No al carbone Alto Lazio

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24 aprile 2013

"Carbone 'pulito', coscienze sporche". A Roma Stop Enel


Pubblichiamo da stopenel.org

Il 30 aprile si celebrerà a Roma l’assemblea degli azionisti di Enel Spa. Dalle mega dighe della Colombia, del Cile, del Guatemala al carbone di Civitavecchia, Brindisi, La Spezia; dal nucleare in Spagna alle rinnovabili di nome e non di fatto, come la geotermia in Toscana e le biomasse sul Pollino ; dalle mega centrali dell’Est Europa ai catorci ad olio combustibile di Rossano, Porto Tolle, Montalto di Castro: Enel rappresenta in pieno il modello energetico che ha caratterizzato gli ultimi cinquant’anni di politiche industriali dell’occidente, un modello fallimentare basato sull’esaurimento di risorse naturali, sullo sconvolgimento dell’ecosistema sulla prevaricazione sistematica della volontà, degli interessi e dell’identità delle comunità locali, in Italia come all’estero.

La Campagna “Stop Enel” nasce per contrastare queste politiche e promuovere un nuovo modello energetico. La rete che ha già dato vita a due assemblee internazionali e invita tutti a partecipare a tre giorni iniziative ed approfondimenti che si svolgeranno a Roma:

Domenica 28 aprile – ore 10.30-17.30

Seconda Assemblea Internazionale della Campagna Stop Enel

CineTeatro Volturno Occupato – Via Volturno 37

Lunedì 29 aprile, ore 10.30 – 13.30

Seminario di approfondimento: Il ruolo di ENEL nel mercato dei crediti di Carbonio

CineTeatro Volturno Occupato – Via Volturno 37

Pomeriggio: Incontro del Coordinamento Nazionale No Carbone

Martedì 30 aprile – ore 14.00

Sit in STOPENEL durante lo svolgimento dell’assemblea degli azionisti





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15 giugno 2011

Il mio peggiore incubo si chiama carbone

Coal is my worst nightmare
dice Steven Chu, premio Nobel per la fisica, e Chicco Testa, faccia di bronzo delle lobby nucleari per ora scacciate dal suolo italiano, lo cita:



L'intervento originale di Chu risale al 2007 ed è qui. Chu in sostanza afferma che non esiste modo per guardare alla combustione del carbone come via per il futuro, e inoltre che il "sequestro" della co2 ha rischi e costi non sostenibili.

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29 aprile 2011

CCS riducono un bel niente (ma lasciano inalterato il modello di sviluppo)

Il giornalettismo da quattro soldi continua a parlare di "riduzione delle emissioni" a proposito delle tecnologie CCS (Carbon Capture and Storage = Cattura e Stoccaggio della CO2), che permettono di SEPPELLIRE sotto terra o nelle profondità del mare EMISSIONI di CO2 provenienti da impianti industriali (solo di piccolissima taglia). Non c'è alcun taglio, a meno di sostenere che gettare la polvere sotto il tappeto equivale ad eliminarla.

Quanto alle CCS applicate alle centrali energetiche a carbone, le emissioni di nanopolveri cancerogene, tipiche della combustione del carbone, in nessun modo vengono intaccate.

Vediamo di ripassare un po' di cosa stiamo parlando, rispondendo ad alcuni tra i più frequenti questiti riguardo queste tecniche.

“Se finanzio gli ENORMI costi delle CCS (sono davvero spaventosi) per renderli appetibili ai privati, QUEI SOLDI DOVE LI PRENDO?”
Dagli incentivi alle rinnovabili, ovvio! E gli incentivi alle fossili sono già oggi più alti di quelli alle rinnovabili.

“POSSO APPLICARE OGGI LE CCS?”
Certo che no, oggi si fanno solo piccolissime sperimentazioni! La prospettiva riguarda solo un ipotetico futuro.

“QUANTA ENERGIA MI SERVE PER STOCCARE LA CO2 PRODOTTA DA UNA CENTRALE A CARBONE?” Una parte cospicua di quella che produco. Dite che non ha senso? Difficile darvi torto.

“COME POSSO SAPERE QUANTO A LUNGO TERRANNO I DEPOSITI DI STOCCAGGIO?” Che domande, certo che no. “E SE FUORIUSCISSE UNA GRANDE MASSA DI CO2 ALL'IMPROVVISO?” Cavoli amari per chi si trovasse in quei pressi.

“E LE NANOPOLVERI CANCEROGENE RISULTANTI DALLA COMBUSTIONE DEL CARBONE?” Quelle restano lì, intatte, non filtrabili e pericolose come sempre.

“E I MIGLIAIA DI MORTI ANNUALI NELLE MINIERE? E LE DEVASTAZIONI CAUSATE DALLE MINIERE?” Purtroppo non sono filtrabili neanche questi…

PER APPROFONDIRE, clicca qui

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18 dicembre 2010

Soldi sporchi per un greewashing dannoso: i petrolieri per le CCS

Da costituenteecologista

"La vittoria dei petrolieri: soldi per la cattura della CO2

A Cancun è passata inosservata la decisione di ammettere la Ccs tra i meccanismi finanziabili dai crediti di Kyoto. L’hanno voluta Sauditi e petrolieri anche per riciclare i pozzi.

Ventisei, tanti sono gli atti decisi nel negoziato di Cancún. Uno di questi è passato quasi inosservato, forse per gli oscuri bizantinismi della formula. Per la prima volta i Ccs sono stati inclusi nei Cdm. Dietro queste sigle si nasconde una delle vittorie del settore petrolifero al Cop16 e l’affermazione di una tecnologia fortemente controversa: quella della cattura e stoccaggio della Co2, responsabile dell’effetto serra. Ma andiamo per ordine. I Cdm, Clean Development Mechanism, sono un meccanismo finanziario per i paesi in via di sviluppo costituito a Kyoto, secondo il quale progetti che tagliano le emissioni ricevono crediti che possono essere venduti sui mercati finanziari.

I Ccs invece sono dei macchinari complicati di “Cattura e stoccaggio” della Co2 emessa durante combustione di energia fossile per produrre energia o da processi industriali, in particolare la produzione del cemento. La Co2 “sequestrata” è stoccata in depositi sotterranei per diminuire l’impatto delle centrali superinquinati. Nonostante ad alcuni i Ccs sembrino la bacchetta magica per ridurre le emissioni, a oggi questa tecnologia non era mai stata inserita nella lista delle tipologie da premiare. Perché? Troppi dubbi sull’efficacia dello stoccaggio della Co2, sia tecnici che economici. Secondo i critici, i Ccs sono una strategia per il settore dei combustibili fossili per continuare a inquinare senza sanzioni economiche e rallentare il settore delle rinnovabili.

«Le tecnologie Ccs sono economicamente costose», spiega Vincenzo Ferrara dell’Enea «riducono l’efficienza energetica degli impianti a cui vengono applicate e pongono dei problemi di rischio ambientale». A Cancún chi ha premuto per la cattura e lo stoccaggio del carbone è stata soprattutto l’Arabia Saudita, in cambio del suo assenso sulla tutela delle foreste. Da anni i sauditi investono nel settore per compensare le emissioni legate al settore estrattivo. Ora i Cdm, se confermati al prossimo negoziato, potrebbero sbloccare investimenti multimiliardari. L’accordo interessa soprattutto Masdar, la compagnia energetica di Abu Dhabi, uno dei grandi player nella cattura e stoccaggio del carbone. Ma i sauditi non sono i soli. Secondo il ministro dell’ambiente americano Steven Chu: «entro il 2019 i Ccs devono essere in grado di ridurre le emissioni delle centrali a carbone, responsabili del 40% della produzione totale di Co2».

Per l’Agenzia Internazionale dell’energia il mondo si deve dotare di almeno 100 impianti Ccs entro il 2020. E in Europa la tecnologia è stata introdotta nel pacchetto “Clima e energia”. Per capire gli interessi dell’industria petrolifera nel settore bisogna guardare ai 440 pozzi in fase terminale nel Mare del Nord. Per le compagnie petrolifere questi pozzi potrebbero essere riconverti in 440 depositi di stoccaggio della Co2 in forma liquida. Ci guadagnerebbero sull’affitto dei pozzi e sui certificati di non emissione per lo stoccaggio, mentre la gestione finale dei depositi di Co2 graverà sullo Stato. «Da questo punto di vista è evidente come mai che i più grandi supporter dei Ccs siano Bp, Shell e Total», sostiene Fabriano Fabbri, ex segretario tecnico del Ministero dell’ambiente.

Una ricerca della Duke University ha mostrato chiaramente che lo stoccaggio della Co2 può contaminare le falde sotterranee. «Il problema è che se questo modo di fare dilaga - continua Ferrara - gli affari aumentano, i problemi del clima non si risolvono, lo sviluppo economico decarbonizzato non partirà mai e, infine, ci ritroveremo con nuovi problemi ambientali associati allo smaltimento dell’anidride carbonica».

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5 dicembre 2010

CCS grimaldello degli affaristi sporchi

Lo ripetiamo da tempo e non ci stancheremo di farlo: parlare di CCS significa dare respiro agli affaristi dei business più sporchi e distruttivi per il nostro ambiente di vita. Anche se irrealizzabile per i rischi, l'inaffidabilità della tenuta dei bacini di stoccaggio e i costi enormi, lo stoccaggio dell'anidride carbonica diventa facile argomento di greenwashing da bar, chiacchiera subdola per continuare su un binario che mira dritto verso l'autodistruzione. un esempio

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17 novembre 2010

Eco-balla CCS (stoccaggio anidride carbonica nel sottosuolo): la CO2 può contaminare le falde acquifere

La crociata falso-verde per le tecnologie CCS (carbon capture storage) è in moto in Europa, dove coi soldi dei contribuenti si stanno finanziando progetti sperimentali di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica nel sottosuolo. Abbiamo già spiegato il perché questa idea sia malsana e antieconomica, i nuovi studi continuano a confermarlo.

Da GaiaNews.it
"Perdite di anidride carbonica iniettata in profondità per aiutare a combattere il cambiamento climatico potrebbero danneggiare o contaminare l’acqua nelle falde acquifere in prossimità della superficie, facendo salire i livelli di contaminanti nelle acque di dieci volte o più in alcuni luoghi, secondo uno studio degli scienziati della Duke University.

Sulla base di un’analisi durata un anno con carotaggi da falde acquifere di quattro siti da cui si ricava acqua potabile, “abbiamo trovato che il potenziale di contaminazione è reale, ma ci sono modi per evitare o ridurre i rischi”, dice Robert B. Jackson, docente di cambiamenti climatici e professore di biologia alla Duke.

“I criteri geologici che abbiamo identificato nello studio possono aiutare a identificare zone in tutto il paese (gli USA, ndr.) che devono essere monitorate o evitate,” dice. “Ma non tutti i siti sono soggetti a problemi di qualità dell’acqua.”

Lo studio è comparso nell’edizione online della rivista Environmental Science & Technology.

Lo stoccaggio dell’anidride carbonica in profondità sotto la superficie della Terra, un processo noto come geosequestrazione, fa parte di un nsieme di metodi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica appena prodotta nelle fasi produttive da governi e industrie a livello mondiale per ridurre la quantità di emissioni di gas serra nell’atmosfera terrestre. Le tecnologie ancora in fase di studio sono progettate per catturare e comprimere la CO2 appena viene emessa alla fonte – in genere in centrali elettriche e altri impianti industriali – e per trasportarla in luoghi dove può essere iniettata molto al di sotto della superficie terrestre per uno stoccaggio di lungo termine. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, lavorando con l’industria e il mondo accademico, ha iniziato la pianificazione almeno sette progetti regionali di geosequestrazione.

“La paura della contaminazione dell’acqua potabile da perdite di CO2 è uno dei tanti punti critici sulla geosequestrazione e ha contribuito a far nascere un’opposizione locale ad essa,” dice Jackson, che dirige il centro per i cambiamenti globali della Duke University. “Abbiamo esaminato l’ipotesi di cosa accadrebbe se la CO2 risalisse lentamente dalle formazioni geologiche profonde, e quale potrebbe essere l’impatto negativo delle falde acquifere di acqua dolce in prossimità della superficie, e perché”.

Jackson e il suo collega Mark G. Little hanno raccolto campioni di carote (non i vegetali arancioni, ma dei campioni di forma cilindrica prelevati con una speciale trivella) da quattro falde acquifere di acqua dolce in tutti gli Stati Uniti in prossimità dei potenziali siti potenziali per la geosequestrazione e le hanno portate in laboratorio, facendo passare della CO2 attraverso il materiale per ben un anno.

Dopo l’esposizione ad un anno di CO2, l’analisi dei campioni ha mostrato che “ci sono un certo numero di siti potenziali dove le perdite di CO2 trasportano contaminanti dieci volte in più del normale, in alcuni casi a livelli superiori i carichi massimi di contaminanti fissate dall’EPA per l’acqua potabile, “dice Jackson. Tre fattori chiave - mobilità di particelle metalliche, la capacità di accumulare carbonati e scambi di elettroni nella falda acquifera sovrastante – sono risultati influenzare il rischio di contaminazione dell’acqua potabile da fughe di CO2 nel sottosuolo.

Lo studio ha anche identificato quattro marcatori che gli scienziati possono utilizzare per verificare la segnalazione tempestiva di possibili perdite di anidride carbonica. “Insieme con variazioni di concentrazione di carbonato e l’acidità delle acque, le concentrazioni di manganese, ferro e calcio potrebbero essere tutti utilizzati come marcatori geochimici di una perdita, in quanto il loro aumento di concentrazione nelle due settimane di esposizione al di CO2″, dice Jackson.

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17 settembre 2010

CCS, crociata criminale in arrivo. A nostre spese, naturalmente.

AMBIENTE: WEC-AIEE-AIDIC,IL 25 CONVEGNO SU CATTURA/STOCCAGGIO CO2

L'attuale modello di sviluppo ci sta mettendo in guai seri, ma il potere che lo controlla non vuol demordere, e prepara colpi di coda dal potenziale devastante.

I costi di questo modello sono troppo alti, l'unico modo per invertire la deriva autodistruttiva in cui ci siamo cacciati è CAMBIARE RADICALMENTE il modello. Le CCS sono una (costosissima) trovata per lasciare tutto invariato e continuare a inquinare come e peggio di come s'è fatto finora, a sprecare quanto e peggio s'è già fatto.

I giganti dei business inquinanti vogliono restare aggrappati ai loro affari. Per farlo, nell'atmosfera di emergenza ecologica che si respira ovunque, c'è bisogno di ridurre la (mai sufficiente) diffidenza del pubblico, e su questo piano le CCS sembrano promettenti: infiliamo la Co2 sotto il tappeto.

Per proporle però sarà necessario sviare l'attenzione dai rischi che comportano. Come? Mediante ben affilate menzogne, martellare l'opinione pubblica con seducenti facili slogan corruttori. Arriveranno volti nuovi di salvatori del pianeta a spazzar via la nera polvere sotto il tappeto degli oceani, sotto la crosta terrestre, con la benedizione dei vecchi ora redenti. Parleranno su ogni media gli ex ambientalisti alla Chicco Testa, saranno assoldati più che ingegneri, gli esperti di comunicazione a scriverne i canovacci.

Resta fortunatamente un problema di proporzioni enormi a ostacolare questa soluzione: i costi economici delle CCS. Sono talmente grandi che, se riusciremo a evitare un ipotetica tassa mascherata europea ad esse dedicata, probabilmente non si faranno mai.

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11 settembre 2010

Cattura e stoccaggio CO2 = costosa idiozia. Che pagheranno i contribuenti

Follìa pura.
Le CCS (cattura e stoccaggio della Co2) sono tecnologie morte e sepolte ancora prima di poter trovare spazio su larga scala. Costi vertiginosi (1 miliardo di euro ogni 300 MW) e dispendio energetico sono i prezzi da pagare, e quindi a quale privato converrà mai affrontare un investimento simile?

"A nessun privato!" è la risposta, infatti la politica si prepara a caricare questi costi sulle nostre tasche.

Tutto questo perché il business sporco del carbone possa continuare in futuro con un alibi: questo ectoplasma delle CCS consente di tenere in vita false e viziose speranze sulla realizzazione un carbone a basso impatto ambientale. Un alibi falso e sporco, come il carbone pulito.

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11 maggio 2010

Ecoballa "stoccaggio anidride carbonica nel sottouolo": rispunta Pozzo Matilde?

Prevediamo per il 2013-2014 di impiegare le tecniche per catturare e stoccare sottoterra l'anidride carbonica emessa dalla centrale di Torre Valdaliga Nord a Civitavecchia. L'anidride carbonica che sarà emessa dalla centrale di Civitavecchia - ha spiegato Malloggi - verrà controllata, bloccata prima dell'immissione in atmosfera e stoccata in un giacimento acquifero, ovvero un lago sotterraneo che si trova vicino alla centrale.
Secondo la fonte (vedi Centumcellae.it) queste le parole dell'ing. stefano malloggi (enel) presso un convegno internazionale tenutosi lo scorso dicembre. E Moscherini, ne sa nulla?
Abbiamo già espresso il nostro pensiero sulla questione, i lettori potranno rinverdire la memoria cliccando QUI e anche QUI.
Riassumiamo quelle che sono le posizioni del mondo scientifico internazionale sullo stoccaggio della CO2:
  • le CCS* non sono pronte, si tratta solo di sperimentazioni sulla nostra pelle;
  • il dispendio energetico per mettere in pratica le CCS sarebbe enorme;
  • stoccare enormi quantità di gas nel sottosuolo è troppo rischioso per tanti motivi, soprattutto rispetto all'eventualità di ritorno in superficie del gas;
  • le CCS saranno troppo costose;
  • le CCS distolgono l'attenzione dal veri problemi dello sviluppo e della produzione energetica; è un modo falso per pulirsi la coscienza.
E aggiungiamo: l'unica via per il futuro (già dal presente!) sono le energie rinnovabili.
Con l'occasione rinnoviamo l'augurio di vedere al più presto stoccato nel sottosuolo tutto quello che ha a che fare col giro di affari sporchi di enel. Non potendo ancora permetterci di spedirli nello spazio...

*CCS: carbon capture and storage, stoccaggio e cattura della CO2.

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21 giugno 2008

Negli States le voci contro il l'uso del carbone si levano sempre più forti.

"Per non farci friggere il cervello dal 'carbone pulito'". Un intervento di Jeff Goodell, autore del libro "Big Coal: The Dirty Secret Behind America's Energy Future", Houghton Mifflin, 2007. Fonte

Several years ago, in Gillette, Wyoming, I fell into a long conversation with the vice-president of a large American coal company about coal's public image problem. Gillette is in the center of the Powder River Basin, the epicenter of the coal boom in America, where 60 foot seams of coal lay just below the surface.
This vice president, who did not want his name to appear in print, was deeply concerned about coal's future and expressed frustration with environmental attacks on coal, suggesting that it was all a problem of perception: "People don't like coal because it's black," he told me.
"If it were white, all our problems would be solved."
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Whenever one of those slick ads for "clean coal" pops up on CNN, I think about that conversation in Gillette. The $35 million "clean coal" campaign, spearheaded by a coal industry front group called American Coalition for Clean Coal Electricity (formerly known as Americans for Balanced Energy Choices), is nothing less than a nationwide effort to paint coal white.
And to the coal industry's credit, they're doing a pretty good job."Clean coal" is touted by Republicans and Democrats alike as the solution to America's energy troubles.
The logic is simple: America has lots of coal. We are a technologically advanced society. Ergo, we can clean up coal. What's the problem?
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Well, here's one: "clean coal" is not an actual invention, a physical thing – it is an advertising slogan. Like "fat-free donuts" or "interest-free loans," "clean coal" is a phrase that embodies the Bush-era faith that there is an easy answer for every hard question in America today. We can have a war in Iraq without sacrifice. We can borrow more than we can afford without worrying about how we'll pay it back. We can end our dependency on oil by powering our SUVs with ethanol made from corn. And we can keep the lights on without superheating the climate through the magic of "clean coal."
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Here's another: mining and burning coal remains one of the most destructive things human beings do on this earth. It destroys mountains, poisons water, pollutes the air, and warms the atmosphere. True, if you look at it strictly from the point of view smog-producing chemicals like sulfur dioxide, new coal plants are cleaner than the old coal burners of yore. But going from four bottles of whiskey a week down to three does not make you clean and sober.
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Of course, the "clean coal" campaign is not about reality – it's about perception. It's an exercise in re-branding. Madison Ave. did it for Harley Davidson motorcycles and Converse shoes. Why not Old King Coal?
It's not a difficult trick – just whip out some slick ads with upbeat music and lots of cool 21st century technology like fighter jets and computers. Run the ads long enough, and people will believe.
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But the real goal of the campaign is not simply to re-brand coal as a clean and modern fuel – it's to convince energy-illiterate TV viewers that the American way of life depends on coal. The ads remind us (accurately) that half the electricity in America comes from coal, then shows images of little girls getting tucked into bed at night or Little Leaguers playing ball under the lights.
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The subtext is not simply that, without the electricity from coal, the lights will go out and your family will be plunged into darkness. It's that, without coal, civilization as we know it will come to an end. As one utility industry executive asked me while I was reporting Big Coal, "Have you ever been in a blackout? Do you remember how scary it was?"
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From the coal industry's point of view, this is a brilliant way to frame the argument. If the choice is, coal or chaos, they win. This framing also disarms environmental arguments – yes, it's too bad that mountaintop removal mining has destroyed or polluted 1200 miles of streams in Appalachia and that the Environmental Protection Agency projects a loss of more than 1.4 millionacres – an area the size of Delaware – by the end of the decade.
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But hey, if it's a choice between losing flattening West Virginia and keeping our lights on, good-bye West Virginia!
That's a false choice, of course.
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The coal industry may not want to acknowledge it, but we're living in the 21st century now. We have indeed figured out other ways to generate electricity besides burning out 30 million year old rocks. And with each passing year, those alternatives are getting cheaper and smarter.
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Wind is already less expensive than coal in many parts of the country, and so is large-scale solar thermal. Google is exploring enhanced geothermal. The creaky old electricity grid will soon morph into a system that looks more like the internet, driving big gains in efficiency and allowing for real-time pricing of a kilowatt of power.
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This does not mean we can shut down coal plants tomorrow. But it does mean that coal is no longer the engine of civilized life as it has been since the industrial revolution.
Big Coal is best understood as a beast of inertia, pushed along by hundreds of billions of dollars worth of heavy metal infrastructure, and kept on track by an army of lobbyists, and our own ignorance of what goes on behind the light switch.
That may be changing.
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Even seven year-olds know that the accumulation of greenhouse gases in the atmosphere, especially carbon dioxide, is warming the planet. Coal is by far the most carbon-intensive of fossil fuels, with roughly twice the carbon content as natural gas.
Right now in the U.S., there is no financial cost to dumping CO2 into the atmosphere. That’s likely to change during the next administration. Big Coal is fighting for loopholes and safety valves to keep CO2 costs low, because if legislation passes that actually puts a serious price on CO2, coal's reign as a "cheap" energy source is officially over.
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Big Coal insists they have solution for CO2. It's called carbon capture and storage. In most scenarios, capturing and storing CO2 from coal involves building a new kind of power plant that uses heat and pressure to gasify the coal, instead of burning it. In these new plants, the CO2 can be removed, compressed into an oil-like fluid, then injected underground in abandoned gas and oil wells or deep saline aquifers.
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Big Coal would like us all to believe that capturing and storing CO2 from these new coal plants is a slam-dunk technology -- but one that's not quite ready for prime time yet (capturing CO2 from existing combustion coal plants, while theoretically possible, is far too expensive and ineffecient to be taken seriously by anyone but the most die-hard coal boosters).
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Of course, Big Coal has always been better at touting new technology than actually deploying it. Yes, there are serious questions about how much it will cost to build new coal plants that can capture and store CO2, how soon will it happen, and whether or not the technology can scale up quickly enough to really make a difference. But it's not technology that's holding back CCS. It's politics. Without a price on carbon, there is little incentive to do anything serious about CO2 emissions from coal plants. Indeed, for Big Coal, the game now is not to prove that carbon capture and storage is a viable technology. It's to use the expense and complexity of it as leverage in negotiations over climate legislation.
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Meanwhile, the need to reduce CO2 emissions grows more urgent every year. As NASA climatologist James Hansen has repeatedly pointed out, continuing to burn coal the old-fashioned way is a sure-fire way to melt Greenland and turn Miami into an aquarium.
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In the end, the "clean coal" campaign is about using the tools of the 21st century to keep us locked in the 19th century. Like other greenwashing campaigns, it's about using the iconography of sexy technology and down-home Americana to maintain the status quo.
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These campaigns always pretend to offer inspiration about we can do in America if we set our minds and hearts to it, but in fact the real message is what we can't do: we can't power America without coal, we can't keep our lights on without destroying Appalachia, and most important of all, we can't pass meaningful carbon legislation without wrecking the American economy.
This is why the false promise of "clean coal" is dangerous.
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The goal is not to solve our problems, but to perpetuate our addiction. In one ad, the narrator even adopts the feel-good language of substance abuse and recovery: cleaning up coal is a "big challenge," he explains," but we've made a commitment – a commitment to clean."
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After decades of stoking the engines of denial and obfuscation on global warming, it's nice that Big Coal wants to be a good citizen. But just because your pusher decides to shower and shave, don't delude yourself into thinking that he cares about your welfare.

His real goal is to keep you hooked.

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6 maggio 2008

Perché le tecnologie "carbon capture and storage" non rappresentano una via praticabile


Le cosiddette CCS (carbon capture and storage) tecnologie di stoccaggio dell'anidride carbonica nel sottosuolo, a dispetto di quanto dichiarato dalle lobbies del carbone, non potranno dare alcun contributo per preservare il nostro pianeta. I motivi sono chiari:

  • le CCS non saranno pronte (ammesso che lo saranno mai) prima di un decennio;
  • il dispendio energetico per mettere in pratica le CCS sarebbe enorme;
  • stoccare enormi quantità di gas nel sottosuolo è troppo rischioso;
  • le CCS saranno troppo costose;
  • le CCS distolgono l'attenzione dal veri problemi dello sviluppo e della produzione energetica;
  • l'unica via per il futuro (già dal presente!) sono le energie rinnovabili.
vedi qui per l'articolo originale di Greenpeace

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20 novembre 2007

RUBBIA all'EUROPARLAMENTO: puntare sulle RINNOVABILI


(ANSA) - BRUXELLES, 19 NOV - Occorre fare di piu', anche in termini di investimenti e di risorse per aumentare la presenza delle rinnovabili nel pacchetto energetico e l'Europa deve darsi da fare se vuole mantenere la sua posizione all'avanguardia anche grazie agli obiettivi che si e' data di qui al 2020. E' questo il messaggio che il premio nobel per la fisica Carlo Rubbia e' venuto a portare al Parlamento europeo per un incontro della commissione speciale sul cambiamento climatico. Rubbia, in una conferenza stampa con Guido Sacconi (Pse) presidente e Karl Heinz Florenz (Ppe) relatore della commissione, ha decisamente preso le distanza dalla possibilita' di ''catturare e sequestrare'' la Co2 per le energie fossili, una tecnica allo studio a livello europeo e conosciuta con l'acronimo inglese di Ccs. ''E' come dice il famoso detto italiano 'avere la moglie ubriaca e la botte piena'. Considerando che un'auto produce in un anno una quantita' di Co2 quattro volte il suo peso pensare di mettere tutto questo sotto terra e' rimuovere il problema non eliminarlo'', ha osservato Rubbia. Inoltre, ha segnalato, ''pochi sanno che per essere riassorbita nella biosfera la Co2 richiede 35.000 anni. Quindi se vogliamo 'sequestrarla' dobbiamo farlo per un tempo estremamente lungo ed e' un problema enorme''. Occorre puntare invece sulle rinnovabili, ha spiegato Rubbia, e soprattutto il solare, ma per fare questo ancora ''manca la volonta' politica''. Un problema presente in Italia, dove, ha spiegato il premio Nobel, da anni non e' stata adottata la norma per inserire fra le energie verdi anche il solare termodinamico. ''Se ci vogliono cinque anni per firmare un decreto...'', ha osservato Rubbia. Per quanto riguarda il nucleare, secondo l'ex direttore del Cern, sara' una parte essenziale del pacchetto energetico, ma non nella forma attuale. ''Il nucleare di domani non avra' nulla a che vedere con quello di oggi'', ha segnalato il premio Nobel indicando che il lavoro della ricerca dovra' andare proprio in questa direzione. Per quanto riguarda i biocarburanti, Rubbia ritiene che siano una ''ottima soluzione'', se la loro produzione viene separata da quella alimentare e se si produrranno automobili che ''fanno 100km con tre litri''. Il premio Nobel ha anche risposto agli scettici del cambiamento climatico e a coloro che dubitano dell'allarme. ''Noi su questo pianeta ci siamo e anche se ci possono essere margini di errore, non prendere posizione in modo convinto sarebbe un grave errore'', ha osservato il premio Nobel, sottolineando che rispetto a quando era bambino ''ci sono quattro volte il numero di persone sulla terra e l'uso dell' energia e' aumentato di 16 volte''. ''Si tratta di una profonda logicita' ed evidenza. Non possiamo pensare che la popolazione cresca di un fattore quattro e il consumo energetico di un fattore 16 e pretendere che il pianeta faccia finta che nulla sia successo'', ha sottolineato Rubbia. ''Ignorarlo sarebbe incoerente col nostro senso di responsabilita' verso le future generazioni''. (ANSA). CLG
19/11/2007 19:52

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...e l'Italia è troppo indietro sullo sviluppo delle energie rinnovabili

(ANSA) - BRUXELLES, 19 NOV - L'Italia e' indietro sulle energie rinnovabili rispetto ad altri paesi europei come la Spagna, anche perche' mancano gli strumenti legislativi per incentivarne la produzione. E' quanto ha affermato Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica, conversando con i giornalisti a margine di un seminario organizzato al Parlamento europeo dalla commissione temporanea sul cambiamento climatico. Rubbia ha segnalato che in generale troppo poco viene fatto per le rinnovabili, in particolare per l'energia solare. ''Il fotovoltaico in tutto il mondo rappresenta quanto prodotto da una sola centrale nucleare'', ha spiegato l'ex direttore del Cern. ''Quando ero all'Enea l'Italia era partita, bene ma ora e' sicuramente dietro ad altri paesi come la Spagna, dove c'e' un' industria nel solare e nell'eolico'', ha spiegato Rubbia. ''In Italia non esistono norme legislative sufficientemente valide per incoraggiare l'industria ad essere competitiva'', ha osservato il fisico. ''Finora ne' i ministri precedenti ne' Bersani hanno firmato il decreto per riconoscere il solare termodinamico come energia verde'', ha spiegato il premio Nobel. (ANSA). CLG
19/11/2007 16:50

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13 novembre 2007

Confinamento della CO2 - depistaggi e menzogne da ogni parte

Riceviamo e pubblichiamo


Comunicato Stampa

SINISTRA EUROPEA
Nodo Ambientalista - Civitavecchia

Quanto scritto dalla stampa, locale e non, circa il pozzo Matilde e la possibilità di “confinamento della CO2” lascerebbe intendere che tale pratica è ormai attuabile e sarà quindi realizzata a breve a risoluzione dei problemi di Civitavecchia.
Purtroppo le cose non stanno così, ed anzi la modalità con cui è stata gestita la notizia palesa una già ampiamente dimostrata volontà di falsare l’informazione al fine di quietare l’enorme dissenso e gli altrettanto enormi problemi legati alla riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord.
E’ bene chiarire che l’esperienza del confinamento della CO2 (cioè la cattura e lo stoccaggio della medesima in siti profondi) risulta essere tuttora in fase sperimentale e con non pochi problemi da risolvere, tanto che si parla, a seconda delle fonti, di riuscire a realizzare progetti di tale genere (ma sempre sperimentali) tra il 2012 e il 2020.
Peraltro finora non si è mai definito ufficialmente i costi energetici ed economici di tale processo, anche se si parla di circa 70 euro per ogni tonnellata di Co2 sepolta, e la loro quantificazione probabilmente renderebbe non più conveniente l’uso del carbone.
Quello che è sicuro, invece, sono gli enormi costi che la comunità nazionale si troverà ad affrontare per aver sforato gli obiettivi annuali previsti dal trattato di Kyoto (si parla di €20/50 t/a) visto che la sola centrale di TVN, a pieno regime, produrrà poco meno di 10 milioni t/a di Anidride carbonica (dati VIA).
Ancora più strumentali sono i proclami della stampa, secondo cui, unitamente alla CO2, verranno eliminate le micro polveri visto che è noto a tutti che non esistono attualmente sistemi di filtraggio per polveri al di sotto dei 2,5 micron.
Il tutto tralasciando quanto denunciato dal Coordinamento dei medici circa i gravissimi rischi sanitario/ambientali in caso di fuoriuscita della CO2,
I problemi del territorio di Civitavecchia legati all’invasività del polo energetico, alla mancanza di controlli e alla futura riconversione sono molteplici, e non solo relativi alle emissioni della CO2 (concentrazione centrali termoelettriche, emissione polveri sottili e metalli pesanti, radioattività, movimentazione carbone e porto relativo, conseguenze sul sistema agricolo locale, ecc.); di questo ci si deve preoccupare soprattutto dopo le chiare richieste motivate, tra l’altro, con emergenze sanitarie, di riapertura della conferenza dei servizi da parte del Ministero dell’Ambiente, di quello alla Salute, delle Province di Roma e Viterbo e della Regione Lazio.
Fornirsi di alibi inneggiando a tecnologie avveniristiche per ora non realizzabili è offensivo per l’intelligenza e la salute dei cittadini oltre che indecoroso per chi tenta l’operazione.
Si abbia almeno il coraggio di fare come Bersani: si dica che non vi è alcun interesse nei confronti della salute dei cittadini, della devastazione delle economie dei territori e del futuro del pianeta in quanto valori sacrificabili sull’altare del profitto.
I cittadini di ciò sono già consapevoli.

Civitavecchia, 12 novembre 2007

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10 novembre 2007

Ecco i rischi dello stoccaggio di CO2 nel sottosuolo

Ormai le pressioni dell'opinione pubblica su aziende e politica, affinché si fermi questa follia della rincorsa al carbone, si fanno forti a livello mondiale. Ne è la prova il fatto che sempre più spesso si sente parlare di sperimentare tecnologie di stoccaggio degli enormi quantitativi di CO2 risultanti dagli impianti di produzione energetica a carbone. Tecnologie che fino a qualche mese fa venivano descritte come in fase del tutto sperimentale, il loro uso relegato in un futuro ancora lontano. E invece sentiamo dire che anche qui a Civitavecchia si sta pensando di utilizzare un pozzo sottomarino, individuato nel tratto di mare antistante la centrale Torre Valdaliga Nord, per stoccare la CO2.
Noi crediamo che si tratti di una follia, direi commisurata all'idea stessa di utilizzare, oggi, il carbone per produrre energia. Ecco qualche motivo a sostegno di questa nostra opinione: si tratta di una email che il Coordinamenteo dei Medici per la Salute e l'Ambiente sta facendo circolare:


"...Nel documento pubblicato di recente dal famoso Laboratorio di Ricerca del Dipartimento per l’Energia (DOE) degli Stati Uniti si possono leggere quali sono i rischi del sequestro dell’anidride carbonica (Risk Assessment and Management for Long-Term Storage of CO2 in Geologic Formations – Unites States Department of Energy R6D).

I rischi più importanti conseguenti al sequestro della CO2 sono il suo ritorno in superficie. Qualora questo avvenisse in alta concentrazione, porrebbe dei gravi rischi alla salute sia degli esseri umani che degli animali.
Il paragone con quello che successe in Camerun, vicino ai laghi Monoun e Nyos, dove morirono molte persone ed animali in seguito all’improvvisa salita in superficie di un’elevata quantità di CO2 che era profondamente sepolta sotto il fondo dei laghi stessi, serve ad illustrare l’estrema tossicità di questo gas ad alte concentrazioni.
La CO2 inoltre, sempre secondo gli autori del documento, potrebbe migrare vicino a falde acquifere e comprometterne la potabilità.
Fenomeni naturali come uragani o atti terroristici potrebbero causare delle crepe nei condotti che veicolano questo gas e la cronaca non è certo avida nel riportare questi incidenti:



Pipeline Accident Reports

Title:Hazardous Liquid Pipe Failure and Leak, Marathon Ashland Pipe Line, LLC Winchester, Kentucky, January 27, 2000
NTSB Report Number: PAB-01-02, adopted on 05/03/2001 [Full Text | PDF document]

Title: Hazardous Liquid Petroleum Products Pipeline Rupture, Colonial Pipeline Company, Knoxville, Tennessee February 9, 1999
NTSB Report Number: PAB-01-01, adopted on 03/28/2001 [Full Text | PDF document]

Title:Natural Gas Service Line and Rupture and Subsequent Explosion and Fire, Bridgeport, Alabama January 22, 1999
NTSB Report Number: PAB-00-01, adopted on 11/28/2000 [Full Text | PDF document]

Title: Pipeline Accident Report: Natural Gas Pipeline Rupture and Subsequent Explosion, St. Cloud, Minnesota, December 11, 1998
NTSB Report Number: PAR-00-01, adopted on 07/11/2000 [Abstract | PDF document]
NTIS Report Number: PB2000-916501

Title: Hazardous Liquid Petroleum Products Overpressure Rupture, Murfreesboro, Tennessee, November 5, 1996
NTSB Report Number: PAB-99-03, adopted on 04/29/1999 [Full Text | PDF document]

Title: Pipeline Rupture and Fire, Indianapolis, Indiana, July 21, 1997
NTSB Report Number: PAB-99-02, adopted on 04/20/1999 [Full Text | PDF document]

Title: Pipe Failure and Leak, Morgan Falls Landfill, Sandy Springs, Georgia, March 30, 1998
NTSB Report Number: PAB-99-01, adopted on 03/22/1999 [Full Text | PDF document]

Title: Pipeline Rupture, Liquid Butane Release and Fire Lively, Texas August 24, 1996
NTSB Report Number: PAR98-02*, adopted on 11/06/1998 [Abstract | PDF document]
NTIS Report Number: PB98-916503

Title: Pipeline Rupture and Release of Fuel Oil in the Reedy River at Fork Shoals, South Carolina June 26, 1996
NTSB Report Number: PAR-98-01, adopted on 11/04/1998 [Abstract | PDF document]
NTIS Report Number: PB98-916502

Title: Pipeline Accident Summary Report Natural Gas Pipeline Rupture and Fire During Dredging of Tiger Pass, Louisiana October 23, 1996
NTSB Report Number: PAR98-01*, adopted on 09/28/1998 [Abstract | PDF document]
NTIS Report Number: PB98-916501

Title: Release of Hazardous Liquid Near Gramercy, Louisiana, May 23, 1996
NTSB Report Number: PAB-98-01, adopted on 09/21/1998 [Full Text | PDF document]

Title: San Juan Gas Company, Inc./Enron Corp. Propane Gas Explosion in San Juan, Puerto Rico on November 21, 1996 (ALSO AVIALABLE IN SPANISH)
NTSB Report Number: PAR-97-01, adopted on 12/23/1997 [Abstract |PDF document]
NTIS Report Number: PB97-916501

Title: UGI Utilities, Inc., Natural Gas Distribution Pipeline Explosion and Fire Allentown, Pennsylvania June 9, 1994
NTSB Report Number: PAR-96-01, adopted on 02/26/1996 [Abstract | PDF document]
NTIS Report Number: PB96-916501

Title: Texas Eastern Transmission Corporation Natural Gas Pipeline Explosion and Fire Edison, New Jersey March 23, 1994.
NTSB Report Number: PAR-95-01, adopted on 01/18/1995
NTIS Report Number: PB95-916501

Title: Highly Volatile Release from Underground Storage Cavern and Explosion Mapco Natural Gas Liquids, Inc. Brenham, Texas April 7, 1992.
NTSB Report Number: PAR-93-01, adopted on 11/04/1993
NTIS Report Number: PB93-916502

Title: Natural Gas Explosion and Fire Department of Defense/Army Fort Benjamin Harrison Indianapolis, Indiana December 9, 1990
NTSB Report Number: PAR-92-01, adopted on 04/08/1992
NTIS Report Number: PB92-916501

Title: Liquid Propane Pipeline Rupture and Fire Texas Eastern Products Pipeline Company North Blenheim, New York March 13, 1990
NTSB Report Number: PAR-91-01, adopted on 06/11/1991
NTIS Report Number: PB91-916501

Title: Kansas Power and Light Company Natural Gas Pipeline Accidents September 16, 1988 to March 29, 1989 (Revised).
NTSB Report Number: PAR-90-03, adopted on 03/27/1990
NTIS Report Number: PB-90-916503

Title: Fire on Board the F/V Northumberland and Rupture of a Natural Gas Transmission Pipeline in the Gulf of Mexico Near Sabine Pass, TX October 3, 1989.
NTSB Report Number: PAR-90-02, adopted on 09/11/1990
NTIS Report Number: PB90-916502

Title: Kansas Power and Light Company Natural Gas Pipeline Accidents (revised PAR-90-03) September 16, 1988 to March 29, 1989.
NTSB Report Number: PAR-90-01, adopted on 03/27/1990
NTIS Report Number: PB90-916501

Title: Piedmont Natural Gas Company Natural Gas Explosion and Fire Winston-Salem, North Carolina January 18, 1988
NTSB Report Number: PAR-88-01, adopted on 10/25/1988
NTIS Report Number: PB88-916501

Title: Lone Star Gas Company Gas Explosion and Fire Fort Worth, Texas March 12, 1986.
NTSB Report Number: PAR-87-03, adopted on 08/04/1987
NTIS Report Number: PB87-916503

Title: Williams Pipe Line Company Liquid Pipeline Rupture and Fire Mounds Views, Minnesota July 8, 1986.
NTSB Report Number: PAR-87-02, adopted on 07/20/1987
NTIS Report Number: PB87-916502

Title: Texas Eastern Gas Pipeline Company Ruptures and Fires at Beaumont, Kentucky on April 27, 1985 and Lancaster, Kentucky on February 21, 1986.
NTSB Report Number: PAR-87-01, adopted on 02/18/1987
NTIS Report Number: PB87-916501

Title: Northeast Utilities Service Co. Explosion and Fire Derby, Connecticut December 6, 1985.
NTSB Report Number: PAR-86-02, adopted on 11/14/1986
NTIS Report Number: PB86-916503

Title: Continental Pipe Line Company Pipeline Rupture and Fire Kaycee, Wyoming, July 23, 1985.
NTSB Report Number: PAR-86-01, adopted on 03/18/1986
NTIS Report Number: PB86-916501

Title: National Fuel Gas Company Natural Gas Explosion and Fire, Sharpsville, Pennsylvania, February 23, 1985

NTSB Report Number: PAR-85-02, adopted on 10/25/1985
NTIS Report Number: PB85-916502.



Di estrema importanza è il fatto che non c’è esperienza per dire come si comporteranno 10.730.000 tonnellate di CO2 sepolta ogni anno per almeno 25 anni. Questa, infatti, è la quantità di emissioni dichiarate nella Valutazione di Impatto Ambientale per la conversione a carbone della centrale di TVN di Civitavecchia. Inoltre, l’incertezza maggiore è il comportamento della CO2 iniettata sotto formazioni saline.
[...]
Anche se il rischio associato al sequestro della CO2 è molto basso, come sottolineano i ricercatori del DOE, tuttavia la popolazione va informata su cosa può succedere nel caso di un’esposizione ad alte dosi di anidride carbonica.
Nel documento più recente ed importante sul sequestro della CO2, pubblicato dall’IPPC, un organo della Commissione Europea dedicato alla prevenzione ed al controllo dell’inquinamento, a pag. 27 si afferma che l’applicazione di questa tecnologia aumenterebbe il costo della produzione di energia dal 35 – al 70 % (pag. 27, seconda colonna, settima riga). Il costo sarebbe a carico, come al solito, della popolazione e lo troveremmo sulla bolletta.

(Seguono estratti dal documento indicato)


Camerun, Lake Monoun

Erano le 23 e 30 del 15 agosto del 1985, in molti udirono un forte rumore, un’esplosione proveniente dalla zona del lago Monoun. Dissero che una scossa di terremoto era stata avvertita a 6 chilometri a nord del lago. Una nube di anidride carbonica fuoriuscì dalla parte est del lago stesso, dove si trovava un cratere largo 350 metri e profondo 96 metri. Le vittime della nube tossica, un numero imprecisato, si trovavano nella parte bassa del lago e morirono la maggior parte tra le 3 e l’alba. Non furono eseguite autopsie ma tutti i corpi mostravano segni di ustioni diffuse di primo grado.
La nube, simile a fumo, iniziò a dissiparsi verso le 10 e 30. Entro un raggio di 100 metri dal punto di fuoriuscita della nube la vegetazione mostrava segni di inondazione.
Il lago Monouns è al centro di una zona vulcanica ma l’evento non venne causato da un’eruzione. Le indagini eseguite giunsero alla conclusione che un terremoto o un movimento delle acque del lago provocò l’improvvisa fuoriuscita di un’enorme quantità di CO2 che soffocò la popolazione.


Camerun, Lake Nyos


...Il 12 agosto 1986 un’improvvisa grande nube di anidride carbonica, circa un chilometro cubo, si innalzò dal lago Nyos causando la morte per asfissia di circa 1.700 persone e di tutti gli animali che si trovavano in un raggio di circa 25 chilometri."


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9 novembre 2007

Stocchiamo Enel nel sottosuolo

Riceviamo e pubblichiamo
"Recentemente (4 ottobre 2007), dalle pagine del quotidiano “Il sole 24 ore”, l’Enel annunciava con toni trionfalistici “la possibilità di catturare l’anidride carbonica prodotta negli opifici elettrici e di poterla quindi stoccare profondamente in aree geologiche appropriate”. Ciò farebbe centrare l’obbiettivo, entro il 2012, di avere: “centrali a carbone pulito senza emissioni di CO2 nell’atmosfera”. La prima centrale elettrica a sfruttare tale tecnologia sarebbe quella a carbone di Civitavecchia di TVN e il luogo dello stoccaggio è stato individuato un’area off-shore denominata “pozzo matilde” che avrà la capacità di immagazzinare per 20 anni le emissioni di CO2 della centrale (circa 95 miliardi di metri cubi).
Noi leggiamo, in queste affermazioni, solo un maldestro tentativo, che non andrà sicuramente a buon fine, di tranquillizzare le popolazioni stanche di subire da anni gli effetti delle nefaste emissioni in atmosfera di uno dei più grandi poli energetici europei.
Quello che l’ Ente elettrico si è guardato bene dal dire, però, sono i gravissimi rischi sanitario/ambientali connessi con tale tecnologia; infatti, il movimento dei gas nel sottosuolo può essere indotto dai gradienti di pressione, da quelli di concentrazione e da quelli geotermici che possono provocare improvvise e massive fuoriuscite degli stessi nell’atmosfera. Che cosa succederebbe alla popolazione se si verificasse una emissione copiosa di CO2 dal sito di stoccaggio? Eventi simili non sono né impossibili né improbabili. Ne citiamo di seguito alcuni:
  1. Nel 1984 una nube di CO2, sprigionatasi improvvisamente dal sottosuolo uccise, nei pressi del lago Monoun (in Africa), circa 40 persone
  2. Nella notte del 21 agosto 1986 una nube di 800 milioni di metri cubi di CO2 (circa 1900 volte inferiore a quella che verrebbe immagazzinata a Civitavecchia) si sprigionava improvvisamente dal lago Nyos in Camerun attraversando, spinta dai venti, una vasta vallata della lunghezza di trenta chilometri, seminando morte silenziosa e improvvisa. La CO2 uccise più di 1.800 persone e 3.500 capi di bestiame. Molti individui stavano dormendo e, sorpresi nel sonno dalla nube di gas, non ebbero scampo, morendo in carenza di ossigeno come fa un pesce fuor d’acqua.
  3. Nel settembre del 1999, in seguito ad emanazioni di anidride carbonica in località Cava del Selci, nel Comune di Marino, fu registrata la morte per anossia di più di 30 capi di bestiame e nelle zone limitrofe alle emissioni gli abitanti accusarono per molte ore disturbi (vomito, lipotimie e alterazioni visive) chiaramente dovuti alla presenza e all’accumulo nelle abitazioni di elevate concentrazioni di anidride carbonica.

Se ciò si dovesse verificare, non ci sarebbe salvezza per nessuno: neppure la più sofisticata maschera potrebbe evitare la morte in pochi minuti. Solo la disponibilità immediata di ossigeno per tutta la popolazione esposta potrebbe salvare la vita.
Questo tentativo, da parte dell’Enel, di trovare soluzioni azzardate, anche se tecnologicamente possibili, non riuscirà mai a mitigare l’intrinseca pericolosità connessa alla costruzione ed alla gestione di opifici di tali dimensioni e complessità, ma creerà nuove fonti ti preoccupazioni per le popolazioni residenti.

Coordinamento dei medici e dei farmacisti per la tutela dell’ambiente e della salute."

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19 ottobre 2007

Stoccaggio di CO2 nel sottosuolo: una scusa per rinviare gli investimenti nelle rinnovabili

"In Germania arrivano al pettine i nodi della CO2 capture and storage": così titola Greenreport, con un articolo piuttosto interessante, visibile a questo link

"...in Germania (ed anche in Italia, diverse associazioni ambientaliste) Bund, Greenpeace e Germanwatch, un’associazione che si occupa di riscaldamento climatico, sollevano molti problemi sull’efficacia - CO2 capture and storage - e sulla sua sicurezza per l‘ambiente e la salute per i rischi di fuga di gas e dei trasporti di CO2. Ma le perplessità sono soprattutto sul modello energetico che la Ccs sottintende con l’argomentazione della tecnologia provvisoria fino a che le energie rinnovabili non saranno in grado di coprire i bisogni di energia. «La Ccs - dicono le tre associazioni ambientaliste tedesche - permette di proseguire la produzione di energia a carbone e ritarda ancora l’espansione delle energie rinnovabili. In più il costo di ogni tonnellata di CO2 stoccata è valutata tra i 40 e i 60 euro, mentre i fornitori di energia da carbone si sono visti allocare quote di emissioni di CO2 gratuite che offrono loro un margine di manovra supplementare»..."

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