No al carbone Alto Lazio

28 marzo 2012

Centrali termoelettriche e ospedalizzazione per malattie respiratorie

Dall'ARPAT Toscana: "Rapporto tra la vicinanza alle centrali termoelettriche e tasso di ospedalizzazione per malattie respiratorie

"Pubblicati i risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti.
Lo studio è partito dall’assunto secondo cui l'inquinamento atmosferico può provocare malattie respiratorie. Diversamente dalle fonti dei veicoli a motore, le centrali termoelettriche sono stazionarie: utilizzando i dati di ospedalizzazione lo studio ha esaminato quindi il rapporto tra la vicinanza ad una centrale termoelettrica e l’aumento della probabilità di ospedalizzazione a causa di malattie respiratorie. Sono stati stimati i tassi di ospedalizzazione per asma, infezioni respiratorie e broncopneumopatia cronica ostruttiva sulla base dei dati di ospedalizzazione tra il 1993 e il 2008 nello Stato di New York, in relazione alla vicinanza dalle centrali termoelettriche e/o da siti di rifiuti pericolosi. A partire da variazioni per età, sesso, razza, reddito medio familiare e territorio di residenza, sono stati rilevati incrementi significativi pari a 11%, 15% e 17% nei tassi stimati di ospedalizzazione per – rispettivamente - asma, infezioni respiratorie e broncopneumopatia cronica ostruttiva, negli individui di età superiore a 10 anni che vivono in prossimità di una centrale termo elettrica rispetto ad uno che non ha centrale elettrica. Vivere in prossimità di una centrale termo elettrica invece non modifica in modo significativo i tassi di con l’ospedalizzazione per asma o infezioni respiratorie nei bambini con meno di 10 anni di età. Il dato di vicinanza ad una discarica di rifiuti pericolosi è stato associato ai dati di ospedalizzazione per tutti i casi in entrambi i gruppi di età e sono stati stimati gli effetti comuni. I risultati dello studio concordano con l'ipotesi che l'esposizione all’inquinamento dovuto alle centrali termoelettriche e ai composti volatili provenienti dalle discariche di rifiuti pericolosi aumenta il rischio di ospedalizzazione per malattie respiratorie. Clicca qui per il documento integrale

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25 marzo 2012

"Uomo carbone", 200Kg di combustibile per una vita

Una rappresentazione teatrale per non dimenticare

Fonte
"Dal 1946 al 1956 il numero dei lavoratori, provenienti dall'Italia, morti nelle miniere belghe e in altri incidenti sul lavoro è di oltre seicento. A causa di un errore umano, l'8 agosto 1956 il Belgio venne scosso da una tragedia senza precedenti; un incendio, scoppiato in uno dei pozzi della miniera di carbon fossile del Bois du Cazier, causò la morte di 262 persone di dodici diverse nazionalità; fu una tragedia agghiacciante; i minatori rimasero senza via di scampo, soffocati dalle esalazioni di gas.
Le operazioni di salvataggio furono disperate fino al 23 agosto quando uno dei soccorritori pronunciò in italiano: "Tutti cadaveri!"
Fra i 136 italiani vi erano 61 minatori abruzzesi, provenienti in gran parte da Manoppello, San Valentino, Lettomanoppello e altri piccoli centri limitrofi.
La tragedia di Marcinelle, il peggiore disastro mai accaduto nelle miniere belghe, fu considerata anche il frutto di un accordo, detto “Uomo carbone”, con cui l’Italia si era impegnata nel 1946 a spingere in Belgio mille minatori a settimana ricevendo in cambio 200 chili di carbone al giorno per ogni emigrato.
Italiani che, secondo lo stesso accordo, dovevano avere un’età ancor giovane (35 anni al massimo) e un buono stato di salute; per loro, un contratto di 12 mesi.
La storia di questa tragedia sarà rievocata in una rappresentazione teatrale, organizzata dall'aquilano Federico Fiorenza e rientrante nell’ambito di interesse delle attività della Comunità Europea, domenica 18 marzo, alle ore 18.30, presso la Casa del Teatro, in P.zza Arti di Via Ficara a L'Aquila.
Dopo quasi due anni di repliche, promosse con entusiasmo da pubblico e critica e ad un anno e mezzo di distanza dal debutto pescarese, la produzione di maggior successo del Teatro Sociale di Pescara, approda nel Capoluogo abruzzese.
Durante tale percorso, sceneggiatura, personaggi ed intenzioni recitative sono stati notevolmente sviluppati, acquisendo una maturazione artistica ed una solidità che fanno di quest'ultima versione della pièce quasi il riadattamento di se stessa.
La versatilità, la dinamicità e la forte carica emozionale, sono stati certamente tra i massimi fattori di riuscita di questo spettacolo.

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24 marzo 2012

5 vittime, 17 intrappolati nella miniera

Fonte: AGI China
"Individuati dai soccorritori i 17 minatori rimasti intrappolati. L'incidente e' avvenuto giovedi', quando un'esplosione di gas ha colpito la miniera di carbone Dahuang No. 2, a Liaoyang, nella provincia del Liaoning: dei 23 operai al lavoro al momento dell'accaduto, uno e' riuscito a fuggire, cinque almeno i morti. I soccorritori ritengono che i 17 minatori intrappolati si siano radunati in una piattaforma di lavoro posta a 169 metri di profondita'.
I corpi delle cinque delle vittime sono stati recuperati dal condotto venerdi', ha affermato Liang Yongli, portavoce del quartier generale locale per i soccorsi. La polizia e' alla ricerca del proprietario della miniera, fuggito dopo l'esplosione; le autorita' locali per la sicurezza hanno affermato che i lavori nella miniera avrebbero dovuto essere sospesi in attesa di un controllo di sicurezza, ma il proprietario li aveva illegalmente fatti riprendere."

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Wangari Maathai: Simona Ricotti insignita del "Premio fuoco"

Wangari Maathai, Nobel per la pace nel 2004: a lei è dedicato il Premio omonimo, quest'anno alla sua prima edizione.

L'iniziativa, celebrata nello scorso 6 marzo, è promossa dall'associazione "A Sud" con il sostegno della Commissione delle Elette del Comune di Roma, e ha l'obiettivo di testimoniare, nell'ambito delle celebrazioni dell'8 marzo, l'impegno civile delle donne nelle battaglie in difesa della pace, dei diritti di genere e dell'ambiente.

Tra le quattro premiate, con orgoglio c'è la nostra Simona Ricotti, insignita del "Premio fuoco". Dal sito dell'Associazione:

Da sempre impegnata nella difesa dell’ambiente, nella tutela dei diritti delle donne, nell’affermazione di una cultura della pace e attivista del comitato No Coke, si è battuta lungo gli anni contro la conversione a carbone della Centrale di Civitavecchia. Simona ha dedicato il premio "alle mamme di Civitavecchia che si battono istancabilmente per il futuro dei loro figli e delle generazioni future".

La notizia ripresa dai media italiani

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Coltre nera di menzogne

Passano gli anni, ma la realtà resta invariata. Come documentammo nel nostro "Alto Lazio come Brindisi"
Da Repubblica del 5 marzo 2012
"Polvere di carbone sui campi di Cerano. Polvere nera sulle mani, nelle case, sui panni stesi ad asciugare. Polvere nera sui campi fertili, coltivati un tempo a vite, carciofi, ulivi, che una volta davano da mangiare ai contadini e ai loro padri. Carbone forse anche nel sangue. Negli oltre quattrocento ettari di terre all'ombra della centrale Federico II di Cerano non si può più coltivare ormai da cinque anni per effetto di una ordinanza che ha intimato la distruzione dei frutti dei quali è disposto il divieto assoluto di commercializzazione. Ma anche l'esilio coatto degli oltre sessanta agricoltori che su quei campi non possono lavorare più di 180 giorni all'anno, pena il rischio di contaminazione da arsenico, berillio, vanadio, metalli pesanti dall'alto potenziale tossico rilevati in quantità superiori alle soglie considerate non pericolose per la salute. Come se per tenere in vita la terra bastassero cure a intermittenza.

Da un lustro i contadini di Cerano chiedono di sapere cosa abbia avvelenato i campi e forse loro stessi. Lo hanno chiesto tramite un esposto indirizzato alla procura di Brindisi dalla quale è scaturita una inchiesta che solo oggi giunge al capolinea. Il pubblico ministero Giuseppe De Nozza ha notificato di recente l'avviso di conclusione delle indagini a carico dei quindici indagati, fra dirigenti Enel e imprenditori addetti al trasporto del carbone che alimenta la centrale, accusati di getto pericoloso di cose, danneggiamento delle colture e insudiciamento delle abitazioni. Sono le accuse che gravano tra gli altri sul direttore della centrale, i responsabili dell'area Ambiente e dell'impianto trasportatore. L'azienda, contattata da Repubblica, non rilascia dichiarazioni, ma in una nota si dice fiduciosa: "In merito alla decisione della Procura di Brindisi, Enel - si legge - nella piena convinzione di aver sempre operato nel rispetto delle leggi e nell'interesse della collettività, attende con fiducia i successivi sviluppi".

Le conclusioni del pubblico ministero poggiano su quelle del perito al quale è stato chiesto di verificare se è vero oppure no che quella polvere nera sia polvere di carbone. Nessun dubbio per il consulente tecnico della procura Claudio Minoia, direttore del laboratorio di misure ambientali e tossicologiche della Fondazione Maugeri di Pavia, nonché responsabile della scuola di specializzazione in Medicina del Lavoro dell'ateneo pavese: la fonte di contaminazione di terreni, colture, falda acquifera e atmosfera è la centrale termoelettrica, non i camini delle villette come pure qualcuno ha sostenuto, né il traffico automobilistico. E' il vento che solleva il pulviscolo dal deposito (scoperto) del combustibile, ammantando le colture: "Il consulente tecnico ritiene - scrive Minoia - che in aree prospicienti la centrale Federico II ubicata a Cerano si siano determinate, anche se non con carattere di continuità ma piuttosto come diretta conseguenza di fenomeni eolici, dispersioni significative di polveri di carbone dal deposito carbonile. Questa ha sicuramente rappresentato la principale via di contaminazione delle aree prospicienti".

E' esattamente quello che aveva sostenuto la Asl di Brindisi nel 2007, in una nota propedeutica al divieto di coltivazione emanato dal sindaco, avvertendo dei pericoli per la salute se ortaggi, frutta e polveri fossero arrivati dai campi alle tavole dei brindisini: "...è più che ragionevole sospettare la possibilità che le sostanze chimiche riscontrate possono entrare nel ciclo biologico di produzione sia vegetale che animale e, conseguentemente, passare nella catena alimentare con grave rischio per la salute dei consumatori".

Le stesse conclusioni a cui giunge l'equipe di ricercatori ai quali nel 2009 il Comune di Brindisi aveva commissioanto un'analisi di rischio, effettuata dall'Università del Salento e Arpa Puglia. Le analisi su prelievi e campionamenti rilevano la presenza di metalli pesanti nell'area, stigmatizzando come pericolosa per la salute dei coltivatori l'esposizione superiore ai sei mesi all'anno. Lo studio conclude individuando come "fonte potenziale più probabile" delle emissioni "la centrale Enel Federico II, con particolare riferimento alla gestione del carbonile". Nello stesso anno, un dossier divulgato da Medicina democratica avverte: "L'emissione di anidride carbonica è quindici volte superiore alla soglia nella centrale di Cerano. L'arsenico, il cadmio, il cromo, gli idrocarburi policiclici aromatici e il benzene, tutti cancerogeni in grado di provocare diversi tipi di tumori, superano abbondantemente la soglia".

A tutt'altre deduzioni giunge invece uno studio commissionato da Enel all'istituto di ricerca Erm (Environmental resources management spa, ndr), sempre nel 2009, secondo cui "le concentrazioni rilevate sono di origine naturale". "Lo studio ha dimostrato - scrivono i ricercatori Erm - che la concentrazione dei metalli nei terreni non è riconducibile ad alcuna sorgente puntuale e/o specifica attiva, nel presente e/o nel passato, sull'area di interesse. Tale concentrazione è invece riconducibile a quanto viene universalmente riconosciuto, anche da Apat, come valore di fondo o fondo naturale". Nessuna relazione, dunque, fra la mole della centrale elettrica, il deposito-carbonile scoperto e la dispersione di polveri di carbone su carciofeti e vigneti andati distrutti. Le conclusioni di Erm vengono supportate e avvalorate da tre docenti di altrettanti atenei italiani, Giacomo Lorenzini dell'Università di Pisa, Pierluigi Giacomello dell'Università di Roma e Luigi De Bellis, a capo del dipartimento di scienze e tecnologie biologiche e ambientali dell'Università del Salento.

Strano caso: l'università del Salento giunge dunque sul tema a esiti del tutto in antitesi. Anzi, è dalla stessa cattedra di Fisiologia vegetale dell'ateneo leccese che arrivano conclusioni opposte. Nello studio Erm-Enel il professore titolare del corso, Luigi De Bellis, dice che no, il livello di contaminazione da arsenico è del tutto nella norma. Nell'analisi di rischio condotta insieme ad Arpa, la stessa cattedra (sulla carta, altro ricercatore) dice che la quantità di arsenico è al limite del livello di guardia e che prudente per la salute dei lavoratori agricoli sarebbe non esporsi più di sei mesi all'anno. Una delle incognite alle quali dovrà rispondere il processo che verrà.

Quel che è certo è che, nel frattempo, al danno si è aggiunta la beffa. Nel giugno del 2009 Enel ricorre al Tar, per scongiurare la pioggia di richieste risarcitorie provenienti dagli agricoltori, sostenendo la illegittimità della ordinanza, fondata su termini "possibilistici ed eventuali" di nessuna evidenza scientifica. La magistratura amministrativa dà ragione al colosso energetico per una ragione su tutte: l'analisi di rischio commissionata ad Arpa e Università del Salento è stata condotta in ritardo, due anni dopo l'emanazione della ordinanza sindacale, il percorso avrebbe dovuto essere esattamente contrario. Potenzialmente insomma, nei terreni di Cerano oggi si potrebbe coltivare, ma se lo fai la Asl ti trascina in tribunale, come è successo a uno degli agricoltori. Uno di quelli che si sono rifiutati di accettare soldi dal colosso energetico in cambio della rinuncia all'azione penale.

Il punto resta un altro. I prodotti della terra maledetta non li vuole più nessuno, e i contadini stessi su quei campi hanno paura di lavorare, per timore di morire avvelenati dal cancro. Psicosi. Forse.

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11 marzo 2012

L'eolico sempre più conveniente, batte carbone e nucleare

Le nuove "lenti del vento" giapponesi aumentano ancora rendimento e convenienza dell'energia eolica. Qui la fonte originale, clicca qui per tradurla con Google

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29 febbraio 2012

Costi umani del carbone - il caso degli Appalachi

Vaste zone dei monti Appalachi (area nord-est degli USA) sono interessate dall'impatto devastante delle miniere di carbone ricavate con la tecnica del "Mountaintop Removal", di cui abbiamo già parlato più volte (leggi, ad esempio, qui).

Dal 2007 ad oggi sono stati pubblicati 21 studi scientifici riguardanti i costi umani legati all'impatto ambientale di queste attività, il link è questo

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Le morti per amianto a Civitavecchia, secondo i dati Asl

Da TrcGiornale.it del 21/02
"Amianto: a Torino una sentenza storica che segna una tappa importante per la sicurezza sul lavoro. L'amianto è presente da molti anni anche a Civitavecchia e le ricadute sulla salute dei lavoratori sono da anni perno di alcune battaglie sindacali. Ma in che misura? Esiste un censimento per i posti di lavoro, le abitazioni e gli edifici pubblici, in particolare le scuole? Di pochi giorni fa le condanne emesse con pene sino a 16 anni di carcere comminate nel processo Eternit che solo in parte fanno finalmente giustizia sul dramma che ha colpito decine di lavoratori con vari tipi di tumori. Tra questi quello al polmone è il più grave: il mesotelioma pleurico per il quale ad oggi non vi sono cure e, nell'arco di poco più di 6 mesi si va incontro alla morte. L'asbesto o amianto è un minerale utilizzato moltissimo, fin dai primi anni del secolo, nelle costruzioni, ma soprattutto a livello industriale, nelle centrali, nelle navi, in vari tipi di cisterne, nelle case come nelle scuole. Pericoloso per la salute, ma solo se inalato. Solo negli anni 50/560 gli scienziati hanno pubblicato alcuni studi in cui veniva ritenuto nocivo e sospettato di essere cancerogeno: ma ci sono voluti decenni perché venisse messo al bando e, da pochi giorni in Italia, che venissero condannati i responsabili. Negli anni anche moltissimi lavoratori civitavecchiesi sono stati interessati: "nell'arco di un decennio, dal 2001 al 2011, 22 sono state le vittime nella nostra città. Di queste 9 sono dipendenti Enel, 7 portuali, 3 marittimi, 1 dipendente delle ferrovie dello stato, 1 militare ed una casalinga, moglie di un lavoratore che trattava l'amianto: questi i dati forniti dal Centro Operativo Regionale per la rilevazione di queste problematiche ed illustrate dal dottor Felice Tidei, responsabile dell'Area Industriale della Asl RmF. "Storicamente a Civitavecchia la presenza dell'amianto negli ambienti di lavoro era essenzialmente e in quantità rilevanti nelle centrali Enel e Tirreno Power cioè Torre Valdaliga Sud e Fiumaretta. Il problema maggiore - secondo l'esperto chimico della Asl - è sorto con le scoibentazioni, fatte senza nessuna precauzione, perché si ignoravano ancora le conseguenze, per cui si sono avute molte esposizioni". Oggi questo tipo di intervento può essere effettuato solo da ditte altamente specializzate ed autorizzate. "Il problema è che l'insorgenza di questo tumore - ha proseguito il dottor Felice Tidei - ha dei tempi di latenza molto lunghi: si parla di 30/40 anni. Quindi sono interessati i lavoratori impegnati nelle centrali o in altri settori esposti all'amianto negli anni 50/60". Per coloro che intendono togliersi ogni sospetto, quindi, è opportuno effettuare radiografie, tac e controlli mirati. "Oggi la situazione è quasi sotto controllo, ma - conclude il responsabile Asl - non esiste ad oggi alcun censimento". Forse questo avrebbe dovuto essere il primo importante rilevamento da fare, per venire a conoscenza dell'entità del fenomeno nella nostra città e, magari nei comuni limitrofi, utilizzando magari i fondi messi a disposizione a suo tempo dall'Enel, a tutela della salute dei lavoratori e, più in generale dei cittadini. Ci vorranno comunque ancora decenni per eliminare definitivamente l'amianto da tutti gli ambienti.

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16 febbraio 2012

Parco dei serbatoi e l'arroganza di Moscherini

Da biGnotizie
Intervento congiunto da parte delle associazioni NaturalMente, Forum Ambientalista e Italia Nostra sul bosco Enel. In una lunga lettera i presidenti dei movimenti (rispettivamente Massimiliano Di Grado, Simona Ricotti e Roberta Galletta) ricordano al sindaco Moscherini l'obbligatorietà del provvedimento.

"Apprendiamo - affermano -con favore che, anche grazie alle pressioni esercitate dalle nostre Associazioni e da centinaia di firme di abitanti del comprensorio, oltre che dall'intervento della Procura della Repubblica, il Ministero ha finalmente approvato il progetto per la realizzazione del cosiddetto "Parco dei serbatoi" in ottemperanza a quanto prescritto nella Valutazione di Impatto Ambientale della Centrale.
Un progetto, al di là di fantasiose interpretazioni, previsto tra "gli interventi di ottimizzazione dell'inserimento (della centrale nds) nel territorio e nell'ambiente, nonché ... tesi a riequilibrare eventuali scompensi indotti sull'ambiente", da realizzarsi in area limitrofa la centrale in quanto proprio la VIA stabilisce che vi debba essere "la riprogettazione della fruizione delle aree limitrofe alla centrale (incluso l'accesso al mare) e delle modalità di accesso a queste da parte della popolazione, allo scopo di ridurre l'estraneità della centrale al territorio circostante" con "la creazione di un parco, in luogo del parco serbatoi, inserito del percorso ciclabile fra Civitavecchia e la pineta costiera La Frasca può effettivamente contribuire a migliorare la percezione dell'impianto, rendendolo meno estraneo alla città" e consistente in "un'area a parco caratterizzata dalla presenza di ampie radure intervallate da fitti insiemi boschivi, caratteristici del paesaggio costiero circostante", il tutto, al fine di mitigare gli effetti della centrale sulla componente ambientale. (cit. VIA 680/2003).
E puntuale il sindaco Moscherini esprime la sua ormai scontata contrarietà alla realizzazione di tale progetto.
Ribadiamo, per memoria del Sindaco, ma anche a chiarezza di quanti si sono espressi nel merito, che il bosco, essendo intervento compensativo prescritto nelle autorizzazione all'esercizio della centrale, è un obbligo di legge, e non provvedimento dipendente dal libero arbitrio di un semplice Sindaco, seppur pieno di sé come quello di Civitavecchia, nell'ambito di atti convenzionali; affermare ciò è, non solo fare falsa informazione, ma sintomo di quell'arroganza e di quella disonestà intellettuale che sempre più caratterizza la gestione della cosa pubblica a livello locale.
Viene spontaneo domandarsi come mai il Sindaco, che, in nome di un presunti benefici occupazionali, addita a partito del No quanti si oppongono ai progetti da lui proposti, tutti peraltro caratterizzati da gravi ripercussioni ambientali, sia poi in prima fila nell'opporsi ad un progetto la cui realizzazione comporterebbe, questo si, un respiro di sollievo alla disastrata situazione occupazionale cittadina, senza per questo danneggiare ulteriormente l'ambiente ed anzi migliorando la qualità di vita dei cittadini.
Patetiche, peraltro, le argomentazioni addotte a supporto di tale contrarietà quali la preoccupazione per dove i Civitavecchiesi porteranno i propri figli a passeggiare (ma di quello che respirano non glie ne è mai fregato nulla!) o la necessità di istituire un oasi, che il WWF esperto di tale materia ha già ben chiarito non realizzabile, in area già naturalmente caratterizzata come boschiva.
Nel suo arrogante esternare Moscherini si mostra per quello che veramente è: il rappresentante del vero partito del no, in quanto partito della "rinuncia": la rinuncia a tutelare la salute della popolazione e la qualità dell'ambiente dalla prepotenza di quanti considerano tali aspetti variabili dipendenti del proprio profitto aziendale; rinuncia a riconquistare alla città spazi verdi sottraendolo agli appetiti cementificatori di novelli colonizzatori; rinuncia a governare a tutela degli interessi collettivi favorendo invece quelli dei poteri forti.
Ma questo i cittadini lo sanno già: ne hanno testimonianza diretta nella devastazione del territorio e nel peggioramento della qualità della vita a cui quotidianamente abbiamo assistito negli ultimi anni".

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10 febbraio 2012

Da Canino un primo "no" al dissociatore molecolare

Presso l'aula consigliare del Comune di Canino si è votato sul "dissociatore molecolare", e l'esito è un "no" all'installazione dell'impianto. Un resoconto da F. Lucangeli (Movimento 5 Stelle) Canino
Invitiamo i cittadini a non abbassare la guardia, in quanto fa parte della culturaglia vetero-partitica la ricerca dell'accordo sottobanco, dopo aver sbandierato un primo diniego a un'opera che appaia impopolare.

Intervengono a ribadire il "no" anche altri esponenti della politica locale:
F. Talenti (pdl Montalto di Castro)
S. Caci (Montalto di Castro)
U. Tardioli (Montalto di Castro)

Visto il periodo pre-elettorale, sarebbe saggia precauzione passare al vaglio affermazioni e condotta di ogni candidato. Chi mai vorrebbe, in questo momento, esporsi pubblicamente su un tema sicuramente impopolare?

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7 febbraio 2012

La nostra salute per le mucche in passerella

Gli amici di Per il bene di Tarquinia documentano uno dei modi con cui si sono spesi i soldi delle sporche compensazioni economiche provenienti dal carbone TVN. Clicca qui

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