No al carbone Alto Lazio

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17 aprile 2011

Le linee dell'alta tensione sono un pericolo per la salute, esposto in Procura

L’Associazione Italiana dei Medici per L'ambiente (ISDE - International Society of Doctors for the Environment - Sez. Alto Lazio) ha presentato in Procura un esposto sul pericolo rappresentato dalle linee ad alta tensione non interrate. Clicca qui per i documenti ISDE.

Vedi l'articolo da centumcellae.it:

"Non c’è solamente il bosco da 40 ettari tra le prescrizioni ambientali non ancora ottemperate per i lavori di riconversione di Torre Valdaliga Nord. Un altro degli impegni vincolanti della Valutazione di Impatto Ambientale rilasciata nel 2003, è rimasto infatti inattuato. Si tratta dell’interramento delle linee elettriche ad alta tensione che l’Associazione Italiana dei Medici per L’ambiente porta con un esposto all’attenzione della Procura di Civitavecchia,
preoccupata soprattutto da un recente articolo pubblicato sulla nota rivista internazionale AP Journal of Cancer Prevention (Rivista della Prevenzione del Cancro) il quale ha messo in evidenza come vivere in prossimità di linee elettriche aumenti il rischio di ammalarsi di Leucemia Linfatica Acuta. E, come noto, il comprensorio di Civitavecchia presenta un numero elevatissimo di linee ad alta tensione che trasportano l’energia prodotta dalle centrali elettriche.
Ebbene, a pagina 30 della Via 2003 risultava condizione vincolante per riconvertire a carbone Torre Nord l’osservanza, tra le altre, della seguente prescrizione: “razionalizzazione delle linee elettriche, progetto definitivo di smantellamento od interramento dei seguenti elettrodotti: variante in ambito urbano del tratto finale della linea a 150 kV S. Lucia – Civitavecchia, prima della sottostazione elettrica di Fiumaretta, con innesto nella adiacente stazione FF.SS. e con smantellamento del tratto di linea dismesso; interramento del tratto finale della linea a 150 kV Vigna Turci – Civitavecchia in corrispondenza del quartiere di S. Liborio; interramento del tratto iniziale della linea a 150 kV Civitavecchia – S. Marinella in corrispondenza del quartiere di S. Gordiano (pag 31, a)”.
L’Associazione dei Medici fa quindi presente al Procuratore della Repubblica Gianfanco Amendola come la centrale ha attualmente terminato i lavori di realizzazione ed è in fase di esercizio e che “ a tutt’oggi, lo smantellamento o l’interramento degli elettrodotti sopra citati, a vista, non sembra essere avvenuto” chiedendo di verificare se nei fatti esposti ricorrano ipotesi di reato e, in caso affermativo, “di procedere nei confronti dei responsabili anche con provvedimenti di natura cautelare a tutela della salute della popolazione e dell’ambiente e per ripristinare la legalità eventualmente violata”.
“Purtroppo – concludono i medici – poiché il cancro potrebbe anche insorgere decenni dopo l’esposizione, adesso non sarà tuttavia possibile valutare il danno arrecato causato dal ritardo nell’apparente mancanza di smantellamento o di interramento degli elettrodotti stessi”.

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13 aprile 2011

Discarica abusiva TVN: il processo nel prossimo dicembre

Nel 2009 un anonimo denunciava come TVN fosse stata trasformata abusivamente in discarica di rifiuti pericolosi (vedi).

"Dieci persone dovranno comparire di fronte al giudice per rispondere dell'accusa di smaltimento illegale di rifiuti. Sono quelli che sono stati indagati dalla procura della Repubblica di Civitavecchia sul caso dei rifiuti che venivano scaricati all'interno dell'area della centrale di Torre Valdaliga Nord.

In realtà le persone indagate erano undici ma uno di loro ha già deciso di ammettere le proprie responsabilità ed ha pagato l'ammenda prevista per questo tipo di reato, uscendo di fatto dal procedimento. Processo che inizierà a dicembre. Il caso era nato da un video anonimo, consegnato al Forum Ambientalista, che a sua volta l'aveva consegnato alla magistratura locale che ha avviato l'indagine. Secondo l'accusa, i rifiuti dei lavori della conversione a carbone della centrale, venivano prelevati e poi scaricati presumibilmente nel terreno che doveva essere adibito alla realizzazione del bosco alle spalle della stesa centrale."

Fonte: BigNotizie

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26 marzo 2011

Bosco TVN, esposto in Procura

Bosco TVN, Forum Ambientalista e Comitato naturalmente presentano un esposto in Procura. Da BigNotizie.it

"Adesso sarà anche la procura della Repubblica ad occuparsi della mancata realizzazione del bosco dietro la centrale di Tvn. Il Forum Ambientalista e il Comitato NaruralMente, ieri hanno infatti presentato un esposto presso il palazzo di giustizia di Civitavecchia. "Il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell'Ambiente sono stati chiari - dice una nota congiunta delle due associazioni - alla richiesta dell'ENEL spa, su proposta del Comune di Civitavecchia, di individuare una soluzione alternativa al Parco Serbatoi, hanno contrapposto la necessità di ottemperare le prescrizioni Via e, quindi "di procedere senza indugi secondo il progetto a suo tempo approvato." (cit Nota MSE 0004890 del 07.03.2011 indirizzata a Vittorio Petrelli a firma Dr.sa Sara Romano).

Una presa di posizione netta, tesa a ristabilire il rispetto delle regole, o per meglio dirla nella fattispecie, delle prescrizioni, e che coincide con quanto richiesto con la petizione "Sì alla realizzazione del bosco di 40 ettari nelle aree attigue alla Centrale di Torrevaldaliga Nord" depositata presso gli stessi ministeri corredata da circa 3000 firme.

Ed è proprio sulla base di quanto contenuto nella citata nota MSE relativamente alla "presenza di un volume considerevole di materiale di dragaggio stimato in 327.000 metri cubi" nell'area destinata alla realizzazione del Parco serbatoi, considerando che i sedimenti dragati sono classificati come rifiuti a tutti gli effetti, come ben specificato da un'acclarata giurisprudenza, e non risultando sia stata rilasciata alcuna autorizzazione né allo scarico né allo stoccaggio temporaneo di rifiuti nell'area in questione, che il Forum Ambientalista e il comitato "NaturalMente" hanno chiesto alla Procura della Repubblica di intervenire, per quanto di propria competenza, sia al fine di far si che vengano rispettate le prescrizioni di legge e ne venga velocizzata l'ottemperanza sia al fine di verificare se possano sussistere eventuali ipotesi di reato circa quanto sta avvenendo nell'area destinata ad ospitare detto bosco.

Una mossa alla quale si è stati costretti - nella piena convinzione che il realizzando bosco di 40 ettari nell'area attigua alla centrale di TVN, sia un ben comune da tutelare non barattabile da alcuno - dal vuoto istituzionale lasciato dal Sindaco e dall'Amministrazione da lui guidata, che imbavagliata dalle compensazioni economiche e a tutti altri affari interessata, è risultata sorda alle richieste dei cittadini, muta davanti alla mancata ottemperanza delle prescrizioni e cieca davanti alle continue violazioni delle norme vigenti poste in essere dall'ente energetico.

Un triste "non vedo non sento non parlo" i cui nefandi effetti sono visibili nel degrado ambientale e sanitario in cui sta affogando la comunità cittadina e nella scarsa considerazione in cui la stessa è tenuta da quanti ne vorrebbero fare l'immondezzaio d'Italia.

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19 marzo 2011

Civitavecchia, a volte respirare è un rischio per la salute

Civitavecchia, commento del Consigliere Comunale Manuedda al comunicato diramato dal dott. Coleine rispetto ai gravi dati di inquinamento emersi nella scorsa settimana a Civitavecchia

L’infelice comunicato del dott. Manrico Coleine, presidente del consorzio per la gestione del milione di euro elargito annualmente dall’Enel, impone alcune precisazioni.

Non solo nella giornata di lunedì, come sostenuto da Coleine, ma per due giorni, lunedì 14 e martedì 15, sia la centralina di Arpalazio, unica valida ai fini di legge, sia quelle del consorzio moscheriniano, hanno registrato a Civitavecchia significativi superamenti del limite giornaliero previsto per le polveri sottili, in particolare per il PM10.

È bene ricordare che nella giornata di martedì lo sforamento ha riguardato anche Tolfa e Allumiere, mentre in entrambi i giorni hanno rilevato valori superiori al limite le centraline di Santa Severa, Tarquinia e Monte Romano.

Per capire, poi, come abbia fatto il presidente Coleine a comunicare l’assenza di superamenti dei limiti per il PM2,5, bisognerebbe rivolgersi ad un esperto del paranormale, non essendo installati sul nostro territorio rilevatori per questo tipo di inquinante.

Nelle giornate di lunedì e martedì, dunque, abbiamo respirato aria malsana, come accade spesso, del resto, ma con l’unica differenza che stavolta risulta da qualche parte.

Una situazione in cui, per usare le parole dell’Arpa, “aumenta la probabilità di accusare sintomi per i soggetti particolarmente sensibili. Anche gli adulti sani possono manifestare difficoltà respiratorie e cardiache, soprattutto durante attività fisiche intense e prolungate all’aperto”. Se invece vogliamo seguire la definizione di qualità dell’aria “scadente”, usata dal consorzio del dott. Coleine, il concetto non cambia: “Tutti possono cominciare ad avvertire effetti sulla salute. I membri dei gruppi sensibili possono invece avvertire effetti più seri”.

Chiarito che per “soggetti sensibili” si intendono le persone anziane, quelle con malattie cardiocircolatorie e polmonari, i neonati e i bambini, a Civitavecchia, nelle giornate di lunedì e martedì siamo stati tutti esposti a rischi o ad effetti negativi sulla salute senza essere avvertiti in tempo utile.

Licenziare, a due giorni di distanza, un comunicato come quello del dott. Coleine, equivale a rivolgersi a un cadavere dicendo: “A proposito! L’altro ieri ti hanno sparato in fronte, ma non ti preoccupare… Adesso ce ne siamo accorti”.

Preso atto dell’irreparabile ritardo, il signor Coleine, come medico prima che come presidente del consorzio finanziato dall’Enel, avrebbe fatto meglio a rimanere in silenzio e, magari, anche se ormai si tratta di una pratica mitologica, rassegnare le dimissioni.

Al contrario, solo dopo che le foto dei pannelli che definivano “scadente” l’aria già respirata hanno iniziato a circolare su internet, il dott. Coleine ha ritenuto doveroso intervenire, rispolverando, è proprio il caso di dirlo, la leggendaria teoria della sabbia del Sahara portata nei nostri polmoni e, soprattutto, nelle centraline dal provvidenziale scirocco. Peggio ancora, il presidente ci comunica che il fenomeno era stato previsto dall’Arpa, senza che per questo abbia sentito il bisogno di avvisare la popolazione in anticipo.

In effetti, nel bollettino del 14 marzo l’Arpa aveva previsto “l’influenza di eventi di trasporto da lunga distanza di PM10 provenienti dalle regioni nord-africane”. Peccato, per gli ineffabili sostenitori della teoria della sabbia assassina, che la stessa situazione, se non peggiore, si può riscontrare, ad esempio, per il 2010, nelle date del 13 e 14 giugno, 26 marzo e 19 febbraio, senza che le nostre centraline abbiano mai registrato un superamento dei limiti di PM10.

Escluso, quindi, che le polveri provenienti dall’Africa abbiano causato lo schifo che ci siamo respirati, sarebbe giusto trovare le cause. Mi sembra chiaro che non potrà essere il consorzio presieduto dal dott. Coleine a farlo e, probabilmente, neanche l’Arpa, che si può annoverare tra i sostenitori della prima ora della “pista africana” e per la quale a Civitavecchia l’aria è invidiabile, come dimostra l’inesorabile centralina del Parco della Resistenza, che nel 2010, in una città di 50.000 abitanti con il suo traffico veicolare e un’autostrada, due centrali termoelettriche di cui una a carbone e un porto che inquina come una centrale, ha registrato 0 (ZERO) superamenti del limite per il PM10.

Temo che quello del 14 e 15 marzo 2011 sarà l’ennesimo delitto perfetto, anche se, considerato che il traffico non è stato più intenso del solito, non c’è stato un gran premio di Formula Uno, le navi da crociera non sono ancora arrivate, il cementificio dovrebbe essere spento, non ci sono stati incendi, la soluzione sembra proprio a portata di mano. Potrebbero essere le centrali, magari quella a carbone… Ma no, è impossibile… Quelle emettono condensa dal vago profumo di violetta. Ma allora, non rimangono che i caminetti a legna… Certo! I caminetti a legna, come ho fatto a non pensarci subito!

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Fulvio Conti (a.d. enel) sul nucleare: "non fidatevi dell'emotività". Anzi sì...Beh, ogni tanto.

Fidatevi della vstra emotività, ma solo quando guardate gli spot menzogneri di enel, stracolmi di fiorellini, verde, sole, ed energia pulita. Vi fanno sentire bene? Era quello lo scopo dell'operazione, farvi dimenticare che Enel è il primo inquinatore sul suolo italiano.

Ma non fidatevi della vostra emotività quando vi prende il panico di fronte a un disastro nucleare che sta devastando un'area del Giappone e la renderà inabitabile per sempre. Enel sta investendo in nucleare: non va bene mettergli i bastoni tra le ruote.

Una sola parola come risposta: VERGOGNA

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5 febbraio 2011

Civitavecchia, inquinamento da carbone: la disinformazione mirata di enel

"Non sappiamo se le inquietanti fumate che hanno oscurato i cieli di Civitavecchia negli ultimi tempi siano il frutto di un qualche malfunzionamento nel sistema di filtraggio dei fumi e/o dipendano da un qualche altro problema strutturale; sarà la Magistratura, che su tale fatti ha avviato un'inchiesta e che in questa sede vogliamo ringraziare per la solerzia, ad accertare la verità.

Ciò che invece è certa è la sistematica azione di disinformazione posta in essere dall'azienda elettrica ogni qualvolta si affronta un qualsivoglia aspetto del (mal)funzionamento della centrale o degli effetti della stessa sul territorio.

Affermare, infatti, che le fumate sono il semplice pennacchio termico delle percentuali di acqua presenti nelle emissioni è fornire una rappresentazione quanto mai parziale della realtà omettendo di dire che quei 6.300.000 mc di emissioni ogni ora (perché tante sono) che fuoriusciranno dalla ciminiera di Torrevaldaliga nord conterranno, oltre al vapore ed indipendentemente dalla loro visibilità, 3450 t/a di ossidi di azoto, 2.100 t/a di ossidi di zolfo, 260 t/a di polveri sottili (nelle quali non sono considerate le ben più pericolose polveri ultrasottili di cui non è stimabile la quantità), 24 t/a di metalli pesanti quali mercurio, vanadio, nichel, cadmio, cromo, ammoniaca, etc, 8.400 t/a di monossido di carbonio (in deroga alle norme vigenti) e ben 10.300.000 t/a di anidride carbonica.

Quali siano gli effetti di tali emissioni sulla salute della popolazione è cosa nota ed evidente ad ogni cittadino che sta verificando sulla propria pelle l'aggravarsi della già pesantissima percentuale di patologie tumorali, respiratorie e cardiocircolatorie in atto da circa un anno.

Ci eviti, quindi, l'ing. Molina quel buonismo mieloso con cui ci comunica la grande attenzione di ENEL per l'ambiente e la salute della popolazione tanto da aver predisposto una procedura interna per verificare eventuali sforamenti delle emissioni.

L'attenzione all'ambiente, alla salute ed alla sicurezza sul lavoro di ENEL hanno avuto già la loro controprova nelle svariate inchieste avviate dalla Procura e dalle perizie effettuate in vari procedimenti (valgano per tutti la perizia sulla morte di Capitani e quella disposta dal Tribunale Civile di Civitavecchia sulla nocività della centrale nell'ambito della causa n° 521/04 intentata dal Comune di Ladispoli e dalla Provincia di Roma.).

Abbia il coraggio l'ing Molina di affermare che i bilanci aziendali di ENEL sono la priorità dinanzi alla quale scompare ogni forma di tutela dell'ambiente e della salute della popolazione; ciò certo non gioverà alla nostra salute ma, se non altro, sarà meno offensivo per le nostre intelligenze.

Simona Ricotti
Responsabile locale Forum Ambientalista

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20 gennaio 2011

enel, mille balle blu (anzi 37 milioni). Propaganda e realtà.

In alto il sito inglese di enel. Ma il greenwashing ("la merda dipinta a fiorellini", se preferite)
non può nascondere la realtà dei fatti
Ci siamo imbattuti nel sito in lingua inglese con cui enel si presenta al pubblico estero. Le prime parole che compaiono all'apertura del sito sono: "beneficienza" (dalle nostre parti la chiamano "compensazioni"), "sostenibilità", "ambiente", "emissioni zero", "rinnovabili". Noi siamo rimasti senza parole. Voi?

Con l'occasione salutiamo gli impiegati dell'ente, che ci fanno visita quasi ogni giorno, veri aficionados.

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17 gennaio 2011

Ogni giorno nell'Alto Lazio

Uno dei manifesti apparsi oggi per le strade della città di Tarquinia.

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11 gennaio 2011

Puntare sul carbone è scommettere su un cavallo bolso

Intervista a Vanni Destro da RovigoOggi.it
"Secondo Vanni Destro, esponente del movimento 5 stelle rodigino, la firma del ministro Romani sul decreto autorizzativo di Polesine Camerini, è stata un atto dovuto che sarebbe arrivato anche prima se Scajola non avessero lasciato vacante il posto di Ministro dello Sviluppo Economico per oltre sei mesi.
Ben più pesante e, forse, meno scontato è stato il placet dato dal Ministero dell'Ambiente Prestigiacomo.
Ora, comunque, l'iter è concluso e l' Enel ha tutte le carte in mano per avviare i lavori della riconversione partendo dalla demolizione della vecchia centrale a olio.
Quella è un bel po' che comunque è in atto, se si considera che, più che in "riserva energetica", la centrale di Polesine Camerini, è una sorta di magazzino ricambi dal quale si prelevano pezzi per altre centrali in funzione.
Sempre secondo Vanni Destro tornando ai lavori che Enel dovrebbe avviare sorgono dubbi legittimi.
Nel Paese è in calo prolungato, il 6-7% rispetto ad un paio d'anni fa, la richiesta di energia elettrica e la situazione che ha portato alla riconversione a Civitavecchia, dove per altro funziona un solo gruppo, è abbastanza mutata da suggerire cautela rispetto a nuovi investimenti.
La riconversione a Civitavecchia ha, oltretutto, fatto emergere una serie di problematiche legate al mancato rispetto di norme previste in sede di progetto, come, ad esempio, il trasporto del carbone e dei residui post combustione che dovrebbero avvenire al chiuso e non all'aperto come in qualche caso pare sia avvenuto, a incidenti mortali o a casi di corruzione.
Vi sono inchieste aperte dalle Procure di Roma e Civitavecchia che, assieme ad altri, hanno coinvolto l'ex sindaco di Civitavecchia e anche l'ex direttore di quella centrale e attuale direttore a Porto Tolle Ivano Ruggeri.
Pare addirittura che non esista un piano reale del costruito che sarebbe, come spesso accade, difforme rispetto al progetto e che la divisione di ingegneria stia lavorando a testa bassa per avere tutti i disegni tecnici aggiornati.
Stando ai dati in possesso al Movimento 5 stelle sulle questioni legate agli investimenti, sembra che l'attenzione di Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, sia principalmente rivolta alla riduzione del debito che ammontava, alla fine del 2009 a circa 51 miliardi di euro, vedremo per il 2010, pena il declassamento da parte delle agenzie internazionali di rating con un più complicato accesso a eventuali finanziamenti che, nel caso di avvio concreto del programma nucleare italiano, servirebbero come il pane ad Enel.
Non da ultimo vi è il fatto se un anno fa si incassavano circa 90 euro per MWh ora se ne incassano circa 60 il che significa tirare la cinghia e rinunciare alla cosiddetta manutenzione programmata per intervenire sui guasti.
Questo significherebbe che al momento Enel non sta investendo un euro in nuovi impianti e che in questo 2011 non si prevederebbero investimenti reali, al massimo la predisposizione del cantiere a Polesine Camerini, perchè i soldi non ci sarebbero.
La conclusione logica quindi è che la riconversione rimarrebbe al palo con buona o cattiva pace di chi ha puntato troppo su un cavallo bolso.
Il Movimento 5 Stelle di Rovigo, che è comunque contrario al carbone, vive l'amarezza di constatare la miopia collettiva della classe dirigente politica e imprenditoriale che insegue un miraggio e non investe nelle reali potenzialità del territorio polesano.

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Riconversione a carbone di Porto Tolle, qualche retroscena

Da QualEnergia.it "L'avallo del Governo al carbone di Enel"
"L’Italia, in barba agli impegni sulle emissioni presi con il protocollo di Kyoto e a quelli di medio periodo, continua a puntare sul carbone, sotto la pressione di Enel e del ricatto occupazionale. La querelle sulla conversione a carbone della centrale di Porto Tolle, in provincia di Rovigo, arriva dopo alcuni anni al capolinea con l’autorizzazione del Ministro Paolo Romani, dopo il giudizio di compatibilità ambientale e dopo il via libera di luglio della Conferenza dei Servizi (contraria solo l’Emilia Romagna).

Già nel marzo 2010 la Regione Veneto e l’Enel avevano sottoscritto un accordo di programma per la sua riconversione a carbone che prevedeva anche una serie di finanziamenti per diversi milioni di euro per compensazioni ambientali, la costruzione di un osservatorio e il risarcimento dei disagi provenienti dalla costruzione e dal funzionamento della centrale. Qualche briciola rispetto a un progetto di conversione che richiederà da parte di Enel un investimento di circa 2 miliardi di euro e porterà ingenti profitti.

La centrale, che attualmente brucia olio combustibile, si trova all’interno del Parco Regionale Veneto del Delta del Po, un'area ad alto pregio naturalistico, che comprende alcune riserve naturali di rilievo internazionale (il sito è patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, è Sito di Importanza Comunitaria all’interno dell’Unione europea, nonché zona umida protetta dalla convenzione internazionale di Ramsar). Il progetto potrebbe mettere sotto scacco ambientale un’intera area visto anche che l’approvvigionamento del combustibile e lo smistamento dei materiali avverrà principalmente per mare e per le vie fluviali, utilizzando un sistema di stoccaggio e movimentazione appoggiati su una nave “storage”, ancorata al largo del delta del Po.

La centrale, una volta ultimata la riconversione, funzionerà con tre sezioni alimentate a carbone e parzialmente a biomasse per una potenza elettrica lorda nominale complessiva pari a 1.980 MW. Attualmente è costituita da quattro sezioni da 660 MW elettrici ciascuna.
Si stima che la centrale a carbone, che potrebbe essere ultimata in 6 anni, produrrà annualmente circa 10,3 milioni di tonnellate di CO2, oltre ad altri inquinanti, come ossidi di azoto e zolfo, particolati, nichel, piombo, cromo, cloro, arsenico, mercurio, ecc. Nel 2005 la centrale aveva emesso 1,2 milioni di tonnellate di CO2. Insomma la messa in opera di questo grande impianto ci porterà sempre più lontani dai target climatici (Qualenergia.it, Il carbone nello stivale, un ritorno al passato).

Ai margini di questa, peraltro scontata, decisione del Ministro Romani, vanno ricordati due fatti.
Il primo riguarda la sentenza del TAR del Lazio che il 14 ottobre 2010 ha respinto il ricorso presentato da associazioni ambientaliste e di categoria di pescatori e operatori turistici. Una decisione che smentisce che la conversione a carbone della centrale, con tutte le infrastrutture necessarie a tale intervento, abbia conseguenze negative al territorio del delta e all’ambiente. Per i propugnatori del ricorso questa è una sentenza che risulterebbe impugnabile perché non risponde, sulla base di motivazioni omissive e illogiche, a quasi tutte le censure formulate.

Il secondo fatto riguarda due magistrati, il Pubblico Ministero Manuela Fasolato e il procuratore Dario Curtarello, che sono stati recentemente sottoposti a procedimento disciplinare in seguito alle indagini da loro condotte sulla centrale Enel di Porto Tolle. Già un anno fa ispettori ministeriali, guidati da Arcibaldo Miller (attualmente indagato per l’inchiesta sulla nuova P2), erano stati inviati dal Ministro della Giustizia Alfano per far luce su presunti rallentamenti all’iter della nuova centrale. I magistrati stavano indagando sui legami tra le emissioni della centrale e l’aumento dell’incidenza di malattie nei territori circostanti.
Secondo alcuni comitati di cittadini e sezioni locali di partiti politici questa ispezione, fortemente criticata, ma appoggiata dai lavoratori della centrale, nascerebbe da una richiesta pubblica di Luciano Violante del Partito Democratico, che in qualità di Presidente dell’Associazione “Italia Decide”, aveva proposto di avviare un’ispezione nella Procura di Rovigo per “capire se un’autorità giudiziaria può compiere un atto di questo genere, intimidendo sostanzialmente quelli che dovrebbero prendere la decisione”. Non è superfluo andarsi a vedere chi c’è tra i Soci fondatori di questa associazione. Già, proprio Enel SpA.

Il procedimento disciplinare ai due magistrati si basa su tre capi d’accusa che possono essere sintetizzati nell’ultimo: “l’aver impedito, mediante un’indebita ingerenza nelle attività degli apparati amministrativi, la commissione di reati, quando ancora non erano stati acquisiti sufficienti e concreti indizi della consumazione di fatti di rilievo penale, interferendo e condizionando in questo modo le attività degli organi amministrativi stessi, determinandone il rallentamento”.

Ma ci chiediamo: il vero atto intimidatorio è quello dei magistrati, come dice Violante, o piuttosto quello del Ministro della Giustizia? E’ ancora possibile in questo paese sottoporre a critica o a valutazioni tecnico-scientifiche le iniziative e gli interessi di Enel, e dell’industria in generale, senza che i rappresentati del Governo e dello Stato ne prendano sempre e incondizionatamente la difesa, il più delle volte a detrimento degli interessi dei cittadini e delle condizioni ambientali che invece dovrebbero tutelare?

Si sta scatenando in Italia un’assurda campagna denigratoria nei confronti di impianti a fonti rinnovabili che deturperebbero territori e ambiente, mentre passano troppo spesso sotto silenzio i gravissimi danni sanitari che impianti energetici e industriali causano alle popolazione e all’ambiente di vaste zone del paese, spesso in maniera irreversibile.

La forte lobby energetica italiana, a volte con l’appoggio compiacente di autorevoli personalità, prova a mistificare o a nasconde la diffusione di dati scientifici e medici su questi impianti. E quando qualcuno osa contestare queste asserzioni ne paga le conseguenze o viene tacciato di anti modernismo. Quando va bene, questa lobby ama bombardarci di spot molto green e politically correct o di spot sul nucleare ammantati di una fasulla equidistanza.

LB

10 gennaio 2011

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4 gennaio 2011

Monitoraggio e un presidio fisso dell'Arpa a Torrevaldaliga Nord

Petrelli, consigliere IdV a Civitavecchia: "Tvn, servono più controlli e un presidio fisso dell'Arpa" Fonte: BigNotizie.it

Il consigliere comunale dell'Idv Vittorio Petrelli, alle luce delle fuoriuscite di fumo grigiastro dalla centrale di Tvn di cui si è parlato molto (anche sui socialnetwork) nei primi giorni di questo 2011, ha scritto una dettagliata lettera inviata al principali esponenti del governo nazionale, ma anche alla presidente della Regione Lazio Renata Polverini ed al sindaco Gianni Moscherini. Nella lettera Petrelli chiede maggiori controlli e l'istituzione di un presidio zoonale dell'Arpa Lazio

"E' molto probabile che quello fuori uscito dalla ciminiera, specie per l'episodio del 2 gennaio, sia dovuto ad un'anomalia di funzionamento e non a fenomeni di condensazione dei fumi che regolarmente fuori escono dalla ciminiera perché la temperatura esterna in quella data era di circa 14°C o che si siano deteriorate alcune calze dei filtri a manica per problemi di pressione dei fumi. Potete immaginare – scrive - cosa si sia scatenato, giustamente, su Facebook (di cui allego parte di esso ed una e-mail che mi è giunta) e come nuovamente siano state rimarcate le disattese, le promesse, gli impegni ed i proclami del "carbone pulito" prodotti sin dalla fase di presentazione e protratte per quello autorizzativo non solo da parte dell'azienda ma anche dalle Istituzioni che hanno autorizzato quella scelta. Ancora una volta la cittadinanza viene lasciata assistere a fenomeni atmosferici di inquietante apparenza senza che nessuno fornisca spiegazioni idonee a farne individuare le cause e circoscrivere gli effetti. Nel vuoto informativo l'opinione pubblica viene lasciata libera di formulare anche le peggiori ipotesi che nel silenzio restano avvalorate anche nelle versioni più negative. Ancora una volta l'azienda, l'Assessore all'Ambiente, il Sindaco ed il Consorzio dell'Osservatorio Ambientale si trincerano in un preoccupante silenzio. Al di la di questi fenomeni quello che più sconcerta e che qualcuno senza conoscere il territorio del distretto industriale di Civitavecchia, ignorando i limiti gestionali delle realtà produttive, stia progettando di gravare ulteriormente la situazione ambientale del Territorio mi riferisco ad esempio alla prospettiva di collocare una mega-discarica e di prevedere anche la co-combustione dei rifiuti prospettive che determinerebbero fattori di insostenibilità contraddicendo inoltre il Protocollo di intesa del 19 dicembre 2003 sottoscritto dall'allora ministero delle Attività Produttive con i comuni del comprensorio. Chiedo quindi con la presente che si riscontri ai fenomeni sopra descritti. Si chiede inoltre un impegno concreto e fattivo perché quello che è stato autorizzato e prescritto sia rispettato e condiviso con il Territorio e che soprattutto sia fermata qualsiasi prospettiva che vada a procurare altre pressioni ambientali che determinerebbero situazioni di criticità pericolose per la salute pubblica. Si chiede altresì di rispettare le indicazioni che sono scaturite nell'ultimo rapporto epidemiologico luglio – ottobre 2006 relativo al Territorio dal Dipartimento di epidemiologia, Asl RM E della Regione Lazio in collaborazione con Lazio sanità Agenzia di sanità pubblica della Regione Lazio. In considerazione degli insoddisfacenti risultati prodotti dal Consorzio dell'Osservatorio ambientale chiedo di valutare l'opportunità che con parte dei finanziamenti ad essa destinati venga realizzato un Presidio zonale con personale dell'Agenzia che supervisioni tutte le operazioni di manutenzione così come si sta provvedendo per la costruenda riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle da parte della Regione Veneto, presidio che potrebbe efficientemente intervenire anche per ridurre le pressioni ambientali prodotti dagli altri fattori".

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1 gennaio 2011

Molina cin cin

"CARO(PERCHE' DI UNA LETTERA SEMBRI L'INIZIO) DOTT. MOLINA,
VOLEVAMO LASCIARLE UN SALUTO DI INIZIO ANNO COME NOCOKE ALTO LAZIO.

VISTO CHE NEGLI SCORSI 28 E 29 DICEMBRE HA MOSTRATO I "MUSCOLI" SFONDANDO IL CIELO CON IL CARBONE SPORCO, VOLEVAMO COMUNICARLE CHE E' GIA' NEI PENSIERI DI TUTTI NOI,
GRAZIE PER LA CONFERMA CHE IL CARBONE PULITO NON ESISTE PROPRIO.

CHISSA' FORSE CI STA PREPARANDO QUALCHE ALTRO REGALO, VISTO CHE VIENE DA FUSINA (VE), DOVE SI BRUCIA CDR INSIEME AL CARBONE. FORSE L'HANNO SCELTA PER QUESTO?

CARO MOLINA, OGGI E' IL PRIMO GIORNO DEL 2011, NON ACCENDERE LA CENTRALE, LASCIACI IL CIELO PULITO PER UN BRINDISI, PER UNA FOTO SENZA NUVOLACCE TUMORALI VOMITATE DAL CANNONE DI TVN.

CIN CIN MOLINA!!"

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12 dicembre 2010

Dossier "Carbone: ritorno al passato"

Riportiamo da DazebaoNews:

"Legambiente presenta i numeri e i motivi del ‘NO’ nel dossier ‘Carbone: ritorno al passato." (Clicca qui per scaricare il dossier)

Una centrale tutta nuova a Saline Joniche in provincia di Reggio Calabria e la riconversione della centrale di Rossano Calabro per i gruppi alimentati a olio combustibile. Sono le ultime due proposte di ‘ritorno al passato’ fondate sul carbone che l’Italia potrebbe vedere realizzate dopo la riconversione, già attuata, della centrale di Civitavecchia (Rm), il nuovo gruppo autorizzato di Fiume Santo in Sardegna e i progetti di Porto Tolle (Ro) sul delta del Po e Vado Ligure (Sv), sui quali manca solo la firma del decreto autorizzativo da parte del Ministro dello Sviluppo economico.

Ora c’è la Calabria nel mirino di chi ha scelto di puntare sulla fonte fossile più
climalterante e maggiormente in contrasto con la lotta ai cambiamenti climatici, e proprio in questa regione continua l’opposizione di Legambiente ad una scelta energetica totalmente in contrasto con gli impegni che il Paese ha preso firmando il protocollo di Kyoto e il Pacchetto energia e clima (il cosiddetto 20-20-20). Accordi vincolanti di riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, che in caso di mancato rispetto, obbligheranno l’Italia al pagamento di pesanti sanzioni.
Oggi a Reggio Calabria, in una conferenza stampa che ha visto la partecipazione, tra gli altri di Massimo Scalia, docente dell’Università la Sapienza di Roma, Giuseppe Neri Assessore Ambiente Provincia Reggio Calabria, Antonio Guarna, Sindaco di Montebello Ionico- Saline, Franco Filareto, Sindaco di Rossano e i rappresentanti di CGIL, CISL e UIL e dei Comitati, Legambiente ha presentato il nuovo dossier ‘Carbone: ritorno al passato’ illustrando, dati alla mano, i motivi per cui la scelta del carbone è sbagliata.
“Le aziende energetiche – spiega il responsabile scientifico di Legambiente, Stefano Ciafani - continuano a puntare sul carbone come fonte per la produzione elettrica, grazie alla politica di sostegno da parte del Governo, incurante dei problemi legati all’uso di questo combustibile, a partire dalle rilevantissime emissioni di gas serra, tangibili negli impianti che già oggi lo usano sul territorio italiano. L’utilità del carbone – ha aggiunto Ciafani - è una pura propaganda da ‘Paese delle meraviglie’ che nulla a che fare con la realtà e con l’Italia, alle prese con i suoi problemi energetici e con i ritardi rispetto agli obblighi internazionali per combattere l’aumento dell’effetto serra”.

Come tutte le proposte fatte finora nel resto d’Italia, secondo Legambiente, anche i progetti che si vogliono attuare in Calabria, sono assolutamente dannosi visto che aumenteranno la produzione di elettricità dalla fonte fossile più dannosa per il clima, allontanandoci ulteriormente dagli obiettivi di riduzione delle nostre emissioni, senza portare rilevanti vantaggi al fabbisogno di energia. L’associazione ricorda, infatti, che nel 2009 le 12 centrali a carbone attive in Italia, a fronte di una produzione di solo il 13% di elettricità, hanno emesso il 30% dell’anidride carbonica prodotta complessivamente dal settore termoelettrico, circa 36 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 sul totale di circa 122, risultando il settore industriale peggiore rispetto agli obblighi di riduzione previsti da Kyoto.
Anche nel 2009 il peggior impianto termoelettrico per emissioni di CO2 si conferma la centrale Enel di Brindisi Sud (13 Mt), a seguire l’impianto di Fusina (Ve) (4,3 Mt) e quello di Fiume Santo (Ss) di proprietà di E.On (4,1 Mt).
Secondo i calcoli di Legambiente se alla centrale riconvertita di Civitavecchia ormai in attività si affiancassero i nuovi gruppi o centrali proposti dalle aziende energetiche, le emissioni di CO2 degli impianti a carbone raddoppierebbero in pochi anni, passando dagli attuali 35,9 milioni di tonnellate a 74,8.

“La Calabria oggi – ha proseguito Nuccio Barillà, del direttivo nazionale di Legambiente -diventa l’avamposto di una battaglia che vede contrapposte due visioni molto diverse delle politiche energetiche e dello sviluppo per il Sud del Paese. Da un lato la valorizzazione delle risorse del territorio, l’innovazione e l’efficienza, come investimento di futuro, dall’altro un’idea sorpassata di sistema energetico che inquina, degrada ulteriormente i territori e non offre risposte efficaci alle attese delle popolazioni, neanche sotto l’aspetto occupazionale. Non si capisce infatti quali sarebbero le ricadute positive di un progetto, come quello della SEI a Saline, mentre sono evidenti e, allo stato, inevitabili le conseguenze negative delle emissioni della centrale che inquinerà l’aria e riverserà in atmosfera ben 7,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno”.
“E poi c’è il progetto di riconversione a carbone della centrale Enel di Rossano Calabro – ha aggiunto Franco Falcone, direttore di Legambiente Calabria - che oltre ad aver trovato, come a Saline, l’opposizione di tutti gli enti locali, ha avuto per adesso anche lo stop della Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente. Sui progetti di Rossano e Saline grava poi, fortunatamente, la netta opposizione della Regione, che ha rinnovato il suo no alle centrali a carbone scritto nel 2005 nel Piano energetico attraverso una recentissima mozione approvata all’unanimità in Consiglio regionale”.

“Sul carbone in Italia – ha concluso Ciafani - si continua a millantare e a omettere tutti i problemi connessi al suo uso. Il Governo dica chiaramente se vuole condannare gli italiani al pagamento di pesanti sanzioni che nessuno ci condonerà. Altrimenti, replichi il modello britannico vincolando da subito l’autorizzazione di nuovi progetti a carbone all’effettiva operatività della cattura e del confinamento geologico dell’anidride carbonica”.
Per modernizzare realmente il sistema energetico del Paese, secondo Legambiente è necessario coinvolgere il settore industriale, dei trasporti e dell’edilizia, riducendo i consumi e praticando la via più sostenibile per produrre l’energia elettrica e termica: le fonti rinnovabili. La fonte fossile di transizione verso le sole rinnovabili resta il gas naturale, anche alla luce dei costi più contenuti di oggi, inaspettati fino a qualche anno fa.

I motivi di Legambiente per dire NO al carbone:
- peggiorerà la dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero, visto che già oggi importiamo più del 99% del carbone utilizzato nelle centrali elettriche italiane;
- non abbasserà la bolletta energetica del Paese. I potenziali risparmi nell’acquisto del combustibile andranno a beneficio dei bilanci delle aziende energetiche e non arriveranno nelle bollette degli italiani;
- il suo impiego peserà sulle casse dello Stato, visto che ci farà condannare al pagamento delle multe di Kyoto e del 20-20-20.
I falsi miti sul carbone:
- a causa dei consumi sempre più importanti da parte dei paesi con economie emergenti, a partire da Cina e India, le riserve di carbone stanno diminuendo con tassi davvero inaspettati. Secondo le stime di BP se 10 anni fa la disponibilità residua di carbone rapportata ai tassi di utilizzo era valutata in 240 anni, le ultime cifre aggiornate al 2010 sono scese addirittura a 119 anni. Continuando di questo passo tra 10 anni le riserve residue di carbone diventerebbero equivalenti a quelle di petrolio e gas, esauribili in 50-60 anni;
- il basso prezzo del carbone è drogato dai sussidi statali: la Commissione europea ha stimato in circa 3 miliardi di euro all’anno, 2 dei quali solo in Germania, i sussidi pubblici che hanno sostenuto la filiera del carbone tra il 2007 e il 2009 nel vecchio continente, destinati comunque all’esaurimento prima o poi;
- anche la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS - Carbon capture and storage), è ancora una tecnologia tutta da sperimentare su grande scala e anche nella migliore delle ipotesi abbasserà pesantemente il rendimento delle centrali. La tecnologia avrebbe poi una scala industriale solo dopo il 2020.

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7 dicembre 2010

Disastro in Colombia: è questo il "carbone pulito" di ENEL, SEI & co.


Un bell'articolo di Stefania Summermatter, da swissinfo.ch
E' proprio questo: il "carbone pulito" di enel e della svizzera SEI

"Colombia, il lato oscuro delle miniere svizzere di carbone

In Colombia le attività minerarie hanno portato ricchezza, ma non per tutti. Se le multinazionali continuano a espandersi, il prezzo da pagare per le comunità locali è altissimo: villaggi evacuati, fiumi inquinati, sindacalisti messi a tacere. Violazioni che chiamano in causa pure un'impresa svizzera, che respinge però ogni accusa.

La Colombia è il quinto paese esportatore di carbone al mondo. Dalle miniere del nord, questa materia prima viene trasportata fino in Europa – soprattutto in Germania – e utilizzata per la produzione di energia elettrica. Le centrali a carbone tedesche riforniscono in parte anche le società svizzere, che negli ultimi anni hanno aumentato i loro investimenti nel carbone per coprire il fabbisogno di base.

In diversi paesi europei, l’utilizzo di questo combustibile fossile ha incontrato l’opposizione degli ecologisti per l’elevato tenore di emissioni di CO2 che diffonde nell’atmosfera. Le incognite legate al carbone non si limitano però alle sole centrali, ultimo anello di una catena produttiva, ma si spingono fino alle grandi miniere a cielo aperto che hanno ridisegnato il volto della cordigliera andina.

In paesi come la Colombia, l’estrazione del carbone è all’origine d’importanti violazioni dei diritti umani e del deterioramento dell’ecosistema. La denuncia non è nuova: da diversi anni infatti Amnesty International e il Gruppo di lavoro Svizzera Colombia si battono affinché le materie prime tornino a essere una risorsa per le comunità locali.

«La situazione nel nord della Colombia è particolarmente difficile. Per anni è stata teatro di scontri tra la guerriglia, le forze paramilitari e l'esercito statale», spiega Alfredo Tovar, sindacalista e operaio in una miniera del dipartimento del César. «E a farne le spese è soprattutto la popolazione locale: intere famiglie sono state allontanate o sono scomparse nel nulla. Lavoratori, rappresentanti comunali e dirigenti sindacali sono stati messi a tacere, o uccisi».

Alfredo Tovar è venuto fino in Svizzera per chiedere giustizia. Rivendica assicurazioni sociali per tutti gli operai, norme di sicurezza nelle miniere e un indennizzo alla popolazione per i danni subiti. «L’impatto ambientale dell’estrazione del carbone è enorme: i fiumi vengono contaminati e con essi anche la terra e il bestiame. Ciò significa che quei contadini che vivevano di agricoltura e pesca, ora non hanno più nulla da mangiare. Inoltre, dalle miniere si sprigiona una nube di polvere nera che è all’origine di gravi problemi respiratori».

Multinazionale svizzera nel mirino

In Colombia l'estrazione delle materie prime è, di fatto, monopolio di una manciata di multinazionali, alcune delle quali hanno sede in Svizzera. Alfredo Tovar lavora da anni alla miniera La Jagua, di proprietà della Glencore International AG tramite la società colombiana Prodeco.

Poco conosciuta dal grande pubblico, la Glencore International AG ha la sede principale nel canton Zugo e negli ultimi anni ha realizzato il fatturato più elevato della Svizzera (117 miliardi di franchi nel 2009), superando giganti come la Nestlé o la Novartis. In Colombia controlla due miniere di carbone a cielo aperto nel dipartimento del César e ha un accesso privilegiato al porto di Santa Marta (Magdalena).

Accompagnato da rappresentanti delle ONG svizzere, per conto del sindacato colombiano Sintramienergetica, Alfredo Tovar ha bussato alla porta della Glencore International AG, senza però ottenere risposta. La multinazionale è accusata di promuovere una politica poco trasparente, ostile ai sindacati e nociva all’ambiente.

«Non possiamo negare che la Glencore abbia portato lavoro in Colombia, ma questo non le conferisce il potere di violare i diritti dei lavoratori, di ostacolare la libertà sindacale, minacciando o licenziando gli operai che osano alzare la testa», denuncia Alfredo Tovar.

Nei dipartimenti del César e della Magdalena si concentra gran parte della ricchezza del paese, ma spesso i villaggi sono lasciati senza acqua potabile, elettricità e servizi sanitari. «La manodopera arriva soprattutto da altre regioni del paese e i profitti se ne vanno all’estero… mentre qui resta solo contaminazione e povertà. Come dipendente della Glencore chiedo un indennizzo alla regione per i danni causati e per il carbone che portano via, e chiedo il rispetto degli accordi sindacali che hanno firmato con noi lavoratori».

Non solo miniere

La Glencore International AG è rimasta sorda di fronte all’appello di Alfredo Tovar e delle ONG svizzere. Anche ai microfoni di swissinfo, l’azienda non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Ha invece risposto con un comunicato stampa – firmato dalla società Prodeco – in cui afferma di avere un programma di responsabilità sociale e ambientale.

In sostanza, la multinazionale si presenta come il motore economico della regione: non solo ha messo a disposizione «oltre 5'000 impieghi (diretti o indiretti), di cui l’84% dei dipartimenti del César e della Magdalena)», ma ha anche cercato di «migliorare la qualità di vita delle comunità locali, attraverso la creazione di scuole e altre infrastrutture».

Alle accuse di violazione dei diritti sindacali, la società con sede a Zugo dice di agire «in conformità con le leggi colombiane che garantiscono libertà di associazione, vietano il lavoro forzato e assicurano condizioni di lavoro umane».

La Svizzera media, ma non interviene

La Glencore non è però nuova a questo tipo di denunce. Accusata di violazioni dei diritti umani e danni ambientali in diversi paesi in via di sviluppo, nel 2008 ha ricevuto il Public eye award di Davos, l’oscar della vergogna.

Di fronte alla gravità delle accuse, le ONG svizzere hanno chiesto a più riprese un intervento da parte delle autorità elvetiche. «La risposta è sempre la stessa», ci spiega Stephan Suhner dell’ONG Ask! (Gruppo di lavoro Svizzera-Colombia). «La Svizzera segue da vicino i dibattiti sull’industria estrattiva nei paesi del Sud, ma mantiene il massimo riserbo per non intromettersi in questioni di politica interna». Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) si limita così a «invitare le imprese ad attenersi ai principi volontari in materia di sicurezza e diritti umani», senza però intervenire.

Ai microfoni di swissinfo, il portavoce del DFAE Pierre-Alain Eltschinger ha precisato che «la Svizzera segue da vicino questo caso, in particolare per ciò che riguarda il rispetto dei diritti umani, ed è in contatto regolare con le imprese elvetiche coinvolte, la Glencore, i sindacati e le ONG colombiane». Inoltre, prosegue Eltschinger, «l'ambasciata svizzera in Colombia cerca di favorire il dialogo tra le multinazionali e le organizzazioni a difesa dei lavoratori» .

Alfredo Tovar è tornato in Colombia senza risposte. Ad attenderlo c'è una regione messa in ginocchio da anni di violenze e soprusi, la paura di ritorsioni e l'incertezza del domani. In Svizzera restano i profitti di un'attività ritenuta arbitraria e un monito che ha il sapore della lotta operaia: «L’acqua non è negoziabile. La vita non è negoziabile!».

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4 dicembre 2010

enel riconfermato peggior inquinatore in Italia

Riportiamo da Greenpeace.it  
Chi uccide il clima in Italia?

Abbiamo lanciato la classifica dei grandi "inquinatori" dell'anno e il primo classificato è sempre lo stesso: il gigante Enel. Per il quarto anno consecutivo il colosso dell'energia si conferma al primo posto nella lista dei cattivi, seguito da Edison e il Gruppo Saras.

Scarica qui la "classifica dei grandi inquinatori italiani"

Sono 13 milioni le tonnellate (Mt) di CO2 emesse nel 2009 dalla centrale Enel a carbone "Brindisi sud". A seguire la Centrale Edison di Taranto con 5,9 Mt di CO2 e la raffineria Saras di Sarroch con 5,2 Mt di CO2.

Anche se le cifre rimangono alte, complici la crisi economica e l'effetto degli interventi di efficientamento energetico, la CO2 nel 2009 è calata. Da 538,6 milioni di tonnellate del 2008 siamo passati a quota 502 milioni. Ma non basta.

Rispetto al 1990, infatti, la diminuzione è stata del 3%, meno della metà dell'obiettivo fissato dal Protocollo di Kyoto. Non solo, le emissioni della centrale Enel a carbone "Brindisi sud" registrate nel 2009, hanno superato ampiamente le quote e i limiti di 10,4 Mt di CO2 imposti dalla Direttiva europea sulle emissioni (Emission Trading Scheme).

I dati degli ultimi cinque anni dimostrano una riduzione costante delle emissioni del settore termoelettrico, passate dalle 147 Mt del 2005 alle 122,2 del 2009. Il merito è anche della massiccia diffusione delle fonti rinnovabili, il cui contributo sulla produzione totale di energia elettrica ha oramai superato il 20%. Esiste un ampio margine per aumentare questa quota di energie verdi, ma si continua a puntare sul carbone e, in un futuro più lontano, sul nucleare.

Le centrali a carbone autorizzate o in corso di autorizzazione prevedono un totale di circa 40 nuovi Mt di CO2. Se realizzate, impediranno all'Italia di raggiungere i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni al 2020 e potranno gravare sui contribuenti per centinaia di milioni di euro. In particolare, il piano di investimenti di Enel comporterebbe quasi il raddoppio delle sue emissioni di CO2. Vogliamo veramente che la politica ambientale del maggior gruppo elettrico italiano sia proprio questa?

È il momento giusto per orientare il nostro sistema economico produttivo verso soluzioni innovative, basate sulle fonti rinnovabili e l'efficienza energetica, capaci di generare occupazione sostenibile e durevole, migliorare la qualità dell'ambiente e della vita delle persone.

Nei giorni scorsi il Governo ha presentato una proposta di Decreto legislativo in attuazione della Direttiva rinnovabili. Nonostante alcuni aspetti innovativi, la proposta assesta un colpo mortale allo sviluppo dell'energia eolica e colpisce il comparto fotovoltaico, riducendo il meccanismo degli incentivi in maniera disordinata. Chiediamo al Governo una revisione della proposta, anche alla luce dei dati della nostra classifica."

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3 dicembre 2010

enel e altre brutte storie

Da centumcellae.it: "Enel, l’energia che ti ascolta… e ti denuncia"

“Enel, l’energia che ti ascolta…”, mica tanto! Sicuramente non i cinque nuclei famigliari vittime dell’emergenza abitativa che nei mesi scorsi avevano occupato alcuni appartamenti di proprietà dell’ente energetico. A loro l’azienda ha chiesto un risarcimento di 14.000,00 euro in sede civile ed ha sporto inoltre denuncia penale per “invasione arbitraria di immobile (art. 633 Cp)”. Un atteggiamento incontestabile sotto l’aspetto puramente formale e giuridico, certamente esecrabile sotto quello della comprensione umana per un ente che a più riprese si è dichiarato “amico della città” e “vicino ai cittadini". Se si può comprendere la richiesta di risarcimento, che considerata la situazione economica delle famiglie poteva comunque essere di minore entità, davvero forzata e poco “umana” appare invece la denuncia penale nei loro confronti.
E infatti non tardano ad arrivare i commenti tesi a stigmatizzare le azioni intraprese dall’Enel. Tra questi dell’ambientalista Simona Ricotti. “Non che fidassimo in una particolare sensibilità sociale da parte di Enel – il suo commento – ma certo ci saremmo aspettati, per semplice buon senso, che una società che così tanto ha preso da questo territorio in termini di risorse ambientali, e finanche di vite, e tanto ha avuto in termini di profitto, cercasse almeno di concertare, per il tramite dell’Amministrazione Comunale, soluzioni maggiormente indolori per quanti sono stati costretti dallo stato di necessità a ricorrere alla soluzione dell’occupazione per fornire un tetto alla propria famiglia e ai propri figli. Certo perché ciò accadesse servirebbe un’Amministrazione Comunale degna di tale nome, consapevole del proprio ruolo di governo e gestione delle esigenze della collettività amministrata, a partire dai bisogni primari di ogni singolo cittadino in cui il diritto ad avere una casa rientra a pieno titolo. Invece, sebbene diversi amministratori con le più svariate deleghe, dai servizi sociali, alla casa alle politiche abitative, fino ad arrivare al Sindaco Moscherini, siano stati resi edotti di quanto sta avvenendo, essi hanno preferito lavarsene le mani, non attivando alcuna trattativa con l’ente energetico né, tantomeno, prospettando ed attivandosi per soluzioni di alcun genere”.
Tutto ciò, ricorda la Ricotti, nonostante nell’“Accordo disciplinante i reciproci rapporti tra l’Amministrazione Comunale di Civitavecchia ed Enel produzione spa” stipulato in data 14 aprile 2008, sia riportato testualmente che “Enel si impegna inoltre a cedere in comodato d’uso al comune per esigenze abitative sette appartamenti di sua proprietà, siti in Civitavecchia per un periodo di dieci anni”. “Clausola, questa, che – commenta ancora l’ambientalista – avrebbe consentito, e consentirebbe tuttora, di gestire in maniera indolore il contenzioso in atto. Non riusciamo, inoltre, a comprendere la richiesta di risarcimento, né tantomeno l’esosità della stessa, visto che l’azione di risarcimento danni da occupazione abusiva di immobile discende dalla perdita della disponibilità del bene e dall’impossibilità di conseguire l’utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso; natura fruttifera che l’aver concesso gli appartamenti in comodato, seppure non perfezionato, al Comune, rende non realizzabile”.
“Una prova di arroganza da parte di Enel – conclude la Ricotti – ed un venire meno al proprio compito istituzionale da parte dell’Amministrazione Comunale, non altrimenti si può contestualizzare questa vicenda che ha dell’incredibile e sulla quale vogliamo auspicare un, seppur tardivo, immediato intervento degli amministratori competenti”.

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26 novembre 2010

Dietro la maschera di enel

Pregevole articolo di Vincenzo Comito, sbilanciamoci.info:

"Enel, la finanza e l'atomo"
Profitti rosei dalle bollette, presagi grigi dalla gestione finanziaria, look verde molto patinato. Questi i colori del colosso dell’energia, nazionalizzato nel ‘62 e privatizzato nel 1992. Alla vigilia dell’avventura nucleare, in cui Enel è immerso fino al collo.
L’Enel nasce nel 1962 con la nazionalizzazione dell’industria elettrica, azione che rappresentava un punto programmatico fondamentale della nuova alleanza di centro-sinistra varata allora nel nostro paese con l’ingresso del partito socialista nel governo. Il nuovo ente metteva insieme le attività sino ad allora esercitate da un rilevante numero di imprese private che fornivano l’energia agli utenti su di una base territoriale più o meno ristretta. Il sistema era inefficiente, offriva un servizio di cattiva qualità a costi molto alti, ottenendo invece profitti in media molto elevati. Il nuovo ente nasceva con molte speranze e con obiettivi ambiziosi, ma darà risultati non certamente all’altezza di tali aspettative iniziali. Inoltre, i soldi ottenuti dalle società private come indennizzi per le nazionalizzazione verranno in gran parte sprecati in iniziative imprenditoriali molto discutibili. Comunque, ancora oggi i prezzi dell’energia in Italia sono molto superiori a quelli medi europei e il servizio vi appare tra i più scadenti.
Tra le altre date da ricordare per quanto riguarda la società va sottolineato il successivo processo di privatizzazione varato nel 1992, che lascerà peraltro in mano all’operatore pubblico il 30% circa del capitale, secondo una formula che sarà comune ad altre società privatizzate, quali l’Eni e la Finmeccanica.
Nel 1999 viene costituita in seno all’Enel, su disposizione del potere politico, la società Terna, cui viene conferita la rete di trasmissione ad alta tensione; successivamente, tale società verrà quotata in borsa mentre l’operatore pubblico manterrà di nuovo circa il 30% del capitale nelle sue mani.
Sempre nel 1999 viene decretata la fine del monopolio Enel e la liberalizzazione del mercato elettrico. A tale scopo, tra l’altro, la società viene obbligata a cedere ai concorrenti una parte delle centrali di sua proprietà.
Nel 2007 l’impresa acquisisce il 92% del capitale di Endesa, la principale società elettrica spagnola. Si tratta del più importante atto di un processo di internazionalizzazione più vasto già intrapreso prima di tale data, processo che vede l’Enel diventare un protagonista del settore in numerosi paesi, europei e non. Da qualche anno la società si è anche inserita nel settore del gas naturale; essa è diventata oggi il secondo operatore del comparto in Italia dopo l’Eni, con una quota di mercato pari a circa il 10%.
Dati recenti
L’Enel è diventata una delle principali società del settore energetico a livello mondiale. Considerando i dati relativi al 2009, al primo posto si collocava la francese GDF Suez, con 84 miliardi di euro di fatturato, seguita dalla tedesca E.ON, con 82 miliardi, poi dall’altra francese EDF, con 66 e subito dopo da Enel con 64 (Nora, 2010).
La società italiana possiede la leadership di mercato, oltre che in Italia e in Spagna, anche in alcuni paesi dell’Europa dell’Est e dell’America Latina.
Su di un totale di 95,7 MG di capacità installata a livello mondiale, 40,6 sono collocati in Italia, 23,6 in Spagna, 17,1 nelle Americhe, 13,5 nell’Europa dell’Est. Per quanto riguarda le modalità di produzione dell’energia, 31 MG derivano da centrali idroelettriche, 26 da centrali a petrolio e gas, 12 da centrali con turbine a gas a ciclo combinato, 18 da unità a carbone, 5,3 da unità nucleari, mentre infine 3,3 MG provengono da fonti rinnovabili, compresa la geotermia.
La società occupava 81.200 persone a fine 2009, con un incremento di 5.200 unità rispetto all’anno precedente, incremento dovuto peraltro prevalentemente all’assorbimento di altre imprese nel perimetro del gruppo. Del totale degli occupati, circa 43.100 lavoravano all’estero e 38.100 in Italia, secondo un trend che vede la quota nazionale diminuire nel tempo in misura rilevante.
L’Enel, così come del resto la Terna, nata a suo tempo da una costola della società, presenta una redditività sostenuta. Nel 2006 gli utili netti erano di circa 3,0 miliardi di euro; essi erano saliti a circa 4,0 nel 2007, mentre nel 2008 essi sono stati pari a circa 5,3 miliardi e a 5,4 miliardi nel 2009; in quest’ultimo anno la società presenta il livello di profitti più elevato in assoluto tra tutte le società italiane, complice peraltro il forte calo di redditività nello stesso anno dell’Eni, in relazione alle difficoltà del settore petrolifero.
La diversificazione internazionale sembra aiutare in qualche modo tali margini di redditività. Ma i profitti sono da collegare, nel caso dell’Enel e anche della Terna, come delle altre principali società elettriche operanti nel nostro paese, non a presunte capacità manageriali dei gruppi dirigenti delle varie imprese, ma al fatto che nel settore vigono delle tariffe amministrate controllate dai governi, con i quali di solito ci si può intendere facilmente. L’apertura del mercato, che si è verificata in seguito alla liberalizzazione del settore, non ha modificato se non in misura modesta tale quadro.
Una visione meno rosea della situazione si ricava considerando invece gli aspetti finanziari della gestione. Il debito finanziario netto a livello di gruppo era pari a 12,3 miliardi di euro nel 2006 e a 11,7 miliardi nel 2006; nel 2007 esso era aumentato all’elevatissimo importo di 55,8 miliardi e al 30 giugno 2010 esso si collocava ancora intorno ai 53,9 miliardi di euro. La società italiana è una delle più indebitate di tutto il continente europeo. Il costo medio del debito si aggirava, tra il 2007 e il 2010, tra il 5% e il 5,5% annuo, generando, tra l’altro, oneri finanziari molto elevati. La ragione fondamentale di tale salto nel 2007 è da attribuire all’acquisizione, avvenuta nello stesso anno, della quota di controllo della spagnola Endesa, costata circa 40 miliardi di euro.
Va considerato, tra l’altro, a questo proposito, che la francese EDF, che nel 2009 presentava un fatturato complessivo leggermente superiore a quello di Enel -66 contro 64 miliardi di euro – , appare da tempo preoccupata per l’entità del proprio debito che, per la verità, è pari a meno della metà di quello della società italiana, collocandosi a fine 2009 intorno ai 25 miliardi di euro (Thomas, 2009), con un rapporto quindi tra debito e fatturato nello stesso anno pari al 37,8% per la società francese, contro il 79,5% dell’Enel.
La società ha come obiettivo dichiarato quello di riportare il livello dell’indebitamento a 39 miliardi nel 2014 – valore che rimarrebbe comunque molto alto-; questo risultato sarebbe ottenuto attraverso la generazione interna di flussi di cassa, una importante politica di dismissioni, tra cui la cessione sul mercato di una quota dell’Enel Green Power, nonché una rilevante riduzione degli investimenti e dei dividendi.
Ma tale programma è soggetto a molte incertezze, tra le quali un possibile abbassamento del rating da parte delle agenzie internazionali, che farebbe aumentare gli esborsi per interessi passivi, nonché un possibile andamento della redditività meno brillante delle previsioni. Va anche considerato che gli investimenti per il nucleare –se realmente portati avanti- potrebbero, in ogni caso, spingere di nuovo verso l’alto, dopo il 2014, il livello degli stessi debiti. Si stima –stima che potrebbe anche rilevarsi molto inferiore alla realtà-, che i programmi nucleari cui parteciperà l’Enel richiederebbero investimenti per circa 32 miliardi di euro, di cui 25 in Italia (Thomas, 2010).
L’Enel, la politica energetica italiana e i costi del nucleare
Nel febbraio del 2009, sulla base di una chiara scelta da parte del governo italiano per un ritorno al nucleare e in relazione anche ad accordi politici tra il nostro governo e quello francese, Enel e EDF hanno firmato un accordo che pone le basi per un nuovo sviluppo congiunto dell’energia nucleare nel nostro paese. Le due società si impegnano a varare almeno quattro centrali con tecnologia ERP. Secondo i programmi concordati la prima centrale dovrebbe entrare in esercizio nel 2020. E’ prevista una partecipazione di maggioranza dell’Enel nella proprietà e nell’esercizio degli impianti. L’accordo è aperto alla partecipazione di terzi. Sembrerebbe interessata alla partita, tra l’altro, la Edison.
Sulla base di un altro accordo con EDF, l’Enel parteciperà contemporaneamente, in posizione di minoranza, alla realizzazione in Francia di altri cinque reattori a tecnologia EPR.
A livello di imprese che dovrebbero collaborare alla costruzione delle centrali si parla di Ansaldo-gruppo Finmeccanica e Techint per la parte italiana e ovviamente per la parte francese di Areva, il leader mondiale dell’industria nucleare, operante nel settore della progettazione e costruzione di centrali nucleari e servizi collegati –si tratta anche della società titolare della tecnologia EPR.
Bisogna ora considerare che le centrali ad energia nucleare sono molto costose da costruire; si parla di 5 miliardi di euro per un impianto da 1600 MW, costo pari a circa 8 volte quello di una centrale a gas della stessa potenza (Greenpeace, 2009). Vanno poi ricordati gli enormi costi di decommissioning, anche essi se sono protratti molto in là nel tempo. Comunque il ritorno economico sugli investimenti è molto lento, anche se i costi di gestione durante la vita delle centrali sono ridotti.
Il reattore finlandese in costruzione da qualche anno sotto la guida di Areva e le cui tecnologie sono molto simili a quelle che dovrebbero essere utilizzate in Italia, ha più di tre anni di ritardo sui tempi programmati – i lavori dovevano essere terminati nel 2009, mentre invece si arriverà, come minimo, alla fine del 2012- , mentre il costo dell’investimento è nel frattempo lievitato dai 3,0 miliardi di euro iniziali ad almeno 5,5-6,0 miliardi e mentre sono emersi anche rilevanti problemi di sicurezza. Bisogna anche ricordare le passate esperienze dell’Enel nel settore in Italia, con impianti inaffidabili e con costi e tempi di realizzazione che hanno ecceduto di gran lunga le previsioni (Greenpeace, 2009).
Per molti, più in generale, l’elettricità derivata dal nucleare non è economica, oltre che fonte di rischi rilevanti. Secondo studi recenti (Silvestrini, 2010) essa è più costosa del carbone, del gas, del petrolio e dell’eolico. Molto dipende peraltro dai sussidi e da altre agevolazioni pubbliche; non si ha in effetti notizia di centrali atomiche costruite e gestite nel mondo senza un qualche importante apporto statale. Senza tale intervento è molto difficile che delle imprese si decidano di rischiare dei capitali in proprio.
In occasione del convegno annuale dello studio Ambrosetti a Cernobbio, nel settembre del 2010 i responsabili dell’Enel hanno affermato che con la costruzione delle centrali nucleari i prezzi dell’elettricità in Italia si sarebbero abbassati del 25-30%. Si tratta di cifre senza alcun fondamento (Silvestrini, 2010), che fanno parte di una campagna volta a dimostrare all’opinione pubblica che il nucleare è poco costoso e sicuro. In realtà, con la costruzione di tali centrali appare più probabile che i prezzi aumentino.
La costruzione degli impianti atomici in Italia, visti gli eventuali tempi lunghi di costruzione delle centrali, non potrebbe peraltro avere alcun ruolo nella corsa alla riduzione dei gas serra entro il 2020, riduzione in merito alla quale peraltro l’Italia non sembra stia facendo molto.
La politica energetica italiana, volta più in generale ad un ritorno al nucleare e al carbone, le due fonti più pericolose e sporche, nonché caratterizzata da una scarsa attenzione alle energie rinnovabili e ai programmi di aumento dell’efficienza energetica, rischia di relegare la penisola alla condizione di paese energeticamente sottosviluppato (Greenpeace, 2009). In effetti, oltre all’iniziativa sul nucleare, l’Enel sta anche portando avanti l’apertura di nuove centrali a carbone e la conversione a carbone di centrali già funzionanti da tempo con altre tecnologie. Va sottolineato che il tale combustibile è quello con le più alte emissioni di gas serra. Bisogna anche considerare che, in ogni caso, appare sostanzialmente impossibile che i tempi dichiarati ufficialmente per il programma nucleare vengano rispettati e ci sono anche delle speranze che tali progetti non verranno mai realizzati o che comunque essi saranno almeno ridimensionati.
Le presunte credenziali verdi dell’Enel
L’Enel ha costituito nel 2008 la “Enel Green Power”, mettendo insieme le sue attività nel settore delle energie rinnovabili. La nuova società sarà introdotta in Borsa nell’ottobre del 2010, con l’offerta al mercato di circa il 30% del suo capitale. L’operazione ha fruttato a consuntivo circa 2,6 miliardi di euro di denaro fresco per la capogruppo –abbastanza meno di quanto il gruppo dirigente dell’azienda sperava-, che con tale iniziativa cerca di accreditarsi contemporaneamente, almeno nelle intenzioni, come fortemente sensibile ai temi ecologici.
Ma gli scettici riguardo a tale operazione sono molti; essi sottolineano, tra l’altro, come in realtà l’amministratore delegato della società, Fulvio Conti, sia uno dei nemici più convinti delle tematiche ambientaliste, avendo tra l’altro dichiarato la sua contrarietà alle conclusioni del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sul tema, gruppo che valutava come molto probabilmente l’aumento delle temperature globali sia causato dalle emissioni umane (Dinmore, 2010). Un consulente del settore, A. Consoli, giudica Conti come un campione della vecchia scuola dell’energia, che combatte i movimenti verdi e porta avanti delle cattive politiche accompagnate da campagne pubblicitarie devianti (Dinmore, 2010). La società, ancora recentemente, ha inoltre manifestato la sua opposizione alle norme più restrittive progettate dai ministri dell’Unione Europea in tema di permessi alle emissioni di gas serra (Dinmore, Crooks, 2010). L’Enel è, tra l’altro, il più grande emettitore di tali gas del nostro paese e non sembra voler fare nulla per ridurli in maniera significativa.
Greenpeace ricorda peraltro come nella nuova entità avviata dall’Enel, escludendo gli impianti idroelettrici e geotermici presenti in Italia da moltissimi decenni, le altre energie rinnovabili pesino meno dell’1% della produzione di energia di Enel in Italia (Greenpeace, 2010).
D’altro canto, cedendo una parte delle azioni della società Enel Green Power, l’Enel rinuncia anche ad una parte degli utili; bisogna ricordare, a tale proposito, come quello delle energie rinnovabili sia il settore più redditivo presente all’interno del gruppo.
Per quanto riguarda l’azionista pubblico, va sottolineato che, ridimensionando l’Enel in maniera molto importante i dividendi per diminuire nei prossimi anni il livello dell’indebitamento, si riducono contemporaneamente le entrate dello stato italiano per circa 1,25 miliardi di euro all’anno, mentre i contribuenti hanno già versato 2,5 miliardi per l’aumento di capitale effettuato nel 2009 (Thomas, 2009). Questo significa che una parte consistente del peso finanziario del processo di internazionalizzazione della società verrà pagato da noi, come molto probabilmente ricadrà sui contribuenti una parte importante degli investimenti nelle centrali nucleari, se mai si faranno.

Testi citati nell’articolo
-Dinmore G., Crooks E., Enel sounds alarm over tight emission rules, www.ft.com, 17 marzo 2010
-Dinmore G., Enel’s green credentials challenged ahead of IPO, www.ft.com, 21 giugno 2010
-Nora P. (a cura di), A nous, le vaste monde, Le Nouvel Observateur, 19-25 agosto 2010
-Greenpeace, Stop carbone! Efficienza energetica adesso, Documenti e rapporti, Greenpeace Italia, Roma, 2009

-Silvestrini G., Disinformazione nucleare, www.qualenergia.it, 8 settembre 2010
-Thomas S., Enel. Prospettive e rischi degli investimenti in energia nucleare, rapporto per Greenpeace Italia, Documenti e rapporti, Greenpeace Italia, Roma, 2009
(Vincenzo Comito, sbilanciamoci.info)

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24 novembre 2010

Mozione IdV alla Regione Lazio: TVN funziona in deroga a leggi e prescrizioni, occorre riesaminare il progetto

Da Libero-news
"Qual e' il reale impatto ambientale dell'impianto di Torre Valdaliga Nord? Da quanto risulta vi sono infatti differenze sostanziali tra il progetto che ha ottenuto la concessione Via da parte del ministero, sentita la Regione Lazio, e l'opera cosi' come invece verra' di fatto costruita''. Lo dichiarano i consiglieri dell'Italia dei Valori alla Regione Lazio, Claudio Bucci e Giulia Rodano, in una nota congiunta relativa a una mozione che impegna la Giunta a intervenire presso il ministero affinche' il progetto, comprensivo delle varianti, venga sottoposto a nuovo iter autorizzativo.

''Tali differenze - continuano i consiglieri regionali Idv - sarebbero tali da modificare significativamente l'impatto ambientale del nuovo impianto per cui occorre sottoporre il progetto 'de facto' a nuovo iter autorizzativo, nell'interesse della salute di ambiente e cittadini. Speriamo che la Giunta regionale accolga la nostra denuncia e non rimanga come al solito sorda a queste richieste. Occorre trovare una reale soluzione a questa vicenda, dove da quanto emerge apparirebbe evidente che interessi economici di politicanti e affaristi vogliano tacere irregolarita' pericolosissime''.

''Da tempo i cittadini e i rappresentanti locali chiedono che il progetto di riconversione dell'impianto di Torre Valdaliga Nord venga rivisto'', concludono Bucci e Rodano."

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10 novembre 2010

Centrale a carbone TVN: nave carboniera rischia di provocare disastro

Comunicato Nocoke Alto Lazio
Domenica pomeriggio la nave "Garv Prem" diretta al molo di Tvn ha chiesto assistenza alla Capitaneria di Porto di Civitavecchia per il pericolo rappresentato dall’alta temperatura e dai livelli critici di saturazione di metano in due delle sette stive.

La notizia ha allarmato i cittadini i quali esprimono forte preoccupazione per l’eventualità di un’esplosione provocata dall’autocombustione del carbone trasportato nelle navi e di quello immagazzinato nei dome di TVN, uno dei tanti rischi di esplosione che gravano sulla zona circostante una centrale a carbone.

Poco tempo fa il Ministero dello Sviluppo Economico aveva ammonito la società elettrica in quanto deficitaria di alcuni dispositivi di sicurezza, tra cui la mancanza di un sistema sufficientemente sicuro di areazione del carbone in grado di scongiurare il rischio di autocombustione e una conseguente esplosione di dimensioni considerevoli.

L’ incidente di domenica scorsa ha confermato le paure dei cittadini, che non hanno mai abbassato la guardia sui pericoli del carbone.
Il pericolo di un’autocombustione è reale ed è stato ben descritto dai NOE, durante l’ispezione all’interno del cantiere di TVN, attraverso documenti dettagliati, gli stessi a cui si riferisce il ministero delle attività produttive nei confronti di ENEL.

Il silenzio dei sindaci, che non informano i cittadini dei pericoli che si corrono vivendo vicino ad una centrale a carbone, diventa ogni giorno più colpevole, soprattutto se si considera che la centrale di TVN si trova all’interno di un porto commerciale e crocieristico a pochi passi dalle abitazioni, adiacente alla linea ferroviaria dove ogni giorno transitano migliaia di persone e, soprattutto, vicino a 4 impianti A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE (vedi legge Seveso), che insieme potrebbero provocare un’ esplosione a catena.

Ribadiamo che TVN non ha ancora adempiuto a tutte le norme a cui è sottoposta una centrale a carbone di taglia così grande.
Il rumore assordante delle caldaie durante la combustione, il fumo nero, che esce soprattutto la notte in modo da non essere notato, il pericolo di un’esplosione di dimensioni enormi causata dall’autocombustione del carbone, sarebbero motivi più che sufficienti per fermare la centrale o, comunque, per verificarne il reale livello di sicurezza.

Lo scorso 8 Novembre l’Enel ha inaugurato a Roma la Settimana Internazionale sulla Sicurezza 2010. “La sicurezza è il nostro obiettivo più importante” - ha detto l’amministratore delegato e direttore generale di Enel, Fulvio Conti (!)
La categoria più a rischio è quella dei lavoratori che sono costretti a stare vicini ad un impianto così pericoloso, è soprattutto per loro che bisognerebbe fare chiarezza sui dubbi contenuti nel documento del Ministero dello Sviluppo Economico.

Prima che sia troppo tardi, i cittadini chiedono che si facciano i controlli necessari per garantire una maggiore tutela della salute e della sicurezza di un comprensorio addormentato dalle compensazioni, nei confronti di un impianto industriale quale una centrale a carbone che ricordiamo essere adiacente ad un’altra centrale elettrica di notevoli dimensione, quella di Tirreno Power a TVS e a pochi chilometri dalla centrale elettrica di Montalto di Castro, formando uno dei poli energetici più grandi d’Europa.

Movimento no coke Alto Lazio
nocoketarquinia@yahoo.it
noalcarbone@blogspot.com
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Aggiornamento: "Ancora problemi per la motonave Garv Prem", la temperatura sale ancora ben oltre i 50 gradi

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26 ottobre 2010

Enel criticata toglie la pubblicità da "Il Fatto Quotidiano"

A seguito di un articolo critico nei confronti di enel, la società reagisce così

Fonte: IlFatto Quotidiano
"Qualche critica su Green Power e l’Enel ci cancella la pubblicità

Il momento è delicato per Enel, su due fronti: il nucleare e le energie rinnovabili. Da un lato c’è lo stallo che dura dall’uscita di scena di Claudio Scajola, che da ministro dello Sviluppo era l’unico con il peso politico necessario a dare garanzie al gruppo energetico che sull’atomo sta puntando moltissimo. Dall’altro la quotazione del ramo energie rinnovabili, Enel Green Power, l’operazione più rilevante a Piazza Affari in questi anni di crisi. Un collocamento che può portare nelle casse dell’Enel 3 miliardi di euro, in cambio di un terzo delle azioni di Green Power.

Da un punto di vista di immagine, è difficile conciliare una poderosa campagna di lobbying a favore del nucleare con la necessità di presentarsi come azienda verde che chiede ai risparmiatori di scommettere su eolico e geotermico. Enel commissiona ricerche per dimostrare l’efficienza dell’atomo e la sua necessità per rispondere alla domanda energetica degli italiani, ma sostiene anche che il futuro (ambientale ed economico, almeno per gli azionisti) è nelle rinnovabili. Si capisce quindi perché i vertici della società controllata dal Tesoro siano molto sensibili al modo in cui la quotazione di Green Power viene presentata dai giornali. La maggior parte dei titoli (e degli articoli) dedicati all’evento sulla stampa – da lunedì scorso si possono comprare le azioni – sono entusiastici o anodini. Si contano a decine le interviste, tutte all’insegna di slogan come “Così prepariamo la via di fuga alternativa” o “Gnudi tenta il popolo dei Bot”, a suggerire che l’investimento azionario sia sicuro quanto quello nei titoli di Stato.

Per questo Enel non ha gradito l’articolo in cui il Fatto Quotidiano ha raccontato l’operazione. Per l’azienda si è trattato di una feroce stroncatura e quindi ha comunicato di non voler continuare a mettere la sua pubblicità sul giornale, visto che i giudizi sulle operazioni societarie erano così critici. In realtà, l’articolo pubblicato sul numero di domenica scorsa, a firma di Giorgio Meletti, si limitava a inserire la quotazione di Green Power nel contesto. Il Fatto ha ricordato che il grosso del business di Green Power è nei settori meno avanzati delle rinnovabili, l’idroelettrico e il geotermico, mentre Enel dice di voler puntare sull’eolico, che è dove al momento si concentrano gli incentivi pubblici (al centro di numerose inchieste giudiziarie, inclusa quella sulla P3). L’andamento futuro dell’azienda, quindi, non dipenderà solo dall’abilità dei manager, ma anche e soprattutto dalla disponibilità di incentivi pubblici. Altro dettaglio non gradito: mentre le azioni di Enel valgono 7 volte i profitti, quelle di Green Power vengono offerte con un multiplo di 15 rispetto all’utile netto. Una stima che denota fiducia, ma che può anche spingere alla diffidenza visti i precedenti. Da quando l’Enel è stata quotata in Borsa nel 1999, il suo valore si è dimezzato.

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