No al carbone Alto Lazio

25 maggio 2011

L'Australia gigante del carbone prova a immaginare una via d'uscita

Da Greenreport
"La Climate Commission di scienziati istituita dal governo australiano ha reso noto il rapporto "The Critical Decade" che evidenzia i terribili effetti che il cambiamento climatico potrebbe avere sull'Australia, e chiede che il settore energetico, dominato dal carbone, diventi "green" e che il governo cerchi di ottenere subito il sostegno parlamentare per il "carbon price", come una delle soluzioni per ridurre l'inquinamento.

Il rapporto evidenzia che le città costiere australiane sono minacciate dall'innalzamento del livello del mare, in Sydney, mentre l'acidificazione dell'oceano, causata dall'assorbimento della CO2 prodotta dai combustibili fossili, non risparmierà la Grande Barriera Corallina.

Le regioni costiere vicine alle più grandi città australiane, come Sydney e Melbourne, sono estremamente vulnerabili all'aumento del livello del mare, ad alluvioni e maree. Secondo la Climate Commission australiana «Il livello del mare potrebbe aumentare da 0,5 a 1 metro (da 1,64 piedi e 3,3 piedi) entro il 2100», minacciando le aree più abitate dell'Australia. Anche un aumento del livello del mare di 0,5 metri, che potrebbe avvenire entro il tempo di vita medio di un essere umano, potrebbe portare al susseguirsi di eventi climatici estremi e il riscaldamento degli oceani e dell'atmosfera, lo scioglimento dei ghiacci marini, potrebbero comportare «Enormi rischi» per l'economia australiana.

"The Critical Decade", punta a cambiare i termini dell'attuale dibattito politico in Australia, dove la politica climatica del governo della laburista Julia Gillard ha polarizzato l'elettorato ed è sotto costante attacco dell'opposizione conservatrice del partito liberale. Gli scienziati al momento di consegnare il rapporto alla Gillard hanno avvertito che «Questo è il decennio critico. Le decisioni che prenderemo da ora al 2020, determineranno la gravità dei cambiamenti climatici. Per minimizzare questo rischio, dobbiamo decarbonizzare la nostra economia e per passare alle fonti di energia pulita entro il 2050. Le emissioni di carbonio devono raggiungere il picco entro i prossimi anni e quindi declinare fortemente».

Realizzare tutto questo non sarà affatto facile. I 22 milioni di australiani sono responsabili di ben l'1,5% dei gas serra prodotti dagli oltre 6 miliardi di esseri umani, il che li rende i maggiori emettitori pro-capite di CO2 dell'intero pianeta. L'Australia è anche il maggiore esportatore di carbone del mondo e utilizza il carbone per produrre circa l'80% della sua elettricità. Inoltre la sua grande industria petrolifera, gasiera e mineraria (con il nuovo Eldorado del gas liquefatto che promette miliardi di dollari), porta ad ulteriormente aumento delle emissioni di gas serra.

Per provare a diminuire e compensare le emissioni il governo ha provato a mettere un prezzo sul carbonio prodotto dall'industria e ad organizzare un mercato delle emissioni sul modello europeo entro il 2012 che potrebbe prendere il via già nel 2015.

Secondo Will Steffen, uno dei membri della Climate Commission, la politica del governo dovrebbe essere più decisa per avviare davvero investimenti per la riconversione ecologica dell'industria e della produzione di energia. Il governo Gillard prevede un prezzo del carbonio tra i 20 e i 30 dollari australiani a tonnellata, ma l'Australia avrebbe bisogno di 100 miliardi di dollari in investimenti nel prossimo decennio per sostituire la vecchie centrali a carbone.

La situazione reale la spiega bene alla Reuters Richard McIndoe, l'amministratore delegato di TRUenergy: «L'incertezza sulla politica climatica ha affamato gli investimenti nel settore energetico australiano negli ultimi 3-5 anni. Carenze di potenza del carico energetico di base sono previsti per il 2013 - 2016. La dipendenza dell'Australia dalle centrali a carbone non potrà essere cambiata entro il 2020, dato che ci vorranno da 50 a 60 anni per costruire la rete energetica. Come investitori del settore siamo in un vicolo cieco e, come risultato, il capitale non viene investito, così non abbiamo visto la costruzione di nuove centrali Al momento abbiamo una proposta di carbon tax che in realtà non cambierà molto. A 20 dollari australiani a tonnellata non vediamo alcun cambiamento davvero tra il carbone e la gas-fired generation».

Il rapporto analizza anche i dati dei rapporti Ipcc e di altre organizzazioni internazionali e sottolinea i fortissimi rischi che corre l'Australia a causa di siccità ancora più estreme, inondazioni e incendi mortali: «Gli impatti del cambiamento climatico si fanno già sentire in Australia e in tutto il mondo con meno di 1 grado di riscaldamento globale. I rischi di futuri cambiamenti climatici, per la nostra economia, la società e l'ambiente, sono gravi, e crescono rapidamente con ogni grado in più di aumento della temperatura».

Per limitare gli aumenti della temperatura a 2 gradi centigradi, «Le emissioni di carbonio devono raggiungere il picco entro il 2020 e poi scendere, altrimenti il ​​mondo avrà di fronte un compito quasi impossibile per evitare cambiamenti climatici pericolosi».

Il rapporto non è affatto piaciuto all'opposizione conservatrice australiana che si oppone a qualsiasi tipo di carbon tax, profetizzando perdita di posti di lavoro e bollette alle stelle., Il powerbroker del Partito Liberale, Nick Minchin, ha definitogli scienziati che hanno redatto il rapporto «Allarmisti del riscaldamento globale».

Un'opinione che sembra condivisa da circa il 60% degli elettori, mentre solo il 30% è favorevole a tassare le emissioni. Ma la Gillard ha risposto seccamente: «Noi non abbiamo tempo... per le false dichiarazioni in questo dibattito. La scienza è chiara, l'inquinamento da anidride carbonica antropica sta facendo la differenza per il nostro pianeta e il nostro clima. Dobbiamo trovare il modo di andare avanti con il compito di ridurre l'inquinamento di carbonio e con un dibattito razionale su questo».

Secondo la senatrice dei Verdi Christine Milne «Il rapporto è una richiesta agli australiani ad andare oltre la "discussione facile" se il cambiamento climatico esista».

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