Il conto arriva sul Delta del Po per cause di ordine storico, industriale e perfino politico. La centrale costruita negli anni Ottanta a pieno regime emetteva più anidride solforosa (SO2 ) di qualunque altro impianto fisso in Italia. Ancora nel 2002 si stima sprigionasse da sola il 10% di tutte le emissioni di SO2 imputabili a qualsiasi altra fonte sul territorio nazionale. Per i reati ambientali connessi al funzionamento della centrale, la responsabilità dei direttori dell’impianto e degli amministratori delegati di Enel spa dell’epoca, Paolo Scaroni e Franco Tatò, è stata definitivamente accertata in Cassazione nel 2011 ma i reati erano ormai prescritti: restavano le conseguenze patrimoniali che la corte d’appello di Venezia sta quantificando.
Ulteriori indagini e perizie hanno poi permesso di accertare il nesso causale tra le emissioni e le conseguenze di ordine ambientale e sanitario sulla popolazione, in particolare sui bambini. Così è partito il processo “Enel bis” che vede oggi imputati una decina di dirigenti Enel che si sono avvicendati tra il 1998 e il 2009. Secondo la procura di Rovigo, che procede per disastro doloso, avrebbero trascurato l’installazione di impianti che avrebbero consentito di tutelare la salute dei residenti e del territorio provocando un significativo aumento dei ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie della popolazione infantile. A comparire davanti al collegio saranno anche l’attuale amministratore delegato Fulvio Conti e i suoi predecessori. E’ in questo procedimento che il ministero dell’Ambiente, parte civile insieme a quello della Salute, tramite l’avvocatura dello Stato distrettuale di Venezia, ha chiesto di valutare anche i danni economici per lo Stato. Danni per l’appunto quantificati in 3,6 miliardi.
“Un anno di vita perso vale 40mila euro” - Gli enti locali a corto di soldi stanno uscendo dal processo penale in cambio di noccioline: 130mila euro a testa per cinque Comuni emiliani, più 500mila euro per il Parco regionale del Delta del Po. In tutto 1,1 milioni di euro. Di ancor meno si accontentano gli enti locali veneti (fuorché la Provincia di Rovigo e i Comune di Rosolina e Porto Tolle che sono rimasti come parti civili). Risarcimenti a fronte dei quali le parti si impegnano, tra l’altro, a rinunciare a eventuali pretese o azioni giudiziarie future connesse al funzionamento della centrale sino al 2009. E a questo punto tocca vedere se lo Stato, invece, venderà cara la pelle.
“Una valutazione cautelativa”: come viene calcolato il danno
Il tecnico che ha firmato la perizia ha portato in aula i calcoli fatti per il periodo 1998-2009, riguardo alla diffusione di biossido di Zolfo (SO2) sulla base delle emissioni dichiarate da Enel al registro internazionale delle emissioni. La stima monetaria è stata fatta utilizzando la metodologia elaborata dall’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) e – avverte il perito – “con un orientamento cautelativo” (leggi nel box). Non quantifica, tra l’altro, taluni tipi di impatti come i danni all’ecosistema da acidificazione e deposito di ozono o quelli agli edifici e al patrimonio culturale. Ma si avvicina molto al danno presunto, anche perché alternativa non c’è visto che “non si può stabilire generalmente il danno ritenendolo linearmente proporzionale ai carichi di inquinamento”. Si può, invece, circoscrivere l’addendum di emissioni in eccesso che qualificano e quantificano il peggioramento del profilo emissivo, e moltiplicarlo per unità di costo-vita, laddove esistano indici di mortalità correlabili. Ebbene secondo il perito del ministero dal ’98 al 2009 ci sarebbero 2,6 miliardi di euro di danni connessi al rilascio di 418mila tonnellate di SO2 in eccesso rispetto a quelli rilasciati qualora la centrale avesse operato in un ipotetico regime a gas metano, come imponeva di fare la legge regionale veneta del 1997 istitutiva del Parco del Delta del Po. Ciascuna tonnellata viene moltiplicata per diversi coefficienti individuati in sede europea.
La difesa di Enel: “Cifra abnorme e analisi infondata” – Enel, dalla sua, ha già contestato queste cifre come “abnormi”, ritenendo del tutto “infondata” l’analisi dell’Ispra. In particolare, secondo la difesa del colosso energetico, il consulente ha preso a riferimento unicamente le emissioni della centrale senza dare alcuna importanza ai rilevamenti delle cadute a terra di altri inquinanti. Inoltre, secondo i legali Enel, ha considerato come emissioni in eccesso tutte quelle superiori a quelle previste dal decreto ministeriale del 1990 che prevedeva, invece, specifiche deroghe normative per Porto Tolle che la centrale ha rispettato. Ma chi le ha messe quelle deroghe? La politica che sulla vicenda non ha mai mollato la presa. Non solo facendo generose concessioni normative sui limiti di emissioni, ma arrivando a tentare di condizionare l’attività di indagine della procura.
Deroga e dilazioni: 20 anni di politica sotto il traliccio
La politica e le emissioni, la politica e il colosso nazionale dell’energia. Un rapporto sempre stretto che si fa strettissimo quando serve. La centrale di Porto Tolle doveva essere “ambientalizzata”, cioè ricondotta a tetti di emissione imposti dall’Europa e vigenti per il resto del Paese, fin dal 1990. E invece fino a oggi ha mantenuto impianti di combustione a olio con tecnologia da anni Sessanta. Come è stato possibile? Con l’aiuto della politica che ha sempre trovato, a livello centrale e locale, le giuste deroghe e scappatoie per evitare a Enel un intervento di adeguamento oneroso. Il primo processo penale, quello che ha visto riconoscere la responsabilità degli amministratori dell’epoca per i reati ambientali, ha accertato poi che nonostante le deroghe per l’ambientalizzazione Porto Tolle è stata tenuta scientemente per ultima con ulteriore danno per l’ambiente. Da qui le condanne. Avanti dieci anni, si parla di riconversione ma non a metano, bensì a carbone. Costerebbe a Enel 2,7 miliardi ma il punto è che non porterebbe mirabili riduzioni degli inquinanti, anzi. Il progetto tiene banco per anni con le associazioni ambientaliste, operatori turistici e pescatori che si mettono di traverso e riescono, nel 2011, a far annullare dal Consiglio di Stato il decreto di Valutazione di impatto ambientale (Via). I giudici accolgono i rilievi sollevati e riconoscono che non è stata fatta una valutazione alternativa rispetto all’ipotesi del carbone. In particolare sul gas metano, visto che a 10 km dalla centrale c’è il più grande terminale gasifero offshore al mondo (il rigassificatore di Porto Viro, di proprietà dell’emiro del Quatar), realizzato proprio nella prospettiva di alimentare la centrale di Polesine Camerini. Ma i due impianti non saranno mai collegati perché il metano costa più del carbone. Poi il colpo di scena: nell’estate del 2011 prima il parlamento e poi Regione Veneto modificano le leggi, statali e regionali, rendendo non più necessarie valutazioni alternative. Una coincidenza temporale? Forse. Fatto sta che così facendo si consente di porre nel nulla la sentenza del Consiglio di Stato e di agevolare la nuova Via per il progetto a carbone, attualmente in corso presso il Ministero dell’ambiente. Parallelamente la politica trova modo di mettere lo zampino direttamente sulle inchieste.
Gli interventi a gamba tesa sui magistrati che indagano Luciano Violante (Pd)
Se la politica tenta a frenare i magistrati della Procura di Rovigo. “Diciamo che è un dato di fatto che tutti quelli che hanno la lavorato a questa vicenda hanno avuto qualche problema”, ricorda l’avvocato di parte civile Ceruti. Il riferimento, neanche troppo velato. Il riferimento, neanche troppo velato, è all’avvocato dello Stato Giampaolo Schiesaro, fatto oggetto di pressanti consigli, da parte di un agente dei servizi caduto in disgrazia, di “allentare la presa” sul processo Enel. Ma anche alla richiesta di azione disciplinare nei confronti del pm Manuela Fasolato avanzata dal Pd Luciano Violante e dal ministro Pdl Angelino Alfano. Il filo delle future larghe intese, improvvisamente, si stringeva intorno al collo di chi rischiava di intaccare interessi che non vanno toccati. La storia è nota. E’ il 2010 e il pm sta lavorando a diversi filoni d’inchiesta sulla centrale ipotizzando legami tra le emissioni e l’aumento dell’incidenza di malattie nei territori circostanti l’impianto. Sulla centrale pende l’iter della Valutazione d’impatto ambientale per il progetto di riconversione che vale, sulla carta, 4mila posti di lavoro e 2 miliardi e mezzo di investimento. Il pm comunica però agli enti interessati, ministero dell’Ambiente e Commissione di Via, le risultanze di alcune perizie che mettono i dubbio la veridicità dei dati del progetto depositato da Enel: un via libera senza una loro verifica avrebbe potuto aggravare il quadro dei reati e comportare ulteriori conseguenze per ambiente e popolazione. Apriti cielo. A Cortina Incontra, il 5 gennaio 2010, Violante nella inedita veste di presidente della associazione Italia decide, si espone in prima persona chiedendo un’ispezione. Sarebbero solo parole in libertà, se non fosse per un dettaglio: Enel è tra i soci fondatori di Italia decide. Ma la coincidenza non impedisce al ministro Alfano di prendere in esame le doglianze di Violante e di inviare a Rovigo il capo degli ispettori Arcibaldo Miller (poi coinvolto nell’indagine della cosiddetta P3) con contestazioni varie e fantasiose (come quella di aver lavorato, su autorizzazione dei superiori, al processo Enel mentre era impegnata come commissario nel concorso per gli esami nazionali in magistratura). Fasolato, nel frattempo trasferita alla Procura generale presso la Corte d’Appello di Brescia, ha chiesto ed ottenuto dal CSM di essere applicata a questo processo davanti al Tribunale di Rovigo, ed ancor oggi è ancora lì che non molla. E la centrale dei veleni pure.
27 gennaio 2012
Rimandato l'ok alla riconversione per Porto Tolle
Il Consiglio di Stato rinvia la decisione al prossimo Aprile per motivi "tecnici".
Il via libera proveniva da una modifica forzata "ad Aziendam" (enel) della Legge regionale 38/97 istitutiva del Delta del Po - Veneto e le normative ambientali, per poter infine scavalcare la sentenza del Consiglio di Stato che aveva in precedenza annullato la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) regionale e nazionale del progetto di riconversione a carbone, a causa dell'incompatibilità del progetto con il delicato equilibrio biologico del delta del Po.
9 dicembre 2011
Gli stabilimenti industriali più inquinanti in Italia, carbone ai primi posti
Dalla classifica recentemente stilata dall'Agenzia Europea per l'Ambiente (Revealing the costs of air pollution from industrial facilities in Europe), riportiamo la lista dei trenta stabilimenti industriali italiani più inquinanti:
- enel - Centrale Federico II, Cerano, Brindisi (carbone)
- ILVA Spa, stabilimento di Taranto
- Saras Raffinerie Sarde S.P.A., Sarroch
- Riva/Ilva - Centrali termoelettriche - Taranto (gas)
- E.on - Centrale di Fiume Santo (olio, carbone, turbogas)
- enel - Centrale "Andrea Palladio", Fusina (carbone, metano, olio, cdr)
- Tirreno Power (Sorgenia) - Vado Ligure, Quiliano (carbone)
- Edipower - Centrale di San Filippo del Mela (olio)
- Esso italiana - Raffineria Esso Augusta
- Eni - Raffineria di Sannazzaro De’ Burgondi
- ISAB impianti - Raffineria Sud, Priolo Gargallo
- enel - Centrale "Grazia Deledda" di Portovesme, Sulcis (olio)
- enel - Centrale di "Torrevaldaliga Nord" TVN, Civitavecchia (carbone)
- Raffineria di Milazzo S.C.p.A.
- Eni - Stabilimento Di Ferrera Erbognone
- enel - Centrale “Eugenio Montale”, La Spezia (carbone)
- A2A - Centrale Termoelettrica Di Monfalcone (carbone, olio, biomasse)
- S.A.R.P.O.M. S.r.l. - Raffineria di Trecate
- Enipower S.P.A. - Stabilimenti di Brindisi (turbogas)
- enel - Centrale "Pietro Vannucci", Bastardo (carbone)
- Raffineria Api e impianto IGCC di Falconara Marittima
- ERG - Centrali varie, Priolo Gargallo
- enel - Centrale “Ettore Majorana”, Termini Imerese (olio)
- Eni - Centrale di Ravenna (gas)
- Eni - Centrale di Mantova (gas)
- Tirreno power (Sorgenia) - Centrale "Torrevaldaliga Sud" TVS, Civitavecchia (turbogas)
- enel "Tor del Sale", Piombino (olio)
- ISAB IGCC, Centrale Priolo Gargallo
- enel, Centrale Archimede, Priolo Gargallo (gas)
Neanche a dirlo, è folta la rappresentanza di centrali a carbone già in queste prime 30 posizioni, così come spicca l'aura pulita di enel, proprietaria di ben 9 stabilimenti sui 30 "primi" classificati.
Rispetto ai 622 stabilimenti europei presi in analisi, questi primi trenta ecomostri italiani si piazzano tra il 18esimo e il 401 esimo posto, con l'Italia quinta per emissioni in Europa, dietro Germania, Polonia, Regno Unito, Francia.
Per informazioni più dettagliate: Agenzia Europea per l'Ambiente (EEA), Registro Europeo delle emissioni
29 ottobre 2011
29 ottobre, la mobilitazione contro il carbone narrata per immagini
Alcune immagini provenienti dalla manifestazione tenutasi ad Adria, condivise da liberi cittadini sul web.
Adria
11 ottobre 2011
29/10/2011 manifestazione nazionale contro il carbone
Parallelamente all'evento sono previste mobilitazioni in tutta Italia
29 settembre 2011
"29 ottobre: mobilitazione nazionale contro il carbone"
Riceviamo e pubblichiamo:
"29 OTTOBRE : GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE CONTRO IL CARBONE
CONTRO L’USO DEL CARBONE, PER UN LAVORO DEGNO,PER CONTRASTARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI E TUTELARE LA SALUTE DANDO SPERANZA AL NOSTRO FUTURO
APPELLO PER UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE NEL POLESINE E PRESIDI DAVANTI ALLE CENTRALI A CARBONE
La scelta di incrementare l’uso del carbone per la produzione di energia elettrica è una scelta nociva e sbagliata, soprattutto oggi che i cambiamenti climatici costituiscono una minaccia per il futuro del Pianeta e le fonti rinnovabili, insieme all’efficienza energetica, rappresentano l’alternativa efficace e praticabile. La combustione del carbone in centrali elettriche rappresenta, infatti, la più grande fonte “umana” di inquinamento da CO2, più del doppio di quelle a gas. A parole tutti sono per la lotta ai cambiamenti climatici, ma in Italia si fanno scelte in senso contrario, nonostante l’Unione Europea abbia assunto la decisione di ridurre entro il 2020 di almeno del 20% le emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990.
Il carbone è anche una grave minaccia per la salute di tutti: la combustione rilascia un cocktail di inquinanti micidiali (Arsenico, Cromo, Cadmio e Mercurio, per esempio), che coinvolgono un’area molto più vasta di quella intorno alla centrale. L’Anidride solforosa emessa, combinandosi con il vapore acqueo, provoca le piogge acide, per non parlare dei danni alla salute derivanti dalle polveri sottili.
La consapevolezza del legame tra danno ambientale e minacce per la salute umana, con inevitabili costi per la collettività, dovrebbe ormai costituire una consapevolezza comune. Ciò nonostante, e per mere convenienze proprie legate all’attuale prezzo del carbone (peraltro in salita), alcune aziende insistono per costruire nuove centrali a carbone o riconvertire centrali esistenti.
Con i recenti referendum oltre 26 milioni di italiani hanno rivendicato il diritto a decidere del proprio futuro, un futuro in cui i cambiamenti climatici non raggiungano livelli distruttivi per l’ambiente, il benessere e la stessa specie umana, un futuro di vera sicurezza energetica, un futuro di vera e stabile occupazione. In contrasto con questa ampia richiesta popolare Governo, Enel e altri lanciano invece un “piano carbone” che, oltre a Porto Tolle, riguarda la riconversione di vecchie centrali come Vado Ligure, La Spezia, e Rossano Calabro, o addirittura la costruzione di nuove centrali come Saline Ioniche, con un livello di investimenti, pubblici e privati, dell’ordine di 10 miliardi di euro. Con buona pace del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili. Rivendichiamo il diritto a essere coinvolti in scelte chiare, fondate su strategie e piani condivisi e non dettati dalle lobby energetiche, ma dall’interesse di tutti e dal bene comune.
Proponiamo il territorio polesano come laboratorio nazionale per cominciare ad immaginare ed attuare l'alternativa energetica, per uscire dalle fonti fossili.
Cominciamo questo percorso con una giornata di mobilitazione nazionale contro il carbone il 29 ottobre, e con una manifestazione nazionale nel Polesine.
A Porto Tolle, l'ENEL vuole – anche con modifiche alle leggi e alle normali procedure, operate da una politica compiacente – convertire una centrale a olio combustibile in una centrale a carbone della potenza di 2000 MW, nel mezzo del parco del Delta del Po. Questa centrale a carbone emetterebbe in un solo anno 10 milioni di tonnellate di CO2 (4 volte le emissioni di Milano), 2800 tonnellate di ossidi di azoto (come 3.5 milioni di auto), 3700 tonnellate di ossidi di zolfo (più di tutti i veicoli in Italia), richiedendo lo smaltimento di milioni di tonnellate di gessi e altre sostanze.
La centrale a carbone di Porto Tolle non ha alcun senso.
La riconversione avverrebbe al di fuori e contro di ogni strategia di riduzione delle emissioni di anidride carbonica (strategia che ancora oggi non c’è) e persino di ogni logica energetica, dal momento che l’Italia ha una potenza istallata quasi doppia rispetto al picco della domanda, al punto che i produttori di energia elettrica lamentano che gli impianti vengono oggi usati per un terzo della loro potenzialità.
Non solo: oggi le maggiori prospettive di nuovi posti di lavoro, nel mondo e in Italia, sono nei settori delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, con numeri che in alcuni Paesi ormai superano l’industria tradizionale; al contrario, la centrale a carbone porrebbe a rischio l’occupazione già esistente, e quella futura, nell’agricoltura, nel turismo e nella pesca.
La riconversione a carbone avverrebbe con una tecnologia di combustione che, pur spinta ai suoi migliori livelli, resta sempre assai più inquinante di quella basata sul gas naturale, e dannosa per la salute; nel caso di Porto Tolle, i dati di rilevazione e le epidemiologie mostrano che l’inquinamento e i danni sanitari si estenderebbero per buona parte della Pianura Padana.
Il ricatto occupazionale di ENEL, dunque, va rifiutato da tutti con dignità e fermezza, perché oggi più che ieri il futuro è nell’economia sostenibile per l’ambiente e la salute, tanto più che, sul piano occupazionale, la bonifica dell'area ed una sua riconversione verso impianti e produzioni nel settore delle energie rinnovabili pulite darebbero lavoro stabile e sicuro ad un maggior numero di persone.
Con la giornata del 29 ottobre ci rivolgiamo a tutti, anche a coloro che subiscono il ricatto occupazionale, nel Polesine e ovunque in Italia vi siano centrali a carbone o progetti di costruzione di nuove centrali o di ampliamento di quelle esistenti, per rifiutare tutti insieme la contrapposizione tra lavoro ambiente e salute, cominciando invece a costruire un lavoro dignitoso, una società basata sull’interesse comune e non sugli interessi di poche lobbies, sulla possibilità di un futuro per tutte e tutti.
Promotori
Alternativa, AltraMente scuola per tutti, AltroVe, Arci, A Sud, Cepes, Circolo culturale AmbienteScienze, Comitato Energiafelice, Comitato SI' alle Rinnovabili NO al nucleare, Coordinamento Veneto contro il carbone, Ecologisti Democratici, Fare Verde, Federconsumatori, Focsiv - Volontari nel mondo, Forum Ambientalista, Greenpeace, ISDE-Medici per l'Ambiente, Italia Nostra, Kyoto Club, Legambiente, Lipu, Movimento difesa del cittadino, Movimento Ecologista, OtherEarth, Rete della Conoscenza (Uds-Link), RIGAS, Slow Food Italia, WWF, Ya Basta.
Adesioni
Federazione nazionale dei Verdi, IDV, Prc-Fds, SEL.
Adesioni individuali
Virginio Bettini, Ilaria Boniburini, Anna Donati, Edoardo Salzano.
Per adesioni: segreteria@fermiamoilcarbone.it; www.fermiamoilcarbone.it
24 agosto 2011
"Infrastrutturocrazia"
Un contributo di Vanni Destro, Movimento 5 Stelle Rovigo e Coordinamento Nazionale No al Carbone
"Per il carbone a Porto Tolle modificate la Costituzione, fate quel che va fatto, non c'interessa, ma smettetela di mettervi in mezzo!" Messaggio chiarissimo quello di Fulvio Conti davanti alla più presitigiosa platea nazionale dal punto di vista degli intrecci economico - politici, il Meeting di CL- Compagnia delle Opere che annualmente raccoglie gli affiliati a quella specie di massoneria cattolica col pallino degli affari.
Una scena di sicuro peso che, in fondo, rappresenta il volto dirigenziale di quest'Italia in rottura prolungata e che ha ancora tanto, tanto, troppo potere. Un Conti spregiudicato che rivela la propria anima e lancia il messaggio più forte ben sapendo che questa classe politica non vedeva l'ora di sentirselo chiedere.
In fondo Italia Decide di Violante che sollecita ad Alfano le ispezioni alla Procura di Rovigo è co-fondata e finanziata da Enel, questo Governo ha già prodotto un paio di provvedimenti legislativi per favorire la riconversione a carbone e, addirittura, la Regione Veneto ha modificato la legge istitutiva del Parco del Delta del Po per il medesimo motivo.
Su, un'altro piccolo sforzo.
La democrazia? Stiamo ancora a perder tempo con questi anacronismi? La politica del fare (quel che a lorsignori pare e piace) non può tenere conto delle persone, dei loro diritti, della loro vita, di ciò che pensano, del fatto che facciano lavori che subirebbero danni dalla riconversione o, peggio, che rischino malattie gravi, conta solo il dio denaro e conta solo per pochi potenti.
Infrastrutture, impianti e grandi opere vanno fatte anche se inutili, coi nostri soldi e alla faccia nostra perché sono la via per succhiare altri soldi pubblici.
Conti non vuole le stazioni di pompaggio e gli accumulatori di Terna che, recuperando energia, toglierebbero mercato ad Enel e allora dice che energia ne abbiamo fin troppa. Conti piange e si dispera per le sorti del carbone portotollese e dice che abbiamo una disperata necessità di energia. Finalmente Conti la dice giusta: fateci fare quel che vogliamo! A parte che sembra quasi un alzare la posta per cincischiare un'altro po', per rimandare l'inizio dei lavori trovando un'altro capro espiatorio negli enti locali che, giustamente, rivendicano la giurisdizione sui propri territori e la salvaguardia di chi e ciò che amministrano che la Costituzione loro legittimamente garantisce. Siamo all'infrastrutturocrazia, al lobbismo che si incarna nel governo
del Paese.
A questi boiardi di Stato, con velleità di supermanager che non rischiano mai e, se lo fanno, usano come stuntman al loro posto gli italiani sarebbe ora di dare il benservito altro che modificare la Costituzione a loro piacimento.
18 agosto 2011
Nuove indagini sullo 007 coinvolto nella vicenda Porto Tolle
Dal CorriereDelVeneto
Nuova tegola per Ettore Mantovan, lo 007 arrestato lo scorso marzo a Padova per concussione e sospettato di «inusuali» interessamenti alle sorti della centrale Enel di Porto Tolle. Il 57enne di Porto Viro, indagato per aver chiesto mazzette ad Archimede Finotti, titolare della rodigina Finpesca, è ora agli arresti domiciliari. Ma nelle ultime settimane è stato iscritto nel registro degli indagati anche per presunte minacce all'avvocato dello Stato Gianpaolo Schiesaro. Ex magistrato, Schiesaro era stato legale rappresentante del ministero dell'Ambiente costituitosi parte civile nei processi contro le emissioni della vecchia centrale Enel a olio combustibile. Ora scatta un secondo round. Il nuovo fascicolo a carico di Mantovan, con l'ipotesi di accusa di minacce a pubblico ufficiale, riguarda una questione legata al rigassificatore di Porto Viro.
La vicenda risale al 2006. In quel periodo la costruzione dell'impianto subisce uno stop: la procura rodigina dispone il sequestro dell'isolotto artificiale impiegato per i lavori di trivellazione, propedeutici alla costruzione dell'impianto. Qualche tempo dopo la Cassazione annullò quel sequestro ma nel frattempo Mantovan avrebbe usato frasi intimidatorie nei confronti di Schiesaro, consigliandogli di lasciar perdere, di occuparsi di altro. L'avvocato dello Stato infatti portava elementi a sostegno della linea della pericolosità delle trivellazioni, che avrebbero provocato squilibri e fenomeni di abbassamento di parti di terra e laguna. Schiesaro non fece denuncia contro Mantovan, ma ne parlò con il pm Manuela Fasolato, che stava conducendo indagini sia sul rigassificatore che sui progetti di riconversione della centrale Enel.
Qualche tempo dopo arriva al magistrato anche la notizia dell'interessamento di Mantovan alle sorti della centrale Enel e della tormentata riconversione a carbone: presunti «condizionamenti» giunti al pm attraverso un agente di polizia giudiziaria. Il magistrato manda dunque un esposto a Trento, competente per territorio, chiedendo che si indaghi su queste «incursioni» dei servizi segreti. Mantovan non è però indagato: a Trento lo sentono come persona informata sui fatti. Lui nega, viene tutto archiviato. Ora però Schiesaro «rivede» quelle parole di quattro anni fa in modo diverso e manda un esposto alla procura di Padova, che indaga lo 007 per concussione, denunciandolo anche per minacce. E la procura apre un altro fascicolo. Nel frattempo i magistrati padovani stanno esaminando anche alcune intercettazioni dell'indagine sulla P4 della procura di Napoli. Il sospetto è che Mantovan sia collegato con l'intricata matassa di interessi pubblici, nomine e faccendieri che hanno messo nei guai parlamentari, finanzieri e il ministro Tremonti.
14 agosto 2011
Legambiente manifesta sul Delta del Po contro il carbone
1 agosto 2011
Tangenti per il carbone di Porto Tolle, la P4 coinvolta
Pubblichiamo un articolo di grande interesse, dalla home page del FattoQuotidiano
"Servizi, mazzette e P4: le trame oscure intorno alla centrale Enel di Porto Tolle". Una lettura consigliata!
Un agente dei servizi viene arrestato a Padova per concussione. Il suo nome compare due giorni sui giornali locali. Poi il vuoto. I magistrati padovani che indagano sul caso chiedono informazioni su di lui alla procura di Rovigo, perché è lì che l’agente segreto vive. E il Procuratore Capo Dario Curtarello salta sulla sedia. Quel nome lo conosce bene. Ettore Mantovan, 57 anni di Porto Viro è conosciuto anche al pool del Pm Carlo Nordio, che ha condotto le indagini sulle coop rosse. E ora sul nome dello 007 incombe l’ombra della P4.
I giochi si compiono a Rovigo, capoluogo “depresso”, dimenticato da tutti quelli che non sanno nemmeno dove collocarlo sulla cartina geografica. Eppure è qui si gioca la doppia “partita energetica” del Paese: il rigassificatore a metano di Porto Viro (Edison), inaugurato dall’ex governatore Giancarlo Galan, e, a una manciata di chilometri, la centrale Enel di Porto Tolle, che dal funzionamento a olio combustibile, altamente inquinante, vuole passare al carbone, progetto fortemente voluto dalla Regione e dai sindacati, osteggiato dagli ambientalisti e, sul piano giudiziario, dalle consulenze della procura di Rovigo.
Ma all’ombra dei due “mostri” c’è un oscuro sottobosco tutto da svelare. Perché un anno fa Ettore Mantovan, agente segreto dell’Aisi (Agenzia italiana per la sicurezza interna, ex Sisde) avrebbe fatto pressioni sui pm di Rovigo che si permettevano di “andare contro” gli interessi dell’Enel a suon di consulenze sull’impatto ambientale dell’opera. Il caso finisce a Trento, procura competente per i magistrati veneti, che però archivia il caso. Poteva continuare la sua vita nell’ombra, Mantovan. Ma quattro mesi fa i carabinieri di Padova gli trovano nelle tasche 50mila euro in contanti. E’ una mazzetta appena estorta ad un imprenditore ittico. E ora sul tavolo dei due pm padovani che indagano si di lui, Paolo Luca e Roberto d’Angelo, arrivano i fascicoli dell’inchiesta P4 di Henry John Woodcock e Francesco Curcio. Ci sarebbe quindi un collegamento con le intercettazioni che hanno incastrato Bisignani-Milanese-Papa, gettato ombre sulla Guardia di finanza ed evidenziato possibili accordi “segreti” per le nomine e gli affari dei grandi enti statali, tra cui proprio l’Enel.
I magistrati padovani sono ora a caccia di possibili nessi tra l’inchiesta partenopea e i movimenti di Mantovan. Dal suo passato emergono infatti molti dettagli che, messi in uno in fila all’altro, potrebbero svelare un inedito interessamento dei Servizi agli interessi economici di Rovigo.
Sono le 17.30 del 29 marzo scorso quando il 57enne rodigino Ettore Mantovan viene arrestato dai carabinieri al casello di Padova sud: ha appena preso 50mila euro da Archimede Finotti, imprenditore titolare della Finpesca di Porto Viro. Ma il contestato reato di concussione non è che una deriva rispetto ad altri piccoli particolari che emergono ripercorrendo la carriera di Mantovan. Negli anni ’90 è in questura a Rovigo, fa l’ispettore. Ma è molto ambizioso, quel ruolo gli sta stretto. Si mette in mostra a Venezia, dove porta al pubblico ministero Carlo Nordio elementi determinanti in merito all’inchiesta sulle coop rosse. Il nome di Alberto Fontana, il famoso “compagno F” che manovrava tangenti per finanziare il Pci, arriva proprio grazie alle informazioni di Mantovan. L’ispettore ha le mani in pasta e lo dimostra chiaramente a tutti quelli che lo conoscono. Il suo obiettivo sono i Servizi. Più volte chiede alla procura veneziana di essere “segnalato” a Roma. Ma dal capoluogo veneto non parte alcuna spintarella. Lui non si arrende. Passa qualche tempo alla Dia di Padova. Alla fine ce la fa: dopo il 2000 entra nel Sisde, che poi diventa Aisi, ed è responsabile di zona per il Triveneto.
Il suo nome ricompare nel 2008. Scoppia il caso della riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. Il colosso che svetta nel fragile equilibrio del parco del Delta del Po funziona a olio combustibile, ma inquina troppo. Che progetti ha l’Enel? La riconversione a carbone. Gli ambientalisti promettono battaglia. E il caso arriva in Procura. Nel 2008 giunge sul tavolo del pm rodigino Manuela Fasolato la relazione dell’ Enel sulla riconversione: l’ente parla di emissioni non nocive, di polveri più sottili del temuto pm10. Ma una consulenza richiesta dalla pm e controfirmata dal procuratore capo Dario Curtarello dice che non è vero che quel tipo di polveri non comporta rischi, anzi potrebbe inquinare in modo più subdolo. Per L’Enel compare lo spettro dei sequestro preventivo.
Parallelamente, gli ambientalisti parlano del ‘controsenso energetico’: a una manciata di chilometri da Porto Tolle c’è il rigassificatore di Porto Viro, che porta alti gli interessi di Edison e di una ditta del Quatar che trasporta qui il metano in stato liquido. La domanda è quasi banale: perché la centrale Enel non può essere collegata al rigassificatore e funzionare a metano? L’Enel non risponde. Non risponde nemmeno la Regione Veneto, e sindacalisti si scontrano con Greenpeace, Legambiente e Movimento 5Stelle. Perché ai sindacati L’Enel promette soldi e lavoro, con il metano non ci sono né l’uno né l’altro. Peccato che la magistratura si metta di traverso. Lo pensa anche per l’ex pm ed ex parlamentare del Pd Luciano Violante. Violante guida una “lobby” che si chiama “Italia-decide”, che ha la missione di agevolare la ripresa economica del Paese. Piccolo dettaglio: tra i fondatori di della lobby c’è anche Enel.
Nell’inverno del 2010 Violante, in un pubblico salotto chic di Cortina d’Ampezzo, riprende il rapporto annuale di Italia-decide, che ha un capitolo dedicato proprio all’Enel e fa un commento che, a posteriori, appare come un anatema: si augura infatti che si trovi presto una soluzione alle perplessità dei magistrati che stanno bloccando la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle. Detto fatto. Violante chiama, Alfano risponde. Nel giro di pochi giorni il ministero della Giustizia manda gli ispettori in procura a Rovigo. E un cavillo lo trovano: quando ha richiesto la consulenza “ammazza-Enel”, il pm Fasolato si occupava contemporaneamente della commissione per gli esami dei neomagistrati. “Per legge” non si possono fare le due cose contemporaneamente. Il pm deve quindi spiegare questa sua “smania” di lavoro. Il procedimento disciplinare, nel quale è stato coinvolto anche il procuratore capo Curtarello, non è ancora chiuso.
Inaspettatamente, però, lo stop arriva dal Consiglio di Stato, che a metà giugno di quest’anno blocca i piani dell’Enel perché la legge sul parco del Delta limita le emissioni di Co2 in vicinanza dell’area protetta. La Regione Veneto di Luca Zaia risponde in meno di un mese approvando la modifica della legge “blocca-Enel”. Insomma questa riconversione s’ha da fare, a 5Stelle e ambientalisti restano solo le barricate.
Mentre accade tutto questo, dice oggi l’inchiesta, c’è un “movimento sotterraneo” che preme nella stessa direzione, un movimento che ha il nome di Ettore Mantovan. Lo 007 opera infatti delle velate pressioni in Procura affinché i magistrati abbassino le barricate nei confronti dell’Enel. Ma non lo fa in modo diretto. Si serve di un agente di polizia giudiziaria in servizio in Procura, che sarebbe stato incaricato di far arrivare il messaggio a Fasolato e Curtarello.
Perché uno 007 dovrebbe mettere il naso sugli interessi economici del paese? I due pm chiedono alla procura di Trento, competente per territorio sui magistrati veneti, di fare chiarezza. Mantovan viene sentito come persona informata sui fatti, e nega ogni pressione. I magistrati trentini archiviano, non ci sono elementi per individuare rati. Caso chiuso? Non ancora. Perché intanto Mantovan si fa pescare nel padovano a estorcere soldi agli imprenditori. Quando la notizia arriva a Rovigo, in Procura cominciamo a girare facce scure. Quell’uomo lo conoscono troppo bene. Passano i mesi, Mantovan sta in carcere e soprattutto sta zitto.
Nel frattempo esplode il caso P4. Bisignani e Papa, Bisignani e Milanese, la Guardia di finanza, le fughe di notizie. Ma soprattutto, ed è quello che più interessa ai magistrati padovani, ci sono le nomine e interessi degli enti statali, Enel compresa. Sospetti, indizi. Da qualche giorno è iniziata la caccia ai possibili collegamenti. I magistrati padovani sono convinti che Mantovan non abbia agito da solo. Un fatto è certo: i faldoni di Napoli sono a Padova. La verità sta in quegli intrecci. La verità la sa anche Mantovan. E i magistrati sono convinti che e non sia l’unico a saperla.
di Roberta Polese
27 luglio 2011
Il Consiglio regionale del Veneto e quelle leggi fatte per essere violate
A colpi di menzogne su dati occupazionali, disinformazione e pressioni lobbistiche, modificando ad hoc il regolamento del Parco del Delta del Po, il Consiglio Regionale del Veneto apre la strada alla riconversione a carbone a Polesine Camerini (Porto Tolle).
Se davvero si farà, siamo pronti a scommettere oggi 27 luglio 2011 che non passerà molto tempo, per ascoltare i lamenti delle sigle sindacali nazionali che presto cominceranno a recriminare che le promesse occupazionali non sono state rispettate. In realtà, loro, lo sanno già: è il solito teatrino già visto.
Nella votazione si è astenuto il gruppo Pd, tranne il consigliere Azzalin che ha votato a favore. Contrari Italia dei Valori, Federazione della Sinistra e G. Bortolussi.
24 luglio 2011
Intervista sul carbone di Porto Tolle
Dal blog di Beppe Grillo un'intervista all'amico Vanni Destro
"Ci sono posti dove anche un respiro ha un sapore diverso. Ogni filo d'erba, ogni granello di terra, subisce inerme il dramma generato dall'uomo. A Porto Tolle, in Veneto, c'è una centrale Enel fra le più grandi d'Europa. La sua torre a strisce biancorosse si innalza verso il cielo e squarcia la pianura, sul delta del Po. Era alimentata a olio combustibile, ma adesso vogliono rinconvertirla in una centrale a carbone. Ci raccontano la favola del carbone pulito, nascondendo la realtà. Il carbone è fra i combustibili più inquinanti. E' vecchio 300 milioni di anni. Il suo rilascio di Co2 nell'aria è devastante. Però costa meno, garantisce maggiori profitti. E davanti al business non c'è ambiente che tenga.
Intervista a Vanni Destro del Comitato per la difesa della salute e dell' ambiente per la Provincia di Rovigo:
Il carbone pulito non esiste
Questa che è lì è ferma da quasi 6 anni è la vecchia centrale Enel a olio combustibile a alto contenuto di zolfo che è stata costretta a chiudere nel 2005, dopo aver funzionato 25 anni senza nessuna autorizzazione ministeriale, perché è troppo inquinante, si dice la più inquinante d’Europa
per cui ci sono anche delle condanne agli amministratori delegati dell’Enel e ai direttori della centrale, sono 4 gruppi di combustione a olio per un totale di 2640 megawatt di produzione. Quando è nata era la più grande centrale d’Europa, rappresentava all’epoca circa l’11% della produzione elettrica nazionale. Vorrebbe nell’ipotesi di Enel essere trasformata in una centrale a carbone tra i gruppi per un totale di 1960 megawatt, carbone cosiddetto pulito a uno dei 3 gruppi per effetto di un finanziamento di 100 milioni da parte dell’Unione Europea verrebbe applicato il sistema ancora sperimentale di cattura e sequestro di CO2, che bloccherebbe un milione di tonnellate di CO2 emessa, peccato che la centrale ne emette in totale 10,5 milioni. Di fatto l’anno scorso abbiamo sfiorato abbondantemente il record di emissioni di CO2 a livello antropico con 30,6 miliardi di tonnellate di CO2 emessa, non abbiamo bisogno di centrali, non abbiamo bisogno di elettricità in Italia, abbiamo bisogno eventualmente di far rispondere l’efficienza energetica. Come puoi vedere è abbastanza impressionante! I suoi bei danni li ha fatti, come di là si intravedono… quelle sono le cisterne di olio combustibile che insistono nella zona, l’Enel non ha mai preso in ipotesi quello che è prescritto anche per la legislatura del parco sull’Art. 30, cioè la riconversione a gasmetano, nonostante abbia sottoscritto un accordo nel 1999 con le autorità regionali e locali e i sindacati e l’Edison che all’epoca era una componente dell’opera, un accordo per utilizzare il gas del più grande rigassificatore offshore , fuori da terra, in mezzo all’acqua al mondo che si trova a poca distanza, circa 10 miglia, il punto più vicino alla terra è proprio la banchina dell’Enel, era stato fatto con questo scopo. Non vuole utilizzare il gas dell’Edison molto probabilmente per conflitti anche tra aziende concorrenti, di fatto questo accordo l’aveva siglato, è chiaro che il carbone costa meno, se basta mettere un aggettivo come pulito per renderlo più appetibile, poi la sostanza non cambia, è il più inquinante tra i combustibili fossili e dal punto di vista del riscaldamento globale è quello che incide molto di più essendo quello che emette più anidride carbonica di tutti! Questa è una zona tutta di bonifica, queste erano valli, paludi etc. e sono state bonificate tra l’inizio del '900 e il ventennio fascista. I lavori sono iniziati nel 1975/1976, se non erro, già tra moltissime polemiche. Il parco doveva essere nelle intenzioni del legislatore, si parla della legge del 1991, un unicum con il parco dell’Emilia Romagna perché una parte del delta è anche in Emilia Romagna, se non fosse diventato parco interregionale entro due anni, secondo il legislatore, sarebbe dovuto intervenire il Ministero dell’Ambiente e farne un parco nazionale, siamo ancora qua che aspettiamo.
ispettori Pdl e Pdmenoelle
Qui siamo a Boccasette, in una località dove si è sviluppato bene o mane un minimo di turismo balneare all’ interno della foce del Po’, ma più avanti c’è Alberella, Rosolina per un tipo di turismo più popolare.
Siamo qui perché proprio in fondo, proprio di fronte c’è il rigassificatore dell’ Adriatic LNG
che è stato costruito dopo un accordo che c’è stato tra Enel, Edison che era una componente del progetto rigassificatore e le autorità locali, i sindacati, con l’intento di alimentare la centrale di Polesine Camerini che si vede là in fondo. Infatti è il punto più vicino a terra dal rigassificatore, con l’intenzione di alimentarlo a gas, la cosa non è stata fatta perché Enel evidentemente il carbone costa meno e garantisce maggiori profitti, anche perché è più inquinante, si vanno a spendere soldi in tecnologie per limitare l’inquinamento, chiaramente diminuisce anche i profitti.
Di fatto questa centrale è stata oggetto di un sacco di indagini anche da parte della Procura, condanne una recente per inquinamento ambientale agli amministratori delegati Totò Scaroni e i due degli autori della centrale è un rinvio a giudizio recente del 28 giugno addirittura per l’ipotesi di disastro ambientale sempre a Totò Scaroni e a una serie di altri personaggi, una serie di indagini anche per il progetto di riconversione a carbone perché è stato riconosciuto un falso abuso d’ufficio nella presentazione del progetto, lì sono coinvolti anche i commissari della Via nazionale e della Via Veneta, la Commissione di valutazione di impatto ambientale. A fronte di questo cosa è successo? Che Luciano Violante, portavoce di "Italia Decide" parlamentare del PD, ex Presidente della Camera, l’Italia Decide è una fondazione cofondata e finanziata da Enel, ha denunciato che c’era una persecuzione da parte della Procura… Luciano Violante ha denunciato questa ipotesi di ipotetica persecuzione invocando da parte della Procura di Rovigo nei confronti di Enel che vuole riconvertire a carbone, invocando l’ispezione del Ministero della giustizia e quindi di Angelino Alfano che in perfetta sincronia bipartisan ha subito mandato gli ispettori. E pare che i pubblici Ministeri siano stati sanzionati, anzi è certo, perché pur di togliergli l’indagine al PM Manuela Fasolato l’avevano promossa a esaminatrice di una commissione per formare magistrati a Roma, ma riusciva a continuare a seguire le questioni ambientali che stava seguendo qui in Provincia di Rovigo.Quindi è stato detto che lavorava troppo, sostanzialmente non poteva fare una cosa e farne un’altra, sappiamo che la giustizia è molto veloce in questo paese, se c’è qualcuno che si dà da fare è giusto sanzionarla, Alfano lo sa bene e anche a questo punto il centro-sinistra e il PD lo sa che non conviene toccare il manovratore, chi tocca i fili muore! La centrale come dicevo prima emetterà metalli pesanti, le rilevazioni, verrà costituito un osservatorio nelle intenzioni del Ministero, dell’ Enel, dell’ autorità che l’ha costruita, che farà capo agli enti locali, è simile a quello di Civitavecchia, finanziato da Enel. Il Ministero dell’ambiente a Civitavecchia l’ha dichiarato illegale perché non coinvolge l’ ARPAV o altri enti di salvaguardia dell’ambiente del territorio. Cosa succederà? Che emetterà metalli pesanti in modo consistente, le polveri ultrasottili raggiungeranno aree molto, molto lontane, c’è uno studio del CNR anche in proposito, si parla di 60/70 chilometri di distanza.
panem, circenses e carbone
Le emissioni di CO2 in un paese che ha già un problema di deficit rispetto agli accordi a livello europeo, già sforiamo di 80 milioni di tonnellate, saranno incrementate di altri 10,5 milioni di tonnellate, anche se parlano di cattura e sequestro di CO2, al limite se proprio dovesse funzionare, secondo le loro dichiarazioni, riusciranno a catturarne sì e no un milione di tonnellate, continuerà a distruggere questo paesaggio che avete visto in parte e a minare la salute dei suoi abitanti che contano quasi tutti un malato, se non d’asma, di tumore in questa zona.
Sappiamo che in questa zona il potere dell’Enel e di chi ci lavora ha la mano pesante, non parlo di mafia o di minacce, però le persone purtroppo spesso parlano a mezza bocca della cosa, hanno sempre paura di ledere gli interessi di qualcuno, come si fa di solito per governare bene si lasciano prebende a un’associazione, piuttosto che a un’altra, si sistemano alcune cose, si sponsorizzano avvenimenti, si fa un po’ di panem circenses in questo, Enel sicuramente è molto brava! Di fatto sarebbe interessante che le persone sono parecchie e questo lo so per certo, che hanno un malato di tumore, piuttosto che di malattie respiratorie serie si facessero coraggio e denunciassero le cose in maniera tale che si vedesse qual è il reale impatto sulla popolazione del passato funzionamento della centrale e quali sono i reali pericoli per il futuro con un combustibile inquinante come il carbone.
Non c’è nel nostro paese, qui spesso leggiamo sui giornali che c’è la necessità di riconvertire a carbone questa centrale perché colmerebbe il deficit del 40% di mancanza di energia elettrica che c’è in Veneto. Non possiamo ragionare con il federalismo elettrico, è un’assurdità, la corrente viene prodotta in alcuni posti e viene portata in altri, sarebbe molto meglio fosse in filiera corta come tante altre cose perché non ci sarebbero dispersioni. In Italia non abbiamo bisogno di nuove centrali, è una dichiarazione di Fulvio Conti, non è mia, del 3 giugno. Abbiamo una produzione elettrica che può far fronte a qualsiasi tipo e livello di emergenza, si tratta solo di creare le reti adeguate per portare quell’energia che viene prodotta che so dall’eolico, piuttosto che dal fotovoltaico, portarla dove serve, un’efficienza energetica maggiore e soprattutto puntare sul risparmio energetico. Ci sono studi della facoltà di energetica del Politecnico di Milano che danno indicazioni di minima, attraverso le quali si potrebbe giungere a risparmiare entro il 2020 del 30% dell’energia consumata con semplici accorgimenti, senza stravolgere il nostro stile di vita. Ovvio che finché non si capisce che continuare a produrre energia da combustibili fossili, oltre che incidere sulle nostre tasche, incide sulla nostra salute e sul futuro dei nostri figli, non faremmo grossi passi da gigante. Purtroppo in alcune zone come questa si fa leva sempre sulla questione lavoro, ma di lavoro se si volesse seriamente impegnare con un po’ di coraggio nell’ambiente che ci circonda, in agricoltura, turismo, pesca e indotto ce ne sarebbe da vendere qui, solo che è più facile aspettare uno stipendio del 27 e questo lo posso anche capire, ma non giustifica il fatto di ammazzare gli altri, queste sono cose del Terzo Mondo.
20 luglio 2011
Porto Tolle, il metano come soluzione intermedia
Da RovigoOggi
"Venezia - Mercoledì 20 luglio il consiglio regionale del Veneto inizierà la discussione del tanto contestato disegno di legge, proposto dalla giunta presieduta da Luca Zaia, per la modifica dell'articolo 30 della legge 36/97, che ha sancito di fatto la nascita dell'Ente parco del Delta del Po Veneto.
Una modifica definita necessaria dopo la sentenza del Consiglio di Stato, che ha cassato la Via del ministero dell'Ambiente del 2008, impedendo l'avvio dei cantieri per l'opera di riconversione a carbone della centrale Enel di Polesine Camerini.
Sul tavolo anche l'emendamento “migliorativo” che il Partito democratico ha intenzione di presentare per: “assicurarci che la legge non vada contro le normative europee – aveva spiegato a suo tempo il consigliere regionale Graziano Azzalin – e che venga rispettato l'ambiente di questa area sensibile”.
L'articolo 30, che in due commi (“a” e “b”) prevede la realizzazione di un impianto per la produzione di energia che abbia un impatto ambientale, pari o inferiore, ad una centrale a gas e il divieto di estrarre idrocarburi dal sottosuolo, avrà un comma aggiuntivo (a bis) che in pratica permetterebbe la realizzazione di una centrale a carbone, annullando il comma precedente.
“Quanto proposto dalla giunta regionale è un provvedimento ad hoc – commenta l'avvocato Matteo Ceruti, già vincitore di due battaglie contro Enel, in Cassazione prima ed in Consiglio di Stato poi – e come tale non ha certo i requisiti che dovrebbe avere una legge e cioè generalità ed astrattezza. Questa modifica è stata fatta per un ben soggetto beneficiario e per risolvere una precisa controversia giuridica. Dal mio punta di vista è una proposta di legge che umilia un'assemblea legislativa”.
Ceruti analizza anche il disegno di legge elaborato dalla giunta regionale, spiegando come questa non tenga conto della valutazione di una riconversione a gas: “Nella modifica – continua – quando si fa richiamo alle norme del decreto legislativo 152/2006 (codice dell'ambiente) si citano alcune sezioni, trovando uno strano salto, sui punti relativi i metalli pesanti”.
Proprio quei punti, come spiegato dall'avvocato, è stato segnalato dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente una carenza, ponendo l'attenzione nel limitare la ricaduta di questi sul territorio.
“Cosa fare dopo l’approvazione è tutto da decidere – conclude Ceruti – ma si aprono possibilità di ricorso sia a livello interno che europeo, visto che la comparazione a gas è prevista anche in Europa. Non so se questa strada, un muro contro muro, sia la cosa migliore per le imprese e i lavoratori che reclamano un posto di lavoro, ma c'è una soluzione alternativa, senza ostacoli giuridici e oppositori. Il gas sarebbe una soluzione ragionevole e non estremista”.
Carbone a Porto Tolle, scontro lobbies VS Emilia Romagna
L'affaire carbone contrappone le lobbies del magnamagna (enel, Veneto, sindacati) alla giunta regionale dell'Emilia Romagna
Da LaVoceditalia.it
"Rovigo – La Provincia è di Rovigo ma la centrale elettrica di Porto Tolle è attualmente gestita da due diverse amministrazioni regionali, quella del Veneto e quella dell’Emilia Romagna. Una co gestione a metà che fino ad oggi di problemi ne ha dati ben pochi ma che rischia ora di trasformarsi in un difficile ostacolo sulla nuova vita dell’impianto di produzione di energia di proprietà dell’Enel. Da tempo si parla di una riconversione necessaria per migliorare il fattore di capacità di una centrale che riconvertita a carbone potrebbe riproporsi come polo ad alto rendimento energetico.
L’Enel aveva già predisposto tale riconversione, sfruttando la legge del 2009 che prevede l’annullamento delle obbligatorietà della comparazione tra gas e carbone a patto che “si dimezzi l’inquinamento dell’aria”. Lo scontro sta proprio in questo: la centrale si trova nel bel mezzo del Parco del Delta del Po e una sua trasformazione ‘carbonifera’ altro non farebbe che intaccare pesantemente l’aria già non brillantissima della zona coinvolta.
In questo caso è il Veneto a dirsi favorevole, mentre l’Emilia Romagna ha da poco presentato un documento di opposizione alla riconversione. “L’intesa sul progetto – spiega l’assessore regionale all’Ambiente Maurizio Conte – è larga e già condivisa, stanno partecipando con impegno e serietà la Regione Veneto, il Governo, l’Enel e i sindacati. Stupisce la reazione dell’Emilia Romagna: sul piatto ci sono vantaggi riconducibili a moltissimi ambiti”.
Secondo Conte tali vantaggi non riguarderanno solo il sensibile miglioramento energetico ma anche e soprattutto l’occupazione zonale, con quasi mille nuovi lavoratori nell’impianto e quasi 4mila di indotto nel territorio. “Carbone pulito è un ossimoro – commenta invece il consigliere regionale dell’Emilia Romagna Giovanni Favia – Non è possibile che ci piazzino 1000 megawatt di centrale a carbone in pieno Parco del Po e nessuno dica niente”.
Fiato sul collo a Zaia
Agisci, con l'iniziativa di Greenpeace:
Pericolo carbone in Italia, ferma la centrale di Porto Tolle. Chiedi subito al governatore della Regione Veneto di fermare questo scempio nella zona protetta del Delta del Po. Scrivi subito a Zaia!
Luca Zaia, il governatore leghista della Regione Veneto, vuole fare un regalo a Enel: cambiare la legge di un parco già fragilissimo – quello del Delta del Po – per consentire la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle. C’è poco tempo per fermarlo: in Consiglio regionale stanno discutendo la legge proprio in queste ore.
Questa centrale avrebbe un impatto su un’area estremamente estesa della Pianura Padana, e produrebbe 10 milioni di tonnellate l’anno di CO2, cioè oltre 4 volte le emissioni annuali di una città come Milano.
Chiedi subito al governatore della Regione Veneto di fermare questo scempio nella zona protetta del Delta del Po. Scrivi subito a Zaia!
16 luglio 2011
Emilia Romagna, la Regione contro il carbone a Porto Tolle
...Con il contributo determinante del Movimento 5 Stelle (leggi comunicato)
Fonte: estense.com
"L’assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna ha approvato (favorevoli: Pd, Idv, Fds, Sel-Verdi, Mov5stelle; astenuti Pdl e Udc) una risoluzione, firmata da Giovanni Favia (Mov5Stelle), Liana Barbati (Idv), Marco Monari (Pd), Gian Guido Naldi e Gabriella Meo (Sel-Verdi) e Roberto Sconciaforni (Fds), che impegna la giunta ad opporsi alle decisioni della Regione Veneto, che si prepara a modificare la propria legge regionale istitutiva del Parco del Delta del Po, aprendo la strada alla riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle-Polesine Camerini; e proporre un piano alternativo per lo sviluppo economico della zona, rilanciando turismo, agricoltura e pesca, preservando l’ecosistema del Po e la qualità dell’aria nella pianura padana, puntando a una produzione energetica esclusivamente effettuata tramite fonti rinnovabili, non combustibili e soprattutto non fossili.
Per il gruppo del Partito Democratico ha preso la parola il consigliere ferrarese Roberto Montanari, che tra l’altro ha detto: “In tutti questi anni la Regione ha sempre espresso contrarietà al progetto di riconversione in centrale a carbone dello stabilimento di Porto Tolle e allo stesso tempo ha proposto alternative, rappresentando le istanze dei Comuni, delle Province di Ferrara e Ravenna e delle popolazioni”.
“Da diverse generazioni e da molti anni ci battiamo per questi obiettivi, anche recandoci sugli argini del Po per sostenere la battaglia degli abitanti di quei luoghi e impedire la riconversione a carbone, non importa da quale tecnologia sorretta e oggi ribadiamo il nostro no convinto”.
Concludendo Montanari ha chiesto “sostegno alle politiche di sostenibilità ambientale e di sviluppo del territorio del Delta del Po”.
In particolare la risoluzione del Movimento 5 Stelle sottoscritta anche dalla maggioranza di centrosinistra chiede di “esprimere la netta contrarietà della Regione Emilia-Romagna al progetto di riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, attivandosi in tal senso in ogni sede competente a proporre un piano alternativo per lo sviluppo economico della zona, rilanciando turismo, agricoltura e pesca, cercando quindi di preservare l’ecosistema del Fiume Po e la qualità dell’aria senza danneggiare, e anzi favorendo, le attività economiche”. Si chiede inoltre di “investire esclusivamente, nell’area del Parco del Delta del Po, sulla produzione energetica da fonti rinnovabili non combustibili e soprattutto non fossili”.
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