No al carbone Alto Lazio

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27 settembre 2013

Enel: i soliti #GUERRIERI col c*lo degli altri



L'hashtag lanciato dalla campagna di Enel "#guerrieri" ha prodotto un vero boomerang, come documentato dal Fatto: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/25/guerrieri-enel-esempio-da-non-seguire-storify/723462/






Aggiornamento:
Enel torna alla carica con il programma di Saturnino, ispirato direttamente alla campagna di Enel: "guerrieri". Chi non ha memoria corta, ricorda come Lorenzo Cherubini "Jovanotti" abbia in passato sposato la causa di Enel, ripulendole la faccia (ma sporcando la sua). Guarda il caso: ora a condurre la trasmissione pro-Enel, troviamo proprio uno dell'entourage di Jovanotti. Chiamalo "caso"...




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16 febbraio 2011

Le aziende dell'energia infiltrano e spiano i movimenti ecologisti

Fonte
"Gli ambientalisti devono incutere timore alle grandi aziende energetiche, se queste ultime sono arrivate a infiltrare delle spie nelle file degli attivisti per conoscere i loro movimenti e le loro strategie di protesta. Tre grosse aziende energetiche - il gigante Eon, la Scottish Resources, il secondo più grande produttore britannico di carbone, e la Scottish Power, una delle maggiori aziende produttrici di energia nel Regno Unito - hanno pagato per ottenere informazioni da una società che monitorava segretamente gli attivisti. E' quanto rivela il Guardian, che dedica all'indagine l'apertura della sua edizione online. Alcuni documenti trapelati rivelano - scrive il quotidiano britannico - come la proprietaria di Vericola, la società "spiona", Rebecca Todd, riferiva ai colossi energetici dei piani degli ambientalisti dopo avere letto le loro email. La 33enne Todd avrebbe inoltre istruito un agente a partecipare a un incontro degli attivisti e a entrare in confidenza con loro. Lo scoop avviene mentre la polizia britannica, sotto accusa a sua volta per la presenza di poliziotti in borghese nei movimenti di protesta, afferma che ci sono più spioni inviati dalle aziende che non agenti a fare questo lavoro sporco. La polizia afferma inoltre che gli infiltrati delle corporation sono - a differenza degli agenti in borghese - a malapena "regolamentati". Il mese scorso, infatti, le rivelazioni di alcuni agenti, sulle infiltrazioni della polizia tra i manifestanti, hanno scatenato grosse polemiche e portato all'apertura di quattro inchieste. Secondo il Guardian, gli ecologisti sono sorvegliati anche e soprattutto da aziende private, che si spacciano come attivisti nelle mailing list dei gruppi o che si infiltrano per anni nei movimenti verdi. Dai produttori di energia ai venditori di armi, le multinazionali ingaggiano queste spie per evitare che i dimostranti organizzino campagne contro di loro o violino i loro siti internet.

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4 dicembre 2010

enel riconfermato peggior inquinatore in Italia

Riportiamo da Greenpeace.it  
Chi uccide il clima in Italia?

Abbiamo lanciato la classifica dei grandi "inquinatori" dell'anno e il primo classificato è sempre lo stesso: il gigante Enel. Per il quarto anno consecutivo il colosso dell'energia si conferma al primo posto nella lista dei cattivi, seguito da Edison e il Gruppo Saras.

Scarica qui la "classifica dei grandi inquinatori italiani"

Sono 13 milioni le tonnellate (Mt) di CO2 emesse nel 2009 dalla centrale Enel a carbone "Brindisi sud". A seguire la Centrale Edison di Taranto con 5,9 Mt di CO2 e la raffineria Saras di Sarroch con 5,2 Mt di CO2.

Anche se le cifre rimangono alte, complici la crisi economica e l'effetto degli interventi di efficientamento energetico, la CO2 nel 2009 è calata. Da 538,6 milioni di tonnellate del 2008 siamo passati a quota 502 milioni. Ma non basta.

Rispetto al 1990, infatti, la diminuzione è stata del 3%, meno della metà dell'obiettivo fissato dal Protocollo di Kyoto. Non solo, le emissioni della centrale Enel a carbone "Brindisi sud" registrate nel 2009, hanno superato ampiamente le quote e i limiti di 10,4 Mt di CO2 imposti dalla Direttiva europea sulle emissioni (Emission Trading Scheme).

I dati degli ultimi cinque anni dimostrano una riduzione costante delle emissioni del settore termoelettrico, passate dalle 147 Mt del 2005 alle 122,2 del 2009. Il merito è anche della massiccia diffusione delle fonti rinnovabili, il cui contributo sulla produzione totale di energia elettrica ha oramai superato il 20%. Esiste un ampio margine per aumentare questa quota di energie verdi, ma si continua a puntare sul carbone e, in un futuro più lontano, sul nucleare.

Le centrali a carbone autorizzate o in corso di autorizzazione prevedono un totale di circa 40 nuovi Mt di CO2. Se realizzate, impediranno all'Italia di raggiungere i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni al 2020 e potranno gravare sui contribuenti per centinaia di milioni di euro. In particolare, il piano di investimenti di Enel comporterebbe quasi il raddoppio delle sue emissioni di CO2. Vogliamo veramente che la politica ambientale del maggior gruppo elettrico italiano sia proprio questa?

È il momento giusto per orientare il nostro sistema economico produttivo verso soluzioni innovative, basate sulle fonti rinnovabili e l'efficienza energetica, capaci di generare occupazione sostenibile e durevole, migliorare la qualità dell'ambiente e della vita delle persone.

Nei giorni scorsi il Governo ha presentato una proposta di Decreto legislativo in attuazione della Direttiva rinnovabili. Nonostante alcuni aspetti innovativi, la proposta assesta un colpo mortale allo sviluppo dell'energia eolica e colpisce il comparto fotovoltaico, riducendo il meccanismo degli incentivi in maniera disordinata. Chiediamo al Governo una revisione della proposta, anche alla luce dei dati della nostra classifica."

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28 novembre 2010

Attività industriali e mutamenti climatici devasteranno il Pianeta

Le dichiarazioni dello scienziato statunitense James Hansen, docente alla Columbia University e direttore del Goddard Institute for Space Studies della NASA. Fonte.

"Tra qualche giorno, il prossimo lunedì per l’esattezza a Cancun inizieranno i lavori del Cop16, dove 196 paesi si confronteranno su cambiamenti climatici e riscaldamento globale. Dopo il Climategate cavalcato dai climanegazionisti e poi smentito, si torna a discutere di economia, ma dal punto di vista del global warming.
Ebbene James Hansen è proprio in questi giorni a Milano (il 2 dicembre alla Rotonda della Besana) e a Roma (il 4 dicembre alla Fiera della piccola editoria) per presentare il suo libro Tempeste (per i miei nipoti) ed. Ambiente, in cui fotografa l’attuale scenario, le conseguenze e presenta anche le soluzioni.
Precisa che a Cancun:

Nei prossimi negoziati si parlerà soprattutto di meccanismi di compensazione e di finanza climatica, si parlerà di CDM, REDD+, tutti sistemi per scambiare emissioni in cambio di soldi. Tutto questo è green-washing, un inganno dipinto di verde, un tentativo per aggirare la vera questione.
Hansen è docente alla Columbia University nonché direttore del Goddard Institute for Space Studies della NASA: insomma è uno scienziato e ha rilasciato a Terra una intervista dove spiega quali saranno le conseguenze delle attuali scelte politico-economiche basate sull’utilizzo dei carburanti fossili. Il titolo Tempeste si riferisce agli sconvolgimenti climatici, caratterizzati appunto a violente tempeste:
Il pianeta diventerà qualcosa di completamente diverso da come lo conosciamo. Non ci sarà più calotta artica, il livello del mare si innalzerà di 75 metri e gran parte delle specie saranno estinte. Quello che non sappiamo è quanto durerà questa caotica dinamica di transizione verso un pianeta desolato. Lo scioglimento dei ghiacci e il collasso degli ecosistemi sono problemi non lineari – ciò rende difficile dire quando il collasso inizierà. Ma se continuiamo come nulla fosse, questo caos occorrerà durante la vita dei miei nipoti.
Aggiunge che spetta solo a noi comprendere la strada che abbiamo preso e invertire, perciò la rotta:
Io credo che la gente debba svegliarsi e comprendere che possiamo seguire un modello energetico differente, lasciando gran parte del carbone e petrolio bituminoso nel suolo. La giustificazione che per il nostro benessere si deve consumare ogni goccia di combustibili fossili, detto francamente, è una stronzata. Se questo fosse vero che cosa succederebbe alla fine di questo secolo, quando i combustibili fossili finiranno: il mondo cadrà in miserabile povertà? Assurdo!
E propone come soluzione una carbon tax, una tassa sulle emissioni di CO2.
Se noi creiamo una tassa sulle emissioni di CO2 e distribuiamo il ricavato al pubblico, avremo un grande piano di stimolo che renderà le energie pulite competitive sul piano economico e darà forza a una trasformazione della società verso energie a zero emissioni. I discorsi sui green jobs non hanno senso senza una carbon tax, globale e costantemente in crescita.

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26 novembre 2010

Dietro la maschera di enel

Pregevole articolo di Vincenzo Comito, sbilanciamoci.info:

"Enel, la finanza e l'atomo"
Profitti rosei dalle bollette, presagi grigi dalla gestione finanziaria, look verde molto patinato. Questi i colori del colosso dell’energia, nazionalizzato nel ‘62 e privatizzato nel 1992. Alla vigilia dell’avventura nucleare, in cui Enel è immerso fino al collo.
L’Enel nasce nel 1962 con la nazionalizzazione dell’industria elettrica, azione che rappresentava un punto programmatico fondamentale della nuova alleanza di centro-sinistra varata allora nel nostro paese con l’ingresso del partito socialista nel governo. Il nuovo ente metteva insieme le attività sino ad allora esercitate da un rilevante numero di imprese private che fornivano l’energia agli utenti su di una base territoriale più o meno ristretta. Il sistema era inefficiente, offriva un servizio di cattiva qualità a costi molto alti, ottenendo invece profitti in media molto elevati. Il nuovo ente nasceva con molte speranze e con obiettivi ambiziosi, ma darà risultati non certamente all’altezza di tali aspettative iniziali. Inoltre, i soldi ottenuti dalle società private come indennizzi per le nazionalizzazione verranno in gran parte sprecati in iniziative imprenditoriali molto discutibili. Comunque, ancora oggi i prezzi dell’energia in Italia sono molto superiori a quelli medi europei e il servizio vi appare tra i più scadenti.
Tra le altre date da ricordare per quanto riguarda la società va sottolineato il successivo processo di privatizzazione varato nel 1992, che lascerà peraltro in mano all’operatore pubblico il 30% circa del capitale, secondo una formula che sarà comune ad altre società privatizzate, quali l’Eni e la Finmeccanica.
Nel 1999 viene costituita in seno all’Enel, su disposizione del potere politico, la società Terna, cui viene conferita la rete di trasmissione ad alta tensione; successivamente, tale società verrà quotata in borsa mentre l’operatore pubblico manterrà di nuovo circa il 30% del capitale nelle sue mani.
Sempre nel 1999 viene decretata la fine del monopolio Enel e la liberalizzazione del mercato elettrico. A tale scopo, tra l’altro, la società viene obbligata a cedere ai concorrenti una parte delle centrali di sua proprietà.
Nel 2007 l’impresa acquisisce il 92% del capitale di Endesa, la principale società elettrica spagnola. Si tratta del più importante atto di un processo di internazionalizzazione più vasto già intrapreso prima di tale data, processo che vede l’Enel diventare un protagonista del settore in numerosi paesi, europei e non. Da qualche anno la società si è anche inserita nel settore del gas naturale; essa è diventata oggi il secondo operatore del comparto in Italia dopo l’Eni, con una quota di mercato pari a circa il 10%.
Dati recenti
L’Enel è diventata una delle principali società del settore energetico a livello mondiale. Considerando i dati relativi al 2009, al primo posto si collocava la francese GDF Suez, con 84 miliardi di euro di fatturato, seguita dalla tedesca E.ON, con 82 miliardi, poi dall’altra francese EDF, con 66 e subito dopo da Enel con 64 (Nora, 2010).
La società italiana possiede la leadership di mercato, oltre che in Italia e in Spagna, anche in alcuni paesi dell’Europa dell’Est e dell’America Latina.
Su di un totale di 95,7 MG di capacità installata a livello mondiale, 40,6 sono collocati in Italia, 23,6 in Spagna, 17,1 nelle Americhe, 13,5 nell’Europa dell’Est. Per quanto riguarda le modalità di produzione dell’energia, 31 MG derivano da centrali idroelettriche, 26 da centrali a petrolio e gas, 12 da centrali con turbine a gas a ciclo combinato, 18 da unità a carbone, 5,3 da unità nucleari, mentre infine 3,3 MG provengono da fonti rinnovabili, compresa la geotermia.
La società occupava 81.200 persone a fine 2009, con un incremento di 5.200 unità rispetto all’anno precedente, incremento dovuto peraltro prevalentemente all’assorbimento di altre imprese nel perimetro del gruppo. Del totale degli occupati, circa 43.100 lavoravano all’estero e 38.100 in Italia, secondo un trend che vede la quota nazionale diminuire nel tempo in misura rilevante.
L’Enel, così come del resto la Terna, nata a suo tempo da una costola della società, presenta una redditività sostenuta. Nel 2006 gli utili netti erano di circa 3,0 miliardi di euro; essi erano saliti a circa 4,0 nel 2007, mentre nel 2008 essi sono stati pari a circa 5,3 miliardi e a 5,4 miliardi nel 2009; in quest’ultimo anno la società presenta il livello di profitti più elevato in assoluto tra tutte le società italiane, complice peraltro il forte calo di redditività nello stesso anno dell’Eni, in relazione alle difficoltà del settore petrolifero.
La diversificazione internazionale sembra aiutare in qualche modo tali margini di redditività. Ma i profitti sono da collegare, nel caso dell’Enel e anche della Terna, come delle altre principali società elettriche operanti nel nostro paese, non a presunte capacità manageriali dei gruppi dirigenti delle varie imprese, ma al fatto che nel settore vigono delle tariffe amministrate controllate dai governi, con i quali di solito ci si può intendere facilmente. L’apertura del mercato, che si è verificata in seguito alla liberalizzazione del settore, non ha modificato se non in misura modesta tale quadro.
Una visione meno rosea della situazione si ricava considerando invece gli aspetti finanziari della gestione. Il debito finanziario netto a livello di gruppo era pari a 12,3 miliardi di euro nel 2006 e a 11,7 miliardi nel 2006; nel 2007 esso era aumentato all’elevatissimo importo di 55,8 miliardi e al 30 giugno 2010 esso si collocava ancora intorno ai 53,9 miliardi di euro. La società italiana è una delle più indebitate di tutto il continente europeo. Il costo medio del debito si aggirava, tra il 2007 e il 2010, tra il 5% e il 5,5% annuo, generando, tra l’altro, oneri finanziari molto elevati. La ragione fondamentale di tale salto nel 2007 è da attribuire all’acquisizione, avvenuta nello stesso anno, della quota di controllo della spagnola Endesa, costata circa 40 miliardi di euro.
Va considerato, tra l’altro, a questo proposito, che la francese EDF, che nel 2009 presentava un fatturato complessivo leggermente superiore a quello di Enel -66 contro 64 miliardi di euro – , appare da tempo preoccupata per l’entità del proprio debito che, per la verità, è pari a meno della metà di quello della società italiana, collocandosi a fine 2009 intorno ai 25 miliardi di euro (Thomas, 2009), con un rapporto quindi tra debito e fatturato nello stesso anno pari al 37,8% per la società francese, contro il 79,5% dell’Enel.
La società ha come obiettivo dichiarato quello di riportare il livello dell’indebitamento a 39 miliardi nel 2014 – valore che rimarrebbe comunque molto alto-; questo risultato sarebbe ottenuto attraverso la generazione interna di flussi di cassa, una importante politica di dismissioni, tra cui la cessione sul mercato di una quota dell’Enel Green Power, nonché una rilevante riduzione degli investimenti e dei dividendi.
Ma tale programma è soggetto a molte incertezze, tra le quali un possibile abbassamento del rating da parte delle agenzie internazionali, che farebbe aumentare gli esborsi per interessi passivi, nonché un possibile andamento della redditività meno brillante delle previsioni. Va anche considerato che gli investimenti per il nucleare –se realmente portati avanti- potrebbero, in ogni caso, spingere di nuovo verso l’alto, dopo il 2014, il livello degli stessi debiti. Si stima –stima che potrebbe anche rilevarsi molto inferiore alla realtà-, che i programmi nucleari cui parteciperà l’Enel richiederebbero investimenti per circa 32 miliardi di euro, di cui 25 in Italia (Thomas, 2010).
L’Enel, la politica energetica italiana e i costi del nucleare
Nel febbraio del 2009, sulla base di una chiara scelta da parte del governo italiano per un ritorno al nucleare e in relazione anche ad accordi politici tra il nostro governo e quello francese, Enel e EDF hanno firmato un accordo che pone le basi per un nuovo sviluppo congiunto dell’energia nucleare nel nostro paese. Le due società si impegnano a varare almeno quattro centrali con tecnologia ERP. Secondo i programmi concordati la prima centrale dovrebbe entrare in esercizio nel 2020. E’ prevista una partecipazione di maggioranza dell’Enel nella proprietà e nell’esercizio degli impianti. L’accordo è aperto alla partecipazione di terzi. Sembrerebbe interessata alla partita, tra l’altro, la Edison.
Sulla base di un altro accordo con EDF, l’Enel parteciperà contemporaneamente, in posizione di minoranza, alla realizzazione in Francia di altri cinque reattori a tecnologia EPR.
A livello di imprese che dovrebbero collaborare alla costruzione delle centrali si parla di Ansaldo-gruppo Finmeccanica e Techint per la parte italiana e ovviamente per la parte francese di Areva, il leader mondiale dell’industria nucleare, operante nel settore della progettazione e costruzione di centrali nucleari e servizi collegati –si tratta anche della società titolare della tecnologia EPR.
Bisogna ora considerare che le centrali ad energia nucleare sono molto costose da costruire; si parla di 5 miliardi di euro per un impianto da 1600 MW, costo pari a circa 8 volte quello di una centrale a gas della stessa potenza (Greenpeace, 2009). Vanno poi ricordati gli enormi costi di decommissioning, anche essi se sono protratti molto in là nel tempo. Comunque il ritorno economico sugli investimenti è molto lento, anche se i costi di gestione durante la vita delle centrali sono ridotti.
Il reattore finlandese in costruzione da qualche anno sotto la guida di Areva e le cui tecnologie sono molto simili a quelle che dovrebbero essere utilizzate in Italia, ha più di tre anni di ritardo sui tempi programmati – i lavori dovevano essere terminati nel 2009, mentre invece si arriverà, come minimo, alla fine del 2012- , mentre il costo dell’investimento è nel frattempo lievitato dai 3,0 miliardi di euro iniziali ad almeno 5,5-6,0 miliardi e mentre sono emersi anche rilevanti problemi di sicurezza. Bisogna anche ricordare le passate esperienze dell’Enel nel settore in Italia, con impianti inaffidabili e con costi e tempi di realizzazione che hanno ecceduto di gran lunga le previsioni (Greenpeace, 2009).
Per molti, più in generale, l’elettricità derivata dal nucleare non è economica, oltre che fonte di rischi rilevanti. Secondo studi recenti (Silvestrini, 2010) essa è più costosa del carbone, del gas, del petrolio e dell’eolico. Molto dipende peraltro dai sussidi e da altre agevolazioni pubbliche; non si ha in effetti notizia di centrali atomiche costruite e gestite nel mondo senza un qualche importante apporto statale. Senza tale intervento è molto difficile che delle imprese si decidano di rischiare dei capitali in proprio.
In occasione del convegno annuale dello studio Ambrosetti a Cernobbio, nel settembre del 2010 i responsabili dell’Enel hanno affermato che con la costruzione delle centrali nucleari i prezzi dell’elettricità in Italia si sarebbero abbassati del 25-30%. Si tratta di cifre senza alcun fondamento (Silvestrini, 2010), che fanno parte di una campagna volta a dimostrare all’opinione pubblica che il nucleare è poco costoso e sicuro. In realtà, con la costruzione di tali centrali appare più probabile che i prezzi aumentino.
La costruzione degli impianti atomici in Italia, visti gli eventuali tempi lunghi di costruzione delle centrali, non potrebbe peraltro avere alcun ruolo nella corsa alla riduzione dei gas serra entro il 2020, riduzione in merito alla quale peraltro l’Italia non sembra stia facendo molto.
La politica energetica italiana, volta più in generale ad un ritorno al nucleare e al carbone, le due fonti più pericolose e sporche, nonché caratterizzata da una scarsa attenzione alle energie rinnovabili e ai programmi di aumento dell’efficienza energetica, rischia di relegare la penisola alla condizione di paese energeticamente sottosviluppato (Greenpeace, 2009). In effetti, oltre all’iniziativa sul nucleare, l’Enel sta anche portando avanti l’apertura di nuove centrali a carbone e la conversione a carbone di centrali già funzionanti da tempo con altre tecnologie. Va sottolineato che il tale combustibile è quello con le più alte emissioni di gas serra. Bisogna anche considerare che, in ogni caso, appare sostanzialmente impossibile che i tempi dichiarati ufficialmente per il programma nucleare vengano rispettati e ci sono anche delle speranze che tali progetti non verranno mai realizzati o che comunque essi saranno almeno ridimensionati.
Le presunte credenziali verdi dell’Enel
L’Enel ha costituito nel 2008 la “Enel Green Power”, mettendo insieme le sue attività nel settore delle energie rinnovabili. La nuova società sarà introdotta in Borsa nell’ottobre del 2010, con l’offerta al mercato di circa il 30% del suo capitale. L’operazione ha fruttato a consuntivo circa 2,6 miliardi di euro di denaro fresco per la capogruppo –abbastanza meno di quanto il gruppo dirigente dell’azienda sperava-, che con tale iniziativa cerca di accreditarsi contemporaneamente, almeno nelle intenzioni, come fortemente sensibile ai temi ecologici.
Ma gli scettici riguardo a tale operazione sono molti; essi sottolineano, tra l’altro, come in realtà l’amministratore delegato della società, Fulvio Conti, sia uno dei nemici più convinti delle tematiche ambientaliste, avendo tra l’altro dichiarato la sua contrarietà alle conclusioni del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sul tema, gruppo che valutava come molto probabilmente l’aumento delle temperature globali sia causato dalle emissioni umane (Dinmore, 2010). Un consulente del settore, A. Consoli, giudica Conti come un campione della vecchia scuola dell’energia, che combatte i movimenti verdi e porta avanti delle cattive politiche accompagnate da campagne pubblicitarie devianti (Dinmore, 2010). La società, ancora recentemente, ha inoltre manifestato la sua opposizione alle norme più restrittive progettate dai ministri dell’Unione Europea in tema di permessi alle emissioni di gas serra (Dinmore, Crooks, 2010). L’Enel è, tra l’altro, il più grande emettitore di tali gas del nostro paese e non sembra voler fare nulla per ridurli in maniera significativa.
Greenpeace ricorda peraltro come nella nuova entità avviata dall’Enel, escludendo gli impianti idroelettrici e geotermici presenti in Italia da moltissimi decenni, le altre energie rinnovabili pesino meno dell’1% della produzione di energia di Enel in Italia (Greenpeace, 2010).
D’altro canto, cedendo una parte delle azioni della società Enel Green Power, l’Enel rinuncia anche ad una parte degli utili; bisogna ricordare, a tale proposito, come quello delle energie rinnovabili sia il settore più redditivo presente all’interno del gruppo.
Per quanto riguarda l’azionista pubblico, va sottolineato che, ridimensionando l’Enel in maniera molto importante i dividendi per diminuire nei prossimi anni il livello dell’indebitamento, si riducono contemporaneamente le entrate dello stato italiano per circa 1,25 miliardi di euro all’anno, mentre i contribuenti hanno già versato 2,5 miliardi per l’aumento di capitale effettuato nel 2009 (Thomas, 2009). Questo significa che una parte consistente del peso finanziario del processo di internazionalizzazione della società verrà pagato da noi, come molto probabilmente ricadrà sui contribuenti una parte importante degli investimenti nelle centrali nucleari, se mai si faranno.

Testi citati nell’articolo
-Dinmore G., Crooks E., Enel sounds alarm over tight emission rules, www.ft.com, 17 marzo 2010
-Dinmore G., Enel’s green credentials challenged ahead of IPO, www.ft.com, 21 giugno 2010
-Nora P. (a cura di), A nous, le vaste monde, Le Nouvel Observateur, 19-25 agosto 2010
-Greenpeace, Stop carbone! Efficienza energetica adesso, Documenti e rapporti, Greenpeace Italia, Roma, 2009

-Silvestrini G., Disinformazione nucleare, www.qualenergia.it, 8 settembre 2010
-Thomas S., Enel. Prospettive e rischi degli investimenti in energia nucleare, rapporto per Greenpeace Italia, Documenti e rapporti, Greenpeace Italia, Roma, 2009
(Vincenzo Comito, sbilanciamoci.info)

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17 novembre 2010

Eco-balla CCS (stoccaggio anidride carbonica nel sottosuolo): la CO2 può contaminare le falde acquifere

La crociata falso-verde per le tecnologie CCS (carbon capture storage) è in moto in Europa, dove coi soldi dei contribuenti si stanno finanziando progetti sperimentali di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica nel sottosuolo. Abbiamo già spiegato il perché questa idea sia malsana e antieconomica, i nuovi studi continuano a confermarlo.

Da GaiaNews.it
"Perdite di anidride carbonica iniettata in profondità per aiutare a combattere il cambiamento climatico potrebbero danneggiare o contaminare l’acqua nelle falde acquifere in prossimità della superficie, facendo salire i livelli di contaminanti nelle acque di dieci volte o più in alcuni luoghi, secondo uno studio degli scienziati della Duke University.

Sulla base di un’analisi durata un anno con carotaggi da falde acquifere di quattro siti da cui si ricava acqua potabile, “abbiamo trovato che il potenziale di contaminazione è reale, ma ci sono modi per evitare o ridurre i rischi”, dice Robert B. Jackson, docente di cambiamenti climatici e professore di biologia alla Duke.

“I criteri geologici che abbiamo identificato nello studio possono aiutare a identificare zone in tutto il paese (gli USA, ndr.) che devono essere monitorate o evitate,” dice. “Ma non tutti i siti sono soggetti a problemi di qualità dell’acqua.”

Lo studio è comparso nell’edizione online della rivista Environmental Science & Technology.

Lo stoccaggio dell’anidride carbonica in profondità sotto la superficie della Terra, un processo noto come geosequestrazione, fa parte di un nsieme di metodi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica appena prodotta nelle fasi produttive da governi e industrie a livello mondiale per ridurre la quantità di emissioni di gas serra nell’atmosfera terrestre. Le tecnologie ancora in fase di studio sono progettate per catturare e comprimere la CO2 appena viene emessa alla fonte – in genere in centrali elettriche e altri impianti industriali – e per trasportarla in luoghi dove può essere iniettata molto al di sotto della superficie terrestre per uno stoccaggio di lungo termine. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, lavorando con l’industria e il mondo accademico, ha iniziato la pianificazione almeno sette progetti regionali di geosequestrazione.

“La paura della contaminazione dell’acqua potabile da perdite di CO2 è uno dei tanti punti critici sulla geosequestrazione e ha contribuito a far nascere un’opposizione locale ad essa,” dice Jackson, che dirige il centro per i cambiamenti globali della Duke University. “Abbiamo esaminato l’ipotesi di cosa accadrebbe se la CO2 risalisse lentamente dalle formazioni geologiche profonde, e quale potrebbe essere l’impatto negativo delle falde acquifere di acqua dolce in prossimità della superficie, e perché”.

Jackson e il suo collega Mark G. Little hanno raccolto campioni di carote (non i vegetali arancioni, ma dei campioni di forma cilindrica prelevati con una speciale trivella) da quattro falde acquifere di acqua dolce in tutti gli Stati Uniti in prossimità dei potenziali siti potenziali per la geosequestrazione e le hanno portate in laboratorio, facendo passare della CO2 attraverso il materiale per ben un anno.

Dopo l’esposizione ad un anno di CO2, l’analisi dei campioni ha mostrato che “ci sono un certo numero di siti potenziali dove le perdite di CO2 trasportano contaminanti dieci volte in più del normale, in alcuni casi a livelli superiori i carichi massimi di contaminanti fissate dall’EPA per l’acqua potabile, “dice Jackson. Tre fattori chiave - mobilità di particelle metalliche, la capacità di accumulare carbonati e scambi di elettroni nella falda acquifera sovrastante – sono risultati influenzare il rischio di contaminazione dell’acqua potabile da fughe di CO2 nel sottosuolo.

Lo studio ha anche identificato quattro marcatori che gli scienziati possono utilizzare per verificare la segnalazione tempestiva di possibili perdite di anidride carbonica. “Insieme con variazioni di concentrazione di carbonato e l’acidità delle acque, le concentrazioni di manganese, ferro e calcio potrebbero essere tutti utilizzati come marcatori geochimici di una perdita, in quanto il loro aumento di concentrazione nelle due settimane di esposizione al di CO2″, dice Jackson.

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31 agosto 2010

"Quella ciminiera falla azzurra. Così farà meno paura alla gente" Greenwashing e costruzione del consenso

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Articolo da Liberazione 25/08/2010, pag 6

"Tirreno Power, la proprietaria della centrale a carbone di Vado Ligure, è anche lo sponsor dell'estate savonese e di qualsiasi iniziativa culturale nella zona. Compra paginate sui quotidiani locali. Sul suo sito - dove prevalgono colori che evocano il cielo - si sorvola sulla ricca letteratura scientifica a proposito della mortalità impressionante entro 50 chilometri dalla centrale, ma si valorizza l'impegno della Spa che fa capo all'ingegner De Benedetti per lo sport. Loro dicono che sia perché lo sport insegna le regole del vivere comune ma è più probabile immaginare che associare il marchio allo sport evochi l'empatia tipica dei tifosi (noi contro loro) e un immaginario legato alla salute, alla forza, alla giovinezza, alla vita. Ossia a tutto ciò che un mostro come quello piantato tra Vado e Quiliano ruba da quarant'anni agli abitanti. Anche a Civitavecchia, in provincia di Roma, l'Enel utilizza mezzi simili per far ingoiare alla città le polveri sottili e i veleni di Torre Valdaliga. «Non c'è torneo, festival o rifacimento di strada che non porti la firma dell'azienda», conferma Simona Ricotti, no coke civitavecchiese a Liberazione. «Hanno comprato tutto. E non è per caso che il governo abbia modificato il testo unico sull'ambiente inserendo la possibilità di accordi economici che era stata esclusa dai referendum contro il nucleare». Ma come si fa a corrompere le comunità locali? 

Un documento (clicca sull'immagine) che la galassia ambientalista ha intercerttato a Verona spiega come si fa a "liberare" i sindaci ostaggio di «minoranze fortemente motivate» e dalle loro «strategie di contrasto, spesso demagogiche o politicamente interessate». Si tratta di una relazione della municipalizzata veronese per l'esecuzione degli interventi relativi al termovalorizzatore di Ca' del Bue. Un testo degno di diventare il canovaccio per un recital teatrale di Dario Fo o Michele Paolini. Il "piano di comunicazione" fa alcune raccomandazioni per «ingenerare fiducia nel proponente», limitando il ricorso a metodi assembleari (gli ambientalisti tendono ad essere ideologici!) in favore di stratagemmi che potrebbero «migliorare efficacemente la percezione». Così, nell'esempio citato, a una vera macchina da cancro come il termovalorizzatore di Brescia è bastato dipingere il camino di blu per diventare parte del paesaggio. «Ma l'arsenico che esce è sempre lo stesso», commenta Simona Ricotti annunciando per settembre il varo di un coordinamento nazionale contro le centrali a carbone che coinvolgerà i cittadini di Rossano Calabro, Gualdo Cattaneo, Porto Tolle, Brindisi. Oltre ai liguri e a chi vive all'ombra di Torre Valdaliga Nord (anche qui il progetto prevede una torre azzurra) e Torre Valdaliga Sud. La prima è di Enel, funziona da un anno ed è già al centro di alcune inchieste sull'occultamento di rifiuti, sull'eccesso di fumi e rumori, e rischia il sequestro per esercizio in assenza di autorizzazione. Tirreno Power spunta nella torre sud dove vorrebbe far funzionare a ciclo continuo il gruppo di riserva che risale al '74 e avrebbe già effettuato indagini di mercato per farlo funzionare a carbone.
E quando il marketing non è sufficiente si ricorre al ricatto occupazionale. Un evergreen. «A Savona Tirreno Power tenta di superare gli ostacoli rivolgendosi alle categorie sindacali nazionali per sponsorizzare l'ampliamento arrivando ad ipotizzare la chiusura dell'impianto qualora il potenziamento non venisse concesso», dice il segretario provinciale del Prc, Marco Ravera. «E' grave che i sindacati, regionali e nazionali, abbiamo scelto di scavalcare il territorio. Tutto per una cinquantina di posti di lavoro in più. Le rinnovabili ne creerebbero molti di più».
Dal punto di vista politico l'avvento di giunte di centrodestra in provincia e al comune di Vado ha complicato la situazione: «Qui siamo nella sfera d'influenza di Scajola», dice anche Simone Falco, ex consigliere Prc a Vado dove lo scontro sulle questioni ambientali si sta consumando anche sul progetto Margonara (nel quale è stato bocciato un grattacielo firmato dall'archistar Fuksas) e sui 250mila metri cubi di cemento che la multinazionale danese Maersk vorrebbe far galleggiare in mezzo al porto.
Di carbone si muore ma l'azienda ha tappezzato la città con poster che dicono: «La tecnologia esiste Tirreno Power la possiede». Intanto continua a far funzionare due gruppi vetusti e obsoleti in barba ai piani regionali su energia e qualità dell'aria e continueranno a funzionare così anche dopo l'ampliamento. Tanto sulle ciminiere solo il padrone ci può mettere le mani e l'Arpal, secondo l'Ordine dei medici, può fare solo misurazioni «superficiali e insufficienti».
che.ant.

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3 aprile 2009

Pulito come solo il carbone pulito può essere

Il gruppo Archimede di S.Marinella ha tradotto e adattato un famoso spot americano firmato dai celebri Fratelli Coen (Non è un paese per vecchi, Fratello dove sei, Fargo...)





la versione originale "Get clean coal clean!":



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20 giugno 2008

Asian Development Bank: l'espressione "clean coal" ("carbone pulito") è ingannevole


Pochi giorni fa, nel corso del terzo Convegno Annuale "Asia clean energy" della Banca dello Sviluppo per l'Asia (Asian Development Bank, ADB), è passata una mozione per bandire l'uso dell'espressione "clean coal", carbone pulito.
Il vice presidente ADB, Bindu Lohani, a chiusura del Convegno è intervenuto affermando:
"Dobbiamo smettere di usare la locuzione 'carbone pulito', piuttosto chiamiamolo per quello che realmente è: 'more efficient coal'".
Cioè, semplicemente, tecniche per produrre energia col carbone in modo più efficente rispetto al passato. Il che non significa che il carbone sia pulito, anzi.
E' una grande notizia che un'organizzazione influente come l'ADB, giunga ad ammettere che l'espressione "clean coal" sia mistificante, in quanto indica una fonte di energia tra le più sporche e dannose per il pianeta intero.
Fonte originale (Businessmirror.com)

E' superfluo sottolineare che questa considerazione vale anche per le tecniche di produzione energetica utilizzate a TVN. L'ennesima dimostrazione delle balle che politicanti e affaristi ci somministrano giornalmente.

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28 novembre 2007

I veri ecobugiardi Vol.1: la pubblicità ingannevole di Sorgenia.


Inauguriamo con questo post la rubrica "I veri ecobugiardi": uno spazio di informazione che ci pare necessario proporre vista la progressiva diffusione mediatica di questo neologismo, "ecobugiardi". Un termine a volte usato a mò di clava dai vari filo-carboniani contro quelli che definiscono catastrofisti in malafede: cioè quanti sono impegnati a vario titolo nella lotta per impedire lo scempio dell'ambiente di vita nostro e delle generazioni future, e per mostrare che le alternative esistono. Ovviamente questo carattere di alternatività risulta piuttosto indigesto ai soggetti interessati allo sfruttamento del business energetico sporco, i quali certo non gradiscono il fastidio provocato da chi si oppone ai loro disegni.

Ebbene, ecco subito spuntare un esempio di quelli che a nostro parere sono I VERI ECOBUGIARDI. Ormai saranno pochi quelli che non si siano imbattuti in qualche spot di Sorgenia, in cui l'azienda si descrive come attenta all'ambiente, in quanto produttrice di energia pulita. Vediamo cosa ne pensa l'esimio prof. Stefano Montanari:


Ma ci lasciamo fregare proprio da tutti?
IL BLOG DI STEFANO MONTANARI - mercoledì 28 novembre 2007


Qualora non ci bastasse, potremmo rinverdirci la memoria anche cliccando qui.

Chissà, magari un giorno qualche multinazionale potrebbe provare a brevettare l'espressione "energia pulita", per poterla poi sfruttare e declinare nei modi che riterrebbe più opportuni. Ma fino a che quel giorno non verrà, noi utenti -quando non lo Stato...per carità- potremmo provare ad alzare la testa contro chi impunemente ci propone bugie su bugie, a nostro danno. In questo caso addirittura tentando di intercettare la crescente sensibilità ecologista, spacciando pubblicità ingannevoli. Tutto questo mi ricorda da vicino la politica della sinistra, che prima si fa eleggere proclamando intenti ecologisti, per poi proporre menzogne e carbone, peraltro senza un vero progetto. Kyoto è sempre più lontano, ma qualcuno definisce noi "ecobugiardi".

A proposito di queste analogie tra le pubblicità ingannevoli e la politica energetica di questa sinistra, dobbiamo sapere che "i proprietari di Sorgenia" sono anche gli stessi che mantengono un fitto silenzio mediatico sulle nostre lotte per l'adozione di un modello di sviluppo ecosostenibile, contro il carbone. Ma guarda caso... A chi ci riferiamo? A De Benedetti, proprietario del quotidiano La Repubblica, di cui abbiamo già avuto modo di parlare.

Cogliamo l'occasione per ricordare a quanti ci bollano in modo disonesto come "popolo dei no a tutto", che noi abbiamo delle alternative ben chiare in mente rispetto agli oggetti del nostro dissenso. Bollarci come popolo dei no serve a mettere in ombra le nostre proposte. Risparmio ed efficenza energetica (a cominciare dalla messa al bando delle lampadine incandescenti come in altri Paesi), investimenti e incentivi seri nell'energia del futuro, quella rinnovabile, sono proposte chiare semplici e praticabili, molto più di quanto si voglia far credere.


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14 maggio 2007

CARBONE: TRUFFA, INUTILE E PERICOLOSO. Firmato "The Economist".

CARBONE: TRUFFA, INUTILE E PERICOLOSO. Firmato "The Economist" (B. Grillo)
http://nocoketarquinia.splinder.com/post/12161507/THE+ECONOMIST:+CARBONE,TRUFFA,+INUTILE+E+PERICOLOSO

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