No al carbone Alto Lazio

26 novembre 2010

Dietro la maschera di enel

Pregevole articolo di Vincenzo Comito, sbilanciamoci.info:

"Enel, la finanza e l'atomo"
Profitti rosei dalle bollette, presagi grigi dalla gestione finanziaria, look verde molto patinato. Questi i colori del colosso dell’energia, nazionalizzato nel ‘62 e privatizzato nel 1992. Alla vigilia dell’avventura nucleare, in cui Enel è immerso fino al collo.
L’Enel nasce nel 1962 con la nazionalizzazione dell’industria elettrica, azione che rappresentava un punto programmatico fondamentale della nuova alleanza di centro-sinistra varata allora nel nostro paese con l’ingresso del partito socialista nel governo. Il nuovo ente metteva insieme le attività sino ad allora esercitate da un rilevante numero di imprese private che fornivano l’energia agli utenti su di una base territoriale più o meno ristretta. Il sistema era inefficiente, offriva un servizio di cattiva qualità a costi molto alti, ottenendo invece profitti in media molto elevati. Il nuovo ente nasceva con molte speranze e con obiettivi ambiziosi, ma darà risultati non certamente all’altezza di tali aspettative iniziali. Inoltre, i soldi ottenuti dalle società private come indennizzi per le nazionalizzazione verranno in gran parte sprecati in iniziative imprenditoriali molto discutibili. Comunque, ancora oggi i prezzi dell’energia in Italia sono molto superiori a quelli medi europei e il servizio vi appare tra i più scadenti.
Tra le altre date da ricordare per quanto riguarda la società va sottolineato il successivo processo di privatizzazione varato nel 1992, che lascerà peraltro in mano all’operatore pubblico il 30% circa del capitale, secondo una formula che sarà comune ad altre società privatizzate, quali l’Eni e la Finmeccanica.
Nel 1999 viene costituita in seno all’Enel, su disposizione del potere politico, la società Terna, cui viene conferita la rete di trasmissione ad alta tensione; successivamente, tale società verrà quotata in borsa mentre l’operatore pubblico manterrà di nuovo circa il 30% del capitale nelle sue mani.
Sempre nel 1999 viene decretata la fine del monopolio Enel e la liberalizzazione del mercato elettrico. A tale scopo, tra l’altro, la società viene obbligata a cedere ai concorrenti una parte delle centrali di sua proprietà.
Nel 2007 l’impresa acquisisce il 92% del capitale di Endesa, la principale società elettrica spagnola. Si tratta del più importante atto di un processo di internazionalizzazione più vasto già intrapreso prima di tale data, processo che vede l’Enel diventare un protagonista del settore in numerosi paesi, europei e non. Da qualche anno la società si è anche inserita nel settore del gas naturale; essa è diventata oggi il secondo operatore del comparto in Italia dopo l’Eni, con una quota di mercato pari a circa il 10%.
Dati recenti
L’Enel è diventata una delle principali società del settore energetico a livello mondiale. Considerando i dati relativi al 2009, al primo posto si collocava la francese GDF Suez, con 84 miliardi di euro di fatturato, seguita dalla tedesca E.ON, con 82 miliardi, poi dall’altra francese EDF, con 66 e subito dopo da Enel con 64 (Nora, 2010).
La società italiana possiede la leadership di mercato, oltre che in Italia e in Spagna, anche in alcuni paesi dell’Europa dell’Est e dell’America Latina.
Su di un totale di 95,7 MG di capacità installata a livello mondiale, 40,6 sono collocati in Italia, 23,6 in Spagna, 17,1 nelle Americhe, 13,5 nell’Europa dell’Est. Per quanto riguarda le modalità di produzione dell’energia, 31 MG derivano da centrali idroelettriche, 26 da centrali a petrolio e gas, 12 da centrali con turbine a gas a ciclo combinato, 18 da unità a carbone, 5,3 da unità nucleari, mentre infine 3,3 MG provengono da fonti rinnovabili, compresa la geotermia.
La società occupava 81.200 persone a fine 2009, con un incremento di 5.200 unità rispetto all’anno precedente, incremento dovuto peraltro prevalentemente all’assorbimento di altre imprese nel perimetro del gruppo. Del totale degli occupati, circa 43.100 lavoravano all’estero e 38.100 in Italia, secondo un trend che vede la quota nazionale diminuire nel tempo in misura rilevante.
L’Enel, così come del resto la Terna, nata a suo tempo da una costola della società, presenta una redditività sostenuta. Nel 2006 gli utili netti erano di circa 3,0 miliardi di euro; essi erano saliti a circa 4,0 nel 2007, mentre nel 2008 essi sono stati pari a circa 5,3 miliardi e a 5,4 miliardi nel 2009; in quest’ultimo anno la società presenta il livello di profitti più elevato in assoluto tra tutte le società italiane, complice peraltro il forte calo di redditività nello stesso anno dell’Eni, in relazione alle difficoltà del settore petrolifero.
La diversificazione internazionale sembra aiutare in qualche modo tali margini di redditività. Ma i profitti sono da collegare, nel caso dell’Enel e anche della Terna, come delle altre principali società elettriche operanti nel nostro paese, non a presunte capacità manageriali dei gruppi dirigenti delle varie imprese, ma al fatto che nel settore vigono delle tariffe amministrate controllate dai governi, con i quali di solito ci si può intendere facilmente. L’apertura del mercato, che si è verificata in seguito alla liberalizzazione del settore, non ha modificato se non in misura modesta tale quadro.
Una visione meno rosea della situazione si ricava considerando invece gli aspetti finanziari della gestione. Il debito finanziario netto a livello di gruppo era pari a 12,3 miliardi di euro nel 2006 e a 11,7 miliardi nel 2006; nel 2007 esso era aumentato all’elevatissimo importo di 55,8 miliardi e al 30 giugno 2010 esso si collocava ancora intorno ai 53,9 miliardi di euro. La società italiana è una delle più indebitate di tutto il continente europeo. Il costo medio del debito si aggirava, tra il 2007 e il 2010, tra il 5% e il 5,5% annuo, generando, tra l’altro, oneri finanziari molto elevati. La ragione fondamentale di tale salto nel 2007 è da attribuire all’acquisizione, avvenuta nello stesso anno, della quota di controllo della spagnola Endesa, costata circa 40 miliardi di euro.
Va considerato, tra l’altro, a questo proposito, che la francese EDF, che nel 2009 presentava un fatturato complessivo leggermente superiore a quello di Enel -66 contro 64 miliardi di euro – , appare da tempo preoccupata per l’entità del proprio debito che, per la verità, è pari a meno della metà di quello della società italiana, collocandosi a fine 2009 intorno ai 25 miliardi di euro (Thomas, 2009), con un rapporto quindi tra debito e fatturato nello stesso anno pari al 37,8% per la società francese, contro il 79,5% dell’Enel.
La società ha come obiettivo dichiarato quello di riportare il livello dell’indebitamento a 39 miliardi nel 2014 – valore che rimarrebbe comunque molto alto-; questo risultato sarebbe ottenuto attraverso la generazione interna di flussi di cassa, una importante politica di dismissioni, tra cui la cessione sul mercato di una quota dell’Enel Green Power, nonché una rilevante riduzione degli investimenti e dei dividendi.
Ma tale programma è soggetto a molte incertezze, tra le quali un possibile abbassamento del rating da parte delle agenzie internazionali, che farebbe aumentare gli esborsi per interessi passivi, nonché un possibile andamento della redditività meno brillante delle previsioni. Va anche considerato che gli investimenti per il nucleare –se realmente portati avanti- potrebbero, in ogni caso, spingere di nuovo verso l’alto, dopo il 2014, il livello degli stessi debiti. Si stima –stima che potrebbe anche rilevarsi molto inferiore alla realtà-, che i programmi nucleari cui parteciperà l’Enel richiederebbero investimenti per circa 32 miliardi di euro, di cui 25 in Italia (Thomas, 2010).
L’Enel, la politica energetica italiana e i costi del nucleare
Nel febbraio del 2009, sulla base di una chiara scelta da parte del governo italiano per un ritorno al nucleare e in relazione anche ad accordi politici tra il nostro governo e quello francese, Enel e EDF hanno firmato un accordo che pone le basi per un nuovo sviluppo congiunto dell’energia nucleare nel nostro paese. Le due società si impegnano a varare almeno quattro centrali con tecnologia ERP. Secondo i programmi concordati la prima centrale dovrebbe entrare in esercizio nel 2020. E’ prevista una partecipazione di maggioranza dell’Enel nella proprietà e nell’esercizio degli impianti. L’accordo è aperto alla partecipazione di terzi. Sembrerebbe interessata alla partita, tra l’altro, la Edison.
Sulla base di un altro accordo con EDF, l’Enel parteciperà contemporaneamente, in posizione di minoranza, alla realizzazione in Francia di altri cinque reattori a tecnologia EPR.
A livello di imprese che dovrebbero collaborare alla costruzione delle centrali si parla di Ansaldo-gruppo Finmeccanica e Techint per la parte italiana e ovviamente per la parte francese di Areva, il leader mondiale dell’industria nucleare, operante nel settore della progettazione e costruzione di centrali nucleari e servizi collegati –si tratta anche della società titolare della tecnologia EPR.
Bisogna ora considerare che le centrali ad energia nucleare sono molto costose da costruire; si parla di 5 miliardi di euro per un impianto da 1600 MW, costo pari a circa 8 volte quello di una centrale a gas della stessa potenza (Greenpeace, 2009). Vanno poi ricordati gli enormi costi di decommissioning, anche essi se sono protratti molto in là nel tempo. Comunque il ritorno economico sugli investimenti è molto lento, anche se i costi di gestione durante la vita delle centrali sono ridotti.
Il reattore finlandese in costruzione da qualche anno sotto la guida di Areva e le cui tecnologie sono molto simili a quelle che dovrebbero essere utilizzate in Italia, ha più di tre anni di ritardo sui tempi programmati – i lavori dovevano essere terminati nel 2009, mentre invece si arriverà, come minimo, alla fine del 2012- , mentre il costo dell’investimento è nel frattempo lievitato dai 3,0 miliardi di euro iniziali ad almeno 5,5-6,0 miliardi e mentre sono emersi anche rilevanti problemi di sicurezza. Bisogna anche ricordare le passate esperienze dell’Enel nel settore in Italia, con impianti inaffidabili e con costi e tempi di realizzazione che hanno ecceduto di gran lunga le previsioni (Greenpeace, 2009).
Per molti, più in generale, l’elettricità derivata dal nucleare non è economica, oltre che fonte di rischi rilevanti. Secondo studi recenti (Silvestrini, 2010) essa è più costosa del carbone, del gas, del petrolio e dell’eolico. Molto dipende peraltro dai sussidi e da altre agevolazioni pubbliche; non si ha in effetti notizia di centrali atomiche costruite e gestite nel mondo senza un qualche importante apporto statale. Senza tale intervento è molto difficile che delle imprese si decidano di rischiare dei capitali in proprio.
In occasione del convegno annuale dello studio Ambrosetti a Cernobbio, nel settembre del 2010 i responsabili dell’Enel hanno affermato che con la costruzione delle centrali nucleari i prezzi dell’elettricità in Italia si sarebbero abbassati del 25-30%. Si tratta di cifre senza alcun fondamento (Silvestrini, 2010), che fanno parte di una campagna volta a dimostrare all’opinione pubblica che il nucleare è poco costoso e sicuro. In realtà, con la costruzione di tali centrali appare più probabile che i prezzi aumentino.
La costruzione degli impianti atomici in Italia, visti gli eventuali tempi lunghi di costruzione delle centrali, non potrebbe peraltro avere alcun ruolo nella corsa alla riduzione dei gas serra entro il 2020, riduzione in merito alla quale peraltro l’Italia non sembra stia facendo molto.
La politica energetica italiana, volta più in generale ad un ritorno al nucleare e al carbone, le due fonti più pericolose e sporche, nonché caratterizzata da una scarsa attenzione alle energie rinnovabili e ai programmi di aumento dell’efficienza energetica, rischia di relegare la penisola alla condizione di paese energeticamente sottosviluppato (Greenpeace, 2009). In effetti, oltre all’iniziativa sul nucleare, l’Enel sta anche portando avanti l’apertura di nuove centrali a carbone e la conversione a carbone di centrali già funzionanti da tempo con altre tecnologie. Va sottolineato che il tale combustibile è quello con le più alte emissioni di gas serra. Bisogna anche considerare che, in ogni caso, appare sostanzialmente impossibile che i tempi dichiarati ufficialmente per il programma nucleare vengano rispettati e ci sono anche delle speranze che tali progetti non verranno mai realizzati o che comunque essi saranno almeno ridimensionati.
Le presunte credenziali verdi dell’Enel
L’Enel ha costituito nel 2008 la “Enel Green Power”, mettendo insieme le sue attività nel settore delle energie rinnovabili. La nuova società sarà introdotta in Borsa nell’ottobre del 2010, con l’offerta al mercato di circa il 30% del suo capitale. L’operazione ha fruttato a consuntivo circa 2,6 miliardi di euro di denaro fresco per la capogruppo –abbastanza meno di quanto il gruppo dirigente dell’azienda sperava-, che con tale iniziativa cerca di accreditarsi contemporaneamente, almeno nelle intenzioni, come fortemente sensibile ai temi ecologici.
Ma gli scettici riguardo a tale operazione sono molti; essi sottolineano, tra l’altro, come in realtà l’amministratore delegato della società, Fulvio Conti, sia uno dei nemici più convinti delle tematiche ambientaliste, avendo tra l’altro dichiarato la sua contrarietà alle conclusioni del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sul tema, gruppo che valutava come molto probabilmente l’aumento delle temperature globali sia causato dalle emissioni umane (Dinmore, 2010). Un consulente del settore, A. Consoli, giudica Conti come un campione della vecchia scuola dell’energia, che combatte i movimenti verdi e porta avanti delle cattive politiche accompagnate da campagne pubblicitarie devianti (Dinmore, 2010). La società, ancora recentemente, ha inoltre manifestato la sua opposizione alle norme più restrittive progettate dai ministri dell’Unione Europea in tema di permessi alle emissioni di gas serra (Dinmore, Crooks, 2010). L’Enel è, tra l’altro, il più grande emettitore di tali gas del nostro paese e non sembra voler fare nulla per ridurli in maniera significativa.
Greenpeace ricorda peraltro come nella nuova entità avviata dall’Enel, escludendo gli impianti idroelettrici e geotermici presenti in Italia da moltissimi decenni, le altre energie rinnovabili pesino meno dell’1% della produzione di energia di Enel in Italia (Greenpeace, 2010).
D’altro canto, cedendo una parte delle azioni della società Enel Green Power, l’Enel rinuncia anche ad una parte degli utili; bisogna ricordare, a tale proposito, come quello delle energie rinnovabili sia il settore più redditivo presente all’interno del gruppo.
Per quanto riguarda l’azionista pubblico, va sottolineato che, ridimensionando l’Enel in maniera molto importante i dividendi per diminuire nei prossimi anni il livello dell’indebitamento, si riducono contemporaneamente le entrate dello stato italiano per circa 1,25 miliardi di euro all’anno, mentre i contribuenti hanno già versato 2,5 miliardi per l’aumento di capitale effettuato nel 2009 (Thomas, 2009). Questo significa che una parte consistente del peso finanziario del processo di internazionalizzazione della società verrà pagato da noi, come molto probabilmente ricadrà sui contribuenti una parte importante degli investimenti nelle centrali nucleari, se mai si faranno.

Testi citati nell’articolo
-Dinmore G., Crooks E., Enel sounds alarm over tight emission rules, www.ft.com, 17 marzo 2010
-Dinmore G., Enel’s green credentials challenged ahead of IPO, www.ft.com, 21 giugno 2010
-Nora P. (a cura di), A nous, le vaste monde, Le Nouvel Observateur, 19-25 agosto 2010
-Greenpeace, Stop carbone! Efficienza energetica adesso, Documenti e rapporti, Greenpeace Italia, Roma, 2009

-Silvestrini G., Disinformazione nucleare, www.qualenergia.it, 8 settembre 2010
-Thomas S., Enel. Prospettive e rischi degli investimenti in energia nucleare, rapporto per Greenpeace Italia, Documenti e rapporti, Greenpeace Italia, Roma, 2009
(Vincenzo Comito, sbilanciamoci.info)

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Pietra Ligure delibera un netto "no" al carbone

Fonte: ivg.it
"Il Comune di Pietra Ligure dice no all’ampliamento della centrale a carbone di Tirreno Power. Nel corso dell’ultima seduta del Consiglio comunale è stato infatti approvato un ordine del giorno presentato dalla maggioranza con la richiesta di formalizzare la contrarietà dell’amministrazione pietrese al progetto previsto per la centrale vadese.

Il documento approvato dal parlamentino pietrese si inserisce in uno studio riguardante l’incidenza delle polveri e dei fattori inquinanti della centrale fino ad oltre 50 km dal sito vadese. L’ordine del giorno ha chiesto inoltre di avviare un processo di ambientalizzazione dei gruppi a carbone esistenti e la riconversione della centrale, oltre ad un effettivo controllo pubblico delle emissioni inquinanti e dei loro effetti sul territorio savonese.

E’ stato invece respinto dal Consiglio comunale un emendamento presentato dalla minoranza consiliare che prevedeva un “ni” all’ampliamento a carbone della centrale ma lasciava aperto il tavolo di discussione con l’azienda, in primis sul tavolo ambientale"

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25 novembre 2010

Il picco del carbone non è lontano

Da BlogEko.it
Un saggio sulla prestigiosa rivista scientifica Nature conferma: il picco del carbone è dietro l’angolo, esattamente come quello del petrolio. Sarà dunque il caso di cominciare a prendere con cautela la diffusa convinzione che il carbone rimarrà abbondante ancora per molto tempo.

Se il petrolio è importante soprattutto per i trasporti (e pensate a quanto viaggia il cibo), per i concimi e per moltissimi oggetti della vita quotidiana, grazie al carbone si producono circa il 40% dell’elettricità e il 75% dell’acciaio utilizzati in tutto il pianeta.

Il picco è il momento in cui la produzione non aumenta più a causa delle limitate riserve possedute dal pianeta: la domanda invece continua a crescere, ed è facile intuire gli effetti.

Il saggio sul picco del carbone è stato pubblicato da Nature lo scorso 18 novembre. Porta la firma di Richard Heinberg e David Fridley del Post-Carbon Institute. Il testo completo è accessibile solo agli abbonati, ma i punti salientisono ripresi da Bloomberg.

il concetto di fondo è: le stime sulla consistenza dei giacimenti effettuate nei decenni passati stanno rivelandosi inesatte e troppo generose. Le riserve di carbone di buona qualità e facilmente accessibili sono ormai ridotte.

La domanda di carbone invece continua a crescere, trainata soprattutto dalla Cina, il maggior produttore e consumatore mondiale, che l’anno scorso ha raddoppiato le se importazioni.

Il picco della produzione di carbone, concludono i due, è imminente: forse si verificherà fra un anno soltanto.

La diminuzione della produzione combinata con l’aumento della domanda causerà un aumento dei prezzi: dunque le politiche energetiche basate sull’abbondante disponibilità di carbone a basso prezzo non hanno futuro.

Su Nature la fine del carbone a buon mercato. L’articolo completo è riservato agli abbonati.

Su Bloomberg il carbone sta finendo e i prezzi saliranno

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Civitavecchia velenoso buco nero

"Perché andrei via da Civitavecchia?"

Perché nella mia città ci sono due centrali di cui una a carbone, uno dei porti più grandi del Mediterraneo con il relativo traffico automobilistico, una boa petrolifera off shore, sei depositi costieri per oli minerali di cui quattro sottoposti a legge Seveso, un centro, unico in Europa, per l’inertizzazione e lo smaltimento di armi chimiche, tre discariche esaurite, una per rifiuti speciali e una da poco autorizzata per quasi un milione di mc di rifiuti;
Perché a meno di 20 Km dalla mia città stanno già operando per costruire una centrale nucleare;
Perché, come se non bastasse, vogliono venire qui a smaltire e bruciare i rifiuti di Roma;
Perché nella mia città la raccolta differenziata non supera l’8% ;
Perché l’Amministrazione Comunale ha detto NO alla riconversione a carbone e dopo 40 giorni e 26 milioni di euro versati dall’ENEL nelle casse del Comune ha cambiato idea e dato parere positivo;
Perché dalla centrale a carbone, che ENEL definisce “pulito”, usciranno 6.300.000 mc di emissioni all’ora e 10.600.000 t/a di anidride carbonica;
Perché il 56% dei bambini della mia città soffre di allergie ed asme nell’indifferenza totale;
Perché nella mia città ci sono le percentuali di mortalità e morbilità per tumori alle vie respiratorie, leucemie e linfomi, tra le più alte nel Centro Italia;
Perché da aprile ad oggi nella mia città sono morte più di cinquanta persone tra i 30 e i 55 anni per malattie neoplastiche;
Perché le sogliole del nostro mare hanno una percentuale di mercurio 10 volte superiore alla norma;
Perché nella mia città l’acqua è avvelenata e da oltre tre anni viene dichiarata potabile solo grazie ad una deroga governativa;
Perchè le nubi nere, rosse e grigie che escono dalle ciminiere vengono definite effetti ottici;
Perché nella mia città è in corso un processo per schiavitù e nessuno ha detto una parola
Perché le mafie si sono infiltrate negli appalti della centrale e del porto e tutti negano l’evidenza ;
Perché nella mia città vogliono cementificare ogni minimo spazio rimasto libero;
Perché nella mia città prima ancora che i polmoni hanno inquinato le coscienze;
però resto qui
Perché non posso accettare che la mia terra venga ulteriormente avvelenata e distrutta;
Perché voglio continuare a lottare e non perdo la speranza che tutto questo si possa fermare;
Perché quando mia figlia mi chiederà “ Come avete potuto permettere tutto questo” voglio poterla guardare negli occhi e dirle “io ci ho provato”.

Simona Ricotti

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Morti bianche da carbone in Colombia: almeno 9 vittime in miniera

"Un'esplosione in due piccole miniere di carbone colombiane ha causato la morte di nove operai, che avrebbero inalato i gas tossici sotterranei che si sono sprigionati dopo la deflagrazione.
Ma il bilancio potrebbe salire. Solo nel giugno scorso, sempre in Colombia, una deflagrazione in miniera uccise 70 operai."

Fonte: TG1

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Agisci per la democrazia partecipata in Europa

Da Aavaz.org
Proprio ora l'Ue sta decidendo il destino di una riforma democratica rivoluzionaria che potrebbe cambiare la governance dell'Europa e contrastare così il potere degli interessi organizzati. Ma alcuni funzionari stanno cercando di far passare regole che impedirebbero la partecipazione dei cittadini. Firma la petizione per proteggere il nostro diritto d'intervenire nella formazione delle decisioni che influenzano la vita di tutti noi: http://www.avaaz.org/it/eu_citizens_initiative/
Proprio in questi giorni i funzionari europei stanno decidendo a porte chiuse il destino di una riforma democratica rivoluzionaria che potrebbe cambiare la politica dell'Ue, al momento dominata da un'élite composta da governi, aziende multinazionali e lobbisti.   

L'Iniziativa dei Cittadini europei costringe la Commissione europea ad agire quando questa riceve la richiesta da oltre 1 milione di cittadini. E' un'innovazione radicale nella governance dell'Ue che spaventa molti funzionari, che ora stanno tentando di seppellirla con una montagna di lungaggini burocratiche e barriere che ostacolino la partecipazione dei cittadini.

Molti parlamentari europei si stanno battendo con forza per proteggere l'Iniziativa dei Cittadini. Abbiamo l'urgenza di sollevare una denuncia enorme dei cittadini per sostenere i parlamentari e svergognare i governi e i funzionari che stanno ostacolando la democrazia diretta che i cittadini vogliono. Firma la petizione sotto - il parlamentare europeo Gerald Häfner, in prima linea nelle negoziazioni, presenterà la nostra petizione in ogni singolo incontro a Bruxelles in cui potrebbe fare la differenza:

http://www.avaaz.org/it/eu_citizens_initiative/?vl

Per decenni l'Unione europea è stata accusata di avere un processo decisionale troppo complesso e non democratico, che ha reso la politica europea inaccessibile ai cittadini. Ma ora, grazie all'Iniziativa dei Cittadini introdotta dal Trattato di Lisbona l'anno scorso, potremmo assistere a un vero cambio di direzione negli sforzi per rispondere al deficit democratico dell'Ue.

Alcuni stati membri, che hanno paura di una maggiore partecipazione dei cittadini nel processo legislativo, stanno insistendo affinché ogni firmatario dell'Iniziativa dei Cittadini europei lasci il numero della propria carta d'identità o passaporto, una richiesta che diminuirebbe incredibilmente la partecipazione. Organismi indipendenti per la protezione dei dati in Europa dicono che i numeri della carta d'identità non sono necessari per verificare i firmatari; raccogliere questi dati, infatti, è intrusivo e può incrementare il fenomeno del furto d'identità.

La Commissione europea ha inoltre proposto l'introduzione di termini temporali troppo brevi e di quote non necessarie per ogni paese, che escluderebbero di fatto molti gruppi di cittadini dall'avvalersi dell'Iniziativa. Il Parlamento ha controproposto obblighi fattibili: una scadenza di 18 mesi per la raccolta di firme e un quinto dei paesi membri dell'Ue per quanto riguarda le quote.

Avaaz sta già utilizzando l'Iniziativa dei Cittadini per migliorare la democrazia europea: abbiamo raccolto oltre 1 milione di firme e stiamo quindi consegnando la prima Iniziativa dei Cittadini di sempre per bloccare le coltivazioni OGM dall'entrare in Europa. Ma questa, come tante altre iniziative, potrebbe essere azzoppata se i funzionari riusciranno a mandare in porto le loro condizioni esageramente stringenti.

Le negoziazioni sono arrivate alla loro fase critica: cerchiamo di far decollare l'Iniziativa dei Cittadini e di mettere al lavoro l'Europa per noi. Firma la petizione ora, e inoltra questo messaggio a tutti:

http://www.avaaz.org/it/eu_citizens_initiative/?vl

Con speranza,

Luis, Benjamin, Alice, Paula, Alex, Ben, Pascal, Ricken e tutto il team di Avaaz.

FONTI:

European Voice, "I parlamentari europei si spendono perché le iniziative dei cittadini siano più fattibili" (in inglese):
http://www.europeanvoice.com/article/imported/meps-look-to-make-it-easier-to-launch-citizens-initiatives/69310.aspx

Iniziativa dei Cittadini europei, "Il Parlamento può ancora opporsi agli stati membri che ostacolano l'Iniziativa dei Cittadini europei" (in inglese):
http://www.citizens-initiative.eu/?p=374

Maggiori informazioni sulla "Campagna per l'Iniziativa dei Cittadini europei a portata di cittadino" (in inglese):
http://www.citizens-initiative.eu

Democracy International promuove la democrazia diretta, ed è l'organizzazione che sta sponsorizzando l'Iniziativa dei Cittadini europei:
www.democracy-international.org

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24 novembre 2010

Arsenico e vecchi problemi

Da Centumcellae.it:
L’Ue: niente più proroghe all’arsenico nell’acqua. E il problema ora è anche di Civitavecchia
"Alla fine l’Unione europea ha detto no. Troppe le proroghe ai livelli di arsenico nell’acqua richieste dal Governo italiano che, di fronte all’ennesima istanza, ha dato stavolta il suo diniego. In alcuni territori del Paese, infatti, le proroghe ai livelli fissati dall’Europa, sono arrivate infatti a 50 microgrammi/litro, vale a dire un valore ben cinque volte superiore al consentito. Ma la UE non si è fermata qui: ha richiesto infatti all’Italia l’emissione di ordinanze che vietino la potabilità in questi territori. 128 comuni italiani quindi sono a rischio di vedersi chiudere i rubinetti, e di questi ben 91 sono nel Lazio.
“Nell’elenco di questi 91– denuncia il Movimento Difesa del Cittadino – compaiono purtroppo i comuni di Civitavecchia, Santa Marinella e Tolfa, con un totale dichiarato di 48.200 cittadini interessati nel comprensorio” Cosa succede ora? E’ presto per dirlo. “Fonti giornalistiche – prosegue l’Mdc – parlano di contatti frenetici in corso tra il ministero della Salute e gli assessorati all’Ambiente delle Regioni interessate, e sembra sia stato chiesto un pronunciamento all’Istituto superiore di sanità per stabilire le linee guida cui dovranno attenersi le autorità mentre la Regione avrebbe preparato una specie di vademecum che presto dovrebbe essere distribuito presso scuole, uffici pubblici, ospedali, aziende. Siamo ovviamente contenti che l’Europa abbia finalmente posto la parola fine ad un rischio per la salute che si trascinava da anni, ma non vorremmo che i comuni interessati si limitassero ad emettere ordinanze di non potabilità che, inevitabilmente, finirebbero per gravare sulle tasche dei cittadini, costretti a spendere per acquistare l’acqua da bere. Sulla vicenda della frequente non potabilità dell’acqua e dei costi per la collettività eravamo già intervenuti interessando il Garante del Servizio Idrico Integrato e denunciando specificatamente la situazione del Comune di Civitavecchia. Il Garante ci aveva risposto chiedendo all’amministrazione comunale una relazione sullo stato del servizio idrico e sui provvedimenti intrapresi, ma nessuna risposta ci risulta sia stata data in merito. Nei prossimi giorni, quindi, torneremo ad interessare tale autorità, augurandoci che stavolta il Comune di Civitavecchia risponda ai quesiti pendenti. Ci attiveremo nei prossimi giorni chiedendo incontri con i Sindaci dei Comuni interessati e seguiremo, senza clamore inutile, come nostra prassi, la vicenda, informando i cittadini di quanto verremo a conoscenza”.
Nel frattempo comunque il Movimento Difesa del Cittadino invita tutti a non cadere in facili allarmismi. “L’acqua che uscirà dai nostri rubinetti oggi – concludono – è uguale a quella che è uscita ieri. Il provvedimento dell’UE è una buona notizia per i nostri cittadini: preannuncia probabili disagi, ma impone che l’acqua che beviamo sia finalmente sicura per tutti. E difficilmente l’Unione Europea potrà essere ignorata”.

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Mozione IdV alla Regione Lazio: TVN funziona in deroga a leggi e prescrizioni, occorre riesaminare il progetto

Da Libero-news
"Qual e' il reale impatto ambientale dell'impianto di Torre Valdaliga Nord? Da quanto risulta vi sono infatti differenze sostanziali tra il progetto che ha ottenuto la concessione Via da parte del ministero, sentita la Regione Lazio, e l'opera cosi' come invece verra' di fatto costruita''. Lo dichiarano i consiglieri dell'Italia dei Valori alla Regione Lazio, Claudio Bucci e Giulia Rodano, in una nota congiunta relativa a una mozione che impegna la Giunta a intervenire presso il ministero affinche' il progetto, comprensivo delle varianti, venga sottoposto a nuovo iter autorizzativo.

''Tali differenze - continuano i consiglieri regionali Idv - sarebbero tali da modificare significativamente l'impatto ambientale del nuovo impianto per cui occorre sottoporre il progetto 'de facto' a nuovo iter autorizzativo, nell'interesse della salute di ambiente e cittadini. Speriamo che la Giunta regionale accolga la nostra denuncia e non rimanga come al solito sorda a queste richieste. Occorre trovare una reale soluzione a questa vicenda, dove da quanto emerge apparirebbe evidente che interessi economici di politicanti e affaristi vogliano tacere irregolarita' pericolosissime''.

''Da tempo i cittadini e i rappresentanti locali chiedono che il progetto di riconversione dell'impianto di Torre Valdaliga Nord venga rivisto'', concludono Bucci e Rodano."

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ecoballe VS ecoBalloni

Vedelago, Veneto: una corretta e conveniente strategia di trattamento dei materiali post-consumo.

Civitavecchia, Lazio: ancora niente differenziata e un Balloni (Polo Civico) che vuole bruciare rifiuti indifferenziati (chiamandoli INGANNEVOLMENTE cdr) dentro la centrale TVN enel. GUARDA CASO, questo avveine in coincidenza con la presentazione del Piano Regionale dei Rifiuti.

Il Sindaco e la sua giunta invece puntano trionfalisticamente su ArrowBio grazie all'apertura inaspettata della Regione Lazio, ma si tratta in realtà di una soluzione-tampone, solo temporanea e mal progettata. Un sistema di trattamento finale a freddo che promette miracoli: fertilizzante, gas, metalli e plastica riciclati "senza che i cittadini debbano separarli". Balle!!

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Cobas Savona: quale indagine epidemiologica a Vado?

...Ma non esistono solo Sindacati deviati

Fonte: SavonaePonente
COBAS SAVONA – Il Comune di Cairo pare infine orientato a richiedere una indagine epidemiologica sulle malattie da contaminanti industriali. Da dove occorre partire? La letteratura scientifica ci dice con chiarezza quali malattie provocano i diversi contaminanti emessi dalle industrie. Esistono in tutto il mondo centinaia di indagini epidemiologiche riguardo al carbone. Come occorre fare?
Prima di tutto,monitorare l’insieme delle malattie e non solo quelle tumorali. Creare una mappatura dell’inquinamento e individuare tre livelli di esposizione in cui inserire la popolazione cairese. Vanno studiati i ricoveri per acuti, distinguendo bambini e adulti, maschi e femmine. Per i bambini, incidenza di sinusiti, bronchiti, otiti, asma; per gli adulti: insufficienza respiratoria e cardiaca, asma, bronchite cronica, infarti. Poi,la mortalità: per i bambini leucemie, encefalo, linfomi e sarcomi; per gli adulti polmone, laringe, vescica.
Poi, morti per malattie cardiovascolari, respiratorie, diabete, malattie autoimmuni, abortività spontanea, malformazioni congenite.
L’indagine epidemiologica deve andare di pari passo con la misurazione delle emissioni di tutte le industrie che insistono sul Comune di
Cairo (esempio,Tirreno Power di Vado Ligure,con gruppi a carbone a meno di 50 chilometri).
La popolazione deve sostenere l’indagine, che deve essere trasparente e finalizzata a tutelare la salute dei cittadini.

Confederazione Cobas Savona

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Terra di Poeti e Coglioni. I sindacati Nazionali primi dipendenti dal carbone

Riportiamo un articolo a firma di V. Rossi, da SavonaePonente 

Tema: Tirreno Power.
Svolgimento: “Il progetto tecnicamente è a posto” (strano, a noi risultava -  come da perizia giurata – che ci fossero  dati  inesatti e che il prospettato miglioramento della qualità ambientale fosse stato basato addirittura su cifre inventate, ndr).
“Abbiamo ricevuto i dati sui monitoraggi” (quali? ndr).
“E’ partito il tavolo ambientale per il controllo pubblico delle emissioni” (ma davvero? Finora ci risulta che se ne sia soltanto parlato, ndr)”.
“Ora spetta alle istituzioni decidere sul futuro dell’ampliamento della centrale vadese. Il cuore della questione è portare avanti la trattativa industriale, tuttavia non posso far a meno di notare che gli enti pubblici ed in primis la Regione sembrano eludere il problema e c’è un continuo rinvio su una scelta che ormai hasolo un significato politico”.
Voto: 3- , almeno per chiunque conosca davvero l’argomento e si renda conto del cumulo di inesattezze riunite in queste poche frasi.
Invece no.  Ben pochi rispondono:  “Ma che stai a di’?”. Tutti gli altri tacciono in religioso silenzio.

Ipse dixit.
E chi è che dixit?  Francesco Rossello, segretario provinciale della CGIL.
Quella stessa CGIL  che in tempi non lontani fece clamorose battaglie per difendere i lavoratori dell’ACNA, che si ammalavano e morivano proprio come oggi si ammalano e muoiono gli abitanti di Vado Ligure, di Savona, di Spotorno, di Noli (e gli stessi lavoratori della Tirreno Power: siamo a conoscenza di almeno tre casi).
Ma come si fa ad ignorare l’impatto sulla salute che ha già OGGI questa centrale a carbone di città, impatto provato da decine, per non dire centinaia di studi scientifici?
Come si fa a dire “abbiamo ricevuto i dati sui monitoraggi“, quando non esistono altri monitoraggi se non quelli eseguiti dalla stessa Tirreno Power?
Come si fa a pensare che le amministrazioni “continuino a rinviare una scelta che è solo un fatto politico“, quando è palese che le amministrazioni, pur prese per il collo dalle pressioni economico-politiche, sembrano mostrare ancora  quel barlume di intelligenza sufficiente a  capire che pensando solo al fatto politico sarebbero responsabili di decine di ULTERIORI morti?
Certo, il signor  Rossello può pensare che sia “solo un fatto politico” (ma poi, in che senso? TUTTO è politico: anche prendersi cura della salute):  perché nessuno ricorda di aver visto il signor Rossello ad alcuna conferenza tenuta da medici che spiegavano il motivo per cui la centrale a carbone di Vado è già ritenuta una bomba innescata, mentre  il suo ampliamento equivarrebbe ad un’esplosione.
Nessuno ha mai visto ad alcun dibattito aperto (leggi: dotato di quel contraddittorio che sempre si invoca quando non serve a  un accidenti, ma MAI quando sarebbe davvero necessario) né il signor Rossello, né la signora Meneghini della CISL, né  nessuno degli altri sindacalisti che oggi sbavano dal desiderio di offrire ai savonesi questa trentina, o cinquantina che sia, di posti di lavoro, in cambio di venti morti all’anno e di un costo sociale di oltre 100 milioni di euro annui (come risulta dall’elaborazione dei dati Externe dell’Unione Europea).
E’ possibile che il signor Rossello & C. ignorino questi dati di fatto?
SI’.
E’ possibilissimo, anche se le relazioni dei medici sono state inviate praticamente a tutto il mondo: perché pochissime persone le hanno lette.
Leggere, studiare, capire è fatica: è molto più facile bollare i medici ambientalisti come “fanatici” ed evitare di prenderli in considerazione,  tanto si trova sempre qualche mediconzolo servo del potere disposto a dire qualche bel “ma vaaaaa ma va laaaaaaa”, ovviamente non motivato né supportato da alcuno studio scientifico (perché NON NE ESISTONO a favore del carbone), ma sufficiente a mettere a tacere le coscienze.
Quelle sporche, ovviamente.
Si dirà:  i rapporti medici sono difficili da capire, il linguaggio scientifico non è alla portata di tutti, magari hanno letto ma non hanno capito bene.
La scusa, però, è deboluccia: perché gli stessi dati sono stati riportati su  decine di siti, blog, giornali  (almeno quelli online), in forme comprensibili anche da un bambino di dieci anni. Senza contare che ci sono molte altre cose che un amministratore o un sindacalista può “non capire”, anche perché nessuno è  tenuto a capire tutto: la laurea in tuttologia non è poi così diffusa, ed è per questo che in mille campi diversi il politico – o il sindacalista – di turno  si affida ad esperti esterni,  li ascolta con il massimo interesse e prende per buone le sue parole.
Succede sicuramente nel campo dell’edilizia, per esempio: e gli esperti  che bazzicano Savona forse non sono poi così in gamba, visti i risultati… ma le loro parole vengono prese comunque per oro colato, tanto che a volte serve l’insurrezione popolare per evitare che si sprechino miliardi in mostruosità architettoniche. E altre volte non basta neanche quella, perché  sprechi e mostri vanno avanti ugualmente.

Sta di fatto che gli esperti vengono convocati, pagati, ascoltati e seguiti.

Invece, quando si parla di salute, gli esperti (che sono ovviamente i medici) vengono tenuti a distanza.
All’ormai celeberrimo (anzi, famigerato)  studio IST-ARPAL che avrebbe dovuto valutare l’impatto dell’inquinamento sulla salute dei cittadini (e che non l’ha fatto, anche se hanno cercato di farci credere di sì) NON HA PARTECIPATO NEPPURE UN MEDICO. C’erano matematici, biologici, statistici, perfino un architetto. Medici, ZERO.
Allora i medici, poveracci, si fanno avanti in proprio: d’altronde hanno giurato “di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo”. Hanno un codice etico e deontologico che li obbliga ad occuparsi della salute pubblica:  se non lo facessero, non sarebbero medici degni di tale nome.
Per questo si fanno avanti e cercano di spiegare, di far capire.
Invece di essere pagati, come dovrebbero esserlo tutti i consulenti tecnici, PAGANO DI TASCA LORO, perlomeno in  termini di tempo ed energie che impiegano a scrivere relazioni, a farle avere a tutti gli interessati, a cercare, insomma,  di informare chi di dovere su quello che sta succedendo e quello che potrebbe succedere.
Risultato? Zero.
Nessun amministratore e nessun sindacalista noto sembra essere a conoscenza del contenuto di quegli studi, di quelle ricerche, di quelle relazioni.
Qualche sindacalista molto meno noto, in realtà,  dimostra di aver capito  (forse perché lui a qualche convegnoc’è andato)… ma quando gli si chiede di prendere pubblicamente posizione allarga le braccia: “Non posso farlo, per motivi politici”.
Gli stessi motivi che trattengono tante persone per bene, rappresentanti di questo o quel partito, che sarebbero anche convintissime delle ragioni ambientaliste ma che non possono sposarle (almeno non pubblicamente) perché sanno che il giorno dopo sarebbero tagliate fuori dai partiti, da ogni possibilità di raggiungere uno straccio di cadreghino ma anche, magari, da ogni possibilità di portare avanti altre battaglie a cui  tengono davvero e che non vogliono mollare.
Purtroppo di persone per bene di questo tipo ce ne sono a destra come a sinistra (come è logico che sia, perché la salute non può avere colore politico): ma non mettono fuori il naso, perché i pochi (pochissimi, a dire il vero) che ci hanno provato, il naso se lo son visti tagliare via.
Attenzione: noi siamo convinti che la battaglia in difesa della salute valga più di ogni altra, perché senza salute non può esserci istruzione, né lavoro, né pari opportunità, né null’altro. La  battaglia per la salute è come quella per l’acqua: la difesa di un bene primario, anzi “del” bene primario in assoluto.
Però possiamo capire che ognuno abbia le sue priorità; e possiamo capire che a qualcuno scocci sposare una battaglia che porta grande impopolarità. Abbiamo visto tutti chiaramente come in questa Provincia dichiararsi “ambientalisti ” significhi bruciarsi politicamente, perché i  grandi business di questa provincia sono carbone e cemento.
Chi non li vuole, automaticamente non viene più  “voluto”.
Purtroppo, se il cemento fa danni di altro tipo,  il carbone uccide.
Fa fuori una ventina di persone all’anno  (sono sempre dati scientifici, non “allarmismi fanatici”) e ne fa ammalare un quantitativo non ancora definito, ma sicuramente molto più elevato.
E allora, pur capendo chi ha paure di vario genere, continuiamo a sostenere che – business o non business -  il carbone vada assolutamente combattuto: anche perché le alternative ESISTONO.
Nessuno vuole mettere dei lavoratori in mezzo alla strada: si vorrebbero solo trovare soluzioni che permettano loro di lavorare senza rischiare la pelle e senza farla rischiare a chiunque abiti nel raggio di 50 chilometri.
Ma a fronte di tutto questo, chi parla di salute viene bellamente ignorato. Anzi, peggio:  un dirigente sindacale si permette di trattare l’argomento con  orripilante superficialità.
Il dirigente di  un sindacato, dannazione! Ovvero chi per primo,  forse prima ancora delle amministrazioni, la salute dei lavoratori dovrebbe tutelarla.
Uno di quegli stessi personaggi che poi sbraitano nei megafoni che vogliono “sicurezza sul lavoro”: ma le  morti sul lavoro non sono soltanto quelle dell’operaio schiacciato dalla pressa. Sono anche quelle dell’operaio che respira veleno ogni santo giorno.
Ai tempi dell’ACNA la CGIL (almeno lei) lo sapeva. Ora l’ha dimenticato.
O quantomeno l’ha dimenticato Rossello.
Cosa si può dire, di fronte ad atteggiamenti ottusi come questi?
Ci si pone sempre la stessa domanda che ci eravamo già posti in precedenza: c’è sotto della clamorosa malafede, o davvero questi signori non hanno ancora capito che stanno giocando con la pelle  dei lavoratori, oltre che con quella  dei cittadini?
Ma oltre a questo non si sa davvero cosa dire. Non ci sono  parole.
O meglio, ce ne sarebbe una: quella che un signore di una certa notorietà politica ha rivolto “agli italiani che voterebbero contro il proprio interesse” (nel caso non ve ne ricordaste, qui sotto trovate un  breve video-memorandum”).

“Coglioni”, già.
Termine che ormai è sicuramente divenuto di libero utilizzo (un po’ come “orcodio”), visto che nessuno ha denunciato il signore che l’ha affibbiato a metà del popolo italiano. Quindi  presumo che potremmo dirla anche noi, senza rischiare nessuna querela:  ma porca miseria, non  ci basta.
Rende, sì,  l’idea del misto di ignoranza, menefreghismo e superficialità dimostrata dai nostri sindacalisti nel caso Tirreno Power: ma non soddisfa del tutto… anche perché  proprio il fatto che l’abbia pronunciata il signore di cui sopra (uno che la sua ex moglie ha definito “uno che non sta bene”), la fa somigliare un po’ troppo al classico insulto che scappa di bocca a qualcuno che non ci sta più con la testa.
Invece i  difensori della salute, con la testa, ci stanno ancora.
Ma a volte hanno l’impressione di essere gli unici ad esserci… e anche questo, in fondo,  è un po’ tipico dei matti.
Dunque, vedete come è difficile?
Vedete come diventa arduo, quando si sa di avere ragione e di essere qui a lottare anche per la pellaccia altrui, trovare le parole giuste per rispondere a  quelli che invece vogliono fare business sulla nostra pelle, o  a quelli incapaci di capire cosa sta succedendo,  quelli che sbavano dietro a qualche posto di lavoro senza capirne il costo reale?
Se cerchi di spiegare civilmente le tue ragioni, vieni snobbato.
Se  insulti, passi da fanatico isterico.
Se urli, passi da matto.
E infatti così ci trattano quelli che rifiutano di ascoltare i comitati; quelli che i medici li convocano “giusto per”  (e cioé: perché  l’Ordine dei Medici è una figura di una certa rilevanza politica, che quindi non si può ignorare del tutto come si fa con dei semplici rappresentanti dei cittadini), ma non si scomodano neppure a riceverli personamente, e ad ascoltarli ci mandano una giovane signora che palesemente non sa di cosa si stia parlando; infine, ci trattano come matti quelli che, un tempo, erano tra le espressioni più forti e più incisive della volontà (oltre che dei diritti) dei lavoratori, degli operai, del popolo…e  che adesso non si sa più bene cosa siano:  se  ingranaggi di questo sistema marcio che sta portando alla rovina il Paese, o semplicemente portatori sani di ignoranza galattica.
Cosa rimane?
Rimane la gran voglia di urlare “COGLIONI! Come potete non capire quello che state facendo a tutti noi, compresi i vostri stessi figli?“; ma non per insultare, come fanno gli anziani signori fuori di testa. Solo per attirare l’attenzione.
Perché sentiamo la necessità, l’urgenza di  informare, di aprire gli occhi, di far capire la reale gravità di un problema che viene regolarmente sottostimato.
Noi continuiamo a provarci: ma ci rendiamo conto che spesso parliamo al vento. Che continuiamo ad urtare contro un muro di gomma fatto di una democrazia ridotta a burletta, di interessi di pochi che travalicano l’interesse di tutti, di poteri che corrompono e/o  minacciano, di media asserviti, di politici imbavagliati o silurati.
Così  succede che, alla fine, da coglioni passiamo noi.

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