Comunicato stampa No al carbone Saline Ioniche (RC)
"Sabato 27 agosto a Coira, nel cantone dei Grigioni (Svizzera), si svolgerà una manifestazione contro il progetto della centrale a carbone di Saline Joniche. A promuovere l’iniziativa è l’associazione Zukunft Statt Kohle (Futuro invece di carbone) con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione locale tentando di bloccare gli investimenti di Repower (socio di maggioranza del progetto SEI).
L’associazione svizzera, insieme ad altri 14 soggetti, tra partiti ed associazioni, ha già promosso altre iniziative popolari per far conoscere i progetti carboniferi di Repower, di cui il Cantone dei Grigioni possiede il 46% delle azioni.
L’evento si svolgerà a pochi giorni dal dibattito sull’energia del Gran Consiglio Retico previsto per il 30 e 31 agosto.
Il tema della manifestazione, autorizzata e pacifica, sarà “Nessun danno al clima dai Grigioni: centrali a carbone Repower ADDIO” e servirà ad opporsi alla costruzione dei due impianti progettati dalla multinazionale svizzera sui territori di Saline e Brunsbüttel in Germania. Sarà dato maggiore risalto al problema di Saline, meno conosciuto rispetto a quello tedesco.
La manifestazione si aprirà con un corteo che, partendo dalla Piazza della Stazione di Coira, si dirigerà verso la Kornplatz. Qui si terrà un comizio al quale parteciperanno i rappresentanti dei vari movimenti e associazioni. Un modello di una centrale a carbone rotto e un simbolo per un futuro con energie rinnovabili verranno deposti davanti alla sede del Parlamento. A seguire, festa di chiusura italiana sulla Quaderwiese.
La popolazione grigionese non vuole essere responsabile dei danni al clima e all’ambiente che sarebbero provocati dalla costruzione di una centrale a carbone. La manifestazione, quindi, è un valido aiuto alla battaglia del Coordinamento delle associazioni dell’area grecanica e di tutti i movimenti che si battono per la difesa della salute e del territorio. La lotta coinvolge tutti coloro che vogliono un futuro diverso dal carbone, basato invece sulle energie rinnovabili, sulla salvaguardia dell’ambiente, delle attività di pesca e agricoltura già esistenti.
Non si possono ignorare la vocazione turistica dell’intero territorio, le potenzialità offerte dall’area grecanica, le numerose possibilità di sviluppo legate al turismo responsabile che si sta tentando di avviare nei borghi antichi, grazie anche al sistema dell’ospitalità diffusa.
Fondamentale una importante adesione alla manifestazione di Coira. Le associazioni grigionesi possono solo dare un aiuto, ma non possono sostituirsi alle associazioni e ai cittadini di Saline e dei comuni limitrofi, perché saranno queste ultime a subire gli effetti diretti della presenza di una centrale al carbone sul proprio territorio.
Per questi motivi, il Coordinamento delle Associazioni dell’Area Grecanica vuole promuovere la più ampia partecipazione possibile. Si invitano pertanto i singoli cittadini, le associazioni, i movimenti, sia locali che nazionali, i gruppi musicali a partecipare all’iniziativa. Tutti coloro che volessero aderire alla manifestazione o chiedere informazioni, possono inviare una mail all’indirizzo info@nocarbonesaline.it Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
Coloro che non potranno essere presenti in Svizzera il 27 agosto, potranno comunque dare il loro contributo economico a partire da venerdì 23 luglio, recandosi alla “Casa del Geosito” al borgo di Pentedattilo.
Per rimanere aggiornati è possibile inoltre visitare il sito web del Coordinamento al seguente indirizzo www.nocarbonesaline.it
Coordinamento Associazioni Area Grecanica
21 luglio 2011
Manifestazione nei Grigioni (Svizzera), dalla Calabria una delegazione per il NO al carbone
20 luglio 2011
24 Hours of Reality, in diretta mondiale
Da Rinnovabili (via Repubblica)
"Sessantadue giorni, nove ore e una manciata di minuti sono le cifre del count down visibile nell’home page del sito di The Climate Reality Project, l’organizzazione senza fini di lucro dell’ex Vice Presidente americano Al Gore; il politico statunitense ha lanciato in questi giorni 24 Hours of Reality, la nuova campagna creata per mostrare al mondo intero la realtà della crisi climatica che stiamo vivendo e mobilitare tutti i cittadini affinché diano il loro contributo per risolverla.
La campagna prenderà il via esattamente tra due mesi, il 14 e il 15 di settembre prossimi, con 24 ore di reality in diretta streming in tutto il mondo, in 24 fusi orari e 13 lingue. I contenuti multimediali del reality saranno forniti direttamente dai cittadini che vivono da vicino i devastanti effetti dei cambiamenti climatici, come tempeste o alluvioni per esempio. Da Tonga a Capo Verde, da Città del Messico all'Alaska, da Jakarta a Londra, le persone che ogni giorno vivono faccia a faccia con gli impatti surriscaldamento globale racconteranno la loro storia.
L’idea è quella di riuscire a scuotere la sensibilità delle persone, mostrando in tempo reale quelli che sono gli impatti del climate change in tutto il pianeta. L’obiettivo, dunque, che intende raggiungere la campagna è quello di raccontare la verità respingendo la disinformazione che tutti noi siamo costretti a subire ogni giorno. Durante la diretta streaming, tutti gli spettatori saranno chiamati a intervenire sia online che di persona per partecipare ad attività specifiche in grado di combattere la crisi climatica.
“Le aziende di combustibili fossili ed i loro alleati stanno facendo di tutto per negare il fatto che il cambiamento climatico stia accadendo ora”, ha affermato Maggie L. Fox, Presidente e CEO di The Climate Project Reality. “Ma abbiamo una potente risposta: la realtà. Dedicheremo le nostre risorse per educare e coinvolgere il pubblico sulla realtà della crisi climatica e aiutando a costruire il movimento globale per il cambiamento”.
_24 Hours of Reality sarà caratterizzato da una nuova presentazione multimediale, creata dal vicepresidente Gore, sulla connessione tra gli eventi meteorologici estremi e l'attuale situazione del clima. “La crisi climatica – ha dichiarato Gore in un comunicato – non conosce confini politici e viene vissuta ogni giorno, con frequenza allarmante in tutto il mondo. In quanto tempo possiamo agire?”.
Progettare il futuro energetico italiano
Dal comitato “vota si per fermare il nucleare”:
"VERSO IL FORUM ITALIANO PER L’ENERGIA
PER LA RIVOLUZIONE ENERGETICA NELLA PROSPETTIVA APERTA
DALLA CULTURA DEI BENI COMUNI"
Con il Referendum, quello che potremmo definire “l’equivoco del nucleare” è stato spazzato via dall’agenda politica ed energetica.
Questo è il punto di arrivo di una straordinaria e vincente campagna referendaria. Oggi abbiamo la possibilità di individuare un nuovo punto di partenza.
La vittoria è stata determinata da una molteplicità di fattori, ma in questa sede è importante per noi sottolinearne soprattutto due.
Il primo. Nel corso della campagna referendaria è emerso in modo palese il sostegno popolare, trasversale ai partiti, alla “visione” di una nuova economia e di un nuovo modello di sviluppo fondata sull’energia distribuita e su un uso diverso dell’energia, in altre parole su fonti pulite e rinnovabili e sull’efficienza e il risparmio energetico. Su questa visione, per oltre metà degli Italiani, si deve basare il futuro del Paese. E ciò che è più importante è che tutto ciò è stato visto come un’alternativa vera e concreta al nucleare.
Il secondo. Questa campagna referendaria ha visto emergere una società in movimento, che ha espresso una nuova politica fatta di pratiche e metodologie originali, insieme al ridimensionamento del potere assoluto delle TV a favore della riscoperta di strumenti di propaganda e informazione basati sul dialogo ed il convincimento diretto di milioni di persone, accanto all’uso dei social network e della rete. Tutto ciò è potuto avvenire perché è esploso nel paese un nuovo bisogno di partecipazione e di impegno che si è nutrito di uno straordinario interesse per i beni comuni.
La campagna referendaria ha quindi costituito una formidabile occasione perché si recuperasse il dibattito e l’elaborazione a livello territoriale su questioni strategiche, nazionali e globali: questo rende possibile, oggi, intrecciare le esperienze locali in un ambito più collettivo e in una prospettiva di nuova mobilitazione sociale e culturale a scala nazionale.
Per tutto ciò oggi è possibile parlare di un nuovo punto di partenza. A due condizioni. Che si valorizzi la varietà e ricchezza di posizioni e approcci. Che non si rinunci ad un’azione unitaria ed efficace una volta individuato lo scenario condiviso.
Tale scenario può essere sintetizzato nella contemporanea presenza sulla scena mondiale della crisi economica e di quella climatica che disegnano il nostro campo d’azione intorno a tre grandi questioni tra loro intrecciate: lo sviluppo delle rinnovabili, del risparmio e dell’efficienza energetica, la risposta ai cambiamenti climatici, le opportunità di lavoro e di modifica degli stili di vita che tutto ciò determina. Grazie a questi scenari oggi è concretamente possibile costruire una nuova economia fondata sulla sostenibilità ambientale, a basse emissioni di CO2, ed un modello di produzione distribuita dell’energia, partendo dal riconoscimento che stiamo vivendo nella prima fase di una vera e propria rivoluzione energetica, alla ricerca di un diverso paradigma di gestione delle risorse, che superi anche la dicotomia pubblico-privato. L’Unione Europea, ad esempio, sta elaborando una RoadMap per la decarbonizzazione al 2050. Si tratta di una vera rivoluzione, con il completo affrancamento dal carbone e dal petrolio che hanno costituito la base della rivoluzione industriale degli ultimi 200 anni. L’esito però di questa storica battaglia è tutt’altro che scontato: anzi, è già in atto un’offensiva tesa a rilanciare l’uso del carbone e mantenere inalterato il peso dei combustibili fossili.
Dobbiamo anche sapere che la rivoluzione energetica non è un processo tecnico, ma richiede un ripensamento profondo dei processi sociali e dei modelli culturali. Serve perciò rilanciare un grande investimento nella formazione di un nuovo patrimonio di conoscenza e di consapevolezza delle persone, che passa sia attraverso un rilancio del sistema di istruzione e ricerca sia attraverso il recupero dei saperi delle comunità. Serve pensare a forme nuove e originali di mobilitazione sociale, capace di tenere insieme le associazioni con i gruppi di acquisto solare, le imprese con il governo del territorio, i piani di riqualificazione energetica delle città con la produzione distribuita di energia pulita, l’apertura di concrete prospettive di futuro per i giovani con il rilancio del lavoro a partire dal ruolo dei lavoratori nell’intervenire sui cicli produttivi e sui prodotti nella prospettiva di una riconversione energetica.
Sono obiettivi e prospettive ambiziosi. Tanto più che oggi in Italia, a differenza che nella maggior parte dei paesi europei, non esiste alcuna strategia e programmazione, né sul Clima e la riduzione delle emissioni climalteranti, né sull’energia. Sono necessarie scelte strategiche e settoriali di Governo e Parlamento, con un ruolo attivo delle Regioni e degli Enti Locali che partano dal chiaro obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica in tutti i settori energetici (produzione elettrica e industriale, terziario, trasporti, riscaldamento e agricoltura).
La forza che abbiamo accumulato durante la campagna referendaria può trasformarsi oggi in un grande movimento popolare che costruisca uno spazio pubblico partecipato capace di produrre risposte concrete alle sfide che abbiamo delineato, tenendo insieme energie pulite, clima, lavoro, ricostruendo un’idea di futuro che abbia al centro il benessere comune.
Oggi possiamo aprire un percorso originale e ci possiamo muovere su più piani:
* iniziativa forte ed incisiva contro il carbone a partire da una iniziativa nazionale da tenersi a Porto Tolle in autunno.
* appoggio alla Proposta di legge di iniziativa popolare SVILUPPO DELL’EFFICIENZA ENERGETICA E DELLE FONTI RINNOVABILI PERLA SALVAGUARDIA DEL CLIMA, per chiedere che la nuova Strategia Energetica e Ambientale Nazionale sia fondata sugli obiettivi europei di riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2020 e sull’obiettivo di completa decarbonizzazione al 2050, sostenuta da un processo partecipato di consultazione che veda il coinvolgimento di tutti gli attori sociali (organizzazioni non governative, sindacati, aziende, cittadine e cittadini) e delle istituzioni locali e regionali.
* Avvio di un percorso di confronto con i sindacati sulle opportunità di coniugare la sfida energetica con il lavoro.
* Promuovere una conferenza nazionale per l’energia che elabori un Piano Energetico Nazionale, partendo dall’attuale overcapacity nella produzione elettrica, per puntare alla progressiva sostituzione dell’uso di combustibili fossili con le fonti energetiche pulite e rinnovabili, nel quadro di una generale riduzione del consumo di energia e un uso più efficiente dell’energia stessa.
* messa in campo di piani energetici locali, in particolare per le grandi aree urbane, che sulla base di regole chiare individuino le priorità e le scelte strategiche, minimizzando l’impatto nell’uso del territorio.
* iniziativa autunnale per una Strategia Energetica e Ambientale che tagli le emissioni di gas climalteranti globali e locali, oltre che le emissioni dannose per la salute, che rilanci l’attenzione in Italia per i cambiamenti climatici e le urgenti e conseguenti azioni che rispecchino la giustizia climatica a livello nazionale e internazionale, mobilitando il popolo delle rinnovabili, del risparmio e dell’efficienza
* strutturazione di un Centro Studi, che accompagni le elaborazioni territoriali e avanzi proposte per la convocazione di una conferenza nazionale e la predisposizione di un vero e proprio piano energetico per l’Italia, ponendo l’obiettivo ambizioso, come già ha fattola Germania, della produzione di energia da fonti rinnovabili all’80 % entro il 2050, con la contestuale riduzione del consumo energetico da fonti fossili
* prosecuzione della mobilitazione antinucleare sia per tenere sotto osservazione il nucleare che già c’è (dal decomissioning alla presenza di uranio impoverito o in ogni modo riprocessato), sia per lavorare con il movimento antinucleare europeo
* partecipazione alla cinquantesima Marcia della Pace Perugia-Assisi perché la necessità di approvvigionamento energetico e la dipendenza da fonti esauribili e geolocalizzate continua ad essere, insieme al bisogno di acqua, la causa principale di molteplici conflitti.
Sulla base di questi elementi l’assemblea decide di riconvocarsi entro il mese di settembre 2011 per proseguire l’esperienza unitaria della campagna referendaria, promuovendo la costituzione di comitati territoriali aperti in un percorso nazionale verso la costituzione di un forum italiano per l’ energia, per la rivoluzione energetica nella prospettiva aperta dalla cultura dei beni comuni.
Porto Tolle, il metano come soluzione intermedia
Da RovigoOggi
"Venezia - Mercoledì 20 luglio il consiglio regionale del Veneto inizierà la discussione del tanto contestato disegno di legge, proposto dalla giunta presieduta da Luca Zaia, per la modifica dell'articolo 30 della legge 36/97, che ha sancito di fatto la nascita dell'Ente parco del Delta del Po Veneto.
Una modifica definita necessaria dopo la sentenza del Consiglio di Stato, che ha cassato la Via del ministero dell'Ambiente del 2008, impedendo l'avvio dei cantieri per l'opera di riconversione a carbone della centrale Enel di Polesine Camerini.
Sul tavolo anche l'emendamento “migliorativo” che il Partito democratico ha intenzione di presentare per: “assicurarci che la legge non vada contro le normative europee – aveva spiegato a suo tempo il consigliere regionale Graziano Azzalin – e che venga rispettato l'ambiente di questa area sensibile”.
L'articolo 30, che in due commi (“a” e “b”) prevede la realizzazione di un impianto per la produzione di energia che abbia un impatto ambientale, pari o inferiore, ad una centrale a gas e il divieto di estrarre idrocarburi dal sottosuolo, avrà un comma aggiuntivo (a bis) che in pratica permetterebbe la realizzazione di una centrale a carbone, annullando il comma precedente.
“Quanto proposto dalla giunta regionale è un provvedimento ad hoc – commenta l'avvocato Matteo Ceruti, già vincitore di due battaglie contro Enel, in Cassazione prima ed in Consiglio di Stato poi – e come tale non ha certo i requisiti che dovrebbe avere una legge e cioè generalità ed astrattezza. Questa modifica è stata fatta per un ben soggetto beneficiario e per risolvere una precisa controversia giuridica. Dal mio punta di vista è una proposta di legge che umilia un'assemblea legislativa”.
Ceruti analizza anche il disegno di legge elaborato dalla giunta regionale, spiegando come questa non tenga conto della valutazione di una riconversione a gas: “Nella modifica – continua – quando si fa richiamo alle norme del decreto legislativo 152/2006 (codice dell'ambiente) si citano alcune sezioni, trovando uno strano salto, sui punti relativi i metalli pesanti”.
Proprio quei punti, come spiegato dall'avvocato, è stato segnalato dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente una carenza, ponendo l'attenzione nel limitare la ricaduta di questi sul territorio.
“Cosa fare dopo l’approvazione è tutto da decidere – conclude Ceruti – ma si aprono possibilità di ricorso sia a livello interno che europeo, visto che la comparazione a gas è prevista anche in Europa. Non so se questa strada, un muro contro muro, sia la cosa migliore per le imprese e i lavoratori che reclamano un posto di lavoro, ma c'è una soluzione alternativa, senza ostacoli giuridici e oppositori. Il gas sarebbe una soluzione ragionevole e non estremista”.
Carbone a Porto Tolle, scontro lobbies VS Emilia Romagna
L'affaire carbone contrappone le lobbies del magnamagna (enel, Veneto, sindacati) alla giunta regionale dell'Emilia Romagna
Da LaVoceditalia.it
"Rovigo – La Provincia è di Rovigo ma la centrale elettrica di Porto Tolle è attualmente gestita da due diverse amministrazioni regionali, quella del Veneto e quella dell’Emilia Romagna. Una co gestione a metà che fino ad oggi di problemi ne ha dati ben pochi ma che rischia ora di trasformarsi in un difficile ostacolo sulla nuova vita dell’impianto di produzione di energia di proprietà dell’Enel. Da tempo si parla di una riconversione necessaria per migliorare il fattore di capacità di una centrale che riconvertita a carbone potrebbe riproporsi come polo ad alto rendimento energetico.
L’Enel aveva già predisposto tale riconversione, sfruttando la legge del 2009 che prevede l’annullamento delle obbligatorietà della comparazione tra gas e carbone a patto che “si dimezzi l’inquinamento dell’aria”. Lo scontro sta proprio in questo: la centrale si trova nel bel mezzo del Parco del Delta del Po e una sua trasformazione ‘carbonifera’ altro non farebbe che intaccare pesantemente l’aria già non brillantissima della zona coinvolta.
In questo caso è il Veneto a dirsi favorevole, mentre l’Emilia Romagna ha da poco presentato un documento di opposizione alla riconversione. “L’intesa sul progetto – spiega l’assessore regionale all’Ambiente Maurizio Conte – è larga e già condivisa, stanno partecipando con impegno e serietà la Regione Veneto, il Governo, l’Enel e i sindacati. Stupisce la reazione dell’Emilia Romagna: sul piatto ci sono vantaggi riconducibili a moltissimi ambiti”.
Secondo Conte tali vantaggi non riguarderanno solo il sensibile miglioramento energetico ma anche e soprattutto l’occupazione zonale, con quasi mille nuovi lavoratori nell’impianto e quasi 4mila di indotto nel territorio. “Carbone pulito è un ossimoro – commenta invece il consigliere regionale dell’Emilia Romagna Giovanni Favia – Non è possibile che ci piazzino 1000 megawatt di centrale a carbone in pieno Parco del Po e nessuno dica niente”.
Renata Briano, assessore chiaroveggente ma con poca memoria
Da Uniti Per La Salute - Savona
"Lettera aperta
Preg. Sig Assessore Ambiente Regione Liguria Dott. Renata Briano
Preg. Sig Presidente della Regione Liguria Ing. Claudio Burlando
Preg. Sigg. Consiglieri del Gruppo provinciale savonese del PD
In merito al potenziamento della Centrale di Vado - Quiliano, il sindaco di Vado, citando la prescrizione A23 contenuta nella Valutazione impatto Ambientale del 27 luglio 2009, ha ricordato quanto in essa disposto in modo inequivocabile e cioè che prima dell’inizio dei lavori dovrà essere prodotto uno studio epidemiologico ai fini di evidenziare la presenza o meno di patologie collegate agli inquinanti emessi dalla centrale.
Crediamo che in uno stato di diritto, dove si rispettino le leggi e le disposizioni a seguito di procedimenti avvenuti secondo la legge, alla prescrizione deve essere dato seguito con puntuale ottemperanza: non ci possono essere dubbi.
Tuttavia nel merito della citata prescrizione oggi (16/7/2011) leggiamo alla pagina 23 del Secolo XIX che "In regione, l’assessore all’ambiente rassicura (ci domandiamo chi debba essere rassicurato e perché):
“Effettivamente un passo da rivedere - dichiara l'assessora all' ambiente - I lavori partiranno senza ritardi... Anche perché dover aspettare l’indagine per poter aprire i cantieri sarebbe un’imposizione che va contro il principio, accolto da tutti, di migliorare la situazione ambientale della zona. L’obiettivo di tutti è migliorare il quadro delle emissioni e non certo di far funzionare per molti anni i vecchi gruppi”
Solo due considerazioni.
Lei Assessore afferma:"i lavori partiranno senza ritardi ... anche perché aspettare un’indagine per poter aprire i cantieri...” Se l’indagine epidemiologica è prescritta prima dell’inizio dei lavori, la si ottempera punto e basta: credevamo che l’interpretazione, come dire, “elastica” delle norme e l’applicazione delle stesse “ad aziendam” appartenesse ad altre culture...
Lei afferma anche: ”L’obbiettivo di tutti è migliorare il quadro delle emissioni e non certo di far funzionare per molti anni i vecchi gruppi”. Cose già sentite dal Presidente della Regione: ”non decidere avrebbe significato tenersi due gruppi a carbone vecchi di quarant’anni e molto inquinanti e il parco carbone scoperto, quindi un danno ambientale colossale”.
Francamente non ne possiamo più di questa vecchia, e pensiamo improponibile, litania che crediamo di aver sentito più volte da Marson / Vaccarezza: Lei Assessore e Lei Presidente sapete benissimo che i gruppi NON POSSONO RESTARE COME SONO, ma per legge e senza condizioni dovevano già da anni (almeno dal 2007) essere adeguati alle migliori tecnologie secondo l’A.I.A. I gruppi continuano a funzionare nonostante siano privi di tali adeguamenti.
Chi ha la responsabilità di averli fatti funzionare così fino ad oggi e tuttora?
Alla prevedibile risposta che sarebbe compito del Ministero, obiettiamo che i sindaci hanno più e più volte sollecitato l’AIA e quindi Vi chiediamo formalmente:
- Come Amministratori regionali che cosa avete fatto in questo senso per pretendere quanto dovuto per la tutela della salute dei cittadini?
- Quali passi formali avete prodotto affinché i vecchi gruppi fossero adeguati secondo legge?
- Quali provvedimenti avete preso in tutti questi anni per ovviare a questa situazione quando apprendiamo dalle vostre stesse parole di ”gruppi molto inquinanti.. danno ambientale colossale “?
In un recente comunicato (14 luglio) I Consiglieri del Gruppo provinciale savonese del PD" affermano: “Solo dopo l’AIA e dopo una accurata valutazione sanitaria ed epidemiologica del territorio (altra richiesta dei Sindaci) si procederà con la realizzazione del primo nuovo gruppo.”
Chiediamo ai Consiglieri Provinciali del PD: come si concilia la vostra affermazione con quella dell’Assessore Briano:" i lavori partiranno senza ritardi ... anche perché aspettare un’indagine per poter aprire i cantieri...”?
Restiamo in attesa di sollecite, inequivocabili e anche pubbliche risposte affinché i cittadini possano avere un quadro su come si decide per il loro futuro.
Uniti per la Salute - Onlus"
unitiperlasalute(at)libero.it
Carbon tax in Australia
Qualcosa si muove, ma è davvero poca roba. Fonte
"L'Australia ha scelto la via più diretta (e ardua) per combattere l'inquinamento e puntare alle fonti rinnovabili: la tanto annunciata e altrettanto osteggiata carbon tax è ora un progetto di legge. Come ha dichiarato il premier Julia Gillard, che è riuscita a coalizzare tutta la sua esile maggioranza su questo provvedimento, le 500 imprese più inquinanti del Paese dovranno pagare 23 dollari australiani (circa 17 euro) per ogni tonnellata di CO2 emessa, da metà 2012 al 2015, con incrementi annuali della tassa pari al 2,5 per cento. Nel 2015 si passerà invece a un sistema di mercato “cap and trade” sulla scia di quello europeo, con la possibilità di vendere e acquistare i crediti di emissione a prezzi variabili e fissando dei tetti annuali alla quantità massima di emissioni per ogni settore industriale.
È una vera rivoluzione per un Paese che produce l'80% dell'energia elettrica nazionale con le centrali a carbone, tanto da essere ai primi posti nel mondo per emissioni pro capite di CO2. Con la carbon tax, il governo pensa di ridurre del 5% le emissioni inquinanti nel 2020, rispetto ai livelli del 2000 (159 milioni di tonnellate di CO2 in meno). Anche se arriverà l'approvazione dai due rami del Parlamento, l'esecutivo Gillard dovrà fronteggiare una crescente opposizione alle sue misure ambientaliste; sul piede di guerra, infatti, ci sono non soltanto le industrie minerarie, siderurgiche e le compagnie aeree, ma anche i cittadini che temono l'impennata delle bollette elettriche. Il Governo, però, ha dichiarato che stanzierà circa tre miliardi di dollari per compensare l'introduzione della tassa, con riduzioni fiscali alle famiglie e finanziamenti per le rinnovabili e l'efficienza energetica.
Fiato sul collo a Zaia
Agisci, con l'iniziativa di Greenpeace:
Pericolo carbone in Italia, ferma la centrale di Porto Tolle. Chiedi subito al governatore della Regione Veneto di fermare questo scempio nella zona protetta del Delta del Po. Scrivi subito a Zaia!
Luca Zaia, il governatore leghista della Regione Veneto, vuole fare un regalo a Enel: cambiare la legge di un parco già fragilissimo – quello del Delta del Po – per consentire la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle. C’è poco tempo per fermarlo: in Consiglio regionale stanno discutendo la legge proprio in queste ore.
Questa centrale avrebbe un impatto su un’area estremamente estesa della Pianura Padana, e produrebbe 10 milioni di tonnellate l’anno di CO2, cioè oltre 4 volte le emissioni annuali di una città come Milano.
Chiedi subito al governatore della Regione Veneto di fermare questo scempio nella zona protetta del Delta del Po. Scrivi subito a Zaia!
19 luglio 2011
Il boschetto a Torrevaldaliga si farà?
Sui media locali la notizia: secondo indiscrezioni, enel pare intenzionata a rispettare la prescrizione che impone la realizzazione di un bosco di 40 ettari a ridosso della centrale di Torrevaldaliga Nord, come previsto dal relativo decreto autorizzativo. Tale decisione -a lungo attesa dai cittadini e imposta dalla legge- si porrebbe in contrasto coi piani del sindaco Moscherini di trasformare quell'area in una gigantesca distesa di cemento e zone franche per i traffici mercantili, piano già conosciuto anche come "Terminal Cina" e attorno a cui si raccolgono gli appetiti di costruttori, speculatori e malaffare.
Vedi Civonline.it
16 luglio 2011
Mario Tozzi, il carbone è scelta che più miope non si può
"Dalla padella alla brace", su LaStampa Mario Tozzi spiega come l'alternativa al nucleare non può essere il carbone. Parole abbastanza chiare, anche se restano fuori dall'articolo numerosi problemi non citati, connessi con l'uso del carbone a fini energetici
"Chi si era chiesto come avrebbe fatto l’Europa a procedere senza più energia nucleare ha avuto la sua risposta.
Soprattutto accendendo nuove centrali a carbone e non spegnendo le vecchie. Non avete voluto il nucleare? Allora beccatevi il carbone, una logica che più miope non si può. La scelta viene giustificata dalle nuove tecnologie (il carbone pulito) e
dal bisogno sempre più pressante di energia, fattori che si faranno risentire anche sul nostro Paese, che dipende solo per l’11% dal carbone, ma che vede diffusi tentativi di riconversione verso questo combustibile fossile.
Chiunque abbia preso mai in mano un pezzo di carbone sa che il carbone pulito non può esistere, esistono semmai tecnologie più pulite (clean coal technologies) per il suo sfruttamento. Come quelle che consentono di ricavare combustibili liquidi attraverso la sua liquefazione.
Polveri e ceneri volatili vengono limitate nelle nuove centrali a carbone attraverso l’impiego di dispositivi a ciclone, precipitatori elettrostatici, sistemi di lavaggio a umido e filtri di vario genere. Il problema micidiale delle emissioni di anidride solforosa (cioè delle piogge acide) viene risolto (il termine meritava le virgolette, ndr) soprattutto separandola dagli altri gas combusti o desolforando direttamente il carbone. Gli ossidi d’azoto possono essere significativamente limitati (denitrificazione) agendo sul processo di combustione o rimuovendoli dai gas combusti.
Non c’è niente da fare, però: il carbone inquina, comunque aumenta l’effetto-serra, produce ceneri e, alla fine, è destinato a esaurirsi. Ma sul ritorno al carbone giocano anche altre questioni strategiche industriali. Prima di tutto il fatto che ci sarebbe carbone sufficiente per altri 230 anni circa (altre stime parlano di 150 anni), molto di più di qualsiasi altro combustibile fossile si possa usare. Però, come per il petrolio, l’ultima tonnellata di carbone si estrae più difficilmente e costa molto di più da estrarre della prima: l’importante non è quando finisce, ma quando comincia a costare troppo, cioè circa a metà delle riserve sfruttate.
Il secondo dato favorevole è che la distribuzione geografica del carbone è molto diversa rispetto a quella del petrolio, non interessando Paesi con gravi problemi di instabilità politica. Questo dovrebbe garantire maggiore tranquillità nell’approvvigionamento e maggiore stabilità nei prezzi. Così il carbone consentirebbe di superare l’attuale fase di transizione energetica arrivando senza traumi al suo esaurimento, prima che ci si trovi in emergenza per aver esaurito definitivamente petrolio e gas naturale.
Ma i problemi connessi con l’uso del carbone sono gravissimi a partire dall’estrazione. Le miniere di carbone sono generalmente a cielo aperto e il loro scavo altera gravemente il paesaggio, sollevando polveri e altri inquinanti. In ogni caso si tratta di scavi giganteschi che comportano lo stravolgimento di una regione.
Le ceneri generate dalla combustione del carbone ammontano a una percentuale in peso maggiore di quella del petrolio e, ovviamente, del gas naturale (che non ne produce). Comportano quindi gravi problemi di inertizzazione e smaltimento, aggravati dalla presenza costante di impurità metalliche, spesso tossiche o comunque nocive, che vanno trattate a parte.
Bruciare carbone, poi, non libera dalla schiavitù dell’anidride carbonica, anzi, per questa via se ne produce di più che con qualsiasi altro combustibile fossile, con i relativi problemi in termini di surriscaldamento dell’atmosfera che già conosciamo bene per il petrolio (e, in misura minore, anche per il gas). Nessuna politica di opposizione al cambiamento climatico ha senso se non si rinuncia al carbone. Senza contare la sgradevole sensazione di essere finiti dalla padella nella brace.
Le rinnovabili più forti della crisi
Da Qualenergia
"Le fonti rinnovabili continuano a dispetto della crisi la loro crescita a livello globale. Nessun crollo nel 2009 e nel 2010 arrivano a coprire il 16% dei consumi finali mondiali. La stima è nel recente rapporto Renewable Energy Network (REN21) che sottolinea inoltre come circa la metà dell’intera potenza elettrica (cioè pari 194 GW) installata nell’anno appena trascorso sia da fonte rinnovabile. Anche nella prima parte del 2011 l’andamento è su questo trend. Nel 2010 le fonti rinnovabili hanno fornito quasi il 20% dell’intera offerta di energia elettrica mondiale (vedi anche Qualenergia.it, Il film dell'energia degli ultimi quarant’anni).
Il report REN21 ha evidenziato come gli investimenti in fonti rinnovabili sia balzati a 211 miliardi di dollari nel 2010 (forse 226 mld di $ includendo gli investimento non registrati in solare termico), rispetto ai 160 del 2009 e senza contare 40-45 miliardi di $ relativi a grandi impianti idroelettrici. Rispetto al 2004 la crescita negli investimenti in rinnovabili nel mondo è cresciuta di 5 volte.
Secondo Greenpeace International l’attuale crescita delle rinnovabili è dietro appena del 7% rispetto a quanto preventivato dallo studio dell’associazione, Energy [R]evolution. I dati molto significati riportati dal documento non possono comunque far abbassare la guardia, spiega Greenpeace, visto che nella battaglia contro i cambiamenti climatici ci troviamo ancora nella fase più acuta e tanta strada è ancora da percorrere, in particolare nella riduzione dei sussidi alle fonti inquinanti e agli inquinatori.
Alcuni dati di REN21 sono molto interessanti. Uno di questi riguarda il fatto che tra i 5 paesi leader in potenza installata da rinnovabili ad esclusione dell’idroelettrico vi siano Stati Uniti, Cina, Germania, Spagna e India (vedi tabella qui sotto).
Negli Stati Uniti, ad esempio, le rinnovabili coprono il 10,9% della domanda di energia primaria nazionale (il nucleare per l’11,3%), con una crescita del 5,6% rispetto al 2009. La Cina è in testa nell’installazione dell’eolico e nei sistemi solari termici. In totale il paese asiatico ha incrementato la sua potenza elettrica collegata alla rete di 29 GW da fonti rinnovabili, per raggiungere un totale di 252 GW. L’aumento sul 2009 è stato del 13%. Significativo è il dato globale che riguarda la Cina: circa il 26% della potenza elettrica installata nel 2010 è di origine rinnovabile, il 18% se guardiamo alla produzione e per quanto concerne l’offerta globale di energia la Cina è al 9%.
Anche i dati per l’Unione Europea sono rilevanti, se consideriamo che tutti gli obiettivi previsti al 2010 per eolico, fotovoltaico, solare termodinamico e pompe di calore cono stati superati. Per quanto concerne i paesi cosiddetti in via di sviluppo, il report dimostra come oltre la metà di tutta potenza da fonte rinnovabile mondiale è installata in queste nazioni.