Fonte "Rinnovabili. Per Cina scelta obbligata, inquinamento troppo forte
La Cina ha compiuto passi giganteschi negli ultimi due decenni per modernizzare il proprio apparato industriale, promuovere un'economia più dinamica e migliorare il livello di vita della propria popolazione. Il riconoscimento è unanime sul piano internazionale, ma occorre anche chiedersi a quale prezzo questi cambiamenti siano avvenuti. Il rapporto "China Renewable Energy Market Outlook", realizzato dalla società di consulenza Research and Markets, sottolinea il costo enorme in termini di inquinamento ambientale che la Cina sta pagando oggi per sostenere la propria crescita economica. Negli ultimi due anni circa due terzi dell'energia primaria consumata in Cina sono stati prodotti con il carbone. Il miglioramento dell'efficienza energetica ha fatto progressi importanti, ma non può tenere il passo con la crescita della domanda: i livelli crescenti di inquinamento stanno provocando gravi problemi di salute alla popolazione e, attraverso le piogge acide, seri danni ai raccolti. Ciò spiega la crescente attenzione che il governo cinese sta rivolgendo allo sviluppo delle fonti rinnovabili, da cui cerca di trarre vantaggi anche in termini di sicurezza energetica e di competitività sui mercati: dal 2000 gli investimenti in questo settore hanno una parte sempre più importante nella strategia energetica nazionale. Dalle fonti rinnovabili la Cina ricavava già nel 2006 il 16% della propria elettricità. L'accento è posto soprattutto sull'energia eolica, ma il contributo maggiore viene dal settore idroelettrico: la potenza installata ha raggiunto i 145.000 MW nel 2007, ed è oggetto di ulteriori e imponenti programmi di espansione. Copyright TM News(c) 2011
18 febbraio 2011
Cina, una svolta verde necessaria
Prima campagna di biomonitoraggio sul nostro territorio
Riportiamo dal rapporto finale sui risultati della prima campagna di biomonitoraggio effettuata dal Decos (Dipartimento di Ecologia e Sviluppo Economico Sostenibile) dell’Università della Tuscia, sul territorio di Civitavecchia, Tarquinia, Allumiere e dintorni
"Anche se le nostre osservazioni non hanno individuato casi di grave contaminazione – prosegue il documento – hanno comunque mostrato delle aree con concentrazioni relativamente elevate di alcuni elementi nei talli lichenici. Sebbene alcuni di questi elementi siano a bassa tossicità e di natura terrigena, altri, dovrebbero essere legati alle attività umane presenti nell’area di studio. Chiaramente, non fornendo questi dati una valutazione quantitativa delle concentrazioni in aria o dei tassi di deposizione, l’importanza di queste indagini risiede soprattutto nella possibilità di valutare l’entità delle deposizioni in termini comparativi effettuando il monitoraggio delle deposizioni negli anni futuri, ottenendo informazioni sulla loro eventuale variazione”.
Motivi per i quali gli studiosi che hanno redatto il report suggeriscono la ripetizione annuale del monitoraggio “per approfondire la conoscenza dei fenomeni in corso nell’area e l’incremento del numero di punti di campionamento per valutarne l’estensione e aumentare la precisione dell’informazione”.
“Questo studio – precisano infatti ulteriormente – rappresenta il ‘punto zero’ del monitoraggio degli eventuali effetti della recente conversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord. Ripetendo costantemente le indagini nel corso degli anni sarà possibile osservare l’impatto che questa modifica può avere sul territorio circostante la centrale”.
Il report è consultabile integralmente sul sito del consorzio www.ambientale.org
Fonte: centumcellae.it
16 febbraio 2011
12.000 ettari distrutti per una miniera di carbone
Fonte: il Manifesto
"I bulldozer della compagnia britannica Global Coal Management Resources stanno per spianare 12mila ettari di terra nella regione di Phulbari, in Bangladesh, per realizzare una delle più grandi miniere di carbone a cielo aperto del Pianeta. Non solo andranno perduti terreni molto produttivi dal punto di vista agricolo, ma ben 40mila persone saranno costrette ad abbandonare subito le loro case. Tra questi almeno 2.200 indigeni, le cui famiglie hanno abitato nella zona per circa 5mila anni. Ma il conteggio dei soggetti da rilocare aumenta se si considerano anche i canali e i pozzi che saranno prosciugati a causa della miniera. In quel caso arriviamo a quasi un quarto di milione di persone residenti in un centinaio di villaggi, tra cui 50mila indigeni appartenenti a 23 differenti gruppi tribali, almeno stando alla ricerche eseguite dall'organizzazione Jatiya Adivasi Parishad.
La cittadinanza locale, come si può immaginare, non è rimasta indifferente e dal 2005 sta protestando contro il progetto. Nel 2006 è stato addirittura indetto uno sciopero nazionale della durata di quattro giorni, anche a seguito degli incidenti occorsi durante una manifestazione non violenta, quando tre attivisti morirono e centinaia rimasero feriti sotto il fuoco delle forze dell'ordine. A quel tempo la poderosa mobilitazione di piazza aveva fatto cambiare idea all'esecutivo del Bangladesh, che di lì a poco aveva dichiarato solennemente che nel Phulbari non si sarebbe sviluppata nessuna miniera a cielo aperto. Un proposito a cui il governo di Dhaka non ha tenuto fede, tanto che a breve renderà pubblica una nuova politica carbonifera molto «amichevole» nei confronti delle società straniere e che sconfesserà del tutto quanto disposto cinque anni fa.
La Global Coal Management Resources ha in programma di estrarre 570 milioni di tonnellate di carbone in un periodo della durata di 30 anni, costruire una centrale e divergere il corso di vari fiumi per permettere l'accesso alle navi che trasporteranno il carbone direttamente in mare, passando per varie foreste di mangrovie di gran pregio. La compagnia promette posti di lavoro, royalties al sei per cento e, alla fine del progetto, un bel lago al posto dell'immenso foro lasciato dalla miniera. La popolazione locale controbatte denunciando che la scomparsa di ettari coltivati a riso e ad altre sementi non costituirà un danno solo per la regione, ma per tutto il Bangladesh, dove la metà degli abitanti sono malnutriti.
L'elemento chiave di tutta questa storia sono proprio le compensazioni. Di terreni a disposizione dei soggetti rilocati non ce ne sono e i pagamenti in denaro, come dimostrano diversi studi, non risolvono il problema ma creano solo nuovi «rifugiati a causa delle politiche sviluppiste». Le tradizioni culturali e religiose delle comunità indigene sono anch'esse destinate a perire sull'altare delle attività estrattive. Alcuni esponenti dei gruppi tribali, però, hanno già fatto sapere che non intendono abbandonare i luoghi abitati da centinaia di anni dalle loro famiglie.
Ulteriore aspetto che non va sottovalutato sarà l'aumento di emissioni di gas serra legato al progetto. Oltre al danno, la beffa, visto che il Bangladesh è uno dei Paesi più soggetti a inondazioni e agli effetti nefasti dell'innalzamento del livello dei mari, provocato proprio dal surriscaldamento globale. E pensare che c'è chi, come il direttore del Goddard Space Institute della Nasa James Hansen, sostiene che cessando le emissioni derivanti dall'utilizzo del carbone rappresenterebbe l'80 per cento della ricetta per porre un freno ai cambiamenti climatici.
Le aziende dell'energia infiltrano e spiano i movimenti ecologisti
Fonte
"Gli ambientalisti devono incutere timore alle grandi aziende energetiche, se queste ultime sono arrivate a infiltrare delle spie nelle file degli attivisti per conoscere i loro movimenti e le loro strategie di protesta. Tre grosse aziende energetiche - il gigante Eon, la Scottish Resources, il secondo più grande produttore britannico di carbone, e la Scottish Power, una delle maggiori aziende produttrici di energia nel Regno Unito - hanno pagato per ottenere informazioni da una società che monitorava segretamente gli attivisti. E' quanto rivela il Guardian, che dedica all'indagine l'apertura della sua edizione online. Alcuni documenti trapelati rivelano - scrive il quotidiano britannico - come la proprietaria di Vericola, la società "spiona", Rebecca Todd, riferiva ai colossi energetici dei piani degli ambientalisti dopo avere letto le loro email. La 33enne Todd avrebbe inoltre istruito un agente a partecipare a un incontro degli attivisti e a entrare in confidenza con loro. Lo scoop avviene mentre la polizia britannica, sotto accusa a sua volta per la presenza di poliziotti in borghese nei movimenti di protesta, afferma che ci sono più spioni inviati dalle aziende che non agenti a fare questo lavoro sporco. La polizia afferma inoltre che gli infiltrati delle corporation sono - a differenza degli agenti in borghese - a malapena "regolamentati". Il mese scorso, infatti, le rivelazioni di alcuni agenti, sulle infiltrazioni della polizia tra i manifestanti, hanno scatenato grosse polemiche e portato all'apertura di quattro inchieste. Secondo il Guardian, gli ecologisti sono sorvegliati anche e soprattutto da aziende private, che si spacciano come attivisti nelle mailing list dei gruppi o che si infiltrano per anni nei movimenti verdi. Dai produttori di energia ai venditori di armi, le multinazionali ingaggiano queste spie per evitare che i dimostranti organizzino campagne contro di loro o violino i loro siti internet.
12 febbraio 2011
Per la sopravvivenza della specie
Da Greenreport.it l'articolo: C'è futuro per l'umanità? Solo se sapremo coevolverci con la natura
"In questi giorni l'European environment agency ha diffuso una nota dal titolo "Analysing and managing urban growth" (vedasi sito www.eea.europa.eu ) nel quale ricorda come la copertura artificiale del suolo ha avuto in Europa, un incremento del 3.4% dal 2000 al 2006, di gran lunga l'incremento maggiore rispetto a tutte le categorie di uso del suolo. In base ai dati di un progetto europeo, il PLUREL del 2010, le aree peri urbane (discontinue) crescono in maniera quattro volte più rapide dell'aree urbane continue. Già nel 2006 l'EEA aveva pubblicato l'ottimo rapporto "Urban sprawl in Europe. The ignored challenge" dove si faceva il punto sulla rapida diffusione delle aree urbane nel nostro continente.
Dal 2009, secondo i dati della Population Division del Department of Economic and Social Affairs delle Nazioni Unite, oltre la metà della popolazione umana vive in aree urbane (il dato preciso registrato dall'ONU in quell'anno è stato di 3.42 miliardi nelle aree urbane rispetto a 3.41 miliardi presenti nelle aree rurali). Il numero di esseri umani che vivranno in tali aree tende inevitabilmente a crescere. L'ultimo rapporto delle Nazioni Unite disponibile in merito è il "World Urbanization Prospects. The 2009 Revision" che fa presente come la popolazione che vive in aree urbane passerà dai 3.4 miliardi del 2009 ai 6.3 miliardi del 2050.
Si tratta di una crescita di 2.9 miliardi, a fronte di una popolazione planetaria che nel 2009 era di 6.8 miliardi e che nel 2050 dovrebbe essere di 9.1 miliardi. Inoltre questa significativa crescita della popolazione urbana avrà luogo nelle città delle aree meno sviluppate del mondo. Nel 2009 il 75% degli abitanti delle aree più sviluppate del mondo vivevano in aree urbane rispetto al circa 45% degli abitanti delle aree meno sviluppate, proporzione che, nel 2050, dovrebbe essere rispettivamente dell'86% e del 66%.
Nel 2009 i 21 agglomerati urbani qualificati come "megacities", le megacittà, registravano non meno di 10 milioni di abitanti. La più grande megacity planetaria nel 2009 è Tokyo con 36.5 milioni di abitanti seguita da Delhi con 21.7, San Paolo in Brasile con 20 milioni, Mumbay in India con 19.7 e Città del Messico con 19.3 milioni.
Nel 2025 Tokyo dovrebbe mantenere il 1° posto con 37.1 milioni, seguita da Delhi con 28.6, Mumbay con 25.8, San Paolo con 21.7 e Dhaka in Bangladeh con 20.9.
Nel prossimo mese di marzo le Nazioni Unite dovrebbero produrre il loro rapporto biennale sulla popolazione mondiale "World Population Prospects: The 2010 Revision" e ovviamente ne daremo conto sulle pagine di questa rubrica. L'attenzione sui numerosi aspetti ambientali, sociali ed economici che il fenomeno dell'urbanizzazione presenta sta crescendo in tutti gli ambiti delle nostre conoscenze teoriche e delle pratiche gestionali e operative.
Ci attende un mondo sempre più urbano. L'impatto della crescita dell'urbanizzazione sui sistemi naturali va ben oltre la semplice trasformazione fisica delle stesse aree urbanizzate, come ci dimostra l'ultimo interessantissimo lavoro dell'ecologo Erle Ellis, dell'Università del Maryland, "Anthropogenic transformation of the terrestrial biosphere" apparso sul numero del 2 febbraio scorso della prestigiosa rivista "Philosophical Transactions of the Royal Society A" (vedasi il suo sito www.ecotope.org ) .
Sono anni che Ellis ed i suoi colleghi illustrano, con ricche e documentate ricerche la presenza, sulle terre emerse del nostro meraviglioso pianeta, di quelli che vengono ormai definiti biomi antropogenici; i biomi cioè dei sistemi naturali così profondamente trasformati dall'intervento umano tanto da richiedere una nuova classificazione e la definizione generale, appunto, di biomi antropogenici.
Come ha scritto lo storico John McNeill nel suo bellissimo volume "Qualcosa di nuovo sotto il sole" (Edizioni Einaudi, 2002): " Nel XX secolo il processo di urbanizzazione ha avuto ripercussioni enormi sull'intera vita dell'uomo ed ha rappresentato una frattura notevole rispetto ai secoli precedenti. In nessun altro luogo come in città l'uomo ha alterato l'ambiente: ma l'impatto delle città è andato ben al di là delle mura cittadine. L'espansione urbana è stata fonte primaria di cambiamento ambientale." Nel XX secolo le città sono diventate l'habitat più diffuso della specie umana riconfigurando anche il mondo rurale e convertendone una parte sempre più ampia alla soddisfazione delle esigenze della popolazione urbana. Questi fenomeni saranno sempre più accentuati in questo secolo. La scienza della sostenibilità si occupa di analizzare e studiare le relazione dei Social ecological systems, quindi le interazioni tra sistemi naturali e sistemi sociali, comprendendo quanto il metabolismo sociali intacchi, modifichi, stravolga i metabolismi naturali.
Dall'inizio dello scorso decennio il Sustainable Europe Research Institute (SERI), insieme ad altri prestigiosi istituti scientifici, ha contribuito notevolmente alle ricerche sui metabolismi urbani rendendo noto i dati sui flussi di materia a livello mondiale e per singoli stati, derivanti dalle più recenti ricerche (vedasi il sito http://www.materialflows.net ).
Il consumo mondiale di risorse naturali come il petrolio, il carbone, i metalli, i materiali da costruzione ed i prodotti dell'agricoltura e della selvicoltura è aumentato anno dopo anno. La quantità annuale di risorse estratte dagli ecosistemi del mondo è cresciuta dai 40 ai 60 miliardi di tonnellate annue dal 1980 al 2008.
Nello stesso tempo il progresso tecnologico ha consentito una maggiore efficienza della produzione. Rispetto al 1980 oggi, mediamente, si utilizza un 25% in meno di risorse naturali per produrre un' unità di valore economico.
Nonostante ciò, essendo l'economia mondiale cresciuta nello stesso periodo dell'82%, questo guadagno di efficienza viene, di fatto, sorpassato dalle dimensioni e dall'incremento complessivi della produzione e del consumo.
Gli scenari futuri dimostrano ulteriori preoccupanti livelli di crescita. Gli studiosi stimano un'estrazione di risorse di 80 miliardi di tonnellate per il 2020, e sembra superfluo ricordare che oggi, gli abitanti in Africa consumano almeno dieci volte di meno degli abitanti nei paesi industrializzati.
Questo flusso di energia e materie prime viene accelerato nei sistemi urbani.
Il grande ecologo Eugene Odum, scomparso nel 2002, nel suo bellissimo "Basi di ecologia" (edizioni Piccin, 1988 che deriva dal suo "Fondamenti di ecologia", sempre edito in italiano da Piccin e del quale nel 2006 è stata pubblicata la nuova edizione ) ha infatti definito la città come un incompleto sistema eterotrofo (gli eterotrofi sono gli esseri o i sistemi viventi che consumano i nutrienti ed i vari composti organici per mantenere il proprio sviluppo); è cioè un sistema dipendente da ampie aree limitrofe per l'ottenimento di energia, cibo, fibre, acqua e degli altri materiali.
Odum ricorda che la città differisce da un ecosistema eterotrofo naturale, come una comunità di ostriche, perché (1) ha un metabolismo molto più intenso per unità di area e richiede quindi un flusso molto maggiore di energia concentrata in entrata (attualmente costituito soprattutto da combustibili fossili), (2) ha una grande richiesta in entrata di materiali, come metalli per uso commerciale ed industriale, oltre le materie prime necessarie al sostentamento della vita ed (3) ha un'uscita molto elevata di sostanze di rifiuto pericolose, la maggior parte delle quali sono sostanze sintetiche molto più tossiche dei loro progenitori naturali.
Odum afferma : "La rapida urbanizzazione e sviluppo delle città, durante l'ultimo mezzo secolo, ha cambiato la faccia della terra probabilmente più di ogni altra attività umana nel corso della storia [...] Anche nelle zone economicamente povere, le città stanno crescendo molto più velocemente della popolazione in generale. Le città non occupano una grandissima area della Terra, ma solo una superficie dall'1 al 5%. Le città alterano la natura dei fiumi, delle foreste, delle praterie e delle terre coltivate, per non menzionare l'atmosfera e gli oceani, dato il loro impatto con estesi ambienti limitrofi. Una città può influenzare una foresta da lei distante, non solo direttamente per l'inquinamento dell'aria o per il consumo del legname, ma anche indirettamente alterando la gestione forestale....... La città moderna è un parassita dell'ambiente rurale dato che, con l'attuale gestione, la città produce poco o niente cibo o altri materiali organici, non purifica aria e ricicla poco o niente dell'acqua o dei materiali inorganici."
Abel Wolman in un noto articolo apparso su "Scientific American" nel 1965, intitolato proprio "The metabolism of cities" si occupò proprio del metabolismo urbano applicando quindi i meccanismi tipici del metabolismo di un sistema naturale ad un sistema altamente artificiale, prodotto dall'azione umana.
Wolman faceva presente che sono tanti i flussi che vengono canalizzati da un sistema urbano e tanti sono quelli che ne fuoriescono. In particolare individuava tre input e cioè acqua, cibo e combustibili e tre output e cioè acque reflue, rifiuti solidi ed inquinanti atmosferici.
Il bilancio dei flussi di materia ed energia che attraversano un sistema urbano sono certamente significativi, soprattutto in città con una presenza importante di popolazione e quindi con una maggiore richiesta di energia e materie prime.
Oltre all'incremento dei flussi di materia ed energia la crescita dei sistemi urbani provoca uno dei fenomeni più preoccupanti per la modificazione degli ambienti naturali e cioè la frammentazione ambientale , come dimostrano chiaramente tra i tanti, i lavori del citato Ellis.
Oggi in Europa almeno il 75% della popolazione vive in aree urbane. Più di un quarto del territorio dell'Unione Europea è direttamente coinvolta da un utilizzo urbano del suolo; al 2020 si stima che circa l'80% della popolazione europea vivrà in ambienti urbani mentre in sette paesi questa percentuale sarà del 90%.
Ormai assistiamo ad un paesaggio sempre più modificato a causa delle nuove tipologie abitative, dal turismo, dalla crescente urbanizzazione delle aree costiere; in questo paesaggio in continua modificazione assistiamo alla dispersione e diffusione delle città, alla formazione di vere e proprie "conurbazioni", una sorta di continuum urbano ampiamente esteso.
Storicamente la crescita delle città è stata sempre legata all'incremento della popolazione. Oggi in situazioni come quella europea, la crescita dei sistemi urbani non deriva direttamente dalla crescita della popolazione ma da diversi fattori come gli spostamenti di popolazione dal centro delle città in ambienti suburbani.
I fenomeni che agiscono sul cambiamento di utilizzo del suolo costituiscono un tema centrale per il nostro futuro. I sistemi urbani sono sempre più sistemi dissipativi di energia e risorse, producono sempre più scarti e rifiuti e trasformano sempre di più il suolo del nostro pianeta.
Questi problemi, correlati all'insieme interconnesso degli altri aspetti del nostro impatto sui sistemi naturali, ci indica la necessità di azioni urgenti che rimettano il futuro delle società umane in un ambito di vera e propria coevoluzione con la natura.
La sfida di questo secolo è proprio quella di avere la lungimiranza, la capacità di futuro, la capacità innovativa, necessarie a cambiare strada.
Ce la faremo ? La risposta la possiamo dare solo noi.
* direttore scientifico di Wwf Italia
Piattaforma logistica, il partito degli appalti assalta l'Alto Lazio
Comunicato stampa Nocoke Tarquinia:
"Dopo il carbone la piattaforma Logistica potrebbe essere la mannaia ambientale contro il paesaggio e contro l’agricoltura locale.
La FOLLIA di un mega-progetto cinese di ben 4.200 ettari, con all'interno Terminal Cina, district park, raddoppio porto sino oltre la Frasca, aeroporto jumbo commerciali fra Tarquinia e Sant'Agostino,altra antemurale, 3 bacini di carenaggio, inglobando le centrali Enel e Tirreno Power, aumentata potenza e combustione di carbone , probabile incerenitore rifiuti laziali, grattacieli e palazzi, svincoli ed autostrade.
Questo il progetto presentato in pompa magna Giovedì 10 a Roma in un convegno sul tema "Piattaforma Logistica Italia" organizzato dal Comune di Civitavecchia e dal Comune di Tarquinia. L'incontro ha riguardato le tematiche legate allo sviluppo logistico del territorio in relazione alla creazione di una Piattaforma del Centro Italia.
Al convegno erano presenti il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, curatore dell’introduzione, Giancarlo Elia Valori, presidente di Centrale Finanziaria Generale spa, Giovanni Moscherini sindaco di Civitavecchia, Mauro Mazzola, sindaco di Tarquinia, Giulio Marini, sindaco di Viterbo e numerose le personalità istituzionali invitate.
Poiché sull’invito alla stampa risaltava il patrocinio del comune di Tarquinia e di quello di Civitavecchia, come cittadini ci chiediamo sbigottiti come sia possibile presentare un progetto di così grande impatto che prevede anche la costruzione di un terminal china, senza la condivisione della cittadinanza, tagliata ancora una volta fuori da qualsiasi decisione sul futuro del proprio territorio.
Se il sindaco di Tarquinia, nella presentazione di tale progetto, è intervenuto in nome e per conto della cittadinanza, ci spieghi a quale titolo, visto che non esiste traccia di una delega popolare scaturita da un dibattito pubblico.
Dopo quanto accaduto con la centrale a carbone, ci saremmo augurati che il metodo di imporre progetti così devastanti alle popolazioni non sarebbe più avvenuto, soprattutto se si parla di una piattaforma logistica che dovrebbe ospitare lo smistamento dell’intero mercato cinese che andrebbe a minare il nostro tessuto economico, senza tenere conto della salvaguardia dei prodotti italiani.
Gli attori del Megaprogetto non sono certo tenuti a preoccuparsi delle conseguenze che la sua realizzazione provocherebbe sul nostro territorio, sia per i milioni cubi di cemento che andranno a ricoprire i nostri terreni agricoli, sia per l’impatto sulle aziende locali, ma un sindaco certamente sì.
Ancora una volta devono essere i cittadini a chiedere conto dell’operato delle istituzioni, ancora una volta dobbiamo scoprire da soli chi e che cosa si nasconde dietro il termina China, grazie alle associazioni che si occupano di lotta alle mafie.
L’allarme è ormai scattato. Fate sapere alla popolazione che intenzioni ha la politica locale rispetto al pericolo di un serio e compromettente inquinamento che il megaprogetto porterà con sé e quale sarà il destino della nostra agricoltura e della nostra economia.
Non sarà che il megaprogetto nasconde solo una richiesta di servitù dove noi cittadini abbiamo tutto da perdere e i pochi che lo presentano tutto da guadagnare?"
"Grigioni senza carbone"
Svizzera: il Cantone dei Grigioni si oppone con forza ai progetti di nuove centrali a carbone da parte dell'azienda Repower, da realizzarsi in territorio tedesco e italiano, rispettivamente a Brunsbüttel e a Saline Ioniche. Pochi giorni fa il WWF grigionese ha infatti lanciato, assieme ad altri 13 fra organizzazioni e partiti, un'iniziativa popolare cantonale denominata
“Grigioni senza carbone”.
Secondo quanto riporta il sito di RSI.ch,
"Visto che il cantone dei Grigioni detiene una partecipazione del 46% in Repower, affermano gli oppositori, gli elettori devono avere la facoltà di esprimersi sulla questione. L’organizzazione ecologista è convinta di poter raccogliere in modo rapido le 4'000 firme necessarie per la riuscita dell'iniziativa.
Una campagna a livello svizzero Il 14 aprile 2010, il WWF svizzero e l'organizzazione tedesca Klima Allianz avevano avviato una campagna contro la partecipazione di aziende elettriche elvetiche alla centrale termica a carbone di Brunsbüttel, il più grande progetto di questo tipo attualmente previsto in Germania.
Lo stesso giorno, le aziende elettriche Groupe E e Romande Energie avevano annunciato la loro rinuncia, ma non Repower e il gruppo sangallese SN Energie, che avevano deciso di mantenere l'impegno.
Per una rassegna stampa completa dell'iniziativa clicca qui (gli articoli in italiano si trovano in coda al documento.
11 febbraio 2011
Procedura di infrazione europea e Piano Rifiuti Regione Lazio
Dall'associazione "Non Bruciamoci il Futuro" riceviamo, e pubblichiamo:
"Il 9 febbraio a Roma si sono riuniti associazioni, comitati territoriali e forze politiche, uniti dal comune intento di preservare l'ambiente e la salute, che hanno concordato di sottoscrivere l’esposto alla Commissione Europea, promosso dall'Ass. Non Bruciamoci il Futuro (NBF), e predisposto con l’avv. Pietro Adami, contro il piano rifiuti presentato dall'attuale Giunta Regionale, intervenendo così nella procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea, nei confronti della Regione Lazio, ed oggi in corso di svolgimento a Bruxelles.
La CE valuterà anche la conformità del nuovo piano rifiuti della Regione Lazio alla normativa comunitaria. Secondo i firmatari il piano è ancora una volta illegittimo e contraddittorio perché si pone al di fuori delle norme comunitarie e nazionali, infatti, punta allo smaltimento del 75% dei rifiuti con discariche, impianti per produrre "ecoballe" e nuovi inceneritori, tralasciando le buone pratiche di prevenzione, riuso, riciclo, recupero. Dalla lettura del piano rifiuti del Lazio si evince, inoltre, che la raccolta differenziata di fatto non potrà superare il 25%, quantità ben lontana dagli obiettivi comunitari del 65% al 2012, confermando la realtà dell'attuale ciclo illegale dei rifiuti laziali.
Associazioni, movimenti, comitati e forze politiche del Lazio, firmatari della presente, ritengono categoricamente che la pratica dell'incenerimento dei rifiuti e dell’apertura di nuove discariche è dispendiosa, dannosa per la salute dei cittadini e non risolve, in ogni regione italiana, il problema dello smaltimento dei rifiuti.
Pertanto i firmatari intendono mettere in atto tutte le azioni necessarie per avviare il percorso verso ‘Rifiuti Zero’ nel Lazio, compreso il sostegno alla proposta di legge regionale di iniziativa popolare per un ciclo alternativo e sostenibile senza combustione, e tutte le iniziative di contrasto e mobilitazione da mettere in atto nei prossimi giorni.
Le osservazioni verranno depositate presso gli uffici romani della Commissione, in Via IV Novembre 149, domani, venerdì, alle ore 10.
Firmato da:
Ass."Non Bruciamoci il Futuro", Ass. Rete Tutela Valle del Sacco-Colleferro, Forum Ambientalista, Comitato Riano Pulita, Comitato Ladispoli Pulita, Comitato Cittadini Marco Simone-Guidonia, Ass. Amici dell'Inviolata-Guidonia, Ass. Piazza Pulita-Civitavecchia.
e dai rappresentanti regionali e comunali di:
Federazione della Sinistra, Verdi per la Costituente ecologista, Italia Dei Valori, Sinistra Ecologia e Libertà, Rete Dei Cittadini, Liste civiche 5 stelle -Movimento 5 stelle, Lista Civica Rete dei cittadini per Aprilia.
9 febbraio 2011
Civitavecchia, Gianni Moscherini, Terminal Cina
Nel prossimo 10/02/2011 avverà a Roma all'interno del convegno "Piattaforma logistica Italia" la presentazione del megaprogetto della cinese HNA Group riguardante Civitavecchia e dintorni, e comprendente terminalCina, aereoporto e altre enormi porcherie, insomma un goloso piatto da spartire per politica deviata e mafie. Il tutto gestito dai cinesi, senza troppi controlli o "interferenze" italiane.
In occasione dell'incontro riprendiamo un articolo uscito circa un anno fa, che illustra cosa gira attorno ai megaprogetti riguardanti Civitavecchia e dintorni.
"Civitavecchia, porto che Scotti" di Andrea Cinquegrani (03/10/2010)
Per la prima volta viene alla luce l'incredibile scenario affaristico che si muove lungo la costa laziale. Un super mix a base di cosche, politica made in tangentopoli e interessi massonici, in prima fila l'ex P2 Elia Valori. Al centro dei business da miliardi c'e' lo scalo portuale. Ma anche la centrale a biomasse, il cementificio e tutto quanto fa appalto. Ecco nomi, sigle e cifre in ballo.
* * *
Suscita appetiti smisurati e scatena una furia assassina un piccolo porto come puo' esserlo quello di Acciaroli, col sindaco di Pollica Angelo Vassallo crivellato di colpi camorristi. Figuriamoci che interessi possono concentrarsi in uno scalo cento volte piu' grande, con tutte le opere in fase di progettazione o realizzazione, come quello di Civitavecchia e le centinia di milioni di euro gia' in ballo. E qui da noi, gia' da anni le mafie, soprattutto quella dei casalesi, dettano legge».
A parlare e' un agente marittimo da una vita nello scalo a nord di Roma. Uno scalo al centro di interessi “multipli”, come si conviene per i maxi business dove accanto a politici, stuoli di professionisti, faccendieri d'ogni razza, si ritrova il solito convitato di pietra: la malavita organizzata, ormai super-radicata lungo tutto il litorale non solo a sud della capitale (da Formia fino all'alto casertano), ma anche a nord, con forti capisaldi nell'entroterra, come dimostra il caso Fondi, col MOF (Mercato Ortofrutticolo Fondi) vero e proprio crocevia di ‘ndrangheta e camorra. Sottolinea Elvio Di Cesare, presidente laziale dell'Associazione Caponnetto, da anni in prima linea nel documentare e denunciare commistioni tra politica, malavita e affari nell'alto e nel basso Lazio: «Si registra un aumento esponenziale della presenza di nuclei familiari, manager e imprese provenienti dal casertano, ma anche dalla Calabria e dalla Sicilia, cosi' come continue aperture flash di esercizi commerciali, strani passaggi di terreni e proprieta' immobiliari, aperture di sportelli bancari». Insomma, «un'anomala, grande liquidita' in netta controtendenza rispetto alla crisi economica attuale». Rincara la dose Luigi Daga, ex assessore regionale Pci e vicepresidente della Caponnetto: «Il nostro territorio e' diventato una maxi lavanderia a cielo aperto, una gigantesca macchina del riciclaggio dove la gran parte delle opere pubbliche sono finite nel mirino delle cosche. Solo qualche esempio. ‘Ndrine e Casamonica operano lungo la costa tirrenica fino a Montalto di Castro, i partenopei Di Lauro, big della coca a Secondigliano, li troviamo a Santa Marinella, i calabresi Pulvirenti, affiliati ai catanesi di Nitto Santapaola, tra Ladispoli e Cerveteri, i Rinzivillo hanno puntato soprattutto sul porto di Civitavecchia e la centrale Enel in fase di riconversione; e ancora i Gallo-Cavalieri da Torre Annunziata sono impegnati nei traffici illeciti tra Civitavecchia e Ladispoli». Un super mix ad altissimo potenziale economico e criminale. Tale da dettare ormai legge incontrastata sul territorio. Senza che alcun affare possa sfuggire al suo controllo.
Vediamo allora, a partire dal business numero uno, il porto di Civitavecchia, tutte le occasioni milionarie che la Mafie spa ha nel suo mirino.
PORTO, RICICLO TORNO
Un autentico cocktail, lo scalo portuale: mafie nostrane oppure cinesi, faccendieri, piduisti, basta che ci sia un affare, un appalto. E li', di soldi, ce n'e' davvero un mare. Partiamo dalla crema. Ovvero dall'operazione Cantiere Privilege, roba per magayacht, nata, battezzata e cresciuta sotto il vigile sguardo di Giancarlo Elia Valori, uno dei pochi uomini al mondo capace di tessere affari con israeliani e palestinesi al tempo stesso, piduista della prima ora (espulso da Licio Gelli in persona) e fervente opusdeista, amico di magistrati che contano e nel mirino di altre toghe. Per fare un paio di esempi: era al centro delle indagini targate Luigi De Magistris alla procura di Catanzaro, soprattutto per gli affari della sua Torno International; ed e' tra gli indagati della cordata Alitalia-Cai.
Ex numero uno degli industriali romani, Valori e' oggi presidente della strategica Sviluppo Lazio e mentore della Ultrapolis Investment, multinazionale con sedi a Singapore, Hong Kong, Londra e negli States (fiore all'occhiello il vertice affidato all'ex numero uno dell'Onu Perez de Cuellar) che un bel giorno decide di sbarcare - progetti, compassi e milioni al seguito - nel porto di Civitavecchia. «Tra i piu' accesi sostenitori dell'iniziativa - raccontano in ambienti marittimi locali - i sottosegretari Giuseppe Maria Reina e Vincenzo Scotti. E quest'ultimo a quanto pare avrebbe anche interessi economici nell'operazione Privilege». E' infatti al timone della Privilege Fleet Management Co spa, Scotti, il quale non ha mancato di aprire la manifestazone per la posa della prima pietra all'Hotel Regis di Roma, nonche' di visitare ufficialmente il cantiere a fine settembre 2009, insieme a Reina e al presidente della commissione finanze del Senato Mario Baldassarri.
Un pallino, per il numero due agli Esteri, il partenopeo Scotti, quello dei porti: comincio' - fine anni ‘70 - con quello di Mergellina a Napoli, ora mostra interesse (tramite la famiglia puteolana dei Cosenza, con la parlamentare pdl Giulia nel motore, molto vicina anche a Italo Bocchino e Paolo Cirino Pomicino) per il futuro del Waterfront di Arco Felice nell'area flegrea (altro business arcimilionario, circa 1.500 posti barca), per finire con Civitavecchia: sono passati gli anni del purgatorio post Tangentopoli trascorsi all'universita' di Malta...
PIATTI CINESI
Torniamo a Valori. Che scende in acqua con altre due corazzate. Figura infatti sul ponte di comando del Consorzio Sviluppo Mediterraneo (Cosvime per gli aficionados) e di Centrale Finanziaria Generale spa (a presiedere quest'ultima, prima di lui, c'era Alberto Gotti), sigle super interessate ai destini - portuali e non solo - di tutta l'area. Tanto da siglare con il Comune una sorta di “accordo quadro”, un'intesa a tutto campo per «favorire un processo di sviluppo nell'area a nord della capitale». In che modo? Mettendo in tavola una serie di “piatti forti”, piu' tecnicamente «uno studio di fattibilita' delle infrastrutture a servizio della piattaforma logistica civitavecchiese». Tradotto in soldoni? Aeroporto cargo e turistico a Tarquinia, distri-park tra Civitavecchia, Allumiere e Tarquinia, ampliamento della zona industriale del porto e dell'interporto di Civitavecchia, collegamenti infrastrutturali, in primis la linea ferroviaria Capranica-Orte e la superstrada Viterbo-Vetralla, «in grado di collegare il porto - sostengono i promotori - ai sistemi industriali del Centro Italia».
Piatti e pietanze arcimilionarie. Peccato che la “cucina” sia vietata ai non addetti ai lavori. Si', perche' l'accordo sottoscritto tra il Comune da un lato e le due sigle made in Valori dall'altro, all'articolo 11 prevede espressamente che «nessuna delle parti rivelera' ad altre persone, enti od organismi, informazioni e dati di cui le Parti vengano a conoscenza durante o in relazione ad ogni attivita' inerente all'esecuzione del Protocollo d'intesa». Sara' necessario dotarsi di cappucci e grembiulini per accedere a tali segrete notizie? Verranno celebrate adunanze consiliari seguendo il rito scozzese o quale altro?
Tra i partner internazionali piu' interessati ai progetti del futuro, in prima fila i cinesi. «E' proprio Valori - ricostruiscono alcuni all'Autorita' portuale - che ha guidato a Civitavecchia la visita del procuratore generale della repubblica popolare cinese Jia Sun, neo ambasciatore in Italia, il quale ha incontrato il sindaco, visitato il porto e successivamente il comune di Tarquinia. Si sono poi svolti vari incontri con la societa' HNA, pubblicizzata dal comune di Civitavecchia come il terzo gruppo cinese per importanza nei settori commerciale, turistico e logistico, incontri che si sono svolti nella sede della Centrale Finanziaria, dopo i quali gli stessi vertici municipali hanno deciso di inviare una propria delegazione all'Expo 2010 di Shanghai». Del resto, e' in cantiere la realizzazione di una maxi “Terminal Cina/Asia” per il carico e lo scarico di container previsto proprio all'interno dello scalo, super sponsorizzato dal sindaco ma a quanto pare snobbato («non e' ancora nei programmi di espansione») dall'attuale numero uno dell'Autorita' portuale, Fabio Ciani.
ECCO IL SUPER SINDACO
Ma chi siede al vertice del pluriprotagonista comune di Civitavecchia? Il primo cittadino si chiama Giovanni Moscherini, una vita all'Autorita' portuale. Ex craxiano di ferro, al Comune approdo' come “Segretario” quindici anni fa su indicazione dell'allora presidente, il diessino Francesco Nerli (per parecchi anni dominus incontrastato dell'area portuale di Napoli, oggi sotto inchiesta per una serie di appalti poco chiari). Nel 2000 l'allora ministro dei Trasporti del governo D'Alema, Pierluigi Bersani, lo nomina Commissario.
Solo un anno dopo, l'appena insediato esecutivo Berlusconi, su proposta del ministro Pietro Lunardi (altro sponsor un forzista doc, Luigi Grillo, finito nell'inchiesta sulle scalate bancarie e i furbetti del quartierino), lo incorona presidente. Insomma, piroette a 180 gradi.
Un faro, comunque, lo illumina: quello chiamato Opus Dei. Nel 2002, fresco numero uno dell'Autorita', Moscherini dedica ad un altro fresco di nomina, il neo santo Jose' Escriva' de Balaguer, una intera banchina del porto. Nel 2005 il portavoce della Santa Sede, Navarro Valls, elogia pubblicamente - non si sa bene a quale titolo - i vertici del porto di Civitavecchia. Tre anni dopo, nel presentare in pompa magna i progetti Privilege dell'amico Giancarlo Elia Valori, Moscherini si autodefinisce “maestro dirigente dell'Opus Dei” (nel suo profilo Facebook, piu' prosaicamente, riferisce di essere un «dipendente dell'Agenzia Marittima Fremura»).
Dalle vicende spirituali a quelle terrene - e anche mangerecce - il passo non e' poi cosi' lungo: ed ecco che, dai faldoni dell'inchiesta sulla cricca made in Anemone, Balducci, Bertolaso e C., spuntano tracce di un incontro dell'ottobre 2009 in un ristorante romano al quale, secondo fonti investigative, «hanno partecipato alcuni imprenditori interessati ad investire sul territorio e il sindaco Moscherini». Nel corso della cena quest'ultimo «affermo' che gli amici del Salaria Sport Village sono disposti a realizzare un project financing per la cittadella dello sport e poi donarla al Comune. Li ho visti a cena venti giorni fa».
Una cena tira l'altra, cosi' come i progetti. Ne scaturiscono a getto continuo, dal vulcanico sindaco-ovunque. C'e' quello del “porto storico”, per realizzare un “marina yatchting” ad uso di natanti al di sopra d'una certa dimesione: progetto affidato senza gara - sottolineano operatori del settore - a una delle ammiraglie di casa Caltagirone, la Porto del Tirreno spa che fa capo a Francesco Bellavista Caltagirone e alla neo compagna Beatrice Parodi, figlia di uno dei piu' grossi armatori liguri, Piergiorgio Parodi, ottimo amico dell'ex ministro per le Attivita' produttive (e ancora, dopo 5 mesi, in attesa di successore) Claudio Scajola.
Solo una tappa, Civitavecchia, nella crociera “Grandi Appalti” della corazzata Caltagirone che si sta svolgendo lungo tutto il litorale tirrenico, dalla cara Liguria, naturalmente, passando per Massa e Carrara (sono in fase d'avvio lavori gia' sotto i riflettori della magistratura), fino alla costa laziale, epicentro Fiumicino, dove e' stata appena posata la prima pietra per opere arcimilionarie «attese da quasi quarant'anni», gioiscono nell'area.
Maxi affaire giallo a parte (il “Terminal Asia/Cina”), non si lasciano perdere neanche (si fa per dire, sempre miloni di euro) le briciole. Come e' il caso del Porticciolo Frasca, per la cui realizzazione - a quanto pare - viaggia col vento in poppa il progetto redatto dalla Porto Popolare La Frasca spa. Sul ponte di comando Giuliano Valente, amministratore delegato, azionista al 90 per cento. Ma nel pedigree di Valente spiccano altre due cariche: e' capogruppo Pdl al comune di Nettuno («una sorta di sindaco ombra - raccontano in municipio - visto che il primo cittadino Vittorio Marzoli fa quello che dice lui») e amministratore delegato di un'altra sigla nautica, Marina di Nettuno. Destino tumultuoso, quello della Marina di Nettuno, visto che e' finita nel vortice di un'inchiesta giudiziaria al calor bianco, con l'accusa di collusione con le ‘ndrine dei Gallace-Novella: inchiesta che ha portato anche allo scioglimento - provvedimento prefettizio poi firmato dal capo dello stato - del comune di Nettuno. Negli ultimi tempi, pero', Moscherini avrebbe fatto marcia indietro, sostenendo che i lavori verranno effettuati dal tandem Enel-gruppo Gavio, battente bandiera Compagnia Porto spa, che sta gia' realizzando la darsena “petroli grandi masse” all'interno dello scalo.
E vediamo ancora, in rapida carrellata, altri nodi “bollenti” che riguardano sia l'area portuale di Civitavecchia che le strategiche aree limitrofe.
NON SOLO ‘NDRINE
«Una presenza quasi ossessiva nel porto e nelle societa' che vi operano - notano altri addetti marittimi - e' quella del messinese Salvatore Barone», originario di San Piero Patti, precedenti (operativi) nel porto di Gioia Tauro: non solo nelle aree portuali pullulano una sfilza di societa' a lui riconducibili (Tma srl, Windstar sa holding, Transnational sa holding per citarne solo alcune) ma a quanto pare la gran parte degli immobili che si trovano a ridosso delle mura del porto storico, fanno capo a sue societa'. Altro legame forte di Barone (non pochi lo etichettano come “l'uomo di riferimento”) e' quello con la potente famiglie messinese dei Franza, a sua volta ben presente nel porto con la Caronte e Tourist che fino al 2009 ha gestito i collegamenti ferry tra Messina e Civitavecchia (la sigla nasce dalla fusione della Caronte spa dei Matacena con la Tourist Ferry Boat dei Franza).
Un'altra sigla, Interminal, si occupa invece delle operazioni portuali delle navi Tirrenia e avrebbe intenzione - raccontano alcuni addetti ai lavori - di mettere a segno un colpo che fa gola a molti, un district park nell'area portuale. Interminal e' controllata da un casertano, originario di Parete, Nicola Di Sarno, che con un'altra sigla - Interport - monopolizza i lavori gru nel porto di Gaeta, dove sono importanti soprattutto i traffici nazionali di pet coke: e da questo avamposto Di Sarno si collega con il suo deposito che si trova poco oltre il ponte sul Garigliano. Un esponente di spicco del potente clan napoletano dei Nuvoletta (alleati con Cosa Nostra) era suo padre, Pietro Di Sarno, deceduto quattro anni fa.
SHIFCO ALPI
E da Gaeta sta per arrivare a Civitavecchia un altro imprenditore che conta, Vito Panati, che controlla il gruppo Panapesca, una quindicina di sigle collegate e impegnate nel trasporto di pesce congelato. Il nome di Panati e' rimbalzato nelle cronache del caso Alpi, dal momento che a lui faceva capo anche la PIA (Prodotti Ittici Alimentari), avamposto sempre a Gaeta, per anni attiva nell'import export di pesce (ma a quanto pare - secondo le testimonianze di alcuni ex lavoratori raccolte anche dai membri della commissione parlamentare d'inchiesta - non solo: si parla di scorie nucleari, armi e droga tanto per gradire), spesso e volentieri utilizzando o cogestendo le navi della Shifco, sulle quali Ilaria Alpi e Miran Hrovatin stavano raccogliendo elementi proprio pochi giorni prima di essere trucidati. Due anni fa - a luglio 2008 - nel corso di una conferenza stampa il sindaco Moscherini annuncia entusiasta lo sbarco di Panapesca con uno stabilimento da 150 posti di lavoro da localizzare nella zona industriale.
Passano alcuni mesi, siamo a febbraio 2009: la giunta comunale vara un accordo di programma che prevede la realizzazione in localita' Campo Reale di una maxi piattaforma industriale per la produzione di beni e servizi (compresi motel, minimarket, sale conferenza, su quasi 90 ettari). Disco verde, dunque, per i favolosi progetti partoriti dalla Rodeo srl amministrata da Daniele Marini. Quanto mai misteriosi i soci (il capitale e' pari a 488 mila euro): la portoghese Bisiliat Consultadoria Servios IDA, la lussemburghese Civifin s.a., le inglesi Medinfix ltd e Elocyn ltd (che hanno poi venduto le loro quote ad una consorella sempre made in Lussemburgo, Continentale Financiere s.a.): ma secondo non pochi, i veri padroni sono cinesi. Sponsor d'eccezione, lo stesso Moscherini.
LA TORRE DEI MISTERI
Molti uffici strategici del comune di Civitavecchia sono distaccati nella Torre Europa, un palazzone ipermoderno, dieci piani e, soprattutto, una storia tutta da raccontare.
Lo stabile, infatti, e' una delle tante proprieta' che fanno capo alla Immobilgest di Casoria, popolosissimo comune dell'hinterland partenopeo. Titolare della societa' e' Fedele Ragosta, originario di San Giuseppe Vesuviano e in pochi anni capace di dar vita ad un vero e proprio impero di mattoni e sigle. La scorsa primavera dalla procura di Nola e' partito un maxi sequestro di molti suoi beni, radunati in quattro aree strategiche: Ragosta Industries, Ragosta Real Estate, Ragosta Hotel Collection (cinque stelle a Taormina, nella costiera amalfitana, a Roma nell'ex sede direzionale Atac) e Ragosta Food. Ma non e' nuovo alle aule giudiziarie: un rapporto di Legambiente del 1995 lo descrive come vero e proprio ras (raggiunto da due ordinanze di custodia cautelare) dei trasporti di monnezza verso discariche abusive, lungo tutta la dorsale appenninica, epicentri Campania, Lazio e Toscana (attraverso Ecolas, Agosider, Transider e Sidervesuviana).
Nella avveniristica Torre Europa aveva sede IGS (Intelligence Group Service), nata da una costola della IES Sistemi di sicurezza e Telecomunicazioni, colosso dell'intercettazione privata con sede a Milano e riconducibile a Vittorio Bosone. E sara' proprio Bosone a dichiarare ai magistrati meneghini (poi ritrattera' il tutto) che indagano sugli sporchi e milionari business delle intercetazioni, che e' «la camorra a riciclare i suoi profitti nella IGS e ad avere cosi', in caso di bisogno, un canale privilegiato per accedere a informazioni riservate».
E a Torre Europa hanno sede non solo svariati uffici comunali - personale e avvocatura tra gli altri - ma e' acquartierata anche la Holding Servizi, incaricata di gestire tutto il patrimonio comunale per la cifra annua di 172 mila euro. Neo “Direttore Generale Manager” - cosi' viene etichettato - e' un grande amico di Moscherini, l'avvocato Massimo Felice Lombardi, gia' al vertice della Palermo Ambiente spa che ha inghiottito milioni di euro per ridurre il capoluogo siciliano al disastro-monnezza. Lombardi sbarca a Civitavecchia appena dopo l'elezione del sindaco (novembre 2007) e subito sale in sella a Etruria Servizi e ETM, la prima dedita soprattutto ai rifiuti, la seconda ai trasporti (ma e' al collasso, indagata dalla Corte dei Conti), con un appannaggio annuo complessivo da 140 mila euro. Non basta: arriva anche la poltrona di presidente del consorzio per l'area industriale, cui segue la ciliegina sulla torta, Holding Servizi.
* * * * *
BIOMASSE CON CIANCIMINO
Non solo porti, cementifici e centrali elettriche tra Civitavecchia, Tarquinia e Montalto di Castro. Fa capolino, tra i tanti progetti in cantiere, anche quello di una centrale a biomasse («l'energia del futuro», secondo parecchi esperti), localizzazione prevista “Formicone”, piccola frazione tra Tuscania e Tarquinia. A “generare” l'idea e' la Tuscania Bioenergia (poi trasformata in Bioenergia e Ambiente), amministrata da Valerio Bitetto, ingegnere, ex dirigente Enel, massone, ma soprattutto arrestato e condannato per concussione nella Mani pulite milanese del ‘92: era infatti il collettore craxiano delle mazzette Enel. Bitetto e' anche titolare del 60 per cento di azioni della societa' di progettazioni Tecnoplan, il cui 40 per cento fa capo a Sirco spa.
Andiamo a vedere cosa e' custodito nello scrigno azionario di quest'ultima, Sirco. Soci sono Giorgio Ghiron, Massimo Ciancimino e l'avvocato Giovanni Lapis. Tutti condannati dal tribunale di Palermo, in primo grado, a 5 anni e 8 mesi per riciclaggio di danaro proveniente proprio dal “tesoro” dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino (10 anni invece la condanna per un altro imputato di concorso esterno in attivita' mafiosa, Romano Tronci).
Secondo informazioni raccolte all'ufficio tecnico del comune di Tarquinia, a firmare il progetto della centrale a biomasse sono ben tre sigle: le gia' viste Tecnoplan e Sirco, cui si aggiunge Fingas. Palermitane le ultime due, stesso indirizzo, a quanto pare partorite sotto la stessa ala paterna, Vito Ciancimino: le azioni delle due societa' sono state sequestrate dal tribunale di Palermo.
Dove c'e' chi racconta una storia. Eccola. «Giovanni Lapis ha partecipato alla compravendita di un lotto di terreno a Palermo su cui e' stato costruito illegalmente un palazzo, i cui appartamenti sono stati occupati da Giovanni Brusca, Stefano Bontade e Leoluca Bagarella. Il giudice Paolo Borsellino aveva appena cominciato a occuparsi di questa vicenda. Ma e' stato fatto saltare in aria cinque giorni dopo con una macchina zeppa di tritolo. L'auto era partita dal garage di quel palazzo». In alcuni servizi, il Fatto Quotidiano ha documentato anche l'interesse del presidente del Senato Renato Schifani per quel palazzone, dove a quanto pare si sarebbe trovato lo studio legale di famiglia.
Fantasie? Ricostruzioni farlocche? Sara' - c'e' da sperarlo a ormai quasi vent'anni da quelle stragi - la magistratura ad accertarlo.
E c'e' da augurarsi che la magistratura faccia con serieta' il suo lavoro a proposito di quattro procedimenti (due penali, competenti le procure di Perugia e Viterbo) e due civili (Perugia e Roma) avviati da 4 soci di Tuscania Bioenergia che hanno tirato in ballo Luigi Daga, vicepresidente della Associazione Antimafia Caponnetto, colpevole - a loro giudizio - di aver inviato una lettera (poi resa pubblica) alla Dda sul “caso biomasse”. In totale, chiedono un risarcimento danni da 1 milione 200 mila euro, non noccioline. La solita citazione-intimidazione sempre piu' in voga nel nostro paese per puntare un revolver contro chi fa il suo mestiere e denuncia il malaffare. Altra fresca denuncia, sempre contro Daga e la Caponnetto, dal sindaco di Tarquinia, il “progressista” Mauro Mazzola. Il motivo? “Procurato allarme e diffamazione”, per aver osato chiedere informazioni sulla ditta Diana da Casal di Principe - cuore dell'impero dei Casalesi - che sta realizzando un parcheggio nel centro di Tarquinia. Lese maesta'? A. C.
* * * * *
LO SBARCO DELLA CRICCA
Tutte le strade portano a Roma. Ma spesso passano prima per Civitavecchia, come dimostrano svariati percorsi di vita e affari relativi ai personaggi della cricca made in Diego Anemone.
Partiamo proprio dall'imprenditore tuttofare, gran regista di appalti e mazzette. O meglio dal padre, Dino Anemone, coinvolto nel 2002 nell'operazione “Cobra” - una delle tante portate avanti con alterne fortune da magistratura e forze dell'ordine in tutta l'area - dove faceva gia' capolino la famiglia gelese dei Rinzivillo, vicina al boss Giuseppe Madonia e al suo referente in doppiopetto, il faccendiere romano Pietro Canale. Cuore delle indagini il Consorzio Centro Italia, interessato ad una sfilza di lavori pubblici, dal carcere di Civitavecchia a una serie di porti (Livorno, Santa Marinella, Fiumicino, Gaeta e, of course, Civitavecchia): ad animare il Consorzio, oltre ad alcune sigle di copertura dei fratelli Antonio e Salvatore Rinzivillo, anche la Anemone Dino, tutti sotto l'ala protettiva del segretario generale del genio civile opere marittime di Roma, Massimo Ceccarelli. Alla fine, more solito, tutto si chiude con un flop: prosciolti e liberi per nuove avventure...
Altro giro, altra impresa. Eccoci alla Elettrica Leopizzi srl, sul cui ponte di comando siede Marco De Santis, fratello di Fabio, il provveditore alle opere pubbliche finito in galera per Criccopoli (corruzione il capo d'accusa). Una Leopizzi a tutto campo, nel porto di Civitavecchia, capace di aggiudicarsi appalti, con regolarita', ogni anno: 140 mila euro nel 2003, 180 mila dodici mesi dopo grazie alla magica “somma urgenza”, altri 180 mila nel 2005 per lavori di illuminazione. Nell'azionariato spicca una presenza, quella di una cooperativa a responsabilita' limitata, Conegliano, che fa capo, guarda caso, agli Anemone.
Soldi a palate ma “zeru risultati” per una sigla che alcuni anni fa era intenzionata a gestire l'interporto di Civitavecchia, Icpl, con la benedizione di Ercole Incalza, altro protagonista della Cricca story, a capo della struttura tecnica del ministero delle Infrastrutture, negli anni ‘90 primattore nel maxi business dell'Alta velocita'. Cosi' descrive Incalza il sindaco di Civitavecchia Moscherini: «un mio grandissimo amico da 25 anni, uno dei piu' grandi professionisti dei trasporti in questo paese». Un altro big della cricca, Valerio Carducci (gia' protagonista delle inchieste di Luigi De Magistris a Catanzaro), e' amico di Moscherini e legatissimo all'assessore al turismo e commercio del comune, Enzo De Francesco, il cui nome fa capolino tra i faldoni di un'inchiesta della procura di Vicenza: su un suo conto corrente sono stati trovati 2 milioni 300 mila euro e agli atti ci sono le parole dell'assessore: «Ah, Carducci, non fatemi parlare...».
Da una dichiarazione all'altra, ancora via telefono, intercettata e finita nell'inchiesta perugina. L'ennesimo protagonista di cricca story, il presidente di sezione della Corte dei Conti in Campania, Mario Sancetta, a quanto pare suggerisce ad alcuni imprenditori di «puntare sugli appalti per il porto di Civitavecchia».
E sempre nelle intercettazioni spunta un altro funzionario al ministero delle Infrastrutture, Gianluca Ievolella, grande amico di Moscherini (che lo nomina supervisore dell'urbanistica al comune di Civitavecchia, catapultando nello stesso periodo il fratello, Maurizio Ievolella, al vertice dell'area tecnica dell'Autorita' portuale). «La macroscopica anomalia sta nel fatto - commentano alcuni - che il genio civile, ovvero Gianluca Ievolella, aveva il compito di controllare e approvare i progetti che l'ufficio tecnico dell'area portuale, ossia Maurizio, presentava: tutto in famiglia!».
Tra gli interlocutori piu' assidui di Gianluca c'e' l'avvocato Edgardo Azzopardi, indagato dagli inquirenti perche' avrebbe raccolto dal procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, tramite il figlio Camillo, informazioni riservate relative all'inchiesta in corso e poi girate al numero uno dei Lavori pubblici, Angelo Balducci. Ed e' proprio con la segretaria di Balducci che - intercettato - svariate volte Azzopardi parla di Civitavecchia. Azzopardi pero' minimizza, sostiene che «alcuni gli chiedevano informazioni circa il possibile commissariamento dell'autorita' portuale»: fatto sta che a lui fa capo - come sottolineano alcuni operatori economici della zona - una societa' che «dal 2003 lavora anche con l'Autorita' portuale di Civitavecchia».
Ancora. Eccoci all'attuale prefetto de L'Aquila, Giovanna Iurato, indagata dagli inquirenti sempre per Criccopoli, in merito alla vicenda degli appalti per la sicurezza made in Finmeccanica nell'area di Napoli (dove e' finito nel mirino anche il numero uno del gruppo, Pierfrancesco Guarguaglini). A quanto pare, il nome della Iiurato compare nella lunga “lista Anemone”. Certo e' che ha in precedenza ricoperto un altro, delicato incarico: quello di commissario straordinario al comune (sciolto) di Civitavecchia.
Sottolineano alcuni notai della zona: «Forse non e' proprio un caso che gli atti di compravendita per Scajola e Pittorru, nonche' quello per l'acquisto di un intero palazzo da parte dei figli dell'ex ministro Lunardi, Martina e Gianluca, siano stati stilati dal notaio Gianluca Napoleone di Civitavecchia e registrati nella locale Agenzia delle Entrate. E forse nemmeno una semplice coincidenza e' che la fiduciaria milanese Cordusio, titolare dei conti nelle banche lussemburghesi di cui erano beneficiari Balducci e Rinaldi, sia la stessa titolare di 9999 azioni sul totale di 10 mila del capitale sociale della Iniziative Industriali srl, che ha presentato il progetto per la realizzazione di un cementificio nel comune di Tarquinia».
Un cementificio che tutti, in zona, gia' battezzano come “il mostro degli Speziali”, visto che i lavori progettuali della vicina centrale di Montalto di Castro sono firmati dalla Cal.Me spa: un piano pressocche' identico e la societa' fa capo ai rampolli del senatore pdl Vincenzo Speziali, segretario della commissione Finanze e Tesoro nonche' grande amico di Marcello Dell'Utri. Il cinquantenne figlio Antonio Speziali - un pallino per l'eolico, gestito con un'altra famiglia calabrese, quella degli Sgromo - e' fresco di rinvio a giudizio per una vicenda del 2006: e' accusato con due boss locali (Rocco Anello della famiglia di Filadelfia, nei pressi di Vibo Valentia, e Francesco Iaunazzo, di una ‘ndrina made in Lametia) di «violenza privata aggravata dalla mafiosita'». Vittima un imprenditore del lametino, Salvatore Mazzei: che a quanto pare ha avuto il torto di essersi interessato all'acquisto di un terreno di proprieta' della Curia. Dovevano forse svettarvi pale eoliche?
http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=336
possibile che con il Cianci abbiano "pattuito" qualche sconto giudiziario se si presta a far, che sò tarocchi o dichiarare di fantomatici papelli?
intanto cominciano ad attaccare per CENSURARE la voce delle voci, ma a chi importa?
Tocca Caltagirone e perfino il Ciancimino Massimo, da tutelare
RAGOSTA PROTESTA
http://www.lavocedellevoci.it/news1.php?id=149[/b]
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=29204
Cresce la convenienza dell'eolico
Da Repubblica.it
"Il crollo nel prezzo delle turbine eoliche sta spingendo il costo della produzione di energia eolica a livelli molto vicini a quelli del carbone. Ora, sostiene l’agenzia Bloomberg New Energy Finance, il rapporto nelle aeree particolarmente adatte allo sfruttamento dei venti è di 69 dollari scarsi per megawattora eolico contro i 67 dollari delle centrali che bruciano carbone e i 56 degli impianti a ciclo combinato a gas.
Per la prima volta dal 2005, ovvero per la prima volta da quando l’eolico ha abbandonato la dimensione di nicchia, il prezzo delle turbine è sceso infatti sotto il milione di euro a megawatt. Gli ultimi contratti stipulati nel secondo semestre del 2010 con consegna nel corso del 2011 parlano di investimenti pari a 980 mila euro a megawatt contro l’1,06 milioni necessari nel 2009 e l’1,21 del 2007 e 2008.
I motivi della riduzione dei costi sono in parte negativi e in parte positivi. Il lato negativo è rappresentato dalla contrazione nel flusso di finanziamenti verso l’eolico avvenuto nel 2010. Il rovescio della medaglia è l’eccesso di offerta in diversi mercati, in particolare quello spagnolo e quello Usa, che ha determinato l’abbassamento dei prezzi. La nuova situazione, riflette il curatore del rapporto della Bloomberg NEF Eduardo Tabbush, ha come conseguenza una riduzione dei margini di profitto per i costruttori, ma anche una maggiore competitività dell’energia eolica.
Inoltre, aggiunge il Ceo di Bloomberg NEF Michael Liebreich, “siamo reduci da una sequenza di anni in cui i costi delle turbine erano andati crescendo sulla scia dell’aumento della domanda e dei rincari nei prezzi dell’acciaio, ma dietro le quinte i produttori si sono dati da fare per ridurre i costi di produzione”.
Complessivamente, ricorda il rapporto di Bloomberg, le nuove installazioni di impianti eolici lo scorso anno sono diminuite a livello mondiale del 7%, spinte al ribasso dalla minore domanda di energia e dalla minore disponibilità di capitali. Gli effetti maggiori si sono avuti in particolare sul mercato americano, dove a fronte di una media di 930 mila a megawatt, alcuni contratti sono stati chiusi a 900 mila.
Ieri intanto i segretari di Stato Usa agli Interni e all’Energia, Ken Salazar e Steven Chu, hanno annunciato che il governo federale stanzierà 50,5 milioni di dollari in cinque anni per lo sviluppo dell’eolico offshore sulla East Coast. Il denaro sarà utilizzato in particolare per lo sviluppo della tecnologia.
8 febbraio 2011
Ticino, carbone a Lunen: il no incondizionato dei Verdi
Da RSI
"I Verdi, promotori dell'iniziativa "per un'AET senza carbone", hanno rigettato il controprogetto promosso dal PPD che prevede l'uscita dagli investimenti nella centrale di Lünen nel 2035 e investimenti compensativi nel settore delle energie rinnovabili.
Nell'incontro avuto oggi con una delegazione della speciale commissione energia del Gran Consiglio, gli ecologisti (il cui testo, che ha già raccolto circa 12'000 firme, si oppone alla partecipazione dell'Azienda elettrica ticinese nel progetto di impianto a carbone tedesco, dandole tempo fino al 2015 per cedere le sue quote) sono rimasti sulle proprie posizioni, giudicando che si è ormai fuori tempo massimo per eventuali compromessi.
Il Gran Consiglio discuterà nella sessione di febbraio se sottoporre entrambe le proposte al popolo."