No al carbone Alto Lazio

14 agosto 2011

Legambiente manifesta sul Delta del Po contro il carbone

Su RovigoOggi e AlternativaSostenibile il resoconto delle azioni di Goletta Verde e Legambiente

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Sul Bosco TVN, continua il gioco sporco del sindaco Moscherini

Fonte
Forum Ambientalista e Comitato NaturalMente sulla questione del cosiddetto "Bosco Enel" (Torrevaldaliga Nord) Eh già: a Civitavecchia si chiama tutto "enel"


"Evidentemente il Sindaco Moscherini pensa che Civitavecchia, in quanto da lui governata, sia territorio non soggetto alle norme e alle leggi vigenti nello stato italiano. E se questa non è certo una novità, e dimostrazione ne sono i tanti abusi ed illegittimità che hanno, come non mai, caratterizzato la legislatura da lui presieduta, (Marina docet), lascia comunque perplessi la tracotanza con cui, pur di perseguire i propri scopi, il Primo Cittadino si senta autorizzato, in barba a quanto espresso da istituzioni sovraordinate, magistratura e finanche dalle migliaia di cittadini che hanno sottoscritto un apposita petizione, ad opporsi ad opere che non solo costituiscono obblighi di legge, ma che sono patrimonio dell’intera comunità e costituiscono una reale, anche se minima ed insufficiente, compensazione di quanto in termini di qualità della vita e dell’ambiente, la riconversione a carbone di Torrevaldaliga Nord ha tolto ai cittadini del comprensorio.

Non meritano risposta, poi, i suoi alcoliti della III circoscrizione, gli stessi che volevano realizzare la strage di eucaliptus in via delle Sterlizie, che avrebbero maggiormente il favore degli abitanti di San Gordiano se, invece di impegnarsi a sostenere le posizioni del Primo Cittadino, si spendessero con eguale passione per segnalare le innumerevoli perdite d’acqua che poi causano le voragini di cui vi è testimonianza recente, le condizioni del manto stradale specie in prossimità delle tanto volute rotatorie di Via delle Sterlizie, e più in generale, le condizioni in cui versa l’intero quartiere.

Vogliamo peraltro sottolineare, ancora una volta, che nella Valutazione d’impatto ambientale è chiaramente specificato che la realizzazione del cosiddetto parco dei serbatoi è prevista in quella specifica area in quanto contribuisce “Dal punto di vista del consumo di suolo” ad “un miglioramento in quanto l’area occupata dalla centrale diminuirà, a fronte dello smantellamento di gran parte del parco serbatoi, di circa 119000 m2” e la sua creazione “in luogo del parco serbatoi, inserito del percorso ciclabile fra Civitavecchia e la pineta costiera La Frasca può effettivamente contribuire a migliorare la percezione dell’impianto…”.

Né può valere il discorso che l’area risulta compromessa in quanto, sempre nella Via, si prevede che ilavori per la realizzazione del parco “saranno tuttavia conseguiti solo una volta …. bonificata l’area del parco serbatoi” e che le “quantità di terreno … provenienti dall’area dei bacini serbatoi e contenenti tracce di olio combustibile, saranno inviate a discarica come rifiuto” Spiace peraltro far presente al primo cittadino che non vi è alcuna necessità che lui firmi alcunaautorizzazione in quanto essendo la realizzazione del parco prescrizione di cui all’autorizzazione unica MAP 55/02/2003, rilasciata sulla base del D.L. 7 febbraio 2002, n. 7, meglio conosciuto come decreto sblocca centrali, su cui, nostro malgrado, il Comune ha già rilasciato a suo tempo parere positivo, ogni opera ad esso connessa, comprese le prescrizioni, si considerano con la medesima già autorizzate. La smetta, quindi, il Primo Cittadino di cimentarsi con proposte pseudo ambientaliste che non gli si confanno, come d’altronde l’indegna proposta di privatizzare i parchi cittadini dimostra, ed abbia il coraggio di dire la verità, ovvero che l’intero territorio, area del bosco Enel e Frasca compresa, vanno sacrificate alla realizzazione della devastante Piattaforma Italia con annesso Terminal China di cui nessuno sente il bisogno se non le multinazionali asiatiche e alcune società private il cui interesse certo non coincide con quello della comunità cittadina".

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Il Tg nazionale sul carbone a Quiliano (Vado Ligure)

Riportiamo il servizio andato in onda il 12 agosto 2011:



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Carbone e carburante in mare a Mumbai

Fonte: ANSA - 06 AGO - E' allarme ecologico al largo delle coste di Mumbai in India dopo l'affondamento di un mercantile con a bordo oltre 60 mila tonnellate di carbone e 340 tonnellate di carburante e lubrificanti. La nave Mv Rak, battente bandiera panamense, si era inabissata due giorni fa. Una larga chiazza di olio lubrificante e' comparsa intorno al relitto e sta minacciando la costa gia' danneggiata in passato da diverse maree nere. Sul posto sono state inviate delle speciali unita' anti inquinamento.

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Marcinelle 1956, l'ipocrisia nelle parole di chi ricorda

Che le sigle dei sindacati nazionali siano pronte a propagandare come positivo qualunque affare relativo al carbone è una realtà ormai consolidata, e i potentati energetici sono ben contenti di sfruttarle mediaticamente.

Poi d'improvviso emergono le contraddizioni, come quelle di chi nello scorso 8 agosto commemorava i minatori italiani morti a Marcinelle, eppure tace sulle migliaia di lavoratori che muoiono ogni anno nelle miniere di carbone, ancora oggi, nel 2011. Di quelli semmai ci ricorderemo tra 50 o 100 anni.

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Autostrada tirrenica, troppe le criticità implicate

Lettera del Consigliere comunale Marco Tosoni al sindaco di Tarquinia Mauro Mazzola

Egregio Sindaco,
Le invio alcune osservazioni sulla questione dell'Autostrada tirrenica, rappresentate da ITALIA NOSTRA e dal Movimento no coke Alto Lazio durante l’audizione alla commissione ambiente della camera dei deputati sul progetto dell’AUTOSTRADA TIRRENICA.
Lei con la sua maggioranza avete approvato il tracciato autostradale, nel 2008, quel tracciato, totalmente diverso dall’attuale, presenta gravi criticità, che andrebbero valutate di nuovo, in un consiglio comunale aperto, per dare alla cittadinanza un’informazione mai avuta su come cambierebbe il nostro paese con la realizzazione dell’Autostrada TIRRENICA sovrapposta all’attuale SS Aurelia, togliendo a tutti una strada gratuita, per una a pagamento, deturpando e rovinando l’intero territorio.I cittadini hanno il diritto di sapere cosa rischiano con la realizzazione di un’autostrada, quando potrebbero avere la messa in sicurezza della SS Aurelia, una trasformazione meno impattante per il territorio, e magari con più possibilità per le aziende locali di partecipare alla realizzazione.


CRITICITA’ LEGALI

Tra le maggiori criticità del progetto che prevede che l’autostrada per 35 anni sia gestita dalla SAT (Società Autostrada Tirrenica), una società privata. A questo proposito c’è una forte anomalia: il Presidente della SAT , Antonio Bargone, è anche Commissario governativo per l’Autostrada Tirrenica: gli interessi del Pubblico e dello Stato Italiano non coincidano necessariamente con quelli “privati” della SAT. E’ un gravissimo conflitto di interessi. Purtroppo in Italia, troppo spesso Infrastrutture e Opere Pubbliche sono espressione di finanziamenti illegali. Chi controllerà la gestione dell’infrastruttura quando controllore e controllato sono la stessa persona?

CRITICITÀ ECONOMICHE

Ci sono altri problemi: è lecito privatizzare una strada demaniale? Quello dell’Aurelia sarebbe il primo caso di consegna ai privati di un tratto essenziale del sistema stradale pubblico italiano. Un privato –occorre aggiungere- che ottiene un appalto da più di 2 miliardi di euro senza gara europea.

La SAT e il Governo vogliono fare in fretta. Le procedure vengono accelerate. Il Ministero Infrastrutture ha convocato per il 3 Agosto 2011 una conferenza dei servizi nonostante sia ancora in corso la Valutazione di Impatto Ambientale.

Ci dice la SAT: occorrono 2,3 miliardi per costruire l’A12 Tirrenica . Ma basteranno? Purtroppo l’esperienza insegna che molto spesso nella costruzione delle Infrastrutture Statali ci sono degli “sforamenti” tra il 20/30 %. Secondo i nostri esperti economici un mutuo a 30 anni per 2,3 miliardi prevede interessi per 150/180 milioni di euro all’anno. Come si otterranno queste risorse? Con il project financing lo Stato non dovrebbe intervenire. La SAT sostiene che riuscirà ad andare in pari con il pedaggiamento di circa 31.000 automobili di media giornaliera su base annuale. Peccato che oggi circolino sull’Aurelia solo 17.000 veicoli. Come si può essere sicuri che ci sarà quasi il raddoppio dei passaggi? E se ciò non avvenisse? Chi pagherà le perdite? Non vorremmo che si ricadesse nel vecchio sistema italiano per il quale i profitti vanno all’imprenditore privato (Caltagirone, il Monte dei Paschi di Siena, la Lega delle Cooperative) e le perdite allo Stato. Cosa potrebbe succedere se il prezzo del petrolio e quindi della benzina salisse molto? E con l’aggravarsi e prolungarsi della crisi economica?

CRITICITA’ TECNICHE:
Le complanari da sempre sono distruttive per il territorio. Nel progetto SAT non esistono come sistema completo e, non garantisce alla popolazione il diritto di traffico agricolo e civile di chi non può o non vuole pagare il pedaggio. Nel tratto che interessa Tarquinia non ci sono strade alternative, solo la litoranea verso Civitavecchia, che andrebbe condivisa con mezzi pesanti e mezzi agricoli, rendendola ancora più pericolosa dell’attuale Aurelia, ma per andare verso Grosseto?.

Gli espropri: la zona presa in considerazione è economicamente una zona molto pregiata e utilizzata: case, case di vacanza, ville, agriturismi, aziende agricole, alberghi, campeggi. Per centinaia di famiglie che hanno a ridosso dell’Aurelia l’abitazione, o il luogo di lavoro, l’autostrada è una soluzione catastrofica come denunciano ogni giorno i giornali riferendo di manifestazioni popolari.

Per tutti questi motivi, è stato chiesto alla Commissione Ambiente di approfondire le problematiche e invitare il Governo e il Ministro Matteoli a riesaminare l’intero progetto uniformandosi alle direttive europee che esplicitamente consigliano di moderare il ricorso alle autostrade e incentivare invece modelli di mobilità intermodale come la navigazione e le ferrovie.

In conclusione il progetto , dopo 43 anni che la SAT ci lavora sopra, è ancora in molte sue parti indefinito, distruttivo e costoso. Il punto di vista dei cittadini è che l’interesse del Pubblico, ripetiamo, sia servito meglio da una strada statale messa in sicurezza che risulta essere meno impattante per il territorio e la realtà economica che vi prospera. Ciò vale anche per l’economia nazionale che sopporta in questo momento pericolosissime tensioni.

Sabato 6 Agosto nel consiglio comunale indetto per le ore 8.00, lascerò al Presidente del Consiglio Comunale la richiesta di consiglio comunale aperto, credendo nel suo valore democratico dei consigli comunali, senza paura di confronti e senza chiusure preconcette, proprie della politica partitica, cercando un momento di condivisione del grave stravolgimento che potrebbe accadere, al nostro paese qualora si avviasse il progetto dell’Autostrada Tirrenica

Gruppo consiliare autonomo
Per il bene di Tarquinia
Marco Tosoni

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1 agosto 2011

Tangenti per il carbone di Porto Tolle, la P4 coinvolta

Pubblichiamo un articolo di grande interesse, dalla home page del FattoQuotidiano
"Servizi, mazzette e P4: le trame oscure intorno alla centrale Enel di Porto Tolle". Una lettura consigliata!
Un agente dei servizi viene arrestato a Padova per concussione. Il suo nome compare due giorni sui giornali locali. Poi il vuoto. I magistrati padovani che indagano sul caso chiedono informazioni su di lui alla procura di Rovigo, perché è lì che l’agente segreto vive. E il Procuratore Capo Dario Curtarello salta sulla sedia. Quel nome lo conosce bene. Ettore Mantovan, 57 anni di Porto Viro è conosciuto anche al pool del Pm Carlo Nordio, che ha condotto le indagini sulle coop rosse. E ora sul nome dello 007 incombe l’ombra della P4.

I giochi si compiono a Rovigo, capoluogo “depresso”, dimenticato da tutti quelli che non sanno nemmeno dove collocarlo sulla cartina geografica. Eppure è qui si gioca la doppia “partita energetica” del Paese: il rigassificatore a metano di Porto Viro (Edison), inaugurato dall’ex governatore Giancarlo Galan, e, a una manciata di chilometri, la centrale Enel di Porto Tolle, che dal funzionamento a olio combustibile, altamente inquinante, vuole passare al carbone, progetto fortemente voluto dalla Regione e dai sindacati, osteggiato dagli ambientalisti e, sul piano giudiziario, dalle consulenze della procura di Rovigo.

Ma all’ombra dei due “mostri” c’è un oscuro sottobosco tutto da svelare. Perché un anno fa Ettore Mantovan, agente segreto dell’Aisi (Agenzia italiana per la sicurezza interna, ex Sisde) avrebbe fatto pressioni sui pm di Rovigo che si permettevano di “andare contro” gli interessi dell’Enel a suon di consulenze sull’impatto ambientale dell’opera. Il caso finisce a Trento, procura competente per i magistrati veneti, che però archivia il caso. Poteva continuare la sua vita nell’ombra, Mantovan. Ma quattro mesi fa i carabinieri di Padova gli trovano nelle tasche 50mila euro in contanti. E’ una mazzetta appena estorta ad un imprenditore ittico. E ora sul tavolo dei due pm padovani che indagano si di lui, Paolo Luca e Roberto d’Angelo, arrivano i fascicoli dell’inchiesta P4 di Henry John Woodcock e Francesco Curcio. Ci sarebbe quindi un collegamento con le intercettazioni che hanno incastrato Bisignani-Milanese-Papa, gettato ombre sulla Guardia di finanza ed evidenziato possibili accordi “segreti” per le nomine e gli affari dei grandi enti statali, tra cui proprio l’Enel.

I magistrati padovani sono ora a caccia di possibili nessi tra l’inchiesta partenopea e i movimenti di Mantovan. Dal suo passato emergono infatti molti dettagli che, messi in uno in fila all’altro, potrebbero svelare un inedito interessamento dei Servizi agli interessi economici di Rovigo.

Sono le 17.30 del 29 marzo scorso quando il 57enne rodigino Ettore Mantovan viene arrestato dai carabinieri al casello di Padova sud: ha appena preso 50mila euro da Archimede Finotti, imprenditore titolare della Finpesca di Porto Viro. Ma il contestato reato di concussione non è che una deriva rispetto ad altri piccoli particolari che emergono ripercorrendo la carriera di Mantovan. Negli anni ’90 è in questura a Rovigo, fa l’ispettore. Ma è molto ambizioso, quel ruolo gli sta stretto. Si mette in mostra a Venezia, dove porta al pubblico ministero Carlo Nordio elementi determinanti in merito all’inchiesta sulle coop rosse. Il nome di Alberto Fontana, il famoso “compagno F” che manovrava tangenti per finanziare il Pci, arriva proprio grazie alle informazioni di Mantovan. L’ispettore ha le mani in pasta e lo dimostra chiaramente a tutti quelli che lo conoscono. Il suo obiettivo sono i Servizi. Più volte chiede alla procura veneziana di essere “segnalato” a Roma. Ma dal capoluogo veneto non parte alcuna spintarella. Lui non si arrende. Passa qualche tempo alla Dia di Padova. Alla fine ce la fa: dopo il 2000 entra nel Sisde, che poi diventa Aisi, ed è responsabile di zona per il Triveneto.

Il suo nome ricompare nel 2008. Scoppia il caso della riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. Il colosso che svetta nel fragile equilibrio del parco del Delta del Po funziona a olio combustibile, ma inquina troppo. Che progetti ha l’Enel? La riconversione a carbone. Gli ambientalisti promettono battaglia. E il caso arriva in Procura. Nel 2008 giunge sul tavolo del pm rodigino Manuela Fasolato la relazione dell’ Enel sulla riconversione: l’ente parla di emissioni non nocive, di polveri più sottili del temuto pm10. Ma una consulenza richiesta dalla pm e controfirmata dal procuratore capo Dario Curtarello dice che non è vero che quel tipo di polveri non comporta rischi, anzi potrebbe inquinare in modo più subdolo. Per L’Enel compare lo spettro dei sequestro preventivo.

Parallelamente, gli ambientalisti parlano del ‘controsenso energetico’: a una manciata di chilometri da Porto Tolle c’è il rigassificatore di Porto Viro, che porta alti gli interessi di Edison e di una ditta del Quatar che trasporta qui il metano in stato liquido. La domanda è quasi banale: perché la centrale Enel non può essere collegata al rigassificatore e funzionare a metano? L’Enel non risponde. Non risponde nemmeno la Regione Veneto, e sindacalisti si scontrano con Greenpeace, Legambiente e Movimento 5Stelle. Perché ai sindacati L’Enel promette soldi e lavoro, con il metano non ci sono né l’uno né l’altro. Peccato che la magistratura si metta di traverso. Lo pensa anche per l’ex pm ed ex parlamentare del Pd Luciano Violante. Violante guida una “lobby” che si chiama “Italia-decide”, che ha la missione di agevolare la ripresa economica del Paese. Piccolo dettaglio: tra i fondatori di della lobby c’è anche Enel.

Nell’inverno del 2010 Violante, in un pubblico salotto chic di Cortina d’Ampezzo, riprende il rapporto annuale di Italia-decide, che ha un capitolo dedicato proprio all’Enel e fa un commento che, a posteriori, appare come un anatema: si augura infatti che si trovi presto una soluzione alle perplessità dei magistrati che stanno bloccando la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle. Detto fatto. Violante chiama, Alfano risponde. Nel giro di pochi giorni il ministero della Giustizia manda gli ispettori in procura a Rovigo. E un cavillo lo trovano: quando ha richiesto la consulenza “ammazza-Enel”, il pm Fasolato si occupava contemporaneamente della commissione per gli esami dei neomagistrati. “Per legge” non si possono fare le due cose contemporaneamente. Il pm deve quindi spiegare questa sua “smania” di lavoro. Il procedimento disciplinare, nel quale è stato coinvolto anche il procuratore capo Curtarello, non è ancora chiuso.

Inaspettatamente, però, lo stop arriva dal Consiglio di Stato, che a metà giugno di quest’anno blocca i piani dell’Enel perché la legge sul parco del Delta limita le emissioni di Co2 in vicinanza dell’area protetta. La Regione Veneto di Luca Zaia risponde in meno di un mese approvando la modifica della legge “blocca-Enel”. Insomma questa riconversione s’ha da fare, a 5Stelle e ambientalisti restano solo le barricate.

Mentre accade tutto questo, dice oggi l’inchiesta, c’è un “movimento sotterraneo” che preme nella stessa direzione, un movimento che ha il nome di Ettore Mantovan. Lo 007 opera infatti delle velate pressioni in Procura affinché i magistrati abbassino le barricate nei confronti dell’Enel. Ma non lo fa in modo diretto. Si serve di un agente di polizia giudiziaria in servizio in Procura, che sarebbe stato incaricato di far arrivare il messaggio a Fasolato e Curtarello.

Perché uno 007 dovrebbe mettere il naso sugli interessi economici del paese? I due pm chiedono alla procura di Trento, competente per territorio sui magistrati veneti, di fare chiarezza. Mantovan viene sentito come persona informata sui fatti, e nega ogni pressione. I magistrati trentini archiviano, non ci sono elementi per individuare rati. Caso chiuso? Non ancora. Perché intanto Mantovan si fa pescare nel padovano a estorcere soldi agli imprenditori. Quando la notizia arriva a Rovigo, in Procura cominciamo a girare facce scure. Quell’uomo lo conoscono troppo bene. Passano i mesi, Mantovan sta in carcere e soprattutto sta zitto.

Nel frattempo esplode il caso P4. Bisignani e Papa, Bisignani e Milanese, la Guardia di finanza, le fughe di notizie. Ma soprattutto, ed è quello che più interessa ai magistrati padovani, ci sono le nomine e interessi degli enti statali, Enel compresa. Sospetti, indizi. Da qualche giorno è iniziata la caccia ai possibili collegamenti. I magistrati padovani sono convinti che Mantovan non abbia agito da solo. Un fatto è certo: i faldoni di Napoli sono a Padova. La verità sta in quegli intrecci. La verità la sa anche Mantovan. E i magistrati sono convinti che e non sia l’unico a saperla.

di Roberta Polese

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28 luglio 2011

Un altro esempio di rinnovabili che funzionano

Interessante articolo da basilic.it, ottima notizia.
La mia domanda è: perchè questa notizia non l’ho trovata sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico o sentita al telegiornale delle 20:00?

"Un ambizioso progetto basato su fonti rinnovabili (ad emissioni ZERO, ma per davvero) sta per essere messo in cantiere nel deserto dell’Arizona. EnviroMission, questo è il nome dell’azienda australiana realizzatrice del progetto, alla cui base c’è un concetto vecchio come l’ uomo, la serra.

Per capirci meglio: siete mai entrati in una serra? In inverno quando fuori gela, dentro la serra fa caldino, in estate quando fuori è caldo, la serra diventa un forno (ed infatti le serre in estate hanno i lati aperti). Ora pensate a quando in inverno i vostri nonni andavano a fumare vicino al caminetto per non impuzzolentire tutta casa: il motivo era semplice, la cappa del camino aspirava il fumo, sia perché il fumo è caldo, dunque sale verso l’alto, sia perché la lunghezza dello scarico del camino crea un effetto “aspiratore”.

Bene, ora torniamo in Arizona, costruiamo una serra galattica, grande più di 100 campi da calcio e mettiamo al centro della serra un camino alto 800 metri…

Accadrà la seguente cosa: nella serra si creeranno temperature elevatissime con aria calda che tenderà a salire verso l’alto, il camino di 800 metri, creerà un effetto “aspiratore” gigantesco, che favorirà la salita di queste masse di aria bollente verso l’uscita del camino. Alla base del camino verranno posizionate delle turbine che genereranno energia sfruttando il vento caldo che verrà aspirato dal “camino”.

Semplice no??

Un po’ di dati:
La superficie della serra sarà circolare con un diametro di 2 Km, il camino sarà alto 800 metri con un’apertura di 120 metri. La temperatura media al suolo è di 40 °C ed all’interno della serra si raggiungeranno gli 80°- 90°C. E’ utile che la torre sia così alta poiché la potenza di aspirazione è legata al gap termico, maggiore è il gap termico, maggiore sarà la potenza di aspirazione, dunque maggiore il vento che spingerà le turbine. Ogni 100 metri di altezza, mediamente la temperatura scende di 1°C, dunque la torre di 800 metri introdurra un beneficio ulteriore di 8 °C gradi da aggiungere ai 40-50°C di gap termico tra fuori e dentro la serra. L’impianto produrrà mediamente 200 MegaWatt, energia tale da alimentare 150.000 case americane (mi sento di dire, per esperienza personale, che equivalgono a 200.000 europee…ma questo è un altro discorso!!)..

Il costo dell’opera sarà di 750 milioni di dollari, (circa mezzo miliardo di euro) che saranno ripagati con appena 11 anni di produzione, mentre si stima che l’impianto funzioni per 80 anni….dunque 70 anni di produzione a costi praticamene zero (a parte una piccolissima quota parte manutentiva).

Punti di forza:
- Considerato che il sistema lavora sui differenziali di temperatura, non su quella assoluta, l’impianto funziona con ogni condizione meteo.
- Il caldo del deserto è così intenso da scaldare il terreno così intensamente da far lavorare l’impianto anche di notte.
- Visto che si cercano condizioni climatiche estreme, vengono utilizzate aree territoriali altrimenti considerate “inutili” o comunque poco appetibili.
- Virtualmente la manutenzione è zero, ed il sistema funziona fino a quando rimane in piedi!!
- L’impianto non usa combustibili, non usa carbone, uranio o altro materiale, solo aria e raggi solari.
- Non vengono emessi agenti inquinanti, il solo prodotto di scarto è aria calda in cima alla torre. Considerato l’effeto serra, si può davvero creare una serra all’interno della struttura.

E’ curioso che l’azienda che produrrà questo impianto è australiana ed effettuerà il mega impianto negli Stati Uniti, dove, al contrario dell’Australia l’amministrazione Obama sta incentivando impianti rinnovabili come questo. 2015 sarà l’anno di inaugurazione dell’impianto.

Oggi la benzina in Italia costa 1,631 euro al litro. La notizia principale trattata dai giornali è che una manica di buffoni ha aperto 4 distaccamenti di Ministeri a Monza, uno tra questi è quello dello Svilupo Economico.
La mia domanda è: perchè questa notizia non l’ho trovata sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico o sentita al telegiornale delle 20:00?

Namaste."

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La Spezia via dal carbone

Da SpeziaPolis nuovi comunicati dal comitato cittadino SpeziaViaDalCarbone

"Perché è urgente mobilitarsi? L’eventuale ottenimento dell’AIA alle attuali condizioni metterebbe Enel al riparo da ulteriori possibili azioni anche a cura degli enti locali, se non al verificarsi di fatti molto gravi, peri prossimi 5 o addirittura 8 anni (se la centrale fosse in regola con la procedura EMAS). Come dire, ora o mai più, è questo il momento in cui ciascuno, gli enti locali ma anche i cittadini, deve fare la sua parte: impegnandosi con accuratezza nella redazione dei pareri; rispettando le norme nelle procedure autorizzatorie; sensibilizzando la classe politica di questa città/provincia/regione affinchè operi in nome e a tutela dei cittadini da cui è stata eletta e che è tenuta a rappresentare.

Clicca qui per i comunicati del 27/07, oppure leggi l'articolo di cittadellaspezia.com "Via subito il carbone dalla centrale Enel"

Il comitato di cittadini "Spezia via dal carbone" ha inviato questo pomeriggio al ministero dell'Ambiente alcune osservazioni sulla procedura di concessione dell'Autorizzazione integrata ambientale per la centrale Enel di Vallegrande.
"Nel documento - spiega Marco Grondacci, ricercatore di diritto ambientale e membro del comitato - chiediamo che vengano valutati con maggiore attenzione particolari aspetti sotto il profilo ambientale. L'amministrazione comunale interpreta in modo riduttivo quello che si può ottenere in termini di riduzione delle emissioni, noi, invece, riteniamo che il ministero, per la concessione dell'Aia, debba innanzi tutto valutare se l'impianto a carbone è effettivamente compatibile con il sito nel quale opera, prima di tutto sotto il profilo della salute dei cittadini. Chiediamo una valutazione seria delle polveri ultrafini e di parametri sanitari specifici e non la semplice riduzione degli inquinanti per adeguarsi alle normative".
Leggi, quelle cui fa riferimento Grondacci, che entreranno in vigore tra un paio d'anni, costringendo di fatto Enel a rispettarle al di là del rilascio dell'Aia, che invece ha una durata di otto anni.
"L'autorizzazione è attesa dal 2007 - prosegue Grondacci - richiedere un supplemento di istruttoria significherebbe rallentare l'iter di qualche mese, un sacrificio che ci possiamo permettere, se la posta in gioco è la chiusura della sezione a carbone, un fatto secondo noi assolutamente ragionevole".
I limiti che saranno presto imposti per legge, infatti, non potrebbero essere raggiunti dalla sezione a carbone della centrale della Spezia, sarebbe necessaria la realizzazione di una sezione completamente nuova, con tecnologie di ultima generazione. Un'ipotesi che, come hanno spiegato alcuni giorni fa il sindaco Federici e l'assessore comunale all'Ambiente Ruocco, l'amministrazione non ha preso in considerazione, per evitare che con l'investimento in un impianto nuovo, la presenza della centrale si consolidi per un tempo ancora più lungo.
"Non ha senso questo ragionamento - sostiene Grondacci -, bisogna invece puntare al massimo risultato ottenibile, senza procrastinare la discussione sulla dismissione del carbone. Inoltre la proposta di realizzare il teleriscaldamento, così come quella di bruciare Cdr nella centrale, contenuta nel memorandum Acam-Hera, presuppongono ugualmente investimenti, quindi il consolidamento dell'impianto".

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ONU: allo studio una forza per contrastare il riscaldamento globale

Da LaStampa

L’emergenza climatica non è più solo un fatto ambientalistico, e neppure economico: si sta trasformando in problema di sicurezza. L’innalzamento dei mari minaccia di far sparire interi Paesi, e già riduce i terreni agricoli e quindi le risorse alimentari. I fiumi che si asciugano, le siccità come quella esplosa in Somalia, provocano nuovi conflitti o inaspriscono quelli già in corso. La diminuzione di risorse essenziali come l’acqua e il cibo, poi, favorisce l’emigrazione, creando una nuova categoria: i rifugiati del riscaldamento globale.

Dopo i caschi blu, arrivano anche i caschi verdi dell’Onu? Per ora l’idea di una forza incaricata di proteggere l’ambiente, per frenare il riscaldamento globale ed evitare le sue ricadute sulla sicurezza internazionale, è ancora uno slogan più che un progetto. Però il Palazzo di Vetro ci sta pensando, se non altro come strumento per richiamare tutti i Paesi membri alla responsabilità di affrontare l’emergenza.
L’occasione per parlarne è stata mercoledì sera, quando il Consiglio di Sicurezza si è riunito per discutere l’impatto del riscaldamento globale sulla sicurezza. Il dibattito era stato chiesto dall’ambasciatore tedesco Peter Wittig, che presentando l’iniziativa aveva scritto: «Ridipingere di verde i caschi blu darebbe un segnale forte, ma affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici nelle regioni più precarie sarebbe poi tanto diverso dai compiti che già svolgono oggi?». Ragionamento lineare.

L’emergenza climatica non è più solo un fatto ambientalistico, e neppure economico: si sta trasformando in problema di sicurezza. L’innalzamento dei mari minaccia di far sparire interi Paesi, e già riduce i terreni agricoli e quindi le risorse alimentari. I fiumi che si asciugano, le siccità come quella esplosa in Somalia, provocano nuovi conflitti o inaspriscono quelli già in corso. La diminuzione di risorse essenziali come l’acqua e il cibo, poi, favorisce l’emigrazione, creando una nuova categoria: i rifugiati del riscaldamento globale. Sono tutti problemi che minacciano la sicurezza e quindi rientrano nelle competenze del massimo organismo Onu.

La Germania sperava di far votare una risoluzione che impegnasse il Consiglio di Sicurezza, se non avviando la creazione dei caschi verdi da mandare a chiudere le miniere di carbone o le fabbriche inquinanti, quanto meno stabilendo il principio che presto saranno necessari interventi di peacekeeping per prevenire o fermare conflitti provocati dall’emergenza ambientale.

L’Italia condivide queste posizioni, aggiungendo una tradizionale attenzione politica per i piccoli Paesi insulari e per la sicurezza del cibo. Anche gli Stati Uniti, che rispetto agli anni di Bush hanno invertito la politica verso l’Onu e verso il riscaldamento globale, sono favorevoli, così come il segretario generale Ban Ki-moon, che ne fa soprattutto una questione di sviluppo sostenibile. In Consiglio però si sono scontrati con la Russia, la Cina, e un folto gruppo di Paesi emergenti come India e Brasile, che temono di essere costretti a frenare il loro sviluppo per combattere il riscaldamento globale.

Dopo un dibattito molto duro, in cui l’ambasciatrice americana Susan Rice non ha esitato a definire «patetica» la posizione degli scettici, il Consiglio ha approvato una dichiarazione presidenziale che quanto meno riconosce il problema. Un primo passo, come ha spiegato il portavoce dell’Onu Martin Nesirky, per aprire il discorso: «C’è molto lavoro da fare, ma il segretario generale è deciso ad andare avanti».

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27 luglio 2011

Il Consiglio regionale del Veneto e quelle leggi fatte per essere violate

A colpi di menzogne su dati occupazionali, disinformazione e pressioni lobbistiche, modificando ad hoc il regolamento del Parco del Delta del Po, il Consiglio Regionale del Veneto apre la strada alla riconversione a carbone a Polesine Camerini (Porto Tolle).

Se davvero si farà, siamo pronti a scommettere oggi 27 luglio 2011 che non passerà molto tempo, per ascoltare i lamenti delle sigle sindacali nazionali che presto cominceranno a recriminare che le promesse occupazionali non sono state rispettate. In realtà, loro, lo sanno già: è il solito teatrino già visto.

Nella votazione si è astenuto il gruppo Pd, tranne il consigliere Azzalin che ha votato a favore. Contrari Italia dei Valori, Federazione della Sinistra e G. Bortolussi.

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