Da bari.Repubblica.it
"Sono state le polveri di carbone della centrale disperse dai venti a contaminare i terreni di Cerano, a portare la cenere fin dentro le case, a far sì che i livelli di inquinamento fossero ben superiori a quelli dovuti al traffico. Lo dice il consulente della procura di Brindisi che indaga sulla dispersione di polveri di carbone intorno al nastro trasportatore e al deposito-carbonile, entrambi scoperti, della centrale Enel Federico II. Un'inchiesta arriva ormai al capolinea e partita dall'esposto degli agricoltori e delle associazioni ambientaliste brindisine, che chiedevano alla magistratura di accertare le cause dell'inquinamento.
Sarebbe la centrale elettrica, almeno secondo il consulente della procura, la fonte principale di contaminazione dei terreni sui quali un tempo germogliavano i frutti più generosi dell'agricoltura, prima che su sollecitazione del ministero dell'Ambiente l'ex sindaco di Brindisi vietasse categoricamente con una ordinanza del 28 giugno 2007 ogni forma di coltivazione, oltre che la distruzione dei frutti della terra: carciofi, uva, ma anche olive. La decisione del sindaco, che ha azzerato ogni forma di sostentamento per circa 60 aziende agricole, arrivò dopo che l'area era stata dichiarata Sito di interesse nazionale, e dopo che la caratterizzazione affidata a Sviluppo Italia aveva registrato una concentrazione di metalli pericolosa per l'ambiente e la salute pubblica.
Oggi i risultati delle analisi confermano i sospetti degli agricoltori. Lapidarie le conclusioni del consulente tecnico Claudio Minoia, direttore del laboratorio di misure ambientali e tossicologiche della Fondazione Maugeri di Pavia, nonché responsabile della scuola di specializzazione in Medicina del Lavoro dell'ateneo pavese. Scrive il perito incaricato dai pubblici ministeri Giuseppe De Nozza e Cristina Fasano: "In conclusione, si ritiene che in aree prospicienti la centrale si siano determinate, anche se non con carattere di continuità ma piuttosto come diretta conseguenza di fenomeni eolici, dispersioni significative di polveri di carbone dal deposito carbonile. Questa ha sicuramente rappresentato la prevalente via di contaminazione delle aree prospicienti e al contempo si sottolinea che non è noto il contributo derivante da possibili ricadute di emissioni convogliate. Gli effetti di tali eventi, protratti nel tempo, hanno contribuito a elevare i livelli aerodispersi di elementi in traccia a valori diversi da quelli normalmente rilevabili in aree urbane caratterizzate da elevata densità di traffico veicolare, nonché a produrre direttamente o indirettamente una contaminazione indoor presso le abitazioni dei soggetti residenti in aree prospicienti la centrale. Per ultimo è stata altresì rilevata un'influenza sulla contaminazione superficiale di frutti e colture vegetali (incluso il materiale fogliare)".
Dal canto suo, l'azienda fa sapere che "Enel esercisce i propri impianti e il nastro trasportatore nel pieno rispetto delle norme ambientali. Presenterà, nelle sedi opportune e nello spirito della massima collaborazione con la magistratura, le proprie osservazioni alla perizia anche sulla base delle risultanze di indagini condotte da organismi scientifici indipendenti che escludono dispersioni attribuibili alla logistica del carbone. Nel frattempo è già in fase di attuazione l’accordo concluso da Enel con le Associazioni agricole, in virtù del quale i singoli proprietari hanno già iniziato a ricevere le risorse previste nel programma di sviluppo per la realizzazione della barriera arborea e per il migliore e più redditizio utilizzo dei loro terreni adiacenti al nastro trasportatore”.
Dopo l'esposto di agricoltori e ambientalisti, la magistratura aprì un fascicolo per "getto pericoloso di cose e danneggiamento delle colture" a carico di dodici indagati ai quali furono notificati altrettanti avvisi di garanzia dai carabinieri del Noe di Lecce e dalla Digos di Brindisi. Quasi tutti i nomi finiti nel mirino dei sostituti procuratori sono di dirigenti dell'azienda elettrica. Si tratta di Mirko Luciano Pistillo, 50 anni, ex responsabile unità di business della centrale; Antonino Ascione, 43 anni, attuale responsabile della Federico II; Vincenzo Putignano, 57 anni, ex capo centrale; Calogero Sanfilippo, 53 anni, ex capo centrale, attualmente responsabile della filiera carbone per conto di Enel; Lorenzo Laricchia, 56 anni, responsabile logistica e approvvigionamento carbone; Giuseppe Varallo, 48 anni; Diego Baio, 51 anni, era il responsabile del settore ambiente, in procinto d' essere destinato ad altro incarico; Antonino Caprarotta, 63 anni, ex direttore, amministratore delegato di Enel produzione; Vittorio Vagliasindi, 54 anni, è stato responsabile delle produzioni termoelettriche, adesso si occupa sempre in seno ad Enel di energie rinnovabili; Sandro Fontecedro, 65 anni, ex direttore della divisione Generazione ed energy management di Enel; Aldo Cannone, 59 anni e Luca Screti, 40 anni, sono gli unici due indagati estranei all'azienda elettrica, entrambi legali rappresentanti di ditte appaltatrici per la movimentazione del carbone.
La risposta del consulente Minoia al quesito affidato dalla procura potrebbe essere oggi preludio alla conclusione delle indagini. Di fronte ai pm un doppio binario: o la richiesta di archiviazione del fascicolo, o la richiesta di rinvio a giudizio. Nel frattempo Enel corre ai ripari, accingendosi a investire una cifra pari a 6.100.000 euro per la "riconversione produttiva e azione ambientale delle aree dell'ambito territoriale omogeneo adiacente l'asse attrezzato e la centrale Federico II di Brindisi", in cambio della rinuncia da parte delle potenziali parti offese a procedere nell'azione penale.
All'alba del deposito della perizia, non si è fatta attendere la presa di posizione dei "No al carbone" il movimento a difesa dell'ambiente del capoluogo messapico: "Può un gigantesco carbonile scoperto, in grado di stoccare centinaia di migliaia di tonnellate di carbone, esposto quindi ai venti che con notevole frequenza spazzano le nostre terre, non inquinare rilasciando polveri di carbone estremamente pericolose per la salute?". E' la domanda scopertamente retorica degli ambientalisti, che chiedono a viva voce: "Si chiuda la centrale Edipower con il passaggio del personale all'Enel come previsto dagli accordi più volte presi. Si attui una immediata riduzione del consumo del carbone a Brindisi, si proceda alla conversione entro tre anni della centrale di Cerano a gas e si sequestri il carbonile scoperto con l'obbligo nel frattempo come per l'Edipower di rifornirsi di carbone direttamente senza sito di stoccaggio. Alla magistratura chiediamo di accertare le responsabilità e punire i colpevoli, Brindisi aspetta da anni giustizia".
19 novembre 2011
Brindisi, polvere di carbone su 400 ettari di colture agricole attorno alla centrale
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