Da Dirittiglobali.com
"Cresce la protesta nella Sibaritide per la conversione dell´impianto
ROSSANO (COSENZA) - Cresce la protesta contro la riconversione a carbone (al 95%) della centrale di Rossano, in provincia di Cosenza. Per il Consiglio provinciale il progetto è «irricevibile perché contraddice non solo il piano energetico regionale, ma anche la vocazione e le potenzialità dello sviluppo della Sibaritide: il nostro obiettivo è la riconversione a ciclo combinato con fonti rinnovabili».
L´Enel e il Comitato per il sì replicano parlando di nuovi posti di lavoro e ricordando che «il carbone è il combustibile più utilizzato al mondo e in particolare in Europa: la media è il 31 per cento, con punte del 47 per cento in Germania e del 34 in Inghilterra, Danimarca e Spagna».
Ma il malumore si allarga. Il Pd di Cassano si chiede «a cosa serva una manciata di posti di lavoro in più se poi la riconversione causerà una drastica diminuzione dell´occupazione agricola e di quella turistica nonché un serio aumento di malattie a carico della popolazione residente. E´ dimostrato scientificamente che il processo di combustione del carbone produce innumerevoli elementi tossici inquinanti, tra cui i ben noti metalli pesanti, nonché elementi radioattivi e prodotti di scarto potenzialmente tossici con effetti cancerogeni». Anche Ferdinando Aiello, della Federazione della Sinistra, ha presentato un ordine del giorno al presidente del Consiglio regionale, Francesco Talarico, chiedendo un impegno per il no. Sulla stessa posizione il consigliere regionale di Idv, Mimmo Talarico: «Il carbone costituisce l´archeologia delle fonti energetiche. Ragioni di ordine ambientale ed economico scoraggiano simili soluzioni, mentre sarebbe più logico concentrarsi sulle fonti rinnovabili che, com´è noto, danno garanzie non solo sul piano degli impatti ambientali, ma anche sul versante della capacità produttiva e dei costi di produzione dell´energia»
6 luglio 2010
No al carbone a Rossano, prosegue la mobilitazione
Pulizia della Frasca: successo
Comunicato del Comitato Piazza pulita
"La pulizia della Frasca promossa da Italia nostra e Forum ambientalista, è andata benissimo!
Sia per il gruppo numeroso di volontari che armati di guanti e sacchi hanno partecipato con entusiasmo ed impegno, sia perché abbiamo trovato il luogo più pulito rispetto agli anni passati.
I frequentatori hanno imparato a non sporcare e a lasciare pulito.
Ciò significa che si accresce col tempo fra i cittadini la coscienza e la sensibilità verso la tutela del patrimonio ambientale e scatta la molla ad agire in prima persona quando l’ente pubblico è assente, per salvaguardare ciò che mantiene l’ equilibrio ecologico e la specificità naturalistica del proprio territorio.
Un messaggio chiaro è stato mandato ad amministratori e politici: la Frasca va tutelata!
Certo i problemi non mancano a cominciare dallo stato di salute delle acque: sono balenabili? C’è ancora l’inquinamento dovuto agli scarichi dell’allevamento ittico della centrale?
Sentiamo ancora parlare di progetti con colate di cemento che farebbero sparire la Frasca.
Sul suo futuro vorremmo che l’amministrazione comunale si pronunciasse senza ambiguità.
Comunque oggi registriamo un primo risultato positivo che è opera dei cittadini ma è anche merito delle associazioni ambientaliste che promuovono da anni iniziative per la Frasca, a cui va il nostro ringraziamento insieme a quello dei civitavecchiesi.
Comitato Piazza pulita
(ma leggete anche questo, NdR: http://www.centumcellae.it/leggi.php?id=28909)
3 luglio 2010
Brindisi: i cittadini chiedono a Irene Grandi di NON esibirsi per enel
Pregevolissima iniziativa dei brindisini che provano a spiegare alla italica pop singer Irene Grandi, invitata a esibirsi presso la centrale a carbone di Cerano, la distruzione e i danni che questa arreca al territorio e alla sua gente (vedi qui), e di conseguenza la invitano a non esibirsi per una causa sporca che di più non si può.
Rinconversione a carbone a Rossano calabro: le balle non passano
I cittadini calabresi non stanno a guardare: "Enel suona l’Arpa. Dopo Civitavecchia arrivano le fesserie su Brindisi". Leggi su difendiamolacalabria.it.
2 luglio 2010
Fanghi tossici e radioattivi sotto il letto del fiume: lo smaltimento all'italiana. "4000 persone a rischio"
La storia è iniziata con un aumento evidente di decessi per tumori di svariate specie, tra la popolazione vicina al comune di Paola (Calabria).
Fonte
"AMANTEA - "Più di quattromila persone a rischio". Insomma, esiste un pericolo attuale per la popolazione residente nei territori dei comuni di Amantea, San Pietro in Amantea e Serra d'Aiello possano soffrire le conseguenze di un drammatico inquinamento. E' la conclusione della perizia della Procura di Paola eseguita dopo i rilievi nel fiume Oliva. Centomila metri cubi di fanghi industriali provenienti non si sa da dove e scaricati nel letto del fiume e dintorni.
La zona è quella circostante al letto del fiume Oliva a sud della località Foresta (centri di Campora San Giovanni, Coreca e Case sparse comprese tra il mare e la località Foresta), letto nel quale sono stati riversati "contaminanti ambientali capaci di indurre patologie tumorali e non: metalli pesanti e radionuclidi artificiali".
Dai carotaggi ordinati dal Procuratore di Paola Bruno Giordano - che sta
indagando sulle cause dell'aumento dei tumori nella zona - emerge la presenza del cesio 137 "che rende il danno ambientale assai più grave". E poi berillio, cobalto, rame, stagno, mercurio, zinco e vanadio che superano i limiti consentiti dalla legge. Manganese nell'acqua del fiume. E ancora: "Antimonio, cadmio e altri radionuclidi di uso medicale e industriale".
Con che effetti sulla popolazione? "Un segno utile alla valutazione di effetti già evidenti sulla salute - scrive, nella sua relazione, il dottor Giacomino Brancati - è proprio determinato dalla presenza nei territori più prossimi ai siti di contaminazione di neoplasie maligne, ed in particolare della tiroide, per le quali in specie il cesio 137 è conosciuto in letteratura quale fattore etiologico". In pratica gli abitanti si ammalano di tumore in modo direttamente proporzionale alla vicinanza ai siti contaminati.
In cifre, nei Comuni di Amantea, San Pietro, Serra d'Aiello, Aiello, Cleto, Lago, Domanico, Grimaldi e Malito, tutti in provincia di Cosenza. dal 1996 al 2008 ben 1483 persone si sono ammalate di tumore. Ma è proprio in prossimità del fiume Oliva che si registra il picco: "Si conferma l'esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità rispetto al restante territorio, dal 1992 al 2001 in particolare nei comuni di Serra d'Aiello (tumori del colon, del retto, degli organi uro genilai e del seno), Amantea (con prevalenza di tumori del colon), Cleto e Malito (prevalenza tumori del colon). I dati sono stati estrapolati dalle schede di dimissione ospedaliere, sia in regione che fuori regione, relative ai ricoveri dei residenti nei comuni esaminati.
La perizia parla di "contaminanti radioattivi in quantità e collocazione che fa fortemente sospettare l'origine esogena". Cioè è roba che non è del luogo (non ci sono industrie ad Amantea), ma che è stata scaricata lì. In particolare nel comune di Serra d'Aiello e di Amantea i ricoveri sono aumentati, si legge nella relazione del dottor Brancati, con "un eccesso statisticamente significativo rispetto al rimanente territorio regionale dal 1996 ad oggi".
Cosa fare ora? Come togliere centomila metri cubi di sostanze che mettono a rischio la vita della gente? E chi risarcirà gli ammalati e le loro famiglie? "Tali analisi - conclude la perizia - confermano la necessità oramai improcrastinabile di approfondire il livello di analisi con indagini epidemiologiche di campo in uno con le attività di sorveglianza sanitaria, risk management e bonifica ambientale".
Ora bisogna capire chi ha scaricato queste sostanze nel fiume Oliva e quando. Secondo la Procura, ci sono materiali portati anche negli ultimi tre anni. Ma nelle vicinanze del fiume, lo ricordiamo, c'è la spiaggia di Formiciche dove nel 91 si arenò la famosa nave Jolly Rosso, sulla quale grava l'ombra delle "navi a perdere". La Procura di Paola sta cercando anche gli ipotetici fusti che, secondo alcuni testimoni, sarebbero stati portati di notte dalla nave fin nei pressi del fiume, con l'aiuto di camion. Ma finora di fusto non ne è stato trovato neanche uno. In compenso, è stata inaspettatamente trovata una colonna del VI secolo a. C che, secondo un primo sopralluogo archeologico effettuato questa mattina , apparterrebbe all'antica città di Themesa. Un gioiello buttato nella "discarica" dopo esser stato probabilmente ritrovato in altro luogo. Forse per evitare un blocco di lavori a causa del valore storico della colonna. Alle violenze contro l'ambiente e la salute si è dunque aggiunta oggi la scoperta di questa violenza contro l'arte e la storia. E probabilmente le sorprese del fiume Oliva non sono finite qui.
(01 luglio 2010)
1 luglio 2010
COORDINAMENTO NAZIONALE CONTRO IL CARBONE
Nasce il Coordinamento nazionale dei comitati contro il carbone e per le
fonti rinnovabili
Dal 1° luglio 2010 sarà attivo il Coordinamento Nazionale dei comitati italiani che si battono contro le centrali a carbone e per le fonti rinnovabili. La decisione per un organismo unico di coordinamento e supporto legale e scientifico è stata presa a Tarquinia (Viterbo) dai rappresentanti dei comitati veneti, liguri, umbri, laziali, pugliesi e calabri, nell'ambito del convegno di presentazione dei risultati del 1° "Monitoraggio autonomo della qualità dell'aria", pagato interamente dai cittadini per fare in proprio dove le istituzioni hanno fallito.
Tarquinia è colpita dagli inquinanti rilasciati dalla centrale a carbone di Civitavecchia. Obiettivo dichiarato del Coordinamento Nazionale è far emergere le responsabilità politiche e penali che rendono ancora possibile in Italia l'uso del peggiore combustibile fossile, che libera sostanze tossiche pericolosissime anche
quando sono nei limiti di legge. Il Coordinamento varerà anche un programma
di sostituzione delle fonti fossili con fonti rinnovabili, per soddisfare i
fabbisogni energetici delle proprie comunità.
Coordinamento Nazionale No Coke
Per ulteriori notizie e informazioni: 329.7924124 335.8272742
30 giugno 2010
TVN: l'aggiunta di un inceneritore per i rifiuti di Roma fa gola a molti
Eh già, l'idea di liquidare, nascondere il problema della gestione dei materiali post-consumo, dentro TVN gola profonda allettava ancora poco tempo fa anche Marrazzo, tra gli altri. Oggi è Alemanno che torna a spingere, e tanti son pronti a leccarsi i baffi: si mangia!
E noi a subire questa politica residuale scoria di un'incultura che produce rifiuti degradanti e non degradabili. Lo permetteremo?
Ecco le buone notizie:
- "Alemanno indica Allumiere come discarica di Roma" (Centumcellae.it)
- Discarica ad Allumiere, De Paolis: "Ci risiamo" (TrcGiornale.it)
- "Stiamo per diventare la discarica di Roma" (Il Faro on line)
Miniere di carbone: nove nuovi morti in Cina
Da Adnkronos/Xinhua
"Pechino, 30 giugno - Nove persone sono rimaste uccise in Cina a seguito di un'esplosione avvenuta in una miniera di carbone nella provincia sud occidentale dello Yunnan. Secondo le autorita' locali, la deflagrazione nella miniera Goutou di Zhaotong, nella contea di Weixin, sarebbe avvenuta a causa di una fuga di gas intorno alle 11 ora locale."
Riconversione a carbone a Rossano: interpellanza parlamentare
Riportiamo da Strill.it
"Centrale Rossano: domani i Ministri risponderanno ad interrogazione Elio Belcastro
Di seguito la nota diffusa da Noi Sud
L’on. Elio Belcastro, vice segretario nazionale del partito Libertà e Autonomia “noi Sud”, ha informato i sindaci dei Comuni di Corigliano e Rossano che domani, in Parlamento, i Ministri dell’Ambiente, per i Beni e le Attività Culturali e delle Attività produttive, risponderanno all’interpellanza urgente che ha presentato per sapere:
1) Cosa si intenda fare, di concerto con le amministrazioni locali e regionale, per far sì che l’Enel riveda le sue valutazioni e decisioni in merito alla ristrutturazione e riconversione al carbone della centrale sita nel territorio di Rossano e Corigliano.
2) Se non ritenga tale progetto totalmente inidoneo e in contrasto con ogni possibile ipotesi di sviluppo di quel territorio che ha nell’agricoltura e nel
turismo le leve fondamentali per puntare ad una propria autonomia economica.
3) Se non si ritenga necessari utilizzare questa situazione per una seria riflessione che ponga il territorio della Calabria al centro di produzioni di energie alternative che possano rappresentare un volano per nuove forme di sviluppo e, al contempo, che siano in armonia con le vocazioni naturali della Regione Calabria.
Secondo Belcastro, per l’ennesima volta i calabresi e nella fattispecie la popolazione dei due Comuni interessati dalla centrale dovrebbero subire, dopo aver manifestato il loro disaccordo, una decisione dell’Enel che contrasta con la vocazione del territorio.
Belcastro conclude dicendo che é ora di smetterla con le decisioni che si prendono a Roma e si ribaltano sui territori meridionali incuranti dei guasti che producono e senza avere riguardo per le peculiarità del territorio, per le sue potenzialità e per le aspettative della popolazione.
Il partito Libertà ed Autonomia “noi SUD” sarà a fianco delle amministrazioni locali e delle popolazioni per tutelare le legittime aspettative anche per le generazioni che verranno.
“noi SUD” Calabria
La zappa sta ai piedi come il carbone alla salute
Riportiamo l'articolo "Carbone europeo, l'aiuto sporco continua" da QualEnergia.it
La Commissione avrebbe deciso di rinviare per la settima volta la fine degli aiuti di Stato al carbone. Dovevano cessare quest'anno, se ne riparlerà invece nel 2023. Miliardi di euro in nome di crescita e occupazione che faranno però aumentare le emissioni. Una decisione in contraddizione con l'impegno assunto al G20 di eliminare gli aiuti alle fonti fossili. L’Europa continuerà a finanziare il carbone, rinviando per la settima volta la fine dei sussidi? La notizia uscita giusto un paio di giorni prima del G20 di Toronto, dove i grandi hanno rinnovato l’impegno a mettere fine ai finanziamenti pubblici in favore delle fonti fossili. è appunto che la Commissione avrebbe intenzione di prolungare gli aiuti alla fonte più dannosa per il clima per altri 12 anni, Una contraddizione evidente.
Nel 2002, con la fine della Ceca (Comunità europea per il carbone e l’acciaio), l’Ue aveva adottato un regolamento che permetteva gli aiuti di Stato all’industria del carbone (facendone un’eccezione rispetto agli altri settori). Il regolamento, prorogato già per 6 volte, sarebbe dovuto decadere a fine 2010 ma – come detto - la Commissione pare propensa ad accogliere la proposta dello spagnolo Joaquín Almunia e rinviare al 2023 la chiusura dei rubinetti (anche se la pubblicazione della decisione definitiva avverrà solo il prossimo 6 luglio).
A spingere la Commissione verso il prolungamento dei sussidi – riporta Reuter che ha visionato il documento provvisorio – ci sono le preoccupazioni per sicurezza energetica ed occupazione: si parla di 100mila posti di lavoro a rischio se gli aiuti venissero tolti e problemi per paesi come la Polonia che contano su questo combustibile per il 95% del fabbisogno elettrico. Gli aiuti al carbone al 2020 arriverebbero così a 3,2 miliardi di euro, distribuiti soprattutto in Germania Spagna, Ungheria, Polonia e Slovacchia.
Soldi, non c’è bisogno di dirlo, spesi per allontanare l’Unione Europea dal suo obiettivo in materia di emissioni. Soprattutto una decisione che va in direzione opposta a quanto si sono impegnati a fare anche alcuni governi europei al G20 appena concluso. Contro i sussidi alle fonti fossili i 20 grandi si erano già espressi l’autunno scorso. Poche settimane fa un report della IEA rivelava che gli aiuti di Stato a petrolio, gas e carbone nel mondo ammontano a oltre 550 miliardi l’anno: il 75% in più di quanto si era stimato (Qualenergia.it, Quei 550 miliardi regalati ogni anno alle fonti fossili). Secondo l’agenzia eliminando gli aiuti pubblici alle fonti fossili le emissioni mondiali calerebbero del 7%.
Lo scorso week end a Toronto i G20 hanno così rinnovato questo impegno: la versione finale del testo approvato (pdf) – riporta Rueter - usa un linguaggio meno vago di quello che si era proposto in fase di redazione. Scomparso, ad esempio, ogni riferimento alla “volontarietà” dell’eliminazione, anche se si è ancora lontani dallo stabilire un obbligo. “Accogliamo con favore il lavoro dei Ministri delle finanze e dell’energia per definire tempi e strategie, basate su circostanze nazionali, per la razionalizzazione e l’eliminazione progressiva sul medio termine degli incentivi inefficienti ai combustibili fossili che incoraggiano lo spreco, sempre tenendo in considerazione i gruppi più vulnerabili e le loro esigenze di sviluppo”, vi si legge. Sarebbero stati gli Usa - gli stessi a promuovere la prima risoluzione anti-sussidi dell’anno scorso - a spingere per un testo più deciso.
La consapevolezza della distorsione provocata dagli aiuti ai combustibili nemici del clima, dunque, è ormai chiara anche ai massimi livelli. Più difficile il passaggio dalla teoria alla pratica, quando l’eliminazione dei sussidi si scontra con gli interessi economici e le esigenze di crescita economica e di mantenimento occupazionale. Che la strada per liberasi di questa distorsione sia lunga lo si capisce constatando che anche l’Europa, l’attore più impegnato a livello mondiale per la riduzione delle emissioni, stenta a liberarsi degli aiuti a una delle fonti energetiche più sporche.
GM
29 giugno 2010
29 giugno 2010
Carbone e costi reali dello sviluppo non sostenibile: il Pil sale, il benessere scende, il danno è maggiore del vantaggio.
Dall'articolo pubblicato su Avvenire.it: "Carbone: il futuro è nero?"
"...Anche se sono trascurati nelle contabilità nazionali, i costi esterni di molte merci sono elevati e spiegano perché nei Paesi ricchi il Pil cresce, ma il benessere diminuisce.
Nel 2008 il centro studi olandese «Ce Delft» stimò che i costi esterni del carbone nel mondo ammonterebbero ad almeno 360 miliardi di euro, a confronto dei 300 miliardi di euro di carbone commerciato. Ogni euro di carbone causerebbe un po’ più di un euro di costi esterni, cioè di danni alla salute e all’ambiente. Il 99% dei costi sarebbe dovuto ai gas di combustione. I costi reali, in realtà, sono più alti perché lo studio non ha potuto tener conto di un decimo del carbone mondiale e di molti effetti sociali e ambientali difficili da quantificare. Per esempio, le centrali a carbone sono la principale singola fonte di dispersione atmosferica del mercurio, un metallo tossico che si accumula nei mari e negli organismi marini; altri metalli pesanti e sostanze radioattive fanno parte delle emissioni e sono difficili o impossibili da filtrare. I costi umani inoltre sono ingenti e concentrati soprattutto nei Paesi estrattori più poveri, dove la salute, i suoli e le risorse idriche di milioni di persone vengono compromessi dall’estrazione del carbone.
Il danno maggiore del carbone è quello più difficile da quantificare: il suo effetto sul clima. La combustione del carbone causa le più alte emissioni di CO2: circa 760-1000 grammi per ogni kWh elettrico, contro i circa 370 grammi di una moderna centrale a gas. Già nel 1896 il premio Nobel Svante Arrhenius calcolò, con notevole precisione per l’epoca, che l’aumento della CO2 nell’atmosfera dovuto alla combustione del carbone e delle foreste avrebbe causato un aumento dell’effetto serra naturale e un aumento della temperatura alla superficie terrestre.
Oggi la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è superiore del 40% a quella di 200 anni fa ed è ai livelli più alti degli ultimi 700.000 anni. Questo rapido aumento è attribuito alle attività umane di combustione dei carburanti fossili (carbone, petrolio, gas naturale) e delle foreste. Secondo la maggioranza dei climatologi, queste combustioni sono la principale causa dell’aumento della temperatura media alla superficie terrestre constatato nell’ultimo secolo e dell’aumento ancora più rapido previsto nei prossimi decenni. Tra i molti che hanno cercato di valutare in denaro i costi ambientali dei probabili cambiamenti climatici dovuti alle attività umane, il più autorevole è sir Nicholas Stern, già capo economista della Banca mondiale.
Secondo il «Rapporto Stern» del 2006, la continuazione dell’attuale ritmo di crescita delle emissioni di CO2 e di altri gas a effetto serra potrebbe tanto alterare il clima da portare in alcuni decenni a una diminuzione del 10 o 20% del prodotto economico mondiale. Secondo Stern, questo danno potrebbe essere evitato investendo ogni anno l’1 o 2% del prodotto economico mondiale in iniziative e tecnologie che permettano una forte riduzione delle emissioni di gas di serra. La parola chiave di questa strategia è «decarbonizzazione» dell’economia mondiale, cioè riduzione dell’uso di tutti i combustibili che emettono carbonio nell’atmosfera: principalmente il carbone, ma anche petrolio e gas.
Proprio di recente è stato pubblicato il rapporto «Energy (R)evolution 2010», redatto da trenta scienziati e ingegneri dell’Istituto di termodinamica tecnica del Centro Tedesco Aerospaziale (DLR) e di università e aziende energetiche di altri Paesi. Secondo costoro, entro il 2050 le quote mondiali possibili sono del 95% di energie rinnovabili (cioè solari, eoliche, idroelettriche, geotermiche) per l’energia elettrica, del 91% di energie rinnovabili per l’energia termica e dell’80% per la riduzione delle emissioni di CO2; l’uso del carbone andrebbe quasi abbandonato nei prossimi decenni e la vita media delle centrali a carbone accorciata da 40 a 20 anni. Svezia e Islanda programmano prima del 2050 un abbandono di gran parte dei combustibili fossili; la Gran Bretagna ha deciso una riduzione delle emissioni di CO2 dell’80% entro il 2050.
La Svizzera dal canto suo persegue l’obiettivo di una «società a 2000 watt», cioè di ridurre l’uso nazionale di energia primaria dagli attuali 7000 a 2000 watt pro capite, riportandolo al livello svizzero degli anni ’60, che è il valore medio attuale per la popolazione mondiale. Questa strategia, promossa dallo Stato e dalla fondazione «Novatlantis», è stata sviluppata nel 1998 dal Consiglio dei Politecnici federali svizzeri e adottata nel 2002 dal governo federale di Berna, dalle principali istituzioni scientifiche e tecnologiche, da decine di governi comunali e cantonali nonchè numerose aziende, pubbliche e private.
Marco Morosini