Milioni di anni. Quello che siamo è il risultato dell'evoluzione entro un ambiente in cui ogni elemento dell'ecosistema vive in equilibrio con gli altri. Ad evolversi non è infatti solo il singolo organismo, ma il rapporto tra essi.
Un bel giorno l'uomo fa la scelta più avventata mai fatta: modificare il codice genetico di determinati organismi per fini produttivi. Senza avere una pallida idea delle implicazioni che questa scelta potrebbe avere sul genere umano. Senza sapere cosa, sul lungo periodo, potrebbe accadere con la diffusione nell’ambiente di questi organismi modificati.
Una arroganza che potremmo pagare cara, eppure il principio di precauzione, crescenti testimonianze della pericolosità degli OGM (vedi la sterilità riscontrata nei topi), il pericolo infestazione / riduzione della ricchezza genetica del pianeta, finanche la loro produttività molto più scarsa del previsto, i problemi legali e i danni economici alle economie locali derivanti dai brevetti genetici: tutto questo non è stato finora sufficiente a fermare la follìa degli OGM.
Segue una serie di news dalla newsletter di Equivita
24/11/10
Germania: Corte costituzionale riafferma la validità delle “regole stringenti” sugli Ogm
Fonte: Ufficio stampa Corte costituzionale
Pronunciandosi sul ricorso presentato dal Land Sassonia-Anhalt contro la “Legge federale sull’ingegneria genetica”, la Corte costituzionale tedesca ha riaffermato la legittimità e costituzionalità delle misure in essa contenute. La Corte ha riconosciuto che l’ingegneria genetica comporta una modifica irreversibile delle strutture elementari della vita e che è difficile, se non impossibile, arginare la diffusione del materiale geneticamente modificato immesso nell’ambiente. Mancando ancora una conoscenza scientifica degli effetti a lungo termine dell’ingegneria genetica, è compito del legislatore preservare dai possibili effetti avversi delle colture gm i cittadini e l’ambiente, anche in virtù del vincolo di responsabilità che lega le generazioni attuali a quelle future. Resta in piedi, così, l’obbligo per chi contamina coltivazioni tradizionali o biologiche di risarcire i propri vicini, nonché quello di iscrivere le coltivazioni gm sperimentali in un registro di pubblico accesso che ne consenta il costante e trasparente monitoraggio.
12/11/10
“Eurobarometro sulla biotecnologia 2010”: cresce in Europa l’opposizione al cibo gm
Fonte: Greenpeace
Secondo il nuovo “Eurobarometro sulla biotecnologia” la percentuale di quanti in Europa si oppongono ai cibi geneticamente modificati è in aumento. Dichiara Marco Contiero di Greenpeace: “Il sondaggio ha prodotto risultati inequivocabili: il 61% della popolazione europea è contraria a un’ulteriore diffusione degli alimenti gm in UE”. Nel precedente Eurobarometro riguardante gli Ogm (“Attitudine dei cittadini europei verso l’ambiente”, 2007) i contrari al cibo gm costituivano il 58% della popolazione.
Per i cittadini europei gli alimenti gm sono fondamentalmente innaturali (70%), non sicuri per la salute umana (59%), non sicuri per le generazioni future (58%), vantaggiosi per alcuni, ma causa di rischi per altri. Meno di un terzo di tutti gli intervistati ritiene che gli Ogm siano utili all’economia e l’84% dei cittadini dimostra di avere una buona conoscenza del problema. Ciò prova che, contrariamente a quanto sostiene l’industria biotech, l’opposizione dell’opinione pubblica europea agli Ogm è il prodotto di una scelta informata e non di ignoranza. Lo conferma la cospicua perdita di consensi in un paese, la Spagna, tradizionalmente pro-Ogm e in cui i transgenici sono coltivati su vasta scala: tra il 2005 e il 2010 la percentuale dei favorevoli agli Ogm è passata dal 53 al 35%.
10/11/2010
Unione europea: debutto disastroso per la patata Amflora
Contaminazione, rifiuto sociale e il ricorso di cinque governi sintetizzano il suo primo anno di coltivazione
Rompendo un’ultradecennale moratoria di fatto, la Commissione europea ha autorizzato lo scorso marzo la coltivazione della patata gm Amflora sul territorio dell’Unione. Dopo la prima semina, tuttavia, il bilancio non potrebbe essere più negativo. Rifiutata dall’opinione pubblica e dall’industria, gran parte del raccolto del vegetale gm è risultato contaminato e quindi sequestrato. Austria, Ungheria e Lussemburgo ne hanno proibito la coltivazione e cinque governi europei ne hanno contestato l’approvazione davanti alla Corte di Giustizia europea.
Nel corso del 2010 la patata Amflora è stata coltivata complessivamente su 267 ettari di terra, suddivisi tra Svezia, Germania e Repubblica ceca. In Svezia il debutto di Amflora si è intrecciato con lo scandalo provocato da un’altra patata gm, Amadea, coltivata sul suolo dell’Unione pur non essendo autorizzata. Per effetto della contaminazione causata dalla patata illegale, 16 dei 120 ettari di Amflora coltivati in Svezia sono stati distrutti. Sorte non migliore è toccata ai 15 ettari coltivati in Germania, anch’essi sequestrati per il rischio contaminazione e assicurati in un magazzino del governo federale fino a nuovo ordine.
Anche l’industria europea dell’amido ha voltato le spalle ad Amflora, per evitare problemi di contaminazione e non incorrere nel rifiuto dei consumatori. Del resto, esistono già sul mercato patate tradizionali dotate dello stesso contenuto di amido, a ulteriore conferma del fatto che metterne in circolazione una geneticamente modificata pericolosa per la salute umana fosse del tutto innecessario.
01/11/2010
Giappone: approvato un protocollo internazionale contro i rischi posti dagli Ogm
Fonte: Clarissa, di G. Sinatti
Un nuovo protocollo sulla responsabilità ed il risarcimento in caso di danni causati dagli spostamenti transfrontalieri di organismi viventi geneticamente modificati (LMO) è stato adottato lo scorso 15 ottobre nel quadro della Convenzione sulla Biodiversità (CBD), approvata il 22 maggio del 1992 e sottoscritta ad oggi da 188 Paesi.
Ci sono voluti ben sei anni di negoziati per giungere a questo "protocollo addizionale di Nagoya-Kuala Lumpur" che rende operativo l'articolo 27 del cosiddetto Protocollo di Cartagena sulla Bio-sicurezza, del 29 gennaio 2000, un accordo internazionale sviluppato nel quadro della CBD, il cui scopo è di definire a livello internazionale misure rivolte a proteggere la diversità biologica dai rischi potenziali posti dagli organismi geneticamente ingegnerizzati dalle moderne biotecnologie: il citato articolo 27 prevede appunto l'elaborazione di regole e procedure internazionali per la responsabilità ed il risarcimento in caso di danni alla biodiversità causati dalla movimentazione di organismi viventi geneticamente modificati.
Il documento approvato il 16 ottobre scorso stabilisce infatti che tutti gli operatori (commerciali, produttori, esportatori, importatori, trasportatori) saranno ritenuti responsabili anche dal punto di vista finanziario della movimentazione di questo tipo di organismi fra Stati diversi e degli eventuali danni conseguenti.
Il nuovo accordo sarà disponibile per ulteriori adesioni presso la sede delle Nazioni Unite dal 7 marzo 2011 al 6 marzo 2012 ed entrerà in vigore novanta giorni dopo essere stato ratificato da almeno 40 Paesi che aderiscono al Protocollo di Cartagena sulla Biodiversità.
13/09/10
Stati Uniti: Fondazione Gates investe nella Monsanto
Fonte: Via Campesina e Community Alliance for Global Justice
Nel secondo quadrimestre del 2010 la “Fondazione Bill and Melinda Gates” ha acquistato 500.000 azioni della Monsanto investendo oltre 23 milioni di dollari nella multinazionale. Lo ha reso noto un sito web di finanza suscitando un’ondata di indignazione tra le organizzazioni di agricoltori e della società civile di tutto il mondo. La “Fondazione Gates” è stata costituita nel 1994 dal fondatore della Microsoft Bill Gates e oggi esercita un’influenza egemone sulla politica globale per lo sviluppo agricolo, riversando centinaia di milioni di dollari su progetti che incoraggiano gli agricoltori dei paesi poveri a utilizzare sementi gm e fitofarmaci della Monsanto. La recente acquisizione delle azioni della multinazionale, però, dimostra che tale attività di promozione è motivata più dalla ricerca di profitti che dalla filantropia.
Lo stretto legame con la Monsanto e altre multinazionali biotech, tuttavia, non è l’unica stigmate dei progetti e delle iniziative multimiliardarie che fanno capo alla “Fondazione Gates” (AGRA, GAFSP, “Feed the Future Initiative”, ecc …).
Un rapporto del 2008 commissionato dalla Banca Mondiale e dalle Nazioni Unite (International Assessment of Agricultural Knowledge Science and Technology for Development - IAASTD) promuove soluzioni alternative ai problemi della fame e della povertà, evidenziandone l’origine sociale ed economica. Secondo il rapporto, l’agricoltura agro-ecologica su base familiare risponde meglio di quanto non faccia il modello industriale esportato dalla Fondazione Gates alle necessità dei paesi poveri ed è in grado di produrre cibo continuando a rispettare il pianeta.
Nelle parole di un’esponente di “Via Campesina”, inoltre: “Nessuna fondazione – quand’anche ben intenzionata - può arrogarsi il diritto di definire le politiche agricole e alimentari di una nazione. La democrazia richiede la partecipazione informata della società civile, affinché questa valuti ciò che è nel migliore interesse della gente”.
29 dicembre 2010
Organismi Geneticamente Modificati news
28 dicembre 2010
Civitavecchia, Alto Lazio: bilancio di una situazione critica
Pubblichiamo l'articolo di S. Ricotti "Perchè non va alterato il sistema ambientale", dal numero di Dicembre 2010 della rivista FuturaMente.
Civitavecchia, poco più di 50.000 abitanti, 71 Km2 di territorio.
Due centrali termoelettriche (ma fino a pochi anni fa erano tre) per un totale di 3500 MW di potenza installata, 110 Km di elettrodotti, un porto tra i più grandi del Mediterraneo, un cementificio, una boa petrolifera posta al largo del porto, sei depositi costieri per oli minerali di cui quattro sottoposti a direttiva Seveso, un centro chimico militare per lo smaltimento delle armi chimiche della prima guerra mondiale (in particolare iprite) e al cui interno vi è lo stoccaggio dell’arsenico utilizzato per inertizzare quest’ultime; due discariche per RSU in fase di post mortem, una in fase di esaurimento, due discariche per rifiuti speciali e pericolosi ed infine, a pochi Km di distanza, la centrale di Montalto di Castro, in odore di riconversione nucleare.
Un territorio dove il mare non è balneabile, se non per piccoli tratti, l’acqua è in deroga per superamento dei parametri di arsenico, fluoruro, vanadio e selenio da oltre tre anni, dove le percentuali di mortalità e morbilità per neoplasie all’apparato respiratorio, per leucemie e linfomi e quant’altro sono al di sopra delle medie regionali e nazionali e dove, a fronte del ricatto occupazionale utilizzato per sponsorizzare questi impianti veleniferi, la disoccupazione supera il 20 %.
Sono sufficienti questi pochi dati per comprendere quali siano le conseguenze del vivere nel raggio di azione di una servitù energetica e, nel contempo, come questa comunità, succube del ricatto occupazionale e considerata variabile dipendente dei bilanci aziendali delle varie lobby agenti sul territorio, prima fra tutte l’ENEL, sia condannata a logorarsi al proprio interno.
Narrare di Civitavecchia significa narrare la storia di una colonizzazione lunga anni, la storia di un territorio artatamente e metodicamente preparato ad essere aggredito, privato della sua anima e del suo futuro, inquinato nelle coscienze prima ancora che nelle sue risorse naturali, significa narrare dell’inerzia, quando non subalternità, delle istituzioni, Comune in testa, ma anche dell’intero ceto politico del comprensorio, che ha consentito che ciò avvenisse, abbagliato dai milioni di euro per compensazioni ambientali riversati nelle casse dei comuni.
Come un leitmotiv si sente ripetere che la politica si deve misurare con la vita reale dei cittadini.
Ebbene le vite reali e materiali dei cittadini in questo territorio, come in tanti altri, costituiscono la concretezza di quelle percentuali di mortalità e morbilità per tumore bronchiale e pleurico, per asme ed allergie, per insufficienza renale cronica etc…, aspetti sui quali è palesemente e colpevolmente lacunosa la Valutazione di Impatto Ambientale come dichiarato dal Ministero dell’Ambiente e da quello della Salute.
Le vite materiali sono quelle dei lavoratori del cantiere, quasi tutti precari, che, dopo il becero ricatto occupazionale usato per far digerire il progetto, come hanno a più riprese denunciato i Sindacati, sono stati costretti a ritmi di lavoro serrati e ad operare nella sovrapposizione di operazioni lavorative di diverso genere, pagando con decine d’infortuni, come quelli che sono costati la vita a Michele Cozzolino, ad Ivan Cuffary e a Sergio Capitani, la totale latitanza dell’Enel che, in qualità di committente, avrebbe dovuto invece garantire l’andamento in sicurezza dei lavori.
Vite materiali su cui, la riconversione a carbone falsamente definito “pulito”, riverserà tonnellate di veleni: basti sapere che ogni ora la centrale emetterà 6.300.000 mc di emissioni, per 17 ore al giorno e 6500 ore l’anno, che significheranno l’immissione nell’atmosfera di 3450 t/a di ossidi di azoto, 2100 t/a di anidride solforosa, 260 t/a di polveri, 24 t/a di metalli pesanti quali mercurio, vanadio, nichel, cadmio, cromo, ammoniaca etc (dati ENEL).
Una riconversione, quella a carbone, che ha contrapposto lavoratori e popolazione contraria, ed ha costituto, negli anni scorsi, il nodo della grave lacerazione del tessuto sociale di Civitavecchia che si ritrova solo quando, unita nel dolore, quando piange i propri figli, morti sul lavoro o per neoplasie di vario tipo.
Un territorio che, però, rischia di rimanere rinchiuso nel suo dolore e nelle sue contraddizioni; di non trovare più l’orgoglio di pretendere rispetto nemmeno quando deve salvaguardare i propri figli, accettando silente che, ad esempio, dopo l’altisonante annuncio del sindaco Moscherini della chiusura per quindici giorni dell’impianto di Torrevaldaliga Nord, a seguito della infortunio costato la vita a Sergio Capitani, il cantiere venisse riaperto dopo poco più di 72 ore, tempo certo non sufficiente né a verificare a fondo, né tantomeno a ristabilire le condizioni di sicurezza.
Gli occhi dei lavoratori velati di lacrime al funerale di Sergio, offuscati da rabbia mista a rassegnazione, narravano della loro paura/certezza che tutto sarebbe tornato, come è tornato, a girare come prima, in quel cantiere della morte e che le loro vite sarebbero continuate ad essere, come lo sono, sacrificabili sull’altare della ricerca smodata di profitto.
Dubbi non certo infondati visto il silenzio assordante delle istituzioni, primo fra tutti proprio il Comune di Civitavecchia, sulle tante irregolarità rilevate in quella centrale.
Nulla sulle reiterate denunce dei sindacati e dei lavoratori che, a più riprese, e da svariato tempo, avevano espresso le proprie preoccupazioni riguardo la sicurezza, legate ai serrati ritmi lavorativi imposti e alla sovrapposizione di operazioni lavorative di diverso genere, oltre al non controllo di maestranze fortemente variabili e precarizzate, nella totale latitanza dell’Enel che, in qualità di committente, avrebbe dovuto garantire l’andamento in sicurezza del cantiere.
Nulla sulle inquietanti nubi, a volte rosse a volte bianche, che si alzano dalla centrale e che Enel, con arroganza offensiva, si affretta ad assicurare essere composta, a seconda dei casi, di ruggine o vapore acqueo e comunque confinata (sic!) nell’area di cantiere, come se, peraltro fosse normale che cittadini e lavoratori del cantiere siano costretti a respirare aria satura di ruggine!
Nulla sul rumore sordo e continuo che da tutte le parti della città stanno lamentando.
Nulla sui cumuli di rifiuti pericolosi accatastati e forse interrati in aree non autorizzate, né sulla gestione e stoccaggio delle ceneri a cielo aperto (ma che il progetto prevede debbano essere trattate in impianti sigillati e depressurizzati); fatti denunciati dal Movimento con video consegnatigli in forma anonima, che hanno condotto la Procura della Repubblica a sequestrare diverse aree del cantiere e a richiedere il rinvio a giudizio di ben undici persone.
Nulla sulle diverse deroghe ai limiti emissivi e alla gestione dei materiali pulverulenti richieste da ENEL al Ministero dell’ambiente; deroghe, che è bene specificarlo, non costituiscono solo un fatto teorico ma un’ulteriore immissione d’inquinanti nell’atmosfera con relative ricadute sulla salute.
Nulla sulla mancata ottemperanza di buona parte delle prescrizioni disposte dal decreto di Valutazione d’Impatto Ambientale.
Nulla, infine, sul fatto che l’impianto di Torrevaldaliga Nord sia in esercizio dal 24 dicembre 2008 in assenza di autorizzazione, motivo per il quale, a seguito della denuncia del Movimento, è stato avviato un procedimento che ha condotto il procuratore Capo Gianfranco Amendola a richiedere il sequestro dell’impianto successivamente rigettato dal Giudice per le Indagini Preliminari Giorgianni e che, dopo una prima richiesta di archiviazione ed una nostra opposizione alla stessa, è ancora in itinere.
Fatti che pongono in evidenza come la scelta del carbone a Civitavecchia, rappresenti l'eccellenza di scelte dissennate, irrispettose delle esigenze dei territori, dei cittadini che li abitano e della stessa legalità. Scelte antistoriche, il cui fallimento è immortalato nell’immagine di un pianeta sull’orlo del collasso ambientale ed energetico, incapaci, per loro stessa natura, di sostenere nuove strategie economiche che sappiano affrontare il nodo improcrastinabile della via d’uscita dalla produzione energetica da combustibili fossili.
Scelte che, al contrario, necessiterebbero di grande determinazione e forte radicalità politica, tale da superare le resistenze culturali di uno scientismo funzionale all'attuale sistema, i vincoli e i ritardi legislativi costruiti a difesa della filiera energetica da fonti fossili e la volontà tutta politica di garantire e perpetuare il modello di sviluppo.
Il vero partito del “No” non sono i territori che si contrappongono a scelte dissennate, ma il partito trasversale della “rinuncia”: la rinuncia a contrapporsi al pensiero dominante neoliberista e sviluppista, antidemocratico per definizione, vera causa della sofferenza di 4/5 dell’umanità e del processo galoppante di espulsione della nostra specie dal pianeta; quel partito che rinuncia a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e l’avvelenamento della terra per garantire una speranza di futuro.
A Civitavecchia come altrove.
Simona Ricotti
Movimento No Coke Alto Lazio
I sonetti di Giancarlo Peris. "Miracoli"
Dal nostro prof. G. Peris, con i migliori auguri di buon Anno.
Miracoli 7 novembre 2001
Sur pianto che s’espresse giù a Pantano
Che rese chiacchierato er litorale
Ner monno, un gran mariologo mariano
Ci ha detto ch’era stata la centrale.
Perché tutto quer fumo nero e insano
Che a tanta gente in loco ha fatto male,
De certo nun adè pensiero vano
Che j’irritò er condotto lacrimale.
E mo che ‘n piagne più la madonnina
Siccome più de rado adè in funzione
Quer mostro prospiciente a la marina,
Er sindaco vo’ daje l’occasione
De pote’ piagne ancora, a la divina,
Spruzzannoje ne l’occhi der carbone.
Foto da Civitavecchia, 28/12/2010
Questa nuova immagine scattata e condivisa da un libero cittadino, mostra la cappa grigia / marrone di inquinamento che aleggia con rinnovata puntualità sopra Civitavecchia, grazie al carbone di TVN. Nel filmato (clicca qui) si vede inoltre la formazione della nuvola soprastante la centrale, dal camino della stessa.
25 dicembre 2010
Daniele Perello
24 dicembre 2010
Per ricordare il 2010 e prepararsi al 2011
In rete gira qualche immagine irriverente sulle faccende di Civitavecchia e dintorni, la pubblichiamo volentieri.
Nuovo Calendario 2011, il cielo sulla "Perla del Tirreno" |
enel fa le feste ai cittadini dell'Alto Lazio |
no comment (in foto: Gianni Moscherini sotto la ciminiera di TVN) |
Il sindaco di Civitavecchia Gianni Moscherini, noto filantropo |
Serene Festività
Cari amici e amiche,
in qualunque modo decidiamo di festeggiare, l'augurio è che possiamo sfruttare questi giorni come un'ottima, sacra scusa per stringerci con i nostri affetti e sospendere almeno per un attimo quanto ci accorcia il fiato nei giorni ordinari.
Come piccolo regalino per i nostri lettori abbiamo aggiornato qualche aspetto del sito e arricchito una cartella tra i Materiali con ottimi articoli da Le Scienze (traduzione italiana di Scientific American), per scaricarli cliccate qui.
Civitavecchia, le mani sulla mia città
Da UnoNotizie.it
Concordiamo con il Sindaco e con il suo novello e fedele portaborse Perello: "la realizzazione del Terminal Cina è un' autentica svolta storica per la città e per il comprensorio".
Una svolta negativa, però, che, al contrario di quanto da questi affermato, costituirà il definitivo affossamento del nostro territorio, seppellendo sotto una colata di cemento l’ultimo tratto di costa fruibile di Civitavecchia dopo averlo regalato ai grandi privati e sancendo la catastrofe ambientale che ne sarà la ovvia e naturale conseguenza.
E’ ormai un dato di fatto che purtroppo mai si senta questa Amministrazione proporre, discutere e ragionare di progetti sostenibili per la popolazione e la citt, che ne valorizzino caratteristiche e potenzialità, mentre è ormai costante l’impegno su progettualità iperboliche, avulse dai piani di programmazione vigenti, che devastano il territorio e ne peggiorano la qualità della vita e dell’aria con argomentazioni che ne mistificano il reale impatto ambientale nonché la valenza economica a favore di interessi privati, spesso oscuri e poco chiari.
Non è infatti un segreto, essendo stato oggetto di un' approfondita inchiesta anche su un giornale di levatura nazionale come l’Espresso, che la società “Centrale Finanziaria Generale”, con la quale il sindaco ha firmato l’ormai famigerato accordo per il megaprogetto, naviga in cattive acque finanziarie, tanto che il suo Presidente Giancarlo Elia Valori, nello spiegare il deficit di 3,6 milioni di euro, ha dovuto presentare un nuovo piano di aziendale basato sulla dismissione di molte delle attività in essere e sulla realizzazione, in accordo con il gruppo cinese HNA, del progetto di ammodernamento del porto di Civitavecchia con nuovi terminal e attrattive turistiche.
Un' operazione di risanamento del bilancio aziendale di una grande, quanto discussa, società privata (...all’inizio degli anni ottanta la Centrale era stata al centro delle operazioni condotte da Roberto Calvi per scalare la Rizzoli e il Correre della Sera. L’epilogo era stato tragico, con il banchiere trovato morto sotto un ponte di Londra, il fallimento del suo Banco Ambrosiano e una serie di misteri mai chiariti (Espresso 09.09.2010); a questo viene ridotto il nostro territorio.
Spiace poi prendere atto che un giovane politico come Perello, sostenitore della necessità di progetti per il territorio, faccia finta di non vedere e sapere che la realizzazione del Terminal Cina lungo la costa e la pineta della Frasca comporterà la definitiva e completa distruzione dell’ultimo tratto di mare fruibile, portando solo uno sviluppo/non sviluppo inquinante e non sostenibile.
In qualità di associazioni che da anni si battono per la tutela del territorio e per la salvaguardia della salute della popolazione, ribadiamo la nostra ferma contrarietà a progetti folli e faraonici che nulla hanno a che vedere con la comunità locale che ha invece bisogno di una progettualità che contemperi le esigenze di tutta la cittadinanza in armonia con l’ambiente circostante in un’ottica proiettata alla sostenibilità.
Civitavecchia ha già da tempo pagato un prezzo altissimo agli incantatori di serpenti che spacciano la cementificazione come opera necessaria allo sviluppo. Con la realizzazione del Terminal Cina, in un’area peraltro già sottoposta ad una notevole pressione industriale e tutelata anche per questo da vincoli di natura ambientale e archeologica, (tanto da essere inserita nel Piano Territoriale Provinciale Generale (PTPG), approvato recentemente, (nell’elenco delle aree protette in quanto “area meritevole di tutela per la quale è in corso la procedura d’istituzione”), la qualità della vita di Civitavecchia subirà un ulteriore tracollo.
Questa è la svolta buia che attende la città ed a cui il sindaco Moscherini e i suoi novelli portaborse vorrebbero condannarla.
A questo ci opporremo con tutte le nostre forze.
Forum Ambientalista
Sezione Civitavecchia
La responsabile
Simona Ricotti
ItaliaNostra
Sez. Asfodelo- Gruppo Civitavecchia
La Presidente
Roberta Galletta
Assemblea nazionale "Uniti e Diversi", comunicato
Riceviamo da www.unitiediversi.it, e pubblichiamo:
“Uniti e Diversi”, questa è la denominazione di un progetto politico del tutto inedito che ha preso il suo avvio a Bologna, sabato 18 dicembre, nella Facoltà di Scienze della Formazione (gc) dell'Università di Bologna.
Come chiarito nella relazione introduttiva di Maurizio Pallante, comincia un percorso che, nella intenzione dei promotori, dovrà sfociare nella creazione di un nuovo soggetto politico, del tutto esterno ai partiti esistenti, capace di proporre un governo della transizione verso una nuova società non più costruita sul consumo insensato delle risorse e sulla devastazione dell'ambiente e della stessa natura umana, del tempo vitale degli individui.
I promotori concordano sulla impossibilità pratica, materiale, di proseguire lo sviluppo nelle forme e nei modelli degli ultimi due secoli. E' necessario promuovere, a livello di larghissime masse popolari, nuovi stili di vita, di produzione, di consumo, basati sulla solidarietà e non sulla concorrenza.
Il nuovo soggetto politico non avrà connotati di destra o di sinistra, ma si rivolgerà alla gente di ogni ceto, per costruire un percorso di pace, di difesa dei territori, di democrazia partecipata, verso una nuova convivenza umana. I promotori vogliono un'Italia fuori da ogni guerra e da ogni alleanza militare.
I promotori del percorso sono la Rete Provinciale Torinese del Movimenti e Liste di Cittadinanza (RPTMLC, comprendente il Comitato di cittadinanza attiva e Lista Civica Rivalta Sostenibile, Lista Civica Alpignano, Per il Bene Comune Piemonte, Alternativa Piemonte, ANIMO Nichelino); Maurizio Pallante (MDF Movimento Decrescita Felice); Giulietto Chiesa (Alternativa); Monia Benini (Per il Bene Comune); Massimo Fini (Movimento Zero).
L'Assemblea di Bologna è stato il quarto momento di un percorso iniziato a Torino il 16 ottobre , con una assemblea a inviti promossa da RPTMLC , cui parteciparono circa 80 invitati in qualità di rappresentanti di organizzazioni e movimenti. Due successivi incontri ristretti, a Genova e Roma, hanno consentito di elaborare un ampio documento preliminare e programmatico comune, che l'Assemblea di Bologna ha ratificato.
Hanno partecipato all'evento oltre 130 presenti (provenienti da 12 regioni), tra cui alcune decine di osservatori, individuali e di gruppo. L'Assemblea, a differenza di quella torinese e dei successivi incontri, era infatti aperta alle partecipazioni esterne. Hanno preso la parola non solo coloro che avevano già sottoscritto il documento, ma anche da numerosi osservatori a titolo individuale e a nome di gruppi e movimenti.
L'Assemblea ha avuto una prima parte di discussione suddivisa in quattro gruppi generali e una seconda parte di discussione plenaria.
Le conclusioni sono state le seguenti: è stata ratificata la nomina di un Portavoce Nazionale che parlerà a nome di tutti i soggetti aderenti, nella persona di Maurizio Pallante.
E' stata ratificata la nomina della Segreteria Nazionale Operativa di cinque membri, composta da Mauro Marinari (RPTMLC), Fabrizio Tringali (Alternativa), Monia Benini (Per il Bene Comune), Maurizio Cossa (MDF), Siro Passino (Movimento Zero).
Nel corso dei prossimi due mesi si svolgeranno in ogni regione le assemblee unitarie aperte, ciascuna delle quali eleggerà due suoi portavoce nel Coordinamento Nazionale di Uniti e Diversi.
La Segreteria Operativa collaborerà con tutte le realtà locali aderenti per promuovere un calendario di incontri locali, alla presenza dei fondatori del progetto.
La Segreteria Operativa varerà a breve, in base alle indicazioni dell'Assemblea, un calendario di incontri seminariali e di laboratori nazionali tematici che avranno l'obiettivo di arricchire, precisare i temi del documento programmatico comune.
Bologna, 20 dicembre 2010
25 anni dal referendum contro il carbone a Gioia Tauro
Da Newz.it: Legambiente, il referendum contro la centrale di Gioia serva da monito per Saline
"Sono trascorsi 25 anni e quella straordinaria giornata è ormai diventata una bella pagina di storia, un ricordo ma anche un monito e una lezione tornati ad essere, alla luce di recenti avvenimenti di Rossano e di Saline, fortemente attuali". Con queste parole Nuccio Barillà, dirigente nazionale di Legambiente, ha aperto l’Assemblea dei Soci del “Cigno Verde” che si è svolta ieri, mercoledì, presso la sede di via Tripepi dedicata alle riflessioni sull’impegno ambientalista a 25 anni del referendum popolare contro la centrale a carbone di Gioia Tauro. Un’occasione scelta dagli ambientalisti non solo per celebrare una data significativa, ma anche per rilanciare la battaglia contro la centrale e per lo sviluppo pulito di Saline Ioniche, diventato, suo malgrado, nuovo avamposto e simbolo della difesa del territorio. L’Assemblea, oltre alla relazione di Barillà, è stata arricchita dagli interventi di Lidia Liotta, Mariacaterina Gattuso, Marinella Arria, Paola Nasti, Antonella Politi, Mario e Carmelo De Grazia, Nicoletta Palladino. In un documento definito a conclusione dell’Assemblea, viene evidenziata l’attualità di una tappa storica e le molte analogie tra la vicenda della centrale di Gioia Tauro e quella di Saline Ioniche. Alla base della localizzazione assurda dell’impianto termoelettrico , è stato ricordato, vi fu la ghiotta opportunità fornita dal Porto, ma soprattutto la convinzione che la Calabria, costretta da una disperata condizione economica, da una fortissima emergenza occupazionale, dalla permeabilità di una classe politica ritenuta “elemosiniera” e dalla presunta fragilità e disorganizzazione della società civile, non avrebbe opposto alcuna resistenza e avrebbe ingoiato l’impianto sputa-veleno. Ciò prevedibilmente non sarebbe stato possibile in altre parti del territorio italiano. Quella volta, però, si verificò qualcosa di straordinario e sorprendente. Contro lo “schiaffo” dello Stato centrale si mobilitò quasi l’intera Calabria, sospinta dalle popolazioni direttamente interessate e dalle sue rappresentanze istituzionali e sociali. Di quella lunga lotta, durata quasi tredici anni, il referendum popolare autogestito, tenutosi il 22 dicembre 1985 in ben dodici comuni della Piana reggina e della fascia tirrenica catanzarese, fu il momento più esaltante. Schiacciante e inequivocabile la vittoria del NO, che totalizzò oltre il 97%. A favore della Centrale a carbone si espressero soltanto 933 elettori su 36.583, appena il 2,6%. L’esito dello scrutinio fu giudicato quasi unanimemente “un plebiscito, un evento straordinario, un esercizio collettivo e maturo di democrazia, un segnale di chiarezza e di speranza che va ben oltre la Calabria”. A scendere in campo nella Piana di Gioia Tauro e in Calabria, ricorda Legambiente, ci fu una popolazione variegata, il legante che tenne insieme tutti fu la paura del “mostro inquinante”, dunque la difesa dell’ambiente e della salute, quali beni assoluti e non barattabili. Fu anche, però, la presa di coscienza collettiva che una diversa via di sviluppo, scelta dal basso, capace di valorizzare, piuttosto che depredare, le risorse e di, tenere insieme le ragioni dell’ambiente e del lavoro, non solo era possibile ma era l’unica, dati alla mano, utile e proponibile per la Piana. Se il pronunciamento, corale e democratico, dei calabresi non bastò ad infrangere, subito e da solo, il muro ostinato dello Stato centrale, rappresentò il punto più alto di una lotta tenace che condusse alla vittoria finale che fece svanire l’incubo. "A distanza di 25 anni di distanza del referendum della Piana di Gioia Tauro, per un beffardo e cinico gioco non certo del destino è ancora una centrale a carbone -quella che una società privata, la SEI, vuole con complicità varie costruire a Saline Joniche, al centro dello scontro e del dibattito. Oggi come allora il confronto non è semplicemente tra chi vuole a tutti i costi imporre un impianto devastante e dannoso e chi, con ponderate ragioni, lo rifiuta. Di fronte ci sono soprattutto, due linee del tutto opposte di politica energetica e due diverse, inconciliabili, visioni della democrazia, dello sviluppo, del ruolo e del futuro della Calabria e del Sud”. La vittoria nel referendum di 25 anni fa, conclude Legambiente, è di buon auspicio perché, con la compattezza e la lotta, anche a Saline si possa allontanare l’incubo del carbone e si colga l’occasione per dare solide basi e concreti finanziamenti a uno sviluppo diverso capace di dare risposte occupazionali, rinnovabili nel tempo, e opportunità d’impresa credibili ed efficaci.
Un po' meno carbone negli USA
Da Greenreport.it: Nel 2010 chiuse centrali per 12.000 MW
"Sierra Club, la più grande associazione ambientalista Usa, ha pubblicato il suo Outlook Dimmed for Coal 2010, il rapporto di fine anno sull'industria del carbone statunitense, che conferma che «Le prospettive per il carbone nel 2010 hanno continuato ad essere deboli, decine di proposte di nuovi impianti a carbone sono state ritirate dal tavolo e le utilities hanno annunciato il pensionamento di centrali a carbone per 12.000 MW. Mentre la legislazione federale sul clima ha avuto una fase di stallo al Congresso nel 2010, le città e gli Stati hanno preso l'iniziativa per frenare l'inquinamento pericoloso delle Big Coal e stiamo lavorando per porre fine alla morsa del carbone sulla nostra economia».
Ecco i numeri del 2010 per gli Usa: 0 nuove centrali a carbone hanno iniziato ad essere costruite; 38 nuovi progetti di impianti a carbone sono stati abbandonate o bocciati; 48 centrali a carbone per le quali è stata annunciata la chiusura (12.000 MW); 256.000 persone hanno chiesto una più forte protezione dalle ceneri tossiche del carbone (le scorie minerarie); 109 milioni di tonnellate di inquinamento da CO2 evitate; 2,6 miliardi dollari in benefici economici diretti ottenuti da impianti solari domestici.
Secondo Mary Anne Hitt, direttrice della campagna "Beyond Coal" di Sierra Club, «Il carbone è un combustibile del passato. Quello che stiamo vedendo ora è l'inizio della crescente tendenza a lasciarlo lì dove sta. E' chiaro che la via da seguire per l'America è quella dell'energia pulita e delle rinnovabili ed è quello in cui un numero crescente di utilities, sviluppatori, Stati e comunità stanno facendo i loro investimenti».
Gli ambientalisti dicono che tutta la filiera del carbone, dalla miniera, alla centrale, allo smaltimento delle scorie, non è regolamentata. Nel 2010 le proteste sono riuscite a bloccare la maggior parte dei nuovi permessi di rimozione di intere aree montane per estrarre carbone, e l'Epa, l'agenzia federale per l'ambiente, sta determinando se soddisfano i sui clean water protection standards. L'Epa ha anche chiesto di mettere il veto su una delle più grandi miniere mai proposte: Spruce mine in West Virginia.
Per Sierra Club per tutti i progetti di miniere sarà anche più difficile ottenere finanziamenti, «Ora che Pnc ed Ubs, i più grandi finanziatori del mountaintop removal mining, si sono uniti al crescente elenco di banche che attuano politiche pubbliche che limitano i loro rapporti finanziari con gli operatori che scavano il carbone all'aria aperta nelle montagne».
La corsa a costruire nuove centrali a carbone sta rallentando. Un trend iniziato nel 2001, quando è svanito il progetto di costruire più di 150 nuove centrali elettriche a carbone negli Usa. «L'opposizione dei cittadini, l'aumento dei costi e una maggiore responsabilizzazione hanno cancellato 149 di queste centrali a carbone proposte - sottolinea il rapporto - Dall' ottobre 2008, negli Stati Uniti non è iniziata la costruzione di un solo nuovo impianto a carbone negli Stati Uniti, e l'Energy Information Agency non ha attualmente nuovi progetti e nessuna nuova centrale a carbone sarà costruita fino al 2011 senza incentivi significativi».
Le preoccupazioni dell'opinione pubblica per la salute e il futuro dell'economia statunitense che le centrali a carbone sta portando un numero senza precedenti di utility Usa a chiudere gli impianti più sporchi ed obsoleti. Le 500 centrali a carbone esistenti negli Usa sono responsabili della maggior parte dell'inquinamento atmosferico, che rende pericolosa l'aria in molte aree urbane, e che contribuisce anche alla morte 24.000 americani ogni anno.
Oltre alla chiusura record di impianti per 12.000 MW di centrali elettriche a carbone, sono annunciate altre chiusure in Oregon, Arizona, Utah e Colorado, il che comporterà il ritiro di quasi il 10% dell'intera parco delle centrali a carbone nel West Usa.
La maggior parte delle centrali a carbone Usa sono state costruite prima del 1980, e in molti casi mancano moderni controlli dell'inquinamento e gli ambientalisti chiedono norme più severe.
«Il movimento di base continua a crescere e quest'anno abbiamo raggiunto il punto di non ritorno, costringendo l'industria del carbone, non solo a restare sul loro territorio, ma a cedere alle fonti energetiche più pulite - dice Verena Owen, leader dei volontari di "Beyond carbon" - L'uscita dal carbone obsoleto e sporco ha creato un enorme varco in cui è saltata l'energia pulita e sostenibile. Diversi progetti su larga scala di 'energia pulita sono stati annunciati quest'anno, creando nuovi posti di lavoro necessari e rafforzando l'economia».
Una "febbre" che ha contagiato anche le università: più di 50 campus si stanno organizzando per utilizzare energia pulita ed andare oltre il carbone. Proprio quest'anno le università di North Carolina, Illinois, Western Kentucky, Cornell e Louisville hanno assunto impegni carbon-free.