dopo anni di lotta ininterrotta, l’opposizione al progetto di riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord è ripresa con più forza su tutto il territorio dell’Alto Lazio.
Dal 29 marzo, giorno in cui è iniziato lo sciopero della fame a Tarquinia, le iniziative di lotta si sono estese a Civitavecchia, Viterbo, Ladispoli, Allumiere, in molti comuni della provincia di Roma e di Viterbo, fino ad interessare il comune di Roma.
Smentendo quanti contavano a lungo andare sulla rassegnazione, la partecipazione della popolazione è stata sempre più numerosa e combattiva.
Stiamo difendendo non solo la nostra salute ed il futuro del nostro territorio ma lottiamo nello stesso tempo per la salvezza del pianeta dai cambiamenti climatici causati dall’aumento della CO2, di cui il carbone è tra i maggiori responsabili. I danni causati dall’alterazione del clima sono già sotto gli occhi di tutti e pertanto o si cambia fin da ora il modo di produrre e consumare energia, negando la legittimità della riconversione a carbone e passando alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico, o sarà troppo tardi.
La parte più responsabile ed avveduta della politica sta prendendo atto della necessità di questa svolta, che richiede volontà e scelte coerenti per tutelare gli interessi più generali insieme a quelli delle comunità come la nostra, contrastando, se necessario, la prepotenza di chi non vede al di là del proprio profitto economico.
Il Ministero dell’Ambiente ha chiesto al Ministro delle Attività Produttive di riaprire la conferenza di servizi sulla conversione a carbone della centrale di Civitavecchia, riconoscendo la fondatezza e validità delle argomentazioni critiche al progetto. La stessa richiesta, siamo sicuri, sarà trasmessa dalla Ministra della Salute, che ha preso atto della grave condizione sanitaria delle popolazioni del comprensorio e costituito una commissione di esperti per valutare i rischi sanitari previsti col carbone.
Ci rivolgiamo pertanto a Lei affinché faccia giungere al Ministro Bersani analoga richiesta da parte della Regione Lazio.
Né gli atti programmatici della regione, né le dichiarazioni politiche contengono riferimenti all’utilizzo del carbone per produrre energia, poiché la sua amministrazione punta decisamente sullo sviluppo delle fonti energetiche alternative.
Con il carbone il territorio dell’Alto Lazio rimarrebbe asservito alla monocultura energetica del megapolo Civitavecchia- Montalto, l’impatto ambientale e sanitario aumenterebbe e si avrebbero pesanti ripercussioni negative sull’occupazione e le attività produttive di tutti gli altri settori quali l’agricoltura, la pesca, il turismo (si pensi solo ai siti etruschi di Tarquinia e Cerveteri patrimonio dell’umanità).
Siamo ancora in tempo per fermare il carbone. Dobbiamo farlo prima che sia troppo tardi per arrestare il meccanismo perverso che ci sta portando al disastro ambientale. Il movimento ne è consapevole e non si fermerà finché non avrà ottenuto ascolto. Occorre che anche la politica, le istituzioni e i poteri pubblici si mettano in sintonia con i cittadini e svolgano il compito che compete loro.
Con fiducia Le inviamo cordiali saluti
Movimento NO Coke Alto Lazio
Civitavecchia, 7/5/2007