No al carbone Alto Lazio

29 settembre 2011

Banchine elettrificate per il porto di Civitavecchia, "siamo ancora all'anno zero"

Il PRC chiede chiarezza sul futuro del porto, fonte
"La positiva nascita del Comitato "Nessun dorma" testimonia la crescente presa di coscienza circa l'annoso problema dell'inquinamento atmosferico da navi - lo dice in una nota stampa la segretaria di Prc Valentina Di Gennaro - Un tema di grande rilevanza per la città, che a distanza di anni dalle prime denunce degli abitanti di Lungoporto Gramsci e grazie all'iniziativa di singole forze politiche come Ambiente e Lavoro, oltre che al recente impegno della magistratura, è giustamente diventato motivo di preoccupazione per gran parte dei civitavecchiesi.
Tuttavia, proprio ora che le proteste hanno smosso l'interessata inerzia dell'Autorità Portuale e del Comune di Civitavecchia, crediamo occorra avere molta cura nel definire gli obiettivi da perseguire. Su questo piano, le soluzioni prefigurate dal Sindaco e poi dallo stesso Presidente Monti, al quale, diversamente dal primo, va dato quantomeno atto di non considerare la elettrificazione delle banchine una pura "fantasia", destano più di una perplessità. Riguardo proprio la questione della elettrificazione dello scalo, ad esempio, possiamo comprendere le
difficoltà esistenti per la futura Darsena Traghetti – che riteniamo comunque superabili - ma non possiamo accettare che dalle prime prescrizioni VIA del 1997 l'attuale porto sia ancora all'anno zero. L'autorità Portuale deve ottemperare agli obblighi di legge, così come più volte richiesto dal Ministero dell'Ambiente, e in tal senso non ci aspettiamo altro che atti concreti per dotare lo scalo cittadino di una rete elettrica per l'alimentazione dei motori ausiliari delle navi. Del resto questo è ciò che propone la stessa Unione Europea. La presenza di Enel sotto questo profilo può sicuramente aiutare, e se qualcuno la smettesse di presentarsi all'azienda elettrica col cappello in mano e soprattutto di lisciare il pelo agli armatori, forse potremmo fare un bel passo in avanti.
Detto questo, siamo convinti che la battaglia contro questo tipo di inquinamento, a differenza che per le emissioni diffuse come quelle da traffico veicolare, vada combattuta soprattutto sul piano dei controlli alla fonte. Per questo condividiamo la proposta del consigliere Manuedda, affinché la Regione Lazio inserisca nel Piano di Risanamento della Qualità dell'Aria limiti per le emissioni al camino delle navi, e per questo riteniamo secondario e in parte fuorviante parlare di differenziazione delle tariffe, di modelli di emissione, di accorgimenti nelle manovre o di ruolo attivo dell'Osservatorio ambientale. E, per estremizzare, perfino di una centralina Arpa da sistemare in porto: chiaro che averla è meglio del contrario, soprattutto per sapere cosa respirano i lavoratori portuali, ma se la rete cittadina di qualità dell'aria non ha mai prodotto alcunché, neanche quando il territorio comunale era gravato da ben 11 gruppi di produzione termoelettrica, crediamo sia poco produttivo concentrare le energie su questo terreno di confronto.
In poche parole, occorre evitare che la protesta dei cittadini, ascoltata solo per mera opportunità, venga orientata su soluzioni minori e quindi ingabbiata in una perdente logica delle compatibilità. Faremo il possibile perché ciò non accada. Le ragioni dello sviluppo, a cui siamo tutt'altro che insensibili, devono essere contemperate a quelle della salute e dell'ambiente, pena la rottura del patto stretto tra i grandi attori economici presenti sul territorio e la comunità che li ospita. Vale per l'Enel e deve valere per il porto. A questo in fondo servono le prescrizioni VIA, a preservare un patto che le istituzioni hanno il dovere di garantire, i cittadini il diritto di rivendicare e le aziende l'obbligo di attuare. Nient'altro".

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Tarquinia, arrivano le notifiche di esproprio per l'autostrada Tirrenica

Fonte: civonline
"TARQUINIA - Dall’amministrazione comunale neanche una parola. Eppure da giorni l’ufficiale giudiziario continua a recapitare le notifiche degli avvisi di esproprio dei terreni di cui la Sat necessita per il passaggio dell’autostrada tirrenica che verrà realizzata sopra al tracciato dell’Aurelia. La Sat, società concessionaria per la progettazione, costruzione e gestione dell’autostrada Livorno-Civitavecchia, accelera dunque i tempi. Gli avvisi notificati prevedono incontri dei proprietari dei terreni con i tecnici Sat per effettuare in loco i ‘‘picchettaggi’’ delle aree espropriate. Ai proprietari dei terreni viene concesso di essere accompagnati da un legale e da un geometra, ma a quanto pare poco o nulla, ormai, si può fare contro il ‘‘decreto motivato di occupazione d’urgenza’’, nonostante molti abbiano presentato i ricorsi a tempo debito. Ricorsi che, per la verità, non tutti hanno potuto presentare, non avendo ricevuto informazioni precise sul progetto. Molte notizie in merito sono state infatti apprese dai cittadini solo mediante articoli sulla stampa. Nel documento, notificato dall’ufficiale giudiziario, si prevedono indennità irrisorie per gli espropri, «per pubblica utilità», che interessano fasce di terreno che in alcuni casi tagliano le proprietà agricole a metà o addirittura eliminano del tutto gli ingressi alle abitazioni. Il documento, nel dettaglio, si rifà alla delibera del Cipe, che il 5 maggio 2011 ha approvato il progetto definitivo dei lavori di completamento del tratto autostradale Tarquinia-Civitavecchia-Lotto 6, e al ‘‘decreto motivato di occupazione d’urgenza n 1293/Eu, ai sensi dell’art. 22 bis del Dpr 327/2011’’, emesso il 29 agosto 2011 dal dirigente dell’Ufficio per le Espropriazioni. Tale decreto dispone infatti «l’occupazione d’urgenza dei beni necessari per i lavori, con contestuale determinazione dell’indennità provvisoria di espropriazione o asservimento e occupazione temporanea».
Intanto i consiglieri comunali del popolo della libertà annunciano l’imminente convocazione di un consiglio comunale straordinario sull’autostrada tirrenica Livorno-Civitavecchia. Ieri mattina il consiglio comunale ha infatti deciso di convocare per martedì una commissione consigliare per discutere del progetto autostradale. «In quella sede – dicono Marco Fiaccadori, Marcello Maneschi, Sandro Mazzola e Silvano Olmi – sarà messo in calendario un consiglio comunale straordinario e aperto per informare la cittadinanza. Una richiesta che noi del centrodestra abbiamo da molto tempo avanzato e che finalmente è stata accolta dal presidente del consiglio comunale Alessandro Dinelli». «Purtroppo, sulla vicenda autostrada tirrenica – commentano gli esponenti del Pdl - l’amministrazione Mazzola non ha, secondo noi, adeguatamente informato la cittadinanza sulle ricadute che il progetto avrà nel territorio tarquiniese».

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"29 ottobre: mobilitazione nazionale contro il carbone"

Riceviamo e pubblichiamo:
"29 OTTOBRE : GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE CONTRO IL CARBONE

CONTRO L’USO DEL CARBONE, PER UN LAVORO DEGNO,PER CONTRASTARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI E TUTELARE LA SALUTE DANDO SPERANZA AL NOSTRO FUTURO

APPELLO PER UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE NEL POLESINE E PRESIDI DAVANTI ALLE CENTRALI A CARBONE

La scelta di incrementare l’uso del carbone per la produzione di energia elettrica è una scelta nociva e sbagliata, soprattutto oggi che i cambiamenti climatici costituiscono una minaccia per il futuro del Pianeta e le fonti rinnovabili, insieme all’efficienza energetica, rappresentano l’alternativa efficace e praticabile. La combustione del carbone in centrali elettriche rappresenta, infatti, la più grande fonte “umana” di inquinamento da CO2, più del doppio di quelle a gas. A parole tutti sono per la lotta ai cambiamenti climatici, ma in Italia si fanno scelte in senso contrario, nonostante l’Unione Europea abbia assunto la decisione di ridurre entro il 2020 di almeno del 20% le emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990.

Il carbone è anche una grave minaccia per la salute di tutti: la combustione rilascia un cocktail di inquinanti micidiali (Arsenico, Cromo, Cadmio e Mercurio, per esempio), che coinvolgono un’area molto più vasta di quella intorno alla centrale. L’Anidride solforosa emessa, combinandosi con il vapore acqueo, provoca le piogge acide, per non parlare dei danni alla salute derivanti dalle polveri sottili.

La consapevolezza del legame tra danno ambientale e minacce per la salute umana, con inevitabili costi per la collettività, dovrebbe ormai costituire una consapevolezza comune. Ciò nonostante, e per mere convenienze proprie legate all’attuale prezzo del carbone (peraltro in salita), alcune aziende insistono per costruire nuove centrali a carbone o riconvertire centrali esistenti.

Con i recenti referendum oltre 26 milioni di italiani hanno rivendicato il diritto a decidere del proprio futuro, un futuro in cui i cambiamenti climatici non raggiungano livelli distruttivi per l’ambiente, il benessere e la stessa specie umana, un futuro di vera sicurezza energetica, un futuro di vera e stabile occupazione. In contrasto con questa ampia richiesta popolare Governo, Enel e altri lanciano invece un “piano carbone” che, oltre a Porto Tolle, riguarda la riconversione di vecchie centrali come Vado Ligure, La Spezia, e Rossano Calabro, o addirittura la costruzione di nuove centrali come Saline Ioniche, con un livello di investimenti, pubblici e privati, dell’ordine di 10 miliardi di euro. Con buona pace del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili. Rivendichiamo il diritto a essere coinvolti in scelte chiare, fondate su strategie e piani condivisi e non dettati dalle lobby energetiche, ma dall’interesse di tutti e dal bene comune.

Proponiamo il territorio polesano come laboratorio nazionale per cominciare ad immaginare ed attuare l'alternativa energetica, per uscire dalle fonti fossili.

Cominciamo questo percorso con una giornata di mobilitazione nazionale contro il carbone il 29 ottobre, e con una manifestazione nazionale nel Polesine.

A Porto Tolle, l'ENEL vuole – anche con modifiche alle leggi e alle normali procedure, operate da una politica compiacente – convertire una centrale a olio combustibile in una centrale a carbone della potenza di 2000 MW, nel mezzo del parco del Delta del Po. Questa centrale a carbone emetterebbe in un solo anno 10 milioni di tonnellate di CO2 (4 volte le emissioni di Milano), 2800 tonnellate di ossidi di azoto (come 3.5 milioni di auto), 3700 tonnellate di ossidi di zolfo (più di tutti i veicoli in Italia), richiedendo lo smaltimento di milioni di tonnellate di gessi e altre sostanze.

La centrale a carbone di Porto Tolle non ha alcun senso.
La riconversione avverrebbe al di fuori e contro di ogni strategia di riduzione delle emissioni di anidride carbonica (strategia che ancora oggi non c’è) e persino di ogni logica energetica, dal momento che l’Italia ha una potenza istallata quasi doppia rispetto al picco della domanda, al punto che i produttori di energia elettrica lamentano che gli impianti vengono oggi usati per un terzo della loro potenzialità.
Non solo: oggi le maggiori prospettive di nuovi posti di lavoro, nel mondo e in Italia, sono nei settori delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, con numeri che in alcuni Paesi ormai superano l’industria tradizionale; al contrario, la centrale a carbone porrebbe a rischio l’occupazione già esistente, e quella futura, nell’agricoltura, nel turismo e nella pesca.

La riconversione a carbone avverrebbe con una tecnologia di combustione che, pur spinta ai suoi migliori livelli, resta sempre assai più inquinante di quella basata sul gas naturale, e dannosa per la salute; nel caso di Porto Tolle, i dati di rilevazione e le epidemiologie mostrano che l’inquinamento e i danni sanitari si estenderebbero per buona parte della Pianura Padana.
Il ricatto occupazionale di ENEL, dunque, va rifiutato da tutti con dignità e fermezza, perché oggi più che ieri il futuro è nell’economia sostenibile per l’ambiente e la salute, tanto più che, sul piano occupazionale, la bonifica dell'area ed una sua riconversione verso impianti e produzioni nel settore delle energie rinnovabili pulite darebbero lavoro stabile e sicuro ad un maggior numero di persone.

Con la giornata del 29 ottobre ci rivolgiamo a tutti, anche a coloro che subiscono il ricatto occupazionale, nel Polesine e ovunque in Italia vi siano centrali a carbone o progetti di costruzione di nuove centrali o di ampliamento di quelle esistenti, per rifiutare tutti insieme la contrapposizione tra lavoro ambiente e salute, cominciando invece a costruire un lavoro dignitoso, una società basata sull’interesse comune e non sugli interessi di poche lobbies, sulla possibilità di un futuro per tutte e tutti.

Promotori
Alternativa, AltraMente scuola per tutti, AltroVe, Arci, A Sud, Cepes, Circolo culturale AmbienteScienze, Comitato Energiafelice, Comitato SI' alle Rinnovabili NO al nucleare, Coordinamento Veneto contro il carbone, Ecologisti Democratici, Fare Verde, Federconsumatori, Focsiv - Volontari nel mondo, Forum Ambientalista, Greenpeace, ISDE-Medici per l'Ambiente, Italia Nostra, Kyoto Club, Legambiente, Lipu, Movimento difesa del cittadino, Movimento Ecologista, OtherEarth, Rete della Conoscenza (Uds-Link), RIGAS, Slow Food Italia, WWF, Ya Basta.

Adesioni
Federazione nazionale dei Verdi, IDV, Prc-Fds, SEL.

Adesioni individuali
Virginio Bettini, Ilaria Boniburini, Anna Donati, Edoardo Salzano.

Per adesioni: segreteria@fermiamoilcarbone.it; www.fermiamoilcarbone.it

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Consultazione EU sulla qualità dell'aria, partecipa anche tu

E’ on-line la procedura di consultazione della Commissione europea finalizzata alla revisione delle policy sulla qualità dell’aria nei Paesi membri "Consultation on EU air quality legislation – Questionnaire 1 for interested citizens".

Tutti i cittadini interessati possono partecipare all’iniziativa, compilando, entro il 30 settembre, il questionario che trovate qui (clic)

Grazie a Vanni Destro per la segnalazione

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OMS: due milioni di morti all'anno per inquinamento

Fonte "Ogni anno oltre due milioni di persone nel mondo muoiono a causa dell’inalazione di particelle fini che inquinano l’aria. Questa la cifra allarmante, diffusa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, delle vittime dell’inquinamento: la maggioranza, secondo le ultime stime dell’Oms, nelle zone urbane dove il numero di decessi prematuri daattribuire all’inquinamento è stimato a 1,34 milioni (dati del 2008). Di questi più di un milione potrebbero essere evitati se i valori delle linee guida dell’Oms fossero rispettati, ma in media solo poche città hanno valori conformi alle raccomandazioni ed il numero di decessi riferibili all’inquinamento atmosferico in città è in aumento.
L’Oms ha fissato la soglia a 20 microgrammi per metro cubo, ma in alcune città la concentrazione puo’ raggiungere circa 300 microgrammi. La Mongolia registra una concentrazione media annuale molto alta (279), come il Botswana (216) e il Pakistan (198). In Italia è di 37, meglio della Grecia (44) ma meno bene della Francia (27) o degli Stati Uniti (18).
Le particelle fini che inquinano l’aria provengono spesso da fonti di combustione quali le centrali elettriche a carbone ed i veicoli a motore, spiega l’Oms che per la prima volta ha raccolto dati sull’inquinamento atmosferico di 1.100 città di 91 Paesi, misurando la presenza di particelle PM10, di dimensioni pari o inferiori a 10 micrometri. Le particelle PM10 – spiega l’Oms – possono penetrare nei polmoni, entrare nella circolazione del sangue e provocare cardiopatie, tumori ai polmoni, casi d’asma e infezioni delle vie respiratorie inferiori.

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25 settembre 2011

Riscaldamento globale, il problema è sempre più grave.

Da ipsnotizie.it "Gli scienziati tedeschi hanno scoperto un’altra “arma letale” che conferma i cambiamenti climatici: l'estensione del ghiaccio marino dell'Artico ha raggiunto un nuovo minimo storico.

Questo fenomeno sta accelerando la velocità del cambiamento climatico al di là dell’azione umana con ogni barile di petrolio, tonnellata di carbone o metro cubo di gas bruciato.

Secondo alcuni ricercatori dell'Università di Brema in Germania, lo scioglimento del ghiaccio artico avrebbe superato il livello minimo storico del 2007, mentre altri centri di ricerca che fanno uso di diversi satelliti e strumenti di analisi ritengono che l’eccezionale riduzione del ghiaccio del 2007 non sia ancora stata superata nel 2011.

"Noi crediamo che arriverà poco al di sotto dei livelli del 2007 - ma non è importante", ha detto Mark Serreze, direttore del Centro Nazionale dati della Neve e del Ghiaccio con sede nella città americana di Boulder, Colorado.

"L’elemento straordinario è che quest'anno non c'è stato un andamento climatico atipico tale da creare le condizioni per il record di scioglimento del 2007", ha detto Serreze.

Quest'anno il clima in estate è stato normale, eppure il ghiaccio è scomparso nelle stesse quantità del 2007.

"Questo ci fa capire che adesso il ghiaccio marino è troppo sottile per resistere anche alle normali condizioni meteorologiche".

Sia il Passaggio a Nord Ovest, sia la rotta del Mare del Nord che attraversano l'Artico, sono di nuovo aperti, come accade quasi ogni anno dal 2007. Una petroliera ha recentemente attraversato l'Oceano Artico nel tempo record di otto giorni, viaggiando da Houston, in Texas a Map Ta Phut, Thailandia.

Lo scioglimento estivo dei ghiacci è raddoppiato rispetto a quello di 30 o 40 anni fa. Un bambino nato con l'avvento dell'era satellitare, quando l'uomo ha potuto contemplare per la prima volta l'immensità ghiacciata, oggi avrebbe 32 anni; e quest’estate constaterebbe che più di tre milioni di chilometri quadrati di ghiaccio - la superficie dell'India - sono scomparsi rispetto all’estate in cui è nato.

Oggi è ormai quasi accertato che il ghiaccio dell’Artico in estate sarà scomparso quando un bambino nato nel 1979 avrà 50 anni. È un rapido cambiamento su scala planetaria con conseguenze di vasta portata che gli scienziati hanno appena cominciato a capire.

Una delle conseguenze è l'accelerazione del riscaldamento globale, mentre l'Artico passa dal bianco al blu scuro, e l'oceano assorbe enormi quantità di calore nelle 24 ore di sole estive. Si prevede che a questo cambiamento si aggiungerà una quantità supplementare di energia termica di circa 0,3 watt per metro quadrato sulle terre emerse e sull’intera superficie d'acqua del pianeta, afferma Stephen Hudson dell'Istituto Polare Norvegese.

È una quantità di energia sufficiente ad accendere una luce notturna Led per ogni metro quadrato dei 510 milioni di metri quadrati che compongono la superficie terrestre. Questo aumenterà le temperature globali di circa 0,25 gradi centigradi, ha detto a IPS John Abraham dell'Università di St. Thomas in Minnesota.

Naturalmente, la maggior parte di quell'enorme quantità di calore si concentrerà prima nell'Artico, dove le temperature sono già in media superiori di 3-5° C a quelle di 30 o 40 anni fa. Lo scorso inverno, alcune parti dell'Artico sono state per un mese di 21° C al di sopra della media.

Tutta questo calore supplementare minaccia di accendere la miccia della più grande "bomba al carbonio" del mondo, la vasta regione del permafrost che si estende per 13 milioni di chilometri quadrati tra Alaska, Canada, Siberia e alcune aree del Nord Europa.

Il permafrost contiene almeno il doppio del carbonio che è attualmente presente nell'atmosfera. Se solo una piccola percentuale verrà rilasciata, le conseguenze per il cambiamento climatico saranno catastrofiche, dicono gli esperti. Il permafrost si è lentamente sciolto negli ultimi vent'anni e la velocità del disgelo sta accelerando con l'aumento delle temperature, ha detto l' esperto mondiale di permafrost Vladimir Romanovsky dell'Università dell'Alaska a Fairbanks.

Questo avrà un profondo impatto sull'intera popolazione mondiale. Secondo i dati della Global Governance Project, entro il 2050 nel mondo ci saranno 200 milioni di profughi ambientali, la maggior parte dei quali provenienti dalle basse aree costiere, a causa dell'innalzamento dei livelli dei mari.

Mentre la tragedia climatica si aggrava, gli Stati Uniti e la maggior parte del mondo industrializzato sono distratti dalla minaccia relativamente trascurabile del terrorismo e spendono miliardi di dollari nella sicurezza e nelle guerre in Afghanistan e in Iraq.

Gli Stati Uniti potrebbero generare il 100 per cento della propria elettricità dall'eolico, dal solare, delle maree e dalla geotermia spendendo meno di quanto investito nella sicurezza e nelle guerre negli ultimi dieci anni, ha detto Richard Heinberg, esperto di energia e alto funzionario del Post Carbon Institute in California.

Tuttavia, l'economia americana è in uno stato talmente drammatico, ha detto Heinberg, autore del nuovo libro "La fine della crescita", che il paese non è più finanziariamente in grado di assumersi questi costi, né può permettersi di continuare a bruciare combustibili fossili.

" Prima o poi saremo costretti a utilizzare una quantità notevolmente minore di energia". @ IPS (FINE/2011)

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23 settembre 2011

Dalla UE proposte per un approccio globale alle emissioni antropiche

Riportiamo da Ecodallecitta.it

"Il Parlamento europeo ha varato un nuovo provvedimento che va nella direzione della lotta contro i cambiamenti climatici. Strasburgo ha infatti approvato una risoluzione che chiede alla Commissione Ue di adoperarsi per la riduzione delle emissioni dei gas serra diversi dalla Co2, a cominciare dai cosiddetti gas fluorurati (Hfc) e dal protossido di azoto. Si tratta di sostanze ancora in parte utilizzate in frigoriferi, impianti di condizionamento, frigoriferi, apparecchiature mediche, schiume isolanti e bombolette. Introdotti negli anni '90 per sostituire alcune sostanze responsabili del buco dell'ozono, questi gas hanno in realtà mostrato un impatto sul clima molto pericoloso, e dal momento che resistono in atmosfera molto a lungo, sono di fatto dei gas serra molto più potenti della famigerata anidride carbonica. Di qui la decisione di metterli progressivamente al bando da varie applicazioni, ma ora l'Europarlamento chiede uno sforzo politico ancora maggiore.

La risoluzione, approvata con 578 voti a favore, 51 contrari e 22 astensioni, sottolinea infatti i limiti del regolamento sugli Hfc attualmente in vigore e chiede alla Commissione di adottare misure più rigide contro l'uso di questi composti. L'obiettivo, secondo i deputati di Strasburgo, è quello di ottenere risultati relativamente veloci sugli equilibri climatici, con un investimento economico tutto sommato contenuto. Il costo pubblico previsto per la riduzione degli idrofluorocarburi, infatti, è compreso tra i 5 e i 10 centesimi per tonnellata, al contrario dei 13 euro a tonnellata necessari per ridurre l'uso del carbone. «Il potenziale di riscaldamento globale dei gas diversi dalla Co2 è superiore a quello dell'anidride carbonica - ha commentato il greco Theodoros Skylakakis co-autore della risoluzione – È molto importante ridurre questi gas perché essi rappresenteranno il 20% del totale delle emissioni globali entro il 2050».

Il provvedimento, in sostanza, sottolinea che il Protocollo di Kyoto trascura in qualche modo gas climalteranti come il monossido di carbonio (Co), gli ossidi di azoto (Nox) e altri composti organici volatili responsabili della produzione di ozono negli strati più bassi dell'atmosfera. Per questo il Parlamento chiede alla Commissione di elaborare una revisione della normativa vigente sui gas fluorurati e di formulare proposte per ridurne immediatamente la produzione e il consumo. L'utilizzo di idroclorofluorocarburi (Hcfc), invece, dovrebbe essere definitivamente interrotto, e si dovrebbe estendere, su scala globale, l'impiego delle tecnologie già disponibili per ridurre le emissioni di monossido di carbonio e ossidi di azoto. «La riduzione delle emissioni dei gas non Co2 deve fare parte della politica europea sul cambiamento climatico – ha dichiarato l'eurodeputato austriaco Richard Seeber, l'altro autore della risoluzione - Oggi possiamo intervenire in maniera efficace, in tempi ragionevoli e con le risorse già esistenti».

Il testo approvato a Strasburgo, infine, sottolinea l'urgenza di ridurre le emissioni legate al cosiddetto “black carbon”, il particolato carbonioso prodotto da motori diesel, stufe a legna, incendi boschivi e altri tipi di combustione. Quest'ultimo risultato, in particolare, potrebbe essere raggiunto introducendo controlli più severi sulle emissioni degli autoveicoli. A questo punto non resta che aspettare di capire se la Commissione accetterà le richieste dei parlamentari.

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Brindisi, record di neonati affetti da gravi anomalie congenite

Da un articolo di ItaliaNews un'ennesima triste conferma

"...La centrale a carbone dell'Enel “Federico II” è il primo impianto in Italia per emissioni di gas serra, con i suoi 15 milioni di tonnellate di Co2 l'anno. Oggi uno studio condotto dall'Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Lecce e Pisa presso il reparto di Neonatologia dell'Ospedale “A. Perrino” e della ASL di Brindisi, rivela un altro triste record: quello dei neonati affetti da gravi anomalie congenite.Tra il 2001 e il 2009, su 7664 neonati, 176 erano affetti da gravi malformazioni. Un dato che supera del 18% quello registrato nel resto d'Europa. Del 67% quello per le anomalie cardiovascolari. Un dato solo parziale, poiché riguardante i neonati, coloro cioè che ce l'hanno fatta a venire alla luce e che non include quindi quelle gravidanze interrotte proprio a causa delle anomalie cardiache complesse che colpiscono i feti prima della nascita. Che sono ben il 50%, secondo il dirigente di neonatologia di Brindisi Enrico Rosati, responsabile dell’Unità semplice di cardiologia fetale e neonatale."

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Falsi comitati per il "sì al carbone" finanziati da Repower, ricostruzione della vicenda

Il quotidiano Terra ricostruisce l'accaduto col suo articolo "Centrale di Saline. Creati ad arte i comitati per il sì", che riportiamo di seguito.

IL CASO. Un dipendente della multinazionale svizzera Repower scriveva nel suo ufficio milanese i comunicati stampa per due associazioni pro impianto. Svelato un finanziamento di 7.500 euro.
La centrale a carbone di Saline Joniche targata Repower Italia per adesso esiste solo sulla carta. Ma lontano da sguardi indiscreti, abilmente occultata da sedicenti “comitati per il sì”, la macchina del consenso messa in piedi dalla multinazionale svizzera lavora già a pieno regime. E da tempo. Non ha avuto alcuno scrupolo il colosso svizzero dell’energia a sostenere sottobanco le associazioni pro carbone “Vedere chiaro” e “Trasparenza”, che sul territorio si limitavano a diramare i comunicati stampa che proprio un dipendente della Repower Italia scriveva dal suo ufficio milanese. A stanarlo, Luigi Palamara, editore di Mnews, un sito di informazione locale, che è rimasto a dir poco stupito quando si è reso conto che i comunicati diramati dai due comitati locali pro centrale – ufficialmente autonomi e indipendenti tanto da Repower, come dal Gruppo Sei, il braccio operativo del colosso svizzero sul territorio – venivano confezionati direttamente dagli uffici milanesi della multinazionale svizzera.

«Andando a verificare l’autore e il proprietario dei documenti word abbiamo notato con stupore e incredulità che quasi tutti fanno riferimento ed hanno come autore un dipendente della Repower Italia», scrive in una nota Palamara, chiedendo con forza alle due associazioni pro carbone di fare chiarezza. «Fino ad oggi i due comitati hanno rivendicato con forza l’assoluta indipendenza, e che nessun legame vi era con la SEI e tantomeno con Repower Italia. è incredibile allora andare a capire come mai invece i comunicati stampa siano di un dipendente dalla Repower». Una rivelazione sconcertante, ma che non stupisce chi come Nuccio Barillà, presidente della locale sezione di Legambiente, denuncia da tempo l’oscura origine di queste associazioni.

«Gli ultimi avvenimenti non fanno che dimostrare quello su cui noi insistiamo da tempo: i comitati pro-centrale, che non hanno né storia né radicamento sul territorio, non sono che la scialuppa d’appoggio della corazzata del Gruppo Sei, disposto a tutto pur di portare a termine l’affare della centrale». Dai due presidenti di “Vedere chiaro” e “Trasparenza”, Leandro Fisani e Domenico Foti, ex uomo di punta di Sel alle ultime comunali, non è ancora giunto alcun commento. Del resto, pochi sono i pretesti che potrebbero accampare: la conferma della strategia di “comunicazione” della Repower è arrivata direttamente dalla Svizzera. Da uno degli uomini di punta della multinazionale dell’energia. Ai microfoni della televisione pubblica Rf, Kurt Bobst, uno dei soci fondatori della multinazionale, ha ammesso, non senza imbarazzo, di aver finanziato la partecipazione dei comitati del sì, alla manifestazione contro le centrali a carbone tenutasi a Coira, in Svizzera.

Una provocazione non andata a buon fine – il corteo è infatti sfilato, senza che nessuno degli ambientalisti che vi hanno partecipato si lasciasse trascinare in liti o diverbi - ma costata alla Repower novemila franchi svizzeri, circa 7mila e 500 euro. «Il candore con cui il sig. Kurt Bobst ha confessato di aver elargito una notevole somma di denaro a favore dei i comitati pro-centrale è semplicemente sconvolgente», ha commentato una delle attiviste del comitato “No alla centrale a carbone di Saline Joniche”, ma siamo soprattutto profondamente indignati per la campagna diffamatoria portata avanti da un anno a questa parte contro il coordinamento delle associazioni dell’area grecanica, che oggi si scopre portare la firma “Repower”. Negli ultimi mesi, racconta ancora Barillà, mentre il territorio veniva invaso da manifesti e affissioni sui supposti benefici del centrale e della CO2, gli uomini della Sei si sarebbero prodigati in un serie di incontri a porte chiuse con le autorità locali, alle quali avrebbero proposto una lunga lista di opere compensative in cambio dell’assenso alla costruzione dell’impianto. «Repower deve prendere atto che il suo gioco è stato scoperto. Se la multinazionale svizzera, leader mondiale delle rinnovabili, vuole investire a Saline non può farlo eludendo leggi e Costituzione, ma soprattutto senza il consenso dei cittadini».

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Dipendenti prezzolati dietro i comitati sì al carbone per Saline Joniche, le Associazioni dell'Area Grecanica intervengono

Comunicato del Coordinamento Associazioni Area Grecanica sull'incresciosa vicenda di cui ci siamo occupati ieri, e che continua a far discutere anche in terra elvetica.

"Il Coordinamento delle Associazioni dell'Area Grecanica esprime profonda indignazione per il comportamento ingiustificabile della RePower, socia di maggioranza della SEI s.p.a., che cerca di acquisire consensi foraggiando i comitati "spontanei" per il si al carbone.

Ai microfoni del programma Rundschau, della tv svizzera SF, Kurt Bobst, CEO di Repower, ha confessato di aver finanziato con 9000 franchi svizzeri i comitati pro carbone, affinchè gli aderenti e i simpatizzanti degli stessi potessero presenziare alla manifestazione tenutasi il 27 agosto 2011 a Coira in Svizzera.

Questi comitati, pertanto, rappresentano l’unico esempio di organizzazione “spontanea” in cui la “spontaneità” sembrerebbe essere incentivata da finanziamenti di scopo. Stando a quanto emerso da un’altra inchiesta giornalistica condotta da Mnews.it, la Repower, inoltre, avrebbe anche “supportato” la comunicazione istituzionale degli attivisti del SI, facendo redigere i comunicati stampa dei comitati direttamente da propri dipendenti.

Il Coordinamento è fortemente sdegnato per i metodi a dir poco censurabili usati dalla RePower che, mentre ufficialmente, parla di dialogo e confronto con la popolazione poi, adotta comportamenti che Irene Aegerter, vicepresidente dell'Accademia svizzera delle scienze tecniche e co-firmataria di una lettera aperta contro le centrali a carbone, definisce ASSOLUTAMENTE IMMORALI.

Quello che le due inchieste hanno portato alla luce è a dir poco indecoroso. Le popolazioni dell’Area Grecanica sono state raggirate per tre anni dai comitati "spontanei" del si che, alla luce dei fatti emersi, di spontaneo sembrano avere ben poco.

Tutto questo, ironia della sorte, è accaduto mentre alcuni comitati del Si e qualche consulente della SEI, lanciavano una campagna denigratoria nei confronti del Coordinamento, al fine di smentire, attraverso dichiarazioni palesemente contrastanti con la realtà dei fatti, la buona riuscita della manifestazione No Carbone di Coira, in Svizzera.

Il Coordinamento, a questo punto, non può che chiedersi come mai una multinazionale come RePower, che si dichiara sicura della bontà del proprio progetto, abbia deciso di ricorrere a questi mezzucci per creare consenso e soprattutto: cosa ancora potrebbe emergere da tutta questa torbida vicenda?

Il Coordinamento continuerà con sempre maggiore determinazione a vigilare e a lottare in difesa del territorio, informando in modo chiaro, onesto e trasparente, affinchè il NO espresso ripetutamente a gran voce da tutta la popolazione e dalle istituzioni, sia un NO consapevole!"

Intanto i media svizzeri continuano ad occuparsi della vicenda Repower/centrale a carbone a Saline Joniche: Power für Klimaerwärmung - Graubünden setzt auf Kohlekraftwerk in Kalabrien

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ReggioTv

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22 settembre 2011

Molina indagato per l'incendio a Torrevaldaliga nord

Apprendiamo dai media locali che
"C'è un primo indagato nell'indagine relativa all'incendio de trasformatore della centrale di Torre Valdaliga Nord avvenuto il 26 agosto scorso. Ad essere stato raggiunto da avviso di garanzia è il responsabile della centrale (quindi l'ing. Molina, NDR), accusato di incendio colposo. E' una prima svolta nell'inchiesta della procura della Repubblica di Civitavecchia, anche se l'impressione è che si tratti più di un atto dovuto.

La magistratura inquirente infatti sta proseguendo il lavoro per cercare di individuare le cause dell'incendio. Alcune di queste verifiche peraltro sono irripetibili, e solo dopo le relazioni conclusive dei periti si saprà dire se esiste una responsabilità umana. Una prima relazione è già stata consegnata nei giorni scorsi alla procura, dove si chiedeva soprattutto l'autorizzazione allo spostamento del trasformatore incendiato, allo scopo di poter individuare meglio le cause dell'incidente, ma soprattutto per capire se gli oli bruciati erano nocivi o meno. Sotto questo aspetto qualche novità potrebbe già emergere a breve. I periti nominati dalla procura infatti, pare siano già piuttosto avanti con il proprio lavoro. Nel frattempo vanno avanti anche le indagini di tipo tradizionale, condotte direttamente dalla polizia giudiziaria della stessa procura.

Fonte: bignotizie.it

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L'azienda del carbone paga 9000 franchi per manifestare a suo favore

Deja-vù? Noi dell'Alto Lazio sappiamo con quale facilità certi sindacalistucoli del comparto elettrico siano pronti a bivaccare in piazza con improbabili striscioni come "Sì al carbone pulito" ogniqualvolta mammaenel chiami, magari con al seguito una dozzina di ingenue (o rassegnate) tute blu, non troppo dispiaciute di trovarsi la giornata pagata per una gita fuori porta. "Cosa fate qui?" abbiamo chiesto agli operai in più occasioni: molti non sapevano cosa dire oltre che "Ci hanno pagato la giornata".

Siamo avvezzi a sorbirci pagine di pseudoscienziati che sbavano sofismi per confondere la gente comune; sulle pagine comprate dai potentati per cui lavorano, o in salotti televisivi blindati, vanno sostenendo che "il carbone riduce l'inquinamento e non fa poi così male alla salute, oggi che è 'pulito'".

Quindi no, non ci sorprende sapere che Repower, azienda svizzera interessata a costruire un impianto a carbone a Saline Joniche (RC), ha pagato il soggiorno in Svizzera per i suoi sostenitori calabresi, nell'occasione della manifestazione internazionale contro il carbone tenutasi a Coira nello scorso agosto. Chissà quanti di questi "sostenitori" avevano idea di cosa stessero facendo in terra elvetica, quel giorno. La notizia di seguito, direttamente dai notiziari svizzeri.

Dalla RSI-Radiotelevisione svizzera
"L'azienda elettrica grigionese ha finanziato la trasferta a Coira dei sostenitori calabresi della centrale a carbone

I dimostranti favorevoli al carbone hanno ricevuto dalla direzione 9'000 franchi, somma confermata ieri sera durante la trasmissione "Rundschau" dallo stesso CEO di Repower Kurt Bobst.

Un mese fa alcune centinaia di oppositori della centrale a carbone in Calabria - progettata da una filiale della società con sede a Poschiavo - avevano sfilato pacificamente per le vie del centro cittadino di Coira. In quell'occasione un gruppetto di sostenitori del carbone, anch'essi giunti dall'Italia, aveva indetto una contro-manifestazione. Ora si sa che per quell'evento la trasferta in terra retica è stata finanziata direttamente dall'azienda elettrica.
Dura critica dei socialisti: azione indegna

Il gesto dei vertici della società - 9'000 franchi in totale - non è passato inosservato e oggi ha scatenato dure critiche degli ambientalisti e dei partiti di sinistra, che da tempo hanno nel mirino il produttore d'energia grigionese per il suo impegno nell'impianto a carbone calabrese e anche in un'altro sito analogo nel nord della Germania. Il cantone dei Grigioni è azionista di maggioranza di Repower con il 46% del capitale azionario.

In un comunicato il PS grigionese si dice sorpreso: che Repower paghi dei manifestanti è "imbarazzante e indegno di una società solitamente rispettabile".

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Inquinamento atmosferico e rischio di infarto

La ricerca medica spiega in modo sempre più chiaro la relazione tra patologie umane e inquinamento. E' doveroso preoccuparsi per le conseguenze dell'inquinamento originato dalle centrali, dal porto, nonché dall'ultimo incendio avvenuto a TVN.

"Concentrazioni elevate di inquinanti atmosferici aumentano le probabilità di avere un infarto entro 6 ore dall'esposizione alle polveri sottili (Pm10).

La ricerca è firmata da Krishnan Bhaskaran e colleghi della London School of Hygiene and Tropical Medicine ed è stata pubblicata sull’ultimo numero della nota rivista internazionale: The British Medical Journal (BMJ 2011;343:d5531 doi: 10.1136/bmj.d5531).

Gli autori hanno esaminato una casistica di 79.288 attacchi di cuore registrati dal 2003 al 2006 e, parallelamente, hanno indagato sull'esposizione oraria allo smog. In particolare, utilizzando i dati del UK National Air Quality Archive è stato analizzato l'andamento di particolato Pm10, monossido di carbonio (CO), biossido d'azoto (NO2), biossido di zolfo (SO2) e ozono (O3).

Livelli elevati di questi inquinanti sono prodotti dalla combustione dei fossili nelle centrali elettriche (carbone, olio combustibile e gas), dal traffico navale/autoveicolare/aereo e dalla combustione dei rifiuti.

Il nuovo studio ha voluto vedere gli effetti dell’ inquinamento in un ristretto lasso di tempo. Gli effetti sono stati studiati entro intervalli di tempo di 1-6, 7-12, 13-18, 19-24, 25-72 ore dall’esposizione.

I risultati hanno messo in evidenza che il rischio di infarto aumenta nelle sei ore successive all’esposizione.

L'associazione fra elevate concentrazioni di inquinanti e morte prematura è stata comunque già ampliamente dimostrata, così come sono già emerse con chiarezza evidenze scientifiche sul rapporto diretto tra l'inquinamento e vari indicatori di salute, compresa "la mortalità per tutte le cause e per cause respiratorie e cardiovascolari".

Quanto sopra giustifica nel modo più assoluto la preoccupazione della popolazione sia per l’inquinamento causato dalle navi che per la nube sprigionatasi in seguito all’incendio a Torre Valdaliga Nord ma, in particolare, motiva l’intervento della Procura della Repubblica di Civitavecchia a salvaguardia della salute pubblica.

Giovanni Ghirga
International Society of Doctors for the Environment (Alto Lazio) It

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Porto: "Le nuove banchine vanno elettrificate per legge"

Elettrificazione delle banchine del porto di Civitavecchia, intervento di S. Ricotti (Forum Ambientalista). Da centumcellae.it
"Le nuove banchine che verranno realizzate nel porto dovranno essere per legge elettrificate. Lo afferma la portavoce del Forum ambientalista Simona Ricotti in merito ai nuovi attracchi annunciati dal Presidente dell’Authority Pasqualino Monti e relativi al traffico nazionale, alla darsena servizi e al prolungamento dell’antemurale, ricordando come i decreti ministeriali di Valutazione dell’Impatto Ambientale 2935/1997, 6923/2002 e 4/2010 prescrivono, quale “condicio sine qua non” per l’autorizzazione dei lavori di ampliamento del porto, la realizzazione dei “collegamenti elettrici per le navi in banchina”, il che significa, ribadisce, che le sopracitate banchine devono essere progettate e realizzate con l’annessa elettrificazione prescritta.
“La mancata ottemperanza di tale prescrizione nell’ambito dei lavori realizzati negli scorsi anni – afferma la Ricotti – ha avuto quale logica conseguenza il lievitare dei costi dell’elettrificazione da effettuarsi a lavori ultimati. E’ appena il caso di sottolineare, invece, che i costi di elettrificazione di ogni singola banchina, proprio in quanto prescrizione autorizzativa, dovevano, e devono, essere parte integrante del capitolato d’oneri che sottende la realizzazione della stessa. Al fine, quindi, di evitare che si ripeta l’incresciosa situazione sopra descritta, che ha determinato la necessità, per l’Autorità Portuale, di ricercare ulteriori fondi per finanziare opere che invece avrebbero dovuto essere parte integrante della originaria realizzazione, auspichiamo che il Presidente Monti tenga in debita considerazione detti obblighi prescrittivi dimostrando, nel contempo, rispetto per le regole e volontà tangibile di agire a tutela dell’ambiente, operando concretamente per la minimizzazione dell’inquinamento dovuto alle emissioni delle navi, un obiettivo per il quale la realizzazione di banchine elettrificate è atto imprescindibile”.

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21 settembre 2011

"Quelli che" vogliono l'autostrada Tirrenica: Antonio Bargone



Eccone uno, tra "quelli che" lavorano alla realizazione dell'autostrada Tirrenica anche detta "Spaccamaremma". Come insegna la nota filosofa morale Terry De Nicolò, per avere così tanto difficilmente puoi aver agito nella legalità. Liberi cittadini hanno diffuso su Facebook le seguenti notizie su tale "onorevole", noto uomo-crocevia di loschi affari bipartisan:

"Per presentare progetti scellerati che distruggono la nostra area lagunare, la nostra costa, la nostra economia, la nostra salute, le nostre case, la nostra terra, il nostro futuro, Antonio Bargone percepisce:
  1. una pensione a vita di euro 6.590 al mese (esentasse?) dalla Camera pagata con soldi pubblici http://www.publice.it/pensionicamera.htm 
  2. un compenso come Commissario straordinario del Governo per la costruzione della Tirrenica (nominato dal nostro ex sindaco Matteoli) di euro 232.884 annui pagati con soldi pubblici http://www.facebook.com/note.php?note_id=130268917035124 
  3. uno stipendio di euro 61.000 annui come presidente Società Autostrade http://www.facebook.com/note.php?note_id=130271463701536 
Per un totale di 391.044 euro annui di cui 311.964 annui di soldi pubblici (soldi nostri)"

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20 settembre 2011

Mangiare carbone per produrre gas da bruciare

Produrre gas metano da bruciare, mangiando carbone: yeah! Secondo quanto riportato dal Corriere

"Scienziati cinesi hanno clonato un maiale considerato un 'eroe' per essere sopravvissuto 36 giorni sotto le macerie [...] Zhu Jianqiang - il 'Maiale dalla forte volonta'' - un esemplare castrato di 150 kg, sopravvisse mangiando carbone e bevendo acqua piovana. [...] Ora e' diventato 'padre' di sei maialini, da lui clonati." 
Per gli scettici, questa è la dimostrazione definitiva che la a Cina è davvero avanti.
Dunque se investiamo per clonare su vasta scala quel maiale castrato che può nutrirsi di carbone, potremo facilmente ricavare da questo inquinante materiale del gas metano da bruciare, come prodotto della sua digestione. Immaginate: mai più giganteschi ecomostri come Torrevaldaliga Nord, al loro posto un meno impattante, enorme porcile mandato avanti a carbone, che distribuisce in tutte le case il prodotto della digestione. O nel caso di paesi con giacimenti carboniferi, basterà far pascolare i suini sulle miniere a cielo aperto.

Non solo, c'è chi si spinge oltre: se gli stessi uomini arrivassero a mangiare carbone potrebbero produrre da loro il gas per gli usi domestici! C'è tuttavia preoccupazione perché non si è accertato quanto abbia influito il fattore della castrazione del maiale sulla sua capacità di digerire carbone.

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18 settembre 2011

Da Liquichimica al carbone, i drammi e le lotte dei cittadini di Saline Joniche

Con le parole degli autori: nel video che segue c'è "la storia dell'area portuale di Saline, con le sue ilusioni, promesse mancate, sperpero di denaro pubblico, tutto sotto l'ombra nera della mafia. Dallo smantellamento dell'ex Liquichimica all'ultimo dramma che la nostra amata terra sta vivendo, l'ipotesi sciagurata della costruzione di una Centrale a Carbone. Ripercorre altresì le tappe principali della resistenza del Coordinamento delle Associazioni dell'Area Grecanica fino all'ultima grande manifestazione del 27 agosto 2011 a Coira, in Svizzera, che ha inferto un colpo durissimo ai signori del carbone". Documento presentato al Pentedattilo Film Fest 2011

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La Spezia, cittadini in assemblea sul problema carbone

Continua la mobilitazione degli spezzini per far fronte all'incipiente pericolo di una riconversione a carbone voluta da enel.

"Domani a partire dalle ore 18 la sezione spezzina della Lipu organizza nella Sala Arci di Via XXIV Maggio, un dibattito sul tema “Il futuro della centrale Enel di Vallegrande e le ricadute sanitarie sull'ambiente e sulla salute dei cittadini” Interverranno anche gli esponenti del comitato di cittadini “Spezia via dal carbone” , a sua volta impegnato nell’organizzazione di un successivo incontro. (cittadellaspezia.com)

Infatti per il prossimo sabato 24 settembre alle ore 17.00, è prevista un’assemblea pubblica sul tema “Autorizzazione Integrata Ambientale CTE enel, prove tecniche di partecipazione", per saperne di più vedi Speziapolis

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Tributo di sangue al dio carbone: quattro minatori morti in Galles

Una miniera di carbone ha inghiottito quattro vite umane in Galles, a Gleision.

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Civitavecchia: cieli cancrini di fine estate

Una carrellata di immagini per chi fosse partito in vacanza, in quest'ultimo scampolo d'estate 2011. Cosa vi siete persi lontani dalla vostra amata Civitavecchia:







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Affaire Saline Joniche: critiche dal mondo scientifico

Pubblichiamo una lettera aperta alle aziende Repower SA e a SN Energie SA da parte di esponenti del mondo scientifico svizzero, per il loro coinvolgimento in nuovi progetti di centrali a carbone: "Chiarimento sulla redditività e compatibilità ambientale di nuove centrali a carbone all’estero" - Agosto 2011 (Via noalcarbonesaline.it)

"I gestori di centrali sono sempre più confrontati con difficili decisioni inerenti i loro investimenti. Se da una parte la pianificazione di grandi centrali esige un investimento ambientale stabile e a lungo termine, dall’altra i cambiamenti a livello politico e di mercato causano insicurezze a livello di costi e profitti delle diverse tecniche di produzione d’energia. Questo concerne particolarmente le centrali a carbone che, non solo a causa del loro impatto climatico e ambientale sono causa di critiche, ma che anche in confronto a fonti energetiche più flessibili e meno dannose per l’ambiente si profilano economicamente infruttuose . Con questa dichiarazione i firmatari desiderano indicare le prospettive economiche della produzione elettrica tramite carbone e ammonire dall’investire in nuove centrali a carbone. Energia dal carbone – rischio per il clima Produrre energia elettrica con centrali a carbone è il modo più inquinante che ci sia. Solo le emissioni delle pianificate centrali a carbone di Brunsbüttel (D) e di Saline Joniche (I) rappresentano, con 17,5 milioni di tonnellate di CO2 annuali, circa il 40% delle emissioni prodotte in Svizzera. A causa della prevista durata di servizio di oltre 40 anni, le odierne decisioni d’investimento determineranno strutturalmente il Mix elettrico delle risorse energetiche per molti decenni. Con i loro investimenti all’estero nella produzione di elettricità tramite carbone esse precludono una veloce transizione verso un approvvigionamento energetico sostenibile. I costi delle “quote di emissione di CO2” Un importante fattore economico per la produzione di energia elettrica con il carbone sono i costi per le quote di emissione di CO2 del mercato delle emissioni Europeo. Siccome l’UE ha approvato che la quantità autorizzata di queste quote venga gradualmente ridotta e a partire dal 2013 l’assegnazione gratuita dei certificati per i produttori d’energia abrogata, anche i gestori di centrali a carbone dovranno assumersi i costi derivanti. I futuri costi di mercato sono quasi impossibili da valutare perché sottostanno a condizioni non valutabili a lungo termine. Con costi crescenti per le quote di emissione di CO2 le centrali a carbone non possono affermarsi contro supporti energetici meno inquinanti – tipo le energie rinnovabili o gas naturale. Solo con uno sfruttamento superiore alle 5000/6000 ore annuali le centrali a carbone possono essere redditizie in confronto alle concorren-ziali centrali a gas. Anche la molto discussa possibilità della separazione dell’ CO2 e dell’immagazzinamento (CSS), con la quale di ridurrebbero le emissioni del 70-80%, non può essere considerata come soluzione per le centrali costruite oggigiorno. A tutt’oggi è ancora completamente aperta la questione con quali costi aggiuntivi possa esser realizzata su grande scala una CCS e se ci sia un sufficiente consenso tra la popolazione inerente l’immagazzinamento dell’CO2. Costi di capitale Gli investimenti in centrali termiche a carbone per la produzione di energia elettrica si profilano mediante alti costi di capitale che spesso vengono coperti da finanziamenti esterni, p.es da banche. La crescente insicurezza nella redditività, con il possibile obbligo di costruire una CSS, si riflette anche nei costi di capitale: istituti finanziari richiedono in confronto a progetti di centrali precedenti, interessi maggiori o si ritirano dal finanziamento di centrali a carbone; così accanto ai costi variabili anche i costi di capitale delle centrali aumentano. Prospettive di reddito insicure Le condizioni citate rincarano l’esercizio delle centrali a carbone. Gli investimenti nelle centrali restano redditizi solo se la media dei ricavi per l’energia prodotta è sopra la media dei costi di produzione (inclusi i costi d’investimento). Allora per coprire i costi superiori del combustibile, CO2 e costi di capitale, occorre aumentare lo sfruttamento della centrale durante la sua durata di vita e/o aumentare il prezzo dell’energia elettrica. Tuttavia proprio queste ore d’esercizio annuali necessariamente alte non si lasciano prevedere a lungo termine. In Germania, sulla base dell’accesso privilegiato alla rete delle energie rinnovabili, l’entrata in azione delle centrali a produzione continua sarà in futuro nettamente limitata. Soprattutto la crescente quantità d’energia elettrica prodotta con energia eolica esige una flessibilità da parte delle altre centrali che si devono adeguare alle oscillazioni di produzione delle energie rinnovabili. Le centrali a carbone, che sono tipicamente orientate alla produzione continua, sono troppo goffe e non riescono a essere abbastanza flessibili e a reagire prontamente alle oscillazioni di domanda. È da attendersi di conseguenza, nonostante l’uscita dall’atomo della Germania, un’eccessiva offerta da centrali a produzione continua e una sottoutilizzazione delle centrali a carbone. Che i prezzi dell’energia elettrica saranno per un lungo lasso di tempo sufficentamente alti per contrastare i citati rischi economici, anche con un tempo ridotto di utilizzo della centrale, è più che discutibile. Anche le strategie di commercializzazione alternative, come il possibile “raffinamento” dell’energia ottenuta dal carbone con l’aiuto di centrali ad accumulazione, sono economicamente molto rischiose. Solo una sufficiente differenza dei prezzi tra l’energia prodotta da centrali a produzione continua e l’energia prodotta nei momenti di grande richiesta può attuire i costi di trasporto e la perdita di rendimento di una centrale ad accumulazione. Anche con la crescente liberalizzazione dei mercati dell’energia, con la sovraproduzione delle centrali a produzione continua, con le stra-tegie per l’adeguamento della domanda d’energia e l’annessione di centrali a gas flessibili, si riscontrano tuttavia delle differenze di prezzo sempre più ridotte. Quando durante il 2008 si potevano osservare alla borsa energetica tedesca ancora dei prezzi massimi di 160 Euro per Megawatt/ora, nel 2010 il prezzo di mercato più alto si situava solo ancora a 80 Euro. In conclusione si può affermare che l’insicurezza relativa ai costi e ai ricavi futuri sia un grave rischio per la redditività di nuove centrali a carbone. La costruzione e l’esercizio di centrali a carbone è così non solo controproducente dal punto di vista di politica ambientale e climatica, ma anche dubbiosa a livello economico. Perciò i firmatari di questa dichiarazione sconsigliano fortemente a Repower SA e a SN Energie SA di investire in nuove centrali a carbone. Firmatari: Dr. Irene Aegerter, Vice Presidente dell’ Accademia Svizzera delle Scienze Tecniche Prof. Dr. Andrea Baranzini, Haute École de Gestion Genève Prof. Dr. Thomas Beschorner, Istituto di Etica Economica, Università di San Gallo Prof. Dr. Lucas Bretschger, Center of Economic Research, Politecnico Federale di Zurigo (ETHZ) Prof. Dr. Stephanie Engel, Istituto per le Scelte Ambientali, Politecnico Federale di Zurigo (ETHZ) Prof. Dr. Jürg Fuhrer, Dirigente del gruppo Pulizia dell’aria/Clima, Agroscope Reckenholz-Tänikon, Research Station ART Dr. Justus Gallati, Istituto di Economia Aziendale e Regionale, Scuola Superiore di Economia, Lucerna Prof. Dr. Martin Grosjean, Istituto di Geografia dell’Università di Berna Prof. Nicolas Gruber, Istituto di Biochimica e Dinamica degli Agenti Inquinanti, Politecnico Federale di Zurigo (ETHZ) Prof. Dr. Heinz Gutscher, Professore di Psicologia Sociale, Presidente ProClim (Forum for Climate and Global Change), Accademia Svizzera delle Scienze Dr. Rolf Hügli, Segretario Generale dell’Accademia Svizzera delle Scienze Tecniche SATW Dr. Rolf Iten, Dirigente INFRAS Prof. (em.) Dr.-Ing. Eberhard Jochem, CEPE (Centre for Energy Policy and Economics), Politecnico Federale di Zurigo (ETHZ) Prof. Dr. Gebhard Kirchgässner, Istituto Svizzero per l’Economia Estera e Ricerca Economica Applicata, Università di San Gallo Roger Nordmann, Consigliere Nazionale, Membro della Commissione per l’Ambiente, Pianificazione Territoriale ed Energia, Losanna Prof. Dr. Thomas Nussbaumer, Politecnico Federale di Zurigo (ETHZ) e Scuola Superiore di Lucerna - Proprietario di Verenum (Studio d’ingegneria per procedimenti tecnici, energetici e ambientali) Prof. Dr. Thomas Peter, Istituto per l’Atmosfera e il Clima, Politecnico Federale di Zurigo (ETHZ) Dr. Rudolf Rechsteiner, Studioso indipendente, Pubblicista e proprietario dell’ Ufficio di consulenza re-solution.ch Dr. Christoph Ritz, Dirigente ProClim (Forum for Climate and Global Change), Accademia Svizzera delle Scienze Prof. Dr. Sergio Rossi, Titolare della Cattedra di Macroeconomia e economia monetaria, Università di Friborgo Prof. Dr. Roland Scholz, Institute for Environmental Decisions, Politecnico Federale di Zurigo (ETHZ) Prof. Dr. Philippe Thalmann, Research Group on the Economics and Management of the Environment, Politecnico Federale di Losanna (EPFL) Dr. Frank Vöhringer, Politecnico Federale di Losanna (EPFL), Dirigente dell’azienda di consulenza Econability Prof. Dr. Andreas Zuberbühler, Presidente del Comitato Scientifico dell’Accademia Svizzera delle Scienze Tecniche

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Savona, riconversione Tirreno Power: giorni caldi

Da ivg.it

"Settimane decisive per il progetto di ampliamento di Tirreno Power. Dopo la delibera regionale sul nuovo assetto dei gruppi per la centrale vadese i tecnici della Regione Liguria sono al lavoro per capire se per lo start up dei lavori sarà davvero necessaria la firma dei sindaci alla convenzione-quadro prevista dall’iter progettuale, la cui firma è prevista per la fine del mese di ottobre. Per comitati e associazioni ambientaliste senza l’ok di Vado e Quiliano il progetto non può partire, ma i cavilli giuridici non sono del tutto sciolti e ora si dovrà arrivare ad una conclusione che l’azienda attende da tempo. Intanto per lunedì è in programma una audizione da parte dei medici in commissione sanità relativa all’impatto sulla salute dei cittadini per l’ampliamento del sito vadese. Tirreno Power, dal canto suo, ha fatto trapelare che l’indagine epidemiologica richiesta sarà pronta per la metà di ottobre e che si terranno due incontri pubblici, uno con i sindaci e l’altro con la cittadinanza, per illustrare i vantaggi ambientali per il territorio grazie al progetto di ampliamento, in primis sul controllo e monitoraggio delle emissioni, ma non solo. L’accordo definito in Conferenza di Servizi presso il Ministero dello Sviluppo Economico prevede l’autorizzazione per un nuovo gruppo da 460 MW e il rifacimento integrale di uno dei due già esistenti da 330MW dopo sei anni ovvero al momento dell’entrata in esercizio del nuovo gruppo. Il secondo gruppo oggi esistente da 330 MW sarà smantellato tra 9 anni. L’autorizzazione alla sostituzione di quest’ultimo con un nuovo gruppo sempre da 330 MW sarà subordinata alla valutazione dei risultati conseguiti. Tra gli impegni prescritti e che attendono l’azienda anche l’adozione dell’autorizzazione integrata ambientale A.I.A. per i due gruppi esistenti (VL3 e VL4), la copertura del parco carbone, la realizzazione di una nuova e moderna rete di rilevazione gestita da Arpal e, appunto, l’istituzione di un Osservatorio permanente su base regionale per il monitoraggio ambientale ed epidemiologico guidato dal Ministero della Salute e dalla Regione Liguria. TP dovrà inoltre accordare una serie di compensazioni ai Comuni che subiscono l’impatto dell’attività industriale: riduzione dei consumi energetici nei Comuni di Vado e Quiliano e limitrofi per compensare l’aumento di CO2; realizzazioni di progetti di energia rinnovabile e fotovoltaico per gli edifici pubblici di Vado e Quiliano.

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7 settembre 2011

Osservazioni all’Autostrada Tirrenica: Sì alla MESSA IN SICUREZZA della SS Aurelia

Nei prossimi giorni saranno presentate pubblicamente le Osservazioni all’Autostrada Tirrenica, dal Forum Ambientalista, più precisamente rispetto al progetto dell'Autostrada A12 Rosignano - Civitavecchia - Lotto 6A/6B -Tratto Tarquinia Civitavecchia (procedimento di approvazione del progetto definitivo con valutazione di impatto ambientale). Segue il comunicato

Il Forum Ambientalista come associazione Nazionale riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente ai sensi dell'art. 6, comma 9 della legge 349/86, ha presentato le Osservazioni al tracciato dellìAutostrada Tirrenica nel tratto che interessa il comune di Tarquinia e Civitavecchia, riassumendo le ragioni tecniche e le preoccupazioni di un territorio, a cui stanno per togliere un bene comune, LA SS AURELIA, e il diritto di una mobilità gratuita e sicura. Insieme alle osservazioni di Italia Nostra Nazionale, crediamo di aver svolto un importante lavoro di informazione su un dramma non solo territoriale ma di tutta la Maremma, non condiviso con le comunità interessate, ma calato dall’alto e senza che vi sia stata la partecipazione dei cittadini alla scelta di un’Autostrada al posto di una strada statale, oggi gratuita, la SS AURELIA. Ne la Regione Lazio, ne la provincia di Viterbo, hanno ritenuto opportuno presentare pubblicamente il tracciato Autostradale nella sua versione definitiva, neanche il sindaco del comune di Tarquinia, che a tuttoggi, insieme al Presidente del consiglio, non hanno dato seguito alla richiesta di una convocazione di un consiglio comunale aperto, sul tema, ne tantomeno hanno dato notizie di Osservazioni sul tracciato, sulle tantissime criticità che tuttavia presenta. Le osservazioni sono dettagliate e puntuali, sono state pubblicate sul Blog www.noalcarbone.it e su https://www.facebook.com/groups/243545992342282/, ed esprimono tutte le perplessità rispetto a un’opera inutile, in un territorio che chiedeva da più di 20 anni la messa in sicurezza della SS Aurelia, non la sua cancellazione, e il diritto ad una mobilità gratuita,di un bene comune, la SS1 Aurelia, voluta dagli Antichi Romani, e consegnata, ora, nelle mani della SAT. Peraltro, un attenta analisi delle stime proposte di recente sul numero dei veicoli rende evidente che nemmeno quest’ultime appaiono sufficienti a motivare la costruzione di un’autostrada, infatti, secondo i calcoli condotti da professionisti ed esperti del settore, sulla tratta Rosignano - Civitavecchia attualmente passano in media circa 19 mila veicoli. Il numero dei veicoli, pertanto, secondo le stime di SAT (31.000 veicoli/giorno), dovrebbe praticamente raddoppiare. La SAT dice che l’opera sarà, interamente pagata con i pedaggi, quindi niente strade complanari, niente viabilità alternativa, ma tutti obbligati all’uso dell’autostrada da sud e da nord! La criticità incontestabile è poi quella della inesistenza della viabilità complanare e alternativa all’Autostrada, tutta a carico della comunità che sarà una mannaia, per residenti ed aziende agricole, perché nessuno ha pensato di risolvere il problema dello spostamento dei mezzi agricoli, che sull’autostrada non potranno più andare, tantomeno arrivare da una parte all’altra dell’Autostrada. Per coloro che vivono e lavorano in campagna sarà impossibile raggiungere il paese senza fare almeno 20 KM di strada alternativa, la litoranea, quando possibile. L’allarme che lancia il Forum Ambientalista e a tutti coloro che si sono associati alle nostra ragioni è che la viabilità alternativa sarà rappresentata da strade pericolose e senza alcuna precauzione per la sicurezza stradale, perché metterà su piccole strade di campagna, mezzi agricoli, mezzi pesanti, ciclisti e pedoni, nella peggior condizione di viabilità. Le popolazioni chiedevano la messa in sicurezza dell SS Aurelia, perché troppo pericolosa e causa di numerosi incidenti, perché riceve in cambio una viabilità ancora piu pericolosa? Su questo tema c’è poi il silenzio assordante del comune di Tarquinia che non ha mai dato notizia ufficiale della presentazione del Progetto definitivo del tracciato autostradale, che è totalmente diverso da quello preliminare, approvato, non all’unanimità, anche contro le associazioni Ambientaliste, in consiglio comunale con delibera n.95 del 21 Ottobre del lontano 2008, su indicazione della Regione Lazio e su cartografie che indicavano l’affiancamento dell’Autostrada all’Aurelia, la trasformazione di una strada parco, affiancata da una pista ciclabile. Inoltre, il tracciato definitivo presentato dalla SAT al comune di Tarquinia è totalmente diverso, non è più affiancato ma sovrapposto all’Aurelia, la pista ciclabile cancellata, diverse le uscite, diverso il pedaggiamento, fatto in free flow, inesistente la viabilità alternativa. Il comune di Tarquinia ed il consiglio comunale non ha mai approvato il nuovo tracciato, ne tantomeno si sono riconosciute le carenze progettuali sul problema della viabilità alternativa, mancata in definitiva la discussione, e la partecipazione dei cittadini. I sindaci della Regione Toscana hanno perlomeno dato l’ampia disponibilità sui siti web del comune, con una puntuale pubblicità dei termini della presentazione delle osservazioni, con pubblicazione di manifesti, infine l’ampia disponibilità degli uffici tecnici per la documentazione e invio delle osservazioni, soprattutto per la categoria degli espropriati, che per primi avrebbero dovuto saperlo. Il comune di Tarquinia ha lasciato che i residenti, ed in primis gli iscritti nell’elenco degli espropri, gli agricoltori, rimanessero soli davanti a questo enorme problema. Alcune aziende Agricole, residenti, associazioni ambientaliste hanno inviato le osservazioni alla alle autorità competenti e al comune di Tarquinia, che speriamo si desti da questo immotivato ed irragionevole silenzio, anche rispetto alle innumerevoli domande a cui sarebbe doveroso dare una risposta. Nei prossimi giorni saranno presentate le osservazioni in una assemblea pubblica, il tracciato definitivo dell’autostrada Tirrenica, spacca maremma, e tutte le ragioni del NO ALL’AUTOSTRADA E SI ALLA MESSA IN SICUREZZA DELLA SS AURELIA.

 Marzia Marzoli

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La salute umana aggredita dal carbone

Come segnalato anche dagli amici e colleghi di UPLS, riportiamo un rapporto proveniente dall'organizzazione statunitense Physicians for Social Responsibility (Medici per la responsablità Sociale), che divulga i risultati di una indagine volta a esplorare i danni causati dall'inquinamento da carbone sulla salute umana e l'ambiente. La pagina originale contetente tutti i documenti del rapporto 2009 (in lingua inglese)è questa (clic per aprire), mentre l'articolo di Uniti Per la Salute (Savona) è qui.

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