No al carbone Alto Lazio

9 novembre 2007

Stocchiamo Enel nel sottosuolo

Riceviamo e pubblichiamo
"Recentemente (4 ottobre 2007), dalle pagine del quotidiano “Il sole 24 ore”, l’Enel annunciava con toni trionfalistici “la possibilità di catturare l’anidride carbonica prodotta negli opifici elettrici e di poterla quindi stoccare profondamente in aree geologiche appropriate”. Ciò farebbe centrare l’obbiettivo, entro il 2012, di avere: “centrali a carbone pulito senza emissioni di CO2 nell’atmosfera”. La prima centrale elettrica a sfruttare tale tecnologia sarebbe quella a carbone di Civitavecchia di TVN e il luogo dello stoccaggio è stato individuato un’area off-shore denominata “pozzo matilde” che avrà la capacità di immagazzinare per 20 anni le emissioni di CO2 della centrale (circa 95 miliardi di metri cubi).
Noi leggiamo, in queste affermazioni, solo un maldestro tentativo, che non andrà sicuramente a buon fine, di tranquillizzare le popolazioni stanche di subire da anni gli effetti delle nefaste emissioni in atmosfera di uno dei più grandi poli energetici europei.
Quello che l’ Ente elettrico si è guardato bene dal dire, però, sono i gravissimi rischi sanitario/ambientali connessi con tale tecnologia; infatti, il movimento dei gas nel sottosuolo può essere indotto dai gradienti di pressione, da quelli di concentrazione e da quelli geotermici che possono provocare improvvise e massive fuoriuscite degli stessi nell’atmosfera. Che cosa succederebbe alla popolazione se si verificasse una emissione copiosa di CO2 dal sito di stoccaggio? Eventi simili non sono né impossibili né improbabili. Ne citiamo di seguito alcuni:
  1. Nel 1984 una nube di CO2, sprigionatasi improvvisamente dal sottosuolo uccise, nei pressi del lago Monoun (in Africa), circa 40 persone
  2. Nella notte del 21 agosto 1986 una nube di 800 milioni di metri cubi di CO2 (circa 1900 volte inferiore a quella che verrebbe immagazzinata a Civitavecchia) si sprigionava improvvisamente dal lago Nyos in Camerun attraversando, spinta dai venti, una vasta vallata della lunghezza di trenta chilometri, seminando morte silenziosa e improvvisa. La CO2 uccise più di 1.800 persone e 3.500 capi di bestiame. Molti individui stavano dormendo e, sorpresi nel sonno dalla nube di gas, non ebbero scampo, morendo in carenza di ossigeno come fa un pesce fuor d’acqua.
  3. Nel settembre del 1999, in seguito ad emanazioni di anidride carbonica in località Cava del Selci, nel Comune di Marino, fu registrata la morte per anossia di più di 30 capi di bestiame e nelle zone limitrofe alle emissioni gli abitanti accusarono per molte ore disturbi (vomito, lipotimie e alterazioni visive) chiaramente dovuti alla presenza e all’accumulo nelle abitazioni di elevate concentrazioni di anidride carbonica.

Se ciò si dovesse verificare, non ci sarebbe salvezza per nessuno: neppure la più sofisticata maschera potrebbe evitare la morte in pochi minuti. Solo la disponibilità immediata di ossigeno per tutta la popolazione esposta potrebbe salvare la vita.
Questo tentativo, da parte dell’Enel, di trovare soluzioni azzardate, anche se tecnologicamente possibili, non riuscirà mai a mitigare l’intrinseca pericolosità connessa alla costruzione ed alla gestione di opifici di tali dimensioni e complessità, ma creerà nuove fonti ti preoccupazioni per le popolazioni residenti.

Coordinamento dei medici e dei farmacisti per la tutela dell’ambiente e della salute."

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