Da 'NtaCalabria
"di Francesco Iriti (pubblicato su Calabria Ora)
A distanza di 40 anni i riflettori nazionali vengono proiettati nuovamente sulla “cattedrale” deserta dell’area dell’ex Liquichimica a Saline Joniche con il progetto della centrale a carbone. Una vicenda che affonda le radici nella notte dei tempi e che ebbe inizio nel 1970 quando il governo nazionale decide di porre fine ai tumulti della provincia di Reggio Calabria, che nel frattempo aveva lottato per non perdere il capoluogo, passato a Catanzaro, con il cosiddetto “Pacchetto Colombo”. Un enorme progetto di sviluppo del Sud che riguardava l’insediamento nel territorio reggino di apparati produttivi, tra cui il polo industriale di Saline Joniche grazie allo stanziamento di 300 miliardi di vecchie lire. La struttura viene ultimata nel 1974. Passano pochi mesi dai collaudi, che il Ministero dell’Ambiente blocca definitivamente l’impianto, costruito per la produzione di bioproteine per mangimi animali, per il rischio di agenti cancerogeni. Si arriva quindi al 1977, data del fallimento con ben 600 operai mandati in cassa integrazione, senza aver mai lavorato.
Sull’area cala il silenzio per ben 20 anni con l’enorme struttura lasciata a se stessa ad arrugginire mentre l’adiacente porto inizia a fare i conti con la forza del mare, segno che la progettazione non era stata perfetta, che distrugge parte delle banchine e con la sabbia che ostruisce l’imbocco. Dell’ex Liquichimica si ritorna a parlare nel 1997 allorquando il Consorzio Sipi (Saline Ioniche Progetto Integrato), costituito da imprenditori locali, rileva all’asta gli impianti e i terreni ex Enichem con l’obiettivo di rottamare il ferro e l’acciaio degli impianti e rivendere il terreno. Con il tempo anche le Ogr, officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie, vengono smantellate mentre dalle indagini si scopre che la ‘ndrangheta aveva messo gli occhi sulla zona per realizzare un centro commerciale. Si assiste a varie promesse sulla rivalutazione dell’area come la costruzione di un Parco Marino, l’installazione di pannelli fotovoltaici. Solo parole.
Si arriva nel frattempo ai giorni d’oggi, ed in particolare nel 2006, quando l’impresa svizzera Sei SpA (Società Energia Saline composta da Ratia Energia G.A., Hera S.p.A., Foster Wheeler Italiana S.p.A., Apri Sviluppo) acquista dalla SIPI una parte dell’area per la realizzazione di una centrale a carbone, lo stesso carbone il cui utilizzo per la produzione di energia elettrica è vietato dal Piano energetico regionale per tutto il territorio calabrese.
Inizia, quindi, un lungo iter, con istituzioni, associazioni e popolazione che pongono subito il loro no mentre sullo “sfondo” si decide il futuro. Infatti, tra dichiarazioni di alcuni sindaci dell’area grecanica e pareri della conferenza dei servizi (17 settembre 2008), sembra che la vicenda sia chiusa con il rifiuto del progetto. Tuttavia, la Sei continua l’itero di autorizzazioni ottenendo pochi giorni fa il Si da parte del Via del Ministero dell’Ambiente. In mezzo alcuni incontri segreti, anche tra sindaci dell’area grecanica che dichiarano il loro «No…ma».
3 novembre 2010
Progetto di centrale carbone a Saline Joniche, dall'ex Liquichimica ad oggi
Carbone a Vado Ligure, i cittadini chiedono una presa di psizione netta
Da Savonaeponente.com
"Prendere al più presto una decisa posizione sul futuro della centrale di Tirreno Power. E’ la richiesta di numerose associazioni, comitati e singoli cittadini, savonesi e non, compresi diversi medici in campo nazionale che fanno parte dell’ Unione Associazione, Comitati e Cittadini per la Tutela dell’Ambiente in provincia di Savona.
“Dopo anni di riunioni, tavole rotonde, posizioni assunte e poi modificate, delibere, ricorsi e controricorsi, esposti, gli abitanti di Vado e quelli di tutta la provincia di Savona si ritrovano nell’identica, precisa situazione di trent’anni fa. Anzi, sotto alcuni aspetti la situazione è addirittura peggiorata” scrivono associazione e cittadini savonesi.
“Dopo aver studiato a lungo i moltissimi documenti prodotti dalla stessa Azienda, dal Ministero dell’Ambiente, dalla Regione Liguria, dai medici locali italiani, europei e mondiali, dalle amministrazioni locali e da tutti coloro che, nel corso di questi anni, si sono occupati dell’argomento “centrale a carbone”, crediamo sia venuto il momento di fare il punto della situazione. Un punto che verrà presentato anche all’Assessore all’ambiente regionale Briano, che ha promesso di “venire sul territorio” quanto prima per ascoltare il punto di vista dei comitati, delle associazioni e di tutte le realtà che rappresentano i cittadini e che quindi sono l’espressione forse meno “istituzionale”, ma sicuramente più “vera”, della democrazia” .
In particolare l’ Unione Associazione, Comitati e Cittadini per la Tutela dell’Ambiente in provincia di Savona punta il dito contro “il carbone responsabile di causare malattie e uccidere decine di persone all’anno”.
“L’atteggiamento della politica locale – prosegue l’Unione Associzione per la tutela dell’ambiente - partendo dai Comuni ed arrivando alla Regione, è sempre stato all’insegna dell’ambiguità. Partiti e singoli politici che hanno impostato le proprie campagne elettorali sul No forte e deciso al carbone hanno, in seguito, fatto una parziale o totale marcia indietro, o hanno completamente smesso di occuparsi del problema.Sembra lecito supporre che i sindaci vengano tenuti in scacco dalla possibilità di un’”emergenza rifiuti” sicuramente non lontana, data la situazione delle discariche locali, a cui si potrebbe profilare la soluzione tristemente presente nell’ultimo Piano Provinciale dei Rifiuti, ovvero quella di bruciare CDR nella centrale (con emissioni ancor più letali delle attuali, in quanto si aggiungerebbero quantità insostenibili di diossine e benzene).
Tutte le autorità locali, quando e se interrogate su questo punto, si sono sempre chiuse in un sospetto riserbo o nel totale silenzio”.
“Ma i cittadini non sono disposti ad accettare che questi compromessi vengano fatti sulla loro pelle, e per questo motivo non si ritengono sufficientemente rappresentati da istituzioni che, di fatto, appaiono condizionabili e ricattabili, oltre che non sufficientemente preparate dal punto di vista scientifico. Ma a rendere noto il punto di vista scientifico dovrebbe essere stato chiamato, fin dal primo momento, l’Ordine dei Medici della Provincia”.
“A fronte di tutto questo, ci chiediamo come sia possibile che questo impianto operi a tutt’oggi 24h/24, in modo indisturbato, nonostante esposti, mobilitazioni, inadempienze, silenzi e omertà. La nostra conclusione può essere una sola: basta morire per gli sporchi affari altrui. Basta carbone. Se i nostri amministrazioni arriveranno a conclusioni diverse, dovranno motivarle con argomentazioni ineccepibili: in caso contrario, per noi saranno colpevolmente consapevoli di non aver fatto nulla per impedire il dilagare di malattie e morti. E dovranno renderne conto alla cittadinanza e alla giustizia, oltre che alla propria coscienza.
Per tutti i motivi sopra esposti, i gruppi a carbone 3 e 4 (che producono più del’80% dell’inquinamento della centrale intera e non rispettano, superandoli di molto, i valori limite di emissione BAT della Ue), dovrebbero essere immediatamente chiusi . Infatti, anche se fossero ristrutturati, per dichiarazione dello stesso Ministero dell’Ambiente (vedi dichiarazione di VIA) non potrebbero MAI raggiungere mai le BAT richieste dalla Ue.
Non ha alcun senso che Sindaci e amministratori locali continuino a tergiversare in attesa dell’AIA, accettando magari qualche insignificante miglioria (controlli aria, nuovi esami epidemiologici, copertura dei parchi carbone ecc.)” concludono cittadini, comitati e associazioni savonesi.
Osservatorio ambientale, "le tre centraline comunali ancora spente"
Riportiamo da TrcGiornale questo articolo (in verità un po' "ingenuo" )
"Era un anno fa quando si disse che, entro dicembre 2010, sarebbe stata chiusa la questione delle centraline per il monitoraggio della qualità dell'aria, ma dicembre 2010 è alle porte e la questione è tutt'altro che risolta, anzi, se possibile, è ulteriormente peggiorata. Come noto tra tutte le centraline di Civitavecchia le tre di proprietà del comune – quelle di villa Albani, via Isonzo e ponte delle Quattro Porte - dovevano passare ad Arpa Lazio, che le avrebbe inserite nella rete di quelle direttamente nel suo controllo.
Queste tre centraline dovevano essere riposizionate perché la loro collocazione non soddisfaceva gli standards di legge, ma non se n'è fatto nulla perché è ancora aperta la questione relativa all'attribuzione di competenze tra l'Osservatorio Ambientale dei comuni del comprensorio, presieduto dal dottor Manrico Coleine, [dichiarato ILLEGITTIMO dal Ministero, NDR] e il tavolo della salute regionale che, secondo alcune interpretazioni, sarebbe il vero osservatorio ambientale disposto dal decreto autorizzativo della riconversione a carbone di Torre Valdaliga Nord [eliminare il condizionale, NDR]. Intanto, le altre centraline di Civitavecchia e del comprensorio, continuano a rilevare gli inquinanti. Il servizio è svolto dalla società Bilab, il cui contratto di appalto con l'osservatorio ambientale è scaduto a ottobre e che si sta rinnovando di mese in mese, anche perché Enel sembra piuttosto restia a sborsare i soldi senza che sia definitivamente chiarita la questione delle competenze dei due osservatori ambientali. [enel paga per controllare se stessa, quale credibilità possono avere questi controlli? NDR] "Tuttavia – ha dichiarato il presidente dell'osservatorio dei comuni, Coleine – Enel alla fine ci ha pagato [lo sapevamo, NDR]. Del resto a giorni si dovrebbe risolvere la questione delle competenze con la Regione. L'orientamento pare sia quello che il tavolo della salute si occupi di indagini epidemiologiche, mentre noi dovremmo continuare con il monitoraggio della qualità dell'aria, ma anche dell'acqua e del suolo". In questo senso entro qualche settimana dovrebbe svolgersi una conferenza stampa per la presentazione dei dati. Coleine ha anticipato che negli ultimi nove mesi in cui sono tornate attive le centraline si sono registrati a Civitavecchia solo tre sforamenti, e un solo sforamento nel comprensorio, ad Allumiere. Intanto la sensazione che resta, comunque, quella di un generale immobilismo. Le centraline, che non sono quelle della rete Arpa, sembra che siano accese come se si trattasse di una mera formalità, affinché Tvn continui a funzionare.
VEDI QUI per approfondimenti
1 novembre 2010
I sonetti di Giancarlo Peris. "Tutto nel mio giardino"
Una progettualità di ampio respiro, uno sguardo sistemico sui problemi del reale: è quanto più ci fa difetto, come società e come cultura. Abbiamo sotto gli occhi gli effetti nefasti di una simile ignoranza, ne risente in modo diretto la qualità delle nostre vite, pagheranno un prezzo salato i nostri figli.
I cittadini ribattezzati con sarcasmo da certi media come "n.i.m.b.y." (not in my backyard, "non nel mio giardino" o "non nel mio cortile") sanno bene come vanno le cose: nella cronica assenza di un piano di sviluppo armonico e sostenibile, quando apri la porta all'insediamento sul tuo territorio del malaffare cementificatore/industriale, quella porta resterà sfondata da qul momento in avanti, aperta per razzìe di ogni genere. Certe radici velenose attecchiscono in fretta, crescono, e non si debellano più. Lo sappiamo bene noi, nell'Alto Lazio.
Per questa rubrica settimanale è il sesto sonetto di Giancarlo Peris, dedicato alle sventure del nostro martoriato territorio. Buona lettura.
"Tutto nel mio giardino" 19 febbraio 2006
A Citavecchia c’è un cementificio,
Du’ enormi, fosche e lugubri centrali,
Banchine ar porto co’ cromo e silicio
E da le navi fumi a noi esiziali.
Inoltre ce sta un centro militare
Indove se smartisce er gas nervino
Che si lì je se guasta quarche affare
Ce fa ‘na trita fino a Fiumicino.
Mo “NO NER MIO GIARDINO” adè ‘no spettro
Che gira in lungo e in largo per pianeta,
Ma io fo ‘sta domanna a chi ha lo scettro
Pe interveni’, e me pare assai concreta:
Perché tra li tanti orti der bon Dio
La monnezza ha da sta’ tutta ner mio?
Continuano le prese di posizione contro il carbone a Saline Joniche, inviti al boicottaggio dei prodotti svizzeri
Mentre il consigliere provinciale Russo dice No alla centrale a carbone, medesima posizione esprime Pasquale Sapone, sindaco di San Lorenzo. Gioffré e Minniti (Prc/Fds) criticano il progetto della società SEI e invitano al boicottaggio dei prodotti svizzeri, il segretario questore del Consiglio regionale della Calabria, Giovanni Nucera critica la politica centralistica dei palazzi, e una parte crescente del mondo associazionistico calabrese manifesta chiara contrarietà rispetto a un progetto che non viene giudicato un saggio investimento per il territorio.
Nasce dal basso un movimento di contrasto al progetto di centrale a carbone a Saline Joniche
Da 'NtaCalabria.it
"INVITO A TUTTI I CITTADINI DEL COMUNE DI MONTEBELLO IONICO, DEI COMUNI LIMITROFI, DELL’AREA METROPOLITANA DI REGGIO CALABRIA, DELLA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA, DELL’INTERA REGIONE CALABRIA
Cittadini,
ancora una volta si sta tentando di perpretare l’ennesima beffa nei confronti delle popolazioni della nostra terra e del nostro territorio: LA REALIZZAZIONE DI UNA MEGA CENTRALE A CARBONE NEL SITO DELLA EX LIQUICHIMICA di SALINE JONICHE.
In questi mesi si è assistito, più o meno indifferenti, ai vari balletti che venivano effettuati nelle sedi istituzionali preposte a dare il via alla realizzazione dell’impianto, certamente portatore di grandi disagi che andranno ad incidere, nel caso malagurato di realizzazione, sulla qualità della vita ed anche della morte di noi tutti e delle popolazioni del nostro territorio e non solo.
Il Governo centrale non ha una posizione chiara, i vari Ministeri competenti hanno posizioni differenziate e tra loro contrapposte.
La regione Calabria, ha già espresso il proprio no al carbone, sarebbe il caso che venga ribadito ulteriormente la propria volontà di chiusura completa alla realizzazione di tale impianto.
La Provincia di Reggio Calabria ha manifestato un orientamento di intenti che non da spazio alla realizzazione della centrale sarebbe opportuno che producesse atti istituzionali.
Il comune di Reggio Calabria e per essa la Città Metropolitana ha manifestato sia in precedenza con l’ex sindaco Scopelliti, sia adesso con il sindaco Raffa, la completa determinazione a opporsi alla sua realizzazione, anche qui sarebbero necessari atti istituzionali.
Il comune di Montebello Ionico, con la vecchia Amministrazione in cui era sindaco l’avv. Nisi, si è fermamente opposto alla centrale a carbone, attivando tutte le iniziative del caso e di sua competenza, per impedire che l’iniziativa della Sei andasse avanti; la nuova Amministrazione, a parte la posizione chiara di qualche assessore di NO al carbone, assume un atteggiamento possibilista che da adito a tanti dubbi ed interpretazioni. E’ vero che in più di un consiglio comunale della nuova Amministrazione si è ribadito il no alla centrale, ma è anche vero che la nomina di una commissione di esperti che dovrebbe illuminarci sulla bontà o meno dell’impianto non è in coerenza alle decisioni prese.
Caso mai ci sia una commissione di esperti che studi l’aspetto scientifico per ribadire il no senza se e senza ma.
Cittadini, è necessaria una presa di coscienza generalizzata sul problema che incombe, come la spada di Damocle, sopra le nostre teste.
NON ASPETTIAMO ANCHE QUESTA VOLTA CHE ALTRI DECIDANO LE NOSTRE SORTI E LE SORTI DELLE GENERAZIONI FUTURE DELLA NOSTRA TERRA.
Cosa fare?
Costituiamo il fronte del NO AL CARBONE
A questo fronte sono invitati ad aderire: tutti i Cittadini e le Associazioni di Montebello Ionico e dei Comuni limitrofi nessuna esclusa, i Cittadini e le Associazioni della Provincia di Reggio Calabria e della Regione Calabria. Tutte le Istituzioni ai vari livelli, Comunali, Provinciali e Regionali.
Il FRONTE DEL NO non ha nessuna colorazione politica, l’unica maglietta che indosserà sarà quella dell’interesse e della salute di tutta la popolazione comunale, provinciale e regionale. Nessuno potrà pensare di strumentalizzarci per scopi diversi da quelli manifestati.
ALLO SCOPO E’ INDETTA PER IL GIORNO 06/11/2010, ore 10,00, PRESSO L’IMPIANTO POLIFUNZIONALE SITO IN SALINE DI MONTEBELLO IONICO IN PROSSIMITA’ DELLO SVINCOLO NORD, UNA PRIMA RIUNIONE PER GETTARE LE BASI PER LA COSTITUZIONE DEL FRONTE DEL NO E PER PROGRAMMARE LE INIZIATIVE DA INTRAPRENDERE PER FAR SENTIRE LA VOCE DEL POPOLO CHE E’ IL VERO SOGGETTO LEGGITTIMATO DEL TERRITORIO.
Allagata una miniera di carbone in Cina, 12 morti
(ANSA) - PECHINO, 28 OTT - Dodici minatori hanno perso la vita e uno e' rimasto ferito a causa di un'inondazione in una miniera di carbone nel Guizhou (Cina del sudovest). Altri 38 minatori sono riusciti a mettersi in salvo. I 'dirigenti' della miniera sono stati arrestati. Le miniere di carbone della Cina sono ritenute le piu' pericolose del mondo e gli incidenti mortali dovuti a frane, esplosioni e inondazioni sono frequenti.
Secondo dati ufficiali,l'anno scorso 2.631 minatori sono morti in incidenti di questo tipo."
Genova, due operai intossicati da polvere di carbone
(ANSA) - GENOVA, 28 OTT - Due operai sono rimasti intossicati dalla polvere di carbone fuoriuscita da un flangia di raccordo nella centrale Enel in porto a Genova.
I due lavoratori sono stati trasportati al pronto soccorso dell'ospedale Villa Scassi di Sampierdarena in codice giallo.
Sul posto stanno operando mezzi dei vigili del fuoco e della capitaneria di Porto. L'incidente e' avvenuto nell'area ex idroscalo tra ponte San Giorgio e ponte Etiopia
28 ottobre 2010
Civitavecchia: perché il "bosco TVN" va realizzato nel luogo prescritto dalla legge
Lettera aperta del Forum Ambientalista in risposta a uno scagnozzo enel tra quanti hanno recentemente abbaiato per disinformare la cittadinanza circa il carattere "opzionale" dell'opera compensativa definita "Bosco tvn" o "Parco dei Serbatoi", un bosco di 40 ettari che la legge impone di realizzare nell'area a ridosso della centrale a carbone sporco di Torrevaldaliga Nord.
"Gent.mo Ing. Rossi,
pur ricordandoci della Sua lunga appartenenza alla ente energetico, e molte delle sue posizioni pro politica aziendale, come nel caso della riconversione a carbone, non osiamo assolutamente porre dubbi sulla sua onestà intellettuale circa l’esternazione sul Bosco di TVN.
Vorremmo, però, ricordarle che il “ recupero a verde dell’area resa libera dalla demolizione dei serbatoi” con la realizzazione del Bosco denominato “Parco dei Serbatoi” è intervento compensativo concertato dall’ENEL stessa con il Ministero dell’Ambiente e gli altri enti competenti in materia di autorizzazione alla riconversione per, come si legge nel decreto di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA), migliorare l’impatto della stessa relativamente alla componenti “ ambientale suolo e sottosuolo” e “paesaggio”.
Ignorare che il bosco è intervento compensativo prescritto nelle autorizzazione all’esercizio della centrale ed è quindi un obbligo di legge, facendolo invece passare per qualcosa che dipende dal libero arbitrio di un semplice Sindaco, seppur pieno di sé come quello di Civitavecchia, nell’ambito di atti convenzionali, è fare falsa informazione e denota quell’arroganza che sempre più caratterizza la gestione della cosa pubblica a livello locale.
E’, peraltro, appena il caso di evidenziare che anche il più novello tra gli studenti in biologia, riconosce l’indiscusso maggior valore di una superficie verde “aggregata nello spazio e concentrata nella massa”, in quanto tale concentrazione, oltre a far si che il patrimonio arboreo risulti maggiormente difeso da attacchi esterni, aumenta in maniera considerevole il processo di fotosintesi rendendo maggiore la resa di “aria ri ...pulita”.
Inoltre, cosa non da poco visto le numerose lamentele in tal senso, il bosco nell’area circostante la centrale assume l’effetto di barriera fonoassorbente nonché di minimizzazione dell’impatto visivo in relazione alle aree prospicienti la stessa.
Ne può valere, quale argomentazione a sostegno della tesi dello spostamento e frammentazione dell’intervento, la presunta pericolosità o la difficile fruizione a causa della collocazione in area limitrofa la centrale in quanto proprio la VIA stabilisce che vi debba essere “la riprogettazione della fruizione delle aree limitrofe alla centrale (incluso l’accesso al mare) e delle modalità di accesso a queste da parte della popolazione, allo scopo di ridurre l’estraneità della centrale al territorio circostante” affermando in finale che “ la creazione di un parco, in luogo del parco serbatoi, inserito del percorso ciclabile fra Civitavecchia e la pineta costiera La Frasca può effettivamente contribuire a migliorare la percezione dell’impianto, rendendolo meno estraneo alla città”.
Perciò egregio Ingegnere valutiamo il suo intervento solo per quello che è un’ esternazione mancante della necessaria riflessione. Non vorremmo infatti dover pensare che anche Lei, come l’attuale Primo Cittadino, ritenga quel luogo più funzionale ad un area retro portuale a servizio dell’eventuale “Terminal Asia/China“!?!
Non è infatti difficile leggere dietro il diniego del Sindaco, oltre alla volontà di monetizzare la compensazione in questione, tale intento che, peraltro, sarebbe solo un atto propedeutico alla cementificazione anche della Frasca.
Ribadiamo, però,che siamo certi della Sua correttezza intellettuale e perciò tutto questo è solo frutto di una nostra interpretazione avventata .
Tanto le dovevamo.
F. Curatola, sindaco di Bagaladi, spiega il suo no al carbone a Saline Joniche
Da 'NtaCalabria
"«Come era ampiamente prevedibile, il Ministero dell’Ambiente ha espresso parere positivo sulla Valutazione di Impatto Ambientale per la Centrale a Carbone di Saline Joniche. Questo non vuol dire che domattina arriveranno le ruspe e iniziano i lavori di costruzione, ma l’attenzione, ora più che mai, deve rimanere alta, perché il rischio concreto che i lavori partano, c’è». Federico Curatola, sindaco di Bagaladi, da sempre si è battuto contro il progetto Sei anche ultimamente quando, insieme al sindaco di San Lorenzo Sapone ha rifiutato di aderire all’iniziativa degli altri primi cittadini dell’area grecanica.
«Nelle scorse settimane sono stato oggetto di attacchi e strani messaggi per essermi rifiutato di firmare il protocollo d’intesa per incaricare il Sindaco di Montebello Jonico di nominare una Commissione di “esperti” – dichiara Curatola -per valutare il progetto e dirci se nuoce o meno alla salute. Ritengo con questo di essere stato “coerente” (vocabolo sconosciuto a tanti…) con quello che ho sempre sostenuto: il carbone non é una strada percorribile per il nostro territorio».
Curatola sposta l’attenzione alla questione nazionale ed in particolare al «Ministro Stefania Prestigiacomo che, “coerentemente” con quanto sostenuto a Copenhagen, ha dato parere positivo ad un progetto che aumenterà di 7,5 milioni di tonnellate il quantitativo di CO2 emesso nell’atmosfera dal nostro paese, in barba agli accordi di Kyoto. La signora Ministro è rimasta coerente con sè stessa e con gli ordini di scuderia impartiti dal governo».
Curatola ripercorre tutte le campagne della sua battaglia contro il carbone «iniziata nel luglio del 2008, la costituzione del coordinamento delle associazioni contrarie al progetto, la raccolta di firme (più di 2000 in un solo week-end), gli incontri, i comunicati stampa, le iniziative. Qualcuno pensava che ora, rappresentando io un’istituzione, avrei cambiato opinione o “qualcosa” mi avrebbe fatto cambiare opinione. Mi spiace avere deluso chi era convinto di ciò, ma la mia idea è che la “vita” di un territorio e di un popolo non sia “monetizzabile”».
E’ necessaria, per Curatola, «una mobilitazione di massa per contrastare dal basso un progetto che si intende calare dall’alto e nei confronti del quale tutti gli Enti, a suo tempo, si erano espressi negativamente (Regione Calabria, Provincia di Reggio, Comune di Reggio con a capo l’attuale Governatore Scopelliti, e vari Comuni interessati)».
Il giovane sindaco di Bagaladi ribadisce il suo no al carbone in quanto «64 veleni vengono sprigionati nei cieli e quello che non ricade direttamente sul suolo, ci ritorna attraverso le piogge acide. In Veneto ed in Liguria, – conclude Curatola – così come a Brindisi ed in ogni altro posto al mondo dove esistono centrali a carbone…che piaccia o no, si muore. Costruire una simile mostruosità equivale ad ammorbare un intero territorio e negare a tutti noi la possibilità di “viverci”».
Per costruire il futuro
Una pregevolissima lettura consigliata a tutti.
"Gente che costruisce il futuro" di Andrea Masullo, docente di Sostenibilità ambientale all'Università di Camerino
"Dalla comunità scientifica internazionale giungono sempre più frequenti allarmi sulle conseguenze planetarie dell’eccessivo uso delle risorse: dai cambiamenti climatici, alla desertificazione, alle crisi idriche ed alimentari, alla ormai prossima scarsità di petrolio e di molte altre risorse minerarie su cui si basa la moderna economia. Le analisi scientifiche prevedono un aggravamento di tutte queste conseguenze negative dello sviluppo che rischiano di vanificare i progressi straordinari dell’umanità riportandoci ad una situazione simile a quella di inizio ‘900, ma senza le potenzialità allora esistenti e che oggi risultano in gran parte esaurite. Tutto sembra confermare i risultati drammatici del modello macroeconomico utilizzato da Dennis e Donella Meadows e Jorgen Randers per aggiornare il rapporto sui limiti della crescita a 30 anni dalla prima clamorosa stesura. Secondo questo aggiornamento pubblicato nel 2004 (edizione italiana “I nuovi limiti dello sviluppo”, Saggi Mondadori), le crisi delle risorse e le conseguenze sul benessere subiranno un aggravamento nel secondo decennio di questo secolo; come non vedere nell’attuale difficoltosa e non del tutto compresa crisi economica globale un segnale premonitore?
All’International Media Forum di Greenaccord svoltosi a Cuneo dal 13 al 16 ottobre con il titolo “People Building Future: confini e valori per un vivere sostenibile” scienziati provenienti da tutto il mondo si sono radunati con giornalisti di tutti i continenti per provare insieme a costruire una via per evitare le crisi incombenti e continuare a produrre benessere per l’intera popolazione che abiterà la Terra negli anni e nei secoli futuri. L’intento comune è di non rassegnarsi in modo fatalistico al peggio e trovare la via per scuotere una opinione pubblica confusa da media che fanno emergere di tanto in tanto allarmi apocalittici per poi tornare ad una comunicazione che sostanzialmente ignora le grandi questioni aperte dalle crisi globali, seguendo una classe politica che preferisce ignorare gli allarmi e proporre analisi tranquillizzanti e soluzioni contraddittorie, anzi controproducenti, come il martellante richiamo ad una ripresa dei consumi. La voce unanime emersa è che siamo davvero ad un punto di svolta in cui dobbiamo scegliere cosa portarci dietro per il cammino che ci attende e cosa relegare definitivamente al passato.
Il modello? Nè capitalismo né socialismo, ma semplicemente imitare il meccanismo che guida con successo da 4 miliardi e mezzo di anni l’evoluzione del nostro pianeta, che senza soluzione di continuità cresce qualitativamente senza limiti, ma all’interno di confini quantitativi ben precisi, verso un sempre maggiore perfezionamento ed arricchimento in termini di complessità e bio-diversità, senza produrre rifiuti né distruggere risorse, semplicemente utilizzando al meglio ciò che esiste in ciascun lembo di territorio, cercando perennemente in ogni luogo ed in ogni istante la soluzione migliore secondo una logica che guida ogni essere ed ogni specie a ricercare il proprio benessere attraverso il benessere generale dell’ambiente in cui vive e di tutte le altre specie che vivono in esso; in altri termini è necessario far evolvere l’economia dalla logica della competizione conflittuale ed egoistica, che porta alla lotta di un individuo o di un popolo per l’accaparramento per sé , alla competizione cooperativa e solidale. Liberarsi dal consumismo ottuso e fine a sé stesso che divora ambiente e persone, che dissolve le reti di relazioni sociali esaltando l’individualismo e scoprire il benessere e la felicità in una vita sobria e ricca di relazioni sociali.
I valori etici? Nulla da inventare; basta applicare la Dichiarazione Universale dei Diritti Dell’Uomo, i cui 30 articoli sono in larga parte drammaticamente ancora disattesi ad oltre 60 anni dalla sua adozione da parte dell’ONU.
La sostenibilità è quindi una vera rivoluzione da attuarsi prima che le conseguenze più nefaste dell’attuale modello si manifestino. Essa richiede un nuovo orientamento delle attività umane verso la soddisfazione del diritto ad una vita felice per ciascun individuo. La green economy può essere il ponte temporale per arrivarci. Essa consente di far durare più a lungo le risorse a disposizione migliorando l’efficienza delle tecnologie e dell’organizzazione sociale. E se oggi il consumismo e il folle mito della crescita illimitata dei consumi ancora guida la dottrina economica, già si affacciano scintille di green-economy e in parte anche di sostenibilità. Alcuni esempi concreti sono stati presentati nel Forum di Greenaccord.
- Il programma “zero waste” dell’ Interface FLOR, illustrato da Arratia Ramon, rappresenta una notizia straordinaria in quanto ci ha mostrato come una potente multinazionale che produceva moquette con un elevatissimo impatto ambientale, in pochi anni può ridurre enormemente i suoi rifiuti e le sue emissioni rendendo realistico un obiettivo di impatto zero.
- Joachim Eble ci ha mostrato come la grande architettura può cambiare profondamente lo schema urbano anche nelle grandi città della Cina, ricucendo le reti ecologiche e le reti sociali attraverso uno schema ad emissioni zero.
- Wittfrida Mitterer ci ha mostrato come anche la tragedia di un terremoto può divenire l’occasione di una rinascita sostenibile di una città, illustrandoci il suo progetto di ricostruzione di Onna, finanziato dal governo tedesco, che prevede il recupero delle antiche architetture con criteri anti-sismici, riciclando le pietre crollate, il recupero del tessuto sociale creando anche nuovi spazi di incontro; il tutto alimentato da energie rinnovabili come la geotermia e l’energia solare.
- I volontari del LVIA ci hanno descritto cooperative di sole donne che riciclano la plastica in Burkina Faso, dimostrando praticamente il legame fra ecologia della natura ed ecologia umana, attraverso la soluzione congiunta di un problema sociale, economico ed ambientale.
- La socioetà Marcopolo di Cuneo ci ha descritto semplici tecnologie che trasformano un gravissimo problema ambientale per i paesi ricchi ed anche igienico e sanitario nei paesi poveri, come quello dei rifiuti organici urbani, in un grande beneficio, producendo attraverso la biodigestione metano, per produrre energia rinnovabile, e terra fertile, con il risultato non solo di azzerare le emissioni di gas serra, ma addirittura sottraendo con la vermicoltura carbonio all’atmosfera. E’ la dimostrazione inoltre che chiudere i cicli ecologici lasciati aperti dalle attività umane comporta anche un beneficio economico, mentre le soluzioni orientate allo smaltimento come le discariche e gli inceneritori, dimostrano in Campania di creare solo altri disastri ambientali e rivolta sociale.
- Il Viceministro dell’ambiente della Costa Rica, Ana Lorena Guevara ci ha dimostrato come un paese povero di capitale finanziario possa fondare la sua economia sulla bellezza e sulla biodiversità, scoprendosi ricco di capitale naturale e di capitale umano. E’ un esempio concreto per tutti i paesi poveri, per lo più ricchi di risorse naturali, che la via della valorizzazione del capitale naturale è una via praticabile per uscire dalla povertà superando la trappola del debito che li costringe ad esportare le loro risorse.
- L’ingegnere australiano Karlson Charlie Hargroves, illustrandoci palazzi che si ispirano per la loro climatizzazione al sistema escogitato dalle termiti per mantenere condizioni di temperatura ed umidità ideali anche nel deserto più caldo, ci ha mostrato con esempi concreti come si possa sviluppare una tecnologia sostenibile semplicemente imitando la natura, e quanto siano più efficaci le soluzioni derivate da miliardi di anni di evoluzione della biosfera rispetto a quelle prodotte da 200 anni di evoluzione tecnologica.
- Esempi concreti di soluzioni socio-politiche-ambientali ci sono state illustrate abbondantemente anche nella relazione di Joan Martinez Alier che ha sollevato la questione dei diritti dei popoli indigeni di fronte alle imprese minerarie multinazionali che devastano il loro territorio e la loro vita.
L’utopia che vi propongo è che un po’ alla volta la gente acquisti consapevolezza di tutto ciò, si riappropri del proprio destino sottraendolo alle avide mani di affaristi e squallide cricche, e di quel mondo politico che sguazza in questa palude guidandoci verso un futuro incerto e foriero di catastrofi. Ognuno deve fare la sua parte per costruire un futuro sostenibile.