Fonte: QuestoTrentino
"Ormai le evidenze abbondano e i principi di precauzione e prevenzione dovrebbero suggerire la messa al bando degli inceneritori. Di quelli vecchi come di quelli nuovi. Parla il dott. Celestino Panizza, medico per l’ambiente di Brescia, dove opera l’inceneritore più grande d’Europa.
di Marco Niro
La ricerca di un medico capace di esprimersi in modo autorevole e deciso sul danno sanitario degli inceneritori mi porta fuori provincia, a Brescia, essenzialmente per due motivi. Da una
parte, perché in Trentino, a parte qualche eccezione rappresentata da medici-amministratori (il sindaco di Centa San Nicolò dottor Roberto Cappelletti e l’assessore all’ambiente di Lavis dottor Lorenzo Lorenzoni), i medici trentini finora non hanno trovato di meglio che prendere atto della volontà di costruire l’inceneritore (è accaduto nell’estate 2008, vedi QT 16/2008). Dall’altra parte, perché dire Brescia, parlando d’inceneritori, significa riferirsi all’ambito di osservazione più importante, perché a Brescia opera dal 1996 l’inceneritore più grande d’Europa, un mostro che brucia 800.000 tonnellate l’anno di rifiuti.
A Brescia, quindi, vado a incontrare il dottor Celestino Panizza. Medico specializzato in Medicina del lavoro presso l’Università di Pavia e Statistica medica ed epidemiologia presso l’Università di Pavia, il dottor Panizza lavora come medico del lavoro all’Asl di Brescia. Membro dell’Associazione Medici per l’Ambiente, da tempo mette a disposizione le proprie competenze professionali per fornire sostegno alle organizzazioni impegnate nella lotta all’inquinamento e nella difesa della salute.
Dottor Panizza, dell’impatto sanitario degli inceneritori si parla poco e male, e il pubblico è impossibilitato ad orientarsi, tra un Veronesi che dice in prima serata televisiva che l’impatto sanitario degli inceneritori è pari a zero ed evidenze che dimostrano ben altro...
Il caso di Veronesi è emblematico. La propaganda inceneritorista ha utilizzato un medico di fama, che ha competenze relative alla cura dei tumori, e non alla loro prevenzione, per far passare il concetto che l’inceneritore non è rischioso. Il meccanismo usato da chi con gli inceneritori fa i soldi è sempre quello: comprare le università e i centri di ricerca, finanziandoli, affinché essi, al termine dei vari studi epidemiologici, pronuncino la frase magica: ‘il dato non è conclusivo’. Ovvero, non si nega che gli impatti sanitari possano esserci, ma si enfatizza l’incertezza epidemiologica, affermando che le evidenze non permettono di legare con certezza quegli impatti all’incenerimento. È stato fatto per anni anche dagli studi, prezzolati dall’industria del tabacco, sui danni da fumo di sigaretta: ‘non c’è evidenza che provochi il cancro’, si continuava a ripetere...
Non esistono quindi studi epidemiologici che permettano con certezza di rilevare gli impatti sanitari degli inceneritori?
Non ho detto questo. Decine e decine di studi, condotti per indagare le ricadute delle emissioni inquinanti degli inceneritori sulla salute delle popolazioni residenti intorno ad essi, hanno evidenziato numerosi effetti avversi alla salute dell’uomo, sia tumorali che non.
Ischia Podetti, a sinistra la discarica, a destra il sito dell’inceneritore.
Foto Marco Parisi.
Ce ne può indicare qualcuno?
Certamente. Tra i più recenti, possiamo ricordarne quattro. Lo studio effettuato nel 2007 in provincia di Venezia dal Registro Tumori dell’Istituto Oncologico Veneto è la più convincente dimostrazione esistente in letteratura di un aumento di rischio di cancro associato alla residenza vicino a inceneritori: esso evidenzia come il rischio aumenti di 3,3 volte fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione. Sempre nel 2007, lo studio “Enhance Health Report”, finanziato dalla Comunità Europea e condotto per l’Italia nel comune di Forlì, dove operano due inceneritori, ha portato a evidenze significative rispetto al sesso femminile: in particolare si è registrato un aumento della mortalità tra il +17% e il +54% per tutti i tumori, proporzionale all’aumento dell’esposizione; e questa stima appare particolarmente drammatica perché si basa su un ampio numero di casi - 358 decessi per cancro tra le donne esposte e 166 tra le non esposte - osservati solo nel periodo 1990-2003 e solo tra le donne residenti per almeno 5 anni nell’area inquinata. Nel 2008, poi, uno studio francese condotto dall’Institut de Veille Sanitarie ha rilevato un aumento di tumori di tutte le sedi nelle donne e, in entrambi i sessi, dei linfomi maligni, dei tumori del fegato e dei sarcomi dei tessuti molli. Da ricordare infine il 4° Rapporto della società Britannica di Medicina Ecologica, anch’esso del 2008, che nelle molte e documentate considerazioni ricorda come nei pressi degli inceneritori si riscontrino tassi più elevati di difetti alla nascita e di tumori negli adulti e nei bambini.
Una situazione allarmante. E a Brescia avete evidenze dell’impatto sanitario dell’inceneritore più grande d’Europa?
Il Registro Tumori segnala in provincia di Brescia un tasso d’incidenza tumorale tra i più alti del Nord Italia, ma non c’è modo di imputare all’inceneritore questa circostanza. Di studi epidemiologici sull’esposizione alle emissioni dell’inceneritore bresciano non ce ne sono, e del resto sarebbero inutili...
In che senso?
Nel senso che l’inceneritore di Brescia si trova in città, tra innumerevoli altre fonti che emettono sostanze inquinanti: voler rilevare l’impatto dell’inceneritore sarebbe quindi come voler individuare l’onda più alta in un mare in tempesta. Tuttavia, due fatti del recente passato ci permettono di identificare nell’inceneritore di Brescia un pericoloso produttore di diossine, sostanze tra le più dannose per la salute.
Ovvero?
Nel 2007 l’Istituto Superiore di Sanità ha misurato le diossine del tipo PCDD-F presenti nell’aria di Brescia per condurre la valutazione del rischio nel contesto delle indagini sul sito inquinato di rilevanza nazionale Brescia-Caffaro. L’indagine è stata condotta nel mese di agosto, quando sono ridotte le condizioni di traffico e le principali fonti d’immissione industriali, eccetto l’inceneritore, che funziona regolarmente anche in quel mese e insiste nella zona oggetto dello studio. Ebbene, il confronto con altre misurazioni, condotte negli ultimi anni in diverse località nella stagione estiva, mostra chiaramente come le concentrazioni di diossine nell’aria di Brescia siano le maggiori, con quantitativi almeno tripli.
E l’altro fatto?
Nel 2008 la Centrale del Latte di Brescia ha riscontrato presenza di diossine del tipo TCDD-F-PCB nel latte proveniente da sette aziende agricole ubicate nel territorio a sud di Brescia, proprio nei pressi dell’inceneritore. Il latte rifiutato dalla Centrale del Latte aveva tossicità equivalente ben oltre i limiti di soglia: tra i 6,5 e gli 8 picogrammi di diossine per grammo di grasso, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda per l’uomo il limite di un picogrammo per chilo di peso corporeo al giorno. Vale a questo punto la pena di ricordare che le diossine sono bioaccumulabili, ovvero si accumulano all’interno di un organismo in concentrazioni crescenti man mano che si sale di livello nella catena alimentare. È questo il motivo per cui è verosimile che il latte delle mucche alimentate con foraggio raccolto nel terreno soggetto a ricaduta dell’inceneritore sia risultato contaminato da tali sostanze.
Quello che lei riferisce dovrebbe indurre a fermare qualunque progetto di costruzione di un inceneritore. Ma già immaginiamo che chi vuole incenerire abbia la risposta pronta: “Questi dati si riferiscono agli inceneritori di vecchia generazione, noi costruiremo inceneritori di nuova...”
Vengono a dirci che i livelli delle emissioni dei nuovi impianti, che adottano le cosiddette “migliori tecnologie disponibili”, sarebbero di molto contenuti rispetto ai vecchi. Tralasciando che le migliori tecnologie, valutate dalla stessa industria secondo criteri di economicità, hanno già dimostrato di non presentare sufficienti garanzie sul versante dei sistemi di abbattimento, resta in ogni caso da tener presente che le concentrazioni delle emissioni ottenute applicando le migliori tecnologie sono allineate con i valori limite stabiliti dalle normative, i quali purtroppo non garantiscono di per sé la salute: basti pensare che il limite alla diossina stabilito dall’Unione Europea è mille volte superiore a quello stabilito dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente statunitense. E poi va ricordato un punto fondamentale: in realtà i controlli sulle emissioni sono oggi alquanto problematici.
Per quale motivo?
Da un lato, perché essi sono sostanzialmente eseguiti in regime di autocontrollo dagli stessi gestori degli impianti, dall’altro perché sono in effetti inadeguati a monitorare le effettive quantità emesse. Uno studio recente ha rilevato che in fase di accensione (quando non è monitorato), un inceneritore produce in media, nell’arco di un periodo di 48 ore, il 60% delle emissioni annuali totali di diossine prodotte quando è a regime. Anche durante lo spegnimento e il periodo di messa in servizio degli inceneritori (altri momenti in cui le emissioni non vengono controllate), si possono produrre livelli molto più elevati di diossine. E non si pensi che spegnimenti e accensioni siano rari: a Brescia la manutenzione li richiede un paio di volte l’anno.
Insomma, par di capire che ci sono ragioni per diffidare anche degli inceneritori di nuova generazione.
La limitata disponibilità di dati scientifici e di evidenze epidemiologiche sull’impatto sanitario dei moderni impianti non coincide con una mancanza di evidenza: il principio di precauzione induce ad attenersi a linee di maggiore prudenza. Di contro, le evidenze tossicologiche e sperimentali ormai assodate, e relative ad inquinanti oggettivamente emessi, come le diossine, non consentono certo deroghe all’obbligo della prevenzione. La storia del confronto tra vecchi e nuovi inceneritori ricorda quanto afferma l’autorevole epidemiologa Devra Davis nel libro “La storia segreta della guerra al cancro”, a proposito delle sigarette: quando la marea d’informazioni sui pericoli del tabacco cominciò a montare, le industrie cambiarono musica, diffondendo l’idea che forse le sigarette vecchie erano pericolose, ma quelle nuove, col filtro, sarebbero state gustose e salubri...
31 luglio 2009
Gli inceneritori vanno messi al bando
30 luglio 2009
UE cerca di penalizzare l'uso del carbone e altri inquinanti
Fonte + leggi l'aggiornamento
"Tassa carbone": dalla Ue nuove misure per ridurre la CO2
Il commissario europeo all’Ambiente, Stavros Dimas, durante la seconda giornata del Consiglio informale dei ministri dell’ambiente Ue ad Are (Svezia), parlando
dell’imposizione di una “tassa carbone” sui settori e i prodotti non inclusi nell’Ets (il sistema europeo di scambio delle emissioni) ha dichiarato che “è una buona idea”. Al contrario, l’ipotesi di tassare tutti quelli che giungono nella Ue dagli Stati che non hanno sottoscritto gli accordi mondiali sul taglio del CO2, costituirebbe uno sterile eco-protezionismo, senza nemmeno favorire i negoziati di Copenaghen.
A questo proposito anche il consigliere federale Moritz Leuenberger, ha dichiarato il suo appoggio alla Commissione europea che farà pressione sugli Stati membri affinché adottino la “tassa carbone”.
Una “tassa carbone” sui prodotti più inquinanti è in vigore in Svezia dal 1999. E’ il ministro svedese dell’energia Maud Olofsson che ha illustrato come questo strumento fiscale abbia fatto crescere il bilancio dello Stato dell’8%, “La presidenza svedese – ha indicato la Olofsson – è intenzionata a porre questo strumento nell’agenda dei lavori del suo semestre”.
“È uno strumento molto utile, ma è difficile imporlo a livello europeo perché serve l’unanimità dei 27 – ha spiegato Dimas – È possibile però raccomandare agli stati membri di prendere provvedimenti nazionali. Già alcuni paesi l’hanno fatto, come la Svezia, mentre la Francia lo sta discutendo”.
Ma secondo il ministro svedese dell’ambiente Andreas Carlgren, questo non deve autorizzare nessuno a pensare di imporre dazi sui prodotti importati dai paesi emergenti o in via di sviluppo. I“l nostro messaggio è chiaro: bisogna resistere a qualsiasi tentazione protezionista in nome della lotta al cambio climatico – ha concluso Carlgren – Ciò potrebbe rendere molto più difficili i negoziati con i paesi emergenti alla conferenza di Copenaghen”.
Su questo c‘è accordo pieno con il commissario Ue all’Ambiente Dimas che sottolinea: “la nostra strategia di negoziato con i paesi emergenti è basata sulla costruzione di fiducia reciproca, non sull’imposizione di pressioni”.
Mentre però la Francia insiste per applicare la tassazione anche alle frontiere dell’Ue, la Germania proprio oggi ha criticato questa proposta, definendola “una nuova forma di eco-imperialismo”.
“Chiudere i nostri mercati ai prodotti dei paesi emergenti (Cina, India, Brasile, ecc.) – ha commentato il sottosegretario tedesco all’ambiente Matthias Machnig – non sarebbe un segnale che aiuterebbe i negoziati internazionali”, anche lui riferendosi alla Conferenza di Copenhagen.
29 luglio 2009
Nanoparticelle e nanopatologie: qualcosa di strano accade
Sul sito www.stefanomontanari.net trovate, purtroppo, le ultime, brutte notizie, su una faccenda incresciosa. Il microscopio (quello finanziato anche grazie a Beppe Grillo qualche anno fa) viene tolto alla coppia di ricercatori scomodi che indagano da anni sui danni dell'inquinamento da nanoparticelle. Per ostacolarli? Sembra evidente. E' chiaro che i dati da loro raccolti sono assai imbarazzanti per gli affari mafiosi. Il microscopio viene dirottato verso l'università di Urbino, i due ricercatori potranno utilizzarlo "per almeno un giorno alla settimana".
Una cosa è certa: la raccolta fondi promossa da beppe Grillo ebbe successo solo in virtù del fatto che gli utilizzatori dello stesso erano i due noti ricercatori. Senza di loro, non si sarebbe mai proceduto ad un acquisto simile, il pubblico non avrebbe contribuito certo.
Inoltre, a causa di pressioni e diffamazioni, oltre che di altri problemi di cui non abbiamo notizie, pare che il blog del noto Stefano Montanari sia ormai stato chiuso. Chi ci perde è la collettività.
Potete cominciare a leggere qui e qui. Inoltre, se volete potete agire, seguendo queste istruzioni:
"CARI TUTTI , ECCOVI IL TESTO AUTORIZZATO DA RITRASMETTERE AD AVV BONAFEDE NEI MODI OPPORTUNI INDICATI SOTTO. Se siete INTERESSATI A SUPPORTARE LA CAUSA DEI DOTTORI, IN QUANTO SENSIBILI A QUESTIONI legate a SALUTE, AMBIENTE E LIBERA RICERCA - E DISPOSTI EVENTUALMENTE IN FUTURO a SUPPORTARE IN MODO ATTIVO, NEI MODI E TEMPI CHE VI SARA' RICHIESTO ( E NELLE VS POSSIBILITA' ADERIRE) potete agire inviando la seguente email da personalizzare.
L'OGGETTO DELLA MAIL DOVRA' ESSERE: "adesione fase stragiudiziale a tutela della ricerca Montanari-Gatti".
INIZIO ESEMPIO
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DA: VOSTRA MAIL.
A: avvocatobonafede@gmail.com.
OGGETTO: "adesione fase stragiudiziale a tutela della ricerca Montanari-Gatti".
"Io sottoscritto ' Nome Cognome, Cellulare, Codice Fiscale ' richiedo all'avv. Alfonso Bonafede del Foro di Firenze di aderire all'iniziativa finalizzata a garantire che il Dott. Stefano Montanari e la Dott.sa Antonietta Gatti possano continuare le loro ricerche utilizzando con regolarità presso il loro laboratorio il microscopio ESEM che tanti donatori hanno contribuito ad acquistare nel 2006 e nel 2007.
Dichiaro che non ho usufruito della ricerca portata avanti dai Dott.ri Stefano Montanari e Antonietta Gatti ne effettuato alcuna donazione per l'acquisizione del microscopio di cui in oggetto ma - essendo particolarmente sensibile a questioni di salute ambiente e libera ricerca e anche disposto allorche' ve ne fosse in futuro necessita' a partecipare a manifestazioni o altre attivita' a supporto di Montanari e Gatti da valutare in merito alla mia adesione al momento che queste mi vengano palesate via mail - desidero che venga espresso, nel corso di questa fase stragiudiziale, il mio senso di gratitudine nei loro confronti e la mia solidarietà nei confronti della presente iniziativa, ben conscio dell'attivita' di ricerca in tema ambiente e nanopatologie da loro svolta in tutti questi anni e ritenendola molto preziosa per la collettivita'.
Per quanto concerne l'esposizione dei fatti che hanno originato questa iniziativa, mi attengo a quello che il Dott. Stefano Montanari e la Dott.sa Antonietta Gatti hanno comunicato ed esposto, insieme o singolarmente, all'avv. Alfonso Bonafede.
Autorizzo l'avv. Bonafede a seguire le direttive che Stefano Montanari e Antonietta Gatti gli daranno, in questa fase stragiudiziale, in merito alla gestione e definizione della controversia in questione. Sono a conoscenza del fatto che sarà il Dott. Stefano Montanari ad informarmi dell'evoluzione della controversia.
Nel caso in cui questa mia adesione, o particolari attivita' che andranno svolte, dovessero comportare esborso di somme, se mai dovessero essermi richieste, mi riservo di valutare poi le stesse e confermare volta per volta l'intenzione, in piena libertà e senza vincolo alcuno, di aderire o meno a seconda di quella che sarà la mia volontà al momento in cui ricevero' le singole richieste.
Sono serenamente informato/a e consapevole del fatto che al momento le iniziative previste non prevedono alcun esborso di danaro da parte di chi aderirà.
Sono consapevole, infine, del fatto che, data la complessità dell'operazione di raccolta adesioni a mezzo internet, l'avv. Bonafede non è in alcun modo vincolato ad accettare la presente adesione e ad eseguirla. Tale accettazione potrà anche essere tacita mediante l'inserimento dei miei dati nelle lettere che invierà, in fase stragiudiziale, per tale iniziativa".
Luogo, (data) . Firma
Nel rispetto della normativa a tutela della privacy, richiedo espressamente che i miei dati siano utilizzati solo ed esclusivamente per i fini necessari all'espletamento dell'iniziativa stragiudiziale a cui aderisco.
Luogo, (data) . Firma
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FINE ESEMPIO
27 luglio 2009
Manrico Coleine medaglia d'argento
...E naturalmente non potevamo esimenrci dal riportare anche il secondo posto da Ipse Dixit (centumcellae.it)
Le dichiarazioni (in)famose di Manrico Coleine:
1) Dico “No al carbone” perché non vedo alcuna ragione per dire si a questo progetto, tranne una ventilata e poco chiara ipotesi di risparmio economico.
2) Dico “no al carbone” per le modalità di come sono state condotte le trattative fra l'Enel, la cittadinanza e le amministrazioni locali fino ad arrivare ad un ricatto morale verso i dipendenti elettrici ai quali rinnoviamo tutta la nostra stima, amicizia e solidarietà per il mantenimento del loro sacrosanto posto di lavoro.
3) Dico “No al carbone” perché gli accordi internazionali di Kyoto vanno nella direzione opposta a quella indicata dall'ente energetico il cui progetto non rispetterebbe affatto le raccomandazioni di ridurre notevolmente le emissioni gas serra e soprattutto di anidride carbonica responsabile principale dell'effetto serra e del buco dell'ozono.
4) Dico “No al carbone” perché le ultime raccomandazioni dell'Unione europea escludono come fonte energetica principale il carbone, fintantoché sono disponibili altri prodotti combustibili meno dannosi per l'ambiente e per la salute pubblica.
5) Dico “No al carbone” perché la schiavitù dal petrolio e dai suoi derivati potrà venire meno soltanto quando saranno disponibili altre fonti di energia alternative come l'energia solare, eolica o a idrogeno.
6) Dico “No al carbone” perché tutte le indagini sanitarie compiute nel nostro territorio hanno dimostrato un notevole aumento delle malattie respiratore degenerative in rapporto al'inquinamento ambientale, di gran lunga superiore alla media nazionale.
7) Dico “No al carbone” perché nell'ultimo referendum cittadino abbiamo detto Sì al metano.
8) Dico “No al carbone” perché i nostri concittadini hanno già pagato abbastanza la presenza delle centrali Enel in termini ambientali e salutari.
9) Dico “No al carbone” perché tale progetto si scontra inevitabilmente e senza ombra di dubbio con il tanto sbandierato sviluppo culturale, storico, artistico e turistico del nostro territorio.
10) Dico “No al carbone” perché se passasse l'ipotesi inquietante che non inquina qualcuno penserebbe subito che nella nostra città ci sarebbe posto anche per un bel termocombustore. Detto ciò nessuno ci vieta di ringraziare i dirigenti dell'Enel per aver scelto il nostro territorio da inserire nel loro progetto di espansione energetico-industriale
Manrico Coleine 14 novembre 2001
Il 25 marzo del 2003 Manrico Coleine, consigliere comunale del Gruppo misto, voterà a favore della riconversione a carbone di Torre Valdaliga nord.
NOTA BENE: già all'epoca si parlava di rifiuti bruciati a Civitavecchia. Non ci resta che piangere? Magari...Le lacrime son finite da tempo.
Alessio De Sio medaglia d'oro
Imperdibile appuntamento con la classifica di Ipse Dixit, la rubrica estiva di mostruosità tutte civitavecchiesi, pubblicata da www.centumcellae.it.
Riportiamo il primo posto, assegnato all'ex-sindaco ora dipendente enel, Alessio De Sio:
"Se Torre Valdaliga Nord sarà riconvertita a carbone sono pronto ad incatenarmi ai cancelli della centrale"
Parole di Alessio De Sio, sindaco di Civitavecchia, 18 gennaio 2003, poco prima della manifestazione no coke contro la riconversione a carbone di Torre Vadaliga Nord.
Due mesi dopo, il 25 marzo 2003, Alessio De Sio voterà a favore della riconversione.
Invitiamo a leggere anche gli altri classificati in Ipse Dixit, perché la nostra tragicomica realtà cittadina supera ogni più truce fantasia.
Manrico Coleine - Secondo classificato
Fabiana Attig - Terza classificata
Sandro de Paolis - Quarto classificato
Ppino Antonucci - Quinto classificato
Centrale a carbone di vado Ligure: ricorso al TAR
Dal Forum Ambientalista:
RICORSO AL TAR CONTRO LA CENTRALE A CARBONE DI VADO LIGURE
"Faremo ricorso al Tar per fermare il potenziamento a carbone della centrale Tirreno Power di Vado Ligure". Ad annunciarlo è Ciro Pesacane, presidente del Forum Ambientalista, subito dopo la decisione della ministra Stefania Prestigiacomo di portare avanti questo progetto.
"Ci sono tutti i requisiti per vincere in tribunale - dichiara Pesacane - Non stato stati rispettati la valutazione di impatto ambientale (Via) e le volontà degli enti locali territoriali e della Regione Liguria, contrari al potenziamento della centrale".
"Assurdo pensare - aggiunge - che mentre in tutta Europa si investe su fonte rinnovabili, in Italia la destra punta ancora sul carbone, dimenticandosi del danno che genera all'ambiente e alla salute della popolazione locale. La centrale Tirreno Power aumenterà le emissioni di Co2 di 2,4 milioni di tonnellate, andando contro il protocollo di Kyoto e l'intesa europea sul 20-20-20 che chiedono invece al nostro Paese una riduzione delle emissioni".
"Inoltre il provvedimento della Prestigiacomo è antidemocratico - conclude l'ambientalista - Si calpestano non solo gli enti locali ma anche i comitati territoriali che da anni si battono contro l'ampliamento della centrale a carbone. Il Tar ci darà ragione".
Per info, Giacomo Sette 3381202287
Forum Ambientalista
Associazione di volontariato riconosciuta dal Ministero dell'Ambiente
26 luglio 2009
Bad italians
Da Terranews
"Il Rapporto Legacoop sui comportamenti quotidiani di 2.500 famiglie svela la nostra relazione in chiaroscuro con il risparmio energetico e la mobilità verde. Le città scoppiano di traffico, infrequente l’uso dei mezzi pubblici.
Accorte nell’utilizzo di energia, in difficoltà nel mettere in pratica anche le regole più semplici per risparmiare acqua, acquistare prodotti certificati Ecolabel, usufruire di mezzi di mobilità alternativi all’automobile privata che resta il mezzo privilegiato per ogni spostamento. è un ritratto a doppia faccia quello che emerge dall’ultimo rapporto LegaCoop e Indica sui comportamenti quotidiani di 2.500 famiglie italiane.
Amanti della luce, il 67 per cento del campione - si legge nel rapporto dichiara di
usare da 11 a 30 lampadine anche se il 14% ne ha da 31 a 50. Il 43,3% dice di avere la quasi totalità dei punti luce “coperti” con lampade ad alto risparmio mentre otto su dieci hanno comunque la tendenza a cambiare le lampadine fulminate con quelle a basso impatto.
Attenzione anche sull’utilizzo degli elettrodomestici: quasi il 70% ha dichiarato di possederne uno per la refrigerazione di classe A, così come per la lavastoviglie (47%), il forno (48%) e la lavatrice (70%). Per quanto riguarda le abitudini in salotto emerge invece un alto uso della televisione che per il 41% dei casi rimane accesa dalle 3 alle 5 ore al giorno (fino a 7 ore per il 23%). Sei ore, invece, per il computer (in 6 casi su 10) con il 67% del campione attento a ridurre al minimo gli stand by.
Scarso l’utilizzo di energie rinnovabili: il 93% non ha impianti per la produzione di energia da fonte pulita, il resto usa soprattutto pannelli solari termici, pannelli solari fotovoltaici e stufe a biomassa. Anche per il riscaldamento le cose non vanno bene: si usa ancora molto il gas metano (88%) e la caldaia è in prevalenza di tipo tradizionale o a condensazione (15,8%).
Il 77% utilizza un termostato, bandite stufe e caminetti; per l’isolamento termico le case italiane si dimostrano assolutamente inadeguate. Se è vero infatti che il 45% delle famiglie possiede infissi coi doppi vetri, più della metà (il 59%) vive in un edificio non a norma. Sul campo della mobilità poi si peggiora ancora di più: l’automobile resta il mezzo privilegiato per recarsi a scuola o al lavoro (63%), per il tempo libero (57%) e soprattutto per le vacanze (81%).
A piedi va solo il 7% del campione, l’8% utilizza i mezzi pubblici, e il 5,1% la bicicletta. Più della metà delle famiglie (56%) ha due auto, ma il 5,3% del campione ne ha più di due; il 40% percorre in media da 15mila chilometri in un anno e utilizza benzina o gasolio. Il 46% afferma di possedere un’automobile euro 4. Scarsa attenzione anche sui prodotti eco-friendly; meno della metà non ha mai acquistato prodotti firmati Ecolabel (il marchio della Ce che contraddistingue prodotti e servizi a minor impatto ambientale).
Una sorpresa viene dall’acqua da bere, perché per il 31% è del rubinetto non filtrata, l’8,4% utilizza depuratori per l’acqua di rubinetto, il 10,4% acquista acqua minerale in bottiglia da fonte locale, mentre il 24% acquista acqua minerale con fonte fuori provincia e circa il 22% acquista bottiglie provenienti da una fonte che si trova al di fuori della propria regione.
25 luglio 2009
Educazione e Distruzione VS Educazione ed Istruzione
L'esposizione all'inquinamento è un OSTACOLO allo sviluppo COGNITIVO dei bambini: il loro quoziente intellettivo ne risulta compromesso.
Per gli addetti ai lavori non si tratta di una vera novità, ma di una triste conferma. Non basta ancora, a genitori, insegnanti, a quanti si occupano di educazione ed istruzione? Preoccupiamoci almeno del bene dei nostri figli vittime incolpevoli di un mondo folle.
Dalla Rivista internazionale Pediatrics, 20 luglio 2009:
"Prenatal Airborne Polycyclic Aromatic Hydrocarbon Exposure and Child IQ at Age 5 Years"
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Fulvio Conti faccia di bronzo
Queste balle colossali si commentano da sole. Tuttavia è difficile smettere di stupirsi di fronte a dichiarazioni così sfrontate. Mostri anarcoidi come Fulvio Conti sono capaci di dire e fare di tutto, e confermano che la realtà supera sempre la fantasia, anche nel male.
24 luglio 2009
La tragica speculazione edilizia che "sorregge" l'economia italiana.
Dal blog di Beppe Grillo
La strategia per l'uscita dalla crisi è sempre la stessa: cementificare, cementificare, cementificare. I nuovi 100.000 alloggi in un'Italia già distrutta dal cemento sono un atto di demenza economica, prima ancora che ambientale. Chi guadagna dalla costruzione di immobili in un Paese che sta relegando i suoi spazi verdi sugli Appennini e sulle Alpi? Ovunque case vuote. Se
passeggiate in una qualunque grande città vedrete, accanto a nuove costruzioni residenziali che devastano i centri e le periferie, interi palazzi, uffici, alloggi in vendita e in affitto. A che serve costruire ancora e ancora? Il Italia ci sono seconde, terze, quarte case in luoghi (prima) meravigliosi. Case vuote, affittate un mese all'anno, qualche volta neppure quello, dalle persiane chiuse. Edificate ovunque, sulle dune della Sardegna o sui prati dei paesi montani. Qual è il VERO valore economico di queste case?
Il costo ambientale della costruzione di una casa vuota è enorme. Costruire senza una reale necessità abitativa, per pura, e spesso solo presunta, speculazione è un delitto. Il territorio italiano è degli italiani non delle società immobiliari, delle banche che le finanziano con i nostri soldi e delle lobby di governo. Se queste ci guadagnano, i piccoli azionisti delle società immobiliari quotate in Borsa, come ad esempio Risanamento, perdono tutto. Risanamento è un nome spettacolare per un titolo che ha perso il 43,18% nel 2009 e in due anni è passato da 3,6 euro a 0,11. Il titolo vale 34 volte di meno del massimo raggiunto nel 2007. Un nome che sembra suggerito da Tremorti.
Risanamento è un grande gruppo che ha goduto della fiducia della politica e delle banche che gli hanno prestato soldi su soldi. I soldi dei loro clienti. Le stesse banche che negano un fido o un credito a una piccola impresa sono creditrici di una società che ha TRE miliardi di debito e che rischia il fallimento. Quali banche? Unicredit, MPS, IntesaSanPaolo, Banco Popolare.
Il fondatore di Risanamento si chiama Luigi Zunino. Una persona amata dalla politica, impegnata in aree considerate fondamentali per l'EXPO 2015. Responsabile del fallimento dell'area residenziale di Santa Giulia, del "risanamento" dell'ex Falck di Sesto San Giovanni. L'ultimo utile operativo di Risanamento risale al 2005. In Europa le società immobiliari hanno un debito medio pari al 50-65% del patrimonio. Risanamento nel 2008 è arrivata all'85%.
Le banche per non perdere il credito concesso in passato, e per il quale dovrebbero essere cacciati i loro vertici, intendono finanziare con altri 250 milioni di euro Risanamento. E così, milioni e miliardi di nostri risparmi finiscono in fumo. Nel grande falò del mattone. Dov'era la Consob in questi anni? Sapeva dell'esistenza di una società quotata in Borsa chiamata Risanamento? Cardia, dico a lei! La bolla immobiliare scoppierà anche in Italia, è solo questione di tempo, allacciate le cinture.
"A CIVITAVECCHIA LA MAFIA C'E'". Le mani di cosa nostra sulla città portuale e sui comuni vicini
Comunicato dell'Assoc. Antonino Caponnetto
"Dal buon esito di una vicenda giudiziaria che lo ha riguardato, il sindaco di Civitavecchia Moscherini ha tratto spunto per passare - secondo quanto hanno riportato alcuni organi di stampa - alla formulazione di giudizi negazionisti su una situazione generale attinente alla presenza della criminalità organizzata sul territorio da lui amministrato.
In sostanza, egli ha negato tale presenza, smentendo oggettivamente quanto sostenuto al
riguardo dalla Procura Nazionale Antimafia e da altri organismi investigativi e giudiziari centrali.
Lo stesso sindaco ha colto, inoltre, l’occasione per esprimere giudizi negativi nei confronti di tutti coloro – i cosiddetti “professionisti dell’antimafia“ – che, in virtù dell’esito di approfondite analisi e di quanto scritto dagli Organi dello Stato succitati, esprimono da tempo un parere opposto al suo.
Nell’esprimergli le nostre felicitazioni per l’esito della sua vicenda giudiziaria - che, da quanto appreso dai giornali, non riguarda, comunque, la materia che stiamo trattando -non possiamo esimerci dal ricordargli che ci siamo già visti costretti a presentare denuncia - querela alla Procura della Repubblica per alcuni giudizi offensivi da lui espressi nei nostri confronti.
Noi non abbiamo mai fatto ricorso nei confronti di chicchessia – né tanto meno nei suoi confronti – all’arma del dileggio e dell’insulto.
Riteniamo, pertanto, che altrettanto debba fare anche il Sindaco Moscherini, tenuto conto, soprattutto, del ruolo istituzionale da lui al momento ricoperto e del rispetto dovuto a quello degli altri attori in campo, a cominciare dalla Magistratura.
A noi non interessano le polemiche fra il Sindaco Moscherini ed altri esponenti politici locali, ma quando egli arriva a dichiarare pubblicamente che a Civitavecchia “la mafia non c’è”, è doveroso per noi replicargli che, al contrario, “la mafia c’è“.
Associazione Regionale del Lazio per la lotta contro le illegalità e le mafie
“Antonino Caponnetto”