No al carbone Alto Lazio

2 dicembre 2008

I medici sull'incenerimento

"Una delle spinte all’incenerimento dei rifiuti a Civitavecchia è la difficoltà di smaltire circa 400.000 tonnellate / anno di ceneri e fanghi industriali estremamente tossici provenienti dalla combustione del carbone. Infatti, queste sostanze estremamente tossiche potrebbero essere bruciate nel quarto gruppo della centrale, autorizzato come inceneritore fingendo l’emergenza rifiuti da un lato ed ostacolando la raccolta differenziata dall’altro.

Gli inquinanti emessi si disperderebbero in forma gassosa nell'ambiente, insieme ad anidride carbonica, micro e nanopolveri, particolati secondari, pesticidi, diossine e molte altre sostanze tossiche.

Gli inceneritori, inoltre, sono anche dei produttori di rifiuti. La materia, infatti, non può essere distrutta ma solo trasformata in forme diverse. Quando vengono bruciati dei rifiuti, si formano nuove sostanze tossiche sotto forma di gas, di ceneri e di materiale intrappolato nei filtri. Le ceneri, altamente nocive, rappresentano circa 1/3 del peso dei rifiuti bruciati dai quali originano e circa il 45 % del peso dei rifiuti stessi.

Una preoccupazione particolare sta nel fatto che è stato dimostrato che quando le ceneri vengono utilizzate nell’edilizia, con il tempo metalli tossici possono essere rilasciati nell’ambiente minacciando la salute umana (Journal of Soil Contamination. 1996; 5 (1); 53-59).

Vengono ignorati i carburanti fossili combusti nel via vai di macchine agricole e camion.

Nel marzo scorso è stato diffuso il Report Enhance Health, studio finanziato dalla UE che aveva, fra gli altri, anche lo scopo di dare una visione globale del possibile impatto sulla salute in aree ove sono ubicati inceneritori attraverso studi pilota. Per l’Italia lo studio è stato condotto nel comune di Forlì, quartiere Coriano, ove sono ubicati due inceneritori, uno per rifiuti ospedalieri ed uno per rifiuti solidi urbani. L’indagine condotta con metodo Informativo Geografico (GIS) ha riguardato l’esposizione a metalli pesanti - stimata con un modello matematico- della popolazione residente per almeno 5 anni entro un’area di raggio di 3.5 km dagli impianti.

Eccessi statisticamente significativi sono emersi per quanto attiene il sesso femminile: in particolare si è registrato un aumento del rischio di morte per tutte le cause correlato all’esposizione a metalli pesanti tra il +7% e il + 17%. La mortalità per tutti i tumori aumenta nella medesima popolazione in modo coerente con l’aumento dell’esposizione dal +17% al +54%. In particolare per il cancro del colon-retto il rischio è compreso tra il + 32% e il +147%, per lo stomaco tra il +75% e il +188%, per il cancro della mammella tra il +10% ed il +116%. Per i sarcomi, considerando insieme i due sessi, il rischio aumenta di oltre il 900 %.

Questi risultati sono del tutto coerenti con numerose altre segnalazioni presenti al riguardo in letteratura.


In difesa della popolazione

Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute (Lazio)

Nessun commento: