No al carbone Alto Lazio

21 settembre 2010

I costi del carbone a Vado

Il Fatto Quotidiano si occupa del progetto di ampliamento della centrale a carbone di Vado Ligure (Savona), riportiamo l'articolo:

“La centrale a carbone di Vado Ligure costerà 142 milioni di euro e oltre tremila morti”

“Costi sociali per 142 milioni di euro e 3.380 morti premature in 30 anni di funzionamento del sito”. E’ da brivido la denuncia dei medici Virginio Fadda (biologo) e Agostino Torcello (pneumologo), dell’associazione ambientalista Moda di Savona. Secondo Moda se la regione Liguria nei prossimi giorni deciderà di dare il via libera all’ampliamento della centrale a carbone Tirreno Power di Vado Ligure (Savona), controllata dalla Sorgenia di Carlo De Benedetti, i cittadini pagheranno un prezzo altissimo. Il loro studio si aggiunge alle polemiche nate nel mese di agosto: dieci domande scomode che personalità della cultura, della medicina e della politica, insieme a comitati savonesi e comuni avevano rivolto all’editore di Repubblica.

Ma quali dati si basa l’apocalittica previsione dei comitati ambientalisti? Il Moda ha paragonato le emissioni della Tirreno Power con quelle della centrale a carbone di Sempra Twin Oaks 3 in Texas (Stati Uniti) e ha fatto la stima sulla base di uno studio condotto dal Public citizens Texas office and the Sustainable energy and economic development coalition. Dal canto suo Tirreno Power replica in maniera netta: “Sono affermazioni alle quali non possiamo rispondere perchè analoghe ad un contesto diverso. Sono posizioni assolutamente estremiste al limite del procurato allarme e non sono da prendere in considerazione. Noi rispondiamo con i nostri dati ambientali perchè una centrale esercita la propria attività all’interno di un contesto normativo stringente”

“Non sono una nostra invenzione questi numeri”, spiegano Fadda e Torcello. “Le nostre stime sono state fatte attraverso i parametri della Commissione Extern dell’Unione Europea in base alla produzione media di emissioni degli ultimi anni e anche per la mortalità le stime sono prudenti perchè viene considerata una zona del Texas con una popolazione notevolmente inferiore a quella di Savona”. Per le associazioni ambientaliste è questo il motivo che spiega il basso prezzo del carbone: costa poco finchè non si considerano tutti i costi esterni.

E con gli stessi parametri l’associazione ha calcolato anche i costi totali in rapporto alla emissioni: 36,5 milioni di euro all’anno per danni alla salute, alle coltivazioni, alle cose e 106 per i cambiamenti climatici, per un conto da oltre 142 milioni di euro. Numeri che stabiliscono una relazione tra l’uso del carbone per generare energia e il suo impatto sulla salute. Perchè qui nei centri abitati più vicini alla centrale il tasso di mortalità aumenta con la vicinanza all’impianto. Sotto esame le patologie come ictus, cancro ai polmoni, alle corde vocali e infarti che superano pericolosamente la media nazionale. Questi sono i dati correlati alle dieci domande rimbalzate in rete e sui giornali locali.

I documenti e gli studi raccolti da biologi e medici dei comitati Moda, Uniti per la salute e dall’Ordine dei medici di Savona descrivono un territorio compromesso dal punto di vista ambientale e della salute pubblica e lasciano molti dubbi sulla volontà della proprietà di investire e ridurre l’inquinamento.

E stabiliscono una correlazione tra le sostanze emesse in atmosfera, come ossidi di azoto e anidride solforosa, e le morti causate. Perchè per tutti i cittadini locali la centrale è un incubo ricorrente perchè responsabile di emissioni che provocano gravi danni alla salute. E la nuova unità alimentata a carbone da 480 Megawatt è altra benzina sul fuoco delle polemiche per abitanti che vivono a poche centinaia di metri dalle ciminiere.

“E’ assodato che l’inquinamento da centrale a carbone produce sempre malattie e morti- commenta Paolo Franceschi, pneumologo ed esperto di salute e ambiente per l’Ordine dei medici di Savona -. E l’incidenza di tumori alle corde vocali, al polmone, alla vescica e altre patologie vascolari, aumentano drammaticamente quanto più ci si avvicina ad una di queste centrali”.

Gli effetti sulla salute ricadono principalmente su cittadini che risiedono entro i 50 chilometri da un sito alimentato a carbone.

Nel periodo 1999-2004 il tasso standardizzato di mortalità per tumori all’anno è maggiore nella provicia savonese: 273 decessi (uomini) ogni centomila abitanti contro i 240 della media nazionale. Le aree in cui la mortalità per tumore è aumentata corrispondono a quelle maggiormente inquinate con picchi per i maschi a Quiliano (287.8) e Vado Ligure (326.9), i due comuni più vicini alla centrale. Ancora maggiore la discrepanza tra i dati nazionali e la provincia di Savona per la popolazione femminile: rispettivamente 140 e 199. E sempre a Vado si arriva addirittura a 211.9. Anche gli ictus sono aumentati rispetto alla media regionale con un eccesso di mortalità standardizzata del 36,8% fra i maschi e del 22,6% tra le femmine.

Ma c’è di più. Franceschi è anche il medico che ha redatto la perizia (commissionata dal Comune di Spotorno) per il progetto di ampliamento della centrale di Vado dal punto di vista degli “aspetti sanitari e ambientali correlari alla salute umana”.

Un dubbio è condiviso da medici ed ambientalisti: per risparmiare si apportano solo miglioramenti marginali per l’uso di un combustibile che appartiene alla storia dell’800. Nella perizia si sottolinea che Tirreno Power nel calcolo delle emissioni non prende in considerazione l’inquinamento da polveri sottili secondarie, che costituiscono la stragrande maggioranza delle pericolose Pm 2.5 (particolato fine considerato una delle sostanze più pericolose per i polmoni).

I dati della perizia raccontano una versione precisa: contando anche le polveri sottili secondarie si avrebbe una maggiore emissione, rispetto a quelle dichiarate, del 3000 per cento passando da 158 tonnellate all’anno a 4876.

Da parte di Tirreno Power però nessun dubbio: si avanti con il progetto. E dopo l’ok del Ministero dell’Ambiente all’ampliamento ora il pallino è in mano alla Regione Liguria che nei prossimi giorni esprimerà il suo parere.

“Non abbiamo risposto alle domande – dichiara Tirreno Power – perchè sono domande a cui non è possibile rispondere”. La linea è dialogare con le istituzioni perchè c’è la disponibilità di investire 150 milioni di euro per interventi di miglioramento e aumento della potenza prodotta nell’impianto. Ma ad una condizione: “Vogliamo un ritorno economico” dichiara la proprietà.

di Curzio Rosso

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18 settembre 2010

L'autorizzazione a un sito energetico si decide tra poteri forti

Fonte: "Tatò al processo: “Berlusconi promise a Blair via libera al rigassificatore”" via No al carbone Brindisi

"BRINDISI – Il primo ministro inglese Blair voleva che si facesse il rigassificatore a Brindisi e il presidente del consiglio Berlusconi si era impegnato personalmente a che la richiesta del collega inglese andasse a buon fine. L’ha detto nella tarda mattinata odierna Francesco Tatò, amministratore delegato dell’Enel (voluto da Romano Prodi) dal 1996 al 2002, deponendo in qualità di testimone nel processo per le mazzette pagate dalla British Gas per realizzare in fretta e furia, senza la Valutazione di impatto ambientale, il rigassificatore a Capo Bianco, nel porto esterno di Brindisi.

Tatò ha fatto queste affermazioni rispondendo alle domande del sostituto procuratore Giuseppe De Nozza, pubblica accusa nel processo che si sta svolgendo dinanzi al collegio presieduto da Giuseppe Licci. A Fare queste rivelazioni a Tatò fu l’allora ambasciatore inglese in Italia. Tatò ha ricordato che, stando a quanto gli aveva riferito l’ambasciatore, Berlusconi aveva garantito che non ci sarebbero stati ostacoli nel realizzare a Brindisi l’impianto. “Era un pensiero strettamente personale – ha commentato Tatò –: io ritenevo che fare il rigassificatore a Brindisi fosse un’assurdità perché nel territorio c’erano già due centrali a carbone e un petrolchimico”.

L’interrogatorio è proseguito sui contatti tra Enel e British Gas, unite poi nella costituzione e nella partnership in Brindisi Lng. “Durante la mia presidenza all’Enel – ha ricordato – fu avviato solo un primo contatto. Dissi ai vertici di British Gas che Enel sarebbe stata disponibile a rinunciare al progetto di rigassificatore da realizzare a Taranto a patto che la Bg avesse favorito l’Enel nella distribuzione del gas in Inghilterra”. Ma su questo fronte, stando a quanto riferito da Tatò, la British Gas nicchiò, quasi non volesse prendere impegni.

L’onere economico dell’Enel per l’operazione rigassificatore a Brindisi fu enorme. Non ha fatto cifre. Ha detto: “Dovete pensare che il costo fu pari ai costi per la progettazione dei rigassificatori a Taranto, Trieste e Savona”. Nulla, invece, ha potuto dire Tatò sui motivi che hanno successivamente portato l’Enel a scendere dalla barca del rigassificatore a Brindisi.

Subito dopo Tatò è stato sentito Lorenzo Bronzi, amministratore delegato di Enel Ftl e direttore generale di Enel Trade. Lui sottoscrisse l’accordo con la multinazionale inglese. Al tribunale, rispondendo alla domanda del pm, ha detto: “L’Enel valutò i pro ed i contro. I contro di questa iniziativa erano il rischio che l’arrivo del metano in prossimità della centrale di Cerano costringesse l’Enel ad approvvigionarsi con questo combustibile, aggravando i costi per l’azienda avendo la necessità di procedere alle modifiche del ciclo produttivo. Ritenevamo che i brindisini ci avrebbero chiesto l’utilizzo del metano al posto del carbone. Io lo evidenziai assieme ad altri di cui non ricordo i nomi”. Nel 2004 l’Enel abbandonò il progetto. Come mai? ha chiesto De Nozza. “Non lo so – ha risposto -, ma posso immaginare che sia accaduto a seguito delle grane che si sono sviluppate a livello locale”.

Ennio Fano, responsabile delle Politiche ambientali dell’Enel, in proposito a spiegato: “L’interesse venne meno nell’inverno del 2002. Rammento che in quei mesi sollecitai altri incontri, conferenze di servizio, interventi necessari all’iter, interloquendo con Gilberto Dialuce del ministero delle Attività produttive. Ricevetti solo rinvii perché sosteneva che la Regione Puglia non dava la disponibilità ad una data per gli incontri”.

Massimo Romano, altro dirigente Enel, ha spiegato il motivo per cui la sua azienda, che aveva in progetto la realizzazione di un rigassificatore a Taranto, si spostò su Brindisi. “In particolare la Regione Puglia ebbe a rappresentarci che c’era una preferenza per Brindisi. Credo per motivi tecnici ma anche per volere delle istituzioni locali”. Ed a proposito della Regione Puglia ha detto: “L’interesse a farlo a Brindisi era del presidente della Regione, Raffaele Fitto”. L’udienza è stata aggiornata all’8 ottobre.Oltre ad Antonino sono imputati Franco Fassio, ex consigliere e amministratore delegato della Bg, Luca Scagliarini (all’epoca uomo ombra di Antonino, poi hanno litigato e le strade si sono divise), Fabio Fontana, Gianluca Rabitti, Antonio Manca, Mario Lorenzo Ravedati, Donato Caiulo, Alfonso Gallo, Armando de Azevedo Henriques, Giorgio Battistini, Stephen John Ricketts, David James Robottom e Gilberto Dialuce.

Già chiusa per prescrizione, invece, la posizione di Yvonne Barton, nativa di Manchester, tra il 1998 e il 2003 a capo della British Gas poi diventata Brindisi Lng, principale imputato in questo processo in quanto sarebbe stata lei a pagare la maggior parte delle mazzette ad Antonino. La posizione della Barton per un difetto procedurale, era stata stralciate e non è mai arrivata dinanzi al collegio. Il gup Valerio Fracassi dichiarò prescritti i reati contestati poiché arrivavano al 2002, per cui i sette anni e mezzo per la prescrizione erano già maturati. Parti civili sono costituiti il Comune di Brindisi, la Provincia, la Regione Puglia, Italia Nostra, Wwf, Legambiente e l’Autorità portuale.

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17 settembre 2010

CCS, crociata criminale in arrivo. A nostre spese, naturalmente.

AMBIENTE: WEC-AIEE-AIDIC,IL 25 CONVEGNO SU CATTURA/STOCCAGGIO CO2

L'attuale modello di sviluppo ci sta mettendo in guai seri, ma il potere che lo controlla non vuol demordere, e prepara colpi di coda dal potenziale devastante.

I costi di questo modello sono troppo alti, l'unico modo per invertire la deriva autodistruttiva in cui ci siamo cacciati è CAMBIARE RADICALMENTE il modello. Le CCS sono una (costosissima) trovata per lasciare tutto invariato e continuare a inquinare come e peggio di come s'è fatto finora, a sprecare quanto e peggio s'è già fatto.

I giganti dei business inquinanti vogliono restare aggrappati ai loro affari. Per farlo, nell'atmosfera di emergenza ecologica che si respira ovunque, c'è bisogno di ridurre la (mai sufficiente) diffidenza del pubblico, e su questo piano le CCS sembrano promettenti: infiliamo la Co2 sotto il tappeto.

Per proporle però sarà necessario sviare l'attenzione dai rischi che comportano. Come? Mediante ben affilate menzogne, martellare l'opinione pubblica con seducenti facili slogan corruttori. Arriveranno volti nuovi di salvatori del pianeta a spazzar via la nera polvere sotto il tappeto degli oceani, sotto la crosta terrestre, con la benedizione dei vecchi ora redenti. Parleranno su ogni media gli ex ambientalisti alla Chicco Testa, saranno assoldati più che ingegneri, gli esperti di comunicazione a scriverne i canovacci.

Resta fortunatamente un problema di proporzioni enormi a ostacolare questa soluzione: i costi economici delle CCS. Sono talmente grandi che, se riusciremo a evitare un ipotetica tassa mascherata europea ad esse dedicata, probabilmente non si faranno mai.

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Il futuro energetico europeo in "EU energy trends to 2030"

Fonte: Rinnovabili.it

La Commissione europea pubblica EU energy trends to 2030, documento che racchiude gli scenari energetici del futuro europeo annunciando 333 GW di nuova capacità elettrica tra il 2011 e il 2020, di cui 136 GW di eolico equivalenti al 41% delle nuove istallazioni.
Nel particolare la Commissione ha previsto che il 64% della nuova capacità proverrà dallo sfruttamento di fonti rinnovabili, il 17% dal gas, il 12% dal carbone, il 4% dal nucleare e il 3% dal petrolio. Lo scenario descritto annuncia che l’eolico produrrà il 14% del totale dell’energia generata nel continente entro il 2020, contro l’attuale 5%. “La Commissione europea è consapevole che l’energia eolica avrà un ruolo molto significativo nel sistema elettrico europeo entro il 2020, in linea con la realtà attuale del mercato, la legislazione dell’UE e le aspettative del settore,” ha dichiarato Christian Kjaer, Chief Executive Officer di European Wind Energy Association (EWEA). “Significa che l’energia eolica fornirà energia elettrica per l’equivalente di 120 milioni di famiglie nell’UE entro il 2020”.
La Commissione si aspetta dunque che il vento, sia offshore che on-shore, dominerà il mercato energetico spingendo il proprio ruolo di primatista fino al 2030, seguito dall’energia idroelettrica e dalla biomassa determinando una sostanziale contrazione della generazione di energia da carburanti fossili: la quota del gas diminuirà del 17,8% mentre il carbone e gli altri combustibili scenderanno fino al 21%.

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16 settembre 2010

Carbone sporco da morire: migliaia di vittime, costi enormi


Riportiamo da ecologiae.it

"Un esempio perfetto di quanto il costo dell’energia elettrica proveniente dai combustibili fossili non è pienamente rappresentato dal prezzo lo possiamo ottenere dal nuovo rapporto della Clean Air Task Force americana, dal quale si evince che le particelle di inquinamento dal carbone esistenti nei cieli degli Stati Uniti potrebbero causare circa 13.200 morti premature nel 2010, per non parlare dei circa 9.700 ricoveri e dei 20.000 attacchi di cuore.
I dati sulla mortalità stimati per il 2010 vedono la Pennsylvania “vantare” un poco invidiabile primato come nazione con il maggior numero di vittime per l’inquinamento con 1.359 persone probabilmente uccise, 1.016 persone ricoverate, e 2.298 che hanno subìto attacchi di cuore collegati all’aria sporca. L’Ohio arriva secondo con 1.221 morti premature, lo Stato di New York terzo con 945 morti da inquinamento da carbone.
Il rapporto rileva che:
Il valore monetizzato totale di questi impatti negativi per la salute ammonta a oltre 100 miliardi di dollari l’anno. Tale onere non è distribuito uniformemente in tutta la popolazione. Gli impatti negativi sono particolarmente gravi per gli anziani, i bambini, e quelli con altri problemi di salute. Inoltre i poveri, le minoranze e le persone che vivono in zone sottovento delle centrali elettriche rischiano di essere eccessivamente esposti ai rischi per la salute e dei costi di l’inquinamento delle polveri sottili.
Anche se questi numeri sembrano terrificanti, si può tirare un “sospiro di sollievo” in quanto la situazione è migliorata rispetto al passato. Nell’ultima versione di questo studio, svolto nel 2004, è stato stimato che l’inquinamento da carbone avrebbe causato circa 24.000 morti premature ogni anno (secondo i dati del Washington Independent). Quasi il doppio rispetto ad oggi.
Gli autori hanno citato l’azione EPA nel 2005 nel quadro del Clean Air Interstate Rule come fattore fondamentale nella mortalità in declino. Anche se il CAIR è stato abrogato dalla corte federale nel 2008, i requisiti di riduzione dell’inquinamento rimangono in vigore ancora oggi, ed altre regole ancora più ferree sono previste per il futuro.

L’inquinamento da carbone negli Stati Uniti è solo il fattore più pesante dell’inquinamento atmosferico industriale, ma di certo non l’unico. Anche se con un numero molto ridotto, secondo il rapporto le emissioni di anidride solforosa e di ossidi di azoto delle centrali elettriche
continuano a richiedere significativi dazi sulla salute e la longevità di milioni di americani.
Nel complesso, afferma il rapporto
tra tutte le fonti di inquinamento atmosferico industriale, nessuna pone maggiori rischi per la salute umana e l’ambiente quanto le centrali elettriche a carbone.
Una relazione simile fatta l’anno scorso per valutare i costi sanitari e ambientali delle 400 centrali elettriche a carbone della nazione ha stimato che i costi nascosti della combustione del carbone ammontassero a circa 62 miliardi di dollari (48 miliardi di euro) l’anno.

Fonte: [Treehugger]"

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Sì al bosco di 40 ettari nell’area attigua alla centrale di Torrevaldaliga Nord (Civitavecchia)


Nella giornata di ieri presso l’aula Calamatta del comune di Civitavecchia si è tenuta la conferenza stampa, indetta dal Forum Ambientalista e dal Comitato NaturalMente, per presentare la petizione popolare Sì alla realizzazione del bosco di 40 ettari nelle aree attigue alla Centrale di Torrevaldaliga Nord

Puoi stampare, firmare e far firmare il modulo, SCARICALO QUI
Contattaci QUI per far pervenire i moduli firmati ai promotori.

Esiste inoltre a questo indirizzo www.firmiamo.it/boscocivitavecchia una versione online della petizione, che tuttavia non ha valore legale ma simbolico.


Segue il testo della petizione:

PREMESSO

che nel decreto MAP n° 55/02/2003 del 24 dicembre 2003, con il quale è stata autorizzata la riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord, è fatto obbligo ad ENEL, quale opera compensativa, di provvedere alla realizzazione di un’area boscata dell’estensione di circa 40 h denominata “Parco dei Serbatoi”;

che nel parere di Valutazione di Impatto Ambientale 680/2003, costituente parte integrante del citato Decreto autorizzativo, viene stabilito che le prescrizioni andavano ottemperate con “modalità atte ad anticipare almeno parte della loro realizzazione prima della chiusura del cantiere della centrale “;

che ad oggi, nonostante si stia andando verso la chiusura del cantiere e la messa in esercizio a regime dell’intera centrale, non risulta che si sia in alcun modo proceduto alla realizzazione di detto parco;

che anzi l’area individuata per detta realizzazione risulta interessata da un inquietante accumulo di rifiuti sul quale la Procura della Repubblica ha avviato un inchiesta;

che nell’“Accordo disciplinante i reciproci rapporti tra l’Amministrazione Comunale di Civitavecchia ed ENEL produzione spa” stipulato in data 14 aprile 2008 all’art. VIII è riportato che “in adesione alla richiesta del Comune, Enel, previa autorizzazione delle competenti autorità, ivi inclusa quella del Ministero dell’Ambiente, si dichiara disponibile a realizzare l’area di verde pubblico, prevista originariamente in prossimità della Centrale, in altri siti indicati dal Comune …”;

che con nota 49383 del 21/09/09 Il Sindaco di Civitavecchia, Gianni Moscherini, ha rinnovato la richiesta “di soprassedere alla realizzazione di quanto previsto dal progetto relativo alle opere compensative già approvato (il Parco dei Serbatoi nds), facendo presente la volontà dello scrivente Comune di farsi carico dell’individuazione di una soluzione alternativa, finanziabile con il contributo ENEL, da sottoporre a nuova approvazione delle amministrazione in indirizzo.”


CONSIDERATO

che le aree a verde rappresentano, per ogni città, una necessità fisiologica per la rigenerazione dell’atmosfera e del terreno ed un fattore di grande importanza per la vivibilità dell’ambiente urbano;

che a Civitavecchia la dotazione pro capite di verde urbano è ben al di sotto del valore guida di 8 m2/ab indicato dalla normativa vigente;

che le aree verdi sono indispensabili fattori di equilibrio ecologico poiché svolgono diverse funzioni tra le quali preme qui rilevare:
• la produzione di ossigeno attraverso la fotosintesi clorofilliana;
• il contenimento dell’inquinamento atmosferico, in particolare quello dovuto al particolarato fine;
• il contenimento dell’inquinamento acustico (le barriere vegetali costituiscono un’efficace difesa contro il rumore provocato da varie fonti;

che la realizzazione del cosiddetto “Parco dei Serbatoi” trova la sua ragione, peraltro, proprio nella mitigazione dei gravi effetti ambientali della riconversione a carbone sul territorio, infatti, nel decreto di Valutazione di impatto Ambientale 680/2003 dopo aver chiarito che l’intervento prescritto consiste in “un’area a parco caratterizzata dalla presenza di ampie radure intervallate da fitti insiemi boschivi, caratteristici del paesaggio costiero circostante” viene specificato che la realizzazione del parco comporterà, relativamente alla componente ambientale suolo e sottosuolo, “un miglioramento in quanto l’area occupata dalla centrale diminuirà, a fronte dello smantellamento di gran parte del parco serbatoi, di circa 119.000 m2” e che, quindi, “può effettivamente contribuire a migliorare la percezione dell’impianto, rendendolo meno estraneo alla città”;

che, inoltre, un ettaro di bosco è in grado di neutralizzare, mediamente, almeno 6 tonnellate di CO2 (ovvero anidride carbonica, gas serra primo responsabile del riscaldamento globale) in un anno;

che 40 ettari di bosco comporteranno, quindi, la neutralizzazione di almeno 240 tonnellate annue di CO2, quota che, seppure minimale, comporta comunque un effetto di mitigazione alle oltre 10 milioni di tonnellate annue di anidride carbonica che la centrale di Torrevaldaliga Nord immetterà nella nostra aria;

che sono sempre più frequenti le proteste dei cittadini per il rumore sordo e continuo proveniente dalla Centrale di Torrevaldaliga Nord;

che gli alberi da alto fusto quali quelli previsti nel progetto presentato in ottemperanza alla citata prescrizione, avrebbero, come già sopra specificato, un sicuro effetto di contenimento dell’inquinamento acustico;

che anche il Ministero dell’Ambiente ha più volte sottolineato l'importanza di ottemperare alle prescrizioni previste negli atti autorizzativi con particolare riferimento proprio al “Parco Dei Serbatoi”;

che la stessa ENEL nei propri documenti, anche successivi alla firma dell’accordo con il Comune di Civitavecchia, al fine di evidenziare lo sforzo di rendere ” ambientalmente compatibile” la riconversione a carbone della Centrale di Torrevaldaliga Nord con il territorio circostante, afferma più volte che “L’area liberata dai serbatoi sarà bonificata e recuperata a verde.”;


I SOTTOSCRITTI CITTADINI


-ESPRIMONO

il più totale dissenso alla richiesta del Sindaco Moscherini di soprassedere dalla realizzazione di un area boscata in area limitrofa alla centrale di Torrevaldaliga Nord


-CHIEDONO

alle Autorità in indirizzo di

non “soprassedere” alla prescrizione in questione ed anzi di intervenire su ENEL Produzione S.p.a.

affinché si proceda, come previsto nel Decreto di Valutazione di Impatto Ambientale e nel Decreto di autorizzazione all’esercizio della centrale di Torrevaldaliga Nord, ad ottemperare alle prescrizioni prima della chiusura del cantiere della centrale e, quindi, a realizzare in tempi brevi l’area boscata di circa 40 h nell’area adiacente alla centrale precedentemente occupata dai serbatoi.

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14 settembre 2010

Nuovo aeroporto a Viterbo, un inutile scempio

Comunicato dall'associazione “Respirare”

"Il mega aeroporto è un oltraggio al pudore"
Ne avessero certi pubblici amministratori della lobby del mega-aeroporto fuorilegge, non persevererebbero oltre nello scellerato intento di devastare l’area naturalistica, archeologica e termale del Bullicame ed avvelenare la popolazione viterbese. E tuttavia perseverano.
Sarà allora opportuno ricordare ancora una volta a loro e a tutti quale sarebbe l’esito di tale dissennato, immorale ed illecito agire.
La realizzazione del mega-aeroporto nel cuore dell’area del Bulicame avrebbe come immediate e disastrose conseguenze: lo scempio dell’area del Bulicame e dei beni ambientali e culturali che vi si trovano; la devastazione dell’agricoltura della zona circostante; l’impedimento alla valorizzazione terapeutica e sociale delle risorse termali; un pesantissimo inquinamento chimico, acustico ed elettromagnetico di grave nocumento per la salute e la qualità della vita della popolazione locale (l’area è peraltro nei pressi di popolosi quartieri della città; il collasso della rete infrastrutturale dell’Alto Lazio, territorio già gravato da pesanti servitù;uno sperpero colossale di soldi pubblici; una flagrante violazione di leggi italiane ed europee e dei vincoli di salvaguardia presenti nel territorio.
Quell’area va tutelata nel modo più adeguato: istituendovi un parco naturalistico, archeologico e termale; e fin d’ora respingendo ogni operazione speculativa, inquinante, devastatrice, illecita.
Ed a certi pubblici amministratori della lobby del mega-aeroporto fuorilegge, distruttivo e nocivo, occorrerà ricordare una volta di più che del loro operato verrà il giorno che dovranno rendere conto. E non solo per oltraggio al pudore.

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Nocoke, la lotta contro il carbone nell'Alto Lazio narrata per immagini

Abbiamo creato una sezione MEDIA che contiene numerose testimonianze fotografiche di iniziative e manifestazioni che i cittadini dell'Alto Lazio hanno realizzato per difendere il territorio dalla riconversione a carbone di TVN Torrevaldaliga Nord (Civitavecchia), un ecomostro che avrebbe dovuto essere completamente dismesso dopo averci inquinato per decenni.

L'archivio forografico da cui abbiamo attinto le immagini delle mobilitazioni riguarda il periodo compreso dal 2006 ad oggi. Per quanti avessero altre foto signficative da condividere, l'invito è a contattarci.

NB: non si tratta di una retrospettiva su un percorso concluso: troverete sempre nuove testimonianze del cammino che va avanti, poiché il nostro impegno proseguirà finché in italia si brucerà carbone a scopo energetico.

NB: per ingrandire le immagini cliccaci sopra o clicca QUI

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Anche il Comune di Savona passa al No all'ampliamento di Vado a carbone

Fonte: ivg.it
"Savona. Il Comune di Savona dichiara il proprio sostegno legale, in termini tecnici ad adiuvandum, al ricorso presentato dal Comune di Vado Ligure al Tar regionale contro il progetto di potenziamento di Tirreno Power previsto per la centrale termoelettrica. L’atto di indirizzo sarà presentato durante la giunta comunale di Savona e rafforza la posizione dei Comuni del comprensorio savonese che si battono per bloccare l’ampliamento e procedere con una ristrutturazione dei gruppi a carbone esistenti.

La delibera di giunta fa seguito all’ordine del giorno votato in Consiglio Comunale. Savona si aggiunge ai comuni di Noli, Spotorno e Quiliano, ma certamente in qualità di Comune capoluogo l’appoggio al Comune di Vado assume anche un significato politico, che arriva dopo il vertice tra sindacati e azienda nel quale si era evidendiato la necessità di procedere con l’iter autorizzativo pena la perdita di competitività dell’impianto vadese, con il rischio concreto di una dismissione dell’impianto nel giro di una ventina d’anni.

“A queste condizioni meglio la chiusura” ha detto ancora il sindaco di Vado Ligure Attilio Caviglia, soddisfatto per il passaggio in giunta della delibera del Comune di Savona: “Il fatto che Savona dia formalmente il suo appoggio legale rafforza la nostra posizione. Credo sia il risultato di un lungo lavoro intrapreso a tutela dell’ambiente per la nostra provincia. Questo non significa che non ci interessano i posti di lavoro, significa che a certe condizioni un tavolo di confronto è inutile. Si può discutere se iniziamo a parlare della ristrutturazione dei gruppi esistenti e degli interventi sul fronte ambientali necessarie per monitorare la qualità dell’aria” ha concluso il primo cittadino vadese.

Intanto è stato convocato un incontro da parte del gruppo di lavoro consiliare congiunto, che si è costituito per dire no all’ampliamento, in programma a Quiliano il prossimo giovedì 23 settembre, al quale prenderanno parte anche le organizzazioni sindacali di categoria che hanno partecipato al vertice con l’azienda.

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Cina, entro il 2010 chiuderanno 1539 miniere di carbone

"Di recente un funzionario dell'Amministrazione statale per la sicurezza sul lavoro ha detto che quest'anno il governo cinese chiuderà 1539 piccole miniere di carbone, per assicurare la realizzazione dell'obiettivo di controllare per la fine del 2010 il numero delle piccole miniere a 10 mila.

La settimana scorsa il governo cinese ha trattato seriamente tre gravi incidenti nelle miniere di carbone e oltre 70 funzionari locali sono stati sottoposti a punizione amministrativa, e più di 100 persone sono state indagate per responsabilità penali".
Fonte: crionline.it

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