No al carbone Alto Lazio

27 aprile 2007

Dobbiamo scegliere: CARBONE o agricoltura

Carbone? Pian piano non si potranno più produrre formaggi, coltivare ortaggi, frutta, viti, olive. Chi elargirà agli agricoltori la certificazione dei prodotti? Cosa accadrà quando i nostri agricoltori non potranno più coltivare agricoltura commestibile?
L'allarmante perizia tecnica Naso-Giovannozzi-Fara (2002) -docenti dell'Università Sapienza di Roma nominati dal comune di Civitavecchia per rilevare l’impatto della riconversione a carbone della centrale ENEL- parla chiaro: "...si consiglia la conversione agricola in coltivazione agricole no-food..." Gli Autori sconsigliano dunque, in presenza dell'impianto di produzione energetica a carbone "pulito", l'impianto di colture alimentari, orientando le stesse verso alternative come fiori o pioppi. Non a caso l'Enel è da tempo in trattativa diretta con molti dei principali produttori locali per una riconversione delle colture in tal senso.

Tuttavia non vogliamo dimenticare, come alle lobby del carbone farebbe comodo, che le radici di molti paesi del comprensiorio sono agricole, e ancora oggi l’agricoltura è parte integrante della nostra economia.

Grazie all'inquinamento prodotto dal carbone "pulito" si interromperà il faticoso lavoro di qualificazione del settore su cui molte aziende hanno investito per dare avvio al distretto agrituristico locale e alla promozione di colture di qualità. Temiamo una generale svalutazione territoriale, una limitazione allo sviluppo turistico (altro che accoglienza delle centinaia di migliaia di crocieristi che sbarcano ogni anno a Civitavecchia) e il deperimento generale di una vasta area archeologica fra le più importanti del mondo, già riconosciuta Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO.

Scrive a questo riguardo Franco Di Antonio: "Siamo convinti sostenitori della necessità di salvaguardare il nostro prezioso patrimonio agricolo. Se i suoli agricoli saranno conservati ai fini della produzione alimentare si salverà anche il territorio [...] E' evidente che l'agricoltura italiana può sostenere le famiglie che producono incentrandosi su produzioni di alta qualità, la concorrenza del dei nuovi paesi produttori (Australia, Argentina etc.) per le produzioni di quantità è insostenibile. Il corollario è che le produzioni di qualità hanno bisogno di protocolli che prevedono come base la salubrità dei territorio di coltivazione. Faccio un esempio: se coltivassimo [...] ortaggi nelle zone di ricaduta dei residui di combustione delle centrali a carbone non potremmo più conferire i prodotti a nessuno se non ai riciclatori di biomasse! L'agricoltura è già sotto attacco economicamente, se ci si aggiunge l'aggressione degli inquinanti è la fine. E' già difficile sviluppare l'agricoltura secondo i principi della produzione di qualità, figuriamoci se dovessimo anche risolvere il problema dell'inquinamento dell'ambiente. Se i contadini avranno come unica via di uscita la lottizzazione dei terreni possiamo iniziare a pensare di cambiare nazione. Occorre creare reddito nelle campagne per salvare il territorio, questo è uno dei modi per salvare quello che un tempo era il giardino d'Europa, la premessa per questa operazione è la salvaguardia della salubrità dei territori ancora disponibili per l'agricoltura".

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