La colza Ogm resistente ai diserbanti è evasa dai campi americani. Si è diffusa spontaneamente e la si trova comunemente a bordo strada. E due diverse varietà Ogm si sono incrociate fra loro: alla faccia di chi dice che le piante geneticamente modificate non sono in grado di riprodursi ed attecchire.
Non solo contaminazione degli ecosistemi , ma anche un gran brutto problema pratico per gli agricoltori. A questa colza il diserbo chimico non fa neanche il solletico: se si insedia in un campo sono guai seri.
Varietà create e commercializzate per moltiplicare la resa e il guadagno diventano l’esatto opposto: formidabili infestanti. La storia è su Nature e negli atti del convegno dell’Ecological Society of America conclusosi ieri. Circa il 90% della colza coltivata negli Stati Uniti è Ogm. A differenza di colture come il mais, troppo “addomesticato” per crescere e moltiplicarsi senza le cure prestate dell’uomo, la colza sa cavarsela benissimo da sola. I suoi fiori gialli si vedono anche qui in Italia negli incolti e lungo le strade.
Nei mesi scorsi, ricercatori dell’Università dell’Arkansas hanno viaggiato per 5400 chilometri sulle strade del Nord Dakota. Ogni 8 chilometri hanno prelevato un campione da una delle piante di colza presenti a bordo strada.
L’86% dei campioni è risultato Ogm: un risultato senza precedenti. Possedeva il gene inserito artificialmente dall’uomo che conferisce resistenza al diserbante a base di glifosate (detto anche glifosato). Oppure il gene, anch’esso artificialmente inserito, che dà resistenza ai diserbanti a base di glufosinate.
La Monsanto – la multinazionale biotech – sottolinea che, proprio perchè le piante Ogm sono state trovate lungo le strade, esse possono essere semplicemente nate da semi caduti accidentalmente dagli autocarri.
Tuttavia i ricercatori hanno trovato due piante possedevano entrambi i geni che conferiscono la resistenza agli erbicidi. Sono dunque frutto dell’incrocio fra una varietà resistente al glifosate e una resistente al glufosinate, e non nate da un seme caduto lì per caso.
I ricercatori notano che la colza è in grado di ibridarsi spontaneamente con 10 varietà spontanee o naturalizzate negli Stati Uniti. E di trasmettere loro la resistenza ai diserbanti.
I contadini americani già non riescono a sbarazzarsi delle comuni erbacce che hanno sviluppato resistenza ai diserbanti e che prosperano sui campi in cui crescono varietà Ogm di soia, cotone e mais resistenti al diserbo.
Prima o poi, presumibilmente, dovranno vedersela anche con la colza infestante Ogm. Un bel risultato per la tecno-agricoltura.
Su Nature la colza Ogm è evasa dai campi
Dagli atti del convegno dell’Ecological Society of America diffusione della colza Ogm al di fuori dei campi
Via Oca Sapiens e Green Blog
7 agosto 2010
Organismi Geneticamente Modificati per essere infestanti
Suini radioattivi e rapporti segreti
Due news sul nucleare che forse non hanno ricevuto l'attenzione che meritano
I cinghiali radioattivi e lo zoo nucleare
"Sta facendo molto discutere l'articolo di Der Spiegel sui cinghiali radioattivi che, un quarto di secolo dopo la tragedia nucleare di Chernobil, scorrazzano e si moltiplicano in Germania. Dal 2007 al 2009 sono quadruplicati fino a 425,000 euro gli indennizzi ai cacciatori per i cinghiali atomici con tassi di cesio nella carne che li rendono non solo immangiabili e invendibili, ma anche un rifiuto pericoloso da smaltire. Intanto la Germania..." Continua qui
Rapporto Roussely: la relazione top secret che boccia il nucleare francese
"Che periodaccio per il nucleare francese… Dopo le critiche provenienti dall’istituzionalissimo Le Figaro ai ritardi, e alla abnorme crescita dei costi, del cantiere della centrale di Flamanville ora i problemi vengono dal cosiddetto “rapporto Roussely”.
Si tratta di un rapporto, commissionato dal presidente francese Sarkozy all’ex numero uno di Edf, Francois Roussely, sulla filiera nucleare d’oltralpe. I risultati, consegnati l’undici maggio scorso e subito secretati dallo stato, dipingono una Francia nucleare tutt’altro che in salute..." Continua qui
Tragedia di Marcinelle: l'ipocrisia della commemorazione CISL
L'otto agosto di 54 anni fa 262 lavoratori perdono la vita in una miniera di carbone nei pressi di Charleroi, in Belgio. Per la maggior parte sono immigrati italiani.
Oggi la CISL commemora quelle vittime con un comunicato (leggi) che se messo in relazione con quella che è l'attuale azione politica del sindacato risulta pura ipocrisia. Infatti FLAEI/CISL (in buona compagnia di UILCEM e FILCTEM) non perde occasione per sostenere con una solerzia a dir poco sospetta, tutte le riconversioni a carbone o i progetti per nuovi impianti a carbone che vengono proposti in Italia.
Dallo stesso comunicato CISL: "...nella consapevolezza che questo dramma deve essere di monito per tutti, poiche' gli emigranti, come anche gli italiani all'estero, sono portatori di ricchezza, di valori culturali e di tradizioni. "
Chiediamo all'autore del comunicato: come mai dimentica le tante migliaia di lavoratori che muoiono ancora, ogni anno, nelle miniere di carbone, quello stesso che alimenta i "preziosi" impianti?
La risposta è tristemente scontata: sono vittime sacrificabili per il lucro dei potentati energetici; per le "morti bianche" nelle miniere di carbone attuali non c'è interesse o memoria, ricordarle striderebbe in modo evidente con l'azione del sindacato, piegato e asservito agli interessi dei padroni.
5 agosto 2010
WWF e IdV manifesteranno a Cerano contro il concerto pro-carbone
- "Concerto Enel: Italia dei Valori sostiene la protesta", leggi qui: Brundisium.net
- "Il WWF partecipa alla manifestazione del 7 agosto a Brindisi per chiedere l’immediata riduzione del 30% dell’utilizzo di carbone nella centrale di Cerano" - comunicato stampa del WWF, fonte
"Anche il WWF prenderà parte alla manifestazione organizzata il 7 agosto presso la centrale Enel Federico II a Brindisi, in assoluto una delle centrali più inquinanti d’Italia, in contemporanea con il concerto “correnti musicali” promosso dalla stessa ENEL a cui, tra l’altro, ha rinunciato il cantautore Simone Cristicchi proprio per le crescenti polemiche sull’attività della centrale, che è responsabile
annualmente dell’emissione di circa 15.000.000 di tonnellate di CO2.
Dei giganti inefficienti, tra cui primeggiano le centrali a carbone, la centrale Federico II assorbe da sola circa il 10% di tutte le quote di emissione disponibili per il settore termoelettrico ed è la capofila nella quantità di emissione di CO2 in Italia emettendo, nelle migliori delle condizioni, CO2 in misura più che doppia rispetto a quella di una centrale a ciclo combinato a gas di pari potenza, oltre ad essere tra le principali responsabili delle emissioni di mercurio, arsenico, polveri fini ed altri pericolosi inquinanti.
Il WWF ritiene che solo l’applicazione urgente della riduzione del 30% del carbone, come previsto nel Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) della Puglia, porterà ad un miglioramento delle condizioni ambientali e sanitarie.
Il WWF chiede, quindi, che gli operatori del settore termoelettrico siano spinti ad innovare le tecnologie offrendo soluzioni compatibili con l’emergenza clima. Ed è fondamentale che questo avvenga a costi ambientali noti e pienamente contabilizzabili, aspetti che non sembrano collimare con il presupposto programma di “sequestro della CO2”, tanto più che il sequestro della CO2 non risponde alle esigenze immediate di riduzione delle emissioni, trattandosi di opzioni ancora puramente sperimentali che diverranno forse operative tra alcuni decenni.
Manifestazioni quali “correnti musicali”, attraverso le quali forse l’ENEL vorrebbe acquietare le coscienze della popolazione locale, non possono far dimenticare le promesse ripetute da oltre 20 anni e ad oggi sostanzialmente inattuate, come la dismissione della vecchia centrale a carbone da 640 MW che l’Enel stessa ha ceduto all’Edipower, la copertura dei carbonili (depositi di carbone), l’utilizzo del calore prodotto dall’impianto, e la garanzia della cessazione della dispersione delle polveri lungo il nastro trasportatore oltre all’adozione di adeguate misure d’investimento per la riduzione (seria) degli inquinanti.
Il WWF quindi auspica che le amministrazioni locali trovino un’adeguata intesa finalizzata alla sottoscrizione delle nuove convenzioni con le società energetiche senza svendere il territorio alle vecchie logiche del passato dove, da sempre, i grandi gruppi industriali frappongono il diritto alla salute e alla tutela ambientale al mantenimento dei livelli occupazionali nel più classico dei ricatti.
Pesce al mercurio: valori 10 volte sopra il limite a Civitavecchia
Fonte: ANSA
"Allarme sogliole tossiche nel Santuario dei Cetacei: a lanciarlo oggi un nuovo rapporto di Greenpeace. Metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e bisfenolo A, in certi casi oltre il limite consentito dalla legge: questi gli inquinanti trovati nei pesci. In particolare - si legge nel rapporto dal titolo ''Sogliole tossiche nel Santuario dei Cetacei: non ingerire!'' che l'ANSA e' in grado di anticipare - le analisi, commissionate da Greenpeace al Dipartimento di Scienze Ambientali dell' Universita' di Siena, sono state effettuate su 31 esemplari prelevati in 5 aree al largo di Civitavecchia, Viareggio, Livorno, Lerici (La Spezia) e Genova.
Fra i risultati piu' preoccupanti c'e' il dato sul mercurio trovato oltre il limite di legge nel 25% dei campioni (7 esemplari su 31). La concentrazione piu' alta di mercurio - riferisce Greenpeace - e' stata registrata in un campione pescato al largo di Civitavecchia: 10 volte il massimo consentito dalla legge.
A Viareggio, in una delle sogliole la concentrazione di mercurio supera del doppio il limite massimo per il consumo umano, mentre in altri due esemplari e' il livello di piombo a sforare i limiti consentiti (7% dei campioni). In un campione pescato a Lerici, la concentrazione di benzo(a)pirene (un idrocarburo policiclico aromatico accertato cancerogeno per l'uomo) supera del doppio il limite di legge. A Genova e' vicino ai limiti. ''Alcune sostanze, come piombo e mercurio, possono interferire - spiega Vittoria Polidori responsabile delle campagna inquinamento di Greenpeace - con il normale sviluppo del cervello dei bambini e arrecare danni al sistema renale, oppure essere addirittura cancerogene''. Le sogliole, spiega quindi Greenpeace ''sono ottimi bioindicatori perche' conducono una vita stanziale a contatto con i sedimenti e sono fra le prime specie di pesce consigliate in fase di svezzamento dei bambini''.
Lazio estate 2010: mare fognato, scarico non depurato
Riportiamo da Civonline un articolo sul rapporto di Legambiente nel Lazio. E su Civitavecchia, che notizie? Nessuno lo sa...
“All'inizio dell’estate il litorale del Lazio, sia a Nord che a Sud, è stato preda di un nauseabondo “blob” che ha reso impossibili i tuffi in un mare costellato anche da rifiuti galleggianti. C'è chi ha ipotizzato che la fonte dell'inquinamento potessero essere le grandi navi che scaricano al largo o qualche problema a un depuratore, ma un fenomeno così duraturo e massivo non può che avere cause strutturali. Così i tecnici della Goletta Verde hanno mirato i loro campionamenti puntuali alla ricerca dell'origine di questa “ondata marrone” e i risultati delle analisi microbiologiche non sembrano lasciare dubbi: fossi e torrenti sversano direttamente in mare un cocktail micidiale, creando una melassa melmosa e stagnante dove proliferano infestanti alghe filamentose. Ben undici punti sulle foci dei piccoli corsi d'acqua della nostra regione sono risultati “fortemente inquinati” e altri tre “inquinati”; e ciò nonostante i criteri più permissivi della nuova legge sulla balneazione in vigore da quest'anno. Ma altri due elementi fanno capire la gravità della situazione: la temperatura allo sbocco dei fossi è stata misurata sino a picchi di oltre 34 gradi centigradi, come dire che in mare arriva una “brodaglia bollente”, viscosa e torbida. In diversi casi, questo il secondo elemento, la trasparenza non supera i 10 centimetri”. È questo, in sintesi, il bilancio della fotografia che i biologi della Goletta Verde hanno scattato lungo le coste del Lazio nelle giornate del 21 e 22 luglio scorsi, presentato a Roma a conclusione del passaggio nella nostra regione della storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, realizzata anche grazie al contributo di Consorzio Ecogas e Novamont. Le criticità sono state illustrate da: Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente; Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio e Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio. “Situazioni allarmanti alle foci, con grave rischio di inquinamento microbiologico anche per le zone limitrofe:in provincia di Roma allo sbocco del Fosso Cavallo morto ad Anzio, del Fosso d'Incastro ad Ardea, del Fosso Zambra a Cerveteri e del canale sul lungomare Pyrgi a Santa Severa (Comune di Santa Marinella), insieme alle foci del Tevere a Fiumicino e del Rio Torto a Pomezia. Inquinati anche gli sbocchi di Astura a Nettuno e Rio Vaccino a Ladispoli. In provincia di Viterbo sono risultate “fortemente inquinate” due zone che si trovano entrambe nel Comune di Tarquinia, ovvero la foce del fiume Marta e quella del torrente in località Saline. Inquinata la foce del fiume Fiora a Montalto di Castro. In vetta alla classifica dell’inquinamento da Enterococchi intestinali ed Escherichia Coli si sono piazzati i prelievi effettuati alle foci del Rio Santa Croce in località Gianola a Formia, e del Fosso d’Incastro in località La Fossa ad Ardea, e quelli effettuati sul canale in località Sant’Agostino a Gaeta e sul canale presso il Lungomare Pyrgi di Santa Severa. Tutti e quattro questi punti, infatti, hanno fatto registrare un livello così alto di inquinamento microbiologico che non è stato possibile quantificare le colonie di microrganismi presenti per millilitro d’acqua. A seguire i risultati peggiori sono stati registrati ad Anzio, Saline di Tarquinia, Fiumicino e Pomezia. “Dopo oltre un mese di viaggio tra l'Adriatico e il Tirreno, le analisi di Goletta Verde confermano dunque che in molte regioni c'è un quadro allarmante per lo stato di qualità dei fiumi e dei corsi d’acqua minori, a dimostrazione di come i problemi di salubrità del mare inizino in realtà da terra e non possano essere considerati esclusiva competenza dei sindaci della costa – afferma Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente - I criteri più permissivi della nuova normativa sulla balneazione, appena entrata in vigore, fanno diventare in molti casi il mare ‘’pulito per decreto’’, mentre i cittadini si ritrovano a fare il bagno in mezzo ai liquami. Serve più attenzione, in Italia non si può rallentare il processo di risanamento di fiumi e mari, c'è una procedura d’infrazione in corso sulla depurazione delle acque reflue, mentre il 30% degli italiani, pari a 18 milioni di nostri connazionali, è ancora sprovvisto di impianti di depurazione”. Una sottolineatura, come detto, meritano le temperature dell'acqua rilevate dai tecnici della Goletta Verde, con un punto alla Foce del Rio Vaccino a Ladispoli (Rm) che addirittura arriva a ben 34,1°C e altri 9 casi in cui le temperature sono comunque costantemente sopra i 25°C, superando addirittura i valori della torrida estate del 2003 quando il picco massimo venne registrato a Fregene con 30,5°C. Una evoluzione da tenere estremamente sotto controllo, insieme alle concentrazioni dell’ossigeno disciolto, per il possibile incremento di proliferazioni algali. Colpiscono inoltre le rilevazioni visive relative alla trasparenza, con più punti di campionamento che non superano i 10 centimetri di visibilità e comunque con un “massimo” di 50/70 centimetri.“Acqua calda, melmosa ma balneabile come è stata all'inizio di luglio in alcune località del litorale del Lazio, è questo il rischio di assurde normative permissive che, invece di garantire i cittadini e le imprese balneari, aprono problemi enormi –commenta Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio- In alcune delle zone poi risultate a rischio, fa riflettere l’aver trovato anche consistenti frequentazioni di bagnanti. D'altronde con grandi e piccoli scoli che portano direttamente i liquami in mare, dal litorale laziale si comprende bene che la priorità fondamentale per la salute del nostro mare è la depurazione, visto anche che nel Lazio c’è ancora un milione e mezzo di cittadini, pari al 26% del totale, che non ha un servizio di trattamento dei reflui fognari, mentre il 15% non è nemmeno allacciato alla rete fognaria. Un altro mare è possibile ma il tempo stringe, per centrare l'obiettivo di buona qualità delle acque fissato entro il 2015, bisogna investire presto e bene i 750 milioni di euro destinati dalla Regione Lazio alla depurazione”. “Quella dell’inquinamento è solo una delle criticità con cui fa i conti il mare del Lazio –ricorda Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio- Le tappe percorse dalla Goletta Verde hanno delineato infatti un filo rosso di denuncia: dai nuovi faraonici porti del Lazio, tanto inutili quanto speculativi, che accentuano l’erosione innescando ripascimenti a peso d’oro, agli assalti dell'illegalità al Parco nazionale del Circeo, dove vanno difesi con forza segnali positivi come la liberazione del Lago di Paola da undici pontili abusivi con centinaia di imbarcazioni. Con una catena umana di centinaia di persone abbiamo stigmatizzato l'impatto letale che avrebbe sul turismo la folle scelta nucleare, a Montalto di Castro piuttosto che a Borgo Sabotino o sul Garigliano, mentre allo stesso tempo va abbattuto il ‘lungomuro’ degli stabilimenti balneari sul Lido di Ostia, fatto di cancelli, palizzate e tornelli per monetizzare e impedire illegittimamente il libero accesso al mare. Tra appetiti criminali e progetti sbagliati si delinea un’alleanza distruttiva, insomma, contro la quale va riaffermata la valenza di un mare bene comune, da difendere ogni giorno respingendo le ondate della sopraffazione e dell’illegalità”.Proprio a casi di cementificazione della costa sono legate tre delle quattro Bandiere Nere destinate ai nemici del mare che sono state assegnate dalla Goletta Verde nel Lazio. Hanno conquistato il poco ambito vessillo: il “Porto della Concordia” di Fiumicino, mega progetto che prevede 130 mila metri cubi di banchine e attrezzature connesse sulla foce del Tevere, zona ad altissimo rischio idrogeologico; la lottizzazione abusiva “Il villaggio del Parco” a Bella Farnia di Sabaudia (Lt), dove un fondo agricolo di 12 mila metri quadrati è stato trasformato in centinaia di villini residenziali; infine il “lungomuro” degli stabilimenti di Ostia, che hanno nascosto il mare con grandi muraglie e pretendono canoni irrisorsi e un “dazio” per far accedere i cittadini alla spiaggia. La quarta Bandiera Nera è stata assegnata per il grave inquinamento della foce del Rio Santa Croce nel Comune di Formia (Lt) che da anni versa in una pessima condizione dal punto di vista della depurazione e del degrado. Una situazione più volte denunciata dalla Goletta Verde e certificata anche dai dati ARPA Lazio, ma mai affrontata fino in fondo, tollerando una vera e propria fogna a cielo aperto nell'area di Gianola, uno dei luoghi più belli di Formia.A conferma che le brutte notizie per le coste di questa regione non arrivano solo dall’inquinamento microbiologico, ma anche dal cemento abusivo vista mare e dagli illeciti perpetrati contro mare e litorali, ci sono i dati del dossier Mare Monstrum 2010 di Legambiente: con 636 reati accertati su mare e demanio marittimo, ovvero con 1,8 illeciti per chilometro di costa, il Lazio si è piazzato al sesto posto nella classifica nazionale del “mare illegale”. Considerando solo gli abusi edilizi su demanio marittimo, gli illeciti accertati lo scorso anno nel Lazio sono stati 275. Legambiente con la Goletta Verde ha voluto anche rilanciare esperienze e conoscenze esistenti da valorizzare: è il caso delle meravigliose e dimenticate grotte del Circeo, uno dei principali poli di interesse speleomarino e paleoantropologico d’Italia, che versa in una condizione scandalosa di abbandono e degrado, un'occasione anche per creare nuove opportunità lavorative con percorsi di cura del territorio. Per guadagnare un po’ di ottimismo basta volgere le sguardo verso le 12 località del Lazio che sono state premiate dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club Italiano, che segnala le 364 località costiere che stanno puntando su qualità e sostenibilità per coniugare l’offerta turistica al rispetto dell’ambiente.In vetta alla classifica regionale ci sono Montalto di Castro (Vt) e Ventotene (Lt), entrambe con quattro vele. Seguono con tre vele Sperlonga (Lt) e con due Sabaudia (Lt), Tarquinia (Vt), San Felice Circeo (Lt), Nettuno (Rm), Ostia (Rm), Santa Marinella (Rm), Gaeta (Lt) e Ponza (Lt). Una vela, infine, per Anzio (Rm). Buone notizie dal Lazio anche sul fronte del turismo sostenibile. Nella Guida Blu di Legambiente e Touring Club sono infatti presenti anche le strutture ricettive e turistiche aderenti all’etichetta ecologica (ecolabel) di Legambiente Turismo. Nel Lazio sono presenti 7 strutture ricettive e turistiche con quasi mille posti tra alberghi, Bed&Breakfast e stabilimenti balneari tra Gaeta e Roma. Si tratta di aziende di varie tipologie e classificazione che hanno concordato con Legambiente Turismo -che ne controlla anche l’effettiva attuazione- misure semplici ma efficaci tese a migliorare la propria gestione ambientale e il comfort, riducendo i consumi critici, sensibilizzando i propri ospiti, contenendo l’impatto delle attività sull'ambiente e promuovendo il territorio circostante. Molto significativa la scelta di queste aziende di partecipare ad una rete turistica di qualità -la più importante e ramificata in Italia- che conta ad oggi 426 imprese con oltre 63.000 posti in 16 regioni italiane e applica i Common Basic Standard di VISIT EUROPA, una organizzazione che raggruppa le varie etichette ecologiche europee del turismo. Informazioni dettagliate e indirizzi delle strutture sono sul sito web www.legambienteturismo.it.
I Verdi di Finale ligure per il no all'ampliamento del carbone
Fonte:IVG.it
“I Verdi Finalesi rispondono positivamente all’appello del Comitato Noli-Spotorno per un’azione comune contro l’ampliamento della centrale a carbone di Vado Ligure”. A comunicarlo è il portavoce finalese del partito, Gabriello Castellazzi, che ricorda: “Già l’intero Consiglio Comunale di Finale Ligure si era espresso contro tale impianto, mettendo in evidenza come l’inquinamento renda precaria la salute anche degli abitanti del Finalese”.
“Se malauguratamente si dovessero diffondere notizie di allarme per inquinamento dell’aria in una città che punta tutto sulla bellezza dell’ambiente e la qualità della vita, sarebbe una catastrofe non solo per l’economia turistica ma per tutti i Finalesi. Rivolgiamo quindi un appello affinchè si esprima nuovamente con forza la volontà delle componenti politiche, di destra e di sinistra, che approvarono la prima delibera contro la centrale. Non può essere accettato questo prolungato silenzio dopo le ultime prese di posizione a favore del nefasto progetto” conclude Castellazzi.
4 agosto 2010
Due incidenti mortali nelle miniere di carbone cinesi
L'incidente è avvenuto stamattina intorno alle 09:30 nella provincia sud occidentale del Guizhou, nei pressi della città di Guiyang.
Stamattina era stato annunciato un incidente simile in un'altra miniera di carbone, con nove vittime e sette dispersi, mentre 24 minatori sono ancora intrappolati a causa delle inondazioni da sabato in fondo alla miniera la miniera Hengxinyuan a Jixi, città della provincia dell'Heilongjiang.
AGGIORNAMENTO: tutti morti i 16 minatori
(ANSA) - SHANGHAI, 3 AGO - Nove persone sono morte e 7 sono ancora intrappolate in una miniera nella regione centrale cinese dell'Henan a causa di una fuga di gas. Ieri sera dopo la mezzanotte 127 minatori erano a lavorare nella miniera di carbone Sanyuandong a Baiping, nella citta' di Defeng, quando c'e' stata una fuga di gas. Tra i minatori, 111 sono riusciti a mettersi in salvo uscendo dalla miniera. Per nove non c'e' stato nulla da fare, mentre i soccorritori cercano di portare in salvo 7 ancora intrappolati.
Rossano calabro, il carbone minaccia il settore agricolo
Comunicato nocarbonerossano.org
"IL SOSPETTOSO SILENZIO DELLE CONFEDERAZIONI AGRICOLE CALABRESI SUL PROGETTO DI RICONVERSIONE A CARBONE DELLA CENTRALE ENEL DI ROSSANO: CHI DIFENDERA’ LA NOSTRA AGRICOLTURA DI ECCELLENZA DAL CARBONE?
Mentre ormai l’Italia si accinge a “chiudere per ferie” con il solleone d’agosto, sul tema della riconversione a carbone della centrale termoelettrica ENEL di Rossano non ci può permettere di andare in vacanza buttandosi tutto alle spalle: la Conferenza dei Servizi ha ormai aperto i battenti e si attende da parte del Ministero per l’Ambiente il pronunciamento circa la Valutazione d’Impatto Ambientale, tassello importantissimo per decidere sul futuro dell’impianto rossanese. Come se non bastasse, da sempre in Italia è proprio col favore della disattenzione dovuta alla “febbre delle vacanze” che spesso sono stati confezionati provvedimenti legislativi poi fortemente criticati e a volte addirittura rispediti al mittente.
In questo quadro continua l’attività di sensibilizzazione del CODIS³ (COMITATO PER LA DIFESA E LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLA SIBARITIDE) per allargare il fronte del NO al carbone, fronte sul quale è mancato, finora, un pronunciamento deciso e ufficiale da parte delle confederazioni agricole calabresi. In data 21 luglio scorso il nostro Comitato ha recapitato ai Presidenti regionali di CONFAGRICOLTURA CALABRIA (Dottor Nicola Cilento), COLDIRETTI CALABRIA (Dottor Pietro Santo Molinaro), CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI DELLA CALABRIA C.I.A. (Dottor Giuseppe Mangone), UNIONE COLTIVATORI ITALIANI U.C.I. CALABRIA (Dottor Salvatore Saccà) e CONFEDERAZIONE PRODUTTORI AGRICOLI CO.P.AGRI. CALABRIA (Dottor Carmelo Vazzana) una lunga missiva nella quale si denunciava la loro totale astensione dal dibattito sulla riconversione a carbone della centrale ENEL di Rossano. Mentre moltissimi operatori economici, liberi cittadini e tutte le istituzioni pubbliche del territorio si sono ormai mobilitati per esprimere il loro dissenso su un progetto che porterebbe gravissimi danni all’equilibrio economico e sociale della Piana di Sibari, sconvolgendone, per sempre, l’economia basata principalmente sull’agricoltura, sulla pesca e sul turismo ed arrecando altresì serie minacce alla salute dell’intera cittadinanza, nessuna delle confederazioni agricole suddette ha finora apertamente denunciato i pericoli insiti in un simile progetto. Meraviglia non poco che, ad oggi, le grandi organizzazioni agricole non abbiano messo al servizio della causa della difesa del tessuto agricolo del comprensorio della Sibaritide minacciato dall’arrivo del carbone, la loro riconosciuta forza organizzativa, morale e politica. In particolare è venuta meno la consapevolezza che la battaglia che si sta conducendo è per la difesa dello sviluppo del comparto agro alimentare e per assicurare un futuro alla legge regionale istitutiva del relativo Distretto Agroalimentare di Qualità di Sibari.
In modo particolare nella missiva ai Presidenti delle Confederazioni agricole calabresi abbiamo rilevato come non sia stata intrapresa alcuna azione informativa nei confronti delle migliaia di associati per metterli al corrente dei rischi derivanti dalla realizzazione di quel progetto. Oltre a questo, stupisce come non siano apparse sui media le doverose prese di posizioni sul tema della riconversione a carbone, se non con sporadici interventi e soprattutto ci si è chiesti come mai non si sia minimamente reagito contro le posizioni di quanti hanno dileggiato il ruolo dell’agricoltura nella Piana asserendo, tra l’altro, che i dipendenti agricoli sarebbero tutti sotto pagati e brutalmente sfruttati. Dura critica è stata espressa ai vertici delle Confederazioni agricole calabresi per il loro
silenzio circa gli effetti delle polveri ultrafini che ricadono al suolo e che nessun filtro ad oggi conosciuto, è in grado di trattenere; ma anche perché nessuna di queste confederazioni si è finora preoccupata di raccogliere tesi e pareri dal mondo agricolo nei luoghi d’Italia in cui vi sono già centrali elettriche a carbone (Vado Ligure, Cerano a Brindisi – Civitavecchia, ecc.) e dove, - lo sappiamo – non sono più commerciabili, verso la grande distribuzione, i prodotti agricoli coltivati nelle aree limitrofe, o anche solo vicine alle centrali stesse. Ciò è a conoscenza di tutti coloro che in quei luoghi ci sono andati e a quegli operatori agricoli e grossisti di prodotti agricoli si sono rivolti raccogliendone le preziose testimonianze. Proprio lì è andato anche il nostro Comitato, chiedendo lumi sulle ordinanze emesse da alcuni sindaci sul divieto della coltivazione di prodotti agricoli ad uso alimentare nelle zone vicine alle centrali a carbone.
Infine, il nostro Comitato ha espresso tutta la propria preoccupazione ai Presidenti delle Confederazioni agricole calabresi in merito il convegno promosso dalla Camera di Commercio in collaborazione con varie altre Organizzazioni che è in corso di organizzazione per il mese di settembre prossimo, incentrato proprio sul tema del carbone per la produzione elettrica e che la stessa ENEL pare aver sollecitato. Un convegno su questo tema può anche costituire una buona idea, purché il dibattito resti nell’ambito delle politiche economiche strategiche della Regione e del comparto della Sibaritide, già delineate negli strumenti di programmazione esistenti e che si possa giungere ad una sintesi circa l’incompatibilità del Progetto Enel di riconversione a carbone della Centrale di Rossano, con le scelte territoriali. Per quanto concerne invece l’impatto ambientale e socio sanitario, le molteplici pubblicazioni di carattere epidemiologico e più in generale ambientale ormai assai note sul tema e tutte negative, sono bastevoli a rimarcare la pericolosità dell’uso di questo combustibile fossile, senza che queste tesi debbano essere nuovamente ribadite in un convegno.
Questa nota stampa è per ricordare non soltanto alle Confederazioni Agricole e ai loro Presidenti, che siamo tuttora in attesa di una risposta alla nostra lettera che consegnamo unitamente a questo comunicato ai media, con l’obiettivo di conoscere direttamente con quali modalità e mezzi vorranno procedere ad assumere una posizione ufficiale in merito dalla pericolosità del carbone come combustibile per la produzione energetica, ma anche per sollecitare una presa di posizione da attuarsi senza indugi, nonostante l’imminente “chiusura per ferie” del nostro paese, perché ENEL – è inutile dirlo - non manderà i propri interessi in vacanza.
Per maggiori informazioni contattate CO.DI.S ³ :
Luigi Pisani - Vice Presidente CO.DI.S³ cel. 3474740892
Ing. Pierluigi Colletti – Segretario CO.DI.S³ cel 340 3763362
info@nocarbonerossano.org
3 agosto 2010
Nuova marina di Civitavecchia, come funzionano gli appalti
Qualche notizia sul modus operandi della CRICCA MOSCHERINI
"All’indomani dell’inaugurazione della piazza degli Eventi e dopo una prima denuncia, qualche mese fa, per gli appalti alla Marina, l’esponente del Pd Marietta Tidei torna alla carica chiedendo chiarezza all’amministrazione comunale sugli aspetti procedurali relativi alla realizzazione delle opere pubbliche. “Dando una semplice occhiata ai documenti, quei pochi che questa Amministrazione rende pubblici, alla faccia della trasparenza, ci si rende immediatamente conto di quante anomalie ci siano nelle procedure per l’assegnazione dei lavori e delle progettazioni. La tattica – ha spiegato - è più o meno sempre la stessa: si contattano i soliti costruttori e progettisti ed insieme si decide come dividere le competenze. La regola numero uno è modulare il quadro economico in modo da mantenersi sempre almeno un euro sotto soglia. Alla gara chiaramente vengono invitati più o meno sempre gli stessi in barba al Codice dei Contratti del 2006. Ecco perchè chi non vince da una parte deve solo pazientare per essere accontentato dall'altra”. Tidei ha poi riportato i dati di un recente resoconto dell'Autorità per la Vigilanza dei Lavori Pubblici al Parlamento dove si legge:"Al pari di quanto accade per i contratti di lavori, il criterio del massimo ribasso se confrontato con quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, fa emergere sconti medi più alti. In generale, sia per i contratti di forniture sia per quelli di servizi (progettazione) il ribasso medio di aggiudicazione è del 16,4%. Per i servizi è nelle regioni del centro Italia e delle isole che si registrano i ribassi più alti, intorno al 18%”. Secondo lo stesso esponente del Pd, ad esempio, la progettazione dell’arredo della trincea ferroviaria sarebbe stata assegnata con un ribasso ben oltre al di sotto della media nazionale, così come quella del nuovo mercato. “Facendo un calcolo dei soldi spesi o comunque stanziati finora per la progettazione, siamo arrivati a contare 1.643.545 euro di cui quasi un terzo assegnato allo stesso gruppo di progettisti che appaiono in quasi tutte le gare, in barba a qualsiasi regolamento. Stesso discorso andrebbe fatto per le imprese – ha aggiunto - tra i 12.133.040 euro contati per appalti di lavori si registrano gare o assegnazioni dirette rivolte per buona parte alle stesse ditte. Anche qui i ribassi prospettati dal rapporto dell’Authority sono una chimera. In alcuni casi si ricorre ad un altro dei trucchetti di questa Amministrazione: la cosiddetta polverizzazione dei lavori: frammentare un’opera di una certa entità in lavori più piccoli. Questo consente di procedere a più gare e far uscire soldi più facilmente rispetto alle grandi gare che dovrebbero avere invece evidenza comunitaria. Insomma frammentare e cercare di portare il più possibile le gare verso una procedura negoziata che faciliti l'assegnazione ai soliti noti. Qualcuno dovrebbe spiegare alla città se trasparenza e rotazione sono ancora principi ai quali questa Amministrazione ispira la propria azione”.
Fonte: Civonline.it