No al carbone Alto Lazio

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31 marzo 2011

Arsenico nell'acqua - il problema non si può ignorare

Da repubblica.it
"Arsenico, inchieste a Viterbo e Velletri

ROMA - Un fascicolo contro ignoti, relativo alla presenza di arsenico nell'acqua oltre i limiti consentiti, è stato aperto dalla Procura della Repubblica di Viterbo. L'inchiesta sarebbe scaturita dagli esposti presentati nei giorni scorsi da alcune associazioni di tutela dei consumatori e dai Verdi. Il pubblico ministero Massimiliano Siddi, titolare del procedimento, ha ascoltato per oltre due ore, come persona informata sui fatti, il sindaco di Viterbo Giulio Marini. Mentre accertamenti sono stati disposti anche dalla procura di Velletri dopo le denunce presentante dal Comitato per l’acqua pubblica dei Castelli, nei prossimi giorni saranno ascoltati i 33 sindaci del Viterbese nei cui acquedotti è stata rilevata una concentrazione d'arsenico oltre i 10 milligrammi/litro consentiti.

VITERBO, 9 I COMUNI «FUORILEGGE» - Tra questi, 24 sono rientrati nei limiti per decreto comunitario. Vale a dire grazie alla proroga fino a 20 milligrammi/ litro concessa giorni fa dalla Commissione Ue alla Regione Lazio. Nove, nei quali la concentrazione di arsenico supera i 21 milligrammi, con punte di 50-55, restano «fuorilegge». Si tratta di Capranica con 42, Carbognano con 30, Castel Sant’Elia, Civita Castellana che va da 19 a 49, Farnese con una media di 26, Ronciglione con un minimo di 28 a un massimo di 32, Sutri che, a seconda della zona, oscilla tra i 16 ai 40, Vetralla compresa tra i 20 e 48 e Villa San Giovanni in Tuscia con 22. Problemi anche a Viterbo nella frazione Carcarelle, dove è stato registrato un picco di 40 microgrammi per litro, Tobia e San Martino al Cimino (zona piazza Doria Pamphilji e strada Erodiano).

MARINI: « NECESSITA’ DI FONDI REGIONALI» - «Il pm mi ha chiesto chiarimenti circa i provvedimenti adottati dalla mia giunta – dice il sindaco di Viterbo Marini - con particolare riferimento alle iniziative mirate a sensibilizzare la cittadinanza sul problema arsenico». Il magistrato ha chiesto al primo cittadino notizie anche sui provvedimenti che intende adottare per risolvere definitivamente la questione. «Ho risposto - aggiunge - che l'obiettivo finale è l'installazione di dearsenificatori ai vari pozzi che alimentano i nostri acquedotti. Ma per raggiungerlo abbiamo bisogno di appositi finanziamenti dalla Regione Lazio». Altre domande hanno riguardato l'attuazione dei provvedimenti richiesti dalla Regione Lazio e lo stato dell'arte sull' installazione di fontanelle con acqua dearsenificata. «Ho ribadito - conclude Marini - che stiamo lavorando per allestirle nei tre punti del capoluogo in l'arsenico è fuori norma».

L’OPPOSIZIONE: « RIDURRE LE BOLLETTE» - Intanto in consiglio regionale è ancora polemica tra l’opposizione e l’assessore all’Ambiente Marco Mattei. Claudio Bucci (Idv) chiede la «riduzione delle bollette sinchè l’acqua non rientrerà nei valori previsti dalla legge» mentre Nando Bonessio (Verdi) osserva che «il problema è che i cittadini subiscono gli effetti dell'arsenico, che è bene ricordarlo si accumula nell'organismo, da molto prima dell'entrata in vigore della direttiva europea nel 2003. Siamo convinti che nonostante la deroga arrivata da Bruxelles l'emergenza non sia finita e sia necessario intervenire subito». Infine le accuse di Sel, per bocca del Guglielmo Abbondati, coordinatore regionale, e Claudio Pelagallo, dell'Assemblea nazionale: «La deroga Ue non cambia gli effetti sulla salute umana perchè l'acqua non si depura con le norme, ma con interventi di risanamento».

«IL CENTROSINISTRA CONSENTI’ ARSENICO A 50 MG/L» - Mattei però ribadisce che la «deroga rientra nei limiti, in accordo con le linee guida dell’Organizzazione mondiale per la sanità, per l'acqua potabile che può essere somministrata per brevi periodi in tutta sicurezza, evitando ovviamente l'utilizzo da parte dei soggetti a rischio e in particolare ai bambini sotto i tre anni”». L’assessore alla Sanità infine puntualizza polemico: «Non dimentichiamo che negli anni in cui Verdi e Sel avevano responsabilità di governo, con Marrazzo prima e Montino poi, è stata autorizzata l'erogazione di acqua potabile con concentrazione di arsenico a 50 milligrammi per litro e che persino la loro ultima richiesta di deroga alla Ue, che risale al 2009, si attestava su tale valore».

IL COMMISSARIO UE : «ITALIA INADEMPIENTE» - Secondo Janez Potocnik, il commissario Ue all’ambiente che l’ha firmata, la deroga «è stata valutata sulla base di dati scientifici dell'Organizzazione Mondiale della Sanità». Fino al 31 dicembre 2012, il limite massimo ammesso passa da 10 milligrammi/litro a 20 milligrammi/litro ma non sono concessi limiti superiori ai 20 milligrammi, «perchè - ha aggiunto Potocnik - potrebbero causare danni alla salute». Il Commissario ha poi sottolineato che ogni Stato membro deve fornire un rendiconto triennale relativo alla presenza di sostanze nell'acqua e per quanto riguarda l'esercizio 2005-2006, «l'Italia non ha ancora fornito la sua documentazione».

Alessandro Fulloni
30 marzo 2011(ultima modifica: 31 marzo 2011)

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12 marzo 2011

Può la politica non occuparsi della salute pubblica?

Comunicato da "Uniti per la Salute" ONLUS, Savona

"Lunedì 14 marzo la giunta Regionale deciderà la posizione della Regione Liguria per la Conferenza dei Servizi di Roma sul potenziamento a carbone della Centrale di Vado –Quiliano.
Invitiamo i cittadini e soprattutto chi ha la grande responsabilità di decidere per il futuro del territorio savonese a leggere o rileggere attentamente quanto segue e quindi a non sottovalutare o ignorare:

1) L’ordine dei Medici della provincia di Savona che in un documento del 3 dicembre 2010 dichiara “nelle aree interessate dalle ricadute delle emissioni della centrale si osservano elevati tassi standardizzati di mortalità, rispetto alla media regionale e nazionale sia per tutte le cause, che per malattie neoplastiche, cardio e cerebrovascolari”.

2)L’ IST che dichiara”Nella relazione presentata da Tireno Power vi sono gravi lacune metodologiche che mettono in discussione le tranquillizzanti conclusioni del documento. In sintesi: -errori ed omissioni nelle stime delle emissioni di polveri fini primarie e secondarie - sottostima delle emissioni di gas serra-sottovalutazione dei dati derivanti da studi su bioindicatori- errori metodologici sull’impatto sanitario

3)Il Ministero della Salute - Istituto Superiore di Sanità che in sede della conferenza dei servizi rimarca come i decreti rilasciati “non abbiano sufficiente evidenza della problematica relativa ai c.d. microinquinanti classici derivanti dalla combustione del carbone, tra cui PCB, i metalli pesanti, l’arsenico, ecc. ecc.. , … e “l’importanza di considerare il deposito al suolo di tali sostanze “

4) I Sindaci di Vado e Quiliano, che con una forte posizione a difesa della salute, nel documento del 25.01.2011 dichiarano come “ il Decreto di compatibilità ambientale del progetto non abbia sufficientemente valutato le implicazioni sulla salute e sui dati ambientali sensibili… chiedono che le gravi lacune presenti nell’attuale procedura di valutazione siano sviluppate in quanto tali approfondimenti si ritengono indispensabili per una corretta e appropriata valutazione degli impatti ambientali”, dichiarando come “fondamentale, condizionante e non prorogabile” sia un piano di monitoraggio ante operam sia una Valutazione di Impatto Sanitario. Queste pressanti richieste non possono essere poste come prescrizioni ma “azioni indispensabili e urgenti prima di ogni ulteriore determinazione”, puntualizzano i Sindaci.

Cosa direbbero poi ai cittadini gli amministratori regionali qualora assumessero decisioni in contrasto con queste autorevolissime posizioni a tutela della salute?

unitiperlasalute@libero.it
http//unitiperlasalute.blogspot.com

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2 gennaio 2011

"Maledetto chi specula sulla salute delle persone"

Riportiamo dal blog di B. Grillo: Tumori, il punto di non ritorno

"E' arrivato il punto di non ritorno, a fare ammazzare dall'inquinamento noi stessi e i nostri figli io non ci sto più. Si può fare qualcosa e da subito. Proibire tutti gli inceneritori sul suolo italiano. Eliminare la diffusione di sostanze cancerogene da parte delle aziende con nuove leggi e denunciando per procurata strage gli imprenditori che scaricano arsenico, cromo, benzene, toluene, etilbenzene e diossine nell'ambiente e i politici che lo permettono. Un dato della dottoressa Gentili è drammatico: in Italia i tumori aumentano del 3,2% all'anno nei primi dodici mesi di vita, la morte è trasmessa ai neonati dal corpo delle loro madri. L'avvelenamento dell'aria e dell'acqua è stato tollerato come se morire di tumore fosse la cosa più naturale del mondo, ma ora la musica deve cambiare. Maledetti coloro che speculano sulla salute delle persone per fini di lucro, per indifferenza o per un pugno di voti.
"Caro Beppe,
dopo aver letto il post del professor Domenighetti la tentazione di cominciare a prendere un pò di aspirina è forte: una riduzione del 20% del rischio di morire di cancro dopo solo cinque anni lascia stupefatti! C'è però un problema non secondario ed è che ancora una volta si va sulla strada della "riduzione del danno" e non sull'eliminazione delle cause, sulla strada della prevenzione primaria, della assoluta ed inderogabile necessità di ridurre l'esposizione delle popolazioni alle sostanze tossiche e cancerogene. Nei dati sottostanti ti riporto le tonnellate di inquinanti - di cui alcuni cancerogeni certi per l'uomo - emessi in Italia in un anno "a norma di legge", dai soli grandi impianti: tieni conto che si tratta di sostanze persistenti, bioaccumulabili e che anno dopo anno, generazione dopo generazione si accumulano nei nostri corpi e si trasmettono alle generazioni successive. Saprai dei limiti ampiamente derogati per l'arsenico nelle acque italiane, dello spostamento - grazie al Decreto Legge 155 del 13/08/10 - al 31 dicembre 2012 del divieto di superamento di un nanogrammo a metro cubo per il benzo(a)pirene [ e sempre a condizione che ciò non comporti costi spropositati per le aziende...], delle 150.000 tonnellate di pesticidi ogni anno utilizzati in agricoltura e che poi si ritrovano ampiamente nelle acque superficiali e profonde (vedi rapporto ISPRA "Monitoraggio nazionale dei pesticidi nelle acque", dati 2007-2008). Insomma, ben venga anche l'aspirina, ma non diamo l'illusione che sia la risoluzione dei problemi di salute e non dimentichiamo che non potremo certo dare l'aspirina ai nostri bambini, in particolare ai lattanti in cui, nel primo anno di vita (dati AIRTUM 2008), i tumori aumentano nel nostro Paese di ben il 3.2% ogni anno! Se non comprendiamo che il nostro sistema di vita e di sviluppo è insostenibile e non lo rallentiamo al più presto e ad ogni costo, con regole equamente distribuite e rispettate, ci comportiamo ancora una volta come scellerati predoni e se un'aspirina al giorno ridurrà il nostro personale rischio di cancro, non sarà purtroppo questa a migliorare lo stato di salute dei nostri figli e lo stato dell'ambiente in cui li costringiamo a vivere, o meglio, a sopravvivere."
Patrizia Gentilini, oncologa

ALCUNI INQUINANTI IMMESSI IN ARIA ED ACQUA IN ITALIA IN UN ANNO
Arsenico e composti: emissioni aria kg/a 1981,3, emis. in acqua 6035,3
Cadmio e composti: emissioni aria kg/a 825,5, emis. in acqua 2207,5
Cromo e composti: emissioni in aria kg/a 11063,5, emis, in acqua 128963,1
Nichel e composti: emissioni in aria kg/a37247,3, emis. in acqua 43365,8
Benzene, toluene, etilbenzene, xileni (BTEX): emissioni in aria kg/a 540499,6 (**), emis. in acqua 175067,8
Mercurio (Hg) e composti: emissioni in aria kg/a 2821,2, emis. in acqua1065,9
Piombo e composti: emissioni in aria kg/a 97063,6, emis. in acqua17903,5
Diossine (PCDD) + furani (PCDF): emissioni in aria g/a 103,0
(*)Nel 2005 (dal registro nazionale INES)
(**) solo benzene.

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28 dicembre 2010

Civitavecchia, Alto Lazio: bilancio di una situazione critica

Pubblichiamo l'articolo di S. Ricotti "Perchè non va alterato il sistema ambientale", dal numero di Dicembre 2010 della rivista FuturaMente.

Civitavecchia, poco più di 50.000 abitanti, 71 Km2 di territorio.

Due centrali termoelettriche (ma fino a pochi anni fa erano tre) per un totale di 3500 MW di potenza installata, 110 Km di elettrodotti, un porto tra i più grandi del Mediterraneo, un cementificio, una boa petrolifera posta al largo del porto, sei depositi costieri per oli minerali di cui quattro sottoposti a direttiva Seveso, un centro chimico militare per lo smaltimento delle armi chimiche della prima guerra mondiale (in particolare iprite) e al cui interno vi è lo stoccaggio dell’arsenico utilizzato per inertizzare quest’ultime; due discariche per RSU in fase di post mortem, una in fase di esaurimento, due discariche per rifiuti speciali e pericolosi ed infine, a pochi Km di distanza, la centrale di Montalto di Castro, in odore di riconversione nucleare.

Un territorio dove il mare non è balneabile, se non per piccoli tratti, l’acqua è in deroga per superamento dei parametri di arsenico, fluoruro, vanadio e selenio da oltre tre anni, dove le percentuali di mortalità e morbilità per neoplasie all’apparato respiratorio, per leucemie e linfomi e quant’altro sono al di sopra delle medie regionali e nazionali e dove, a fronte del ricatto occupazionale utilizzato per sponsorizzare questi impianti veleniferi, la disoccupazione supera il 20 %.

Sono sufficienti questi pochi dati per comprendere quali siano le conseguenze del vivere nel raggio di azione di una servitù energetica e, nel contempo, come questa comunità, succube del ricatto occupazionale e considerata variabile dipendente dei bilanci aziendali delle varie lobby agenti sul territorio, prima fra tutte l’ENEL, sia condannata a logorarsi al proprio interno.

Narrare di Civitavecchia significa narrare la storia di una colonizzazione lunga anni, la storia di un territorio artatamente e metodicamente preparato ad essere aggredito, privato della sua anima e del suo futuro, inquinato nelle coscienze prima ancora che nelle sue risorse naturali, significa narrare dell’inerzia, quando non subalternità, delle istituzioni, Comune in testa, ma anche dell’intero ceto politico del comprensorio, che ha consentito che ciò avvenisse, abbagliato dai milioni di euro per compensazioni ambientali riversati nelle casse dei comuni.

Come un leitmotiv si sente ripetere che la politica si deve misurare con la vita reale dei cittadini.

Ebbene le vite reali e materiali dei cittadini in questo territorio, come in tanti altri, costituiscono la concretezza di quelle percentuali di mortalità e morbilità per tumore bronchiale e pleurico, per asme ed allergie, per insufficienza renale cronica etc…, aspetti sui quali è palesemente e colpevolmente lacunosa la Valutazione di Impatto Ambientale come dichiarato dal Ministero dell’Ambiente e da quello della Salute.

Le vite materiali sono quelle dei lavoratori del cantiere, quasi tutti precari, che, dopo il becero ricatto occupazionale usato per far digerire il progetto, come hanno a più riprese denunciato i Sindacati, sono stati costretti a ritmi di lavoro serrati e ad operare nella sovrapposizione di operazioni lavorative di diverso genere, pagando con decine d’infortuni, come quelli che sono costati la vita a Michele Cozzolino, ad Ivan Cuffary e a Sergio Capitani, la totale latitanza dell’Enel che, in qualità di committente, avrebbe dovuto invece garantire l’andamento in sicurezza dei lavori.

Vite materiali su cui, la riconversione a carbone falsamente definito “pulito”, riverserà tonnellate di veleni: basti sapere che ogni ora la centrale emetterà 6.300.000 mc di emissioni, per 17 ore al giorno e 6500 ore l’anno, che significheranno l’immissione nell’atmosfera di 3450 t/a di ossidi di azoto, 2100 t/a di anidride solforosa, 260 t/a di polveri, 24 t/a di metalli pesanti quali mercurio, vanadio, nichel, cadmio, cromo, ammoniaca etc (dati ENEL).

Una riconversione, quella a carbone, che ha contrapposto lavoratori e popolazione contraria, ed ha costituto, negli anni scorsi, il nodo della grave lacerazione del tessuto sociale di Civitavecchia che si ritrova solo quando, unita nel dolore, quando piange i propri figli, morti sul lavoro o per neoplasie di vario tipo.

Un territorio che, però, rischia di rimanere rinchiuso nel suo dolore e nelle sue contraddizioni; di non trovare più l’orgoglio di pretendere rispetto nemmeno quando deve salvaguardare i propri figli, accettando silente che, ad esempio, dopo l’altisonante annuncio del sindaco Moscherini della chiusura per quindici giorni dell’impianto di Torrevaldaliga Nord, a seguito della infortunio costato la vita a Sergio Capitani, il cantiere venisse riaperto dopo poco più di 72 ore, tempo certo non sufficiente né a verificare a fondo, né tantomeno a ristabilire le condizioni di sicurezza.

Gli occhi dei lavoratori velati di lacrime al funerale di Sergio, offuscati da rabbia mista a rassegnazione, narravano della loro paura/certezza che tutto sarebbe tornato, come è tornato, a girare come prima, in quel cantiere della morte e che le loro vite sarebbero continuate ad essere, come lo sono, sacrificabili sull’altare della ricerca smodata di profitto.

Dubbi non certo infondati visto il silenzio assordante delle istituzioni, primo fra tutti proprio il Comune di Civitavecchia, sulle tante irregolarità rilevate in quella centrale.

Nulla sulle reiterate denunce dei sindacati e dei lavoratori che, a più riprese, e da svariato tempo, avevano espresso le proprie preoccupazioni riguardo la sicurezza, legate ai serrati ritmi lavorativi imposti e alla sovrapposizione di operazioni lavorative di diverso genere, oltre al non controllo di maestranze fortemente variabili e precarizzate, nella totale latitanza dell’Enel che, in qualità di committente, avrebbe dovuto garantire l’andamento in sicurezza del cantiere.

Nulla sulle inquietanti nubi, a volte rosse a volte bianche, che si alzano dalla centrale e che Enel, con arroganza offensiva, si affretta ad assicurare essere composta, a seconda dei casi, di ruggine o vapore acqueo e comunque confinata (sic!) nell’area di cantiere, come se, peraltro fosse normale che cittadini e lavoratori del cantiere siano costretti a respirare aria satura di ruggine!

Nulla sul rumore sordo e continuo che da tutte le parti della città stanno lamentando.

Nulla sui cumuli di rifiuti pericolosi accatastati e forse interrati in aree non autorizzate, né sulla gestione e stoccaggio delle ceneri a cielo aperto (ma che il progetto prevede debbano essere trattate in impianti sigillati e depressurizzati); fatti denunciati dal Movimento con video consegnatigli in forma anonima, che hanno condotto la Procura della Repubblica a sequestrare diverse aree del cantiere e a richiedere il rinvio a giudizio di ben undici persone.

Nulla sulle diverse deroghe ai limiti emissivi e alla gestione dei materiali pulverulenti richieste da ENEL al Ministero dell’ambiente; deroghe, che è bene specificarlo, non costituiscono solo un fatto teorico ma un’ulteriore immissione d’inquinanti nell’atmosfera con relative ricadute sulla salute.

Nulla sulla mancata ottemperanza di buona parte delle prescrizioni disposte dal decreto di Valutazione d’Impatto Ambientale.

Nulla, infine, sul fatto che l’impianto di Torrevaldaliga Nord sia in esercizio dal 24 dicembre 2008 in assenza di autorizzazione, motivo per il quale, a seguito della denuncia del Movimento, è stato avviato un procedimento che ha condotto il procuratore Capo Gianfranco Amendola a richiedere il sequestro dell’impianto successivamente rigettato dal Giudice per le Indagini Preliminari Giorgianni e che, dopo una prima richiesta di archiviazione ed una nostra opposizione alla stessa, è ancora in itinere.

Fatti che pongono in evidenza come la scelta del carbone a Civitavecchia, rappresenti l'eccellenza di scelte dissennate, irrispettose delle esigenze dei territori, dei cittadini che li abitano e della stessa legalità. Scelte antistoriche, il cui fallimento è immortalato nell’immagine di un pianeta sull’orlo del collasso ambientale ed energetico, incapaci, per loro stessa natura, di sostenere nuove strategie economiche che sappiano affrontare il nodo improcrastinabile della via d’uscita dalla produzione energetica da combustibili fossili.

Scelte che, al contrario, necessiterebbero di grande determinazione e forte radicalità politica, tale da superare le resistenze culturali di uno scientismo funzionale all'attuale sistema, i vincoli e i ritardi legislativi costruiti a difesa della filiera energetica da fonti fossili e la volontà tutta politica di garantire e perpetuare il modello di sviluppo.
Il vero partito del “No” non sono i territori che si contrappongono a scelte dissennate, ma il partito trasversale della “rinuncia”: la rinuncia a contrapporsi al pensiero dominante neoliberista e sviluppista, antidemocratico per definizione, vera causa della sofferenza di 4/5 dell’umanità e del processo galoppante di espulsione della nostra specie dal pianeta; quel partito che rinuncia a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e l’avvelenamento della terra per garantire una speranza di futuro.
A Civitavecchia come altrove.


Simona Ricotti

Movimento No Coke Alto Lazio



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22 dicembre 2010

L'allarme arsenico resta, nonostante le deroghe alla legge.

"Arsenico nell'acqua, arriva un commissario governativo da bigNotizie

CIVITAVECCHIA - Sarà un commissario straordinario che verrà nominato dal Governo a dirimere la intricata questione relativa ai nuovi limiti dell'arsenico nell'acqua imposti dalla Comunità europea, che ha fissato il valore massimo in 10 microgrammi per litro.

Il Consiglio dei Ministri ha infatti dichiarato lo stato di emergenza su sollecitazione della presidente della Regione Lazio, Renata Polverini per 20 Comuni della Regione. E tra questi anche se la lista ufficiale non è stata ancora pubblicata, ci sarebbe per il momento anche anche Civitavecchia.
Civitavecchia pur avendo infatti concentrazioni massime che non superano in alcune zone (quelle servite dal Medio Tirreno) i 12/13 microgrammi per litro(quindi valori molto vicini alla soglia imposta dalla Ue) paga lo scotto da far parte di una Regione che chiese una deroga fino a 50 microgrammi per far fronte ed esigenze come quelle del viterbese dove l'acqua registra alte percentuali di arsenico. Deroga che è stata respinta dall'Unione europea.

Ora il neo Commissario straordinario dovrà mettere in campo azioni immediate per la salvaguardia della salute pubblica. Prima di tutto si dovrà agire sulla dearsenificazione, realizzando condutture che misceleranno acque nei limiti della normativa europea con l'acqua non a norma, in modo da abbassare la presenza media in microgrammi dell'arsenico nei limiti consentiti dall'Europa.

"In città non è però il caso di allarmarsi – ribadisce Franco Grassi del consorzio Medio Tirreno – abbiamo infatti chiesto alla Regione di scorporare Civitavecchia dall'elenco, viste le basse concentrazioni di arsenico presenti in città. In ogni modo stiamo già mettendo in atto tutte le procedure per abbattere i valori (da tempo si sta studiando un sistema per la miscelazione delle acque del Medio Tirreno prevenienti dalla Tuscia con quelle dell'Acea e del Nuovo Mignone) e daremo comunque informazioni appena di saprà qualcosa di certo a livello regionale per i provvedimenti di prendere".
Si parla comunque della possibilità, in attesa che i parametri scendano alla soglia di 10 microgrammi per litro, di vietare l'acqua per usi alimentari a donne incinte e bimbi sotto i tre anni di età.

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24 novembre 2010

Arsenico e vecchi problemi

Da Centumcellae.it:
L’Ue: niente più proroghe all’arsenico nell’acqua. E il problema ora è anche di Civitavecchia
"Alla fine l’Unione europea ha detto no. Troppe le proroghe ai livelli di arsenico nell’acqua richieste dal Governo italiano che, di fronte all’ennesima istanza, ha dato stavolta il suo diniego. In alcuni territori del Paese, infatti, le proroghe ai livelli fissati dall’Europa, sono arrivate infatti a 50 microgrammi/litro, vale a dire un valore ben cinque volte superiore al consentito. Ma la UE non si è fermata qui: ha richiesto infatti all’Italia l’emissione di ordinanze che vietino la potabilità in questi territori. 128 comuni italiani quindi sono a rischio di vedersi chiudere i rubinetti, e di questi ben 91 sono nel Lazio.
“Nell’elenco di questi 91– denuncia il Movimento Difesa del Cittadino – compaiono purtroppo i comuni di Civitavecchia, Santa Marinella e Tolfa, con un totale dichiarato di 48.200 cittadini interessati nel comprensorio” Cosa succede ora? E’ presto per dirlo. “Fonti giornalistiche – prosegue l’Mdc – parlano di contatti frenetici in corso tra il ministero della Salute e gli assessorati all’Ambiente delle Regioni interessate, e sembra sia stato chiesto un pronunciamento all’Istituto superiore di sanità per stabilire le linee guida cui dovranno attenersi le autorità mentre la Regione avrebbe preparato una specie di vademecum che presto dovrebbe essere distribuito presso scuole, uffici pubblici, ospedali, aziende. Siamo ovviamente contenti che l’Europa abbia finalmente posto la parola fine ad un rischio per la salute che si trascinava da anni, ma non vorremmo che i comuni interessati si limitassero ad emettere ordinanze di non potabilità che, inevitabilmente, finirebbero per gravare sulle tasche dei cittadini, costretti a spendere per acquistare l’acqua da bere. Sulla vicenda della frequente non potabilità dell’acqua e dei costi per la collettività eravamo già intervenuti interessando il Garante del Servizio Idrico Integrato e denunciando specificatamente la situazione del Comune di Civitavecchia. Il Garante ci aveva risposto chiedendo all’amministrazione comunale una relazione sullo stato del servizio idrico e sui provvedimenti intrapresi, ma nessuna risposta ci risulta sia stata data in merito. Nei prossimi giorni, quindi, torneremo ad interessare tale autorità, augurandoci che stavolta il Comune di Civitavecchia risponda ai quesiti pendenti. Ci attiveremo nei prossimi giorni chiedendo incontri con i Sindaci dei Comuni interessati e seguiremo, senza clamore inutile, come nostra prassi, la vicenda, informando i cittadini di quanto verremo a conoscenza”.
Nel frattempo comunque il Movimento Difesa del Cittadino invita tutti a non cadere in facili allarmismi. “L’acqua che uscirà dai nostri rubinetti oggi – concludono – è uguale a quella che è uscita ieri. Il provvedimento dell’UE è una buona notizia per i nostri cittadini: preannuncia probabili disagi, ma impone che l’acqua che beviamo sia finalmente sicura per tutti. E difficilmente l’Unione Europea potrà essere ignorata”.

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17 ottobre 2010

Pasticcio ungherese in salsa d'arsenico


Galleria dell'orrore: clicca qui

Da Greenpeace.it
"Un'intera nazione è sotto lo scacco di una valanga di melma tossica. Oggi abbiamo pubblicato i dati sul livello di velenosità dei fanghi che lunedì scorso si sono riversati nelle strade, nei campi, nei fiumi dell'Ungheria. Un paese tinto di rosso, il colore di un mix micidiale, fatto di arsenico, cromo e mercurio.

Il 4 ottobre nell'impianto di lavorazione dell'alluminio della città di Ajka, nella parte occidentale dell'Ungheria, qualcosa non ha funzionato. Come un fiume in piena, tonnellate e tonnellate di fanghi tossici sono fuoriusciti dalla struttura, inondando presto tutta la zona. Il giorno successivo, nei pressi di Kolontar, abbiamo prelevato dei campioni di acqua e fango, e li abbiamo portati ad analizzare alla Austrian Federal Environment Agency di Vienna e al laboratorio Balint di Budapest.

Oggi i risultati delle analisi non fanno che accrescere l'allarme. La concentrazione di metalli pesanti riscontrata nei campioni prelevati è preoccupante. Basti pensare che il valore dell'arsenico disciolto in acqua (0.25 milligrammi per litro) supera di 25 volte il limite consentito per la potabilità. È appurato che questo metallo danneggi l'uomo, andando a colpire soprattutto il sistema nervoso.

Si stima che 50 tonnellate di arsenico siano state liberate nell'ambiente. Le conseguenze per gli ecosistemi acquatici, le falde e la salute pubblica potrebbero essere devastanti, anche sul lungo periodo. Anche il mercurio, che tende ad accumularsi nei pesci, facilmente può passare all'uomo attraverso la catena alimentare.

Dopo l'incidente avevamo effettuato subito dei rilievi, testando nell'immediato il PH dei fanghi. Anche in quel caso, l'esito dell'esame era stato molto negativo: PH 13, elevatissimo, indice di un alto livello di capacità corrosiva dei fanghi. Per ottenere uno studio più approfondito sarà necessario attendere ancora.

Denunciamo il tentativo di occultamento da parte del Governo ungherese: diamo per scontato che loro sappiano esattamente cosa c'è nel fango. Perché deve essere sempre Greenpeace a pubblicare dati sconcertanti e informare vittime e opinione pubblica sulla realtà dei fatti?

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29 settembre 2010

La dott.ssa Litta sulle emergenze ambientali e sanitarie della Tuscia

Da UnoNotizie.it
"La dottoressa Antonella Litta, medico di medicina generale e referente per Viterbo dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia) e' stata invitata a partecipare al Congresso nazionale della Società Italiana di Medicina Generale - Simg - che si svolgerà ad Arezzo dal primo al 2 ottobre 2010.
La dottoressa Litta interverrà sul tema: "Fattori di rischio ambientali emergenti: ruolo dei medici di medicina generale nelle istituzioni, nella professione e nelle ong per la tutela dell'ambiente e la promozione della salute".

Nella sua relazione la dottoressa Litta illustrerà le attuali criticità ambientali del territorio viterbese e i connessi rischi sanitari per la popolazione insieme al ruolo di prevenzione, informazione e denuncia dei danni ambientali che possono e debbono svolgere i medici di medicina generale.
Queste figure professionali, che come previsto dal Sistema sanitario nazionale operano diffusamente su tutto il territorio italiano, sono anche i primi interlocutori dei cittadini e possono interagire con le istituzioni sanitarie e amministrative, locali e nazionali, sollecitando scelte e programmi di difesa dell'ambiente e quindi della salute.
Un ruolo che spetta a tutti i medici e che e' stato riconosciuto come fondamentale anche dal nuovo codice di deontologia medica che all'art. 5 afferma: "I medici debbono considerare l'ambiente nel quale l'uomo vive e lavora come elemento determinante e fondamentale per la salute dei cittadini".



Di seguito una breve sintesi della relazione

Il territorio viterbese e' un' area di grande rilevanza per il suo prezioso patrimonio naturalistico, paesaggistico, artistico, storico e culturale. Questo territorio custodisce importantissimi siti archeologici noti in tutto il mondo ed e' ricco di paesaggi caratterizzati da vaste aree verdi, laghi e da un bel litorale marino che si estende fino alla Toscana. E' una terra che conserva numerosi preziosi monumenti etruschi, romani e medioevali, tra cui tratti dell'antica via Francigena una via di devozione percorsa dai pellegrini che da tutta Europa si recavano a Roma. Viterbo, il capoluogo della provincia, e' una bella città medievale, famosa anche per la pregiata area naturalistica e termale del Bulicame, un'area di particolare bellezza e fascino ricordata da Dante Alighieri nella Divina Commedia.

Questo territorio così particolare e suggestivo e' purtroppo sottoposto ad una vera e propria aggressione dal punto di vista ambientale e ciò genera le condizioni di un concreto pericolo per la salute della sua popolazione.
La qualità dell'aria e' infatti già compromessa dalla presenza del più grande polo energetico d' Europa, costituito dalle centrali di Civitavecchia e Montalto di Castro, alle quali ora si e' aggiunta la centrale riconvertita a carbone di Torre Valdaliga Nord.
I poteri criminali hanno sversato tonnellate di rifiuti tossici in cave e discariche abusive, non ancora bonificate.
Molti Comuni del viterbese, e particolarmente quelli più prossimi alla capitale, sono sottoposti ad ampie, violente, dissennate cementificazioni.
Il sottosuolo per le sue peculiari caratteristiche geologiche presenta una elevata radioattività dovuta al gas radon.

Le acque destinate a consumo umano, anche per le tipiche caratteristiche geologiche dell'area, presentano valori elevati di sostanze tossiche e cancerogene tra cui l'Arsenico (un cancerogeno di classe 1, secondo l'Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro - Iarc) e sono perlopiù dichiarate potabili solo in virtù di continue deroghe alle vigenti disposizioni di legge e senza alcuna considerazione degli obiettivi di qualità indicati a garanzia della salubrità delle acque dalla comunità scientifica internazionale.
Uno dei più importanti bacini lacustri viterbesi, il lago di Vico, che fornisce la maggior parte delle acque erogate negli acquedotti dei comuni di Caprarola e Ronciglione, presenta ormai da anni un documentato degrado del suo ecosistema: marcata riduzione dell'ossigeno disciolto nelle acque, eutrofizzazione con notevole incremento della biomassa algale, periodiche e consistenti fioriture del cianobatterio Plankthotrix rubescens, denominato comunemente "alga rossa", che produce una microcistina dannosa per la salute delle persone, per la flora e per la fauna, e classificata sempre dall'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro come elemento cancerogeno di classe 2b.

Le acque di questo lago, anche per la sua origine vulcanica, presentano inoltre elevati livelli di arsenico; elemento cancerogeno di classe 1, come già detto, e con azione di interferente endocrino.
Il territorio viterbese proprio per queste problematiche ambientali dovrebbe essere difeso e in alcune aree risanato, invece si preannunciano ulteriori minacce di danni ambientali: quella rappresentata dalla costruzione di una centrale nucleare a Montalto di Castro e quella, ventilata ormai da anni, della realizzazione di un mega-aeroporto per voli low cost nella città di Viterbo.
Non occorre ripetere qui le formidabili argomentazioni scientifiche per opporsi alla centrale nucleare: la popolazione di Montalto e del viterbese sono già state protagoniste negli anni '70 e '80 di una tenace ed infine vittoriosa opposizione al nucleare, culminata nel referendum del 1987.

Quanto al mega-aeroporto a Viterbo, se quest'ultimo dissennato progetto avesse seguito si devasterebbe irreversibilmente l'area termale viterbese e sarebbero compromesse irreparabilmente le attività' economiche legate all'agricoltura e alla zootecnia di qualità con il conseguente inquinamento della catena alimentare e l'incremento del rischio per la salute delle persone e in particolare per quella dei bambini. La realizzazione di questa infrastruttura, proprio a ridosso di popolosi quartieri di Viterbo, devasterebbe per sempre l'area del Bulicame, dell'orto botanico e delle terme, e imporrebbe ai cittadini di Viterbo un gravissimo inquinamento dell'aria, acustico ed elettromagnetico.

L'azione dei medici, e in particolare dei medici di medicina generale, può costituire - e in molti casi ha già costituito - un sicuro argine a questi progetti di devastazione ambientale, e rappresenta un'azione concreta tra le più importanti in materia di prevenzione primaria e tutela della salute che si esplica attraverso lo studio e la documentazione delle problematiche ambiente-salute e una corretta informazione dei propri pazienti e di tutti i cittadini.

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23 settembre 2010

L'Italia premia chi la avvelena

Riportiamo da TerraNews.it

IL CASO. L’Unione europea da tempo chiede agli Stati membri di adoperarsi per la tutela dei cittadini dalle emissioni inquinanti. Ma il nostro governo approva un decreto che rimanda i limiti e depotenzia le sanzioni.

Altro che qualità dell’aria, vivibilità e salute. Il governo, con il provvedimento sulla qualità dell’aria in sede di conversione di una direttiva europea, approvato il 13 agosto, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 settembre scorso, ha certificato ancora una volta da che parte sta: quella della logica economica a discapito del diritto alla salute. Ma vediamo come questa deregulation ecologica, grazie alla quale si potrà derogare dai limiti di emissioni di pericolose sostanze inquinanti, ha preso forma. Gli obiettivi della politica comunitaria sono fissati nell’art. 174 del Trattato sull’Unione (Trattato di Amsterdam) e riguardano difesa, tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente, protezione della salute umana, l’utilizzazione razionale delle risorse naturali.

Una posizione centrale nel Trattato è occupata dai Principi dell’azione preventiva e da quello di precauzione. Il primo impone che un’efficace azione di tutela ambientale consista nell’evitare di creare inquinamento, piuttosto che cercare di contenerne o rimuoverne gli effetti dopo. Il principio di precauzione, poi, consiste nell’intervenire anche in assenza di una piena certezza scientifica, e di prove atte a dimostrare l’esistenza di un nesso causale tra emissioni e degrado ambientale. Il corollario del Principio di Precauzione è il Principio A.L.A.R.A. (As Low As Reasonable Achievable), secondo cui l’esposizione agli effetti potenzialmente nocivi deve rimanere al livello più basso ragionevolmente ottenibile. Nel caso del nostro governo, sono stati elusi tutti e due.

Gli strumenti operativi per raggiungere le finalità fissate dal Trattato sono dati da: la Valutazione d’Impatto Ambientale (sui progetti), la Valutazione Ambientale Strategica (su Piani e Programmi), l’Autorizzazione Integrata Ambientale (sul processo industriale), i Piani di tutela e risanamento della qualità dell’aria e dell’acqua. L’Unione Europea, con la direttiva 50 del 2008 ha voluto fortemente garantire una migliore qualità dell’aria che respiriamo ogni giorno. Il governo italiano ha recepito la direttiva attraverso il decreto legislativo 155 del 13 agosto 2010, che definisce come valore obiettivo per alcuni inquinanti quel «livello fissato al fine di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana o per l’ambiente nel suo complesso, da conseguire, ove possibile, entro una data prestabilita».

Gli inquinanti considerati sono quelli che ogni giorno avvelenano le nostre città e, in misura minore, le nostre campagne: il biossido di zolfo (circa l’85% deriva da processi di combustione nelle centrali termoelettriche e negli impianti industriali), gli ossidi di azoto (prodotti per il 50% da autoveicoli e per il 40% da processi di combustione nelle centrali e negli impianti industriali). E ancora benzene, monossido di carbonio (prodotto in tutte le combustioni), piombo (impianti di incenerimento, centrali a carbone o ad olio combustibile), polveri sottili (pm 10 e pm 2,5), arsenico, cadmio, nichel e benzoapirene (che è cancerogeno). Tutte queste sostanze possono derogare dai limiti ai sensi dell’art 9 del decreto 155 se gli interventi di riduzione comportano «costi sproporzionati». E qui scatta la “trappola”: la generica formuletta «costi sproporzionati» comporterà, di fatto, l’inapplicazione dei limiti di emissione.

Gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e che non rientrano nei limiti di emissione anche utilizzando le migliori tecnologie disponibili (applicate, naturalmente, se i costi non sono sproporzionati) possono legalmente continuare nelle emissioni di inquinanti. Le norme a tutela dell’aria dall’inquinamento e quindi della salute risalgono al Dpr 203/1988 ed emanate 22 anni dopo la prima legge cosiddetta antismog (615/1966). Eppure, il corpus normativo è ampio e specifico: sono infatti intervenute varie direttive europee tra le quali la 62 del 1996, la 30 del 1999 (su ossidi di azoto, di zolfo, piombo e pm10), la 69 del 2000 (sul benzene) e la 107 (arsenico, cadmio, mercurio, nichel e idrocarburi policiclici aromatici, Ipa).

E' sufficiente una comparazione con il dato dell’Europa a 15 di alcuni pericolosi inquinanti, tra il 1990 e il 2007, (fonte: European Community emission inventary report 1990-2007) per valutare l’inesistente azione del legislatore italiano nell’azione di tutela dell’aria dall’inquinamento e quindi della tutela della salute. Diminuiscono in Europa le emissioni di cadmio (32%), mercurio (26%), arsenico (13%), Ipa (22%), diossine (60%). In Italia il cadmio diminuisce del 5% e aumentano mercurio (4%), arsenico (70%), cromo (37%), Ipa (26%) mentre le diossine diminuiscono del 25%. Ed ora sarà festa per chi avvelena il Belpaese.

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16 agosto 2010

Sulla centrale di Bastardo, in risposta a Bastioli

Comunicato stampa dal Comitato per l'Ambiente di Gualdo Cattaneo

"In risposta alle gravi affermazioni del capogruppo socialista alla Provincia Enrico Bastioli, il Comitato per l'Ambiente di Gualdo Cattaneo, associazione spontanea di cittadini che dal 1994 si occupa delle problematiche territoriali in materia di ambiente, intende puntualizzare quanto segue:

che la centrale di Bastardo non rappresenta più da almeno quindici anni una “infrastruttura fondamentale” per l'economia locale e men che meno regionale, dato che il territorio ha trovato nei settori emergenti dell'enogastronomia e del turismo la chiave di volta per uno sviluppo sostenibile e rispettoso delle sue autentiche vocazioni. La persistenza di un simile impianto, inoltre, rischia di danneggiare seriamente l'immagine del prodotto tipico locale, in primis Sagrantino DOCG ed Extravergine d'oliva DOP

che la centrale a carbone di Bastardo risulta fra le più inquinanti d'Europa, se si comparano i dati relativi ad altri impianti come ad esempio la centrale di Brindisi “Federico II”. Sarebbe stato sufficiente che Bastioli leggesse i dati ufficiali APAT del registro INES-EPER, liberamente consultabili da internet, per essere adeguatamente informato sulla realtà dei fatti. Inoltre non va dimenticato che ben due studi di biomonitoraggio ambientale commissionati dal Ministero per l'Ambiente, relativi alle annualità 2005 e 2006, hanno evidenziato concentrazioni di metalli pesanti (mercurio, cadmio, arsenico, vanadio, zinco etc.) nel territorio tali da indurre a considerare come “non buona” la qualità dell'ambiente a Gualdo Cattaneo e dintorni;

che la centrale di Bastardo è stata recentemente dichiarata “altamente inquinante” perfino da un autorevole rappresentante del Governo, per la precisione il Ministro Calderoli, il quale in un'intervista ad un quotidiano a diffusione nazionale rimarcava la necessità della sua dismissione;

che, nel 2010, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è una realtà consolidata al punto che l'eccellenza nell'innovazione tecnologica è rappresentata anche da autorevoli aziende radicate nei comuni limitrofi (vedasi Angelantoni).

    Tutto ciò premesso e considerato, riteniamo irresponsabile il voler a tutti i costi ancorare il territorio al medioevo industriale in nome di interessi corporativi che nulla hanno a che vedere con il reale sviluppo ed il benessere del comprensorio. La centrale toglie al nostro territorio molto più di quanto nono sia capace di dare, in termini di inquinamento, di dequalificazione e di arretratezza socio-economica che risulta lampante se si confrontano Gualdo Cattaneo e Giano dell'Umbria a Comuni quali Todi, Bevagna, Montefalco, Massa Martana e via dicendo.
    Per quanto riguarda l'operato del Comitato, ci dichiariamo pronti ad intervenire sottoponendo il problema ad ogni grado di giudizio, arrivando se necessario alla Corte Europea, qualora a qualcuno venisse in mente di tentare di bypassare i valori soglia delle emissioni in nome dell'ormai tristemente noto “ricatto occupazionale”.

    Enrico Cerquiglini, Raoul Mantini

    Presidente, Coordinatore del Comitato per l'Ambiente di Gualdo Cattaneo

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    9 luglio 2010

    Carbone e inquinamento delle falde acquifere

    Riceviamo e pubblichiamo:

    Ecco quello che il carbone della Federico II scarica nelle acque di Brindisi
    In una cosa i dirigenti di Arpa Puglia, al cospetto dei dirigenti Enel, sono stati chiari: le falde acquifere della provincia di brindisi sono «inquinate e compromesse al 90%». In pratica sono tossiche. Allo stesso tempo, però, la stessa agenzia regionale precisa che la causa non è da attribuirsi all'Enel, bensì è da ricercare nel petrolchimico e nelle industrie farmaceutiche del territorio.
    Anche in questo caso non mettiamo in dubbio la parola di nessuno, saranno i cittadini a giudicare, ci prendiamo semplicemente la briga di sottolineare quanto riportato dai dati degli autorevoli registri europei, di pubblico dominio, quali Registro Europeo delle Emissioni Inquinanti (EPER, fino al 2005) e Registro Europeo Emissioni e Trasferimenti di Sostanze Inquinanti (E-PRPT) istituito dal parlamento europeo nel 2006. Anche per le falde acquifere, facendo riferimento esclusivamente agli scarichi della centrale a carbone Federico II, le scoperte sono sorprendenti. Partiamo dai floruri, altamente tossici: Enel ne ha scaricato nel 2005 più di 6,5 tonnellate, mentre gli ultimi dati attestano 5,3 tonnellate: in qualche anno sono centinaia le tonnellate riversate dall'impianto a carbone. L'arsenico, vero e proprio veleno prodotto dalla combustione del carbone, dovrebbe essere scaricato per una quantità massima di 5 kg l'anno secondo gli organi europei: una quantità che comunque ha degli effetti pesanti sulla salubrità dell'acqua. Nel 2005 Enel ne ha versato 134,4 kg, mentre oggi ne versa circa 42,2 kg l'anno. Il mercurio ha degli effetti terrificanti: con una soglia massima di un chilo l'anno, nel 2005 ono stati versati 2,7 kg, ad oggi sappiamo che vengono scaricati 3,8 kg di mercurio l'anno. Ecco altri dati interessanti: Nichel, con una soglia massima di 20 kg, nel
    2005 ne sono stati versati 120 kg, gli ultimi dati riportano 75,7 kg l'anno; cadmio, nel 2005 15 kg versati, ad oggi 7 kg l'anno; Rame, con una soglia di 50 kg, viene riversato per quasi 80 kg l'anno; Zinco, con una soglia di 100 kg, viene riversato per 150 kg l'anno; quasi 40 kg di piombo l'anno; quasi 70 kg di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA). Stiamo parlando di sostanze altamente tossiche e cancerogene, le cui soglie massime stabilite definiscono comunque delle quantità pesantissime per la salute. Tali soglie vengono abbondantemente e costantemente superate da Enel ormai da decenni. Se il il petrolchimico è molto inquinante, la centrale a carbone di brindisi non ci sembra un miracolo sanitario, come sanno bene i reparti oncologici degli ospedali pugliesi. Le falde acquifere della sibaritide non saranno avvelenate dal carbone per il solo profitto di Enel e dei suoi faccendieri. Il carbone pulito non esiste, il futuro della nostra terra si.
    Flavio Stasi
    Forum Ambientalista Calabrese
    Coordinamento Nazionale Contro il Carbone

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    28 aprile 2010

    "Non daremo tregua all'Enel dell'amianto e degli infortuni"

    Pregevole articolo di Simona Ricotti su Liberazione. Riportato di seguito.

    "Civitavecchia, poco più di 50.000 abitanti, 71 Km2 di territorio.
    Due centrali termoelettriche (ma fino a pochi anni fa erano tre) per un totale di 3500 MW di potenza installata, 110 Km di elettrodotti, un porto tra i più grandi del Mediterraneo, un cementificio, una boa petrolifera posta al largo del porto, sei depositi costieri per oli minerali di cui quattro sottoposti a direttiva Seveso, un centro chimico militare per lo smaltimento delle armi chimiche della prima guerra mondiale ( in particolare iprite) e al cui interno vi è lo stoccaggio dell’arsenico utilizzato per inertizzare quest’ultime; due discariche per RSU in fase di post mortem, una in fase di esaurimento, due discariche per rifiuti speciali e pericolosi ed infine, a pochi Km di distanza, la centrale di Montalto di Castro, in odore di riconversione nucleare.
    Un territorio dove il mare non è balneabile, l’acqua è in deroga per superamento dei parametri di arsenico, fluoruro, vanadio e selenio da oltre tre anni, dove le percentuali di mortalità e morbilità per neoplasie all’apparato respiratorio, per leucemie e linfomi e quant’altro sono al di sopra delle medie regionali e nazionali e dove, a fronte del ricatto occupazionale utilizzato per sponsorizzare questi impianti veleniferi, la disoccupazione supera il 20 %.
    Sono sufficienti questi pochi dati per comprendere che il volto del conflitto su questo territorio è, nel contempo, quello della devastazione ambientale e della crisi occupazionale, di una comunità, condannata a logorarsi al proprio interno, considerata variabile dipendente dei bilanci aziendali delle varie lobby agenti sul territorio, prima fra tutte l’ENEL.
    Narrare dei conflitti a Civitavecchia significa narrare la storia di una colonizzazione lunga anni, la storia di un territorio artatamente e metodicamente preparato ad essere aggredito, privato della sua anima e del suo futuro, inquinato nelle coscienze prima ancora che nelle sue risorse naturali, significa narrare dell’inerzia, quando non subalternità, delle istituzioni, Comune in testa, ma anche dell’intero ceto politico del comprensorio, che ha consentito che ciò avvenisse, abbagliato dai milioni di euro per compensazioni ambientali riversati nelle casse dei comuni.
    Oggi Civitavecchia piange Sergio, come precedentemente ha pianto Michele ed Ivan, ma Civitavecchia rischia di diventare un territorio rinchiuso nel suo dolore e nelle sue contraddizioni e di non trovare più l’orgoglio di pretendere rispetto nemmeno quando deve salvaguardare i propri figli accettando silente che, dopo l’altisonante annuncio del sindaco Moscherini della chiusura per quindici giorni dell’impianto di Torrevaldaliga Nord, questo venisse riaperto dopo poco più di 72 ore dopo, tempo certo non sufficiente né a verificare a fondo, né tantomeno a ristabilire le condizioni di sicurezza.
    Gli occhi dei lavoratori velati di lacrime al funerale di Sergio, offuscati da rabbia mista a rassegnazione narravano della loro paura che tutto tornerà a girare come prima, in quel cantiere della morte, e che le loro vite continueranno ad essere sacrificabili sull’altare della ricerca smodata di profitto.
    Dubbi non certo infondati visto il silenzio assordante delle istituzioni, primo fra tutti il Comune di Civitavecchia, sulle tante irregolarità rilevate in quella centrale.
    Nulla sulle reiterate denunce dei sindacati e dei lavoratori che, a più riprese, e da svariato tempo, avevano espresso le proprie preoccupazioni riguardo la sicurezza, legate ai serrati ritmi lavorativi imposti e alla sovrapposizione di operazioni lavorative di diverso genere, oltre al non controllo di maestranze fortemente variabili e precarizzate, nella totale latitanza dell’Enel che, in qualità di committente, avrebbe dovuto garantire l’andamento in sicurezza del cantiere.
    Nulla sulle inquietanti nubi, a volte rosse a volte bianche , che si alzano dalla centrale e che Enel, con arroganza offensiva, si affretta ad assicurare essere composta, a seconda dei casi, di ruggine o vapore acqueo e comunque confinata (sic!) nell’area di cantiere, come se, peraltro fosse normale che cittadini e lavoratori del cantiere siano costretti a respirare aria satura di ruggine!
    Nulla sul rumore sordo e continuo che da tutte le parti della città stanno lamentando.
    Nulla sui rifiuti pericolosi accatastati all’aria aperta e sulla gestione ed accatastamento delle ceneri a cielo aperto (ma che il progetto prevede debbano essere trattate in impianti sigillati e depressurizzati) denunciate dal Movimento con video girati dai lavoratori e consegnati anonimamente allo stesso, che hanno condotto la Procura della Repubblica a sequestrare diverse aree del cantiere.
    Nulla sulle diverse deroghe ai limiti emissivi e alla gestione dei materiali pulverulenti richieste da ENEL al Ministero dell’ambiente; deroghe, che è bene specificarlo, non costituiscono solo un fatto nominale ma una ulteriore immissione di inquinanti nell’atmosfera con relative ricadute sulla salute.
    Nulla, infine, sul fatto che l’impianto di Torrevaldaliga Nord sia in esercizio in assenza di autorizzazione, motivo per il quale, a seguito della denuncia del Movimento, è stato avviato un procedimento che ha condotto il procuratore Capo Gianfranco Amendola a richiedere il sequestro dell’impianto successivamente rigettato dal Giudice per le Indagini Preliminari Giorgianni e che, dopo una prima richiesta di archiviazione ed una nostra opposizione alla stessa, è ancora in itinere.
    Oggi, nel piangere Sergio, tutto il territorio sì è trovato unito nel dolore, superando quella contrapposizione tra lavoratori e popolazione contraria alla riconversione a carbone che ha costituito il nodo della lacerazione del tessuto sociale cittadino negli anni scorsi, e non permetteremo che la storia, grazie alla miopia dei sindacati, si ripeta con la vicenda del IV gruppo della centrale di Torrevaldaliga Sud, limitrofa a quella a carbone di Torrevaldaliga nord.
    Un gruppo obsoleto di 320 Mw, zeppo di amianto, la cui tecnologia risale al 1973, attiguo a due gruppi turbogas da 1200 Mw, e che Tirreno Power, che ne è proprietario, vorrebbe in prima istanza trasformare da “riserva fredda” a “ciclo continuo” e successivamente, come dimostrano le ricerche di mercato effettuate dal gestore, riconvertire a carbone e di cui il Movimento No Coke, stranamente coadiuvato dal Comune di Civitavecchia, ha richiesto ed ottenuto, anche se per ora solo in conferenza dei servizi, la dismissione.
    Una nuova battaglia, quindi, che si affianca a quella contro il carbone a Torrevaldaliga Nord che certo non abbandoneremo nemmeno quando l’impianto andrà totalmente a regime perché, è bene ricordarlo, ogni ora in meno di funzionamento di quella centrale corrisponde a 6.300.000 (seimilionitrecentomila) mc di emissioni in meno immessi nell’atmosfera.
    La lotta del movimento No Coke, e più in generale quella delle popolazioni dell’Alto Lazio, è una lotta di legittima difesa: difesa della salute e dell’ambiente, del futuro dei nostri figli e dell’economia dei nostri territori, delle condizioni di lavoro dei nostri figli/fratelli/mariti che in quel maledetto cantiere lavorano, difesa della vita.
    All’Enel dell’amianto, degli appalti al massimo ribasso, dei cantieri dove insistono decine di contratti diversi nella quasi totalità caratterizzati dal massimo della precarietà e della flessibilità, all’Enel degli infortuni negati o considerati “accidentalità assoluta” e alla classe politica , sua degna “promoter”, non daremo tregua.
    Non vogliamo ma, soprattutto, non possiamo.

    Simona Ricotti
    Movimento No Coke Alto Lazio

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    26 aprile 2010

    Inquinamento dell'acqua a Civitavecchia: in attesa di risposte da chi dovrebbe tutelarci

    Comunicato del Coordinamento dei Medici e dei Farmacisti

    "Oggi apprendiamo con preoccupazione dagli organi di informazione nazionali che per nove anni alcune regioni italiane hanno agito in deroga alle norme di Bruxelles e fra queste anche il Lazio, permettendo l’utilizzazione di acque ai fini potabili con alte concentrazioni (fino a cinque volte i valori consentiti) di arsenico, bromo e fluoro. L’allarme è stato lanciato dal comitato scientifico incaricato dalla Commissione Ue di dare un parere sulle acque potabili italiane. Noi chiediamo al nostro Primo Cittadino, massima Autorità Sanitaria locale, se sia ancora in vigore, perché prorogato, il Decreto congiunto dei Ministri della Salute e dell’Ambiente (D.M. del 04/10/2007, in G.U. 06/11/2007) che, invece di interdire la captazione e la distribuzione delle acque del fiume Mignone (inquinate dagli scarichi fognari, mal depurati, di quattro Comuni: Vejano, Oriolo, Montevirginio e Canale Monterano), concede al Comune di Civitavecchia la facoltà di erogare acqua contenente un surplus di trialometani fino a 80 microgrammi per litro. Se cosi fosse, nella nostra città avremmo una situazione paradossale perché, agli effetti deleteri dell’arsenico, del bromo e del fluoro, si sommerebbero quelli dei trialometani nella assoluta indifferenza delle autorità preposte a vigilare sullo stato della nostra salute.

    Sappiano i nostri distratti concittadini che i trialometani sono sostanze tossiche per tutti gli organi vitali e che sono stati dimostrati la loro patogenicità cancerosa ed altri effetti tossici che interferiscono in modo particolare sulla salute dei neonati, dei bambini e delle gestanti.

    Pretendere che “per Decreto” le leggi di Natura e le certezze scientifiche si possano modificare ad libitum è un delitto contro l’intelligenza, oltre che contro ogni elementare principio di uno Stato di diritto quale ci illudiamo che sia la Repubblica Italiana. Per cui noi ci aspetteremmo che il nostro Primo Cittadino (che è la più alta carica di garanzia d’una corretta gestione della salute pubblica), si opponesse a tale ferita inferta alla pacifica convivenza dei propri amministrati, riportando i valori massimi consentiti delle sostanze inquinanti a quelli suggeriti dalla Comunità Europea, anche se il decreto sui trialometani dovesse rimanere ancora in vigore. Questo intervento di adeguamento alle normative europee è, per noi cittadini di questo comprensorio, di vitale importanza viste le innumerevoli fonti inquinanti cui siamo da decenni soggetti."

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    11 luglio 2009

    TVN: la centrale è FUORILEGGE. Si fermerà la centrale o si cambierà la legge?



    da TrcGiornale.it/news

    "Aia Tvn, il 15 conferenza dei servizi. Nel mirino i monossidi d'azoto"

    È fissata per il prossimo 15 luglio alle ore 15 a Roma, presso la Sala Europa del Ministero dell'Ambiente, una nuova seduta della conferenza dei servizi per il riesame dell'autorizzazione unica della centrale a carbone di Torre Valdaliga Nord, limitatamente gli aspetti dell'autorizzazione integrata ambientale.


    All'incontro, ovviamente, è convocato anche il comune di Civitavecchia che, viste le numerose assenze del passato, pare non sia particolarmente interessato all'argomento.
    In realtà vale la pena ricordare che il nostro comune, come gli altri enti convocati, ha diritto all'espressione di un parere e che il suo pronunciamento potrebbe risultare determinante nelle decisioni che saranno assunte, trattandosi peraltro del comune nel cui territorio ricade l'impianto. Ma di cosa si parlerà il 15 luglio? Al centro del dibattito ci saranno i livelli di monossido d'azoto. Nel corso dell'ultima conferenza dei servizi dell'8 aprile, infatti, si era proceduto alla definizione del Piano di monitoraggio e controllo della centrale di Torre Valdaliga Nord e dei limiti di emissione di arsenico, fluoro, cloro e monossido di azoto. Rispetto a quest'ultimo inquinante il valore prescritto è stato di 50 mg/N metro cubo, quale media giornaliera. Enel però lo scorso giugno ha scritto al Ministero ribadendo che "l'obiettivo di contenimento del monossido d'azoto contrasta tecnicamente con l'altro forte obiettivo di contenimento della produzione di ossidi di azoto, decisamente perseguito sulle caldaie di Torre Nord con un avanzato sistema di bruciatori a bassi Nox". Enel spiega nel dettaglio che le caldaie, sebbene di ultima generazione, sono state progettate per valori più alti di 50, valori che comunque all'epoca della progettazione - spiega sempre l'azienda elettrica nella sua lettera - erano al di sotto dei limiti massimi di legge, poiché si perseguì "l'obiettivo della massima compatibilità ambientale della trasformazione a carbone". Enel allega anche una nota dei fornitori delle caldaie - Ansaldo-Babcock-Hitachi - i quali rispondono alla richiesta della società di reimpostare le caldaie per un limite di 50 giornaliero, affermando che non si può scendere sotto i 150 e che addirittura non ci sarebbero soluzioni alternative. Enel chiede quindi di riportare la prescrizione al limite di 150, facendo presente che in caso contrario si determinerebbe "la non esercibilità dell'impianto". Di tutto questo, come si diceva, si parlerà il 15 luglio a Roma.

    NDR: come pensate che agirà Moscherini, dopo aver incassato i soldi di enel vendendo la nostra salute? Agirà per far rispettare la legge, nell'interesse della nostra comunità? O si batterà per gli affari del gigante velenoso?

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    23 giugno 2009

    Civitavecchia: CNCMAS sull'inquinamento dell'acqua

    Civitavecchia 22/06/2009

    Al Sindaco di Civitavecchia

    Gianni Moscherini

    e.p. conoscenza


    Alla Procura della Repubblica di Civitavecchia

    Al Comando dei Carabinieri della Stazione di Civitavecchia


    Il CNCMAS/L e l’ISDE/C, nel rispetto della direttiva sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale (dir. 2003/4/CE – d.l. 19/08/2005/195), chiedono a Lei, tutore per eccellenza della salute pubblica, di informare prontamente la popolazione sulla natura dell’inquinamento (batteriologico o chimico/industriale) responsabile dell’emergenza relativa alla non potabilità dell'acqua in alcune zone a nord di Civitavecchia, interessate anche dal divieto dell'uso dell'acqua per il lavaggio e per la cucina.

    Secondo la direttiva 2003/4/CE, il non rendere disponibili al pubblico tali informazioni rappresenta la violazione di un diritto sancito dalla Commissione Europea e riconosciuto dallo stato italiano (decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195).

    Questa richiesta riveste un carattere di estrema urgenza poiché queste zone sono tra quelle già oggetto di un’ordinanza comunale del febbraio 2009 (Borgata Aurelia - Agricasa, Carcere Aurelia, Zona Ente Maremma Pantano - Sant’Agostino, La Scaglia, Enel – Area Portuale – Zona Industriale, Cimitero Vecchio – Via Tarquinia - Centro Storico – Zona Bassa della Città, Punton de Rocchi – Santa Lucia – Cimitero Nuovo) di avviso alle gestanti, ai soggetti di età inferiore ai 14 anni ed ai pazienti affetti da patologie conclamate a carico del fegato, reni ed apparato cardiovascolare, di evitare il consumo dell’acqua distribuita dal Comune di Civitavecchia per uso di bevanda a causa del superamento nella stessa del contenuto massimo ammissibile di arsenico.


    Il portavoce


    Dott. Giovanni Ghirga


    CNCMAS/L

    Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute / Lazio



    ISDE/C

    International Society of Doctor for Environment / Civitavecchia


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    18 marzo 2009

    Arsenico Denuncia dei Medici alla Procura di Civitavecchia



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    PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSOIL TRIBUNALE DI CIVITAVECCHIA

    ESPOSTO - DENUNCIA

    Il Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute (CNCMAS - sez. Lazio)

    L’Associazione Italiana dei Medici per L'ambiente (ISDE - International Society of Doctors for the Environment - sez. Alto Lazio)

    ESPONGONO quanto segue


    il Comune di Civitavecchia, con delibera della Giunta Regionale del Lazio n. 521 del 14/02/1995, risulta inserito tra le aree a rischio di inquinamento per la presenza di tre centrali elettriche situate complessivamente, in linea d’aria, entro un raggio di circa 15 km dalla città, un porto sede di intenso traffico navale ed il traffico stradale;
    l’incenerimento dei rifiuti, la combustione dell’olio combustibile e del carbone, l’industria mineraria e l’uso dei pesticidi hanno una importanza rilevante nell’inquinamento ambientale da arsenico, non inferiore alle cause naturali (Guidelines Canadian Drinking Water quality, 2006; EPA, Locating and Estimating Air Emissions from Sources of Arsenic and Arsenic Compounds, 1998);
    il troppo frequente ricorso a deroghe sui limiti dell’arsenico nell’acqua potabile nel comprensorio di Civitavecchia, conferma dello stato di inquinamento da arsenico già presente in questo territorio;
    le emissioni di arsenico causate dalla combustione cinquantennale dell’olio combustibile, emissioni che, nella centrale di Torre Valdaliga Nord nell’anno 2002 (dichiarazione INES anno 2003) sono state di oltre “287 chilogrammi”;
    la Valutazione di impatto ambientale per la conversione a carbone della Centrale di Torre Valdaliga Nord, fase istruttoria, ha rilevato che in alcune aree di Civitavecchia come Sant’Agostino, Unon influenzate significativamente dal trafficoU, la presenza di arsenico nell’aria ha raggiunto livelli medi annuali 10 volte superiori ai limiti consentitiU, Ucon punte di superamento di 40 volteU.
    la Valutazione di impatto ambientale ha messo in evidenza che, in passato, le concentrazioni di arsenico e nickel possono essere state anche superiori e la popolazione essere stata esposta a concentrazioni “non accettabili”. Tale situazione rappresenta un segnale di allarme da considerare con grande attenzione;
    la combustione del carbone è associata ad un aumento del rischio di emissioni di arsenico per il maggior contenuto di quest’ultimo nel carbone rispetto all’olio combustibile. L’arsenico è contenuto nell’olio in una quantità media di circa 10 - 37 μg/kg, ma può oscillare tra i 0.2 ed i 1.630 μg/kg (Stigter, Env. Poll. 2000). L’arsenico contenuto nel carbone mediamente non è superiore a 5.000 μg/kg, ma può arrivare fino a 35.000.000 di μg/kg secondo la provenienza (Stigter, Env. Poll. 2000);

    emissioni nell’ambiente di arsenico, in seguito alla combustione del carbone presso la centrale di Torre Valdaliga Nord, sono dichiarate, anche se nei limiti di legge, nella trasmissione degli elementi integrativi ai fini del riesame dell’autorizzazione unica n. 55/02/2003, del 24/12/2003, limitatamente agli aspetti inerenti l’autorizzazione integrata ambientale.

    CONSIDERATO
    che nel rispetto del DL 3 agosto 2007, n. 152 e sue Modifiche ed Integrazioni, DL 26 giugno 2008, n. 120, in attuazione della direttiva 2004/107/CE relativa all'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente, nel comprensorio di Civitavecchia l’arsenico avrebbe dovuto e dovrebbe essere monitorizzato. I dati ottenuti avrebbero dovuto e dovrebbero essere messi regolarmente a disposizione del pubblico.

    CONSIDERATO INOLTRE
    che il rischio di avere un cancro ai polmoni, al fegato, all’intestino, alla vescica, alla pelle ed al rene (US EPA 2003: Risk based concentration tables, riportato nella Relazione Istruttoria della V.I.A.) è di 1 caso su 1.000.000 per ogni 0.4 nanogrammi per metro cubo di aria;
    che l’arsenico ha effetti acuti quali: irritazione locale: pelle, occhi, mucose; se inalati: tosse, dispnea, dolori al torace, laringite, bronchite, danni all’apparato respiratorio; se ingeriti: debolezza, disturbi gastro-intestinali, crampi muscolari, cianosi, coma, convulsioni, paralisi, morte; neuropatie periferiche, epato e nefrotossicità (UNEP/ILO/WHO. EHC 224. Arsenic and Arsenic Compounds);
    che l’arsenico ha effetti cronici quali: congiuntivite faringite, ulcerazione e perforazione del setto nasale, iperpigmentazione e sensibilizzazione cutanea, ipercheratosi, disturbi respiratori, anemia, disturbi ematopoietici, danni cardiovascolari, neuropatie periferiche, diabete (UNEP/ILO/WHO. EHC 224. Arsenic and Arsenic Compounds);
    che recenti studi hanno messo in evidenza che l’arsenico, anche a dosi molto basse quali quelle presenti nell’acqua potabile, rappresenta una importante minaccia per la salute delle popolazioni (Hamilton, EHP, 10/2007). Dosi molto basse di arsenico hanno effetti negativi su recettori ormonali fondamentali quali quelli dell’acido retinoico e degli ormoni tiroidei (Bodwell, JCRT, 12/2006). In passato era già stata provata la possibilità di questi effetti negativi sui recettori degli estrogeni e del testosterone. I recettori cellulari ormonali ricevono dei segnali specifici dagli ormoni ed innescano una risposta cellulare indispensabile per la vita. L’arsenico è capace di interferire negativamente sull’attività recettoriale ormonale (endocrine disruptors) e minare un normale sviluppo dell’essere umano;
    che l’esposizione all’arsenico durante la gravidanza può causare dei cambiamenti nell’espressione genetica che possono condurre al cancro e ad altre malattie croniche anche dopo decenni (Ruchirawat, PLoS Genetics, 11/2009);
    che nell’ottobre 2006, presso questa Procura, è stato presentato un esposto da parte di comitati e cittadini sull’obbligo dello screening per l’arsenicosi cronica in tutti coloro che avevano lavorato, lavoravano e che avrebbero lavorato nell’area di Sant’Agostino, per la presenza di arsenico nell’ambiente, nel rispetto del D.L 626 in relazione all’obbligo del controllo in tutti i lavoratori a rischio di esposizione ai carcinogeni;


    i sottoscritti

    VOLGONO ISTANZA
    al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia di verificare se nei fatti esposti ricorrano ipotesi di reato. In caso affermativo, di procedere nei confronti dei responsabili anche con provvedimenti di natura cautelare a tutela della salute della popolazione e dell’ambiente e per ripristinare la legalità eventualmente violata.

    Chiedono di essere avvertiti di eventuali richieste di archiviazione per esperire i rimedi consentiti dal codice di procedura penale.


    Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute (CNCMAS – sez. Lazio)
    Associazione Italiana dei Medici per L'ambiente (ISDE - International Society of Doctors for the Environment - sez. Alto Lazio)

    Civitavecchia, lì 09/03/2009

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    18 gennaio 2009

    Legambiente sull' inquinamento industriale nel Lazio

    civonline.it dedica un articolo alla comunicazione di Legambiente sull'inquinamento industriale nel Lazio. Da notare che sulla già gravissima situazione incombe il mostro della costruenda Torrevaldaliga Nord, con in più la psospettiva del mega-inceneritore che si staglia sul nero orizzonte.

    "Alto il livello dell'inquinamento derivante dai maggiori 18 impianti industriali della Regione Lazio: ben 62 su 72 valori dichiarati per gli inquinanti locali, ovvero circa l'86%, risultano essere al di sopra della soglia fissata dalle normative. Benzene, ossidi di azoto, ossidi di zolfo e cloro, ma anche molti metalli pesanti, come cadmio, arsenico, cromo e nichel riempiono l'aria e le acque di diversi punti del Lazio. Agli inquinanti 'classici', che il traffico riversa nelle nostre città, vanno aggiunte queste sostanze chimiche, tossiche e in alcuni casi cancerogene, emesse da fonti industriali, come risulta dal Registro nazionale Ines (Inventario nazionale delle emissioni e delle loro sorgenti) tenuto dall'Ispra, relativo al 2006. E' a questo inquinamento che Legambiente dedica quest'anno il lancio di Mal'Aria, la storica campagna delle lenzuola bianche annerite per dire con forza no allo smog, presentando 'Mal'Aria industriale', il nuovo libro bianco sull'inquinamento atmosferico da attività produttive, con diverse iniziative". Lo comunica, in una nota, Legambiente Lazio. "Da cementerie a centrali termoelettriche, da cartiere a discariche, da raffinerie a industrie chimiche - prosegue il comunicato - sono tante e diversificate le fonti di emissione industriale anche nel Lazio. Tra le aree più compromesse dal punto di vista ambientale sicuramente il polo energetico settentrionale di Montalto di Castro e Civitavecchia, nonché la raffineria di Roma situata nell'area di Malagrotta e la cementeria localizzata nell'area di Guidonia". "Per tutelare la salute dei cittadini, oltre che sullo smog da traffico, bisogna intervenire per ridurre le emissioni delle industrie, il dramma della Valle del Sacco ne è la dimostrazione chiara - ha dichiarato Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio - Nel Lazio questo obiettivo è praticabile, serve un rinnovato impegno delle istituzioni ma è soprattutto il sistema industriale che, proprio in questo momento di crisi economica, deve scommettere su prodotti più innovativi, con meccanismi di produzione più efficienti e meno inquinanti, rafforzando qualità, capacità competitiva, sicurezza. In particolare nelle aree di Malagrotta, Civitavecchia-Montalto, Guidonia e nella Valle del Sacco dalla Regione Lazio attendiamo risposte forti sul monitoraggio in continuo delle emissioni, con dati validati da parte dell'Arpa Lazio, con interventi di riduzione e risanamento della qualità dell'aria, utilizzando anche di concerto con le Province la fase di rinnovo delle autorizzazioni ambientali per rinnovare gli impianti, con l'obiettivo di alleggerire gli impatti ambientali delle industrie". "Analizzando alcuni casi - continua il comunicato - la nostra attenzione si è concentrata in particolare su alcune aree. La prima, quella di Malagrotta nella Capitale, dove si concentrano non solo la più grande discarica d'Europa ma anche il nuovo gassificatore, la raffineria di Roma e numerose cave. Nell'area di Guidonia trovano invece sede non solo la cementeria, ma anche la discarica dell'Inviolata e altre cave, ed inoltre, a pochi chilometri, nella zona di Case Rosse, un inceneritore per catalizzatori. Da ultimo, la zona della Valle del Fiume Sacco, tra Roma e Frosinone, dove proprio in questi giorni sono stati resi noti i nuovi drammatici dati sulla salute dei cittadini a seguito dell'emergenza ambientale e sanitaria che si scatenò nel 2005". "I dati epidemiologici nella Valle del Sacco sono gravi ed inquietanti, oltre al previsto costante monitoraggio della salute dei cittadini, chiediamo di verificare nuovamente che nessun pezzo della catena alimentare sia oggi in alcun modo inquinato, ma anche di accelerare il lavoro di bonifica - ha dichiarato Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio -. Sul fronte regionale preoccupano i dati sul benzene a Malagrotta, ma anche i più tradizionali ossidi di azoto a Montalto di Castro e ossidi di zolfo a Civitavecchia e di nuovo a Montalto e Malagrotta, mentre nel polo energetico a nord del Lazio è seria anche la situazione per diversi metalli pesanti. Bisogna intervenire con più controlli e iniziative per ridurre le emissioni tenendo anche conto di impianti più piccoli ma non meno importanti come inceneritore per catalizzatori lungo la Via Tiburtina a Roma, dove abbiamo già richiesto alla Provincia di Roma di negare nella situazione attuale il rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia)". "Il quadro regionale - si legge nel comunicato - presenta dunque diversi aspetti su cui intervenire, sia per le emissioni atmosferiche che per quelle in acqua. Entrando nello specifico, relativamente alle prime per il benzene è la raffineria di Roma ad emettere 4.735 kg/anno, rispetto al ben più basso valore soglia di 1.000 kg/a. Preoccupano inoltre i "tradizionali" ossidi di azoto (NOx), che in 13 su 16 casi risultano oltre il valore soglia di 100 tonnellate/anno (Mg/a), con la centrale termoelettrica di Montalto di Castro (Vt) che fa registrare 2.815 t/a. Per gli ossidi di zolfo (SOx) la situazione non è migliore, con il valore soglia di 150 t/a ben superato, ancora, dalla centrale termoelettrica di Montalto di Castro (Vt) con 7.920 t/a e dalla raffineria di Roma con 2.053 t/a, nonché dalla centrale termoelettrica Torre Valdaliga Sud di Civitavecchia (Rm) con 1.283 t/a. Molto seria la situazione delle emissioni in atmosfera di diversi metalli e loro composti, per cui si fanno di nuovo distinguere le due suddette centrali. L'impianto di Torre Valdaliga Sud di Civitavecchia supera il valore soglia del Cadmio, con 23,1 kg/a (soglia 10 kg/a), del Cromo, in ben due punti, con 322 kg/a e 165 kg/a (soglia 100 kg/a) e del Nichel, ancora in due punti, con 325 kg/a e 149 kg/a (soglia 50 kg/a). L'impianto di Montalto di Castro supera molto invece il valore soglia per il Nichel con 437 kg/a (soglia 50 kg/a). Anche per le emissioni nelle acque emergono dati preoccupanti sul fronte dei metalli e loro composti, rispetto ad Arsenico, Cadmio, Cromo, Nichel, Rame e Zinco. Sul fronte degli altri inquinanti, si fanno distinguere altri composti organici BTEX, 'carbonio organico totale', fenoli fosforo e azoto"

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    14 gennaio 2009

    "EFFETTI SULLA SALUTE ASSOCIATI ALLA RESIDENZA IN PROSSIMITA’ DEGLI INCENERITORI"

    "PERCHE' IL CORO DI NO ALL'INCENERITORE : "DOPO 20 ANNI POTREBBERO ESSERE STATI SPESI 160 MILIONI DI EURO PER DANNI ALLA SALUTE ED ALL'AMBIENTE"

    Biggeri et al. 1996, Trieste:

    INCREMENTO DEL RISCHIO DI CANCRO POLMONARE

    Michelozzi et al. 1998, Roma:

    INCREMENTO DELLA MORTALITÀ PER ALCUNE CAUSE E RIDUZIONE DELLA SEX – RATIO ALLA NASCITA

    Chellini et al. 2002, Prato:

    INCREMENTO DEL RISCHIO DI CANCRO POLMONARE

    Comba et al. 2003, Mantova:

    INCREMENTO DEL RISCHIO DI SARCOMA DEI TESSUTI MOLLI

    Biggeri e Catelan 2005, Campi Bisenzio (FI):

    INCREMENTO DEI LINFOMI NON HODGKIN

    Biggeri e Catelan 2006, 17 Aree della Toscana con inceneritori:

    INCREMENTO DEI LINFOMI NON HODGKIN

    Bianchi e Minichilli 2006, 25 comuni italiani con inceneritori:

    INCREMENTO DEI LINFOMI NON HODGKIN

    Tessari et al. 2006, Venezia:

    INCREMENTO DEL RISCHIO DI SARCOMA DEI TESSUTI MOLLI NELLE DONNE

    Ranzi et al. 2006, Forlì:

    INCREMENTO DI MORTALITÀ NELLE DONNE PER TUTTE LE CAUSE, TUMORE DEL COLON E DELLA MAMMELLA, PER DIABETE E MALATTIE CARDIOVASCOLARI

    Zambonetal. 2007, ASL Prov. Venezia:

    INCREMENTO DI RISCHIO DI SARCOMA IN ENTRAMBI I GENERI E DI TUMORI DEL COLON E DI ALTRI TESSUTI MOLLI NELLE SOLE DONNE

    ·AnnIstSSanità2004;40(1):101-115

    2Ann Ist Sup Sanità 2004;40(1):101-115


    Rabl, Spadaro e Zougnaib, ricercatori della famosa Ecole des Mines di Parigi, hanno recentemente pubblicato sulla nota rivista internazionale Waste Management & Research un articolo dal titolo “Environmental impacts and costs of solid waste: a comparison of landfill and incineration” (1).

    Lo studio, effettuato da autori di particolare rilievo ed esperienza, ha cercato di determinare i costi per la società, in termini economici, per tonnellata di rifiuti smaltiti attraverso sia il loro incenerimento che lo smaltimento in discarica. I ricercatori per la loro valutazione del danno hanno utilizzato tutta l’esperienza racchiusa nei risultati del progetto ExterneE della Commissione Europea.

    Nello studio è stato rilevato che, se si escludono le spese per la produzione di gas serra quali la CO2 (ExternE 19 € per tonnellata di gas), la CH4 e gli N2O, oltre il 95 % dei costi esterni è causato da danni alla salute, in particolare dalla mortalità.

    Secondo i risultati della ricerca LA COMBUSTIONE DI UNA TONNELLATA DI RIFIUTI, IN TERMINI DI DANNI ALLA SALUTE ED ALL’AMBIENTE, ARRIVA A COSTARE 21.2 euro.

    L’INCENERIMENTO ANNUO DI 400.000 TONNELLATE DI RIFIUTI POTREBBE COMPORTARE UNA SPESA PER I DANNI ALLA SALUTE ED ALL’AMBIENTE DI OLTRE 8.000.000 DI EURO. DOPO 20 ANNI DI ATTIVITÀ, I COSTI POTREBBERO ESSERE PARI A 160.000.000 DI EURO.

    Inoltre, inquinanti quali metilmercurio, arsenico e piombo, anche in quantità ritenute non tossiche, sono responsabili di danni al sistema nervoso in via di sviluppo che si esprimono in patologie conclamate e sintomi sempre più diffusi quali la riduzione del quoziente intellettivo, disturbi dell’attenzione, fini turbe della coordinazione motoria e modificazioni del comportamento (aggressività) che hanno recentemente spinto alcuni ricercatori della Harvard School of Public Health a lanciare l’allarme circa una “Pandemia Silenziosa” che sta lentamente minando la salute e il futuro dei nostri figli [1]. E’ quasi superfluo sottolineare che a fronte di simili rischi, concernenti le generazioni future, qualsiasi valutazione di tipo energetico o economico dovrebbe passare in secondo piano.

    1)Environmental impacts and costs of solid waste: a comparison of landfill and incineration Waste Management & Research, Vol. 26, No. 2, 147-162 (2008).

    Giovanni Ghirga

    Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute (Lazio)

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    10 luglio 2008

    Considerazioni sull'accordo Enel - Comuni

    Segue una Relazione sull'"accordo quadro" relativo alle iniziative per la tutela della salute, dell’ambiente, e lo sviluppo territoriale nell’area della centrale ENEL di Torrevaldaliga Nord stipulato tra Enel e Regione Lazio, provincie di Roma e Viterbo e Comuni di Civitavecchia, Allumiere, Santa Marinella, Tarquinia, Tolfa. Clicca qui per scaricare il file in formato .doc

    La firma dell’accordo quadro in epigrafe, al di là delle vuote dichiarazioni d’intenti su tutela della salute, sulla volontà e l’impegno di favorire lo sviluppo ed incrementare la piccola e media impresa, di perseguire “ottimali condizioni di sicurezza” e favorire la formazione, mortifica ancora di più, semmai possibile, le popolazioni dell’Alto Lazio isolandole dagli Enti locali, ammorbiditi dai cospicui contributi economici e raggiungendo, attraverso la monetizzazione del rischio, alcuni importanti obiettivi che ENEL da anni tentava di raggiungere ovvero il riconoscimento della validità e della legittimità dell’iter amministrativo e l’imbavagliamento degli amministratori locali sulle gravi carenze della Valutazione d’impatto ambientale, sulle grave situazione di sofferenza sanitaria delle popolazioni e sulle indecenti condizioni di mancanza di sicurezza sul cantiere.

    Una prima considerazione non può che riguardare la mortificazione della democrazia posta in essere dai firmatari (rappresentanti di Regione, province e comuni) che hanno stralciato ogni precedente impegno programmatico e, finanche, gli atti da loro stessi approvati nelle massime assisi decisionali ( consigli e giunte) e portati avanti in questi anni senza che alcunché si sia modificato rispetto il progetto iniziale come approvato nel Decreto autorizzativo n.55 n.55/02/2003 del 24 dicembre 2003 rilasciato dal Ministero dello Sviluppo economico.

    In particolare si evidenzia che :

    Nel programma dell’attuale maggioranza della Regione Lazio, eletta nell’aprile del 2005, a pag 72, si legge la frase “impedire la riconversione a carbone della centrale di Civitavecchia”. A tale impegno, ribadito in vari incontri, fu dato seguito approvando in data 5/10/05 la memoria presentata dall’Assessore Bonelli che esprimeva testualmente: “la propria contrarietà all’utilizzo del carbone nella centrale di Torre Valdaliga Nord….”, successivamente, approvando in data 9/02/06 una nuova delibera di giunta che esprimeva la contrarietà all’uso del carbone sia a TVN sia a Montalto ed infine con Ordinanza n° Z001/2006-02-15 del 10/02/06 avente ad oggetto “Sospensione dei lavori di realizzazione delle opere a mare per la riconversione della centrale termoelettrica Torrevaldaliga Nord sita in Civitavecchia ex art. 10 L.R. 18/11/1991 n° 74” con la quale Il Presidente Marrazzo sospendeva i lavori delle infrastrutture a mare a servizio della centrale che, dopo un contenzioso davanti al TAR del Lazio su ricorso ENEL, veniva solo in parte annullata. Da allora nulla è cambiato se non, evidentemente, l’atteggiamento del Presidente Marrazzo che, evidentemente, piuttosto che alle istanze della popolazione ha preferito ubbidire a Bersani e dare priorità agli interessi ENEL.

    Le province di Roma e Viterbo si sono pronunciate varie volte contro la riconversione già a partire dal 2001; in particolare la provincia di Roma, oltre ad appoggiare i ricorsi dei vari comuni presso il TAR, avanza al Tribunale di Civitavecchia, unitamente al comune di Ladispoli, ricorso ex art. 700 per sospetto di grave e imminente pericolo per la salute pubblica. La causa verrà annullata perché l’allora governo Berlusconi approvò la legge 30/12/04 n. 311 (finanziaria 2005) che al comma 552 demandò alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia d’impianti di generazione di energia elettrica di cui al DL 7/2/02 n.7, convertito con modificazione nella legge 9/4/02 n.55, e le relative questioni risarcitorie, ma le conclusioni a cui addivenne la relazione del Collegio peritale disposto dal Tribunale di Civitavecchia furono sconvolgenti:

    “In conclusione, l’omessa valutazione della letteratura scientifica anche corredata dalla necessaria valutazione critica, la sola analisi della mortalità per altro confinata a periodi temporali lontani, e la mancanza delle analisi sulla morbosità hanno reso la procedura VIA incompleta, poco informativa e dunque non affidabile. La diagnosi epidemiologica della comunità indica un eccesso di morbosità e mortalità rilevante da un punto di vista di sanità pubblica” (p.19);

    “Civitavecchia soffre e ha sofferto di effetti sanitari a causa delle centrali termoelettriche” (pag.21) ……”La speranza di vita dei cittadini che vivono in aree con livelli di inquinamento elevato è diminuita”…..”I più colpiti dall’inquinamento ambientale sono gli anziani e le persone in condizioni di salute più compromesse come i malati di patologie cardiache e respiratorie”….”I bambini tendono ad ammalarsi più frequentemente per cause respiratorie” (pag.22) …..”I neonati sembrano essere a particolare rischio di morte per effetto dell’inquinamento ambientale” (pag. 23);

    “l’omissione delle valutazioni di impatto nell’area regionale, la mancata trattazione del trasporto a distanza delle polveri fini, la mancata valutazione degli inquinamenti secondari (articolato secondario e ozono) rende la valutazione di impatto ambientale lacunosa ed incompleta e non significative le conclusioni sul presumibile non effetto sulla salute umana” (pag. 41);

    “Nella procedura VIA il contributo all’inquinamento ambientale derivante dall’aumento considerevole del traffico navale (adibito al trasporto del carbone, calce e residui) è stato ignorato” … “Le conclusioni sulle previsioni di impatto sanitario sono infondate” (pag. 43);

    “La situazione sanitaria della popolazione residente a Civitavecchia, per quanto riguarda alcune patologie per le quali è accertato dal punto di vista scientifico il ruolo delle esposizioni ambientali (tumore polmonare, tumore della pleura, malattie renali e patologia respiratoria in ambito pediatrico), appare compromessa. La valutazione dell’impatto sulla salute del progetto di riconversione appare incompleta, di ridotta significatività e non rappresentativa della reale situazione” (p. 43).

    “La valutazione dell’impatto sulla salute del progetto di riconversione appare incompleta, di ridotta significatività e non rappresentativa della reale situazione” (pag. 44);

    “Gli elementi disponibili per la valutazione dell’impatto del progetto sulla qualità dell’aria e della salute della popolazione non sono sufficienti per un giudizio di non nocività date le carenze riscontrate nella procedura d’impatto ambientale” (pag. 46);


    La provincia di Viterbo, (che ad oggi sembra non aver firmato l’accordo in questione) con atto di consiglio del 14/01/08, fece propria la richiesta di riesame del decreto autorizzativo Map 55/2003 formulata dall’Arpa Lazio, ribadendo dettagliatamente le argomentazioni di quest’ultima ed impegnandosi a “rigettare in toto la logica delle compensazioni al danno ambientale e alla salute umana, invitando quindi i comuni e gli enti locali del territorio a rifiutare proposte compensative in denaro, beni o servizi, da parte del soggetto produttore dell’impatto ambientale stesso.”


    Infine, tanto per la cronaca, il 21/05/07 I consigli delle Provincie di Roma e Viterbo, riuniti in seduta congiunta, deliberano la richiesta di riapertura della conferenza dei servizi per una nuova VIA. Il Presidente della Regione Lazio Marrazzo, presente a tale seduta assunse impegno pubblico a formulare medesima richiesta.




    I consigli comunali di Tarquinia, Allumiere, Tolfa e Santa Marinella più volte si sono espressi contro la riconversione; di più il comune di Tarquinia con delibere di Consiglio n. 60 del 29.11.2006 e n. 1 del 12.04.07, tutt’oggi in vigore, ha espresso “in maniera inequivoca la contrarietà alla politica bieca delle “compensazioni” per i danni provocati al territorio dall’uso del carbone.” Ed ha impegnato “il Sindaco e la Giunta a rifiutare ogni tipo di contribuzione diretta ed indiretta volta a catturare il consenso con una sorta di monetizzazione del rischio a cui è sottoposta la popolazione dell’intero comprensorio”;

    Con quale legittimità i rappresentanti Regione, Province e Comuni hanno firmato contravvenendo i loro stessi atti?

    Entrando nel merito dell’accordo, che è da evidenziare non far riferimento ad alcuna normativa nazionale, regionale e/o comunitaria si ritiene doveroso porre in evidenza alcuni passaggi.

    A Pag.2, al punto c) si legge:

    “i firmatari, alcuni dei quali hanno espresso nel passato osservazioni contrarie e forti riserve sulla scelta di riconvertire a carbone la centrale di Torrevaldaliga Nord, prendono atto che ENEL ha adempiuto agli obblighi autorizzativi di legge, nonché preso impegno in base alle richieste pervenute dal Ministero dello Sviluppo Economico, per ridurre ulteriormente ridurre l’impatto ambientale della centrale al di sotto della soglia fin qui raggiunta e autorizzata; peraltro la validità delle autorizzazioni richiamate è stata confermata dalle sentenze del TAR Lazio e dal Consiglio di stato, nonché dagli esiti delle verifica sull’autorizzazione integrata ambientale (AIA) del 13 giugno 2008 da parte del Ministero Sviluppo Economico. Inoltre i firmatari ritengono che la verifica ed il monitoraggio dell’impatto ambientale ( prima, nella fase di avviamento e durante l’esercizio della nuova centrale), sono le attività da svolgere con la più alta priorità nell’interesse delle popolazioni dell’area”;

    Oltre a smentire quanto approvato e sostenuto, come sopra detto, dagli enti locali, tale passaggio contiene affermazioni che mistificano la realtà dei fatti. Ancora una volta alla metodologia mistificatoria, che dimostra l’inaffidabilità dell’ente energetico e dei fautori della riconversione, contrapponiamo la realtà dei fatti e dei vari atti documentali:

    Il Consiglio di Stato (Sezione Sesta) dichiarò irricevibile il ricorso in appello proposto dai Comuni di Ladispoli, Tolfa, Allumiere, Santa Marinella, Tarquinia avverso la sentenza del Tar che aveva respinto i ricorsi proposti dai sopra citati comuni in relazione alle decisioni assunte dal comune di Civitavecchia in favore della riconversione a carbone della centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord per mere questioni procedurali e non perché entrò nel merito, quindi tanto meno sancendo la validità dell’iter autorizzativo. L’unica causa che entrò nel merito fu quella già citata presso il Tribunale di Civitavecchia, che fu bloccata ope legis dall’allora governo Berlusconi che approvò all’interno della finanziaria 2005 (L. 311/04) il comma 552 che demanda alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia d’impianti di generazione di energia elettrica di cui al DL 7/2/02 n.7, convertito con modificazione nella legge 9/4/02 n.55 (sblocca centrali), e le relative questioni risarcitorie.

    Tantomeno la completezza dell’iter autorizzativo viene sancita dall’andamento della conferenza circa il riesame del decreto autorizzativo per quanto concerne gli aspetti relativi all’AIA.

    Infatti il provvedimento finale di tale conferenza dei servizi recita testualmente:

    ” La prevalenza delle posizioni espresse e la considerazione degli specifici interessi pubblici tutelati da ciascuna Amministrazione porta a ritenere che …si proceda ad un aggiornamento del provvedimento di autorizzazione unica per quanto attiene alla materia dell’AIA, suscettibile anche, come comunicato da codesto dicastero con nota prot. N. DSA -2008-0010465 del 15/04/2008 ….e come ritenuto più opportuno anche d’ARPA Lazio, a poter essere parte di una più esaustiva procedura di rinnovo del provvedimento di AIA.”

    In particolare la nota in questione sottolinea che: ” Sul tema dell’individuazione degli inquinanti, si è rilevata la mancata indicazione nel provvedimento di autorizzazione di alcuni inquinanti ritenuti significativi nell’assetto di esercizio a carbone, con fissazione dei relativi valori limite” e che ” L’aggiornamento dovrebbe intervenire ed avere efficacia con specifico riferimento agli inquinanti ritenuti significativi nell’esercizio della centrale nel suo normale funzionamento con alimentazione a carbone – tra cui certamente l’arsenico, il cloro ed il fluoro, unitamente ai rispettivi composti – entro la fase di avviamento degli impianti nel nuovo assetto a carbone”.

    Ed ancora nella conferenza dei servizi “ è emerso che il produttore in data 16 aprile u.s. ( a conferenza dei servizi avviata ndr) ha presentato all’APAT il Piano di monitoraggio e controllo ……” e “che la stessa APAT intende procedere alla valutazione in concreto del Piano in questione, evidenziando anche quali eventuali aspetti dovranno essere recepiti nell’autorizzazione, in quanto non ricompresi in essa”.

    E continuando, solo per citarli, si fa riferimento alla necessità di aggiornare l’autorizzazione, sempre in riferimento all’AIA, per quanto riguarda la partecipazione del pubblico al procedimento, cosi come alla necessità di dare seguito agli impegni assunti di riduzione del 30% dei limiti di emissione”.

    A dimostrazione che, ad oggi, quelli impegni sulla riduzione del 30% dei limiti di emissione, che vengono ribaditi anche Pag. 4 - art. 3 dell’accordo quadro, sono di fatto solo enunciati e che potranno essere presi in considerazione solo quando saranno inseriti come limiti emissivi, peraltro certi, all’interno del decreto autorizzativo.

    Infine relativamente al monitoraggio dell’impatto ambientale “prima, nella fase di avviamento e durante l’esercizio della nuova centrale” è bene chiarire che non risulta essere previsto da nessun documento ufficiale l’avvio di un monitoraggio nella fase di avviamento che, peraltro come riportato dalla stampa, ha già avuto inizio.

    Relativamente alla salute delle popolazioni a Pag. 3, al Capo 1, art 1 si legge “.. Il tavolo della salute e dell’ambiente di seguito denominato tavolo, promuoverà ed analizzerà indagini, studi, monitoraggi, screening sia sulla salute dei cittadini che sull’ambiente secondo programmi di attività concordati con l’osservatorio ambientale di seguito denominato” l’Osservatorio” e volti all’analisi di tutte le fonti di emissioni insistenti sull’area dei comuni interessati, considerando gli apporti emissivi del sistema civile industriale e dei trasporti al fine di tutelare al meglio la salute della comunità dell’area e le produzioni agricole, zootecniche e biologiche tipiche del territorio".

    Tali analisi verranno individuate dal Tavolo ed effettuate attraverso l’Osservatorio con una cadenza periodica, allo scopo di verificare le incidenze sulla salute dei cittadini e sull’ambiente di tutte le possibili fonti d’inquinamento del territorio nonché quelle connesse all’esercizio della centrale a carbone di Torrevaldaliga nord.”

    Sarebbe bene comprendere cosa si intende con programmi di monitoraggio e cosa ancora si vuole dimostrare.

    E’ bene tenere presente che i risultati del “lecito” inquinamento causato da cinquanta anni di servitù energetica sono, secondo quanto rilevato in numerosi e autorevoli studi, allarmanti e sono sotto gli occhi di tutti tanto che lo stesso decreto di autorizzazione rileva che (pag.17 riga 25) la riconversione avviene “ in un’area dove non è possibile escludere che le emissioni avvenute nel passato abbiano comportato un impatto sulla salute umana che non si sia ancora completamente manifestato”.

    A tale riguardo, in una sintesi certamente non esaustiva, è opportuno ricordare che:

    * Nel comprensorio di Civitavecchia si muore il 26% in più rispetto alla media di patologie neoplastiche,
    * il comprensorio di Civitavecchia è al 1° posto nel Lazio ed al terzo in Italia per mortalità per tumori ai polmoni, alla trachea e ai bronchi,
    * è stato riscontrato un eccesso di leucemie e linfomi,
    * nel biennio 1990-1991 l’Osservatorio Epidemiologico Regionale (OER) rileva a Civitavecchia un incidenza di mortalità per tumori ai polmoni, bronchi e trachea superiore al 35% della media regionale
    * nel 1996 l’OER nell’analizzare i dati relativi al triennio 1990/1992 rileva che Civitavecchia (comprensiva di Tolfa Allumiere e Santa Marinella) e al secondo posto nel Lazio per mortalità per tumori e al primo per quella relativa ai tumori ai polmoni),
    * Nell’ottobre 1999 una ricerca dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale ha riscontrato una mortalità delle donne nel territorio di Civitavecchia (comprensivo di Allumiere, Santa Marinella e Tolfa) superiore del 12% rispetto alla media della Regione Lazio. Notevolissime le incidenze di mortalità per cancro alla trachea, ai bronchi ed ai polmoni (+23%)
    * Il centro pneumologico Conti Curzia di Civitavecchia, in una ricerca effettuata nel 2001 su ragazzi tra gli 11 e i 14 anni ha riscontrato che il 56,3 % dei soggetti (di gran lunga la più alta del Lazio) è affetto da asma, allergie ed altre sindromi dell’apparato respiratorie,
    * Uno studio commissionato dal National Institute of environmetal Health Sciences ( NIEHS) -funded extension of the acs studi (Pope et al 2002) - ha chiaramente messo in relazione l’aumento del rischio di avere il cancro al polmone con l’esposizione cronica alle polveri provenienti dalla combustione dei fossili. Ad ogni aumento di 10 mcg/m3 delle polveri PM 2,5 corrisponde un eccesso di rischio di avere il cancro ai polmoni dell’8%.
    * La rivista Ocupational Envirinmental Medicine nel settembre 2004 pubblica una ricerca in cui si dimostra che nell’area di Civitavecchia il rischio di cancro al polmone sarebbe al 20/30% superiore rispetto alla media regionale.
    * Nel settembre 2004 la rivista Medical British Journal in un lavoro di sette pagine interamente dedicato a Civitavecchia afferma che il dato più allarmante riguarda un aumento della mortalità per cancro del polmone che raggiunge un livello del 20/30% superiore rispetto alla popolazione italiana e sottolinea che ad essere colpiti da questa temibile patologia non sono solo gli individui addetti alle lavorazioni industriali ed impiegati negli opifici, per cui più esposti agli inquinanti carcinogeni professionali, ma anche tutta la popolazione residente con un incremento significativo dell’incidenza nella zona a sud della città, in relazione alle maggiori ricadute degli inquinanti atmosferici dovuti alla direzione degli enti prevalenti.
    * Infine nell’ottobre 2006 la rivista “Epidemiologia & prevenzione” ha pubblicato lo studio “Mortalità e ricoveri ospedalieri nell’area industriale di Civitavecchia” (V.Fano, F.Forastiere, P.Papini, V.Tancioni, A.Di Napoli, C.A.Pertucci), nel quale si afferma che

    “L’analisi dei ricoveri ospedalieri aggiunge informazioni al quadro epidemiologico dell’area, con risultati coerenti con quelli di mortalità e che confermano i risultati di studi precedenti: tumore polmonare pleurico e asma bronchiale sono chiaramente in eccesso. Una novità rispetto alle conoscenze già note è costituita dall’aumento incidenza di insufficienza renale cronica, rilevato dal Registro Regionale dialisi”.

    In questo stesso studio, infine , si legge che “ i risultati hanno rilevanza rispetto alle politiche di riconversione energetica e al potenziale inquinante di nuovi impianti per quanto riguarda la salute della popolazione locale. Le decisioni strategiche rspetto ai piani di riconversione devono tener conto dello stato di salute della popolazione residente.

    Cosa altro si vuole monitorare, se non il numero dei morti?

    Facciamo presente che utilizzando un software (http://www.externe.info) messo a disposizione di tutti dalla Commissione Europea nel quale si possono immettere i dati relativi a centrali di varia entità e una volta in possesso di dati quali NOx, SO2, PM 10 (le polveri PM 10 sono circa il 70 % di quelle totali, Guidelines for Air Quality, WHO, Geneva, 1999) e CO2, è possibile quantificare economicamente i danni alle persone ed all’ambiente. Il software a questo punto elabora una serie di proiezioni sulle conseguenze economiche e sanitarie a carico delle popolazioni che ospitano tali impianti.

    Inserendo i dati ufficiali (certo non sovrastimati) della Valutazione di Impatto Ambientale per la riconversione a carbone di Civitavecchia, ipotizzando un periodo di funzionamento di 25 anni, ne risulta l'amaro conto di 200 milioni di euro che verranno spesi per accompagnare alla morte i futuri malati terminali, ma anche 100 milioni per chi sarà colpito da patologie meno gravi. Risulterebbero poi circa 500 milioni di euro che il popolo italiano dovrà pagare sotto forma di sanzioni, per il relativo sforamento del protocollo di Kyoto.

    Abbiamo una legislazione a “tutela” della salute che consente di mettere in conto un certo numero di morti in nome del profitto. Ciò permette dunque ad una ristretta platea di padroni (politici ed economici) la singolare facoltà di cancellare altri esseri umani per legge di mercato, senza per questo essere riconosciuti come assassini.

    Veramente gli amministratori che hanno firmato l’accordo quadro pensano di poter tutelare la salute delle popolazioni limitandosi a tenere il conto dei morti e delle patologie gravi, senza per questo essere considerati complici in tale tragedia?

    Relativamente a quanto scritto a pag. 4 - art. 3 “Enel si impegna, altresì, ad applicare anche per il futuro, nell’ambito della normativa AIA (autorizzazione integrata ambientale) idonee soluzioni tecniche per il miglioramento delle condizioni ambientali del territorio”; si rileva che tale “gentile concessione” da parte di ENEL è obbligo di legge nazionale e comunitario previsto nel D.Lgs 18.02.2005 n. 59 “Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’Inquinamento”, ovvero della direttiva IPCC che norma l’Autorizzazione Integrale Ambientale”.

    Per un gioco del destino, o per profonda malafede dell’ente energetico ben consapevole del proprio operato, si rileva che le maggiori carenze del decreto autorizzavo e della valutazione di impatto ambientale riguardano proprio i limiti emissivi come previsti nell’attuale documento di riferimento delle migliori tecnologie disponibili (BREF) (proprio quelle che ENEL afferma i voler osservare) per i grandi impianti di combustione ovvero il Draft-2 emanato dall’ufficio IPPC di Siviglia della Commissione europea a marzo 2003 correlato all’allegato 1 della direttiva 96/61, nella quale rientra la centrale di TVN.

    Infine il paragrafo inserito a Pag 4, Capo II, “ENEL si impegna, al fine di instaurare un nuovo e diverso rapporto tra le parti firmatarie del presente accordo, così come indicato anche dal Ministero dello Sviluppo Economico, a promuovere e ad attuare interventi socio- economici a favore dei comuni dell’area attraverso la stipula di specifici accordi bilaterali, in base ai rispettivi piani di sviluppo.” è un capolavoro di ipocrisia per affermare, come più volte apparso sulla stampa, e come già messo in atto con il Comune di Civitavecchia, che l’ ENEL si impegna a versare contributi economici ai Comuni.

    Su tale aspetto non si può tralasciare la vicenda normativa:

    Fino al 1987 i contributi economici da parte dell’Enel erano normati dalla Legge 10 gennaio 1983, n. 8 recante “Norme per l’erogazione di contributi a favore dei Comuni e delle Regioni sedi di centrali elettriche alimentati con combustibili diversi dagli idrocarburi”.

    Tale legge è stata abrogata con D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 499 (all. 5)

    Su tale questione il D.L. 7 febbraio 2002, n.7 convertito in legge dall’art.1 Legge 9 aprile 2002 n. 55, in base al quale è stata approvata la riconversione a carbone della centrale Torrevaldaliga Nord, in relazione alle misure di compensazione recita:

    art.2 comma 3 “……..La regione competente può promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati dagli interventi di cui al comma 1 per l’individuazione di misure di compensazione e riequilibrio ambientale”

    Solo nel 2004 fu approvata la Legge 23 agosto 2004, n. 239 che recita:

    Art.5 ”le regioni e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.387”

    Art.36 “i proprietari di nuovi impianti di produzione di energia elettrica di potenza termica non inferiore a 300 Mw che sono autorizzati dopo la data di entrata in vigore della presente legge corrispondo alla regione sede degli impianti, a titolo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio e per l ‘impatto logistico dei cantieri, un importo pari a 0,20 euro per ogni Mwh di energia elettrica prodotta, limitatamente ai primi sette anni di esercizio degli impianti. La regione sede degli impianti provvede alla ripartizione del contributo compensativo tra i seguenti soggetti:

    1. il comune sede dell’impianto, per un importo non inferiore al 4 per cento del totale
    2. i comuni contermini, in misura proporzionale per il 50 per cento all’estensione del confine e per il 50 per cento alla popolazione, per un importo non inferiore al 40 per cento del totale
    3. la provincia che comprende il comune sede dell’impianto.



    Ed ancora

    Art. 37 ”…………Il contributo di cui al presente comma e al comma 36 non è dovuto in tutti quei casi in cui vengono stipulati gli accordi di cui al comma 5 o risultino comunque già stipulati, prima di della data in vigore della presente legge, accordi volontari relativi a misure di compensazione…………”

    E’ bene ricordare che la riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord è stata autorizzata con decreto MAP 24/12/2003 n. 55/02/2003
    Tentando di fare un’analisi comparativa tra i vari accordi e le varie normative risulta ben evidente che gli accordi economici Enel/Comune di Civitavecchia, ed a maggior ragione quelli con gli altri comuni, non hanno i presupposti di legge, e comunque sono di un entità tale che non trovano giustificazione nemmeno se paragonati ai contributi economici che deriverebbero dall’applicazione delle normative preesistenti comunque inapplicabili nel caso specifico per effetto del referendum dell’87 o perché, nel caso della L.239/04, la riconversione è stata autorizzata prima della legge stessa ed è quindi esclusa la procedura di assegnazione dei contributi descritta ai commi 36 e 37 della stessa.


    Inoltre in ogni caso si tratterebbe di contributi da destinare in senso stretto ad interventi di compensazione ambientale o in ragione del mancato utilizzo del territorio e dei disagi causati dal punto di vista della logistica e della viabilità.

    E’ da evidenziare, invece, che le cifre erogate, fino ad ora solo a Civitavecchia, sono state inserite nel bilancio comunale per la gestione corrente costituendo un evidente interferenza nell’autonomia decisionale del Comune.

    Nello specifico va innanzitutto considerato che il referendum del 1987 con il quale viene abrogata quasi per intero la Legge 10 gennaio 1983, n. 8 aveva come quesito specifico:

    “Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nucleari o a carbone?
    (la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante “l’erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi”, previsti dai commi 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 della citata Legge 10 gennaio 1983, n. 8 )”

    Con questo intento viene quindi abrogata detta legge dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 499 che non può, quindi, essere assolutamente presa a riferimento come norma base degli accordi sottoscritti tra ENEL e Comune di Civitavecchia tra il 2003 e il 2008.

    Peraltro risulta evidente, come già detto, la sproporzione quantitativa tra quanto previsto negli accordi sottoscritti e quanto era normato da tale legge che, in caso di centrali a carbone, prevedeva:

    1. lire o,50 per ogni KWh di energia elettrica prodotta con combustibili diversi dagli idrocarburi;
    2. lire 0,25 per ogni KWh di energia elettrica prodotta dagli impianti termici convenzionali previsti ad olio combustibile e carbone, dalla data di autorizzazione alla trasformazione dell’impianto a carbone e fino a quando l’impianto stesso non sarà alimentato a carbone
    3. ……………………
    4. un contributo per ciascun Kw di potenza nominale degli impianti in corso di costruzione alla data di entrata in vigore della presente legge o che saranno successivamente autorizzati pari a :



    Lire/Kw 8.000 per gli impianti termici convenzionali a carbone

    …………………….

    Lire/Kw 2.50 per gli impianti o sezioni di impianti autorizzati alla trasformazioni a carbone.

    Come detto, invece, la riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord viene autorizzata sulla base del D.L. 7 febbraio 2002, n.7 convertito in legge dall’art.1 Legge 9 aprile 2002 n. 55 (all.6), che prevede, come sopra citato, accordi per “l’individuazione di misure di compensazione e riequilibrio ambientale”. Orbene se taluni interventi contenuti nei tre accordi in questione risultano rispondere a tali requisiti (istituzione osservatorio ambientale, interramento elettrodotti, limiti più restrittivi delle emissioni, uso di energie rinnovabili, etc) non può invece essere considerata in tale fattispecie l’erogazione non finalizzata di fondi che vanno esclusivamente a contribuire alla gestione corrente dell’ente locale.

    Tale tesi è rafforzata da quanto previsto dall’art. 5 del D.L. 7 febbraio 2002, n.7 che decreta che :

    “ fino al 31 dicembre 2003 è sospesa l’efficacia dell’allegato IV al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, dell’articolo 15 della legge 2 agosto 1975, n. 393, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998, n.53, relativamente alle centrali termoelettriche e turbogas, alimentate da fonti convenzionali, di potenza termica complessiva superiore a 300 Mw. Restano fermi gli obblighi di corresponsione dei contributi dovuti sulla base delle convenzioni in essere.”

    In tali norme, che si ribadisce risultavano sospese sia il 6 giugno 2003, data in cui veniva sottoscritto il primo Accordo Enel/Comune di Civitavecchia, sia il 24 dicembre 2003, data di emissione del decreto autorizzativo della riconversione, in relazione alla materia di interesse si legge:

    Allegato IV al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988 (all. 8)

    Articolo 9

    “1. L’ENEL, ……….., svolge l’istruttoria sugli interventi socio-economici connessi con la costruzione e l’esercizio della centrale proposta e definisce i relativi accordi con la regione, la provincia ed il comune per gli oneri da assumere a carico dell’ENEL e delle altre parti contraenti;

    2. L’ENEL, con tali accordi, oltre a disciplinare la corresponsione del contributo di cui all’art. 15 ella legge 2 agosto 1975, n. 393, può assumere oneri per interventi di natura infrastrutturale e riequilibrio economico e ambientale connessi con la costruzione e l’esercizio della centrale proposta.

    ……………………………………”

    Art.15 della legge 2 agosto 1975, n. 393 (all. 9):

    “Per le opere di urbanizzazione secondaria che il comune deve eseguire in relazione alla costruzione di centrali termiche di qualsiasi tipo ………….L’Enel è tenuto a corrispondere, in sostituzione degli obblighi previsti dalla legge 17 agosto 1942, n.1150 e successive modificazioni, al comune nel cui territorio deve essere installato l’impianto , un contributo di L. 2.200 per chilowatt di potenza nominale dell’impianto stesso…………..

    Il pagamento della somma è effettuato gradualmente in relazione allo stato di avanzamento delle opere di urbanizzazione”

    Ad ulteriore conferma, quindi che per le centrali autorizzate sulla base del D.L. 7 febbraio 2002, n.7 convertito in legge dall’art.1 Legge 9 aprile 2002 n. 55 non potevano essere concessi nemmeno oneri per interventi di natura infrastrutturale e riequilibrio economico e ambientale connessi con la costruzione e l’esercizio della centrale proposta e/o opere di urbanizzazione secondaria da eseguire in relazione alla stessa, e quindi, tanto meno potevano essere corrisposti contributi non finalizzati.

    Infine leggendo l’articolato della Legge 23 agosto 2004, n. 239 appare evidente che gli accordi previsti dalla stessa, come ben chiarito all’art. 36, riguardano solo impianti che sono autorizzati dopo la data di entrata in vigore della legge, ovvero il 23 agosto 2004, ben oltre, quindi, la data di autorizzazione della riconversione a carbone di Torrevaldaliga Nord (24.12.2003 ndr).

    Peraltro anche volendo farne un uso retroattivo, la legge norma chiaramente entità e modalità del contributo che viene versato e successivamente ripartito dalla Regione ai comuni interessati e comunque viene corrisposto a solo titolo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio e per l’impatto logistico dei cantieri. E se i primi due accordi possono corrispondere a tale motivazione, l’ultimo accordo sottoscritto il 14 aprile 08 non può assolutamente rientrare in tale fattispecie costituendo di fatto un palese tentativo di limitare l’autonomia decisionale dell’ente locale ed, anzi, di utilizzare lo stesso come grimaldello per superare ipotetici ostacoli procedurali.

    A tal proposito è emblematico che in detto accordo si legga che “le Parti concordano che la prima erogazione avverrà decorsi trenta giorni dalla data di avvio dell’esercizio della centrale…………” quasi a voler forzare i tempi per l’entrata in esercizio dell’impianto e che lo stesso accordo sia stato stilato il 14 aprile 08 in concomitanza con lo svolgersi presso il Ministero delle Attività Produttive della Conferenza dei servizi per il riesame del decreto autorizzativo ai sensi dell’art.9 comma 4 lettere a) e d) del d.lgs. 59/05; conferenza nella quale, in prima seduta, il Comune di Civitavecchia era assente e che solo dopo le notizie di stampa relative all’avvenuto accordo, ha inviato nota con la quale si esprime la più decisa contrarietà al riesame del decreto MAP.

    Altrettanto emblematico è il fatto che a seguito dell’adesione del Sindaco e del Comune di Tarquinia alla manifestazione indetta dai comitati popolari contro la riconversione a carbone della centrale, l’Enel che con tale Amministrazione stava trattando per un contributo compensativo tra i 10 (dieci) e i 15 ( quindici) milioni di euro, abbia emesso comunicato nel quale si annunciava la rottura delle trattative.

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