Fonte
Tagliare i sussidi alle fonti fossili e aumentare quelli per le rinnovabili. Questa la ricetta dell'amministrazione Obama, che ha proposto di destinare 29,5 miliardi di dollari al Dipartimento dell'energia come budget del 2012 (+4,2% rispetto a quello previsto per il 2011 e +12% in confronto al 2010). Circa otto miliardi di dollari andranno a nuovi progetti delle rinnovabili, come eolico, solare e auto elettrica. Per coprire queste spese della green economy, Obama vorrebbe ridurre sensibilmente gli aiuti alle industrie del petrolio, del carbone e del gas: 3,6 miliardi l'anno in meno è la richiesta della Casa Bianca al Congresso. I sussidi alle fonti tradizionali potrebbero quindi perdere oltre 40 miliardi in un decennio; meno fondi anche per l'esplorazione di giacimenti di gas e petrolio e per lo sviluppo dell'idrogeno. Il Dipartimento dell'energia dovrebbe invece promuovere i settori emergenti dell'economia verde, tra cui la mobilità sostenibile. Ricordiamo che l'obiettivo di Obama è vedere un milione di automobili elettriche sulle strade americane entro il 2015. Difatti la proposta dell'amministrazione assegna 588 milioni di dollari ai trasporti ecologici, quasi il doppio (+88%) rispetto al livello attuale. Tra le tecnologie che l'amministrazione Obama considera di primaria importanza, ci sono le reti intelligenti (smart grids) per potenziare le infrastrutture elettriche, gli accumulatori d'energia e le batterie per i veicoli a zero emissioni. La palla passerà ora al Congresso; il passaggio più difficile sarà alla Camera, dove l'opposizione repubblicana detiene la maggioranza e potrebbe bloccare le iniziative di Obama. Intanto il segretario dell'Energia Steven Chu ha annunciato nei giorni scorsi un finanziamento da 50 milioni di dollari per una rete elettrica dedicata ai futuri impianti eolici offshore. La strategia nazionale è installare dieci Gw di eolico marino entro il 2020 per poi arrivare a 54 nel 2030. Oltre alle turbine in mare, sarà indispensabile realizzare una maxi rete per assorbire l'energia prodotta e trasportarla verso le principali metropoli costiere.
27 febbraio 2011
Obama per il taglio dei sussidi ai combustibili fossili
24 febbraio 2011
Consiglio congiunto Rossano-Corigliano: ritiro immediato del progetto di riconversione a carbone
Fonte: dirittodicronaca.it
Si comunica che, a norma dell’art. 10 e segg. dello Statuto Comunale e degli artt. 9 e 10 del Regolamento Consiliare, il Consiglio Comunale di Rossano è convocato in sessione straordinaria e urgente ed in seduta pubblica, congiuntamente a quello di Corigliano, per il giorno 27.05.2010, alle ore 18:00,
presso la Sala Consiliare del Palazzo di Città, in piazza SS. Anargiri per trattare il seguente ordine del giorno: Centrale Termoelettrica ENEL di Rossano: Progetto Integrato Policombustibile: osservazioni, valutazioni, determinazioni. Si tratta del terzo Consiglio Comunale congiunto della storia repubblicana delle due Città. L’ultimo Consiglio Comunale congiunto si è tenuto lo scorso 9 ottobre presso il Centro di Eccellenza di Corigliano scalo ed ha trattato l’argomento della
realizzazione dell’ospedale Unico di Eccellenza della Sibaritide.
PREMESSO:
che il destino del sito industriale Enel di Rossano è al centro dell’attenzione della Pubblica Opinione e dei poteri locali relativamente alla sua ristrutturazione e conversione;
che l’ Enel, in modo unilaterale, ha inteso portare avanti un progetto denominato impropriamente “policombustibile”, ma che è fortemente sperequato sul combustibile carbone (95%), dando prova di non ascolto delle aspettative di un intero territorio, già contrario a quella ipotesi;
che le Amministrazione Locali, di Rossano, di Corigliano, della Sibaritide e il mondo delle Associazioni di categoria, ambientaliste, culturali, dell’agricoltura, della pesca, del turismo e del commercio, il Comitato territoriale per la difesa e lo sviluppo sostenibile della Sibaritide hanno già manifestato totale avversione alla riconversione unilateralmente orientata sul carbone;
che l’articolazione progettuale prevede la realizzazione di infrastrutturazioni che implicherebbero ulteriori penalizzazioni ambientali quali:
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una banchina di 140 ml posta a mare di fronte alla centrale per l’attracco di imbarcazioni cariche di carbone e un pontile di 140 ml di collegamento della banchina alla centrale;
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una boa posta a 3-5 miglia dalla costa in pieno Golfo di Corigliano-Rossano, dove dovrebbero ancorarsi le grandi navi carboniere oceaniche, dalle quali il carbone, mediante due benne, passerebbe su altre imbarcazioni o chiatte, che farebbero la spola con la terra ferma, per condurre circa 2 milioni di tonnellate di polverino di carbone annue, necessarie per il ciclo di alimentazione della mega Centrale e lo smaltimento di diverse migliaia di tonnellate di residui della combustione (250.000 T di ceneri, 90.000 tonnellate di gesso), da trasportare, via mare chissà dove;
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una quota di riserva di banchina del Porto di Corigliano, dove accumulare altre migliaia di tonnellate annue di biomasse, previo strasporto via terra (SS106) dal Porto alla centrale, con migliaia di camion da 20 tonnellate ciascuno, alle quali aggiungere altre migliaia di camion per l’approvvigionamento di calcare e di altre biomasse provenienti dalla Regione e da altre Regioni;
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l’emissione in atmosfera di migliaia di tonnellate gas altamente tossici e di polveri ultrafini, con un impatto ambientale, sulla salute delle popolazioni e sull’economia territoriale devastante;
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che una tale ipotesi rappresenterebbe contemporaneamente un vulnus per: gli interessi della flotta peschereccia di Corigliano, la seconda del Mediterraneo, nonché per la movimentazione di merci e di uomini sia via terra che via mare, quindi anche per il futuro assetto commerciale del Porto di Corigliano; per la qualità dell’ambiente e per il sistema dell’economia territoriale, che si base sull’agricoltura d’eccellenza, la pesca, il turismo, l’artigianato, la piccola industria di trasformazione, il commercio che occupano già diverse migliaia di addetti;
che a seguito del riavvio del Progetto di riconversione della centrale di Rossano, del procedimento di autorizzazione unica e della procedura del V.I.A (valutazione dell’impatto ambientale) ai diversi Ministeri competenti, di cui all’avviso pubblico del 29 aprile 2010, gli Enti Locali, le Associazioni di categoria, ambientaliste, culturali, del commercio, dell’agricoltura, del turismo, della pesca, nonché l’apposito Comitato per la Difesa e lo Sviluppo Sostenibile della Sibaritide hanno immediatamente avviato una seria consultazione ed un confronto, dai quali è emersa la totale contrarietà alla riconversione a carbone dell’impianto “senza se e senza ma”;
che il Consiglio Regionale della Calabria ha approvato, con Delibera n. 365 del 14/02/2005, il P.E.A.R. (piano Energetico Ambientale regionale), che subordina l’autorizzazione per la costruzione di nuovi impianti o il ripotenziamento degli impianti esistenti al ricorso esclusivo di fonti rinnovabili, escludendo quindi il carbone;
che i Consigli Comunali di Corigliano e di Rossano, rispettivamente con le Delibere n. 5 del 24/01/2005 e n. 25 del 17/05/2005, si sono espressi, all’unanimità, per il fermo e irrevocabile “No” alla riconversione a carbone della centrale di Rossano;
che il Consiglio della Comunità Montana Sila greca, con Delibera n. 6 del 24/05/2005, ha espresso la propria contrarietà all’alimentazione a carbone della centrale Enel di Rossano;
che l’Amministrazione Provinciale di Cosenza con Delibera della Giunta Provinciale n. 168 del 20/05/2005, ha espresso parere contrario all’ipotesi di conversione a carbone della centrale termoelettrica Enel di Rossano, e con Delibera del Consiglio provinciale n. 14 del 05/05/2009 nell’approvare il P.T.C.P (piano Territoriale di Coordinamento provinciale) della Provincia di Cosenza recepisce il Piano Energetico Regionale;
che i Sindaci e le Amministrazioni Comunali dei 57 Comuni della Sibaritide e del Pollino hanno espresso, in vari modi, la loro netta contrarietà all’uso del carbone per la riconversione del sito elettrico Enel di Rossano.
TUTTO CI0’ PREMESSO E CONSIDERATO
Il Consiglio Comunale
ESPRIME
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netta e totale contrarietà alla riconversione a carbone della centrale Enel di contrada Cutura di Rossano;
CHIEDE
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il ritiro immediato del progetto di riconversione della centrale Enel di Rossano, del procedimento di autorizzazione unica e della procedura di valutazione dell’impatto ambientale (V.I.A.) presentati dall’Enel S.p.A ai diversi Ministeri il 29/04/2010, l’apertura di un tavolo interistituzionale esteso, teso a costruire un orientamento unitario e condiviso sul futuro del sito elettrico nel rispetto degli orientamenti espressi in documenti ufficiali da Regione Calabria, Provincia di Cosenza, dai due Consigli Comunali di Rossano e di Corigliano, dagli altri 55 Comuni della Sibaritide e del Pollino, dalle associazioni di categoria, ambientaliste, culturali, dell’agricoltura, della pesca, del turismo e del commercio, dalla società civile del territorio.
IMPEGNA
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il Sindaco a porre in essere ogni utile provvedimento per contrastare l’ipotesi di riconversione presentata dall’ Enel il 29 aprile 2010;
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Il Presidente della Giunta Regionale della Calabria, On. Giuseppe Scopelliti, a salvaguardare la delibera regionale n. 365 del 14 febbraio 2005 (P.E.A.R) e di essere solidale con i Sindaci, le Amministrazioni Comunali e le popolazioni del Nord Est della Calabria impegnati ad opporre un netto rifiuto alla riconversione a carbone della centrale Enel di Rossano;
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I Presidenti dei Gruppi Consiliari e i Consiglieri della Regione Calabria a salvaguardare detta delibera da eventuali tentativi di stravolgere le finalità della stessa, tesa a impedire l’uso del carbone e a imporre l’utilizzo di energie rinnovabili nella riconversione di centrali termoelettriche nella Regione;
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Il Presidente della Giunta Provinciale di Cosenza, On. Mario Oliverio, a mantenere fermo il sostegno ai Sindaci, alle Amministrazioni Comunali, alle popolazioni del Nord Est della Calabria e il diniego alla riconversione a carbone della centrale Enel di Rossano;
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La rappresentanza parlamentare calabrese ad attivarsi per contrastare il disegno neocolonialista dell’Enel S.p.A. di desertificare il territorio del Nord Est della Calabria uno dei più ricchi del Sud per storia e sviluppo economico sostenibile, minacciato dalla pretesa inaccettabile dell’Enel S.p.A. di convertire a carbone il sito elettrico di Rossano.
La presente delibera verrà inviata:
Al Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Silvio Berlusconi;
Al Ministeri competenti della Attività produttive, dell’Ambiente e dei beni Culturali;
Al Presidente della Giunta Regionale On. Giuseppe Scopelliti;
All’Assessorato all’Ambiente della Regione Calabria;
Al Presidente del Consiglio Regionale;
Al Presidente della Commissione Attività Produttive dello stesso Consiglio;
Al Direttore generale dell’Arpacal;
Al Presidente della Giunta della Provincia di Cosenza Mario Oliverio;
A tutti i Sindaci del Comprensorio;
Alla Capitaneria di porto di Corigliano Calabro;
Al Direttore generale dell’ASP di Cosenza;
All’Amministratore Delegato della società Enel SpA;
Agli organi di informazione.
23 febbraio 2011
Bloccato lo spot del "Forum Nucleare": è ingannevole
Notizia da Greenpeace:
Il Giurì dell'Autodisciplina Pubblicitaria che ha bloccato la messa in onda dello spot promosso dal Forum Nucleare, perché "ingannevole". Da quando a dicembre le tv nazionali hanno cominciato a bombardarci, abbiamo denunciato le informazioni ingannevoli dello spot su tutti i nostri canali. In particolare:
"Le scorie si possono gestire in sicurezza."
E da quando? In sessant'anni l'industria nucleare non ha ancora trovato una soluzione per la gestione di lungo termine dei rifiuti nucleari;
"Tra 50 anni non potremo contare solo sui combustibili fossili."
È vero, ma anche l’uranio è limitato;
"Le fonti rinnovabili non bastano."
Sicuro? Uno scenario energetico 100% rinnovabile è possibile, come dimostrano analisi dell’Ue e dell’industria.
Lei l'articoo da IlFattoQuotidiano
22 febbraio 2011
Il Coordinamento nazionale contro il carbone vara il suo piano di azione
Comunicato stampa del Coordinamento nazionale contro il Carbone
In occasione dell’incontro pubblico promosso dal’associazione “Uniti per la salute” di Savona, si è di nuovo riunito il Coordinamento Nazionale Contro il Carbone che vede uniti i vari comitati, movimenti e associazioni di tutta Italia che operano attivamente nei territori di riferimento. E’ il caso di Brindisi, Tarquinia, Porto Tolle, Civitavecchia e Rossano che hanno partecipato al convegno per portare la propria esperienza a conoscenza della comunità savonese.
In un Teatro Chiabrera gremito di cittadini preoccupati della cattiva informazione dilagante, i presenti, tra cui molti amministratori, hanno avuto l’opportunità di ascoltare importanti medici, studiosi ed epidemiologi che, dopo aver ribadito i gravi danni provocati dall’utilizzo del carbone come combustibile, hanno spiegato l’importanza che nei territori ove sono localizzati gli impianti inquinanti venga effettuata la Valutazione di Impatto sulla Salute (VIS) necessaria a dimostrare le ricadute inquinanti degli impianti energetici e le eventuali correlazioni con i danni alla salute.
In virtù di quanto sopra, dell’assenza di un Piano Energetico nazionale, dell’inadeguatezza dell’impianto normativo e della gestione dei controlli istituzionali a salvaguardia della salute pubblica, e denunciando decine di progetti di costruzione (o riconversione) di impianti per la produzione di energia elettrica ancora troppo basati su fonti fossili (altamente dannosi per la salute e l’economia dei territori) molto spesso utilizzando un vero e proprio ricatto occupazionale, il Coordinamento ha stabilito di lanciare alcune iniziative comuni di ordine tecnico-legale ed informativo-comunicativo, su tutto il territorio nazionale, che portino alla luce le gravi lacune del sistema energetico italiano e della relativa programmazione.
Programmazione all’interno della quale la VIS, intesa come definita dall’organizzazione mondiale della Sanità, ovvero”una combinazione di procedure, metodi e strumenti per mezzo dei quali una politica, un piano o un progetto possono essere giudicati sui loro potenziali effetti sulla salute di una popolazione, e sulla distribuzione di questi effetti all’interno della popolazione stessa”,e partecipata dalla collettività interessata, non può che essere prioritaria.
Motivo per il quale il Coordinamento,anche in risposta alle continue nuove richieste di costruzione, riconversione, ed ampliamento di centrali a carbone, ha stabilito di farne oggetto della prossima iniziativa comune.
CNNC
20 febbraio 2011
Carbone, punto di non ritorno. Gli interventi del convegno
Riportiamo un primo resoconto dal convegno tenutosi a Savona (vedi), da Savonanews.it
"Tutto esaurito al Chiabrera per l'incontro pubblico sul carbone organizzato con la collaborazione di Ubik e delle maggiori associazioni Savonesi e il patrocinio dell'Ordine dei Medici di Savona e del Comune. Arrivano il Tg3 e Striscia la Notizia. Cosa diranno adesso i comunicatori a noleggio del carbone "pulito" e dell'energia "sensibile"?
Diranno questo: "In merito alle accuse rivolte a Tirreno Power nell’incontro del 18/2 presso il Teatro Chiabrera da alcune associazioni ambientaliste locali, l'azienda precisa quanto segue: Tirreno Power è aperta al dialogo in modo particolare con tutti i soggetti istituzionali e conferma la piena volontà di trasparenza e collaborazione costruttiva per definire soluzioni che migliorino considerevolmente l’impatto ambientale e contribuiscano allo sviluppo economico."
Meno di così, non si poteva dire. Per questa azienda evidentemente i Cittadini che respirano i loro scarichi e le Libere Associazioni tra essi, hanno dignità inferiore ai "soggetti istituzionali", e così la misera replica, si commenta da sé.
Presenti tra gli altri l'assessore all'ambiente Jorg Costantino e il Sindaco di Quiliano. Non pervenuto quello di Savona, ma attendiamo smentite, come sul fatto che sia stato richiesto agli organizzatori di pagar le spese della Sala. Senza polemiche, buon senso avrebbe voluto un patrocinio del Comune e non una piccola onlus a provvedere, visti e sentiti gli argomenti.
ALCUNI DEGLI INTERVENTI:
Giangranco Gervino su sostanze tossiche rilevate alla foce del torrente Quiliano
http://www.youtube.com/watch?v=lSrcI3Yj65o
Gianfranco Gervino su Conferenza dei servizi - Roma
http://www.youtube.com/watch?v=P51erVPRC0w
Marco Stevanin, perito e consulente ambientale, estensore della perizia giurata sugli scenari ante e post operam dell'ampliamento a carbone della centrale Tirreno Power di Vado Ligure - Quiliano
http://www.youtube.com/watch?v=EXbfQDWcA_4
Rappresentanti Com. No Carbone Rossano Calabro
http://www.youtube.com/watch?v=94kzajpUV2w
Fabrizio Bianchi, dirigente epidemiologo CNR Pisa
http://www.youtube.com/watch?v=mpecnhuoskM
Rappresentanti Comitati No Carbone Civitavecchia - Tarquinia
http://www.youtube.com/watch?v=cs8FIf4hgeQ
Tratto fal TG3 Liguria: Intervista all'epidemiologo Valerio Gennaro
http://www.youtube.com/watch?v=8OBT8AZLqvs
Vale la pena di ascoltare bene, da Brindisi:
http://www.youtube.com/watch?v=vGF-QkCTtpw
a grande richiesta, un "sempre-nero":
http://www.youtube.com/watch?v=Kl2lKhZY37M
e un poco di attualità
http://www.youtube.com/watch?v=Z9HHa7LYboY
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A questo indirizzo il ringraziamento agli intervenuti da parte del comitato promotore di Savona.
19 febbraio 2011
Harvard, una ricerca mette in luce gli enormi costi nascosti dell'energia da carbone
Lo studio "Coal's hidden costs top $345 billion in U.S.-study" mostra come il costo dell'energia prodotta da carbone sia tre volte più alto di quanto normalmente si creda, a causa dei molteplici danni che provoca ad ambiente e salute, danni che pesano sulle tasche e sulla qualità di vita dei contribuenti.
Fonte: Reuters
18 febbraio 2011
Cina, una svolta verde necessaria
Fonte "Rinnovabili. Per Cina scelta obbligata, inquinamento troppo forte
La Cina ha compiuto passi giganteschi negli ultimi due decenni per modernizzare il proprio apparato industriale, promuovere un'economia più dinamica e migliorare il livello di vita della propria popolazione. Il riconoscimento è unanime sul piano internazionale, ma occorre anche chiedersi a quale prezzo questi cambiamenti siano avvenuti. Il rapporto "China Renewable Energy Market Outlook", realizzato dalla società di consulenza Research and Markets, sottolinea il costo enorme in termini di inquinamento ambientale che la Cina sta pagando oggi per sostenere la propria crescita economica. Negli ultimi due anni circa due terzi dell'energia primaria consumata in Cina sono stati prodotti con il carbone. Il miglioramento dell'efficienza energetica ha fatto progressi importanti, ma non può tenere il passo con la crescita della domanda: i livelli crescenti di inquinamento stanno provocando gravi problemi di salute alla popolazione e, attraverso le piogge acide, seri danni ai raccolti. Ciò spiega la crescente attenzione che il governo cinese sta rivolgendo allo sviluppo delle fonti rinnovabili, da cui cerca di trarre vantaggi anche in termini di sicurezza energetica e di competitività sui mercati: dal 2000 gli investimenti in questo settore hanno una parte sempre più importante nella strategia energetica nazionale. Dalle fonti rinnovabili la Cina ricavava già nel 2006 il 16% della propria elettricità. L'accento è posto soprattutto sull'energia eolica, ma il contributo maggiore viene dal settore idroelettrico: la potenza installata ha raggiunto i 145.000 MW nel 2007, ed è oggetto di ulteriori e imponenti programmi di espansione. Copyright TM News(c) 2011
Prima campagna di biomonitoraggio sul nostro territorio
Riportiamo dal rapporto finale sui risultati della prima campagna di biomonitoraggio effettuata dal Decos (Dipartimento di Ecologia e Sviluppo Economico Sostenibile) dell’Università della Tuscia, sul territorio di Civitavecchia, Tarquinia, Allumiere e dintorni
"Anche se le nostre osservazioni non hanno individuato casi di grave contaminazione – prosegue il documento – hanno comunque mostrato delle aree con concentrazioni relativamente elevate di alcuni elementi nei talli lichenici. Sebbene alcuni di questi elementi siano a bassa tossicità e di natura terrigena, altri, dovrebbero essere legati alle attività umane presenti nell’area di studio. Chiaramente, non fornendo questi dati una valutazione quantitativa delle concentrazioni in aria o dei tassi di deposizione, l’importanza di queste indagini risiede soprattutto nella possibilità di valutare l’entità delle deposizioni in termini comparativi effettuando il monitoraggio delle deposizioni negli anni futuri, ottenendo informazioni sulla loro eventuale variazione”.
Motivi per i quali gli studiosi che hanno redatto il report suggeriscono la ripetizione annuale del monitoraggio “per approfondire la conoscenza dei fenomeni in corso nell’area e l’incremento del numero di punti di campionamento per valutarne l’estensione e aumentare la precisione dell’informazione”.
“Questo studio – precisano infatti ulteriormente – rappresenta il ‘punto zero’ del monitoraggio degli eventuali effetti della recente conversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord. Ripetendo costantemente le indagini nel corso degli anni sarà possibile osservare l’impatto che questa modifica può avere sul territorio circostante la centrale”.
Il report è consultabile integralmente sul sito del consorzio www.ambientale.org
Fonte: centumcellae.it
16 febbraio 2011
12.000 ettari distrutti per una miniera di carbone
Fonte: il Manifesto
"I bulldozer della compagnia britannica Global Coal Management Resources stanno per spianare 12mila ettari di terra nella regione di Phulbari, in Bangladesh, per realizzare una delle più grandi miniere di carbone a cielo aperto del Pianeta. Non solo andranno perduti terreni molto produttivi dal punto di vista agricolo, ma ben 40mila persone saranno costrette ad abbandonare subito le loro case. Tra questi almeno 2.200 indigeni, le cui famiglie hanno abitato nella zona per circa 5mila anni. Ma il conteggio dei soggetti da rilocare aumenta se si considerano anche i canali e i pozzi che saranno prosciugati a causa della miniera. In quel caso arriviamo a quasi un quarto di milione di persone residenti in un centinaio di villaggi, tra cui 50mila indigeni appartenenti a 23 differenti gruppi tribali, almeno stando alla ricerche eseguite dall'organizzazione Jatiya Adivasi Parishad.
La cittadinanza locale, come si può immaginare, non è rimasta indifferente e dal 2005 sta protestando contro il progetto. Nel 2006 è stato addirittura indetto uno sciopero nazionale della durata di quattro giorni, anche a seguito degli incidenti occorsi durante una manifestazione non violenta, quando tre attivisti morirono e centinaia rimasero feriti sotto il fuoco delle forze dell'ordine. A quel tempo la poderosa mobilitazione di piazza aveva fatto cambiare idea all'esecutivo del Bangladesh, che di lì a poco aveva dichiarato solennemente che nel Phulbari non si sarebbe sviluppata nessuna miniera a cielo aperto. Un proposito a cui il governo di Dhaka non ha tenuto fede, tanto che a breve renderà pubblica una nuova politica carbonifera molto «amichevole» nei confronti delle società straniere e che sconfesserà del tutto quanto disposto cinque anni fa.
La Global Coal Management Resources ha in programma di estrarre 570 milioni di tonnellate di carbone in un periodo della durata di 30 anni, costruire una centrale e divergere il corso di vari fiumi per permettere l'accesso alle navi che trasporteranno il carbone direttamente in mare, passando per varie foreste di mangrovie di gran pregio. La compagnia promette posti di lavoro, royalties al sei per cento e, alla fine del progetto, un bel lago al posto dell'immenso foro lasciato dalla miniera. La popolazione locale controbatte denunciando che la scomparsa di ettari coltivati a riso e ad altre sementi non costituirà un danno solo per la regione, ma per tutto il Bangladesh, dove la metà degli abitanti sono malnutriti.
L'elemento chiave di tutta questa storia sono proprio le compensazioni. Di terreni a disposizione dei soggetti rilocati non ce ne sono e i pagamenti in denaro, come dimostrano diversi studi, non risolvono il problema ma creano solo nuovi «rifugiati a causa delle politiche sviluppiste». Le tradizioni culturali e religiose delle comunità indigene sono anch'esse destinate a perire sull'altare delle attività estrattive. Alcuni esponenti dei gruppi tribali, però, hanno già fatto sapere che non intendono abbandonare i luoghi abitati da centinaia di anni dalle loro famiglie.
Ulteriore aspetto che non va sottovalutato sarà l'aumento di emissioni di gas serra legato al progetto. Oltre al danno, la beffa, visto che il Bangladesh è uno dei Paesi più soggetti a inondazioni e agli effetti nefasti dell'innalzamento del livello dei mari, provocato proprio dal surriscaldamento globale. E pensare che c'è chi, come il direttore del Goddard Space Institute della Nasa James Hansen, sostiene che cessando le emissioni derivanti dall'utilizzo del carbone rappresenterebbe l'80 per cento della ricetta per porre un freno ai cambiamenti climatici.
Le aziende dell'energia infiltrano e spiano i movimenti ecologisti
Fonte
"Gli ambientalisti devono incutere timore alle grandi aziende energetiche, se queste ultime sono arrivate a infiltrare delle spie nelle file degli attivisti per conoscere i loro movimenti e le loro strategie di protesta. Tre grosse aziende energetiche - il gigante Eon, la Scottish Resources, il secondo più grande produttore britannico di carbone, e la Scottish Power, una delle maggiori aziende produttrici di energia nel Regno Unito - hanno pagato per ottenere informazioni da una società che monitorava segretamente gli attivisti. E' quanto rivela il Guardian, che dedica all'indagine l'apertura della sua edizione online. Alcuni documenti trapelati rivelano - scrive il quotidiano britannico - come la proprietaria di Vericola, la società "spiona", Rebecca Todd, riferiva ai colossi energetici dei piani degli ambientalisti dopo avere letto le loro email. La 33enne Todd avrebbe inoltre istruito un agente a partecipare a un incontro degli attivisti e a entrare in confidenza con loro. Lo scoop avviene mentre la polizia britannica, sotto accusa a sua volta per la presenza di poliziotti in borghese nei movimenti di protesta, afferma che ci sono più spioni inviati dalle aziende che non agenti a fare questo lavoro sporco. La polizia afferma inoltre che gli infiltrati delle corporation sono - a differenza degli agenti in borghese - a malapena "regolamentati". Il mese scorso, infatti, le rivelazioni di alcuni agenti, sulle infiltrazioni della polizia tra i manifestanti, hanno scatenato grosse polemiche e portato all'apertura di quattro inchieste. Secondo il Guardian, gli ecologisti sono sorvegliati anche e soprattutto da aziende private, che si spacciano come attivisti nelle mailing list dei gruppi o che si infiltrano per anni nei movimenti verdi. Dai produttori di energia ai venditori di armi, le multinazionali ingaggiano queste spie per evitare che i dimostranti organizzino campagne contro di loro o violino i loro siti internet.
12 febbraio 2011
Per la sopravvivenza della specie
Da Greenreport.it l'articolo: C'è futuro per l'umanità? Solo se sapremo coevolverci con la natura
"In questi giorni l'European environment agency ha diffuso una nota dal titolo "Analysing and managing urban growth" (vedasi sito www.eea.europa.eu ) nel quale ricorda come la copertura artificiale del suolo ha avuto in Europa, un incremento del 3.4% dal 2000 al 2006, di gran lunga l'incremento maggiore rispetto a tutte le categorie di uso del suolo. In base ai dati di un progetto europeo, il PLUREL del 2010, le aree peri urbane (discontinue) crescono in maniera quattro volte più rapide dell'aree urbane continue. Già nel 2006 l'EEA aveva pubblicato l'ottimo rapporto "Urban sprawl in Europe. The ignored challenge" dove si faceva il punto sulla rapida diffusione delle aree urbane nel nostro continente.
Dal 2009, secondo i dati della Population Division del Department of Economic and Social Affairs delle Nazioni Unite, oltre la metà della popolazione umana vive in aree urbane (il dato preciso registrato dall'ONU in quell'anno è stato di 3.42 miliardi nelle aree urbane rispetto a 3.41 miliardi presenti nelle aree rurali). Il numero di esseri umani che vivranno in tali aree tende inevitabilmente a crescere. L'ultimo rapporto delle Nazioni Unite disponibile in merito è il "World Urbanization Prospects. The 2009 Revision" che fa presente come la popolazione che vive in aree urbane passerà dai 3.4 miliardi del 2009 ai 6.3 miliardi del 2050.
Si tratta di una crescita di 2.9 miliardi, a fronte di una popolazione planetaria che nel 2009 era di 6.8 miliardi e che nel 2050 dovrebbe essere di 9.1 miliardi. Inoltre questa significativa crescita della popolazione urbana avrà luogo nelle città delle aree meno sviluppate del mondo. Nel 2009 il 75% degli abitanti delle aree più sviluppate del mondo vivevano in aree urbane rispetto al circa 45% degli abitanti delle aree meno sviluppate, proporzione che, nel 2050, dovrebbe essere rispettivamente dell'86% e del 66%.
Nel 2009 i 21 agglomerati urbani qualificati come "megacities", le megacittà, registravano non meno di 10 milioni di abitanti. La più grande megacity planetaria nel 2009 è Tokyo con 36.5 milioni di abitanti seguita da Delhi con 21.7, San Paolo in Brasile con 20 milioni, Mumbay in India con 19.7 e Città del Messico con 19.3 milioni.
Nel 2025 Tokyo dovrebbe mantenere il 1° posto con 37.1 milioni, seguita da Delhi con 28.6, Mumbay con 25.8, San Paolo con 21.7 e Dhaka in Bangladeh con 20.9.
Nel prossimo mese di marzo le Nazioni Unite dovrebbero produrre il loro rapporto biennale sulla popolazione mondiale "World Population Prospects: The 2010 Revision" e ovviamente ne daremo conto sulle pagine di questa rubrica. L'attenzione sui numerosi aspetti ambientali, sociali ed economici che il fenomeno dell'urbanizzazione presenta sta crescendo in tutti gli ambiti delle nostre conoscenze teoriche e delle pratiche gestionali e operative.
Ci attende un mondo sempre più urbano. L'impatto della crescita dell'urbanizzazione sui sistemi naturali va ben oltre la semplice trasformazione fisica delle stesse aree urbanizzate, come ci dimostra l'ultimo interessantissimo lavoro dell'ecologo Erle Ellis, dell'Università del Maryland, "Anthropogenic transformation of the terrestrial biosphere" apparso sul numero del 2 febbraio scorso della prestigiosa rivista "Philosophical Transactions of the Royal Society A" (vedasi il suo sito www.ecotope.org ) .
Sono anni che Ellis ed i suoi colleghi illustrano, con ricche e documentate ricerche la presenza, sulle terre emerse del nostro meraviglioso pianeta, di quelli che vengono ormai definiti biomi antropogenici; i biomi cioè dei sistemi naturali così profondamente trasformati dall'intervento umano tanto da richiedere una nuova classificazione e la definizione generale, appunto, di biomi antropogenici.
Come ha scritto lo storico John McNeill nel suo bellissimo volume "Qualcosa di nuovo sotto il sole" (Edizioni Einaudi, 2002): " Nel XX secolo il processo di urbanizzazione ha avuto ripercussioni enormi sull'intera vita dell'uomo ed ha rappresentato una frattura notevole rispetto ai secoli precedenti. In nessun altro luogo come in città l'uomo ha alterato l'ambiente: ma l'impatto delle città è andato ben al di là delle mura cittadine. L'espansione urbana è stata fonte primaria di cambiamento ambientale." Nel XX secolo le città sono diventate l'habitat più diffuso della specie umana riconfigurando anche il mondo rurale e convertendone una parte sempre più ampia alla soddisfazione delle esigenze della popolazione urbana. Questi fenomeni saranno sempre più accentuati in questo secolo. La scienza della sostenibilità si occupa di analizzare e studiare le relazione dei Social ecological systems, quindi le interazioni tra sistemi naturali e sistemi sociali, comprendendo quanto il metabolismo sociali intacchi, modifichi, stravolga i metabolismi naturali.
Dall'inizio dello scorso decennio il Sustainable Europe Research Institute (SERI), insieme ad altri prestigiosi istituti scientifici, ha contribuito notevolmente alle ricerche sui metabolismi urbani rendendo noto i dati sui flussi di materia a livello mondiale e per singoli stati, derivanti dalle più recenti ricerche (vedasi il sito http://www.materialflows.net ).
Il consumo mondiale di risorse naturali come il petrolio, il carbone, i metalli, i materiali da costruzione ed i prodotti dell'agricoltura e della selvicoltura è aumentato anno dopo anno. La quantità annuale di risorse estratte dagli ecosistemi del mondo è cresciuta dai 40 ai 60 miliardi di tonnellate annue dal 1980 al 2008.
Nello stesso tempo il progresso tecnologico ha consentito una maggiore efficienza della produzione. Rispetto al 1980 oggi, mediamente, si utilizza un 25% in meno di risorse naturali per produrre un' unità di valore economico.
Nonostante ciò, essendo l'economia mondiale cresciuta nello stesso periodo dell'82%, questo guadagno di efficienza viene, di fatto, sorpassato dalle dimensioni e dall'incremento complessivi della produzione e del consumo.
Gli scenari futuri dimostrano ulteriori preoccupanti livelli di crescita. Gli studiosi stimano un'estrazione di risorse di 80 miliardi di tonnellate per il 2020, e sembra superfluo ricordare che oggi, gli abitanti in Africa consumano almeno dieci volte di meno degli abitanti nei paesi industrializzati.
Questo flusso di energia e materie prime viene accelerato nei sistemi urbani.
Il grande ecologo Eugene Odum, scomparso nel 2002, nel suo bellissimo "Basi di ecologia" (edizioni Piccin, 1988 che deriva dal suo "Fondamenti di ecologia", sempre edito in italiano da Piccin e del quale nel 2006 è stata pubblicata la nuova edizione ) ha infatti definito la città come un incompleto sistema eterotrofo (gli eterotrofi sono gli esseri o i sistemi viventi che consumano i nutrienti ed i vari composti organici per mantenere il proprio sviluppo); è cioè un sistema dipendente da ampie aree limitrofe per l'ottenimento di energia, cibo, fibre, acqua e degli altri materiali.
Odum ricorda che la città differisce da un ecosistema eterotrofo naturale, come una comunità di ostriche, perché (1) ha un metabolismo molto più intenso per unità di area e richiede quindi un flusso molto maggiore di energia concentrata in entrata (attualmente costituito soprattutto da combustibili fossili), (2) ha una grande richiesta in entrata di materiali, come metalli per uso commerciale ed industriale, oltre le materie prime necessarie al sostentamento della vita ed (3) ha un'uscita molto elevata di sostanze di rifiuto pericolose, la maggior parte delle quali sono sostanze sintetiche molto più tossiche dei loro progenitori naturali.
Odum afferma : "La rapida urbanizzazione e sviluppo delle città, durante l'ultimo mezzo secolo, ha cambiato la faccia della terra probabilmente più di ogni altra attività umana nel corso della storia [...] Anche nelle zone economicamente povere, le città stanno crescendo molto più velocemente della popolazione in generale. Le città non occupano una grandissima area della Terra, ma solo una superficie dall'1 al 5%. Le città alterano la natura dei fiumi, delle foreste, delle praterie e delle terre coltivate, per non menzionare l'atmosfera e gli oceani, dato il loro impatto con estesi ambienti limitrofi. Una città può influenzare una foresta da lei distante, non solo direttamente per l'inquinamento dell'aria o per il consumo del legname, ma anche indirettamente alterando la gestione forestale....... La città moderna è un parassita dell'ambiente rurale dato che, con l'attuale gestione, la città produce poco o niente cibo o altri materiali organici, non purifica aria e ricicla poco o niente dell'acqua o dei materiali inorganici."
Abel Wolman in un noto articolo apparso su "Scientific American" nel 1965, intitolato proprio "The metabolism of cities" si occupò proprio del metabolismo urbano applicando quindi i meccanismi tipici del metabolismo di un sistema naturale ad un sistema altamente artificiale, prodotto dall'azione umana.
Wolman faceva presente che sono tanti i flussi che vengono canalizzati da un sistema urbano e tanti sono quelli che ne fuoriescono. In particolare individuava tre input e cioè acqua, cibo e combustibili e tre output e cioè acque reflue, rifiuti solidi ed inquinanti atmosferici.
Il bilancio dei flussi di materia ed energia che attraversano un sistema urbano sono certamente significativi, soprattutto in città con una presenza importante di popolazione e quindi con una maggiore richiesta di energia e materie prime.
Oltre all'incremento dei flussi di materia ed energia la crescita dei sistemi urbani provoca uno dei fenomeni più preoccupanti per la modificazione degli ambienti naturali e cioè la frammentazione ambientale , come dimostrano chiaramente tra i tanti, i lavori del citato Ellis.
Oggi in Europa almeno il 75% della popolazione vive in aree urbane. Più di un quarto del territorio dell'Unione Europea è direttamente coinvolta da un utilizzo urbano del suolo; al 2020 si stima che circa l'80% della popolazione europea vivrà in ambienti urbani mentre in sette paesi questa percentuale sarà del 90%.
Ormai assistiamo ad un paesaggio sempre più modificato a causa delle nuove tipologie abitative, dal turismo, dalla crescente urbanizzazione delle aree costiere; in questo paesaggio in continua modificazione assistiamo alla dispersione e diffusione delle città, alla formazione di vere e proprie "conurbazioni", una sorta di continuum urbano ampiamente esteso.
Storicamente la crescita delle città è stata sempre legata all'incremento della popolazione. Oggi in situazioni come quella europea, la crescita dei sistemi urbani non deriva direttamente dalla crescita della popolazione ma da diversi fattori come gli spostamenti di popolazione dal centro delle città in ambienti suburbani.
I fenomeni che agiscono sul cambiamento di utilizzo del suolo costituiscono un tema centrale per il nostro futuro. I sistemi urbani sono sempre più sistemi dissipativi di energia e risorse, producono sempre più scarti e rifiuti e trasformano sempre di più il suolo del nostro pianeta.
Questi problemi, correlati all'insieme interconnesso degli altri aspetti del nostro impatto sui sistemi naturali, ci indica la necessità di azioni urgenti che rimettano il futuro delle società umane in un ambito di vera e propria coevoluzione con la natura.
La sfida di questo secolo è proprio quella di avere la lungimiranza, la capacità di futuro, la capacità innovativa, necessarie a cambiare strada.
Ce la faremo ? La risposta la possiamo dare solo noi.
* direttore scientifico di Wwf Italia