5 agosto 2010
Pesce al mercurio: valori 10 volte sopra il limite a Civitavecchia
Fonte: ANSA
"Allarme sogliole tossiche nel Santuario dei Cetacei: a lanciarlo oggi un nuovo rapporto di Greenpeace. Metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e bisfenolo A, in certi casi oltre il limite consentito dalla legge: questi gli inquinanti trovati nei pesci. In particolare - si legge nel rapporto dal titolo ''Sogliole tossiche nel Santuario dei Cetacei: non ingerire!'' che l'ANSA e' in grado di anticipare - le analisi, commissionate da Greenpeace al Dipartimento di Scienze Ambientali dell' Universita' di Siena, sono state effettuate su 31 esemplari prelevati in 5 aree al largo di Civitavecchia, Viareggio, Livorno, Lerici (La Spezia) e Genova.
Fra i risultati piu' preoccupanti c'e' il dato sul mercurio trovato oltre il limite di legge nel 25% dei campioni (7 esemplari su 31). La concentrazione piu' alta di mercurio - riferisce Greenpeace - e' stata registrata in un campione pescato al largo di Civitavecchia: 10 volte il massimo consentito dalla legge.
A Viareggio, in una delle sogliole la concentrazione di mercurio supera del doppio il limite massimo per il consumo umano, mentre in altri due esemplari e' il livello di piombo a sforare i limiti consentiti (7% dei campioni). In un campione pescato a Lerici, la concentrazione di benzo(a)pirene (un idrocarburo policiclico aromatico accertato cancerogeno per l'uomo) supera del doppio il limite di legge. A Genova e' vicino ai limiti. ''Alcune sostanze, come piombo e mercurio, possono interferire - spiega Vittoria Polidori responsabile delle campagna inquinamento di Greenpeace - con il normale sviluppo del cervello dei bambini e arrecare danni al sistema renale, oppure essere addirittura cancerogene''. Le sogliole, spiega quindi Greenpeace ''sono ottimi bioindicatori perche' conducono una vita stanziale a contatto con i sedimenti e sono fra le prime specie di pesce consigliate in fase di svezzamento dei bambini''.
Lazio estate 2010: mare fognato, scarico non depurato
Riportiamo da Civonline un articolo sul rapporto di Legambiente nel Lazio. E su Civitavecchia, che notizie? Nessuno lo sa...
“All'inizio dell’estate il litorale del Lazio, sia a Nord che a Sud, è stato preda di un nauseabondo “blob” che ha reso impossibili i tuffi in un mare costellato anche da rifiuti galleggianti. C'è chi ha ipotizzato che la fonte dell'inquinamento potessero essere le grandi navi che scaricano al largo o qualche problema a un depuratore, ma un fenomeno così duraturo e massivo non può che avere cause strutturali. Così i tecnici della Goletta Verde hanno mirato i loro campionamenti puntuali alla ricerca dell'origine di questa “ondata marrone” e i risultati delle analisi microbiologiche non sembrano lasciare dubbi: fossi e torrenti sversano direttamente in mare un cocktail micidiale, creando una melassa melmosa e stagnante dove proliferano infestanti alghe filamentose. Ben undici punti sulle foci dei piccoli corsi d'acqua della nostra regione sono risultati “fortemente inquinati” e altri tre “inquinati”; e ciò nonostante i criteri più permissivi della nuova legge sulla balneazione in vigore da quest'anno. Ma altri due elementi fanno capire la gravità della situazione: la temperatura allo sbocco dei fossi è stata misurata sino a picchi di oltre 34 gradi centigradi, come dire che in mare arriva una “brodaglia bollente”, viscosa e torbida. In diversi casi, questo il secondo elemento, la trasparenza non supera i 10 centimetri”. È questo, in sintesi, il bilancio della fotografia che i biologi della Goletta Verde hanno scattato lungo le coste del Lazio nelle giornate del 21 e 22 luglio scorsi, presentato a Roma a conclusione del passaggio nella nostra regione della storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, realizzata anche grazie al contributo di Consorzio Ecogas e Novamont. Le criticità sono state illustrate da: Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente; Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio e Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio. “Situazioni allarmanti alle foci, con grave rischio di inquinamento microbiologico anche per le zone limitrofe:in provincia di Roma allo sbocco del Fosso Cavallo morto ad Anzio, del Fosso d'Incastro ad Ardea, del Fosso Zambra a Cerveteri e del canale sul lungomare Pyrgi a Santa Severa (Comune di Santa Marinella), insieme alle foci del Tevere a Fiumicino e del Rio Torto a Pomezia. Inquinati anche gli sbocchi di Astura a Nettuno e Rio Vaccino a Ladispoli. In provincia di Viterbo sono risultate “fortemente inquinate” due zone che si trovano entrambe nel Comune di Tarquinia, ovvero la foce del fiume Marta e quella del torrente in località Saline. Inquinata la foce del fiume Fiora a Montalto di Castro. In vetta alla classifica dell’inquinamento da Enterococchi intestinali ed Escherichia Coli si sono piazzati i prelievi effettuati alle foci del Rio Santa Croce in località Gianola a Formia, e del Fosso d’Incastro in località La Fossa ad Ardea, e quelli effettuati sul canale in località Sant’Agostino a Gaeta e sul canale presso il Lungomare Pyrgi di Santa Severa. Tutti e quattro questi punti, infatti, hanno fatto registrare un livello così alto di inquinamento microbiologico che non è stato possibile quantificare le colonie di microrganismi presenti per millilitro d’acqua. A seguire i risultati peggiori sono stati registrati ad Anzio, Saline di Tarquinia, Fiumicino e Pomezia. “Dopo oltre un mese di viaggio tra l'Adriatico e il Tirreno, le analisi di Goletta Verde confermano dunque che in molte regioni c'è un quadro allarmante per lo stato di qualità dei fiumi e dei corsi d’acqua minori, a dimostrazione di come i problemi di salubrità del mare inizino in realtà da terra e non possano essere considerati esclusiva competenza dei sindaci della costa – afferma Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente - I criteri più permissivi della nuova normativa sulla balneazione, appena entrata in vigore, fanno diventare in molti casi il mare ‘’pulito per decreto’’, mentre i cittadini si ritrovano a fare il bagno in mezzo ai liquami. Serve più attenzione, in Italia non si può rallentare il processo di risanamento di fiumi e mari, c'è una procedura d’infrazione in corso sulla depurazione delle acque reflue, mentre il 30% degli italiani, pari a 18 milioni di nostri connazionali, è ancora sprovvisto di impianti di depurazione”. Una sottolineatura, come detto, meritano le temperature dell'acqua rilevate dai tecnici della Goletta Verde, con un punto alla Foce del Rio Vaccino a Ladispoli (Rm) che addirittura arriva a ben 34,1°C e altri 9 casi in cui le temperature sono comunque costantemente sopra i 25°C, superando addirittura i valori della torrida estate del 2003 quando il picco massimo venne registrato a Fregene con 30,5°C. Una evoluzione da tenere estremamente sotto controllo, insieme alle concentrazioni dell’ossigeno disciolto, per il possibile incremento di proliferazioni algali. Colpiscono inoltre le rilevazioni visive relative alla trasparenza, con più punti di campionamento che non superano i 10 centimetri di visibilità e comunque con un “massimo” di 50/70 centimetri.“Acqua calda, melmosa ma balneabile come è stata all'inizio di luglio in alcune località del litorale del Lazio, è questo il rischio di assurde normative permissive che, invece di garantire i cittadini e le imprese balneari, aprono problemi enormi –commenta Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio- In alcune delle zone poi risultate a rischio, fa riflettere l’aver trovato anche consistenti frequentazioni di bagnanti. D'altronde con grandi e piccoli scoli che portano direttamente i liquami in mare, dal litorale laziale si comprende bene che la priorità fondamentale per la salute del nostro mare è la depurazione, visto anche che nel Lazio c’è ancora un milione e mezzo di cittadini, pari al 26% del totale, che non ha un servizio di trattamento dei reflui fognari, mentre il 15% non è nemmeno allacciato alla rete fognaria. Un altro mare è possibile ma il tempo stringe, per centrare l'obiettivo di buona qualità delle acque fissato entro il 2015, bisogna investire presto e bene i 750 milioni di euro destinati dalla Regione Lazio alla depurazione”. “Quella dell’inquinamento è solo una delle criticità con cui fa i conti il mare del Lazio –ricorda Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio- Le tappe percorse dalla Goletta Verde hanno delineato infatti un filo rosso di denuncia: dai nuovi faraonici porti del Lazio, tanto inutili quanto speculativi, che accentuano l’erosione innescando ripascimenti a peso d’oro, agli assalti dell'illegalità al Parco nazionale del Circeo, dove vanno difesi con forza segnali positivi come la liberazione del Lago di Paola da undici pontili abusivi con centinaia di imbarcazioni. Con una catena umana di centinaia di persone abbiamo stigmatizzato l'impatto letale che avrebbe sul turismo la folle scelta nucleare, a Montalto di Castro piuttosto che a Borgo Sabotino o sul Garigliano, mentre allo stesso tempo va abbattuto il ‘lungomuro’ degli stabilimenti balneari sul Lido di Ostia, fatto di cancelli, palizzate e tornelli per monetizzare e impedire illegittimamente il libero accesso al mare. Tra appetiti criminali e progetti sbagliati si delinea un’alleanza distruttiva, insomma, contro la quale va riaffermata la valenza di un mare bene comune, da difendere ogni giorno respingendo le ondate della sopraffazione e dell’illegalità”.Proprio a casi di cementificazione della costa sono legate tre delle quattro Bandiere Nere destinate ai nemici del mare che sono state assegnate dalla Goletta Verde nel Lazio. Hanno conquistato il poco ambito vessillo: il “Porto della Concordia” di Fiumicino, mega progetto che prevede 130 mila metri cubi di banchine e attrezzature connesse sulla foce del Tevere, zona ad altissimo rischio idrogeologico; la lottizzazione abusiva “Il villaggio del Parco” a Bella Farnia di Sabaudia (Lt), dove un fondo agricolo di 12 mila metri quadrati è stato trasformato in centinaia di villini residenziali; infine il “lungomuro” degli stabilimenti di Ostia, che hanno nascosto il mare con grandi muraglie e pretendono canoni irrisorsi e un “dazio” per far accedere i cittadini alla spiaggia. La quarta Bandiera Nera è stata assegnata per il grave inquinamento della foce del Rio Santa Croce nel Comune di Formia (Lt) che da anni versa in una pessima condizione dal punto di vista della depurazione e del degrado. Una situazione più volte denunciata dalla Goletta Verde e certificata anche dai dati ARPA Lazio, ma mai affrontata fino in fondo, tollerando una vera e propria fogna a cielo aperto nell'area di Gianola, uno dei luoghi più belli di Formia.A conferma che le brutte notizie per le coste di questa regione non arrivano solo dall’inquinamento microbiologico, ma anche dal cemento abusivo vista mare e dagli illeciti perpetrati contro mare e litorali, ci sono i dati del dossier Mare Monstrum 2010 di Legambiente: con 636 reati accertati su mare e demanio marittimo, ovvero con 1,8 illeciti per chilometro di costa, il Lazio si è piazzato al sesto posto nella classifica nazionale del “mare illegale”. Considerando solo gli abusi edilizi su demanio marittimo, gli illeciti accertati lo scorso anno nel Lazio sono stati 275. Legambiente con la Goletta Verde ha voluto anche rilanciare esperienze e conoscenze esistenti da valorizzare: è il caso delle meravigliose e dimenticate grotte del Circeo, uno dei principali poli di interesse speleomarino e paleoantropologico d’Italia, che versa in una condizione scandalosa di abbandono e degrado, un'occasione anche per creare nuove opportunità lavorative con percorsi di cura del territorio. Per guadagnare un po’ di ottimismo basta volgere le sguardo verso le 12 località del Lazio che sono state premiate dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club Italiano, che segnala le 364 località costiere che stanno puntando su qualità e sostenibilità per coniugare l’offerta turistica al rispetto dell’ambiente.In vetta alla classifica regionale ci sono Montalto di Castro (Vt) e Ventotene (Lt), entrambe con quattro vele. Seguono con tre vele Sperlonga (Lt) e con due Sabaudia (Lt), Tarquinia (Vt), San Felice Circeo (Lt), Nettuno (Rm), Ostia (Rm), Santa Marinella (Rm), Gaeta (Lt) e Ponza (Lt). Una vela, infine, per Anzio (Rm). Buone notizie dal Lazio anche sul fronte del turismo sostenibile. Nella Guida Blu di Legambiente e Touring Club sono infatti presenti anche le strutture ricettive e turistiche aderenti all’etichetta ecologica (ecolabel) di Legambiente Turismo. Nel Lazio sono presenti 7 strutture ricettive e turistiche con quasi mille posti tra alberghi, Bed&Breakfast e stabilimenti balneari tra Gaeta e Roma. Si tratta di aziende di varie tipologie e classificazione che hanno concordato con Legambiente Turismo -che ne controlla anche l’effettiva attuazione- misure semplici ma efficaci tese a migliorare la propria gestione ambientale e il comfort, riducendo i consumi critici, sensibilizzando i propri ospiti, contenendo l’impatto delle attività sull'ambiente e promuovendo il territorio circostante. Molto significativa la scelta di queste aziende di partecipare ad una rete turistica di qualità -la più importante e ramificata in Italia- che conta ad oggi 426 imprese con oltre 63.000 posti in 16 regioni italiane e applica i Common Basic Standard di VISIT EUROPA, una organizzazione che raggruppa le varie etichette ecologiche europee del turismo. Informazioni dettagliate e indirizzi delle strutture sono sul sito web www.legambienteturismo.it.
I Verdi di Finale ligure per il no all'ampliamento del carbone
Fonte:IVG.it
“I Verdi Finalesi rispondono positivamente all’appello del Comitato Noli-Spotorno per un’azione comune contro l’ampliamento della centrale a carbone di Vado Ligure”. A comunicarlo è il portavoce finalese del partito, Gabriello Castellazzi, che ricorda: “Già l’intero Consiglio Comunale di Finale Ligure si era espresso contro tale impianto, mettendo in evidenza come l’inquinamento renda precaria la salute anche degli abitanti del Finalese”.
“Se malauguratamente si dovessero diffondere notizie di allarme per inquinamento dell’aria in una città che punta tutto sulla bellezza dell’ambiente e la qualità della vita, sarebbe una catastrofe non solo per l’economia turistica ma per tutti i Finalesi. Rivolgiamo quindi un appello affinchè si esprima nuovamente con forza la volontà delle componenti politiche, di destra e di sinistra, che approvarono la prima delibera contro la centrale. Non può essere accettato questo prolungato silenzio dopo le ultime prese di posizione a favore del nefasto progetto” conclude Castellazzi.
4 agosto 2010
Due incidenti mortali nelle miniere di carbone cinesi
L'incidente è avvenuto stamattina intorno alle 09:30 nella provincia sud occidentale del Guizhou, nei pressi della città di Guiyang.
Stamattina era stato annunciato un incidente simile in un'altra miniera di carbone, con nove vittime e sette dispersi, mentre 24 minatori sono ancora intrappolati a causa delle inondazioni da sabato in fondo alla miniera la miniera Hengxinyuan a Jixi, città della provincia dell'Heilongjiang.
AGGIORNAMENTO: tutti morti i 16 minatori
(ANSA) - SHANGHAI, 3 AGO - Nove persone sono morte e 7 sono ancora intrappolate in una miniera nella regione centrale cinese dell'Henan a causa di una fuga di gas. Ieri sera dopo la mezzanotte 127 minatori erano a lavorare nella miniera di carbone Sanyuandong a Baiping, nella citta' di Defeng, quando c'e' stata una fuga di gas. Tra i minatori, 111 sono riusciti a mettersi in salvo uscendo dalla miniera. Per nove non c'e' stato nulla da fare, mentre i soccorritori cercano di portare in salvo 7 ancora intrappolati.
Rossano calabro, il carbone minaccia il settore agricolo
Comunicato nocarbonerossano.org
"IL SOSPETTOSO SILENZIO DELLE CONFEDERAZIONI AGRICOLE CALABRESI SUL PROGETTO DI RICONVERSIONE A CARBONE DELLA CENTRALE ENEL DI ROSSANO: CHI DIFENDERA’ LA NOSTRA AGRICOLTURA DI ECCELLENZA DAL CARBONE?
Mentre ormai l’Italia si accinge a “chiudere per ferie” con il solleone d’agosto, sul tema della riconversione a carbone della centrale termoelettrica ENEL di Rossano non ci può permettere di andare in vacanza buttandosi tutto alle spalle: la Conferenza dei Servizi ha ormai aperto i battenti e si attende da parte del Ministero per l’Ambiente il pronunciamento circa la Valutazione d’Impatto Ambientale, tassello importantissimo per decidere sul futuro dell’impianto rossanese. Come se non bastasse, da sempre in Italia è proprio col favore della disattenzione dovuta alla “febbre delle vacanze” che spesso sono stati confezionati provvedimenti legislativi poi fortemente criticati e a volte addirittura rispediti al mittente.
In questo quadro continua l’attività di sensibilizzazione del CODIS³ (COMITATO PER LA DIFESA E LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLA SIBARITIDE) per allargare il fronte del NO al carbone, fronte sul quale è mancato, finora, un pronunciamento deciso e ufficiale da parte delle confederazioni agricole calabresi. In data 21 luglio scorso il nostro Comitato ha recapitato ai Presidenti regionali di CONFAGRICOLTURA CALABRIA (Dottor Nicola Cilento), COLDIRETTI CALABRIA (Dottor Pietro Santo Molinaro), CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI DELLA CALABRIA C.I.A. (Dottor Giuseppe Mangone), UNIONE COLTIVATORI ITALIANI U.C.I. CALABRIA (Dottor Salvatore Saccà) e CONFEDERAZIONE PRODUTTORI AGRICOLI CO.P.AGRI. CALABRIA (Dottor Carmelo Vazzana) una lunga missiva nella quale si denunciava la loro totale astensione dal dibattito sulla riconversione a carbone della centrale ENEL di Rossano. Mentre moltissimi operatori economici, liberi cittadini e tutte le istituzioni pubbliche del territorio si sono ormai mobilitati per esprimere il loro dissenso su un progetto che porterebbe gravissimi danni all’equilibrio economico e sociale della Piana di Sibari, sconvolgendone, per sempre, l’economia basata principalmente sull’agricoltura, sulla pesca e sul turismo ed arrecando altresì serie minacce alla salute dell’intera cittadinanza, nessuna delle confederazioni agricole suddette ha finora apertamente denunciato i pericoli insiti in un simile progetto. Meraviglia non poco che, ad oggi, le grandi organizzazioni agricole non abbiano messo al servizio della causa della difesa del tessuto agricolo del comprensorio della Sibaritide minacciato dall’arrivo del carbone, la loro riconosciuta forza organizzativa, morale e politica. In particolare è venuta meno la consapevolezza che la battaglia che si sta conducendo è per la difesa dello sviluppo del comparto agro alimentare e per assicurare un futuro alla legge regionale istitutiva del relativo Distretto Agroalimentare di Qualità di Sibari.
In modo particolare nella missiva ai Presidenti delle Confederazioni agricole calabresi abbiamo rilevato come non sia stata intrapresa alcuna azione informativa nei confronti delle migliaia di associati per metterli al corrente dei rischi derivanti dalla realizzazione di quel progetto. Oltre a questo, stupisce come non siano apparse sui media le doverose prese di posizioni sul tema della riconversione a carbone, se non con sporadici interventi e soprattutto ci si è chiesti come mai non si sia minimamente reagito contro le posizioni di quanti hanno dileggiato il ruolo dell’agricoltura nella Piana asserendo, tra l’altro, che i dipendenti agricoli sarebbero tutti sotto pagati e brutalmente sfruttati. Dura critica è stata espressa ai vertici delle Confederazioni agricole calabresi per il loro
silenzio circa gli effetti delle polveri ultrafini che ricadono al suolo e che nessun filtro ad oggi conosciuto, è in grado di trattenere; ma anche perché nessuna di queste confederazioni si è finora preoccupata di raccogliere tesi e pareri dal mondo agricolo nei luoghi d’Italia in cui vi sono già centrali elettriche a carbone (Vado Ligure, Cerano a Brindisi – Civitavecchia, ecc.) e dove, - lo sappiamo – non sono più commerciabili, verso la grande distribuzione, i prodotti agricoli coltivati nelle aree limitrofe, o anche solo vicine alle centrali stesse. Ciò è a conoscenza di tutti coloro che in quei luoghi ci sono andati e a quegli operatori agricoli e grossisti di prodotti agricoli si sono rivolti raccogliendone le preziose testimonianze. Proprio lì è andato anche il nostro Comitato, chiedendo lumi sulle ordinanze emesse da alcuni sindaci sul divieto della coltivazione di prodotti agricoli ad uso alimentare nelle zone vicine alle centrali a carbone.
Infine, il nostro Comitato ha espresso tutta la propria preoccupazione ai Presidenti delle Confederazioni agricole calabresi in merito il convegno promosso dalla Camera di Commercio in collaborazione con varie altre Organizzazioni che è in corso di organizzazione per il mese di settembre prossimo, incentrato proprio sul tema del carbone per la produzione elettrica e che la stessa ENEL pare aver sollecitato. Un convegno su questo tema può anche costituire una buona idea, purché il dibattito resti nell’ambito delle politiche economiche strategiche della Regione e del comparto della Sibaritide, già delineate negli strumenti di programmazione esistenti e che si possa giungere ad una sintesi circa l’incompatibilità del Progetto Enel di riconversione a carbone della Centrale di Rossano, con le scelte territoriali. Per quanto concerne invece l’impatto ambientale e socio sanitario, le molteplici pubblicazioni di carattere epidemiologico e più in generale ambientale ormai assai note sul tema e tutte negative, sono bastevoli a rimarcare la pericolosità dell’uso di questo combustibile fossile, senza che queste tesi debbano essere nuovamente ribadite in un convegno.
Questa nota stampa è per ricordare non soltanto alle Confederazioni Agricole e ai loro Presidenti, che siamo tuttora in attesa di una risposta alla nostra lettera che consegnamo unitamente a questo comunicato ai media, con l’obiettivo di conoscere direttamente con quali modalità e mezzi vorranno procedere ad assumere una posizione ufficiale in merito dalla pericolosità del carbone come combustibile per la produzione energetica, ma anche per sollecitare una presa di posizione da attuarsi senza indugi, nonostante l’imminente “chiusura per ferie” del nostro paese, perché ENEL – è inutile dirlo - non manderà i propri interessi in vacanza.
Per maggiori informazioni contattate CO.DI.S ³ :
Luigi Pisani - Vice Presidente CO.DI.S³ cel. 3474740892
Ing. Pierluigi Colletti – Segretario CO.DI.S³ cel 340 3763362
info@nocarbonerossano.org
3 agosto 2010
Nuova marina di Civitavecchia, come funzionano gli appalti
Qualche notizia sul modus operandi della CRICCA MOSCHERINI
"All’indomani dell’inaugurazione della piazza degli Eventi e dopo una prima denuncia, qualche mese fa, per gli appalti alla Marina, l’esponente del Pd Marietta Tidei torna alla carica chiedendo chiarezza all’amministrazione comunale sugli aspetti procedurali relativi alla realizzazione delle opere pubbliche. “Dando una semplice occhiata ai documenti, quei pochi che questa Amministrazione rende pubblici, alla faccia della trasparenza, ci si rende immediatamente conto di quante anomalie ci siano nelle procedure per l’assegnazione dei lavori e delle progettazioni. La tattica – ha spiegato - è più o meno sempre la stessa: si contattano i soliti costruttori e progettisti ed insieme si decide come dividere le competenze. La regola numero uno è modulare il quadro economico in modo da mantenersi sempre almeno un euro sotto soglia. Alla gara chiaramente vengono invitati più o meno sempre gli stessi in barba al Codice dei Contratti del 2006. Ecco perchè chi non vince da una parte deve solo pazientare per essere accontentato dall'altra”. Tidei ha poi riportato i dati di un recente resoconto dell'Autorità per la Vigilanza dei Lavori Pubblici al Parlamento dove si legge:"Al pari di quanto accade per i contratti di lavori, il criterio del massimo ribasso se confrontato con quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, fa emergere sconti medi più alti. In generale, sia per i contratti di forniture sia per quelli di servizi (progettazione) il ribasso medio di aggiudicazione è del 16,4%. Per i servizi è nelle regioni del centro Italia e delle isole che si registrano i ribassi più alti, intorno al 18%”. Secondo lo stesso esponente del Pd, ad esempio, la progettazione dell’arredo della trincea ferroviaria sarebbe stata assegnata con un ribasso ben oltre al di sotto della media nazionale, così come quella del nuovo mercato. “Facendo un calcolo dei soldi spesi o comunque stanziati finora per la progettazione, siamo arrivati a contare 1.643.545 euro di cui quasi un terzo assegnato allo stesso gruppo di progettisti che appaiono in quasi tutte le gare, in barba a qualsiasi regolamento. Stesso discorso andrebbe fatto per le imprese – ha aggiunto - tra i 12.133.040 euro contati per appalti di lavori si registrano gare o assegnazioni dirette rivolte per buona parte alle stesse ditte. Anche qui i ribassi prospettati dal rapporto dell’Authority sono una chimera. In alcuni casi si ricorre ad un altro dei trucchetti di questa Amministrazione: la cosiddetta polverizzazione dei lavori: frammentare un’opera di una certa entità in lavori più piccoli. Questo consente di procedere a più gare e far uscire soldi più facilmente rispetto alle grandi gare che dovrebbero avere invece evidenza comunitaria. Insomma frammentare e cercare di portare il più possibile le gare verso una procedura negoziata che faciliti l'assegnazione ai soliti noti. Qualcuno dovrebbe spiegare alla città se trasparenza e rotazione sono ancora principi ai quali questa Amministrazione ispira la propria azione”.
Fonte: Civonline.it
2 agosto 2010
Impatto sanitario dell'inquinamento, i cittadini di Andria chiedono risarcimenti milionari
Fonte: Andrialive.it
Inceneritori e cementifici nella Bat, "I cittadini-cavie chiedano 2mln come risarcimento danni" Clamorosa iniziativa del Coordinamento comitati per Città sana di Andria
"Un certificato di buona salute che, in caso di malattia diventa una sorta di assicurazione per il risarcimento del danno. L'idea-appello ai cittadini dei comuni di Barletta, Andria e Trani è del coordinamento delle associazioni "Andria città sana".
Una presa di posizione forte che le associazioni riassumono così: «Cavie umane involontarie che riceveranno due milioni di euro se si ammaleranno di cancro. A pagare saranno i responsabili degli impianti inquinanti e gli amministratori locali che ne avranno permesso l'attività, compresi i consiglieri che votano a favore degli stessi».
«Invitiamo - si legge nella nota sottoscritta da Giovanni Del Mastro, Antonio Carbone, Roberto Ria, Domenico Damiano Piscardi, Antonio Caldarone, Riccardo Pugliese e Dino Leonetti - i cittadini di Andria, compresi quelli della frazione di Montegrosso, di Trani, di Barletta, di Canosa, di San Ferdinando e di tutte le città in cui sono previsti carichi inquinanti dovuti a cementifici, inceneritori, impianti a biomasse e industrie chimiche a dotarsi di un "certificato di buona salute" e di farlo registrare dal proprio medico di fiducia documentandolo con esami ematochimici e altri esami strumentali».
«Le cavie siamo noi cittadini - aggiungono - esposti alle polveri cancerogene del cementificio di Barletta, che ha chiesto di poter bruciare una maggiore quantità di gomme e plastiche, ad esempio. Le cavie saremo noi quando entrerà in funzione il nuovo cementificio che verrà costruito a poca distanza da Andria (4,5 km) , Trani (4,5 km) , Barletta (7 km) e Corato (12 km). Le cavie saremo noi cittadini di Montegrosso, di Canosa, di Andria e di Trani, di San Ferdinando e di altre comunità in cui sorgeranno impianti a biomasse. Prepariamoci a questo assalto del territorio e della nostra salute, assalto vissuto tra l'indifferenza (quasi totale) degli amministratori e l'ignoranza (totale) delle popolazioni».
Ma cosa farne di questo certificato di buona salute? «Informiamo i cittadini - spiegano nella nota - che abbiamo un’opportunità: chiedere il risarcimento dei danni. Con i nostri "certificati di buona salute" redatti in data precedente all'esposizione e con quelli redatti in data successiva alla stessa, che invece attesteranno l’eventuale malattia, sarà possibile addebitare all'attività industriale la causa della patologia senza l'onere della prova e uno studio di verifica. L’ European Commission Environment ha prodotto, infatti, una relazione sulle stime delle esternalità per l'inquinamento atmosferico nell'UE, fornendo i costi esterni in termini di euro/ton per SO2, NOx, COV, ammoniaca e particelle. Questa sorta di "tariffario" stabilisce l'ammontare del risarcimento dei danni dell'inquinamento alla salute, dunque».
«Qualche esempio: cancro (mortale o no) due milioni di euro; morte prematura un milione di euro; valore per ogni anno perso a causa di una malattia mortale cinquantamila euro. Tutto questo è stato recentemente dichiarato anche dalla dott.ssa Gentilini dell'Associazione Internazionale Medici per l'Ambiente (ISDE) su http://www.aamterranuova.it/article3227.htm. Facciamoci fare i certificati, dunque, visto che non possiamo essere certi di fermare l'inquinamento».
«Ricordiamo - conclude la nota - che su questo fronte abbiamo già organizzato dieci conferenze cittadine, di cui cinque ad Andria , due a Canosa, una a Minervino, una a Trani ed una a Bisceglie, siamo intervenuti in due convegni a Barletta, abbiamo fatto parte dell’Altro Forum per l’Energia a Barletta con manifestazioni e cortei lungo le strade di Barletta, abbiamo promosso uno studio epidemiologico per la ricerca di diossine nel latte materno, abbiamo chiesto ed ottenuto un invito di moratoria sugli impianti inquinanti da parte del Presidente dell’Ordine dei Medici dott. Delvecchio, abbiamo avuto un incontro con il Sindaco di Andria ed uno con quello di Barletta, abbiamo dato una serie di contributi agli organi di informazione».
Incremento carbone a Vado, Tirreno Power inaugura operazione "credibilità zero"
"Impatto zero"? macché. "Emissioni zero"? Figuriamoci! "Credibilità zero" semba essere lo slogan di questa estate 2010 per Tirreno Power (controllata Sorgenia, quella dell'energia pulita, verde etc...)
Via UnitiPerLaSalute, fonte originale IlSecolo:
Non è una pietra tombale sul progetto di ampliamento della Centrale ma poco ci manca: ieri il segretario Pd Livio Di Tullio è uscito allo scoperto sul progetto vadese e non avrebbe potuto usare toni e parole più dure per definire il comportamento e la “strategia” dell’azienda.
«Tirreno Power sta dicendo e facendo di tutto meno che l’unica cosa che dovrebbe fare: i monitoraggi, la copertura dei parchi e in generale investimenti per diminuire l’impatto del carbone sul territorio - ha tuonato Di Tullio Prima lo capisce meglio è che “porte aperte in azienda”, finanziamenti di iniziative sportive e sociali e tutto il resto che ha messo in campo finora non servirà per far passare un progetto di cui non c’è bisogno e non è in sintonia con i tempi»
Sembra una pietra tombale.
«Dico solo che da anni continuiamo a parlare di cose che avrebbero già dovuto essere fatte e l’azienda non ha fatto. È questione di credibilità: mi spiace ma quest’azienda non è più un’interlocutore affidabile».
Si spieghi meglio.
«Io credo che il carbone, ad oggi, non sia il futuro e non vada incrementato in assoluto ma sul progetto di Vado dico che se l’azienda vuole parlarne deve prima sgombrare il campo dagli elementi negativi che si trascina da troppi anni».
Forse questi “elementi” sono interventi molto costosi da fare.
«È chiaro che gli interventi di tipo ambientale sono costosi ma è anche vero che produrre energia elettrica dal carbone è il sistema più conveniente e inquinante in assoluto. E quindi sono interventi imprescindibili, precondizioni di ogni discorso».
E se rispondono: “allora andiamo a investire altrove?!”
«Non è con questi argomenti che cambieremo atteggiamento. Anche la Fiat vuole andare in Serbia, c’è un generale impazzimento che non porta da nessuna parte. E comunque voglio vederli portare carbone altrove»
Eppure i sindacati nazionali e genovesi sono pro-Tirreno Power
«È stata un’intrusione fastidiosa. La mia lettura? Ansaldo è in difficoltà, non vende, ed è chiaro che se l’azienda chiama i sindacati e gli dice che devono tagliare lavoratori, da li intervengono a favore dei principali fattori che possono riattivare gli affari, come i lavori per una nuova centrale. É umano, fossi in loro farei lo stesso [E BRAVO!! NDR], ma il punto è che qui Tirreno Power, invece di questi “aiuti”, deve fare quello che da anni attendiamo».
La Regione la pensa come lei?
«Io so che la Regione finora ha chiuso la porta come lo hanno fatto giustamente i Comuni di Vado e Quiliano. Loro come azienda finora hanno continuato a confidare sul Governo, su Scajola, poi sulla Provincia, non rendendosi conto che sono state tutte scelte sbagliate e l’unica strada possibile era ed è dare segnali concreti di impegno, ovvero interventi».
Anche a Cairo hanno problemi ambientali.
«Per Italiana Coke è la stessa cosa: la cokeria è una risorsa occupazionale importante ma è da tempo che dicono che devono spendere 30 milioni di euro per adeguarla e non l’hanno mai spesi. Probabilmente non sarebbero stati ugualmente decisivi ma oggettivamente sarebbe stato un impegno forte agli occhi della comunità locale. E invece niente, si usa sempre la logica ricattatoria occupazionale per non fare! È ora di finirla. A cominciare da Cairo e da Vado».
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Via UnitiPerLaSalute, fonte originale IVG:
Tirreno Power, Mara Giusto (Pd): “Sostegno alla linea della Giuliano”
Pieno sostegno alla linea di Monica Giuliano sul dibattito in corso per l’ampliamento della centrale Tirreno Power di vado Ligure da parte della consigliere provinciale del Pd Mara Giusto, che in una nota afferma:
“E’ innegabile che Tirreno Power non abbia mai dimostrato, se non a parole, la volontà di dare risposte serie e sostenibili, come stabilito nella convenzione del 2005, rispetto alla riduzione delle polveri di carbone con l’eventuale realizzazione del carbonile e al teleriscaldamento”.
“Pertanto – prosegue la nota – la mia posizione non può che essere quella già espressa dal Pd a livello locale e provinciale e dalle amministrazioni di Quiliano e Vado Ligure, e cioè una ferma contrarietà al progetto di ampliamento della centrale attraverso la realizzazione di un nuovo gruppo a carbone in quanto insostenibile sotto il profilo dell’impatto ambientale in un territorio già pesantemente compromesso.
Ritengo che l’azienda debba rivedere i propri progetti rinunciando al potenziamento e intervenendo in modo radicale sui due gruppi esistenti”.
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Via UnitiPerLaSalute, fonte originale Albenga Corsara
Tirreno Power, Giuliano (Pd): “Se non cambia radicalmente l’obiettivo mancano condizioni per avviare un tavolo serio e produttivo”
di Monica Giuliano – Le dichiarazioni rilasciate dalle Segreterie genovesi di FIM, FIOM e Uilm non fanno altro che alimentare il clima di scontro tra le diverse parti coinvolte. Il vero problema è che Tirreno Power in questi ultimi mesi non ha fatto il minimo sforzo per rivedere la sua posizione alla luce del chiaro e determinato no al progetto di ampliamento da parte delle Istituzioni locali e della Regione Liguria.
È chiaro a tutti che c’è bisogno di aprire un tavolo serio ma devono cambiare i termini del confronto, si deve tornare e discutere di progetti di ristrutturazione e riqualificazione dell’esistente; l’obiettivo primario non può essere quello dell’aumento della produttività e la conseguente realizzazione dei nuovi gruppi ma la riduzione delle emissioni attuali e la definizione di un nuovo sistema di monitoraggio ambientale innovativo e coordinato dalle parti pubbliche.
Se non cambia radicalmente l’obiettivo non credo ci siano le condizioni per poter avviare un tavolo serio e produttivo.
...questo progetto rischia soltanto di aggravare il peso ambientale dell’impianto sui territori di Vado e Quiliano e pertanto non può essere oggetto di discussione.
È troppo semplice da parte dei sindacalisti genovesi scaricare la responsabilità sui Comuni, considerata la contrarietà a quel progetto;
sarebbe più opportuno che si sforzassero di individuare percorsi alternativi che sicuramente esistono in grado di far sopravvivere l’impianto, migliorarne le condizioni ambientali, renderlo moderno e nello stesso tempo inquadrare un percorso di crescita occupazionale con l’azienda
, questo credo sia il loro lavoro e se ancora non conoscono le specificità di Vado e Quiliano li invito a farsi un giro tra i nostri siti produttivi per valutare
quanto è stato fatto e quanto ancora bisogna fare per far si che il concetto di sviluppo sostenibile resti sempre e comunque il nostro obiettivo primario.
Monica Giuliano-Capogruppo PD di Vado Ligure
Inquinamento dell'aria e riscaldamento globale: nuovo studio
Nell’ambito dei mutamenti climatici la fuliggine ha un ruolo non trascurabile nel contribuire al riscaldamento globale. È questa la conclusione alla quale si è arrivati in seguito ad uno studio condotto presso l’Università di Stanford, il quale ha messo in evidenza quanto possa essere dannosa per l’ambiente la fuliggine prodotta dalla combustione dei carburanti fossili e dai biocombustibili solidi. Diesel, carbone, benzina, legno e letame e biomasse utilizzate per il riscaldamento domestico sono fonti che incidono a livello climatico. E non è una questione da sottovalutare.
Gli esperti infatti hanno avuto modo di appurare che la fuliggine derivata da queste fonti di combustione contribuisce in modo determinante all’effetto serra. Si può anzi affermare che essa può essere considerata la seconda causa del riscaldamento globale dopo le emissioni di anidride carbonica. Le emissioni di fuliggine, oltre a contribuire in maniera sostanziosa all’inquinamento atmosferico, fanno male alla salute.
Esse sono infatti responsabili di diversi disturbi cardiovascolari e respiratori. L’unico aspetto positivo in tutta questa faccenda è costituito dal fatto che le particelle di fuliggine si soffermano per poco tempo nell’atmosfera. Questo potrebbe consentire di fare in modo che si rallenti il riscaldamento globale, riducendo la produzione delle particelle stesse.
Si tratta di trovare e di mettere in atto strategie alternative, che possano fare in modo che si giunga alla realizzazione di un impatto zero che possa definirsi veramente tale. Provvedere in modo responsabile alla salvaguardia dell’ambiente è un’esigenza che non può essere trascurata.
Concerto alla centrale a carbone di Cerano (Brindisi): diffida di Italia Nostra
"Italia Nostra onlus venuta a conoscenza dell’organizzazione di un concerto pubblico da tenersi in data 07/08/2010, evento dal titolo “Correnti musicali”, promosso dall’Enel e da realizzarsi all’interno della sua Centrale Termoelettrica “Federico II” ubicata in contrada Cerano in agro di Brindisi,
DIFFIDA
l’Amministrazione comunale e tutti gli altri Enti territorialmente competenti dal consentire lo svolgimento di detto concerto per le sotto elencate motivazioni, tutte concernenti problematiche legate alla sicurezza pubblica e al principio di prevenzione.
Chiede PERTANTO
al Sindaco di Brindisi, sig. Domenico Mennitti, in qualità di massima autorità sanitaria locale, di emettere urgente ordinanza di revoca di ogni autorizzazione, eventualmente già imprudentemente concessa, in merito all’iniziativa.
PER LE SEGUENTI MOTIVAZIONI
Senza volere entrare nel merito di questioni prettamente concernenti il dibattito relativo alla connessione tra l’attività industriale di Cerano e l’aumento dell’incidenza di malattie tumorali e altre gravi patologie a carico degli abitanti del circondario, e le polemiche sorte in questi giorni tra ambientalisti ed Enel, ente gestore della centrale, in merito all’iniziativa ludico-musicale giudicata da molti inopportuna e discutibile, ci preme sottolineare, per motivi di pura sicurezza pubblica, tutta l’alta pericolosità che la sede prescelta per tale evento comporta intrinsecamente, dato che si tratta di un’area ricadente nel perimetro stesso di un impianto industriale, più precisamente in una centrale termoelettrica di enorme potenza (circa 3 GW).
Alla pericolosità per la salute delle persone legata all’inquinamento elettromagnetico e all’inalazione delle sostanze tossiche comunque presenti in quei luoghi 24 h su 24 h e che saranno presenti durante lo svolgimento del concerto, dato che l’impianto, di importanza strategica nazionale, non potrà essere certamente spento durante il tempo necessario per lo svolgimento di tutto l’evento, si devono aggiungere tutti quegli altri elementi di pericolosità legati ad eventi accidentali, che sono altamente probabili all’interno di un tale vasto impianto industriale e che, pur in condizioni normali, potendo alcuni di essi risultare di lieve entità, possono divenire facilmente origini di problematiche dagli effetti catastrofici data l’eccezionalità dell’evento-concerto mai a priori presa in considerazione in nessuna delle progettazioni, né nei piani di sicurezza dell’impianto industriale medesimo.
Il drammatico evento recentemente accaduto in Germania, a Duisburg, dove un pubblico concerto, organizzato per altro in uno spazio già predisposto ad ospitare concerti pubblici, si è trasformato in una trappola mortale per decine di giovani, e questo soltanto come conseguenza di una cattiva gestione dovuta ad una sottostima logistica dei luoghi, ci spinge a chiedere al Sindaco e a tutte le altre Autorità per la pubblica sicurezza e per la prevenzione cui inviamo questa diffida, di intervenire con la massima urgenza a scopo preventivo per evitare che anche altre famiglie salentine, e non, debbano piangere i loro cari, e invitiamo, infine, il Sindaco, di concerto con Enel, a concordare una differente sede per il medesimo evento; sedi opportune potrebbero essere piazze, palazzetti dello sport, stadi, o l’ampio spiazzo che ha adeguatamente ospitato Sua Santità Papa Benedetto XVI, non certamente le aree industriali attive progettate per tutt’altra destinazione proprio al fine di tutelare l’incolumità dei cittadini, né tanto meno l’interno stesso di industrie di connaturata alta pericolosità (scariche elettriche, incendi, fughe di sostanze tossiche, crolli, esplosioni, rottura di silos, autoclavi, etc.) quale proprio la Centrale di Cerano; meraviglia come agli studenti universitari durante le visite guidate alla centrale sia vietato aggirarsi lungo tutti gli spazi coperti o meno all’interno del perimetro della stessa senza indossare rigorosamente gli elmetti protettivi forniti negli spazi della portineria, mentre, durante l’evento del concerto, nei medesimi luoghi, a sole poche decine di metri dalle caldaie, dagli alternatori, dalle cabine elettriche di trasformazione, dai cavi di alta tensione, dalle condutture forzate e dalle alte ciminiere sia consentita liberamente la presenza, senza alcun elmetto e altra protezione, a migliaia di persone, bambini, donne e uomini, giovani e anziani, molti dei quali totalmente ignari dell’alta pericolosità del sito e del tutto impreparati ad affrontare eventuali situazioni di emergenza e/o di semplice panico potenziale causa di calche e resse.
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Intanto "La fabbrica di Nichi" (Vendola) aderisce alla manifestazione che si terrà la sera del concerto a Cerano, vedi qui
Nuove vittime nelle miniere di carbone cinesi
"Almeno quindici persone sono morte in seguito ad un'esplosione in una miniera di carbone nel nord della Cina. Lo ha annunciato l'agenzia Nuova Cina, citando fonti di sicurezza locali. L'esplosione e' avvenuta nella miniera di Liugou, vicino alla citta' di Linfen, nella provincia settentrionale dello Shanxi.
Secondo le autorita' cinesi, il bilancio delle vittime dello scoppio in miniera potrebbe aumentare, dal momento che tra gli oltre venti feriti ci sono alcuni in gravi condizioni."
Tratto da: RaiNews24.it