No al carbone Alto Lazio

Visualizzazione post con etichetta Carbone e agricoltura. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Carbone e agricoltura. Mostra tutti i post

24 marzo 2012

Coltre nera di menzogne

Passano gli anni, ma la realtà resta invariata. Come documentammo nel nostro "Alto Lazio come Brindisi"
Da Repubblica del 5 marzo 2012
"Polvere di carbone sui campi di Cerano. Polvere nera sulle mani, nelle case, sui panni stesi ad asciugare. Polvere nera sui campi fertili, coltivati un tempo a vite, carciofi, ulivi, che una volta davano da mangiare ai contadini e ai loro padri. Carbone forse anche nel sangue. Negli oltre quattrocento ettari di terre all'ombra della centrale Federico II di Cerano non si può più coltivare ormai da cinque anni per effetto di una ordinanza che ha intimato la distruzione dei frutti dei quali è disposto il divieto assoluto di commercializzazione. Ma anche l'esilio coatto degli oltre sessanta agricoltori che su quei campi non possono lavorare più di 180 giorni all'anno, pena il rischio di contaminazione da arsenico, berillio, vanadio, metalli pesanti dall'alto potenziale tossico rilevati in quantità superiori alle soglie considerate non pericolose per la salute. Come se per tenere in vita la terra bastassero cure a intermittenza.

Da un lustro i contadini di Cerano chiedono di sapere cosa abbia avvelenato i campi e forse loro stessi. Lo hanno chiesto tramite un esposto indirizzato alla procura di Brindisi dalla quale è scaturita una inchiesta che solo oggi giunge al capolinea. Il pubblico ministero Giuseppe De Nozza ha notificato di recente l'avviso di conclusione delle indagini a carico dei quindici indagati, fra dirigenti Enel e imprenditori addetti al trasporto del carbone che alimenta la centrale, accusati di getto pericoloso di cose, danneggiamento delle colture e insudiciamento delle abitazioni. Sono le accuse che gravano tra gli altri sul direttore della centrale, i responsabili dell'area Ambiente e dell'impianto trasportatore. L'azienda, contattata da Repubblica, non rilascia dichiarazioni, ma in una nota si dice fiduciosa: "In merito alla decisione della Procura di Brindisi, Enel - si legge - nella piena convinzione di aver sempre operato nel rispetto delle leggi e nell'interesse della collettività, attende con fiducia i successivi sviluppi".

Le conclusioni del pubblico ministero poggiano su quelle del perito al quale è stato chiesto di verificare se è vero oppure no che quella polvere nera sia polvere di carbone. Nessun dubbio per il consulente tecnico della procura Claudio Minoia, direttore del laboratorio di misure ambientali e tossicologiche della Fondazione Maugeri di Pavia, nonché responsabile della scuola di specializzazione in Medicina del Lavoro dell'ateneo pavese: la fonte di contaminazione di terreni, colture, falda acquifera e atmosfera è la centrale termoelettrica, non i camini delle villette come pure qualcuno ha sostenuto, né il traffico automobilistico. E' il vento che solleva il pulviscolo dal deposito (scoperto) del combustibile, ammantando le colture: "Il consulente tecnico ritiene - scrive Minoia - che in aree prospicienti la centrale Federico II ubicata a Cerano si siano determinate, anche se non con carattere di continuità ma piuttosto come diretta conseguenza di fenomeni eolici, dispersioni significative di polveri di carbone dal deposito carbonile. Questa ha sicuramente rappresentato la principale via di contaminazione delle aree prospicienti".

E' esattamente quello che aveva sostenuto la Asl di Brindisi nel 2007, in una nota propedeutica al divieto di coltivazione emanato dal sindaco, avvertendo dei pericoli per la salute se ortaggi, frutta e polveri fossero arrivati dai campi alle tavole dei brindisini: "...è più che ragionevole sospettare la possibilità che le sostanze chimiche riscontrate possono entrare nel ciclo biologico di produzione sia vegetale che animale e, conseguentemente, passare nella catena alimentare con grave rischio per la salute dei consumatori".

Le stesse conclusioni a cui giunge l'equipe di ricercatori ai quali nel 2009 il Comune di Brindisi aveva commissioanto un'analisi di rischio, effettuata dall'Università del Salento e Arpa Puglia. Le analisi su prelievi e campionamenti rilevano la presenza di metalli pesanti nell'area, stigmatizzando come pericolosa per la salute dei coltivatori l'esposizione superiore ai sei mesi all'anno. Lo studio conclude individuando come "fonte potenziale più probabile" delle emissioni "la centrale Enel Federico II, con particolare riferimento alla gestione del carbonile". Nello stesso anno, un dossier divulgato da Medicina democratica avverte: "L'emissione di anidride carbonica è quindici volte superiore alla soglia nella centrale di Cerano. L'arsenico, il cadmio, il cromo, gli idrocarburi policiclici aromatici e il benzene, tutti cancerogeni in grado di provocare diversi tipi di tumori, superano abbondantemente la soglia".

A tutt'altre deduzioni giunge invece uno studio commissionato da Enel all'istituto di ricerca Erm (Environmental resources management spa, ndr), sempre nel 2009, secondo cui "le concentrazioni rilevate sono di origine naturale". "Lo studio ha dimostrato - scrivono i ricercatori Erm - che la concentrazione dei metalli nei terreni non è riconducibile ad alcuna sorgente puntuale e/o specifica attiva, nel presente e/o nel passato, sull'area di interesse. Tale concentrazione è invece riconducibile a quanto viene universalmente riconosciuto, anche da Apat, come valore di fondo o fondo naturale". Nessuna relazione, dunque, fra la mole della centrale elettrica, il deposito-carbonile scoperto e la dispersione di polveri di carbone su carciofeti e vigneti andati distrutti. Le conclusioni di Erm vengono supportate e avvalorate da tre docenti di altrettanti atenei italiani, Giacomo Lorenzini dell'Università di Pisa, Pierluigi Giacomello dell'Università di Roma e Luigi De Bellis, a capo del dipartimento di scienze e tecnologie biologiche e ambientali dell'Università del Salento.

Strano caso: l'università del Salento giunge dunque sul tema a esiti del tutto in antitesi. Anzi, è dalla stessa cattedra di Fisiologia vegetale dell'ateneo leccese che arrivano conclusioni opposte. Nello studio Erm-Enel il professore titolare del corso, Luigi De Bellis, dice che no, il livello di contaminazione da arsenico è del tutto nella norma. Nell'analisi di rischio condotta insieme ad Arpa, la stessa cattedra (sulla carta, altro ricercatore) dice che la quantità di arsenico è al limite del livello di guardia e che prudente per la salute dei lavoratori agricoli sarebbe non esporsi più di sei mesi all'anno. Una delle incognite alle quali dovrà rispondere il processo che verrà.

Quel che è certo è che, nel frattempo, al danno si è aggiunta la beffa. Nel giugno del 2009 Enel ricorre al Tar, per scongiurare la pioggia di richieste risarcitorie provenienti dagli agricoltori, sostenendo la illegittimità della ordinanza, fondata su termini "possibilistici ed eventuali" di nessuna evidenza scientifica. La magistratura amministrativa dà ragione al colosso energetico per una ragione su tutte: l'analisi di rischio commissionata ad Arpa e Università del Salento è stata condotta in ritardo, due anni dopo l'emanazione della ordinanza sindacale, il percorso avrebbe dovuto essere esattamente contrario. Potenzialmente insomma, nei terreni di Cerano oggi si potrebbe coltivare, ma se lo fai la Asl ti trascina in tribunale, come è successo a uno degli agricoltori. Uno di quelli che si sono rifiutati di accettare soldi dal colosso energetico in cambio della rinuncia all'azione penale.

Il punto resta un altro. I prodotti della terra maledetta non li vuole più nessuno, e i contadini stessi su quei campi hanno paura di lavorare, per timore di morire avvelenati dal cancro. Psicosi. Forse.

Leggi tutto il post...

12 dicembre 2010

Dossier "Carbone: ritorno al passato"

Riportiamo da DazebaoNews:

"Legambiente presenta i numeri e i motivi del ‘NO’ nel dossier ‘Carbone: ritorno al passato." (Clicca qui per scaricare il dossier)

Una centrale tutta nuova a Saline Joniche in provincia di Reggio Calabria e la riconversione della centrale di Rossano Calabro per i gruppi alimentati a olio combustibile. Sono le ultime due proposte di ‘ritorno al passato’ fondate sul carbone che l’Italia potrebbe vedere realizzate dopo la riconversione, già attuata, della centrale di Civitavecchia (Rm), il nuovo gruppo autorizzato di Fiume Santo in Sardegna e i progetti di Porto Tolle (Ro) sul delta del Po e Vado Ligure (Sv), sui quali manca solo la firma del decreto autorizzativo da parte del Ministro dello Sviluppo economico.

Ora c’è la Calabria nel mirino di chi ha scelto di puntare sulla fonte fossile più
climalterante e maggiormente in contrasto con la lotta ai cambiamenti climatici, e proprio in questa regione continua l’opposizione di Legambiente ad una scelta energetica totalmente in contrasto con gli impegni che il Paese ha preso firmando il protocollo di Kyoto e il Pacchetto energia e clima (il cosiddetto 20-20-20). Accordi vincolanti di riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, che in caso di mancato rispetto, obbligheranno l’Italia al pagamento di pesanti sanzioni.
Oggi a Reggio Calabria, in una conferenza stampa che ha visto la partecipazione, tra gli altri di Massimo Scalia, docente dell’Università la Sapienza di Roma, Giuseppe Neri Assessore Ambiente Provincia Reggio Calabria, Antonio Guarna, Sindaco di Montebello Ionico- Saline, Franco Filareto, Sindaco di Rossano e i rappresentanti di CGIL, CISL e UIL e dei Comitati, Legambiente ha presentato il nuovo dossier ‘Carbone: ritorno al passato’ illustrando, dati alla mano, i motivi per cui la scelta del carbone è sbagliata.
“Le aziende energetiche – spiega il responsabile scientifico di Legambiente, Stefano Ciafani - continuano a puntare sul carbone come fonte per la produzione elettrica, grazie alla politica di sostegno da parte del Governo, incurante dei problemi legati all’uso di questo combustibile, a partire dalle rilevantissime emissioni di gas serra, tangibili negli impianti che già oggi lo usano sul territorio italiano. L’utilità del carbone – ha aggiunto Ciafani - è una pura propaganda da ‘Paese delle meraviglie’ che nulla a che fare con la realtà e con l’Italia, alle prese con i suoi problemi energetici e con i ritardi rispetto agli obblighi internazionali per combattere l’aumento dell’effetto serra”.

Come tutte le proposte fatte finora nel resto d’Italia, secondo Legambiente, anche i progetti che si vogliono attuare in Calabria, sono assolutamente dannosi visto che aumenteranno la produzione di elettricità dalla fonte fossile più dannosa per il clima, allontanandoci ulteriormente dagli obiettivi di riduzione delle nostre emissioni, senza portare rilevanti vantaggi al fabbisogno di energia. L’associazione ricorda, infatti, che nel 2009 le 12 centrali a carbone attive in Italia, a fronte di una produzione di solo il 13% di elettricità, hanno emesso il 30% dell’anidride carbonica prodotta complessivamente dal settore termoelettrico, circa 36 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 sul totale di circa 122, risultando il settore industriale peggiore rispetto agli obblighi di riduzione previsti da Kyoto.
Anche nel 2009 il peggior impianto termoelettrico per emissioni di CO2 si conferma la centrale Enel di Brindisi Sud (13 Mt), a seguire l’impianto di Fusina (Ve) (4,3 Mt) e quello di Fiume Santo (Ss) di proprietà di E.On (4,1 Mt).
Secondo i calcoli di Legambiente se alla centrale riconvertita di Civitavecchia ormai in attività si affiancassero i nuovi gruppi o centrali proposti dalle aziende energetiche, le emissioni di CO2 degli impianti a carbone raddoppierebbero in pochi anni, passando dagli attuali 35,9 milioni di tonnellate a 74,8.

“La Calabria oggi – ha proseguito Nuccio Barillà, del direttivo nazionale di Legambiente -diventa l’avamposto di una battaglia che vede contrapposte due visioni molto diverse delle politiche energetiche e dello sviluppo per il Sud del Paese. Da un lato la valorizzazione delle risorse del territorio, l’innovazione e l’efficienza, come investimento di futuro, dall’altro un’idea sorpassata di sistema energetico che inquina, degrada ulteriormente i territori e non offre risposte efficaci alle attese delle popolazioni, neanche sotto l’aspetto occupazionale. Non si capisce infatti quali sarebbero le ricadute positive di un progetto, come quello della SEI a Saline, mentre sono evidenti e, allo stato, inevitabili le conseguenze negative delle emissioni della centrale che inquinerà l’aria e riverserà in atmosfera ben 7,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno”.
“E poi c’è il progetto di riconversione a carbone della centrale Enel di Rossano Calabro – ha aggiunto Franco Falcone, direttore di Legambiente Calabria - che oltre ad aver trovato, come a Saline, l’opposizione di tutti gli enti locali, ha avuto per adesso anche lo stop della Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente. Sui progetti di Rossano e Saline grava poi, fortunatamente, la netta opposizione della Regione, che ha rinnovato il suo no alle centrali a carbone scritto nel 2005 nel Piano energetico attraverso una recentissima mozione approvata all’unanimità in Consiglio regionale”.

“Sul carbone in Italia – ha concluso Ciafani - si continua a millantare e a omettere tutti i problemi connessi al suo uso. Il Governo dica chiaramente se vuole condannare gli italiani al pagamento di pesanti sanzioni che nessuno ci condonerà. Altrimenti, replichi il modello britannico vincolando da subito l’autorizzazione di nuovi progetti a carbone all’effettiva operatività della cattura e del confinamento geologico dell’anidride carbonica”.
Per modernizzare realmente il sistema energetico del Paese, secondo Legambiente è necessario coinvolgere il settore industriale, dei trasporti e dell’edilizia, riducendo i consumi e praticando la via più sostenibile per produrre l’energia elettrica e termica: le fonti rinnovabili. La fonte fossile di transizione verso le sole rinnovabili resta il gas naturale, anche alla luce dei costi più contenuti di oggi, inaspettati fino a qualche anno fa.

I motivi di Legambiente per dire NO al carbone:
- peggiorerà la dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero, visto che già oggi importiamo più del 99% del carbone utilizzato nelle centrali elettriche italiane;
- non abbasserà la bolletta energetica del Paese. I potenziali risparmi nell’acquisto del combustibile andranno a beneficio dei bilanci delle aziende energetiche e non arriveranno nelle bollette degli italiani;
- il suo impiego peserà sulle casse dello Stato, visto che ci farà condannare al pagamento delle multe di Kyoto e del 20-20-20.
I falsi miti sul carbone:
- a causa dei consumi sempre più importanti da parte dei paesi con economie emergenti, a partire da Cina e India, le riserve di carbone stanno diminuendo con tassi davvero inaspettati. Secondo le stime di BP se 10 anni fa la disponibilità residua di carbone rapportata ai tassi di utilizzo era valutata in 240 anni, le ultime cifre aggiornate al 2010 sono scese addirittura a 119 anni. Continuando di questo passo tra 10 anni le riserve residue di carbone diventerebbero equivalenti a quelle di petrolio e gas, esauribili in 50-60 anni;
- il basso prezzo del carbone è drogato dai sussidi statali: la Commissione europea ha stimato in circa 3 miliardi di euro all’anno, 2 dei quali solo in Germania, i sussidi pubblici che hanno sostenuto la filiera del carbone tra il 2007 e il 2009 nel vecchio continente, destinati comunque all’esaurimento prima o poi;
- anche la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS - Carbon capture and storage), è ancora una tecnologia tutta da sperimentare su grande scala e anche nella migliore delle ipotesi abbasserà pesantemente il rendimento delle centrali. La tecnologia avrebbe poi una scala industriale solo dopo il 2020.

Leggi tutto il post...

7 dicembre 2010

Disastro in Colombia: è questo il "carbone pulito" di ENEL, SEI & co.


Un bell'articolo di Stefania Summermatter, da swissinfo.ch
E' proprio questo: il "carbone pulito" di enel e della svizzera SEI

"Colombia, il lato oscuro delle miniere svizzere di carbone

In Colombia le attività minerarie hanno portato ricchezza, ma non per tutti. Se le multinazionali continuano a espandersi, il prezzo da pagare per le comunità locali è altissimo: villaggi evacuati, fiumi inquinati, sindacalisti messi a tacere. Violazioni che chiamano in causa pure un'impresa svizzera, che respinge però ogni accusa.

La Colombia è il quinto paese esportatore di carbone al mondo. Dalle miniere del nord, questa materia prima viene trasportata fino in Europa – soprattutto in Germania – e utilizzata per la produzione di energia elettrica. Le centrali a carbone tedesche riforniscono in parte anche le società svizzere, che negli ultimi anni hanno aumentato i loro investimenti nel carbone per coprire il fabbisogno di base.

In diversi paesi europei, l’utilizzo di questo combustibile fossile ha incontrato l’opposizione degli ecologisti per l’elevato tenore di emissioni di CO2 che diffonde nell’atmosfera. Le incognite legate al carbone non si limitano però alle sole centrali, ultimo anello di una catena produttiva, ma si spingono fino alle grandi miniere a cielo aperto che hanno ridisegnato il volto della cordigliera andina.

In paesi come la Colombia, l’estrazione del carbone è all’origine d’importanti violazioni dei diritti umani e del deterioramento dell’ecosistema. La denuncia non è nuova: da diversi anni infatti Amnesty International e il Gruppo di lavoro Svizzera Colombia si battono affinché le materie prime tornino a essere una risorsa per le comunità locali.

«La situazione nel nord della Colombia è particolarmente difficile. Per anni è stata teatro di scontri tra la guerriglia, le forze paramilitari e l'esercito statale», spiega Alfredo Tovar, sindacalista e operaio in una miniera del dipartimento del César. «E a farne le spese è soprattutto la popolazione locale: intere famiglie sono state allontanate o sono scomparse nel nulla. Lavoratori, rappresentanti comunali e dirigenti sindacali sono stati messi a tacere, o uccisi».

Alfredo Tovar è venuto fino in Svizzera per chiedere giustizia. Rivendica assicurazioni sociali per tutti gli operai, norme di sicurezza nelle miniere e un indennizzo alla popolazione per i danni subiti. «L’impatto ambientale dell’estrazione del carbone è enorme: i fiumi vengono contaminati e con essi anche la terra e il bestiame. Ciò significa che quei contadini che vivevano di agricoltura e pesca, ora non hanno più nulla da mangiare. Inoltre, dalle miniere si sprigiona una nube di polvere nera che è all’origine di gravi problemi respiratori».

Multinazionale svizzera nel mirino

In Colombia l'estrazione delle materie prime è, di fatto, monopolio di una manciata di multinazionali, alcune delle quali hanno sede in Svizzera. Alfredo Tovar lavora da anni alla miniera La Jagua, di proprietà della Glencore International AG tramite la società colombiana Prodeco.

Poco conosciuta dal grande pubblico, la Glencore International AG ha la sede principale nel canton Zugo e negli ultimi anni ha realizzato il fatturato più elevato della Svizzera (117 miliardi di franchi nel 2009), superando giganti come la Nestlé o la Novartis. In Colombia controlla due miniere di carbone a cielo aperto nel dipartimento del César e ha un accesso privilegiato al porto di Santa Marta (Magdalena).

Accompagnato da rappresentanti delle ONG svizzere, per conto del sindacato colombiano Sintramienergetica, Alfredo Tovar ha bussato alla porta della Glencore International AG, senza però ottenere risposta. La multinazionale è accusata di promuovere una politica poco trasparente, ostile ai sindacati e nociva all’ambiente.

«Non possiamo negare che la Glencore abbia portato lavoro in Colombia, ma questo non le conferisce il potere di violare i diritti dei lavoratori, di ostacolare la libertà sindacale, minacciando o licenziando gli operai che osano alzare la testa», denuncia Alfredo Tovar.

Nei dipartimenti del César e della Magdalena si concentra gran parte della ricchezza del paese, ma spesso i villaggi sono lasciati senza acqua potabile, elettricità e servizi sanitari. «La manodopera arriva soprattutto da altre regioni del paese e i profitti se ne vanno all’estero… mentre qui resta solo contaminazione e povertà. Come dipendente della Glencore chiedo un indennizzo alla regione per i danni causati e per il carbone che portano via, e chiedo il rispetto degli accordi sindacali che hanno firmato con noi lavoratori».

Non solo miniere

La Glencore International AG è rimasta sorda di fronte all’appello di Alfredo Tovar e delle ONG svizzere. Anche ai microfoni di swissinfo, l’azienda non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Ha invece risposto con un comunicato stampa – firmato dalla società Prodeco – in cui afferma di avere un programma di responsabilità sociale e ambientale.

In sostanza, la multinazionale si presenta come il motore economico della regione: non solo ha messo a disposizione «oltre 5'000 impieghi (diretti o indiretti), di cui l’84% dei dipartimenti del César e della Magdalena)», ma ha anche cercato di «migliorare la qualità di vita delle comunità locali, attraverso la creazione di scuole e altre infrastrutture».

Alle accuse di violazione dei diritti sindacali, la società con sede a Zugo dice di agire «in conformità con le leggi colombiane che garantiscono libertà di associazione, vietano il lavoro forzato e assicurano condizioni di lavoro umane».

La Svizzera media, ma non interviene

La Glencore non è però nuova a questo tipo di denunce. Accusata di violazioni dei diritti umani e danni ambientali in diversi paesi in via di sviluppo, nel 2008 ha ricevuto il Public eye award di Davos, l’oscar della vergogna.

Di fronte alla gravità delle accuse, le ONG svizzere hanno chiesto a più riprese un intervento da parte delle autorità elvetiche. «La risposta è sempre la stessa», ci spiega Stephan Suhner dell’ONG Ask! (Gruppo di lavoro Svizzera-Colombia). «La Svizzera segue da vicino i dibattiti sull’industria estrattiva nei paesi del Sud, ma mantiene il massimo riserbo per non intromettersi in questioni di politica interna». Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) si limita così a «invitare le imprese ad attenersi ai principi volontari in materia di sicurezza e diritti umani», senza però intervenire.

Ai microfoni di swissinfo, il portavoce del DFAE Pierre-Alain Eltschinger ha precisato che «la Svizzera segue da vicino questo caso, in particolare per ciò che riguarda il rispetto dei diritti umani, ed è in contatto regolare con le imprese elvetiche coinvolte, la Glencore, i sindacati e le ONG colombiane». Inoltre, prosegue Eltschinger, «l'ambasciata svizzera in Colombia cerca di favorire il dialogo tra le multinazionali e le organizzazioni a difesa dei lavoratori» .

Alfredo Tovar è tornato in Colombia senza risposte. Ad attenderlo c'è una regione messa in ginocchio da anni di violenze e soprusi, la paura di ritorsioni e l'incertezza del domani. In Svizzera restano i profitti di un'attività ritenuta arbitraria e un monito che ha il sapore della lotta operaia: «L’acqua non è negoziabile. La vita non è negoziabile!».

Leggi tutto il post...

7 settembre 2010

Inquinamento industriale e malattie genetiche: l'indagine nel polo Augusta-Melilli-Priolo

...Il patrimonio genetico dei residenti sarebbe quindi attaccato da metalli pesanti, diossine e polveri finissime diffuse sull’atmosfera, responsabili dell’incremento di tumori, malattie croniche e malformazioni congenite...

...Sostituire le coltivazioni presenti con altre in grado di produrre, ad esempio, olio da impiegare nella produzione di biodiesel allontanando il pericolo di contaminazione di frutta e verdura causato dalle polveri emesse dai camini industriali. Vietare, inoltre, il pascolo, inoltre, per non alterare la catena alimentare e, parimenti, applicare un rigido controllo sul divieto di pesca dentro il porto...

"Augusta – Promossa da AugustAmbiente e Decontaminazione Sicilia una nuova indagine, condotta esaminando un campione di donne in età fertile, residenti all’interno del polo industriale Augusta-Melilli-Priolo, il cui esito ha ulteriormente confermato l’esistenza di una relazione causa/effetto tra l’inquinamento atmosferico e la diffusione di alcune malattie genetiche, la cui incidenza, in quest’area, raggiunge parametri completamente fuori controllo.

Lo studio dimostra l’esistenza di un fenomeno di intossicazione da metalli pesanti e da diossine, in parte determinato dalle “polveri sospese”, emesse dai camini industriali, e per l’altra parte dall’ingestione di sostanze nocive introdotte nella catena alimentare dal consumo di pesce catturato in tratti di mare inquinato.

Qual è la novità rispetto al passato, verrebbe da chiedersi? Il fatto nuovo consiste nell’aver messo a punto una terapia che consente di eliminare o comunque di ridurre la concentrazione di pericolosi minerali nel nostro organismo quali mercurio, piombo e alluminio e di aver elaborato una serie di proposte operative per prevenire l’intossicazione da diossine e organoclurati. Giacinto Franco, vicepresidente di AugustAmbiente, e Luigi Solarino, presidente di Decontaminazione Sicilia, hanno dettagliato l’esito della propria ricerca al ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, al presidente della regione, Raffaele Lombardo, agli assessori regionali all’ambiente, alla sanità, al presidente della provincia di Siracusa e ai sindaci dei comuni di Siracusa, Augusta, Priolo, Melilli, Floridia e Solarino.

Capelli e latte materno veicoli di sostanze tossiche. Da diverso tempo, infatti, numerose osservazioni condotte sulla popolazione residente all’interno del triangolo industriale hanno rilevato elevate percentuali di mercurio e diossine nel latte materno e nei capelli delle puerpere. L’inchiesta “Mare Rosso”, basata sulle perizie del dottor Madeddu, esperto dell’Asp di Siracusa, portò alla luce concentrazioni di mercurio nei capelli delle donne megaresi con una media di 1,45 mg/g e presenza nel latte materno di PCBs nel rapporto di 7,29 ng/ml e di HCB pari a 0,31 ng/ml. Valori che risultarono nettamente superiori a quelli misurati nella vicina Catania. Il superamento dei livelli di tolleranza stabiliti si riscontra, secondo gli studiosi, nel preoccupante fenomeno delle interruzioni di gravidanza che, nella città di Augusta, ha un tasso doppio rispetto al resto della provincia e quadruplo a livello nazionale. Per buona parte di essi, circa un terzo, le cause sono da attribuire a malformazioni del sistema nervoso centrale e questo dimostrerebbe la correlazione con la presenza di mercurio.

Il mercurio, principale agente inquinante. Accertati da studi promossi dall’università di Catania e dall’Icram, i metalli pesanti, presenti tra i fondali della rada di Augusta, diventano alimento dei pesci pescati illegalmente all’interno del porto, che vengono immessi nel mercato alimentare. In alcune specie ittiche, come ricciole, pagelli e palamiti, sono state notate alterazioni della colonna vertebrale, scoliosi, ispessimenti abnormi e strutture a Y, oltre a malformazioni di pinne e coda. Decisamente allarmante la presenza di mutazioni del Dna per il Coris Julis, comunemente noto come “donzella”, un pesce diffusissimo nei nostri mari e facilmente catturato con semplici canne o lenze. Alterazioni non presenti tra gli esemplari che vivono lungo le rimanenti coste siciliane.

Il patrimonio genetico dei residenti sarebbe quindi attaccato da metalli pesanti, diossine e polveri finissime diffuse sull’atmosfera, responsabili dell’incremento di tumori, malattie croniche e malformazioni congenite, registrate in aumento nell’area del petrolchimico.
Il latte materno sarebbe divenuto così il principale veicolo di sostanze tossiche inconsapevolmente trasmessi al feto durante la gravidanza.
Si teme, infatti, che gli effetti dell’intossicazione possano espandersi in maniera esponenziale poiché non sono ancora note le conseguenze riportate sugli organismi delle donne in età fertile che non hanno ancora procreato.

Il mineralogramma del capello. Il punto centrale dello studio è stato costituito dal "Mineral test" a cui sono state sottoposte alcune giovani per ricavare indicazioni utili a costruire una strategia terapeutica in grado di riportare le concentrazioni tossiche entro valori tollerabili. E’ stato così eseguito il mineralogramma del capello, una tecnica sperimentata negli Usa che si basa su un esame chimico affrontato mediante uno spettrofotometro ad emissione atomica. I campioni sono stati esaminati presso laboratori certificati ISO ed hanno permesso di ricostruire un quadro completo dello stato metabolico intracellulare analizzando contemporaneamente 39 elementi diversi, tra oligoelementi essenziali e metalli pesanti. La verifica è stata effettuata prendendo in esame 23 persone: 10 da Augusta, 5 da Priolo e 8 da Melilli.

Il test ha confermato valori fuori limite di mercurio, piombo e alluminio e alta incidenza di altri metalli pesanti come stronzio, antimonio, argento e cromo, oltre a presenze squilibrate di rame, fosforo, magnesio, zinco e ferro. E’ soprattutto la percentuale di mercurio ad attirare l’attenzione dei ricercatori avendo rilevato valori medi tra 0,14 e 0,16 mg/100g nei capelli degli augustani rispetto a un riferimento normale attestato su 0,01 mg/100g. Il motivo sarebbe da ricercare nell’alimentazione a base di pesce contaminato.

La cura con una capsula al giorno per riequilibrare l'organismo. Ricostruito lo scenario, gli specialisti hanno proceduto all’elaborazione di una terapia personalizzata costruita a misura di paziente. I volontari sono stati sottoposti alla sperimentazione di un ciclo di cure, della durata di 90 giorni, consistente nell’assunzione giornaliera di una capsula contenente vitamine e alcuni minerali carenti in dosaggio inferiore alla dose giornaliera raccomandata, ad esclusione della vitamina C prescritta a dosaggi superiori. Terminata la cura, sono seguiti tre mesi di interruzione prima di praticare un nuovo “Mineral test” di controllo. Ma i valori ancora elevati hanno suggerito di ampliare l’intervallo di attesa a 6 mesi. Quindi un nuovo esame che ha dimostrato una soddisfacente eliminazione del mercurio, riportato a 0,02 mg/100g, e una parziale eliminazione di piombo, alluminio e altri metalli pesanti. Inoltre, in alcuni pazienti che presentavano disturbi come cefalee, astenia, insonnia, irritabilità, eccesso di forfora, crampi, è stata osservata la scomparsa dei fenomeni o comunque il netto miglioramento rispetto al passato.

Terapie non invasive, capaci di produrre beneficio alla spesa sanitaria per la riduzione delle malattie. Il costo dell’esame mineralogico è di 120 € e per la terapia di 30 €, mentre l’acquisto dei farmaci è a totale carico del paziente.

La mancanza dei necessari fondi per sostenere la realizzazione di alcuni test non ha consentito, poi, di affrontare lo studio dello diossine e degli organo clorurati, nonostante l’alta diffusione di alcune patologie come i tumori alla tiroide, l’infertilità delle coppie e l’ipospadia.
Evitare quindi il consumo di pesce proveniente soprattutto dall’area portuale e assunzione di farmaci specifici per ripristinare le condizioni di equilibrio dell’organismo in maniera da offrire concrete garanzie di assoluta tranquillità alle donne che intendono programmare la maternità.

Combattere l'inquinamento da diossine. Sul piano della prevenzione dalle diossine, gli studiosi hanno suggerito una serie di iniziative quali l’attuazione di uno screening di massa a carico del servizio sanitario per valutare la presenza degli agenti inquinanti tra le popolazioni interessate; sostituire le coltivazioni presenti con altre in grado di produrre, ad esempio, olio da impiegare nella produzione di biodiesel allontanando il pericolo di contaminazione di frutta e verdura causato dalle polveri emesse dai camini industriali. Vietare, inoltre, il pascolo, inoltre, per non alterare la catena alimentare e, parimenti, applicare un rigido controllo sul divieto di pesca dentro il porto. Procedere alle bonifiche delle discariche abusive e non utilizzare i vecchi serbatoi a fondo unico che, a causa della corrosione, spargono il loro contenuto nel terreno. Lo studio si conclude con la richiesta di ammodernamento degli impianti affinché vengano dotati di sistemi di controllo continuo di ogni tipo di emissione fino alle polveri finissime, come già in uso in altre industrie dell’Italia settentrionale e d’Europa.

Fonte

Leggi tutto il post...

4 agosto 2010

Rossano calabro, il carbone minaccia il settore agricolo

Comunicato nocarbonerossano.org

"IL SOSPETTOSO SILENZIO DELLE CONFEDERAZIONI AGRICOLE CALABRESI SUL PROGETTO DI RICONVERSIONE A CARBONE DELLA CENTRALE ENEL DI ROSSANO: CHI DIFENDERA’ LA NOSTRA AGRICOLTURA DI ECCELLENZA DAL CARBONE?

Mentre ormai l’Italia si accinge a “chiudere per ferie” con il solleone d’agosto, sul tema della riconversione a carbone della centrale termoelettrica ENEL di Rossano non ci può permettere di andare in vacanza buttandosi tutto alle spalle: la Conferenza dei Servizi ha ormai aperto i battenti e si attende da parte del Ministero per l’Ambiente il pronunciamento circa la Valutazione d’Impatto Ambientale, tassello importantissimo per decidere sul futuro dell’impianto rossanese. Come se non bastasse, da sempre in Italia è proprio col favore della disattenzione dovuta alla “febbre delle vacanze” che spesso sono stati confezionati provvedimenti legislativi poi fortemente criticati e a volte addirittura rispediti al mittente.

In questo quadro continua l’attività di sensibilizzazione del CODIS³ (COMITATO PER LA DIFESA E LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLA SIBARITIDE) per allargare il fronte del NO al carbone, fronte sul quale è mancato, finora, un pronunciamento deciso e ufficiale da parte delle confederazioni agricole calabresi. In data 21 luglio scorso il nostro Comitato ha recapitato ai Presidenti regionali di CONFAGRICOLTURA CALABRIA (Dottor Nicola Cilento), COLDIRETTI CALABRIA (Dottor Pietro Santo Molinaro), CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI DELLA CALABRIA C.I.A. (Dottor Giuseppe Mangone), UNIONE COLTIVATORI ITALIANI U.C.I. CALABRIA (Dottor Salvatore Saccà) e CONFEDERAZIONE PRODUTTORI AGRICOLI CO.P.AGRI. CALABRIA (Dottor Carmelo Vazzana) una lunga missiva nella quale si denunciava la loro totale astensione dal dibattito sulla riconversione a carbone della centrale ENEL di Rossano. Mentre moltissimi operatori economici, liberi cittadini e tutte le istituzioni pubbliche del territorio si sono ormai mobilitati per esprimere il loro dissenso su un progetto che porterebbe gravissimi danni all’equilibrio economico e sociale della Piana di Sibari, sconvolgendone, per sempre, l’economia basata principalmente sull’agricoltura, sulla pesca e sul turismo ed arrecando altresì serie minacce alla salute dell’intera cittadinanza, nessuna delle confederazioni agricole suddette ha finora apertamente denunciato i pericoli insiti in un simile progetto. Meraviglia non poco che, ad oggi, le grandi organizzazioni agricole non abbiano messo al servizio della causa della difesa del tessuto agricolo del comprensorio della Sibaritide minacciato dall’arrivo del carbone, la loro riconosciuta forza organizzativa, morale e politica. In particolare è venuta meno la consapevolezza che la battaglia che si sta conducendo è per la difesa dello sviluppo del comparto agro alimentare e per assicurare un futuro alla legge regionale istitutiva del relativo Distretto Agroalimentare di Qualità di Sibari.

In modo particolare nella missiva ai Presidenti delle Confederazioni agricole calabresi abbiamo rilevato come non sia stata intrapresa alcuna azione informativa nei confronti delle migliaia di associati per metterli al corrente dei rischi derivanti dalla realizzazione di quel progetto. Oltre a questo, stupisce come non siano apparse sui media le doverose prese di posizioni sul tema della riconversione a carbone, se non con sporadici interventi e soprattutto ci si è chiesti come mai non si sia minimamente reagito contro le posizioni di quanti hanno dileggiato il ruolo dell’agricoltura nella Piana asserendo, tra l’altro, che i dipendenti agricoli sarebbero tutti sotto pagati e brutalmente sfruttati. Dura critica è stata espressa ai vertici delle Confederazioni agricole calabresi per il loro
silenzio circa gli effetti delle polveri ultrafini che ricadono al suolo e che nessun filtro ad oggi conosciuto, è in grado di trattenere; ma anche perché nessuna di queste confederazioni si è finora preoccupata di raccogliere tesi e pareri dal mondo agricolo nei luoghi d’Italia in cui vi sono già centrali elettriche a carbone (Vado Ligure, Cerano a Brindisi – Civitavecchia, ecc.) e dove, - lo sappiamo – non sono più commerciabili, verso la grande distribuzione, i prodotti agricoli coltivati nelle aree limitrofe, o anche solo vicine alle centrali stesse. Ciò è a conoscenza di tutti coloro che in quei luoghi ci sono andati e a quegli operatori agricoli e grossisti di prodotti agricoli si sono rivolti raccogliendone le preziose testimonianze. Proprio lì è andato anche il nostro Comitato, chiedendo lumi sulle ordinanze emesse da alcuni sindaci sul divieto della coltivazione di prodotti agricoli ad uso alimentare nelle zone vicine alle centrali a carbone.

Infine, il nostro Comitato ha espresso tutta la propria preoccupazione ai Presidenti delle Confederazioni agricole calabresi in merito il convegno promosso dalla Camera di Commercio in collaborazione con varie altre Organizzazioni che è in corso di organizzazione per il mese di settembre prossimo, incentrato proprio sul tema del carbone per la produzione elettrica e che la stessa ENEL pare aver sollecitato. Un convegno su questo tema può anche costituire una buona idea, purché il dibattito resti nell’ambito delle politiche economiche strategiche della Regione e del comparto della Sibaritide, già delineate negli strumenti di programmazione esistenti e che si possa giungere ad una sintesi circa l’incompatibilità del Progetto Enel di riconversione a carbone della Centrale di Rossano, con le scelte territoriali. Per quanto concerne invece l’impatto ambientale e socio sanitario, le molteplici pubblicazioni di carattere epidemiologico e più in generale ambientale ormai assai note sul tema e tutte negative, sono bastevoli a rimarcare la pericolosità dell’uso di questo combustibile fossile, senza che queste tesi debbano essere nuovamente ribadite in un convegno.

Questa nota stampa è per ricordare non soltanto alle Confederazioni Agricole e ai loro Presidenti, che siamo tuttora in attesa di una risposta alla nostra lettera che consegnamo unitamente a questo comunicato ai media, con l’obiettivo di conoscere direttamente con quali modalità e mezzi vorranno procedere ad assumere una posizione ufficiale in merito dalla pericolosità del carbone come combustibile per la produzione energetica, ma anche per sollecitare una presa di posizione da attuarsi senza indugi, nonostante l’imminente “chiusura per ferie” del nostro paese, perché ENEL – è inutile dirlo - non manderà i propri interessi in vacanza.


Per maggiori informazioni contattate CO.DI.S ³ :

Luigi Pisani - Vice Presidente CO.DI.S³ cel. 3474740892
Ing. Pierluigi Colletti – Segretario CO.DI.S³ cel 340 3763362

info@nocarbonerossano.org

Leggi tutto il post...

28 novembre 2008

"ALLA CORTE DI ENEL ASPETTANDO LE BRICIOLE. PRODI E NOMISMA, UNA MANO AL CARBONE CON TANTO DI STUDIO E PRESENTAZIONE AL GSE DI ROMA"

Che Nomisma, legata a Romano Prodi, noto per la difesa del carbone fatta da Presidente del Consiglio, potesse produrre un documento a sostegno delle popolazioni di Brindisi e Civitavecchia, nessuno se lo aspettava. Infatti un documento prodotto per un convegno tanto pubblicizzato, che si è svolto a Roma, parla la lingua dei carbonai. È sconvolgente invece che il GSE ( gestore dei servivi elettrici) si presti a regalare due iniziative pubblicitarie di sostegno ad Enel, in un momento critico per la centrale a carbone di Civitavecchia in pendenza di riesame dell’ AIA.

Presso la sede del GSE, e non sappiamo se addirittura con i soldi del GSE, Nomisma ha presentato uno studio degli impatti delle centrali a carbone sull'agricoltura. La prima iniziativa è l'anticipazione del documento allegata all'invito rivolto ai soliti noti che si PRODIgheranno per dare più eco possibile alla relazione Nomisma che appare vergognosa già prima di essere divulgata.E’ stato realizzato un diagramma che si trova a pag.2 della relazione.

L'insignificante rettangolo rosso dice per caso che cosa succede nella fascia 0-15 km intorno agli impianti? No! Però minimizza bene il problema spalmando il carico delle centrali elettriche su un indefinito “totale”. Grazie GSE!

Comitato Dei Cittadini Liberi Tarquinia

http://cittadiniliberi.blogspot.com/

Leggi tutto il post...

31 luglio 2008

"Lettera del Capo Indiano Seathl al presidente degli USA"

Ringraziamo di cuore Massimo Aprile (pastore battista, Civitavecchia) per averci inoltrato quanto segue."Talvolta c'è più verità in un' "eresia" che in tutte le cattedrali di santità."

[Dopo che il Governo degli Stati Uniti aveva espresso l'intenzione di
acquisire il territorio della Tribú Duwamish, nell'odierno Stato di
Washington, il Capo Indiano Seathl scrisse la seguente lettera al
Presidente nordamericano Franklin Pierce, nel 1855.]

Il Grande Capo di Washington ci informa che desidera comprare la nostra
terra. Il Grande Capo ci ha anche rassicurato circa la sua amicizia e
benevolenza nei nostri confronti. Questo é gentile da parte sua, perché noi
sappiamo che non necessita della nostra amicizia. Peró rifletteremo sulla
tua offerta, perché sappiamo che se non lo facciamo, l'uomo bianco verrá
con le armi e si prenderá la nostra terra. Il Grande Capo in Washington puó
confidare in quello che il Capo Seathl dice, con la stessa certezza con la
quale i nostri fratelli bianchi possono confidare nell'alternanza delle
stagioni durante gli anni. La mia parola é come le stelle, esse non
impallidiscono.

Come potete comprare o vendere il cielo, il calore della terra? Quest'idea
ci é estranea. Noi non siamo padroni della purezza dell'aria o dello
spendore dell'acqua. Come potete allora comprarli da noi? Decidiamo solo
sul nostro tempo. Questa terra é sacra per il mio popolo. Ogni foglia
rilucente, tutte le spiaggie di fine sabbia, ogni velo di nebbia nelle
foreste scure, ogni bagliore di luce e tutti gli insetti che vibrano sono
sacri nelle tradizioni e nella coscienza del mio popolo.

Sappiamo che l'uomo bianco non comprende il nostro modo di vita. Per lui,
una zolla di terra é uguale all'altra. Perché egli é un estraneo che viene
di notte e ruba dalla terra tutto quello di cui necessita. La terra non é
sua sorella, semmai sua amica, e dopo averla esaurita, lui va via.

Lascia dietro di sé la tomba di suo padre, senza rimorsi di coscienza. Ruba
la terra dei suoi figli. Non rispetta. Scorda la sepoltura dei suoi
antenati e il diritto dei propri figli. La sua sete di possesso impoverirá
la terra e lascerá dietro di sé i deserti. La vista delle tue cittá é un
tormento per gli occhi del pellerossa, un selvaggio che non capisce niente.

Non si puó incontrare la pace nelle cittá dell'uomo bianco. Né un luogo
dove si possa udire lo sbocciare delle foglie in primavera o il tintinnare
delle ali degli insetti. Forse per il fatto di essere un selvaggio che non
capisce niente, il fracasso delle cittá é per me un affronto alle orecchie.
E che specie di vita é quella in cui l'uomo non puó udire la voce del corvo
notturno o il dialogare dei rospi nella laguna, di notte?

Un indio preferisce il soave sussurro della brezza sullo specchio d'acqua
ed il proprio odore del vento, purificato dalla pioggia di meggiogiorno e
dall'aroma dei pini. L'aria é preziosa per il pellerossa. Perché tutti gli
esseri viventi respirano la stessa aria: animali, alberi, uomini. Non pare
che l'uomo bianco si interessi all'aria che respira. Come un moribondo egli
é insensibile al cattivo odore.

Se io mi decidessi ad accettare, imporrei una condizione: l'uomo bianco
deve trattare gli animali come se fossero suoi fratelli. Io sono un
selvaggio e non capisco che possa essere certo in un'altra forma. Ho visto
migliaia di bisonti imputridendo nelle praterie, abbandonati dall'uomo
bianco che li abbatteva con tiri di fucile sparati dai treni in corsa. Sono
un selvaggio e non capisco come un fumoso cavallo di ferro possa aver piú
valore di un bisonte che noi, gli indiani, uccidiamo solo per sostenere la
nostra propria vita.

Che cos'é l'uomo senza gli animali? Se tutti gli animali non esistessero
piú, gli uomini morirebbero di solitudine spirituale, perché tutto quello
che succede agli animali puó attingere anche gli uomini. Tutto si
relaziona. Tutto quello che ferisce la terra, ferisce anche i figli della
terra.

I nostri figli vedranno i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostri
guerrieri soccombono sotto il peso della vergogna. E dopo la sconfitta
passano il tempo in ozio, avvelenando il loro corpo con alimenti, dolci e
bevande ardenti. Non ha molta importanza dove passeremo i nostri ultimi
giorni: non sono molti. Alcune ore in piú, forse solo qualche inverno, e
nessuno dei figli delle grandi tribú che vissero in questa terra o che
hanno vagato in piccole bande nei boschi, resterá per piangere sulle tombe,
un popolo che un giorno fu tanto potente e pieno di fede in sé come il
nostro.

Una cosa sappiamo che l'uomo bianco forse un giorno scoprirá: il nostro Dio
é lo stesso Dio. Egli pensa forse che lo puó possedere alla stessa maniera
di come desidera possedere la nostra terra. Ma non puó. Egli é Dio
dell'umanitá intera. E vuol bene ugualmente al pellerossa come all'uomo
bianco. La terra é amata da Lui. E causare danno alla terra significa
dimostrare disprezzo al suo creatore. Anche l'uomo bianco scomparirá, forse
piú in fretta delle altre razze. Continua inquinando il tuo proprio letto e
morirai una notte, soffocato dai tuoi propri rifiuti! Dopo aver abbattuto
l'ultimo bisonte e domato tutti i cavalli selvaggi, quando i boschi
misteriosi puzzeranno di gente e le ripide colline si riempiranno di
vociferanti donne, cosa resterá delle savane? Non esisteranno piú. E le
aquile? Saranno andate via. Rimarrá solo di dire addio alla rondine della
torre e alla caccia della fine della vita e comincerá la lotta per
sopravvivere.

Forse capiremmo, se conoscessimo con che sogna l'uomo bianco, se sapessimo
quali speranze trasmette ai suoi figli nelle lunghe notti invernali, quali
prospettive di futuro offre alla sua mente perché possa formare i desideri
per il giorno di domani. Ma noi siamo selvaggi. I sogni dell'uomo bianco
sono occulti per noi. E siccome sono occulti, dobbiamo scegliere il nostro
cammino. Se acconsentissimo, sarebbe per garantire le riserve che ci
prometteste. Lá, forse, potremmo vivere i nostri ultimi giorni come noi
desideriamo.

Dopo che l'ultimo pellerossa sia partito ed il suo ricordo non sia piú che
l'ombra di una nuvola che passa sulle praterie, l'anima del mio popolo
continuerá a vivere in queste foreste e spiagge perché noi le amiamo come
un neonato ama il battito del cuore della sua mamma. Se ti venderemo la
nostra terra, amala come noi la amavamo. Proteggila come noi la
proteggiamo. Non ti scordare mai come era la terra quando ne prendesti
possesso. E con tutta la tua forza ed il tuo potere, e tutto il tuo cuore,
conservala per i tuoi figli. Una cosa sappiamo: il nostro Dio é lo stesso
Dio. Questa terra é amata da Lui. Neanche l'uomo bianco puó evitare il
nostro comune destino.

Leggi tutto il post...

17 luglio 2008

Cittadini liberi, Medici, Nocoke a Bruxelles.

Una nutrita delegazione di cittadini, in rappresentanza della società civile e del mondo produttivo di Tarquinia, Civitavecchia ed Alto Lazio, è giunta a Bruxelles, nella sede del Parlamento Europeo, dove ha incontrato numerosi Eurodeputati, di tutti gli schieramenti politici, ivi compresi quelli che sono al governo in Italia. I cittadini sono stati anche ricevuti

dal Presidente della Commissione Petizioni, Libickj e dal Segretario Generale David Lowe per essere ascoltati in merito alla rivendicazione di diritti fondamentali, tutelati dalle norme comunitarie e dalla Costituzione italiana. Al Presidente è stata consegnata la petizione sottoscritta da migliaia di cittadini del comprensorio inquinato dalle centrali termoelettriche di Civitavecchia e Montalto di Castro. Nella petizione si chiede di far luce sulle carte piene di lacune ed omissioni che hanno autorizzato l’apertura del cantiere della centrale a carbone di Civitavecchia.

Le popolazioni dell’alto Lazio hanno capito che la Valutazione d’Impatto Ambientale per TVN non è stata fatta nel loro interesse, come prescrivono le norme europee, ma solo per sbloccare un’operazione industriale che massimizza il profitto di Enel Spa senza tenere conto della salute dei cittadini e delle vere ricchezze della loro terra: agricoltura, ambiente e patrimonio culturale etrusco tutelato dall’UNESCO.

Molte di queste ricchezze ricadono nel territorio dell’ Università Agraria di Tarquinia che ha dato pieno mandato, per un totale sostegno ai cittadini, al Consigliere Giovanni Leoni presente a Bruxelles. La contrarietà alla riconversione a carbone della centrale di Civitavecchia Torre Valdaliga Nord, è basata su evidenze sanitarie che rendono qualunque ulteriore immissione di inquinanti non un rischio, bensì un pericolo da eliminare. I risultati del “lecito” inquinamento causato da decenni di servitù energetica, secondo quanto rilevato in numerosi e autorevoli studi, sono allarmanti e sotto gli occhi di tutti.

Lo studio dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale del Lazio (OER) rileva a Civitavecchia un incidenza di mortalità per tumori ai polmoni, bronchi e trachea superiore al 35% della media regionale. Lo stesso OER, rileva che Civitavecchia (comprensiva di alcuni comuni dello stesso territorio) é al secondo posto nel Lazio per mortalità per tumori e al primo per quella relativa ai tumori ai polmoni).

Nella petizione si chiede anche perché le decisioni strategiche, rispetto ai piani di riconversione energetica, non tengano conto dello stato di salute della popolazione residente. Utilizzando il software http://www.externe.info che la Commissione Europea mette a disposizione del pubblico, nel quale si possono immettere i dati relativi a NOx, SO2, PM 10 (le polveri PM 10 sono circa il 70 % di quelle totali, Guidelines for Air Quality, WHO, Geneva,) e CO2, si elabora la proiezione delle conseguenze sanitarie e di mortalità misurate con un parametro economico, a carico delle popolazioni che ospitano impianti come quello per cui i cittadini si sono appellati alla Commissione Europea.

Immettendo i dati ufficiali (certo non sovrastimati) della Valutazione di Impatto Ambientale per la riconversione a carbone di Civitavecchia e ipotizzando un periodo di funzionamento di 25 anni, ne risulta l'amaro conto di 200 milioni di euro che verranno spesi per accompagnare alla morte i futuri malati terminali e 100 milioni per chi sarà colpito da patologie meno gravi.


Comitato dei Cittadini Liberi
Movimento no-coke Alto Lazio
Coordinamento Nazionale dei Medici per la Salute e L’Ambiente

Leggi tutto il post...

"Capalbio. Convegno su AGRICOLTURA - AMBIENTE – TERRITORIO. Si parlerà anche delle centrali Enel dell'Alto Lazio"

Fonte: maremmaoggi.it
Nella giornata di sabato 19 luglio 2008, con inizio alle ore 9.30, a Capalbio Scalo, nella sala del Centro Civico, gentilmente messa a disposizione dal Comune di Capalbio, si terrà un convegno su AGRICOLTURA - AMBIENTE – TERRITORIO: QUALE PROSPETTIVA organizzato dalla Sezione Maremma Tuscia di Italia Nostra onlus.
Hanno assicurato la propria partecipazione:

Federico Scaramuzzi, Presidente dell’Accademia dei Georgofili;
Federico Vecchioni, Presidente della Confagricoltura;
Riccardo Conti, Assessore all’Urbanistica della Regione Toscana
Mauro Agnoletti, Università di Firenze, Facoltà di Agraria ;
Vezio De Lucia, Urbanista;
Leonardo Rombai, Ordinario di Geografia, Università di Firenze;
Giovanni Losavio, Presidente di Italia Nostra;
Maria Rita Signorini, Consigliere Nazionale di Italia Nostra

che, nella sessione del mattino, moderata da Nicola Caracciolo, discuteranno del rapporto fra tutela del paesaggio e difesa dell'agricoltura nel presente momento di crisi.

Alle ore 13 sarà offerto un buffet; i lavori proseguiranno, poi, nel pomeriggio, con interventi più concentrati sui problemi locali, quali le interferenze delle grandi opere previste sul territorio (autostrada Grosseto - Civitavecchia, espansione del polo energetico Civitavecchia - Montalto, aereoporto di Viterbo) con il modello di sviluppo basato sull'integrazione fra agricoltura di qualità e turismo sostenibile e la necessità di individuare le possibili strategie di difesa dell’attività delle aziende agricole, che caratterizza ampie zone del paesaggio della Maremma e della Tuscia, dalla pressione della speculazione edilizia.

Sono stati invitati i Presidenti e gli Assessori all'Agricoltura ed all’Urbanistica delle Regioni Lazio e Toscana e delle Province di Viterbo e Grosseto, i Sindaci dei Comuni maremmani, sia toscani che laziali, e i dirigenti delle varie Associazioni degli Agricoltori.

La partecipazione al Convegno è libera, e sarà particolarmente gradita la presenza degli agricoltori.

Leggi tutto il post...

1 luglio 2008

Il Consigliere Fortuna scrive a Marrazzo

"Centrale enel a carbone. Il consigliere Fortuna scrive al consiglio provinciale e bacchetta Marrazzo sulla scelta delle 'compensazioni." Fonte

All'attenzione del Consiglio Provinciale di Viterbo



e p.c. Al Presidente della Regione Lazio

On. Piero Marrazzo

Ai presidenti dei Gruppi Consiliari Regionali

Ai componenti la Giunta Regionale.

Al Sindaco di Viterbo, On. Giulio Marini



Marrazzo prometteva fuoco e fiamme contro il carbone a Civitavecchia, ma oggi -tre anni dopo la sua elezione- si avvia a firmare con ENEL l'accordo per le cosiddette 'compensazioni'.

Come se non bastasse invita una serie di sindaci fare lo stesso e a spartire una discreta quantità di soldi. Milioni di euro di cassa, convertibili in tutto ciò che questi primi cittadini ritengano utile a farsi rieleggere.

Porchette alle feste paesane, qualche marciapiede rifatto, qualche assunzione precaria in vista del voto, una fontana restaurata, oppure una rotatoria?

Si badi che a Tarquinia, ma anche altrove, una’ rotonda’ può arrivare a costare da sola una mezza milionata di euro, con ciò possiamo farci un'idea di come sia possibile finire in fretta persino 10 milioni.

Queste elargizioni, apparentemente ingenti, non possono compensare ovviamente le vite umane perdute, ma va tuttavia sottolineato che nemmeno si avvicinano a compensare i danni materiali che verranno prodotti dal carbone di TVN a discapito della collettività.

L'indotto di agricoltura e turismo nella Tuscia Litoranea si aggira attorno ai cento milioni di euro.

Il carbone ne determinerà un forte ridimensionamento, a cominciare dalle molte e pregiate coltivazioni alimentari, che verrebbero giocoforza rimpiazzate da coltivazioni 'no-food' ( 'no-cibo') per via degli inquinanti riversati sull'entroterra.

Per questa ragione, oltre che per la difesa della propria salute, le organizzazioni degli agricoltori si sono unite in blocco alla lotta degli altri cittadini contro il carbone a Civitavecchia.



La logica delle compensazioni

Anche se le elargizioni di ENEL vengono chiamate compensazioni, non mi pare che abbiamo a che fare con un meccanismo di (perversa) logica compensatoria del danno.

Non è la pretesa di 'compensare' morte e malattia con denaro, ma un calcolo più pratico che sottende le profferte ai comuni. Più che altro mi pare si tratti di iniettare liquidità nei bilanci di alcuni paesi, ciò dovrebbe facilitare i sindaci di ENEL a creare consenso elettorale intorno a sé.

Calcolo la cui validità è tutta da dimostrare, visto che in ballo c'è la salute della gente ed un movimento di presone forte e grande.

Fatto sta che di fronte a quei soldi, che per ENEL sono briciole, a molti viene subito l'acquolina in bocca.

Allo stesso modo il gigante elettrico sa chi conviene 'comprare' e quanto si può arrivare a pagare.

Leggendo la lista degli invitati al tavolo di Marrazzo saltano subito agli occhi due fatti, il primo è che sono davvero pochini, il secondo è che sono tutti sindaci di comuni che avevano palesato con un certo vigore la propria contrarietà al carbone. Come mai un invito non è pervenuto al primo cittadino di ogni comune interessato dall'impatto ambientale di TVN?

Ad esempio il sindaco di Monte Romano, come quasi tutti gli altri, non vedrà un euro, forse perché non c'è bisogno di comprarlo? Evidentemente, già di suo, non costituisce un problema e perciò ENEL non sente la necessità di intervenire su di lui in modo consistente?

Le compensazioni, ancorché sbagliate, dovrebbero seguire un principio (appunto) compensativo per il territorio, invece per ENEL sembrano essere una sorta di ricompensa per amministratori pubblici che cambiano fronte, figlioli prodigi ai quale sacrificare l'agnello più grasso.

Il fatto che non abbiano pensato di 'compensare' tutti i comuni, con le somme sino adora offerte ai soli invitati di Marrazzo, conferma che stanno per essere monetizzati proprio gli sforzi e i patimenti dei cittadini contro il carbone.

Scioperi della fame, presidi sull'Aurelia, manifestazioni e petizioni, nella testa di qualcuno hanno fatto il tempo loro, ora per i 'machiavelletti' locali è arrivato il momento di trasformare tutto ciò in moneta sonante.

Per capire meglio meglio la natura e l'intensità degli appetiti scatenati dai 30 denari di ENEL, può essere utile considerare i precedenti.



Precedenti...

L’ultima volta che ENEL ha concordato delle compensazioni, eravamo negli anni ‘90 e in Provincia di Viterbo si parlava di Parco Storico Archeologico Ambientale d'Europa.

Incredibile “volano di sviluppo”, “mirabile progetto” e giù di retorica e pubblicazioni varie, questo parco doveva proiettarci all'attenzione dell'Europa, fornendo un'offerta turistica e culturale di prim'ordine.

Tra la fine degli anni ’90 e il 2005 si sono mangiati, in senso lato, qualche miliardo di lire, mentre una mezza miliardata se la sono mangiata in senso stretto, nel senso che è passata per l'esofago di un mucchio di gente, ovvero si è trasformata nelle porchette di cui sopra, ma anche in tante e tante cene in buoni ristoranti di Viterbo e Provincia.

C’era da mangiare un po’ per tutti: politici, funzionari, ospiti di riguardo, ma anche associazioni sportive intere e quant’altro (in Provincia ci sono i mandati di pagamento a testimonianza di quanto dico). Se non si fosse capito, nel nord del Lazio le elezioni si vincono anche con le porchette.

C’erano poi congressi in giro per il Mondo, in posti splendidi ovviamente, ai quali davvero non si poteva mancare e ancora tante altre cose, che ahimè approfondiremo un'altra volta.

La fine di questo 'precedente', però, temo si sia già intuita: il Parco Storico Storico Archeologico Ambientale d'Europa chi l'ha visto?

Da 9 miliardi di lire, fatti degli 'storni' iniziali, si è passati a 5,4 miliardi, centinaia di milioni sono passati appunto per svariati condotti digerenti, mentre il grosso dei soldi sono stati usati per le finalità più disparate. Si sono fatte regalie squallide e anche qualcosa di sensato, ma in entrambe i casi, purtroppo, il criterio pare essere stato più che altro l'utilità alla carriera politica di questo o quello.

In ogni caso le misure attuate sono al 90% estranee a qualsiasi sensata definizione di 'parco' e quasi mai le spese sono state lontanamente attinenti alla valorizzazione dei beni culturali della Tuscia.

I 5 miliardi e mezzo sono serviti per lo più ad accontentare la platea di pretendenti, che normalmente 'attorniano' i vari assessorati, cioè quei soldi sono stati dispersi nei mille rivoli della politichetta locale.

Stessa fine mi pare plausibile che facciano queste nuove somme messe sul tavolo da ENEL, la grettezza dei nostri gruppi dirigenti è la stessa di cinque e dieci anni fa, stesse le regole del gioco, persino molte facce e molti nomi sono i medesimi: qualche dubbio ce lo possiamo far venire, no?

Certo, tra i sindaci c'è chi sa di inimicarsi un bel pezzo del proprio elettorato, ma evidentemente spera di 'comprare' la fiducia di altri grazie alle disponibilità di cassa fornite dalla società elettrica, che per un bilancio comunale sono notevoli.

ENEL ha oramai compreso che ogni tot anni, iniettando un po' di liquidità nelle casse degli enti locali del nord del Lazio, può creare una 'sua' stabile classe dirigente... 'sua' di ENEL, ma eletta da noi!



...postumi

In quegli anni ruggenti, mentre del mirabile parco si perdeva la traccia, accadeva anche che venissero immessi nell’atmosfera del Nord del Lazio quasi 100 milioni di tonnellate di inquinanti. Materiale che dalle ciminiere di TVN ricadeva al suolo diventando parte integrante del nostro habitat e dei nostri corpi.

Tolte quella percentuale di sostanze che possono essere ‘smaltite’ nei lenti cicli biologici, gli altri agenti sono ancora tutti in noi, nel suolo, nelle piante. Stanno dove ENEL li ha lasciati, in attesa di incontrarsi coi nostri tessuti e di coniugarsi con cellule ospitali, dando così origine ad un nuovo corpo all’interno del nostro: il tumore.

Come più volte denunciato dal movimento No-Coke, anche sulla stampa nazionale : “Secondo studi e ricerche comparative, analisi di dati già disponibili e monitoraggi a lungo termine effettuati da tecnici, Enti di Ricerca, Associazioni ambientaliste e dall'Osservatorio epidemiologico della Regione Lazio, l'utilizzo del carbone come combustibile comporterà un aggravio ambientale complessivo irreparabile rispetto ad una situazione decennale già intollerabile. Si avrà la movimentazione e l'emissione di enormi quantità di materiale pulverulento, fra cui le dannosissime micropolveri, cui è già sottoposto l'intero comprensorio fino a Roma o Civita Castellana. Solo il dato relativo a Civitavecchia e Tarquinia rende bene la gravità della situazione: le due cittadine vantano infatti il triste primato laziale per incidenza di tumori alla trachea, ai polmoni, al sistema linfatico ed ematopoietico, dove si rileva un costante aumento di leucemie e linfomi cui si aggiunge un'allarmante frequenza di disturbi asmatici e patologie respiratorie soprattutto in bambini e soggetti deboli.”

Siamo così diventati il polo di produzione energetica maggiore d’Europa.

Questo il lascito di 50 anni di servitù energetica del Lazio del nord, una eredità che va ad aggiunge il suo peso a alle medie nazionali di tumori e patologie varie, la cui incidenza viene data per fisiologica all’interno di un modo di produzione (e di consumo) strutturalmente sciagurato.

Come se non bastasse, al nostro territorio a questo punto mancava solo di dover sopportare il più sporco e (non a caso) redditizio combustibile in circolazione: il carbone.

Di fronte allo sfacelo palpabile del pianeta (compreso il nostro orticello), l'Italia prima sottoscrive il protocollo di Kyoto, poi torna all’ottocento, ai primordi dell’era industriale, quando i tumori nemmeno li diagnosticavano.

Si peggiora dunque il peggiorabile, ma volendo ovviare al problema, si paga un ufficio stampa per definire “pulito” il carbone.

Tutto ciò per ENEL costituisce un affare colossale che pagheremo noi, cittadini italiani, in termini di salute, di spesa sanitaria e di sanzioni per lo sforamento provocato dall'Italia (per conto di ENEL) al protocollo di Kyoto.

Per la precisione già sappiamo che circa 200 milioni di euro occorreranno per accompagnare alla morte i futuri terminali, 100 milioni per le altre patologie provocate dalle emissioni.

500 milioni di euro il popolo italiano li dovrà tirar fuori perché i nostri governi prima sottoscrivono accordi internazionali e poi, spinti da chissà quali nobili intenti, ignorano gli stessi e mandano tutti noi in mora ...e alcuni di noi all'altro mondo. Altro che compensazioni.

La fonte di tali numeri è direttamente l'UE (www.externe.info).

Non sappiamo se ci siano valori negoziabili, sappiamo però che ce ne sono di non negoziabili: primo tra tutti la permanenza in vita di ognuno di noi.

Stando ai valori contenuti nella VIA per la conversione a Carbone di TVN-Civitavecchia, andranno in fumo non meno di 800 milioni di euro nostri, senza contare i danni agli indotti dei settori economici tradizionali della Tuscia.

Risulta insultante per la sua banalità la risma di motivazioni a favore dell'accordo. Alcuni dei Sindaci interessati ai soldi di ENEL vanno in giro coperti da una foglia di fico, senza rendersi conto di aver lasciato nudo (e in vista) il loro lato peggiore.

Nel prendere atto che la centrale si farà, ma soprattutto nell' apporvi la propria firma, questi piccoli Von Clausewitz sono riusciti ad ottenere qualcosa che ci dicono essere molto importante!

Verranno istituiti dei 'tavoli' della salute. 'Tavoli' che verificheranno se ENEL rispetterà, o meno, i valori della Valutazione d'Impatto Ambientale. Perché? Nemmeno quelli vuole rispettare?

Con amaro sarcasmo potremmo dire che se ENEL fa un solo morto in più del previsto, questi signori sbruffoneggiano di chiudere immediatamente la centrale, magari con un ordinanza comunale...

Loro che non hanno nessuna competenza diretta, che non hanno soprattutto nessuna voglia di battersi ora che la centrale è ancora spenta, proprio 'loro' saranno quelli che arriveranno a fermare l'attività dell'impianto, appena il conto dei morti o dei danni ambientali non tornasse più...

Questo lo possiamo considerare uno scherzo cinico e di cattivo gusto, mi domando se qualcuno di questi signori, in caso di sforamento dei valori previsti (o di dissesto di bilancio?), avrebbe il coraggio di atteggiarsi di nuovo a Pater Patriae, magari chiamandoci tutti a raccolta come nelle passate campagne elettorali, per poi ripassare di nuovo, agilmente, dal tavolo della 'salute' a quello delle compensazioni.



Contro il silenzio

Risulterebbe patetico limitarsi alle considerazioni che riguardano sindaci e amministratori locali, che in fondo sono le ultime ruote del carro nella pratica di egemonia di ENEL o di altri capitali.

Il problema vero è che c'è un parlamento intero ad assentire al carbone di Civitavecchia e c'è un presidente di Regione, che invece di essere l'ultimo baluardo è disposto a fare da padrone di casa per la stipula delle compensazioni.

Berlusconi e la sua parte politica hanno avviato il progetto e lo rivendicano con fierezza, il centro-sinistra, come al solito più ambiguo, ha delegato a Bersani il triste lavoro di proseguire sulla strada del centro-destra. Si è rivelata assolutamente inefficace l'opposizione interna al Governo Prodi fatta dalla Sinistra.

Ricordiamo che i ministri della Salute e dell'Ambiente chiedevano ufficialmente la riapertura della VIA (col sostegno di un enorme schiera di parlamentari ed enti locali), ma da parte sua Bersani diceva 'no' e discorso chiuso: se non è debolezza questa...

Non ho personalmente gran rimpianto per il tracollo dei dirigenti della Sinistra l'Arcobaleno, ognuno va incontro al suo destino, ma è bene fermarsi a riflettere sul fatto che alla fine, nella casa del 'grande parlamento' sono rimasti solo i 'carbonari'... questo credo che aldilà di tutto sia preoccupante. I gruppi parlamentari per i cittadini del comprensorio purtroppo a questo punto sono tutti ostili.

Per questa ragione mi pare naturale bypassare totalmente le organizzazioni nazionali e rivolgermi alle singole persone che, pur ricoprendo incarichi istituzionali e di partito, hanno sempre palesato contrarietà al carbone, alla faccia della linea del PD o del PDL. Che si esprimano, almeno loro, sulla vergogna del tavolo delle compensazioni.

Invito i rapprentanti istituzionali (innanzitutto quelli menzionati in capo alle presenti pagine) a non rimanere in silenzio, ma ad esprimersi pubblicamente prima che si appongano le firme.

Auspico che la stipula degli accordi non avvenga affatto e penso che a tal fine sia utile che Marrazzo e i 'suoi' sindaci trovino sulla loro strada, non solo i cittadini, ma anche singoli appartenenti alle varie parti politiche, ovvero tutti quelli che fino a ieri hanno tuonato in difesa della salute e del lavoro.

Sulla firma delle convenzioni con ENEL potrebbe non essere chiamato ad esprimersi il Consiglio Regionale, mentre in ogni caso non lo sarebbe la Giunta, ma ciò non cambia di un punto il fatto che il Presidente della Regione, in queste ore, sta definendo le sue pesantissime scelte.

Marrazzo ha vinto le elezioni anche col voto dei contrari al carbone, il suo dietro-front è delegittimante per sé stesso e per la sua maggioranza, ancorché silente.

Inutile trincerarsi dietro ai limiti delle rispettive competenze e funzioni istituzionali: la gente formula un giudizio chiaro anche di chi non si espone, i 'prudenti' non si illudano del contrario.

Tacere è una responsabilità che spero non si assumano né i favorevoli, né i contrari alla riconversione a carbone di TVN.

Riccardo Fortuna

Consigliere alla Provincia di Viterbo

per il Partito della Rifondazione Comunista

Leggi tutto il post...

30 giugno 2008

Tarquinia: M. Tosoni riconsegna la delega all'ambiente al sottosindaco Mazzola

Tarquinia: il consigliere di maggioranza Marco Tosoni, a causa delle forti divergenze sulla questione "riconversione a carbone" della centrale Enel TVN, consegna la delega all’Ambiente e scrive al sindaco Mazzola.
Caro,Sindaco
dopo una lunghissima meditazione consegno nelle sue mani la delega all’Ambiente affidatami nel giugno 2007. Allora la ritenevo una grande gratificazione, per il mandato elettorale affidatami dai cittadini, ma soprattutto per il grande valore che rappresenta la difesa dell’ambiente come valore universale di rispetto per la propria terra,fonte di vita e di sostentamento economico.

Purtroppo non ho avuto modo ,in questi undici mesi di amministrazione, di lavorare liberamente sulla delega da lei affidatami. Troppo di frequente mi veniva rimproverato, di occuparmi soltanto, della centrale a carbone di Civitavecchia, quando ‘‘dice lei’’ ci sono ben altri temi di cui occuparsi,di uguale importanza. Purtroppo,sul tema: rispetto dell’ambiente e tutela del territorio, abbiamo delle idee molto diverse, e considerato che questa è la mia delega, avrei sempre le mani legate e non potrei mai dare il mio contributo, per una vera e propria battaglia,di una vera e propria tutela dell’ambiente e difesa del nostro territorio, del quale sono innamorato e per il quale, esigo il massimo rispetto,un territorio da sempre vocato,per un agricoltura e un turismo di qualità,un territorio che può darci tanto, basta saperlo valorizzare, e non farcelo sfruttare e deturpare, da chi non vede al di là, di quelle due torri a strisce bianche e rosse. Quando sono stato eletto, ho ricevuto una grande responsabilità, quella che non mi permetterà mai di accordarmi su nessuna cifra, perché la mia terra non ha prezzo.
Visti i problemi sopraelencati, vista la bocciatura,da parte di tutta la maggioranza,della mozione,da me presentata il 19 giugno,nel corso del consiglio comunale,avente all’ordine del giorno,la discussione del tema TVN centrale a carbone di Civitavecchia, ritengo sia doveroso da parte mia,prendere atto,che non ci sono più le basi, per continuare questo percorso amministrativo,insieme a questa maggioranzaRitengo altresì, importante precisare,che non ci sono i presupposti politici e di ideali, per condividere un percorso comune con l’attuale opposizione. Ritengo quindi,di poter definire la mia posizione,indipendente da ogni tipo di schieramento, con la funzione di portare avanti le istanze dei cittadini, affrontando ogni consiglio con responsabilità,votando a favore dei punti all’ordine del giorno che riterrò utili, e contro tutto ciò che riterrò inutile e sbagliato,per i cittadini e la città di Tarquinia.

Leggi tutto il post...

23 maggio 2008

Dichiarazioni di adesione alla manifestazione di sabato 24/05/2008

Seguono alcune dichiarazioni di adesione alla manifestazione

Il Comune di Tarquinia
– afferma l’amministrazione comunale - ha il dovere e la volontà di tutelare la nostra salute e il nostro ambiente. Per farlo, però, ha la necessità di seguire la via istituzionale che consenta alla città, per la prima volta, di esprimere la propria volontà sulle decisioni energetiche che coinvolgono il nostro territorio”.
“Da decenni, infatti - continua -, subiamo passivamente senza avere la possibilità di scegliere. Per tale motivo dobbiamo sedere con gli stessi diritti di Civitavecchia e Montalto di Castro al Tavolo della Salute e al Tavolo dell’Ambiente.
In questo modo potremo auto-determinarci e far rispettare i nostri diritti, cioè svolgere un monitoraggio costante e rigoroso. Inoltre, il Comune di Tarquinia non può essere oggetto di strumentalizzazioni e l’unica strada che può percorrere per avere voce, ribadisco, è quella della via istituzionale, ottenendo gli strumenti legislativi indispensabili per bloccare ogni tipo d’impianto che produca emissioni inquinanti”.
“Solamente così – conclude - avremo la possibilità di non fare sconti e di mantenere una posizione di assoluta intransigenza che salvaguardi la salute della popolazione e l’intergità del territorio.
Sabato 24 maggio saremo in piazza tra i cittadini che parteciperanno alla manifestazione, per esprimere il nostro dissenso a una scelta che il Comune di Tarquinia ha sempre definito sbagliata”.
--
Forza Italia
I Consiglieri Comunali di Forza Italia di Montalto di Castro, Consolata Piras e Marco La Monica parteciperanno sabato 24 maggio 2008 alla Manifestazione contro la riconversione a carbone della Centrale di Torvaldaliga Nord che si terrà a Tarquinia a partire dalle ore 9,00.
Aderiremo come gruppo politico, ma soprattutto in qualità di semplici cittadini e vorremmo farlo coinvolgendo tutte le persone che hanno a cuore la difesa della salute pubblica e la salvaguardia dell'ambiente e del nostro territorio.
Un invito a partecipare vorremmo rivolgerlo in modo particolare al Sindaco di Montalto di Castro, Carai, ed all'Amministrazione Comunale tutta, in modo tale da dissipare tutti i dubbi a riguardo la posizione poco chiara che hanno sempre assunto in merito a questo delicato argomento.
Vorremmo altresì che lo facessero anche per smentire le voci che insistentemente da un po' di tempo circolano nel nostro territorio riguardo ad una possibile intesa tra Comune di Montalto ed Enel per una futura riconversione a carbone della centrale che ospitiamo. Rabbrividiamo solo all'idea! Così, onde evitare equivoci e dubbi imbarazzanti saremmo ben felici della loro presenza alla Manifestazione di Tarquinia.
Ringraziamo sin d'ora tutti gli organizzatori di questo evento che tanto si sono prodigati in questi anni, in modo assolutamente pacifico, per divulgare e contrastare i pericoli e le sottili insidie che il "carbone pulito" comporta.
Forti e certi della massiccia partecipazione di sabato, confidiamo in una soluzione più vantaggiosa e più salutare rispetto a quella preoccupante che si sta prospettando a breve.
I Consiglieri Comunali
Consolata Piras
Marco La Monica
--
Confederazione COBAS
La Confederazione Cobas di Civitavecchia fa appello alle lavoratrici, ai lavoratori, al popolo inquinato di Civitavecchia, Tarquinia e gli altri comuni del comprensorio dei paesi dell'Alto Lazio, di lottare con ogni mezzo per impedire lo scempio dell'entrata in funzione della centrale a carbone di TVN.
Sabato 24 maggio ore 9 a Tarquinia (piazza Matteotti)
MANIFESTAZIONE CONTRO IL CARBONE
IL DANNO CHE VERRA':
DANNO PER L'ECONOMIA Se consideriamo i costi sociali della centrale a carbone, sono enormemente superiori ai profitti che andranno all'ENEL. I costi per la sanità dovuti all'aumento dei tumori e di patologie dell'apparato respiratorio, i costi dovuti ad un aumento esponenziale del traffico su gomma , i costi derivanti dai danni all'agricoltura, al turismo, al porto, all'industria di trasformazione, lo spopolamento della città, chi li pagherà?
DANNO PER L'OCCUPAZIONE I lavori di costruzione della centrale di Torre Valdaliga Nord hanno portato un'occupazione solo temporanea, subappaltata a piccole imprese che sfruttano il lavoro precario, facendo vittime tra i lavoratori per il mancato rispetto delle condizioni minime di sicurezza. A regime la centrale occuperà poche centinaia di lavoratori, ma quanti posti di lavoro andranno persi a Civitavecchia per il danno causato ad altri settori dell'economia locale (turismo, trasporti, agricoltura)? Grazie all'ENEL, che oggi crede di prenderci in giro con le sue menzogne sull'occupazione, Civitavecchia ha già patito la dismissione della Direzione Medio Tirreno, della Zona Distribuzione e il ridimensionamento del personale tecnico di TVS, TVN e Montalto.
DANNO PER LA POPOLAZIONE che risulterà ulteriormente danneggiata da carichi supplementari di nocività e inquinamento. Le patologie polmonari e tumorali aumenteranno a dismisura – e già oggi hanno una incidenza maggiore della media nazionale grazie all'inquinamento regalatoci dall'ENEL negli anni passati. I cittadini di Brindisi, dove è stata costruita una centrale analoga ci avvertono dei pericoli che si corrono… stiamoli a sentire!
DANNO PER L'AMBIENTE Mentre il mondo intero si affanna nella ricerca di nuovi modi di produrre energia da fonti rinnovabili, che non producano scorie ineliminabili, rischi per le popolazioni circostanti, e soprattutto non aggravino ulteriormente il problema del riscaldamento globale, in Italia si torna al Carbone – e alcuni cominciano addirittura a pensare al nucleare, immemori di Chernobyl. Il New York Times dedica un articolo a Civitavecchia proprio per denunciare questa strategia miope e suicida, che mette a rischio la sopravvivenza della stessa specie umana su questa terra nei prossimi decenni.
Siamo ancora in tempo per salvaguardare la nostra salute e quella delle future generazioni, e per impedire i danni provocati dalla centrale a carbone. La popolazione di Civitavecchia si è gia espressa in passato contro il carbone, ora è il momento ridimostrare all'ENEL che non può passare sopra la volontà dei cittadini!
CONFEDERAZIONE COBAS CIVITAVECCHIA
via Buonarroti, 188 Civitavecchia – tel. 076635935 – mail: cobas-civitavecchia@tiscali.it
sede nazionale: via Manzoni, 55 - Roma – tel. 0677591926 – 0670452452 – fax 0677206060 – mail: cobas@cobas.it
--
CIA - Confederazione Italiana Agricoltori
La Confederazione Italiana Agricoltori della provincia di Viterbo e la CIA di Tarquinia aderiscono alla manifestazione indetta per sabato 24 maggio contro la riconversione a carbone della centrale di Civitavecchia.
L'obbiettivo della nostra partecipazione alla manifestazione è la tutela della salute dei cittadini e la difesa degli interessi delle imprese agricole del territorio.
La CIA vuole difendere gli interessi della comunità e dei cittadini della maremma laziale; un territorio già impegnato con alte concentrazioni di servitù energetiche che rischia un'ulteriore pesante penalizzazione.
E' importante, in un momento così difficile per la comunità di Tarquinia, mantenere l'unità delle forze sociali economiche ed istituzionali. La CIA è impegnata con convinzione a perseguire tale obiettivo e lancia un appello a tutti per realizzare una convinta e forte unità.
Invitiamo tutti gli agricoltori e i cittadini e a partecipare numerosi e compatti sabato 24 maggio alle ore 9,00 in piazza Matteotti antistante il Comune.
--
Confesercenti della Provincia di Viterbo
"Non è possibile pensare al carbone in un territorio agricolo che fa dell'ambiente e della cultura il suo modello di sviluppo turistico".- fa sapere il Presidente della Confesercenti di Viterbo Vincenzo Peparello. Trasformare a carbone il più grande polo energetico d'Europa iniziando da Civitavecchia e pensando anche a Montalto di Castro, significa annullare irreversibilmente il processo di sviluppo del territorio della Tuscia viterbese, romana e della Maremma laziale. Modello di sviluppo che punta decisamente al grande patrimonio ambientale, agricolo, turistico e storico. "Senza dimenticare che le produzioni agroalimentari di qualità – riprende Peparello - sarebbero annientate (non solo commercialmente) dal carbone". Il tutto procurerebbe non solo un grave danno al settore della produzione agricola, ma anche al commercio. "Altro che carbone pulito come qualcuno vuole far credere. Basta vedere quello che accade in Italia, dove sono in funzione centrali a carbone, o all'estero, come in Germania, dove sul sito ufficiale dei locali comitati i cittadini, gli agricoltori, ed i commercianti maledicono il carbone per i gravissimi danni all'economia ed alla salute (www.bi-bigben.de). Per quanto riguarda la Tuscia "figuriamoci l'effetto negativo – sottolinea Peparello – sui riflessi specifici del turismo balneare e ambientale: chi verrebbe a fare il bagno sotto i fumi del carbone sporco?". "Come ne uscirebbe l'immagine del turismo culturale e archeologico di un'area UNESCO, patrimonio dell'Umanità ? In che modo potremo convincere quel 50% di turisti del mondo che mettono, nella scelta delle destinazioni, al primo posto la qualità della vita?. La Confesercenti della Provincia di Viterbo ha sempre espresso contrarietà alla riconversione a carbone della centrale di Civitavecchia, abbiamo scritto anche al precedente Ministro, Bersani, senza purtroppo ricevere risposta, ed ora scriveremo al nuovo.
Per questo territorio, i suoi abitanti e la sua economia agricola e turistica sarebbe giusta e doverosa la progressiva uscita dal termoelettrico, per iniziare un periodo di generale disintossicazione. Qui, invece, arriva il carbone!| Per questo invitiamo tutti, e non solo i commercianti, a partecipare in massa alla manifestazione che si terrà sabato prossimo, 24 maggio, con inizio alle ore 9, in Piazza Matteotti a Tarquinia, di fronte al Palazzo Comunale. Tutti insieme per dire No al carbone.

Leggi tutto il post...

20 maggio 2008

"La Coldiretti di Viterbo è preoccupata per la centrale a carbone di Civitavecchia"


In riferimento a quanto comparso sulla stampa locale sulla Centrale Enel Carbone di Civitavecchia, la Coldiretti di Viterbo vuol rappresentare la propria posizione di contrarietà al metodo concertativo non adottato con la realtà agricola del territorio, che è sfociato ad un conflitto tra le parti.

Aderendo alla manifestazione del 24 maggio, si terrà un Consiglio della locale Sezione per concordare con la nostra rappresentanza territoriale le misure reali da adottare.

Perché secondo gli indirizzi della politica agricola comune il settore agricolo è oggi chiamato a:
  • Tutelare e garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari
  • Salvaguardare il paesaggio
  • Preservare l’ambiente naturale e il benessere animale
  • Fornire un contributo fondamentale alla vita rurale
  • Contribuire alla mitigazione degli effetti negativi dei cambiamenti climatici
Questo sempre più per riaffermare il ruolo e l’importanza di una agricoltura multifunzionale.
Ecco quindi che la ricerca assume un ruolo fondamentale per porre in essere il nuovo modo di fare energia, garantendo una coerenza tra la scelta delle tecnologie del futuro e l’evoluzione del ruolo delle imprese agricole nell’ambito di una agricola sostenibile e innovativa.
Quanto espresso da diverse persone sulla posizione della coldiretti, in merito alla centrale, è una posizione prettamente personale.

Leggi tutto il post...

"Rappresentanti della Coldiretti e del Comune di Tarquinia in Germania. Considerazioni"

Riceviamo e pubblichiamo:
Molti Organi di informazione hanno pubblicato, in data 17/05/08, un servizio che esaltava gli impianti energetici tedeschi alimentati a carbone marrone (lignite).
Cerchiamo di comprendere se esistono finalità oscure e surrettizie dietro a questo scoop pseudoscientifico ponendoci alcuni interrogativi:

Chi ha organizzato (o sponsorizzato) il viaggio a favore di un gruppo di agricoltori dell’Alto Lazio nel cuore della verde Germania, cioè nella ridente cittadina di Niederaussem (Colonia)?
Perché tra i turisti – scienziati c’era anche il Vicesindaco di Tarquinia, forse accompagnato dalla signora Marina Migliorato “responsabile per l’Enel e per la Corporate social responsability”?
Perché e con quale autorità scientifica il Signor Giancarlo Orfini, della Coldiretti di Tarquinia, ci assicura e ci tranquillizza sulla innocuità della combustione di lignite (carbone marrone) riguardo alle coltivazioni di qualità (cereali, patate, barbabietola, fragole, asparagi, mirtilli, prodotti Dop)?
Perché il Vicesindaco di Tarquinia asserisce, senza titubanza alcuna, che “l’allarmismo di Tarquinia e Montalto è fuori luogo” ma subito dopo chiede (all’Enel e alle Istituzioni di garanzia) “un controllo serrato sul rispetto dei limiti di legge sulle emissioni”?
Perché il vicepresidente della Coldiretti di Viterbo chiede una “maggiore assunzione di responsabilità da parte dell’Enel nei confronti dei territori coinvolti”?
Noi, che dal 2000 seguiamo con interesse scientifico il tormentato iter autorizzativo della conversione a carbone di TVN, sappiamo con certezza che nella V.I.A. (che è parte integrante del Decreto Marzano) è scritto a chiare lettere:
1. Che nei territori coinvolti dalle ricadute degli inquinanti non è più possibile la coltivazione di prodotti agroalimentari (per l’inquinamento delle falde acquifere) per cui viene consigliata la coltivazione di fiori o di piante grasse (non fiori di zucca commestibili ma… crisantemi, macabro anticipo di riti funebri!);
2. Che i metalli pesanti commisti alle polveri più o meno fini entrano nel ciclo alimentare globale (agrumi, latte e derivati, carni e pesce) e compromettono tutta l’economia che ruota attorno a queste attività lavorative indispensabili alla vita delle nostre popolazioni;
3. Che i prodotti Doc e Dop subiranno un impatto micidiale fino a scomparire.
Che in Germania si coltivino prodotti Dop all’ombra delle maxi centrali a carbone marrone (lignite) ci sembra una notizia “fantascientifica” che vorremmo fosse confermata da fonti governative, anche europee e dall’OMS (che da anni tuona, inascoltata, contro i maxipoli energetici, comunque alimentati). Se ciò risultasse vero, avremmo la controprova che per l’industria tedesca “tutto fa brodo”… anche le eco balle partenopee che, a vagoni, vengono là spedite per essere incenerite, senza alcun rispetto né per il Trattato di Kyoto né per la salute dei cittadini tedeschi. Infatti: se l’incenerimento delle eco balle e del carbone marrone non provoca alcun danno alla salute e all’ambiente, perché i Governi italiani regalano ricchezza energetica alla Germania, perfino mettendoci un sovrapprezzo? Siamo davvero un popolo doppiamente autolesionista?
E, per concludere: come mai i tanto auspicati controlli sulle emissioni (prodotte dalle attività inquinanti del Porto, di Tirreno Power, dei cementifici, dei depositi costieri…. ) non vengono effettuati dall’ARPA e non vengono pretesi anche dal Vicesindaco di Tarquinia (e non solo da Lui)? Perché la tanto decantata “assunzione di responsabilità da parte dell’Enel” si estrinseca in una pioggia di compensazioni in danaro e non si trasforma in un programma di ricerca seria e lungimirante sulle fonti energetiche alternative?
La controinformazione Enel può far presa sulle coscienze addormentate o su chi gioca su più tavoli. Noi abbiamo una sensibilità etica “a prova d’inquinamento” e ubbidiamo ai dettami della scienza e all’imperativo del bene comune.

Il Coordinamento dei Medici e Farmacisti per la difesa dell’ambiente e della salute.

Leggi tutto il post...

21 aprile 2008

"Centrale a carbone di Civitavecchia: chi berrà il vino al carbone?"


Riceviamo e pubblichiamo:


Mia madre abita in uno dei comuni più belli d'Italia, Tarquinia. Città ricca di storia, sita a pochi metri dal mare e nella quale l'agricoltura fornisce prodotti di rara qualità. Uno di essi, il vino Tarquinia, coltivato lungo la fascia costiera, è tra i sei DOC del Viterbese presenti all'importante manifestazione internazionale Vinitaly che si svolge nella città di Verona.

Purtroppo questo vino è in pericolo, insieme agli altri prodotti agricoli della zona.

Chi vorrà acquistarli dopo che sarà attivata la centrale a carbone di Civitavecchia ?

Come insegna la tragedia che si è già consumata nei dintorni della città di Brindisi nella quale sorge una analoga centrale, bruciare carbone per creare energia non solo è criminale per le inevitabili conseguenze sulla salute umana, ma è anche deleterio dal punto di vista economico: turismo e agricoltura non sono assolutamente compatibili con questo combustibile fossile.

Non solo il carbone emette radioattività, ma la sua combustione produce nanoparticelle che producono danni irreparabili alla salute umana. Oltretutto, queste nanopaticelle sono eterne, ovvero, una volta immesse nell'ambiente non c'è modo di liberarsene (http://www.nanodiagnostics.it http://dipna.eu ).

Poiché la nocività della combustione del carbone è una realtà scientifica innegabile, è a mio parere, in malafede, chi difende questa tecnologia obsoleta come propellente per l'economia o come unica risorsa per la produzione energetica.

Perché l'isola di Ventotene, grazie ad un progetto della Regione Lazio, "potrà soddisfare le sue necessità energetiche usando soltanto energia pulita, prodotta in loco", come si apprende dalle pagine del Venerdì di Repubblica, mentre Tarquinia e le altre città limitrofe alla Centrale a carbone di Torre Valdanica Nord sono destinate al collasso economico e ambientale ?

E' dovere di noi cittadini combattere affinché ciò non accada, affinché anche i nostri figli possano vivere in un ambiente non contaminato dalle letali nanoparticelle e affinché possano anche loro, in futuro, gustare prodotti unici come il vino Tarquinia.

Elena Maria Scopelliti

Leggi tutto il post...

10 aprile 2008

10 aprile, Allumiere (Rm): proiezione del documentario sulla centrale a carbone di Brindisi

alitalia cll dalai lama tibet veltroni berlusconi elezioni 2008 olimpiadi diana


Comunicato:


Carbone, svegliamoci! E’ il titolo dell’incontro durante il quale i cittadini dell’alto Lazio, asserviti da più di 50 anni di servitù energetiche, sono invitati a vedere la verità raccontata in un film dossier sul carbone. Giovedì 10 Aprile ad Allumiere
.

Giovedì 10 Aprile alle 18.00, presso la SALA STEFANINI di Allumiere, verrà proiettato il documentario “verità” sul carbone, su come si vive vicino ad una centrale a carbone, quella di Brindisi. Il documentario è stato realizzato dalla produzione di Giovanni Leoni e organizzato dal movimento no coke Alto Lazio in collaborazione con il Comitato dei Cittadini Liberi. Il progetto iniziale del documentario era quello di portare a conoscenza di tutti quanto accaduto a Brindisi con la centrale a carbone e ciò che accade qui con l’inganno del “carbone pulito” di TVN. La similitudine con Brindisi è il filo conduttore del film, la storia infatti si ripete anche da noi. Brindisi prima della colonizzazione delle società elettriche era la zona agricola più generosa e famosa del Salento, nota per le colture mediterranee come carciofi, finocchi e meloni. Cosa è accaduto è evidente: nessuna istituzione si è occupata di verificare i danni che avrebbe procurato la combustione del carbone, delle ricadute sulla salute umana e sull’ambiente. Semplicemente la verità, raccontata da cittadini, da agricoltori derubati del proprio territorio, del proprio lavoro, per i profitti delle lobby che producono energia per venderla all’estero. Le testimonianze più forti, contenute nel racconto, sono a cura di medici ed oncologi dell’area Brindisina e del Presidente della Provincia di Brindisi che dà letteralmente lezioni di politica onesta agli amministratori del nostro comprensorio. Il messaggio finale che danno tutte le testimonianze è unanime “non fatela accendere, la centrale a carbone”, qui a Brindisi potete vedere le lacrime del popolo e della terra, fermatela, prima che sia troppo tardi”. Il documentario prossimamente verrà proposto anche a Civitavecchia, sollecitando alla visione il sindaco Moscherini, così affaccendato a firmare convenzioni con l’ente elettrico. Nell’Alto Lazio, si ripete la storia di Brindisi: sono tanti i sindaci che sono stati addomesticati dalle compensazioni e dai famigerati tavoli dello sviluppo, dopo Civitavecchia anche Tarquinia ed Allumiere, per non parlare poi di Montalto di Castro, tutti sindaci di città condannate alla povertà e alle alte percentuali di morte per tumore. Nel film ci sono molti messaggi per i nostri sindaci, quelli che per miopia bilaterale non vedono i danni irreversibili che procura la combustione del carbone su un territorio meraviglioso come il nostro, generoso di agricoltura e di risorse naturali.

La proiezione del film sarà introdotta dal Dott. Mauro Mocci, medico di base di Allumiere e portavoce dei medici del comprensorio, impegnati da sempre in difesa della salute e contro la riconversione a carbone di TVN.

Movimento no-coke Alto Lazio

Leggi tutto il post...