E' uscito il libro
"In Prima Persona", di Ylenia Sina Daniele Nalbone, prefazione di Don Roberto Sardelli. Edizioni "Ilmegafonoquotidiano" ISBN 9788889772423
Prezzo 12.00€
Comitati e vertenze territoriali di città, paesi, quartieri. In lotta contro decisioni calate dall’alto, per difendere il “bene comune”, la qualità della vita, il futuro dei figli, le proprie città, i diritti fondamentali. Storie di cittadini e cittadine che non si sentono più rappresentati e che in mancanza di tutele e privati del diritto al futuro scelgono di agire in prima persona. Dalla battaglia contro l’inceneritore di Albano alla NoTurbogas di Aprilia, dai comitati NoFly di Ciampino e Viterbo al NoCoke dell’Alto Lazio; dai No Corridoio Roma-Latina al comitato di quartiere Pigneto-Prenestino; dalla lotta per la casa fino alla difesa dei migranti o al comitato delle Madri per Roma città aperta. Un viaggio nella mobilitazione invisibile di Roma e Lazio, una mappa ragionata e raccontata di lotte esemplari, di persone in carne e ossa, di slogan e parole d’ordine che non trovano spazio nei media ufficiali ma che fondano le ragioni e le speranze di un’altra politica.
10 marzo 2010
"In Prima Persona" – Lotte e vertenze dei comitati territoriali nel Lazio. In libreria.
9 marzo 2010
Assalto alla ex centrale nucleare in corso
Greenpeace è salita sul tetto della vecchia centrale nucleare di Montalto di Castro, per un'azione dimostrativa contro la folle scelta di tornare oggi all'atomo.
Vedi
http://qik.com/video/5370824
--
Qui il resoconto dell'azione sul tetto della ex centrale nucleare Montalto Di Castro, che il Governo vorrebbe riaprire.
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/comunicati/montalto-nucleare
http://www.terranews.it/news/2010/03/montalto-di-castro-greenpeace-lancia-il-suo-%E2%80%9Curlo%E2%80%9D-antinucleare
8 marzo 2010
Welcome to Civitavecchia
Una Civitavecchia coperta e farcita di merda. Niente di nuovo, no?
http://www.civonline.it/index.php?cmd=dettaglio&id_rec=86124
"Carbon tax minima comunitaria"
Da APCOM via Virgilio notizie
Bruxelles, 5 mar. (Apcom) - Il neo commissario Ue alla fiscalità, Algirdas Semeta, ha intenzione di cominciare il suo mandato con una proposta di 'carbon tax' da introdurre in tutti gli Stati membri. Si tratterebbe, in sostanza, di una modifica dell'attuale legislazione sulla tassazione
dell'energia che prevede un livello minimo di accise.
La proposta dovrebbe prevedere una sorta di 'riparametrazione' delle attuali accise per le fonti di energia come il petrolio, il carbone, il gas naturale usati per alimentare i motori, per il riscaldamento e per la produzione di energia elettrica. Invece di calcolare l'accisa in proporzione al combustibile consumato, nel nuovo sistema il carico fiscale sarebbe direttamente legato alle emissioni di CO2 e inversamente proporzionale all'efficienza energetica.
Questo permetterebbe, tra l'altro, di incentivare con basse accise le energie rinnovabili, come i bio-carburanti, che oggi sono pesantemente tassate in proporzione ai combustibili fossili che sostituiscono; tanto che l'etanolo spesso ha un'accisa maggiore del carbone, altamente inquinante.
Arrivando a Bruxelles, Semeta ha trovato gran parte del lavoro in questo campo già fatto dal suo predecessore, l'ungherese Lasklo Kovacs, che però non ha mai presentato la proposta di 'carbon tax' per via dell'opposizione 'preventiva' di diversi Stati membri, e in particolare della la Gran Bretagna. Kovacs pensava a un'accisa minima di 10 euro per tonnellata di CO2 emesso.
La materia è delicata perché in questo campo la competenza comunitaria ha poteri molti circscritti, e le decisioni in Consiglio Ue si prendono all'unanimità. Inoltre, il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, aveva preferito 'congelare' la proposta fino alla fine del 2009 per non compromettere il sostegno dei paesi membri alle politiche climatiche dell'Ue, alla vigilia del vertice Onu di Copenaghen, poi sostanzialmente fallito.
Oggi molti Stati membri hanno già adottato o stanno pianificando delle forme di 'carbon tax': oltre ai 'pionieri' scandinavi (Svezia, Danimarca e Finlandia), intendono seguire questa strada la Francia e l'Irlanda. Parigi ha qualche difficoltà per via di una forte'opposizione dell'opinione pubblica, mentre Doblino ha intenzione di imporre un'accisa da 15 euro per tonnellata di CO2 emesso. Altri progetti di carbon tax sono in discussione anche in Germania, Slovenia, Olanda e Gran Bretagna.
"Cinque milioni di danni ad enel"
Riportiamo da Senzacolonne.it
Brindisi – La prescrizione ha azzerato il processo: per le quattro persone che restano imputate per reati ambientali, dirigenti dell’Enel che non avrebbero provveduto ad adottare misure idonee a coprire il carbonile, il dibattimento è ricominciato ieri mattina. Tutto da rifare. A iniziare dalle richieste di costituzione di parte civile e di risarcimento dei danni: gli unici ad essere
ammessi sono stati il Comune di Brindisi e il ministero dell’Ambiente che hanno presentato il loro salatissimo conto per i danni procurati dalla dispersione delle polveri di carbone sul suolo e per le infiltrazioni nel sottosuolo. Il Comune, assistito dall’avvocato Daniela Faggiano, ha ribadito la propria richiesta: cinque milioni di euro di provvisionale come “base” per la sospensione condizionale della pena (in caso di condanna).
Il ministero dell’Ambiente, rappresentato dall’Avvocatura di Stato si è limitato a chiedere la bonifica dei luoghi o, in alternativa, il ristoro dei danni per il ripristino dello stato originario: 300 euro per ogni metro cubo. Non ha presentato istanza di costituzione di parte civile Mariano Antelmi, titolare della concessionaria Volkswagen e non è stato ammesso Riccardo Attore della ditta “Attore autotrasporti”. Si tratta di coloro che si sono rivolti per primi alla procura: le loro rivendicazioni erano riferibili alle altre cinquantatrè persone coinvolte nel processo che sono ora fuori, senza alcuna conseguenza, salvati dal trascorrere del tempo. Se la vedranno in sede civile, loro che lamentarono per primi le conseguenze provocate dalla dispersione del carbone “in quantità non meglio definite”.
(continua sull'ed. cartacea del giornale)
6 marzo 2010
Piemonte. Nuova legge su energia da combustione di biomasse forestali: un'idea folle
Documento del WWF: "Il grande inganno energetico da biomasse forestali della Regione Piemonte".
Dal Blog BeppeGrillo.it
La Regione Piemonte ha deciso di produrre il 20% del proprio fabbisogno energetico da fonti rinnovabili. Come vuol farlo? Attraverso la distruzione dei boschi. Per produrre energia saranno utilizzati ogni anno 2,2 milioni di metri cubi di legname, secondo le pazzesche norme della nuova Legge forestale regionale (L.R. 4/2009). Una legge in totale conflitto con le disposizioni di sostenibilità delle Risoluzioni approvate nelle Conferenze Ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa. La Legge Attila/Bresso è stata approvata in modo bipartisan (e come poteva essere altrimenti?) sia dal PDL che dal PDmenoelle. In pochi anni parte dei boschi del Piemonte scompariranno, sia quelli pubblici che quelli privati. Infatti, secondo un comunicato del WWF: "Attraverso il meccanismo della gestione provvisoria associativa (L.R. 4/2009, art. 18), in Piemonte il taglio del bosco oggi può venir eseguito senza darne comunicazione diretta al proprietario. Se il proprietario vuole conservare il bosco, tocca a lui rincorrere le amministrazioni che ne deliberano il taglio e opporvisi; se non fa nulla si trova il bosco tagliato! La legna gli sarà pagata al valore reale di mercato, ma chi poi la utilizzerà come biomassa ne otterrà la supervalutazione, drogata grazie ai soldi pubblici, di cui si è detto
sopra".
I boschi sono un bene prezioso e sempre più raro, la quota pro capite di boschi dal 1861, anno della nascita dell'Italia, è dimezzata. I boschi dovrebbero essere trasmessi alle generazioni future. Distruggere i boschi per produrre energia elettrica è diseconomico, oltre che criminale. Il legno infatti ha un basso contenuto energetico CE, pari a circa un quarto di quello del gasolio.
Perché la Regione Piemonte ha approvato una legge CONTRO la proprietà privata, CONTRO l'ambiente e CONTRO l'economia? Secondo il WWF: "La risposta sta in un sistema di incentivi eccessivi, che non ha eguali in altre Nazioni europee e non è accompagnato da un adeguato corollario di limitazioni. Manca la valutazione dei costi ambientali dell’attività, che dovrebbe essere, al contrario, vincolante nei processi decisionali. Ciò che ci si prepara a fare è una grossa speculazione economica, con effetti ambientali devastanti. Francesi, svizzeri e austriaci, nostri vicini lungo l’arco alpino, pur utilizzando i boschi regolarmente, non si sognano di produrre corrente elettrica da biomasse forestali, ma si limitano a sfruttare intelligentemente i residui di lavorazione del legno a fini termici. Se strapagassimo, al prezzo attuale del legname da opera, il legno che si progetta di bruciare in Piemonte in un anno, arriveremmo alla cifra di 58 milioni di euro. Nell’attuale mercato “drogato”, per utilizzare quello stesso legno e produrre energia, l’Amministrazione Pubblica verrà a spendere una cifra estremamente più elevata, che nessuno ha calcolato (o reso noto), ma di cui possiamo aver percezione se consideriamo le dichiarazioni rese dalla Regione: negli ultimi 5 anni sono stati destinati 300 milioni di euro per promuovere l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili e, entro il 2013, sono previsti investimenti nel settore che raggiungeranno il miliardo di euro. Il dato è riferito alla generalità delle fonti rinnovabili, ma considerato che la Regione vuole ottenere il 60% dell’energia da biomasse forestali, è automatico che il grosso degli investimenti vada a finire in tale comparto. Per citare solo un esempio di voce di spesa correlata, si consideri che per le pratiche forestali in Piemonte è prevista la realizzazione di 2.000 chilometri di NUOVE STRADE FORESTALI e altrettanti Km necessitano di opere di manutenzione. Sono i soldi del cittadino, che sborsa per il kWh da biomasse circa il triplo del suo valore reale e che paga gli investimenti pubblici che sostengono la cosiddetta filiera del legno attraverso vari canali e organismi competenti: FESR, FAS, Fondo Sociale, Piano di Sviluppo Rurale (che finanzia agli agricoltori le centraline) Consorzi forestali, IPLA, UNCEM, Assessorati alla montagna e foreste, ecc..".
Ci stiamo autodistruggendo in silenzio. Siamo una razza in estinzione. Chi avesse ancora cuore e voce scriva una mail alla presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso: presidente@regione.piemonte.it.
4 marzo 2010
Dedicata alle ultime disavventure di Alvaro Balloni con IdV
3 marzo 2010
6 marzo, Roma: MANIFESTAZIONE UNITARIA DEI MOVIMENTI CONTRO LE NOCIVITA´ E LE DEVASTAZIONI AMBIENTALI DEL LAZIO
Sabato 6 Marzo ore 15:00 in Piazza Santi Apostoli a Roma
COMITATI UNITI DEL LAZIO PER LA DIFESA DELLA SALUTE, DELL´AMBIENTE E L´ AUTOGOVERNO DEI NOSTRI TERRITORI. PARTECIPIAMO TUTTI/E AL PRESIDIO
Siamo donne e uomini che in questi anni hanno resistito all'aggressione dei loro territori da parte di chi vuole far profitto sulla salute e sull'ambiente. Siamo coloro che si sono opposti alla politica piegata agli interessi dei privati, quella politica che schiaccia i bisogni e le volontà delle popolazioni per favorire industriali e imprenditori che fanno profitto con lo sfruttamento della terra e dell´ambiente.
In questi ultimi anni le istituzioni comunali, regionali e nazionali hanno imposto con arroganza e autorità: centrali turbogas e a carbone, inceneritori e nuove discariche , la privatizzazione dell'acqua , mega aeroporti , mega autostrade , la TAV e come se non bastasse oggi si riparla di energia nucleare e a questo proposito
il Lazio dovrebbe ospitare alcune centrali e siti per lo stoccaggio delle scorie.
Le popolazioni locali hanno risposto a tutto questo autorganizzandosi in Comitati e lottando in prima persona contro le multinazionali che si nascondono dietro ogni grande opera: ENEL, ENI, COLARI, CALTAGIRONE, AMA, ACEA, SORGENIA, IMPREGILO, ANSALDO...
Le nostre non sono solo battaglie in difesa della nostra salute e dell'ambiente, la nostra è una lotta per restituire il potere decisionale sui territori ai cittadini che vi abitano.
Non abbiamo bisogno di nuove centrali, inceneritori, autostrade, discariche, porti, aeroporti, centrali nucleari...
I nostri territori vanno risanati da mondezza e dai veleni, vogliamo una mobilità basata sul ferro, la nostra acqua deve essere pubblica, per questo scenderemo in piazza anche il prossimo 20 Marzo.
La volontà popolare deve essere rispettata, nulla deve essere deciso sulla nostra testa.
Per tutte queste ragioni chiamiamo le reti sociali, i coordinamenti territoriali, le assemblee permanenti, i comitati di quartiere i/le tanti/e cittadini/e che in questi anni si sono mobilitati contro le scelte sbagliate della Regione Lazio ad una
MANIFESTAZIONE UNITARIA DEI MOVIMENTI
CONTRO LE NOCIVITA´
E LE DEVASTAZIONI AMBIENTALI DEL LAZIO
Sabato 6 Marzo ore 15:00 in Piazza Santi Apostoli a Roma
Assemblea permanente NO FLY Ciampino, Comitato Fiumicino Resiste NO AL PORTO, Comitato NO COKE Alto Lazio, Comitato NO CORRIDOIO ROMA-LATINA, Comitato RISANAMENTO AMBIENTALE Guidonia, Coordinamento CONTRO L'INCENERITORE d'Albano, Rete dei Cittadini NO TURBOGAS Aprilia, Rete per la TUTELA della VALLE DEL SACCO
1 marzo 2010
Ipocrisia nucleare
Da Greenpeace Italia
la “sindrome dell’ipocrita nucleare” - Sì al nucleare ma non nella mia Regione - ha contagiato diversi candidati alle prossime elezioni regionali. Ma abbiamo trovato la cura: un ritocco ai loro manifesti elettorali. E così abbiamo piazzato lungo le strade di Roma alcuni manifesti della Polverini, in tutto simili agli originali, ma con la scritta: “Sicuramente il nucleare. A Montalto di Castro e Latina (ma dopo le elezioni!)”.
Nei giorni scorsi, infatti, la candidata per la carica di governatore del Lazio ha espresso il suo appoggio ai piani nucleari del governo, ma ha dichiarato allo stesso tempo che il Lazio “non ha bisogno” di centrali nucleari.
Troppo comodo dire Sì al nucleare e poi dichiarare che la propria regione ne può fare a meno. Lo hanno fatto anche
Zaia (Veneto) e Formigoni (Lombardia). Nel Lazio la situazione è ancora più grave perché i tecnici dell'EDF hanno già fatto sopralluoghi a Montalto di Castro, che appare un sito certo del ritorno italiano al nucleare.
I cittadini hanno bisogno di risposte chiare sul nucleare e non meritano di essere presi in giro, né ora né dopo le elezioni.
Molti, come te, stanno partecipando attivamente alla nostra campagna sul sito Nuclear lifestyle . L’appello è arrivato quasi a quota 57mila e alla Nuclear Hotline sono stati inviati più di 400 messaggi contro il nucleare. Ascoltali su Radio Attiva e fai sentire anche la tua voce. Chiama subito il numero gratuito 800.864.884.
25 febbraio 2010
Turchia: esplosione e morti in miniera di carbone
Riportiamo da ANSA.IT
"Esplosione in miniera, almeno 17 morti. L'ennesima tragedia in un impianto nell'ovest del Paese
ANKARA - Almeno 17 uomini sono morti oggi nella Turchia occidentale in seguito ad una accidentale esplosione di gas metano in una delle gallerie di una miniera di carbone.
Lo hanno riferito le principali reti televisive. La tragedia ha avuto come teatro la miniera di Odakpy, situata nei pressi della città di Dursunbey. Al momento dello scoppio, avvenuto a una profondità di 250 metri, nei cunicoli c'erano una cinquantina di uomini. Stando alla rete televisiva Cnn Turk, 28 sono stati estratti vivi. Molti presentavano ustioni di varia gravità e almeno in 11 sono stati ricoverati in ospedale: cinque di loro, secondo fonti mediche, sono poi deceduti per la gravità delle ferite riportate. Secondo il governatore della provincia di Balikesir, Yilmaz Arslan, i corpi recuperati dai soccorritori sono almeno 12 e il bilancio della sciagura può essere considerato definitivo. "Posso dire che nella miniera non c'é più nessuno ancora in vita e le ricerche sono state sospese", ha dichiarato Arslan alla rete televisiva Ntv. "Alcuni uomini al momento dell'esplosione erano vicini all'uscita della miniera e non è stato difficile per loro mettersi in salvo, altri invece sono rimasti purtroppo intrappolati", ha detto all'agenzia turca Anadolu il titolare della licenza di sfruttamento dell'impianto, Erhan Otakoylu. In Turchia gli incidenti in miniera sono piuttosto frequenti a causa della carenza di misure di sicurezza negli impianti, dei macchinari spesso obsoleti e le alte concentrazioni di grisù nelle gallerie. Lo scorso 11 dicembre 19 minatori sono morti un'esplosione avvenuta in un'altra miniera di carbone nei pressi della città di Bursa, nella Turchia nord-occidentale, ad una profondità fra i 250 e i 350 metri. Nel maggio precedente un uomo perse la vita e altri due rimasero feriti in una analoga esplosione avvenuta in una località della provincia di Chernak in una miniera gestita da una compagnia privata. Nel febbraio del 2009, invece, due minatori sono morti nel crollo avvenuto in un condotto di una miniera di carbone nella provincia di Zonguldak, sulla costa del Mar Nero. Più indietro nel tempo, nel giugno 2006, 17 minatori morirono nel crollo di una galleria in una miniera di carbone di Odakoy nella provincia di Balikesir, mentre nell'aprile del 2005, 17 minatori ed un ingegnere restarono uccisi per un'esplosione in una miniera a Gediz, nella Turchia occidentale. Ma la più grave tragedia di tutti i tempi in una miniera di carbone turca avvenne a Kozlu il 4 marzo 1992, quando ben 263 uomini persero la vita.
USA, moratoria de facto sul carbone. "Energia del passato"
Riportiamo da Greenreport.it
Questo intervento ci è stato inviato dall'Earth policy institute di cui Lester Brown è presidente Lester Brown
WASHINGTON. Gli ultimi due anni hanno visto l'emergere di un forte movimento contrario alla costruzione di nuove centrali elettriche a carbone negli Stati Uniti. Inizialmente guidato da gruppi ambientalisti, sia a livello nazionale che locale, da allora il movimento è stato affiancato da importanti leader politici nazionali e molti governatori statali. Il motivo principale per contrastare le centrali a carbone è che stanno cambiando il clima della terra. Vi è anche l'effetto delle emissioni di mercurio sulla salute e 23.600 decessi ogni anno negli Usa dalle emissioni dell'industria dell'energia.
Negli ultimi anni l'industria del carbone ha sofferto una battuta d'arresto dopo
l'altra. Il Sierra Club, che ha mantenuto un conteggio delle proposte di centrali elettriche a carbone e dei loro destini a partire dal 2000, riferisce che 123 impianti sono stati sconfitti, con altri 51 davanti al giudice. Dei 231 impianti monitorati, solo 25 hanno attualmente la possibilità di ottenere i permessi necessari per iniziare la costruzione e, eventualmente, partire. Costruire di un impianto a carbone potrebbe presto essere impossibile.
Quello che era iniziato come una forma di resistenza locale all'energia a carbone si trasformò rapidamente in un'onda nazionale di opposizione popolare per l'ambiente, la salute, la terra, e le organizzazioni della comunità. Nonostante una campagna fortemente finanziata di annunci per promuovere il cosiddetto carbone pulito (che ricorda uno degli sforzi precedenti dell'industria del tabacco per convincere la gente che le sigarette non erano insalubri), il pubblico americano si sta muovendo contro il carbone.
Una delle prime battute d'arresto della grande industria è venuto agli inizi del 2007 quando una coalizione guidata dalla Environmental defense fund ha preso di mira il piano della Texas Pacific della Txu per 11 nuove centrali elettriche. Una repentina caduta nel prezzo dell'utility stock causato dalla tempesta mediatica spinse a $ 45 miliardi l'offerta di buyout da parte di due società di private equity.
Così, solo dopo aver negoziato un cessate il fuoco con EDF e il Natural resources defense council e la riduzione del numero di impianti proposto da 11 a 3, preservando in tal modo il valore della società, le aziende hanno potuto procedere all'acquisto. E 'stata una vittoria importante per la comunità ambientalista, che raccolse il sostegno pubblico necessario per arrestare 8 impianti a titolo definitivo e di imporre regole più severe per i restanti 3.
Nel frattempo, l'attenzione in Texas si è spostato verso le sue vaste risorse eoliche, spinto avanti della California nella generazione elettrica dal vento.
Nel maggio 2007, la Florida Public Service Commission ha rifiutato di dare il via libera a un investimento di $ 5,7 miliardi, una centrale a carbone da 1.960 megawatt perché non è stato possibile dimostrare che la realizzazione dell'impianto sarebbe stato più conveniente che investire nella conservazione, l'efficienza e le fonti di energia rinnovabili. Questo punto, portato a casa dalla Earthjustice,organizzazione giuridica ambientalista senza scopo di lucro, combinata con una forte opposizione dell'opinione pubblica a qualsiasi nuova centrale a carbone in Florida, hanno portato al ritiro di quattro proposte di altri impianti di carbone nello stato.
Anche il futuro del carbone è in sofferenza come dimostra il fatto che Wall Street gli ha girato le spalle. Nel luglio 2007, Citigroup ha declassato le azioni della società di carbone su tutta la linea e ha raccomandato ai suoi clienti di passare ad altre scorte energetiche. Nel gennaio 2008, anche Merrill Lynch ha declassato le riserve di carbone. Ai primi di febbraio 2008, le banche di investimento Morgan Stanley, Citi e JP Morgan Chase hanno annunciato che qualsiasi prestito futuro per impianti a carbone sarebbero stati valutati sulla dimostrazione che queste centrali sono economicamente sostenibili rispetto anche ai costi più elevati associati alle future restrizioni federali sulla emissioni di carbonio. Nello stesso mese, Bank of America ha annunciato di voler seguire lo stesso esempio.
Nell'agosto 2007, il carbone ha preso un colpo pesante dalla politica degli Stati Uniti, quando il leader della maggioranza al Senato Harry Reid del Nevada, che aveva combattuto contro la costruzione di tre centrali a carbone nel proprio stato, annunciò di essere contro la costruzione di centrali a carbone in tutto il mondo. Anche l'ex vice presidente Al Gore ha espresso forte opposizione alla costruzione di centrali a carbone. Così come molti governatori degli stati, compresi quelli di California, Florida, Michigan, Washington e Wisconsin.
Nel 2009 nel suo discorso sullo State of the State address, il governatore del Michigan Jennifer Granholm ha sostenuto che lo Stato non dovrebbe importare carbone dal Montana e dal Wyoming, ma piuttosto investire in tecnologie per migliorare l'efficienza energetica e sfruttare le risorse rinnovabili del Michigan, tra cui il vento e il sole. Questo, ha detto, creerà migliaia di posti di lavoro nello Stato, aiutando a compensare quelli persi nel settore automobilistico.
Uno degli oneri irrisolti che infestano il settore del carbone, oltre alle emissioni di CO2, è il "che fare" con le ceneri, quello cioè che resta della combustione del carbone e che si sta accumulando in 194 discariche e 161 laghetti in 47 Stati. Questa cenere non è un materiale facile da smaltire in quanto contengono arsenico, piombo, mercurio, e molti altri materiali tossici. Questo sporco segreto è diventato di pubblico dominio poco prima del Natale 2008 quando il muro di contenimento delle ceneri di carbone nel Tennessee orientale è crollato, rilasciando un miliardo di litri di materiali tossici.
Purtroppo l'industria non ha un piano per lo smaltimento in sicurezza dei 130 milioni di tonnellate di ceneri prodotte ogni anno, abbastanza per riempire 1 milione di vagoni ferroviari. I pericoli sono tali che il Department of homeland security ha cercato di mettere 44 delle strutture più vulnerabili di stoccaggio in un elenco classificato per non cadere nelle mani dei terroristi. La fuoriuscita di ceneri di carbone tossici in Tennessee ha conficcato un altro chiodo nel coperchio della bara dell'industria carboniera.
Nell'aprile 2009, il presidente della potente US Federal energy regulatory commission, Wellinghoff Jon, ha osservato che gli Stati Uniti non hanno più bisogno di più centrali a carbone o nucleari. Regolatori, banche di investimento, e leader politici stanno iniziando a vedere ciò che è ovvio da qualche tempo agli scienziati del clima come quello della NASA James Hansen, che dice che non ha senso costruire centrali a carbone quando dovremmo demolirle tra pochi anni.
Nell'aprile 2007, la Corte suprema americana ha stabilito che la Environmental protection agency (EPA) è autorizzata e tenuta a regolamentare le emissioni di CO2 nell'ambito del Clean air act. Questa decisione spartiacque ha spinto l‘Environmental appeals board dell'Epa nel novembre del 2008 a concludere che è l'ufficio Epa regionale che deve rubricare le emissioni di CO2 prima di rilasciare permessi di inquinamento atmosferico per una nuova centrale elettrica a carbone. Questo non solo mette un freno ai piani in questione, ma anche costituisce un precedente, interrompendo i permessi per tutti gli altri impianti a carbone proposti negli Stati Uniti. Agendo sulla stessa decisione della Corte Suprema, nel dicembre 2009, l'EPA ha emesso un accertamento finale di danneggiamento a conferma che le emissioni di CO2 minacciano la salute umana e il benessere e devono essere regolamentate, paralizzando così ovunque ogni nuovo piano per impianti a carbone.
Il punto è che gli Stati Uniti ora, in effetti, hanno fatto una moratoria de facto sulla costruzione di nuove centrali a carbone. Ciò ha portato il Sierra Club, il leader nazionale su questo tema, a inserire nella sua campagna per ridurre le emissioni di carbonio la chiusura degli impianti esistenti.
Visto l'enorme potenziale per la riduzione dell'uso di energia elettrica negli Stati Uniti, passando per l'illuminazione più efficiente e pertinente, per esempio, questa strada può essere molto più facile di quanto sembri. Se il livello di efficienza degli altri 49 Stati fossero portate a quella di New York, l'energia più efficiente dello stato, l'energia risparmiata sarebbe sufficiente a chiudere l'80 per cento delle centrali elettriche a carbone del paese. I pochi impianti rimanenti potrebbero chiudere riconvertendosi a energie rinnovabili, impianti eolici, impianti solari termici, celle solari sul tetto, geotermia per produrre energia e calore.
La fine ormai è scritta. Con il rischio che pochissime, forse nessuna, nuova centrale elettriche sarà approvato negli Stati Uniti, questa moratoria de facto invierà un messaggio al mondo. Danimarca e Nuova Zelanda hanno già vietato nuove centrali a carbone. Altri paesi potrebbero unirsi a questo sforzo per ridurre le emissioni di carbonio. Anche la Cina, che stava costruendo una centrale a carbone alla settimana, si sta portando avanti con lo sviluppo delle energie rinnovabili e presto supererà gli Stati Uniti nella generazione di energia dal vento. Questi e altri sviluppi suggeriscono che l'obiettivo del Piano B di ridurre le emissioni di carbonio al netto dell'80% entro il 2020 potrebbe essere molto più raggiungibile di quanto si pensasse.