No al carbone Alto Lazio

30 novembre 2010

Le Mafie nella terra degli Etruschi

Da UnoNotizie.it

"Il sindaco di Tarquinia ha minacciato di denunciare il coordinatore del Comitato dei Cittadini Liberi, se avesse fatto delle riprese durante il suo intervento alla conferenza stampa di presentazione del Registro Tumori a Viterbo. L'intimidazione non ha funzionato e il sindaco è stato ripreso. Poi una copia della registrazione è stata data agli agricoltori di Tarquinia perché potessero ascoltare quell'intervento, incentrato sulla responsabilità del comparto agricolo nell'insorgenza delle patologie tumorali. Solo alla fine del suo intervento il sindaco ha menzionato la centrale a carbone ma, mentre ha dato quasi per scontata la responsabilità degli agricoltori, riferendosi al carbone ha detto che il registro servirà a capire se ci sarà incremento di morti e malati rispetto alla vecchia centrale a olio combustibile. Insomma i cittadini si devono tenere, e zitti, le ciminiere avute in regalo tanti anni fa.

Non una parola sul cementificio, sull'autostrada tra le case (che anche grazie alle battaglie dei cittadini per ora non si farà), sulla centrale a bio-massa alla Roccaccia (che per legge potrà bruciare rifiuti), sullo stoccaggio a cielo aperto del pet-coke. Mazzola venerdì 26 novembre ha chiesto e ottenuto dal Consiglio Comunale di Tarquinia di mettere un altro tassello nel processo d'industrializzazione del territorio, rendendolo un po' meno adatto all'agricoltura e un po' più adatto alle mire di cinesi buoni e cattivi e alle porcherie dei colossi dell'energia. Grandi appetiti, grandi nomi.

Ecco due elenchi, alla Fazio, di gente con le mani in pasta a Civitavecchia e dintorni, di cui qualche giornalista coraggioso ha scritto di recente. Uno è quello dei nomi che fanno tremare ovunque si pronuncino: Di Lauro, Pulvirenti, Rinzivillo, Gallo-Cavalieri, Barone, Di Sarno, Panati, Ragosta, Bosone, Canale, Speziale. L'altro è di gente più o meno vicina alla cricca, a volte già pratica d'inchieste, delle patrie galere o iscritta a bande fuori legge (come la P2 e la P3). Spicca subito il nome di un potente molto potente: Giancarlo Elia Valori, che sarebbe iscritto alla P2 con il n° 283, che ogni tanto porta i cinesi a Tarquinia.

L'elenco prosegue poi con Anemone, De Santis, Incalza, Carducci, Caltagirone, Parodi, Scajola, Valente, Lombardi, Bitetto eccetera, eccetera. “In questo contesto” la zona industriale di Tarquinia fa gola a molti. Per ora sopra c'è un deposito a cielo aperto di pet-coke (carbone ricavato dal greggio) e i proprietari stanno cercando di ottenerne l'ampliamento da 50.000 a 100.000 t, sempre rigorosamente a cielo aperto.

I Di Sarno, nome che compare nel primo elenco, sono legati alla movimentazione del pet-coke in vari porti italiani. Vicino al carbonile del pet-coke doveva sorgere il mega-cementificio ma i cittadini hanno scoperto e denunciato il tentativo di farlo approvare con documenti fasulli; la denuncia pubblica ha salvato i consiglieri comunali, a cui è stato anche reso noto che dietro il proponente ufficiale figura la Cordusio SpA, una società di Milano studiata per mantenere l'anonimato dei soggetti interessati. I cittadini stanno ancora incalzando il sindaco di Tarquinia per sapere chi si nasconda dietro quell'anonimato. Nell'ultimo consiglio comunale i consiglieri, tutti eccetto uno, hanno votato a favore della Ubi Leasing che vuole “sviluppare” un altro pezzo di zona industriale. I consiglieri sanno per caso chi c'è dietro la Ubi Leasing?

Gli stessi consiglieri comunali, ancora una volta tutti tranne uno, nello stesso consiglio hanno approvato un'estesa lottizzazione a Marina Velca, per continuare a cementificare le migliori terre agricole di Tarquinia. Tanti anni fa quella lottizzazione fu bloccata dalla scoperta di un' importante necropoli etrusca. Agricoltura e beni culturali, tutto è d'inciampo per chi vuole appropriarsi dei beni comuni. E non si dica che le seconde case servono per il comparto turistico: la cementificazione del paesaggio è la rovina del turismo. Il comparto edile invece, per avere un futuro, avrebbe bisogno di essere proiettato verso la manutenzione del patrimonio esistente e il turismo promosso curando l'aria, l'acqua, l'agricoltura e il paesaggio. Alcune contraddizioni sono inspiegabili: se la crisi economica in corso fa crollare il valore delle seconde case, per chi si costruirà a Marina Velca?

A Tarquinia, poi, il massacro di un altro gran pezzo di fertile terra agricola, da distruggere per realizzare un enorme, inutile e dannoso porto turistico nella pianura alluvionale di Tarquinia, vera iattura per l'economia balneare della città etrusca. Alla sozzura del fiume Marta, che d'estate è una fogna a cielo aperto, s'aggiungerà quella del porto, che contribuirà a sporcare l'acqua di balneazione con un apporto di acqua torbida, proveniente dal bacino portuale, resa iridescente da piccole dosi di idrocarburi.

Tarquinia offre su un piatto d'argento le pietanze più gradite ai capitali inconfessabili.

Comitato dei Cittadini Liberi

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Sabato 4 dicembre convegno sulle Mafie nel Lazio

Da Unonotizie.it
"Sabato 4 dicembre, ore 9.30/14.00, presso la Regione Lazio, sala Tirreno, in Via Rosa Raimondi Garibaldi 7, a Roma, si svolge l'incontro pubblico “E poi dicono che la mafia nel Lazio non c’è…”, organizzato dal Gruppo consiliare della Federazione della Sinistra Lazio.
Questi i numeri dell'inquietante e minacciosa presenza della mafia nella regione Lazio:
61 cosche insediate
2ª regione per ecomafie
2ª regione per reati di usura
4ª regione per beni confiscati
4ª regione per reati di estorsione

L'incontro si apre alle 9,30 e prevede la presentazione di documentazione inedita, interventi autorevoli e dibattito finale.

PROGRAMMA DETTAGLIATO

Ore 9.30
Anteprima del documentario “La Quinta Mafia”
di Antimo Lello Turri, prodotto da Libera-Lazio
Presentazione di Fabio Alberti (FdS Regione Lazio)

Ore 10/12
Per non far finta di non vedere
Introduce Fabio Nobile, consigliere FdS Regione Lazio
Elvio Di Cesare, Associazione Antonino Caponnetto Lazio
L’insediamento delle cosche nel Lazio e le responsabilità della politica e delle istituzioni
Lorenzo Mazzoli, Segr. Gen. Funzione Pubblica Cgil Lazio
La sanità a rischio
Mario Catania, Osservatorio Peppino Impastato Frosinone
Mafia in salsa ciociara
Simona Ricotti, Associazione Caponnetto Civitavecchia
Fronte del porto
Dario Gargiulo, Prc Latina-Minturno
Le mani sui rifiuti
Marco Omizzolo, Coord. Legambiente prov. Latina-Sabaudia
Il Litorale nel mirino
Serena Tarabini, Action Roma
Criminalità e rendita immobiliare

Ore 12/14
Per una legislazione regionale antimafia
Tavola rotonda coordinata da Anna Scalfati, giornalista Tg3
Intervengono
Antonio Turri, responsabile Libera Lazio, Marco Carletti, segr. Fillea-Cgil Roma e Lazio, Bianca La Rocca, SOS Impresa, Cosimo Bianchini, segretario generale SILP Lazio, Luisa Laurelli, già presidente della Commissione Sicurezza Regione Lazio, Enrico Fontana, Equorete, Giovanni Russo Spena, già membro della Commissione Parlamentare antimafia
Conclude
Ivano Peduzzi, capogruppo FdS Regione Lazio

Alla conclusione del convegno sarà offerto un buffet con i prodotti di Libera Terra coltivati sulle terre sequestrate alla criminalità.

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28 novembre 2010

Attività industriali e mutamenti climatici devasteranno il Pianeta

Le dichiarazioni dello scienziato statunitense James Hansen, docente alla Columbia University e direttore del Goddard Institute for Space Studies della NASA. Fonte.

"Tra qualche giorno, il prossimo lunedì per l’esattezza a Cancun inizieranno i lavori del Cop16, dove 196 paesi si confronteranno su cambiamenti climatici e riscaldamento globale. Dopo il Climategate cavalcato dai climanegazionisti e poi smentito, si torna a discutere di economia, ma dal punto di vista del global warming.
Ebbene James Hansen è proprio in questi giorni a Milano (il 2 dicembre alla Rotonda della Besana) e a Roma (il 4 dicembre alla Fiera della piccola editoria) per presentare il suo libro Tempeste (per i miei nipoti) ed. Ambiente, in cui fotografa l’attuale scenario, le conseguenze e presenta anche le soluzioni.
Precisa che a Cancun:

Nei prossimi negoziati si parlerà soprattutto di meccanismi di compensazione e di finanza climatica, si parlerà di CDM, REDD+, tutti sistemi per scambiare emissioni in cambio di soldi. Tutto questo è green-washing, un inganno dipinto di verde, un tentativo per aggirare la vera questione.
Hansen è docente alla Columbia University nonché direttore del Goddard Institute for Space Studies della NASA: insomma è uno scienziato e ha rilasciato a Terra una intervista dove spiega quali saranno le conseguenze delle attuali scelte politico-economiche basate sull’utilizzo dei carburanti fossili. Il titolo Tempeste si riferisce agli sconvolgimenti climatici, caratterizzati appunto a violente tempeste:
Il pianeta diventerà qualcosa di completamente diverso da come lo conosciamo. Non ci sarà più calotta artica, il livello del mare si innalzerà di 75 metri e gran parte delle specie saranno estinte. Quello che non sappiamo è quanto durerà questa caotica dinamica di transizione verso un pianeta desolato. Lo scioglimento dei ghiacci e il collasso degli ecosistemi sono problemi non lineari – ciò rende difficile dire quando il collasso inizierà. Ma se continuiamo come nulla fosse, questo caos occorrerà durante la vita dei miei nipoti.
Aggiunge che spetta solo a noi comprendere la strada che abbiamo preso e invertire, perciò la rotta:
Io credo che la gente debba svegliarsi e comprendere che possiamo seguire un modello energetico differente, lasciando gran parte del carbone e petrolio bituminoso nel suolo. La giustificazione che per il nostro benessere si deve consumare ogni goccia di combustibili fossili, detto francamente, è una stronzata. Se questo fosse vero che cosa succederebbe alla fine di questo secolo, quando i combustibili fossili finiranno: il mondo cadrà in miserabile povertà? Assurdo!
E propone come soluzione una carbon tax, una tassa sulle emissioni di CO2.
Se noi creiamo una tassa sulle emissioni di CO2 e distribuiamo il ricavato al pubblico, avremo un grande piano di stimolo che renderà le energie pulite competitive sul piano economico e darà forza a una trasformazione della società verso energie a zero emissioni. I discorsi sui green jobs non hanno senso senza una carbon tax, globale e costantemente in crescita.

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27 novembre 2010

Gli U2 omaggiano i minatori morti in Nuova Zelanda

Da Tg24.Sky.it
"Omaggio degli U2 ai minatori rimasti intrappolati in una miniera della Nuova Zelanda. La rock band irlandese, nella tappa ndi Auckland del suo tour mondiale '360 gradi', ha voluto ricordare i 29 uomini rimasti bloccati da una violenta esplosione nella miniera di Pike River e dati per morti.

"Le persone hanno diverse maniere di affrontare il lutto. In Irlanda noi cantiamo", ha detto il leader Bono durante il concerto, prima di lanciare l'esecuzione di I Still Haven't Found What I'm Looking For e di One Tree Hill, mentre sui maxischermi scorrevano i nomi dei minatori.

In precedenza anche il rapper Jay-Z, in tour con la sua band, aveva ricordato i minatori scomparsi, dedicando Forever Young (Sempre giovane). "Saranno sempre nei nostri cuori e resteranno sempre giovani", ha detto.

Il tour mondiale degli U2, iniziato a metà del 2009 a Barcellona, ha raggiunto la Nuova Zelanda dopo la tappa di Roma in ottobre. Dopo l'Australia proseguirà nel 2011 in Sudafrica e in Nordamerica fino a fine luglio.

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26 novembre 2010

I sonetti di Giancarlo Peris. "Le lagne"

Con grande piacere anche questa settimana abbiamo la possibilità di pubblicare un nuovo sonetto del prof. Giancarlo Peris sui problemi ambientali che affliggono le terre dell'alto Lazio. La verve critica del nostro Tedoforo non manca di colpire la scellerata riconversione a carbone della centrale enel di Torrevaldaliga Nord. Buona lettura.
*"Grillo" è l'ex Monsignore noto per aver fatto piangere sangue alla celebre "Madonnina" di Civitavecchia, NdR

Le lagne (7 febbraio 2001)

Nessuno ride più ne 'sto paese:
Nun ride chi se sveja a ben bon’ora,
Nun ride chi è già adurto e nun lavora,
Nun ride chi ‘n ci ha i sordi pe’ fa’ spese;

Nun ride er sindaco, sempre a le prese
Co' Garufetta che je ruga ancora,
Nun ride Grillo che allancato implora
d’ave’ dar cielo du’ portenti ar mese.

Nun ride chi respira e chi va ar mare
Che guarda esterrefatto a le magagne
De chi che cor carbone fa l’affare;

Anzi, tanto de casa so' le lagne
Che pure la Madonna a l'antri appare,
A noi s'abbotta e ce se mette a piagne.

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Dietro la maschera di enel

Pregevole articolo di Vincenzo Comito, sbilanciamoci.info:

"Enel, la finanza e l'atomo"
Profitti rosei dalle bollette, presagi grigi dalla gestione finanziaria, look verde molto patinato. Questi i colori del colosso dell’energia, nazionalizzato nel ‘62 e privatizzato nel 1992. Alla vigilia dell’avventura nucleare, in cui Enel è immerso fino al collo.
L’Enel nasce nel 1962 con la nazionalizzazione dell’industria elettrica, azione che rappresentava un punto programmatico fondamentale della nuova alleanza di centro-sinistra varata allora nel nostro paese con l’ingresso del partito socialista nel governo. Il nuovo ente metteva insieme le attività sino ad allora esercitate da un rilevante numero di imprese private che fornivano l’energia agli utenti su di una base territoriale più o meno ristretta. Il sistema era inefficiente, offriva un servizio di cattiva qualità a costi molto alti, ottenendo invece profitti in media molto elevati. Il nuovo ente nasceva con molte speranze e con obiettivi ambiziosi, ma darà risultati non certamente all’altezza di tali aspettative iniziali. Inoltre, i soldi ottenuti dalle società private come indennizzi per le nazionalizzazione verranno in gran parte sprecati in iniziative imprenditoriali molto discutibili. Comunque, ancora oggi i prezzi dell’energia in Italia sono molto superiori a quelli medi europei e il servizio vi appare tra i più scadenti.
Tra le altre date da ricordare per quanto riguarda la società va sottolineato il successivo processo di privatizzazione varato nel 1992, che lascerà peraltro in mano all’operatore pubblico il 30% circa del capitale, secondo una formula che sarà comune ad altre società privatizzate, quali l’Eni e la Finmeccanica.
Nel 1999 viene costituita in seno all’Enel, su disposizione del potere politico, la società Terna, cui viene conferita la rete di trasmissione ad alta tensione; successivamente, tale società verrà quotata in borsa mentre l’operatore pubblico manterrà di nuovo circa il 30% del capitale nelle sue mani.
Sempre nel 1999 viene decretata la fine del monopolio Enel e la liberalizzazione del mercato elettrico. A tale scopo, tra l’altro, la società viene obbligata a cedere ai concorrenti una parte delle centrali di sua proprietà.
Nel 2007 l’impresa acquisisce il 92% del capitale di Endesa, la principale società elettrica spagnola. Si tratta del più importante atto di un processo di internazionalizzazione più vasto già intrapreso prima di tale data, processo che vede l’Enel diventare un protagonista del settore in numerosi paesi, europei e non. Da qualche anno la società si è anche inserita nel settore del gas naturale; essa è diventata oggi il secondo operatore del comparto in Italia dopo l’Eni, con una quota di mercato pari a circa il 10%.
Dati recenti
L’Enel è diventata una delle principali società del settore energetico a livello mondiale. Considerando i dati relativi al 2009, al primo posto si collocava la francese GDF Suez, con 84 miliardi di euro di fatturato, seguita dalla tedesca E.ON, con 82 miliardi, poi dall’altra francese EDF, con 66 e subito dopo da Enel con 64 (Nora, 2010).
La società italiana possiede la leadership di mercato, oltre che in Italia e in Spagna, anche in alcuni paesi dell’Europa dell’Est e dell’America Latina.
Su di un totale di 95,7 MG di capacità installata a livello mondiale, 40,6 sono collocati in Italia, 23,6 in Spagna, 17,1 nelle Americhe, 13,5 nell’Europa dell’Est. Per quanto riguarda le modalità di produzione dell’energia, 31 MG derivano da centrali idroelettriche, 26 da centrali a petrolio e gas, 12 da centrali con turbine a gas a ciclo combinato, 18 da unità a carbone, 5,3 da unità nucleari, mentre infine 3,3 MG provengono da fonti rinnovabili, compresa la geotermia.
La società occupava 81.200 persone a fine 2009, con un incremento di 5.200 unità rispetto all’anno precedente, incremento dovuto peraltro prevalentemente all’assorbimento di altre imprese nel perimetro del gruppo. Del totale degli occupati, circa 43.100 lavoravano all’estero e 38.100 in Italia, secondo un trend che vede la quota nazionale diminuire nel tempo in misura rilevante.
L’Enel, così come del resto la Terna, nata a suo tempo da una costola della società, presenta una redditività sostenuta. Nel 2006 gli utili netti erano di circa 3,0 miliardi di euro; essi erano saliti a circa 4,0 nel 2007, mentre nel 2008 essi sono stati pari a circa 5,3 miliardi e a 5,4 miliardi nel 2009; in quest’ultimo anno la società presenta il livello di profitti più elevato in assoluto tra tutte le società italiane, complice peraltro il forte calo di redditività nello stesso anno dell’Eni, in relazione alle difficoltà del settore petrolifero.
La diversificazione internazionale sembra aiutare in qualche modo tali margini di redditività. Ma i profitti sono da collegare, nel caso dell’Enel e anche della Terna, come delle altre principali società elettriche operanti nel nostro paese, non a presunte capacità manageriali dei gruppi dirigenti delle varie imprese, ma al fatto che nel settore vigono delle tariffe amministrate controllate dai governi, con i quali di solito ci si può intendere facilmente. L’apertura del mercato, che si è verificata in seguito alla liberalizzazione del settore, non ha modificato se non in misura modesta tale quadro.
Una visione meno rosea della situazione si ricava considerando invece gli aspetti finanziari della gestione. Il debito finanziario netto a livello di gruppo era pari a 12,3 miliardi di euro nel 2006 e a 11,7 miliardi nel 2006; nel 2007 esso era aumentato all’elevatissimo importo di 55,8 miliardi e al 30 giugno 2010 esso si collocava ancora intorno ai 53,9 miliardi di euro. La società italiana è una delle più indebitate di tutto il continente europeo. Il costo medio del debito si aggirava, tra il 2007 e il 2010, tra il 5% e il 5,5% annuo, generando, tra l’altro, oneri finanziari molto elevati. La ragione fondamentale di tale salto nel 2007 è da attribuire all’acquisizione, avvenuta nello stesso anno, della quota di controllo della spagnola Endesa, costata circa 40 miliardi di euro.
Va considerato, tra l’altro, a questo proposito, che la francese EDF, che nel 2009 presentava un fatturato complessivo leggermente superiore a quello di Enel -66 contro 64 miliardi di euro – , appare da tempo preoccupata per l’entità del proprio debito che, per la verità, è pari a meno della metà di quello della società italiana, collocandosi a fine 2009 intorno ai 25 miliardi di euro (Thomas, 2009), con un rapporto quindi tra debito e fatturato nello stesso anno pari al 37,8% per la società francese, contro il 79,5% dell’Enel.
La società ha come obiettivo dichiarato quello di riportare il livello dell’indebitamento a 39 miliardi nel 2014 – valore che rimarrebbe comunque molto alto-; questo risultato sarebbe ottenuto attraverso la generazione interna di flussi di cassa, una importante politica di dismissioni, tra cui la cessione sul mercato di una quota dell’Enel Green Power, nonché una rilevante riduzione degli investimenti e dei dividendi.
Ma tale programma è soggetto a molte incertezze, tra le quali un possibile abbassamento del rating da parte delle agenzie internazionali, che farebbe aumentare gli esborsi per interessi passivi, nonché un possibile andamento della redditività meno brillante delle previsioni. Va anche considerato che gli investimenti per il nucleare –se realmente portati avanti- potrebbero, in ogni caso, spingere di nuovo verso l’alto, dopo il 2014, il livello degli stessi debiti. Si stima –stima che potrebbe anche rilevarsi molto inferiore alla realtà-, che i programmi nucleari cui parteciperà l’Enel richiederebbero investimenti per circa 32 miliardi di euro, di cui 25 in Italia (Thomas, 2010).
L’Enel, la politica energetica italiana e i costi del nucleare
Nel febbraio del 2009, sulla base di una chiara scelta da parte del governo italiano per un ritorno al nucleare e in relazione anche ad accordi politici tra il nostro governo e quello francese, Enel e EDF hanno firmato un accordo che pone le basi per un nuovo sviluppo congiunto dell’energia nucleare nel nostro paese. Le due società si impegnano a varare almeno quattro centrali con tecnologia ERP. Secondo i programmi concordati la prima centrale dovrebbe entrare in esercizio nel 2020. E’ prevista una partecipazione di maggioranza dell’Enel nella proprietà e nell’esercizio degli impianti. L’accordo è aperto alla partecipazione di terzi. Sembrerebbe interessata alla partita, tra l’altro, la Edison.
Sulla base di un altro accordo con EDF, l’Enel parteciperà contemporaneamente, in posizione di minoranza, alla realizzazione in Francia di altri cinque reattori a tecnologia EPR.
A livello di imprese che dovrebbero collaborare alla costruzione delle centrali si parla di Ansaldo-gruppo Finmeccanica e Techint per la parte italiana e ovviamente per la parte francese di Areva, il leader mondiale dell’industria nucleare, operante nel settore della progettazione e costruzione di centrali nucleari e servizi collegati –si tratta anche della società titolare della tecnologia EPR.
Bisogna ora considerare che le centrali ad energia nucleare sono molto costose da costruire; si parla di 5 miliardi di euro per un impianto da 1600 MW, costo pari a circa 8 volte quello di una centrale a gas della stessa potenza (Greenpeace, 2009). Vanno poi ricordati gli enormi costi di decommissioning, anche essi se sono protratti molto in là nel tempo. Comunque il ritorno economico sugli investimenti è molto lento, anche se i costi di gestione durante la vita delle centrali sono ridotti.
Il reattore finlandese in costruzione da qualche anno sotto la guida di Areva e le cui tecnologie sono molto simili a quelle che dovrebbero essere utilizzate in Italia, ha più di tre anni di ritardo sui tempi programmati – i lavori dovevano essere terminati nel 2009, mentre invece si arriverà, come minimo, alla fine del 2012- , mentre il costo dell’investimento è nel frattempo lievitato dai 3,0 miliardi di euro iniziali ad almeno 5,5-6,0 miliardi e mentre sono emersi anche rilevanti problemi di sicurezza. Bisogna anche ricordare le passate esperienze dell’Enel nel settore in Italia, con impianti inaffidabili e con costi e tempi di realizzazione che hanno ecceduto di gran lunga le previsioni (Greenpeace, 2009).
Per molti, più in generale, l’elettricità derivata dal nucleare non è economica, oltre che fonte di rischi rilevanti. Secondo studi recenti (Silvestrini, 2010) essa è più costosa del carbone, del gas, del petrolio e dell’eolico. Molto dipende peraltro dai sussidi e da altre agevolazioni pubbliche; non si ha in effetti notizia di centrali atomiche costruite e gestite nel mondo senza un qualche importante apporto statale. Senza tale intervento è molto difficile che delle imprese si decidano di rischiare dei capitali in proprio.
In occasione del convegno annuale dello studio Ambrosetti a Cernobbio, nel settembre del 2010 i responsabili dell’Enel hanno affermato che con la costruzione delle centrali nucleari i prezzi dell’elettricità in Italia si sarebbero abbassati del 25-30%. Si tratta di cifre senza alcun fondamento (Silvestrini, 2010), che fanno parte di una campagna volta a dimostrare all’opinione pubblica che il nucleare è poco costoso e sicuro. In realtà, con la costruzione di tali centrali appare più probabile che i prezzi aumentino.
La costruzione degli impianti atomici in Italia, visti gli eventuali tempi lunghi di costruzione delle centrali, non potrebbe peraltro avere alcun ruolo nella corsa alla riduzione dei gas serra entro il 2020, riduzione in merito alla quale peraltro l’Italia non sembra stia facendo molto.
La politica energetica italiana, volta più in generale ad un ritorno al nucleare e al carbone, le due fonti più pericolose e sporche, nonché caratterizzata da una scarsa attenzione alle energie rinnovabili e ai programmi di aumento dell’efficienza energetica, rischia di relegare la penisola alla condizione di paese energeticamente sottosviluppato (Greenpeace, 2009). In effetti, oltre all’iniziativa sul nucleare, l’Enel sta anche portando avanti l’apertura di nuove centrali a carbone e la conversione a carbone di centrali già funzionanti da tempo con altre tecnologie. Va sottolineato che il tale combustibile è quello con le più alte emissioni di gas serra. Bisogna anche considerare che, in ogni caso, appare sostanzialmente impossibile che i tempi dichiarati ufficialmente per il programma nucleare vengano rispettati e ci sono anche delle speranze che tali progetti non verranno mai realizzati o che comunque essi saranno almeno ridimensionati.
Le presunte credenziali verdi dell’Enel
L’Enel ha costituito nel 2008 la “Enel Green Power”, mettendo insieme le sue attività nel settore delle energie rinnovabili. La nuova società sarà introdotta in Borsa nell’ottobre del 2010, con l’offerta al mercato di circa il 30% del suo capitale. L’operazione ha fruttato a consuntivo circa 2,6 miliardi di euro di denaro fresco per la capogruppo –abbastanza meno di quanto il gruppo dirigente dell’azienda sperava-, che con tale iniziativa cerca di accreditarsi contemporaneamente, almeno nelle intenzioni, come fortemente sensibile ai temi ecologici.
Ma gli scettici riguardo a tale operazione sono molti; essi sottolineano, tra l’altro, come in realtà l’amministratore delegato della società, Fulvio Conti, sia uno dei nemici più convinti delle tematiche ambientaliste, avendo tra l’altro dichiarato la sua contrarietà alle conclusioni del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sul tema, gruppo che valutava come molto probabilmente l’aumento delle temperature globali sia causato dalle emissioni umane (Dinmore, 2010). Un consulente del settore, A. Consoli, giudica Conti come un campione della vecchia scuola dell’energia, che combatte i movimenti verdi e porta avanti delle cattive politiche accompagnate da campagne pubblicitarie devianti (Dinmore, 2010). La società, ancora recentemente, ha inoltre manifestato la sua opposizione alle norme più restrittive progettate dai ministri dell’Unione Europea in tema di permessi alle emissioni di gas serra (Dinmore, Crooks, 2010). L’Enel è, tra l’altro, il più grande emettitore di tali gas del nostro paese e non sembra voler fare nulla per ridurli in maniera significativa.
Greenpeace ricorda peraltro come nella nuova entità avviata dall’Enel, escludendo gli impianti idroelettrici e geotermici presenti in Italia da moltissimi decenni, le altre energie rinnovabili pesino meno dell’1% della produzione di energia di Enel in Italia (Greenpeace, 2010).
D’altro canto, cedendo una parte delle azioni della società Enel Green Power, l’Enel rinuncia anche ad una parte degli utili; bisogna ricordare, a tale proposito, come quello delle energie rinnovabili sia il settore più redditivo presente all’interno del gruppo.
Per quanto riguarda l’azionista pubblico, va sottolineato che, ridimensionando l’Enel in maniera molto importante i dividendi per diminuire nei prossimi anni il livello dell’indebitamento, si riducono contemporaneamente le entrate dello stato italiano per circa 1,25 miliardi di euro all’anno, mentre i contribuenti hanno già versato 2,5 miliardi per l’aumento di capitale effettuato nel 2009 (Thomas, 2009). Questo significa che una parte consistente del peso finanziario del processo di internazionalizzazione della società verrà pagato da noi, come molto probabilmente ricadrà sui contribuenti una parte importante degli investimenti nelle centrali nucleari, se mai si faranno.

Testi citati nell’articolo
-Dinmore G., Crooks E., Enel sounds alarm over tight emission rules, www.ft.com, 17 marzo 2010
-Dinmore G., Enel’s green credentials challenged ahead of IPO, www.ft.com, 21 giugno 2010
-Nora P. (a cura di), A nous, le vaste monde, Le Nouvel Observateur, 19-25 agosto 2010
-Greenpeace, Stop carbone! Efficienza energetica adesso, Documenti e rapporti, Greenpeace Italia, Roma, 2009

-Silvestrini G., Disinformazione nucleare, www.qualenergia.it, 8 settembre 2010
-Thomas S., Enel. Prospettive e rischi degli investimenti in energia nucleare, rapporto per Greenpeace Italia, Documenti e rapporti, Greenpeace Italia, Roma, 2009
(Vincenzo Comito, sbilanciamoci.info)

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Pietra Ligure delibera un netto "no" al carbone

Fonte: ivg.it
"Il Comune di Pietra Ligure dice no all’ampliamento della centrale a carbone di Tirreno Power. Nel corso dell’ultima seduta del Consiglio comunale è stato infatti approvato un ordine del giorno presentato dalla maggioranza con la richiesta di formalizzare la contrarietà dell’amministrazione pietrese al progetto previsto per la centrale vadese.

Il documento approvato dal parlamentino pietrese si inserisce in uno studio riguardante l’incidenza delle polveri e dei fattori inquinanti della centrale fino ad oltre 50 km dal sito vadese. L’ordine del giorno ha chiesto inoltre di avviare un processo di ambientalizzazione dei gruppi a carbone esistenti e la riconversione della centrale, oltre ad un effettivo controllo pubblico delle emissioni inquinanti e dei loro effetti sul territorio savonese.

E’ stato invece respinto dal Consiglio comunale un emendamento presentato dalla minoranza consiliare che prevedeva un “ni” all’ampliamento a carbone della centrale ma lasciava aperto il tavolo di discussione con l’azienda, in primis sul tavolo ambientale"

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25 novembre 2010

Il picco del carbone non è lontano

Da BlogEko.it
Un saggio sulla prestigiosa rivista scientifica Nature conferma: il picco del carbone è dietro l’angolo, esattamente come quello del petrolio. Sarà dunque il caso di cominciare a prendere con cautela la diffusa convinzione che il carbone rimarrà abbondante ancora per molto tempo.

Se il petrolio è importante soprattutto per i trasporti (e pensate a quanto viaggia il cibo), per i concimi e per moltissimi oggetti della vita quotidiana, grazie al carbone si producono circa il 40% dell’elettricità e il 75% dell’acciaio utilizzati in tutto il pianeta.

Il picco è il momento in cui la produzione non aumenta più a causa delle limitate riserve possedute dal pianeta: la domanda invece continua a crescere, ed è facile intuire gli effetti.

Il saggio sul picco del carbone è stato pubblicato da Nature lo scorso 18 novembre. Porta la firma di Richard Heinberg e David Fridley del Post-Carbon Institute. Il testo completo è accessibile solo agli abbonati, ma i punti salientisono ripresi da Bloomberg.

il concetto di fondo è: le stime sulla consistenza dei giacimenti effettuate nei decenni passati stanno rivelandosi inesatte e troppo generose. Le riserve di carbone di buona qualità e facilmente accessibili sono ormai ridotte.

La domanda di carbone invece continua a crescere, trainata soprattutto dalla Cina, il maggior produttore e consumatore mondiale, che l’anno scorso ha raddoppiato le se importazioni.

Il picco della produzione di carbone, concludono i due, è imminente: forse si verificherà fra un anno soltanto.

La diminuzione della produzione combinata con l’aumento della domanda causerà un aumento dei prezzi: dunque le politiche energetiche basate sull’abbondante disponibilità di carbone a basso prezzo non hanno futuro.

Su Nature la fine del carbone a buon mercato. L’articolo completo è riservato agli abbonati.

Su Bloomberg il carbone sta finendo e i prezzi saliranno

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Civitavecchia velenoso buco nero

"Perché andrei via da Civitavecchia?"

Perché nella mia città ci sono due centrali di cui una a carbone, uno dei porti più grandi del Mediterraneo con il relativo traffico automobilistico, una boa petrolifera off shore, sei depositi costieri per oli minerali di cui quattro sottoposti a legge Seveso, un centro, unico in Europa, per l’inertizzazione e lo smaltimento di armi chimiche, tre discariche esaurite, una per rifiuti speciali e una da poco autorizzata per quasi un milione di mc di rifiuti;
Perché a meno di 20 Km dalla mia città stanno già operando per costruire una centrale nucleare;
Perché, come se non bastasse, vogliono venire qui a smaltire e bruciare i rifiuti di Roma;
Perché nella mia città la raccolta differenziata non supera l’8% ;
Perché l’Amministrazione Comunale ha detto NO alla riconversione a carbone e dopo 40 giorni e 26 milioni di euro versati dall’ENEL nelle casse del Comune ha cambiato idea e dato parere positivo;
Perché dalla centrale a carbone, che ENEL definisce “pulito”, usciranno 6.300.000 mc di emissioni all’ora e 10.600.000 t/a di anidride carbonica;
Perché il 56% dei bambini della mia città soffre di allergie ed asme nell’indifferenza totale;
Perché nella mia città ci sono le percentuali di mortalità e morbilità per tumori alle vie respiratorie, leucemie e linfomi, tra le più alte nel Centro Italia;
Perché da aprile ad oggi nella mia città sono morte più di cinquanta persone tra i 30 e i 55 anni per malattie neoplastiche;
Perché le sogliole del nostro mare hanno una percentuale di mercurio 10 volte superiore alla norma;
Perché nella mia città l’acqua è avvelenata e da oltre tre anni viene dichiarata potabile solo grazie ad una deroga governativa;
Perchè le nubi nere, rosse e grigie che escono dalle ciminiere vengono definite effetti ottici;
Perché nella mia città è in corso un processo per schiavitù e nessuno ha detto una parola
Perché le mafie si sono infiltrate negli appalti della centrale e del porto e tutti negano l’evidenza ;
Perché nella mia città vogliono cementificare ogni minimo spazio rimasto libero;
Perché nella mia città prima ancora che i polmoni hanno inquinato le coscienze;
però resto qui
Perché non posso accettare che la mia terra venga ulteriormente avvelenata e distrutta;
Perché voglio continuare a lottare e non perdo la speranza che tutto questo si possa fermare;
Perché quando mia figlia mi chiederà “ Come avete potuto permettere tutto questo” voglio poterla guardare negli occhi e dirle “io ci ho provato”.

Simona Ricotti

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Morti bianche da carbone in Colombia: almeno 9 vittime in miniera

"Un'esplosione in due piccole miniere di carbone colombiane ha causato la morte di nove operai, che avrebbero inalato i gas tossici sotterranei che si sono sprigionati dopo la deflagrazione.
Ma il bilancio potrebbe salire. Solo nel giugno scorso, sempre in Colombia, una deflagrazione in miniera uccise 70 operai."

Fonte: TG1

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Agisci per la democrazia partecipata in Europa

Da Aavaz.org
Proprio ora l'Ue sta decidendo il destino di una riforma democratica rivoluzionaria che potrebbe cambiare la governance dell'Europa e contrastare così il potere degli interessi organizzati. Ma alcuni funzionari stanno cercando di far passare regole che impedirebbero la partecipazione dei cittadini. Firma la petizione per proteggere il nostro diritto d'intervenire nella formazione delle decisioni che influenzano la vita di tutti noi: http://www.avaaz.org/it/eu_citizens_initiative/
Proprio in questi giorni i funzionari europei stanno decidendo a porte chiuse il destino di una riforma democratica rivoluzionaria che potrebbe cambiare la politica dell'Ue, al momento dominata da un'élite composta da governi, aziende multinazionali e lobbisti.   

L'Iniziativa dei Cittadini europei costringe la Commissione europea ad agire quando questa riceve la richiesta da oltre 1 milione di cittadini. E' un'innovazione radicale nella governance dell'Ue che spaventa molti funzionari, che ora stanno tentando di seppellirla con una montagna di lungaggini burocratiche e barriere che ostacolino la partecipazione dei cittadini.

Molti parlamentari europei si stanno battendo con forza per proteggere l'Iniziativa dei Cittadini. Abbiamo l'urgenza di sollevare una denuncia enorme dei cittadini per sostenere i parlamentari e svergognare i governi e i funzionari che stanno ostacolando la democrazia diretta che i cittadini vogliono. Firma la petizione sotto - il parlamentare europeo Gerald Häfner, in prima linea nelle negoziazioni, presenterà la nostra petizione in ogni singolo incontro a Bruxelles in cui potrebbe fare la differenza:

http://www.avaaz.org/it/eu_citizens_initiative/?vl

Per decenni l'Unione europea è stata accusata di avere un processo decisionale troppo complesso e non democratico, che ha reso la politica europea inaccessibile ai cittadini. Ma ora, grazie all'Iniziativa dei Cittadini introdotta dal Trattato di Lisbona l'anno scorso, potremmo assistere a un vero cambio di direzione negli sforzi per rispondere al deficit democratico dell'Ue.

Alcuni stati membri, che hanno paura di una maggiore partecipazione dei cittadini nel processo legislativo, stanno insistendo affinché ogni firmatario dell'Iniziativa dei Cittadini europei lasci il numero della propria carta d'identità o passaporto, una richiesta che diminuirebbe incredibilmente la partecipazione. Organismi indipendenti per la protezione dei dati in Europa dicono che i numeri della carta d'identità non sono necessari per verificare i firmatari; raccogliere questi dati, infatti, è intrusivo e può incrementare il fenomeno del furto d'identità.

La Commissione europea ha inoltre proposto l'introduzione di termini temporali troppo brevi e di quote non necessarie per ogni paese, che escluderebbero di fatto molti gruppi di cittadini dall'avvalersi dell'Iniziativa. Il Parlamento ha controproposto obblighi fattibili: una scadenza di 18 mesi per la raccolta di firme e un quinto dei paesi membri dell'Ue per quanto riguarda le quote.

Avaaz sta già utilizzando l'Iniziativa dei Cittadini per migliorare la democrazia europea: abbiamo raccolto oltre 1 milione di firme e stiamo quindi consegnando la prima Iniziativa dei Cittadini di sempre per bloccare le coltivazioni OGM dall'entrare in Europa. Ma questa, come tante altre iniziative, potrebbe essere azzoppata se i funzionari riusciranno a mandare in porto le loro condizioni esageramente stringenti.

Le negoziazioni sono arrivate alla loro fase critica: cerchiamo di far decollare l'Iniziativa dei Cittadini e di mettere al lavoro l'Europa per noi. Firma la petizione ora, e inoltra questo messaggio a tutti:

http://www.avaaz.org/it/eu_citizens_initiative/?vl

Con speranza,

Luis, Benjamin, Alice, Paula, Alex, Ben, Pascal, Ricken e tutto il team di Avaaz.

FONTI:

European Voice, "I parlamentari europei si spendono perché le iniziative dei cittadini siano più fattibili" (in inglese):
http://www.europeanvoice.com/article/imported/meps-look-to-make-it-easier-to-launch-citizens-initiatives/69310.aspx

Iniziativa dei Cittadini europei, "Il Parlamento può ancora opporsi agli stati membri che ostacolano l'Iniziativa dei Cittadini europei" (in inglese):
http://www.citizens-initiative.eu/?p=374

Maggiori informazioni sulla "Campagna per l'Iniziativa dei Cittadini europei a portata di cittadino" (in inglese):
http://www.citizens-initiative.eu

Democracy International promuove la democrazia diretta, ed è l'organizzazione che sta sponsorizzando l'Iniziativa dei Cittadini europei:
www.democracy-international.org

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