Da reteclima.it
Gli ultimi due progetti italiani di impianti a carbone si stanno per realizzare in Calabria: una nuova centrale a Saline Joniche (RC) a cui si aggiunge la riconversione a carbone dei gruppi a olio combustibile della centrale Enel di Rossano Calabro
Si tratta di due operazioni che comporteranno emissioni aggiuntive rispettivamente per 7,5 e 6,7 milioni di tonnellate di CO2 all'anno e che stanno incontrando forti resistenze sui territori dove andranno ad essere realizzate.
Ma a fianco di questo due esempi ci sono anche altri progetti italiani nel carbone: Civitavecchia (con riconversione ormai terminata, ed ora già attiva), Porto Tolle (sul delta del Po, in fase progettuale), Vado Ligure (SV), Fiume Santo di Sardegna (con iter autorizzativo da parte del Ministro dello Sviluppo Economico già terminato).
Secondo il report di Greenpeace sui grandi inquinatori recentemente diffuso, se alla centrale di Civitavecchia -riconvertita ed ora attiva- si affiancassero tutti questi nuovi gruppi o centrali proposti le emissioni di CO2 degli impianti a carbone raddoppierebbero in pochi anni passando dagli attuali 35,9 milioni di tonnellate a 74,8: un contributo di 38,9 MtCO2 che renderebbe impossibile il raggiungimento degli obiettivi nazionali al 2020.
Dal dossier di Greenpeace: "In Italia sono attive 12 centrali a carbone che nel 2009, a fronte di una produzione di solo il 13% di elettricità, hanno emesso addirittura il 30% dell’anidride carbonica prodotta complessivamente dal settore termoelettrico, con circa 36 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 sul totale di circa 122" (quasi il 30%).
Secondo il report, tra tutte le attività coinvolte nel mercato europeo delle emissioni (EU-ETS) le centrali a carbone sono state le uniche ad emettere di più rispetto ai permessi gratuiti assegnati: mentre industria e settore termoelettrico nel complesso hanno visto ridurre significativamente le emissioni dal 2008 al 2009 e sono riusciti a rispettare gli obblighi di riduzione previsti dalla direttiva europea per il 2009 con ampi margini (rispettivamente 23 Mt e 3,5 Mt), gli impianti a carbone italiani hanno sforato di 3,6 milioni di tonnellate di CO2.
Il dossier di Greenpeace mostra come, oltre ad aggravare il problema emissioni, il carbone non serva all’Italia per risolvere i suoi problemi energetici ed anzi: "Peggiorerà la dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero, visto che già oggi importiamo più del 99% del carbone utilizzato; non abbasserà la bolletta energetica del Paese, visto che dei potenziali risparmi nell’acquisto del combustibile beneficeranno soprattutto i bilanci delle aziende energetiche e faticheranno ad arrivare nelle bollette degli italiani; peserà alla fine sulle casse dello Stato visto che ci condannerà a pagare le multe di Kyoto e del 20-20-20.
Greenpeace constata come il carbone sia un combustibile a basso prezzo solo perché, oltre non vedere incluse nel prezzo esternalità negative come i danni ambientali e sanitari, è drogato dai sussidi statali: la Commissione europea ha stimato in circa 3 miliardi di euro all’anno i sussidi pubblici che hanno sostenuto la filiera europea del carbone tra il 2007 e il 2009 (2 dei quali in Germania).
A causa dei consumi sempre più importanti da parte dei paesi con economie emergenti, a partire da Cina e India, infine le riserve di carbone stanno diminuendo con tassi davvero inaspettati.
Per lo studio di Greenpeace: "Secondo le stime di Bp se 10 anni fa la disponibilità residua di carbone rapportata ai tassi di utilizzo era valutata in 240 anni, le ultime cifre aggiornate al 2010 sono scese addirittura a 119 anni. Continuando di questo passo tra 10 anni le riserve residue di carbone diventerebbero equivalenti a quelle di petrolio e gas, esauribili in 50-60 anni".
Si deve cambiare strada, per virtù o per necessità.
21 dicembre 2010
Sulle nuove centrali a carbone italiane
18 dicembre 2010
Saluto a Luigi Daga
Da UnoNotizie parole di commiato a Luigi Daga, uno di noi.
"Sapevamo che da tempo era gravemente malato, ma noi tutti speravamo che alla fine la sua forza di volontà e il suo carattere avrebbero vinto anche questa improba battaglia.
Invece purtroppo non è stato così. Stavolta il buon Luigi, dopo aver lungamente combattuto come suo solito, non ce l'ha fatta.
Ieri un male terribile e spietato si è portato via Luigi Daga, da sempre attivo in politica sia alla Regione Lazio, che in Provincia di Viterbo, soprattutto nella sua amata Tarquinia. Le sue battaglie contro mafia e politicanti, le sue battaglie sociali e politiche resteranno per sempre memorabili e indelebili nei ricordi di tutti noi.
Luigi Daga era stato tra i membri più illustri del Comitato No Coke Alto Lazio e del Comitato Cittadini Liberi di Tarquinia con i quali condivideva tante meritevoli iniziative in favore della salute e della legalità nella Maremma Etrusca, in particolare a Tarquinia e nella vicina Civitavecchia, dove si era fatto anche qualche nemico, soprattutto tra sindaci e sponsor politici che lui aveva ben smascherato..."
Soldi sporchi per un greewashing dannoso: i petrolieri per le CCS
Da costituenteecologista
"La vittoria dei petrolieri: soldi per la cattura della CO2
A Cancun è passata inosservata la decisione di ammettere la Ccs tra i meccanismi finanziabili dai crediti di Kyoto. L’hanno voluta Sauditi e petrolieri anche per riciclare i pozzi.
Ventisei, tanti sono gli atti decisi nel negoziato di Cancún. Uno di questi è passato quasi inosservato, forse per gli oscuri bizantinismi della formula. Per la prima volta i Ccs sono stati inclusi nei Cdm. Dietro queste sigle si nasconde una delle vittorie del settore petrolifero al Cop16 e l’affermazione di una tecnologia fortemente controversa: quella della cattura e stoccaggio della Co2, responsabile dell’effetto serra. Ma andiamo per ordine. I Cdm, Clean Development Mechanism, sono un meccanismo finanziario per i paesi in via di sviluppo costituito a Kyoto, secondo il quale progetti che tagliano le emissioni ricevono crediti che possono essere venduti sui mercati finanziari.
I Ccs invece sono dei macchinari complicati di “Cattura e stoccaggio” della Co2 emessa durante combustione di energia fossile per produrre energia o da processi industriali, in particolare la produzione del cemento. La Co2 “sequestrata” è stoccata in depositi sotterranei per diminuire l’impatto delle centrali superinquinati. Nonostante ad alcuni i Ccs sembrino la bacchetta magica per ridurre le emissioni, a oggi questa tecnologia non era mai stata inserita nella lista delle tipologie da premiare. Perché? Troppi dubbi sull’efficacia dello stoccaggio della Co2, sia tecnici che economici. Secondo i critici, i Ccs sono una strategia per il settore dei combustibili fossili per continuare a inquinare senza sanzioni economiche e rallentare il settore delle rinnovabili.
«Le tecnologie Ccs sono economicamente costose», spiega Vincenzo Ferrara dell’Enea «riducono l’efficienza energetica degli impianti a cui vengono applicate e pongono dei problemi di rischio ambientale». A Cancún chi ha premuto per la cattura e lo stoccaggio del carbone è stata soprattutto l’Arabia Saudita, in cambio del suo assenso sulla tutela delle foreste. Da anni i sauditi investono nel settore per compensare le emissioni legate al settore estrattivo. Ora i Cdm, se confermati al prossimo negoziato, potrebbero sbloccare investimenti multimiliardari. L’accordo interessa soprattutto Masdar, la compagnia energetica di Abu Dhabi, uno dei grandi player nella cattura e stoccaggio del carbone. Ma i sauditi non sono i soli. Secondo il ministro dell’ambiente americano Steven Chu: «entro il 2019 i Ccs devono essere in grado di ridurre le emissioni delle centrali a carbone, responsabili del 40% della produzione totale di Co2».
Per l’Agenzia Internazionale dell’energia il mondo si deve dotare di almeno 100 impianti Ccs entro il 2020. E in Europa la tecnologia è stata introdotta nel pacchetto “Clima e energia”. Per capire gli interessi dell’industria petrolifera nel settore bisogna guardare ai 440 pozzi in fase terminale nel Mare del Nord. Per le compagnie petrolifere questi pozzi potrebbero essere riconverti in 440 depositi di stoccaggio della Co2 in forma liquida. Ci guadagnerebbero sull’affitto dei pozzi e sui certificati di non emissione per lo stoccaggio, mentre la gestione finale dei depositi di Co2 graverà sullo Stato. «Da questo punto di vista è evidente come mai che i più grandi supporter dei Ccs siano Bp, Shell e Total», sostiene Fabriano Fabbri, ex segretario tecnico del Ministero dell’ambiente.
Una ricerca della Duke University ha mostrato chiaramente che lo stoccaggio della Co2 può contaminare le falde sotterranee. «Il problema è che se questo modo di fare dilaga - continua Ferrara - gli affari aumentano, i problemi del clima non si risolvono, lo sviluppo economico decarbonizzato non partirà mai e, infine, ci ritroveremo con nuovi problemi ambientali associati allo smaltimento dell’anidride carbonica».
16 dicembre 2010
Intervallo: cielo invernale su Civitavecchia
Mattina di giovedì 16/12/2010. Se siete almeno trentenni potete immaginarvela con l'arpa solista dell'"intervallo" RAI.
Minatori-schiavi
"Cina: operai o schiavi?" E' anche grazie alle inumane condizioni di lavoro dei minatori del carbone in molti paesi del mondo, che il prezzo dell'estrazione resta basso. Articolo da panorama.it
"Non è una novità leggere che la Repubblica popolare viene accusata di aver sfruttato oltre ogni limite migliaia di lavoratori che pur di offrire alle loro famiglie un futuro migliore accettano di subire qualsiasi tipo di prevaricazione. E’ già stato scritto molte volte che in alcune fabbriche gli operai migranti vivono in condizioni talmente disagiate da indurre i lavoratori caratterialmente più deboli a tentare il suicidio pur di cambiare vita, come è successo da Foxconn e in chissà quante altre aziende senza che i media lo abbiano saputo.
Oggi gli operai cinesi hanno imparato a scioperare, e alcuni, protestando, sono persino riusciti a strappare un salario accettabile e condizioni di lavoro più umane. Un miglioramento che, invece, chi lavora per i cinesi all’estero fa più fatica a ottenere. Lo dimostra il caso dello Zambia, dove gli imprenditori orientali continuano a sfruttare i ricavi delle miniere di carbone senza interessarsi delle condizioni in cui vivono e lavorono gli operai-schiavi da loro assoldati.
Orari massacranti, salari da fame (un centinaio di dollari al mese, circa). Niente mascherine o calzature adeguate. Solo quando alcuni imprenditori hanno risposto alle proteste dei minatori con colpi di pistola il governo ha deciso di intervenire. E’ stato negoziato un nuovo contratto che tra stipendio e benefit per i trasporti impone come minimo salariale poco meno di 150 dollari. E i due boss cinesi verranno processati a gennaio per tentato omicidio. Purtroppo, però, il governo non può fare di più: solo nel 2009, la Cina ha investito più di quattrocento milioni di dollari nelle miniere dello Zambia, e Lusaka non può permettersi di giocarsi l’amicizia di Pechino.
Quello che devono invece sperare i lavoratori e che continue proteste contro gli imprenditori cinesi possano spingere questi ultimi ad offrire fin dall’inizio condizioni di impiego più umane, senza aspettare la condanna della comunità internazionale per introdurre qualche forma di miglioramento. Una speranza, questa, in cui può essere più facile credere in giorni in cui la Cina si mobilita contro la Jiaersi Green Construction Material, nello Xinjiang, azienda accusata di aver acquistato da un’organizzazione umanitaria undici disabili mentali per poi farli lavorare come schiavi, gratis. Finalmente, la polizia ha promesso che il caso non verrà chiuso fino a quando non sarà fatta giustizia.
13 dicembre 2010
"Tutto quadra" (purtroppo per noi)
L'analisi di Antonio Manunta
L'area coinvolta (litorale nord di Civitavecchia) |
"E' impossibile non trarre le conclusioni che l'ostinazione del sindaco Moscherini a poter disporre delle zone alle spalle delle centrali elettriche e del porto, conduca oltre alla realizzazione del megaprogetto anche all'inceneritore presso la centrale Enel ed esattamente dove gli accordi prevedevano la piantumazione del bosco Enel di 40 ettari. E' la zona perfetta per la risoluzione ottimale dell'enorme problema dei rifiuti romani che essendo scarsamente differenziati sono della peggior specie sia per il presente conferimento in qualsiasi discarica che, ed è il nostro caso, per l'incenerimento. Ciò che rende più credibile ed attuabile questa soluzione è il passaggio della linea ferroviaria tirrenica esattamente lì, a ridosso delle grandi cupole deposito del carbone e al fianco dei bruciatori della centrale elettrica, con trasporto in carri ferroviari opportunamente predisposti da un punto di raccolta a Roma e convergenti con derivazioni ferroviarie e banchine in quell'enorme spazio dentro la centrale. Qualche malizioso potrebbe anche pensare che l'allarme su una megadiscarica nelle vicinanze del deposito NBCC di Santa Lucia sia un diversivo ad arte, per la sommatoria di problema trasporto, preparazione, gestione sito, impatto generale, ecc. a renderlo complicatissimo. Roma e Lazio conferiscono in discarica quasi 3 milioni di tonnellate annue, una quantità enorme di rifiuti contenenti tutta la materia fisica e chimica immaginabile, che tale rimane nonostante ripetuti proclami di aumento della differenziazione. Il trasporto è un pari problema per il numero e la circolazione di migliaia di camion sulle strade regionali e quindi il ragionamento ci porta dritti dritti e comodamente in treno, in bocca alla centrale Enel o meglio nelle caldaie dei bruciatori. Per Enel rappresenta combustibile, per Roma risparmio economico e per Civitavecchia introiti da servitù, con tutti gli attori soddisfatti ad esclusione di chi subirà il pesantissimo fattore ambientale dell'incenerimento massiccio dei rifiuti che si aggiunge a tutti gli altri inquinanti di terra, mare ed aria di cui Civitavecchia soffre. L' agire e il progettare per macrosistemi di Moscherini, con la sua convinzione che il resto si assesti da solo, a cascata, senza badare a chi e come si gestiscono i servizi aumenta questa convinzione. Egli probabilmente pensa che aumentando le entrate e i "fatturati" dell' "azienda Comune", comunque ed in qualsiasi modo avvengano, anziché ricercare un equilibrio gestionale, i problemi si auto-risolvono. La storia e l'analisi di città simili alla nostra dicono che problemi e disservizi aumentato in numero e in percentuale, e viene da chiedersi se tutte quelle persone che circondano Moscherini, quelle che lo approvano, lo adulano, lo sostengono, lo subiscono e che contrariamente a lui hanno intelligenze più terrene, con radici ed affetti in questo territorio, si fanno domande e riflettono su queste questioni.
Allumiere, comincia la racconta porta-a-porta
Da BigNotizie.it
"Nel comune di Allumiere è partita la raccolta differenziata porta a porta. Per un uso più intelligente delle risorse a disposizione, il sindaco Augusto Battilocchio ed il suo team – assessore Enrica Artebani in primis - hanno pensato al recupero dei materiali di riciclo.
In realtà da tempo l'amministrazione collinare ha intrapreso la strada (non sempre facile) della differenziata, ottenendo anche dei premi come uno dei comuni più ricicloni del Lazio. Da oggi però il primo cittadino ha coinvolto la cittadinanza in un ulteriore passo avanti, proponendo la raccolta domiciliare.
"Impiegata in molte città sia di Italia che di Europa – ha spiegato Battilocchio, d'accordo con la Artebani – la raccolta domiciliare ha il grande vantaggio di una maggiore comodità per tutti i cittadini. Rispetto a prima, i contenitori personali sostituiranno i cassonetti stradali, mentre i bidoni per le vie saranno destinati all'uso dei soli esercizi commerciali. Con la differenziata ogni rifiuto segue strade diverse, attraverso le quali viene trasformato di nuovo in qualche oggetto e risorsa utile. Ogni materiale riciclabile dovrà essere messo nell'apposito contenitore, mentre ciò che non è riciclabile verrà smaltito con particolari procedure, in modo da provocare il minor danno possibile all'ambiente".
Per rendere più facile la nuova raccolta, è stato fornito ai cittadini un utile elenco di tutti i materiali dalla A alla Z divisi in categorie (alimentari, organici, vetro, abiti, plastica, carta e non riciclabili) ed è in funzione presso la sede locale dell'Avis un punto informativo aperto dal lunedì al venerdì mattina. Per ulteriori informazioni è possibile anche rivolgersi presso l'Ufficio Tecnico del Comune, dal lunedì al sabato dalle 11 alle 13.
I rifiuti ingombranti e particolari potranno essere smaltiti presso l'isola ecologica della Cavaccia.
Tutti i cittadini dovranno rispettare le ordinanze relative al servizio, in particolare quello delle utenze domiciliari. A tutti i trasgressori verranno applicate pene pecuniarie secondo i termini di legge.
Pendolarismo da Terzo Mondo
Da centumcellae.it la testimonianza di un libero cittadino
"Osservare con costanza la vita dei pendolari che ogni mattina partono da Civitavecchia alla volta di Roma è assai interessante perché, per quanto microscopica e temporanea, questa condizione è rivelatrice di una realtà sociale più vasta.
Innanzitutto è necessario chiarire chi sono i pendolari da un punto di vista economico. E’ presto detto. In genere appartengono a categorie di lavoratori dipendenti a reddito medio-basso, siano essi operai salariati, piccola borghesia impiegatizia, addetti ai servizi con scarsa qualifica. C’è poi chi il reddito deve ancora procacciarselo come nel caso degli studenti.
Stabilito che noi pendolari apparteniamo principalmente a fasce sociali che vivono di salari e stipendi modesti, o poco più, notiamo che proprio per questo motivo ci troviamo per tutta la durata del viaggio immersi in un universo saturo di costrizioni. Vediamole.
1) Si viaggia con persone che non si scelgono. In altre parole, per quanto provvisoria, la compagnia è obbligata. Da qui l’affannosa preoccupazione di reperire posti per amici e colleghi di lavoro (simpatici).
2) L’ora e un quarto (salvo ritardi) di viaggio da Civitavecchia a Termini è trascorsa in spazi ristretti, promiscui, dove la pulizia lascia molto, molto a desiderare e il contatto fisico diventa spesso inevitabile favorito per di più dall’effetto sardina provocato dal sovraffollamento.
3) Non è possibile alcuna intimità. E se questa viene comunque manifestata (ad esempio, dormire) si è sottoposti all’attenzione esterna. Consapevolezza che, per restare al precedente esempio, ti fa dormire con un occhio solo per paura di furti, molestie ecc. In breve: il pendolare è sempre in allarme.
4) In piedi o seduti si è costretti in posizioni del corpo e posture obbligate. Dato il sovraffollamento e gli spazi angusti non è possibile muoversi a piacimento. E se si osa farlo si è sottoposti alla censura dei colleghi pendolari.
5) Qualsiasi conversazione faccia a faccia o telefonica è ascoltata da estranei (per la gioia del sociologo che così raccoglie abbondanti informazioni senza l’onere di intervistare qualcuno). Alla stessa visibilità pubblica sono sottoposti comportamenti espressivi quali ridere, scherzare, scambiare tenerezze con il proprio partner ecc.
6) Anonime voci emesse da altoparlanti lanciano periodicamente avvisi (essere in possesso del biglietto ecc.), ricordano i divieti e intimano punizioni (la multa, per esempio).
7) Infine, il pendolare è sottoposto a un regime di sorveglianza costante e ad eventuali sanzioni pubbliche da parte di personale in divisa.
L’insieme di questi fattori ci offre una realtà sociale assai ben definita. A cosa somiglia? A un carcere. Ancora più precisamente somiglia alla vita in cella. Sembra proprio che la prigione costituisca il modello a cui si sono ispirati coloro che hanno pensato e realizzato gli interni dei vagoni per pendolari. Ma si potrebbe obiettare che in fondo anche prendere il treno una volta l’anno per andare in vacanza significa trovarsi in compagnia di sconosciuti, all’interno di spazi ristretti, sovraffollati ecc. Vero. Però il turista baratta la rinuncia al proprio privato in cambio di un’aspettativa piacevole e per poche volte all’anno.
Il pendolare invece risponde a un obbligo tutti i giorni, spesso per decenni o per tutta la vita. Ne consegue che il significato della sua condizione e il senso del suo vissuto sono imparagonabili rispetto a quelli di altri viaggiatori che sono tali per scelta. Ed sono imparagonabili anche con viaggiatori che, saltuariamente, si trovano in situazioni simili.
Al di là di questa disputa ciò che unifica forse ogni viaggiatore che utilizza il treno è che si potrebbero realizzare vagoni molto più comodi e inventare soluzioni per rendere gli interni a misura d’uomo. Manca la tecnologia?
Nient’affatto. Siamo asfissiati dalla tecnologia. Manca la volontà politica. In breve: si potrebbe tranquillamente realizzare una modalità di viaggio di gran lunga qualitativamente migliore dell’attuale.
Perché il pendolare si trova invece a vivere quotidianamente un’odissea fatta di
bagni inagibili, sedili sporchi, sovraffollamento, climatizzatori che non funzionano, vagoni maleodoranti, ritardi e lunghi tempi di percorrenza?
Semplice: non appartiene a fasce sociali vincenti. Quelle che in Italia non pagano le tasse e non vanno in prigione e che comunque quando viaggiano in treno si trovano in situazioni molto più confortevoli e non in carri bestiame.
Eppoi raramente, se non mai, la media e alta borghesia utilizzano il mezzo pubblico per spostarsi. Questo è destinato al popolo. E farlo viaggiare in condizioni punitive è una tecnica di controllo sociale. Ci si stanca di più, si diventa maggiormente egoisti, non si ha tempo da dedicare al prossimo e non ci si vede inseriti in una collettività.
Infatti, nonostante da decenni la tratta Civitavecchia-Roma sia indegna di un paese civile, i pendolari non riescono a migliorare la propria condizione. Non si tratta di un problema locale, ma nazionale. I due milioni e mezzo di pendolari italiani vivono più o meno gli stessi disagi ormai da generazioni. Occorrerebbe un’altra politica per non trovarci ogni giorno a passare delle ore dentro un carcere con le ruote. Una politica che metta al primo posto l’essere umano. Una politica che non c’è. E la favoletta delle risorse scarse la vadano a raccontare a qualcun altro.
Patrizio Paolinelli"
enel ci augura una buona serata
I sonetti di Giancarlo Peris: "La foresta"
A tre mesi dall'avvìo della rubrica pubblichiamo l'undicesimo sonetto del prof. G. Peris. Questo "La foresta" ci ricorda come la diatriba sugli alberi da piantare a ridosso di TVN (a parzialissima compensazione per il danno ambientale, oggi previsto da prescrizioni VIA) abbia ormai 10 anni d'età, eppure nel sito dove dovrebbe sorgere il piccolo boschetto ad oggi si trovano solo serbatoi e una discarica abusiva enel.
La foresta 19 ottobre 2001
Lavoro e Ambiente dice che er carbone
Da mette a Torre Nord, a la centrale,
E’ forse er marchingegno più geniale
Pe’ fa’ cresce salute e occupazione.
Però, p’esse sicuri de ‘st’opzione,
E fa’ contento tutto er litorale,
Dovrebbe l’Enele imbocca’ er canale
De ribassa’ più ancora l’emissione.
Poi dice che pe’ contrasta’ cor fatto
Che spandono ne l’aria l’anidride,
Bisogna mette l’arberi a filagna;
E quindi ‘na foresta c’è ner patto
Che annrà, p’esse quarcosa che un po’ incide,
Da la Calabria infino a la Romagna.
Carbone a TorreValdaliga Nord, 2010
Dal dossier 2010 "Carbone: un ritorno al passato" di Legambiente (pp. 17-18), riportiamo il paragrafo dedicato alla centrale a carbone enel Torrevaldaliga Nord:
"Nonostante referendum, manifestazioni e iniziative di cittadini e di molte istituzioni, si è conclusa nel 2009 la trasformazione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia. L’impianto, una volta entrato completamente in azione con 6.500 ore all’anno di lavoro con i suoi 1.980 MW di potenza, sarà il secondo, dopo la centrale Enel di Brindisi Sud, in Italia per emissioni di gas serra, aggravando ulteriormente la situazione già critica di uno dei più grandi poli di produzione termoelettrica d’Europa. A farne parte sono anche le due centrali di Torrevaldaliga Sud e Montalto di Castro, impianti che hanno superato nelle ultime analisi le soglie Ines (Inventario nazionale delle emissioni e loro sorgenti) per diversi inquinanti, come ossidi di zolfo, ossidi di azoto, cadmio, cromo e nichel, per 6.700 MW di potenza installata.
Tornando alla centrale a carbone, è evidente il notevole ritardo nella realizzazione delle prescrizioni individuate nel Decreto Via n. 680/2003 a tutela dei cittadini e dell’ambiente. La rete dell’Osservatorio Ambientale ha ricominciato, dopo 5 anni di silenzio, a comunicare i dati, ma rimangono sconosciuti i valori rilevati dallo Sme (il sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni). È ferma la realizzazione dell’area boscata di circa 40 ettari, denominata “Parco dei Serbatoi” (anzi nell’area individuata la Procura della Repubblica ha avviato un inchiesta visto l’accumulo di rifiuti di cantiere);
addirittura il Comune di Civitavecchia ha chiesto di soprassedere dalla realizzazione dell’opera di mitigazione ambientale, in cambio di altri interventi. Il biomonitoraggio ambientale è datato e condotto con metodologie ormai superate. Il discutibile trapianto di posidonia oceanica, inserito tra le prescrizioni per mitigare l’impatto della “Darsena energetica grandi masse”, presenta diverse aree distrutte e la prateria in pessimo stato.
È stata appena avviata, e già si parla di modifiche alle autorizzazioni per bruciare anche Cdr, ma la centrale ha già diversi problemi con il rumore: accade che di notte rombi e sibili sveglino i cittadini, tanto che anche in questo caso la Procura ha aperto un’inchiesta dalla quale si arriva a capire che il problema sarebbe nel desolforatore.
Nel frattempo dalla relazione semestrale sulle attività della Direzione Investigativa Antimafia circa le infiltrazioni mafiose a Roma e nel Lazio, come risulta dalle anticipazioni sulla stampa romana dei giorni scorsi, emerge un quadro estremamente allarmante, anche per gli interessi «criminali per le imprese attive nei lavori della centrale di Torrevaldaliga Nord».
Intanto nell’adiacente centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Sud sembra invece
sventata la riattivazione e conversione a carbone del quarto gruppo ora inattivo."