Da Civonline.it "Roberta Galletta e Simona Ricotti lanciano l'alarme: ''Sulla Frasca incombe il pericolo cementificazione"
L’area de “La Frasca”, che comprende il litorale situato a Nord di Civitavecchia, rappresenta un eccezionale concentrato di aree di pregio naturalistico, paesaggistico e archeologico e, per la sua estensione è stata inserita nel progetto Oloferne del WWF, che tra il 1995 ed 1996 ha censito i tratti di costa di sviluppo di almeno 3 km liberi da opere umane.
La pineta, ultimo vero polmone verde della città, attualmente di proprietà dell´Arsial, rappresenta, un´importante e documentata zona di rispetto di biodiversità, tanto da essere inserita, nel Piano Territoriale Paesistico (PTP), fra le aree boscate “Beni A5 – Boschi di tutela integrale” e sottoposta, relativamente all’entroterra e alla fascia costiera, a vincolo di inedificabilità ai sensi della L. 431/85; il tratto marino prospiciente alla Frasca è inserito, invece, nei Siti d’Interesse Comunitario (SIC IT6000005 - "Fondali tra Punta Sant'Agostino e Punta della Mattonaia). "Per questi ed altri mie motivi ci battiamo per la salvaguardia di questo polmone verde che tra l'altro dal punto di vista archeologico ha una notevolissima rilevanza, tanto che è qualificato nel PTP, come “zona archeologica a tutela orientata” e sulla quale la Sovrintendenza Archeologica all’Etruria Meridionale ha provveduto all’apposizione di ben due vincoli archeologici - sia per il settore a terra che per quello a mare - nel dicembre 2008 e nel aprile 2009 - spiegano in una nota Roberta Galletta (Presidente Italia Nostra Onlus Sezione Asfodelo Gruppo Civitavecchia) e Simona Ricotti (Responsabile Forum Ambientalista Civitavecchia) - la riqualificazione della Frasca, area da preservare “da interventi incoerenti con la valorizzazione delle risorse ambientali e la tutela dell’ecosistema” per la quale ”viene fatto obbligo, … di … opportuni interventi silvo colturali”, è opera prevista nelle prescrizioni dei decreti Via 6923/2002 e 2935/97 relativi al piano regolatore portuale. Soggetto competente alla presentazione, e successivamente all’attuazione, è l’Autorità Portuale che a tal fine ha presentato un progetto di reale riqualificazione ambientale teso, appunto, alla valorizzazione delle specie arboree ed arbustive e delle presenze archeologiche del sito e che ben risponde alle prescrizioni che stabiliscono che “dovrà essere evitata l’eccessiva infrastrutturazione“ anche “in riferimento alla localizzazione dei previsti interventi di supporto alla balneazione (aree di sosta, nuclei di servizio, piattaforme e pontili)” e che ben si coniuga con la richiesta di Istituzione del Monumento Naturale presentata dalle associazioni ambientaliste e sottoscritta da migliaia di civitavecchiesi".Galletta e Ricotti poi hanno anche spiegato che "La provincia di Roma nell’ambito dell’approvazione del Piano Territoriale Provinciale Generale (PTPG) ha inserito la Frasca “nell’elenco delle aree protette“ in quanto “area, meritevole di tutela per la quale è in corso la procedura d’istituzione. La Frasca, che è stata votata dai civitavecchiesi quale “Luogo del cuore” nell’ambito della campagna del Fondo per l’Ambiente Italiano (FAI), è un bene comune della collettività civitavecchiese che va difeso dalle mire di chi vorrebbe trasformarlo in "altra cosa" facendo pressione affinché si realizzi, in tempi brevi, un reale progetto di valorizzazione". Le due esponenti hanno poi lanciato l'allarme sul pericolo cementificazione: "Da circa un mese l’Amministrazione Comunale sta dando ampio risalto al progetto “Emergenza estiva Pineta la Frasca” affermando che questo “restyling” è finalizzato a riqualificare l’area ed a renderla maggiormente fruibile ai cittadini scrivono ancora la Galletta e la Ricotti - in realtà si ha la netta sensazione che il “restyling” nasconda come unico intento quello di allontanare i cittadini, che da anni volontariamente puliscono, tutelano e vivono la Frasca, con vincoli e divieti per far sì che al momento opportuno nessuno si opponga alle reali mire che incidono sull’area. In realtà per il Sindaco Moscherini riqualificare la Frasca significa cementificarla. Infatti il primo cittadino, ben supportato dall’Assessore al demanio Pierfederici e dalla sua maggioranza, persegue da anni lo sviluppo del Porto in direzione nord e vorrebbe realizzare nell’area della Frasca fior fiore di mega progetti quali il "Terminal Asia", una maxidiscoteca e un mega porticciolo, con annessi ampi spazi cantieristici, al servizio dell’ennesimo grande privato, opere che comporterebbero la pressoché totale e definitiva cancellazione dei fondali protetti dalla Comunità Europea e della pineta, tristemente sostituiti con banchine in mare e piazzali per deposito di container nell'entroterra. Una colata di cemento che seppellirà l’ultimo tratto di costa fruibile di Civitavecchia regalandola ai grandi privati togliendola ai civitavecchiesi senza peraltro dare risposta ai piccoli diportisti locali. Infatti nei porti turistici, come sancito dal D.P.R. del 2.12.97 n.509, non è consentito lo stazionamento in acqua di imbarcazioni di lunghezza fuori tutto inferiore a 6,0 m. Che queste siano le reali mire del Sindaco e dell’Amministrazione non solo è testimoniato da decine di articoli in cui tale intento è dichiarato, ma è reso evidente dalla posizione assunta da Moscherini in relazione all’istituzione del Monumento Naturale. Infatti con nota del 30 luglio 2008 a firma congiunta con il sindaco Mazzola, il Primo Cittadino si è schierato contro l’istituzione del monumento naturale affermando che: “Non si ravvede poi neanche la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del vincolo di Monumento Naturale, …omissisis … su di un’area per di più fortemente degradata”, Come a dire che a fronte del degrado causato dalla centrale (sic!) non vale la pena tentare un opera di tutela e valorizzazione, quanto piuttosto stendere un “velo di cemento” sul tutto. Se veramente il Sindaco, l’Ass. Pierfederici e quanti altri, hanno a cuore la valorizzazione di tale porzione di territorio e la sua tenuta in condizioni dignitose, oltre ad intervenire con azioni di pulizia con costanza e metodicità, e non solo in concomitanza con le azioni di autorganizzazione dei cittadini, intervengano affinché l’ENEL adempia alla prescrizione che prevede lo spostamento dello scarico della pescicoltura, sostengano la proposta di istituzione del Monumento Naturale avanzata dalle nostre associazioni, unitamente al WWF, e supportata dalle firme di centinaia di cittadini/e e facciano pressione affinché la Regione approvi in tempi brevi il progetto di riqualificazione già presentato dall’Autorità Portuale ed attualmente in fase di valutazione negli uffici regionali. Ma soprattutto ritirino le proposte di cementificazione finora sostenute. Solo allora le dichiarazioni sulle volontà di riqualificare e rendere maggiormente fruibile la Frasca saranno credibili"
19 agosto 2010
La Frasca: pericolo cemento per l’ultima costa fruibile di Civitavecchia
18 agosto 2010
Riduzione dei consumi o catastrofi ambientali: a noi scegliere il migliore investimento
Un articolo di Giorgio Nebbia da La Gazzetta del Mezzogiorno
Gli eventi di quest’estate confermano l’esistenza di mutamenti climatici dovuti al riscaldamento planetario. Devastanti alluvioni nell’Europa centrale; più a Oriente, una eccezionale siccità ha provocato incendi di boschi e di giacimenti di torba in Russia; ancora più a Oriente, alluvioni nell’Asia meridionale e in Cina.
Piogge intense, alluvioni e siccità si sono già verificati nei decenni e secoli passati, ma mai su una scala così vasta e con così grande frequenza, proprio come le previsioni avevano indicato. Il fenomeno del riscaldamento globale si può schematizzare come dovuto all’aumento della concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera; di conseguenza aumenta la frazione del calore solare che resta “intrappolata” dentro l’atmosfera, ciò che fa aumentare la temperatura media della superficie terrestre nel suo complesso.
Ne derivano cambiamenti nella circolazione delle acque oceaniche e nell’intensità e localizzazione delle piogge sui continenti. Bastano relativamente piccole variazioni per far aumentare le piogge in alcune zone della Terra o per rendere aride altre zone. Pochi numeri aiutano a comprendere tali fenomeni; per tutto l’Ottocento e per la prima parte del Novecento l’atmosfera conteneva circa 2200 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, corrispondenti ad una concentrazione di circa 280 ppm (parti in volume di anidride carbonica per milione di parti dei gas totali dell’atmosfera).
In quei decenni l’industrializzazione era già cominciata in Europa e nel Nord America con crescente combustione di carbone e di legna e con la diffusione di numerose fabbriche; queste attività immettevano nell’atmosfera anidride carbonica che però veniva assorbita, più o meno nella stessa quantità generata ogni anno dalle attività umane, da parte della vegetazione, soprattutto delle grandi foreste, e da parte degli oceani nelle cui acque l’anidride carbonica è ben solubile.
Foreste e oceani erano capaci di depurare l’atmosfera dai gas immessi dalle attività umane. La svolta si è avuta a partire dalla metà del Novecentoi: è aumentata la quantità dell’anidride carbonica immessa ogni anno nell’atmosfera in seguito alla combustione di crescenti quantità di carbone, petrolio e gas naturale e alla crescente produzione di cemento, che pure libera anidride carbonica dalla scomposizione delle pietre calcari, e, nello stesso tempo, è diminuita la superficie e la massa delle foreste e del verde, tagliati e bruciati, anche con incendi intenzionali, per recuperare spazio per pascoli e coltivazioni intensive, per ricavarne legname da costruzione e da carta, per nuovi spazi da edificare.
Mentre è relativamente costante la capacità degli oceani di “togliere” anidride carbonica dall’atmosfera (circa cinque miliardi di tonnellate all’anno), è andata aumentando (da 20 a 40 miliardi di tonnellate all’anno, dal 1950 al 2010), la quantità di anidride carbonica immessa nell’atmosfera dai combustibili fossili e dalle attività “economiche” di una popolazione in aumento e da un crescente livello di consumi, ed è diminuita, da circa otto a cinque miliardi di tonnellate all’anno, la quantità dell’anidride carbonica che la biomassa vegetale è stata capace di portare via dall’atmosfera.
Questo insieme di fenomeni ha fatto aumentare, in mezzo secolo, la quantità dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera (da circa 2400 a 3000 miliardi di tonnellate) e la sua concentrazione da circa 320 a 390 ppm. Le conferenze internazionali che si succedono ogni anno (la prossima in dicembre a Cancun, nel Messico) danno per scontato che tale concentrazione possa arrivare a 450 ppm nei prossimi decenni e poi aumentare ancora: un aumento di concentrazione, e di temperatura globale, insostenibile. Uno dei movimenti ambientalisti che si sta diffondendo dagli Stati Uniti (il paese più ricco ma anche più attento alla fragilità della propria opulenza) indica in 350 ppm il livello di anidride carbonica a cui si deve tendere per attenuare le conseguenze catastrofiche dei mutamenti climatici.
Per raggiungere tale obiettivo la quantità di anidride carbonica totale nell’atmosfera dovrebbe diminuire da 3000 a 2600 miliardi di tonnellate. Un obiettivo che richiederebbero almeno un secolo, durante il quale dovrebbe gradualmente diminuire il consumo di combustibili fossili e di energia; dovrebbe rallentare la distruzione dei boschi esistenti fermando incendi e diminuendo l’estrazione di legname commerciale e le superfici coltivate e dei pascoli e allevamenti da carne e rallentando le attività minerarie che oggi si estendono in terre finora occupate dalle foreste e dovrebbe aumentare la biomassa vegetale, piantando alberi e verde in qualsiasi ritaglio utile della superficie terrestre.
Conosco bene le obiezioni; si avrebbe un rallentamento dei consumi e quindi “della civiltà”. Ma anche se continua il riscaldamento globale si va incontro a un rallentamento dell’economia e “della civiltà”, lento, quasi inavvertibile fino a quando le conseguenze non assumono carattere catastrofico come quest’estate. I danni dei mutamenti climatici, infatti, comportano, anche se non ce ne accorgiamo, distruzione di ricchezza monetaria; ne sono colpiti paesi ricchi (pensiamo alla Russia e alla Germania oggi) e paesi poveri e poverissimi come, oggi, il Pakistan e certe zone della Cina. Pensiamo invece alla ricchezza monetaria che sarebbe messa in moto dalla diffusione di processi produttivi che consumano meno energia, meno materiali, che usano meno legname, dai prodotti ottenibili dalle nuove foreste, e ai vantaggi che ne verrebbero sia ai paesi ricchi, sia, ancora di più, a quelli poveri. Probabilmente la ricchezza complessiva aumenterebbe perché tanti paesi sarebbero alluvionati di meno e meno esposti alla siccità, e aumenterebbe la vegetazione dei continenti; forse la ricchezza sarebbe distribuita diversamente fra i vari paesi.
2050: in Europa energia rinnovabile al 100%
Prima parte di un articolo dall'Ufficio Studi Enea dedicato al futuro delle rinnovabili in Europa. Fonte
"Recenti studi prefigurano scenari che vedono le fonti rinnovabili soddisfare interamente il fabbisogno energetico elettrico europeo fino a garantire una produzione che consentirebbe all’Europa di smarcarsi, in ogni settore, dalle fonti fossili.
Nell’ultimo decennio si è assistito a una crescita spettacolare delle rinnovabili a livello internazionale. In particolare nei Paesi della UE la capacità installata per la produzione elettrica è cresciuta del 54% dal 1997 al 2007 portando al 16,4% la quota di copertura dei consumi elettrici da fonte rinnovabile e negli ultimi due anni (2008-2009) la nuova capacità in impianti alimentati da rinnovabili è stata non solo superiore a quella delle altre fonti ma ha addirittura superato il 50% delle nuove installazioni. Nel 2009 infatti il 61% delle nuove installazioni è stato destinato allo sfruttamento di energie rinnovabili contro il 14% del 1995. Questa crescita è destinata a non arrestarsi se accompagnata da uno sviluppo dei sistemi di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica in grado di sfruttare appieno l’enorme potenziale che queste fonti offrono, altrimenti il rischio che si corre è quello di un sottoutilizzo della loro capacità produttiva.
Negli scenari considerati l’obiettivo di una, seppur forte, decarbonizzazione del settore energetico attraverso lo sviluppo delle rinnovabili, non è necessariamente vincolato a significativi breaktrough tecnologici nell’arco di tempo considerato (2010-2040), ma piuttosto a una significativa riduzione dei costi e a un miglioramento delle performance delle tecnologie che già esistono o sono in fase di sviluppo. In un sistema energetico completamente “verde”, infatti, non si può prescindere dalla piena competitività delle fonti rinnovabili su quelle fossili.
L’elevato grado di crescita delle rinnovabili presuppone inoltre che l’utilizzo di una specifica tecnologia avvenga in quei luoghi dove è più idonea la sua applicazione; in altre parole, al fine della massimizzazione della produzione ottenibile, è fondamentale ottimizzare dal punto di vista geografico il mix di energia da fonti rinnovabili. Ciò significa sfruttare la risorsa eolica nella ventosa regione del Mare del Nord, le biomasse nell’Est europeo, il solare a Sud, l’idroelettrico sulle Alpi, ecc. L’ottimizzazione geografica, inoltre, non deve esser limitata al territorio europeo, anzi l’allargamento dello sfruttamento di risorse rinnovabili alle regioni vicine alla UE è un’opportunità da cogliere appieno, dato l’enorme potenziale di produzione d’energia verde che questi Paesi offrono. Si tengano presenti in tal senso, ad esempio, le risorse geotermiche di Islanda e Turchia o l’enorme potenziale per il solare e l’eolico del Nord Africa (NA). Proprio quest’ultima zona si distingue particolarmente per lo sfruttamento ottimale del solare termico a concentrazione (CSP), principalmente nell’area sahariana, in quanto la tecnologia richiede allo stesso tempo la disponibilità di ampi spazi in pianura e un’elevata insolazione diretta.
La scelta ottimale dei luoghi per l’installazione d’impianti alimentati a energia rinnovabile su scala internazionale, porta con sé un elevato grado di diversificazione delle fonti e delle tecnologie di sfruttamento oltre a una produzione energetica sia di tipo centralizzato, ad esempio attraverso grandi impianti CSP o parchi eolici di tipo off-shore, e sia di tipo decentralizzato, attraverso impianti di piccola taglia come sistemi fotovoltaici montati sul tetto delle case o piccoli impianti a biomasse. Tutti questi sono elementi strettamente interdipendenti tra loro e in grado di favorire maggiormente la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, la mitigazione del clima e la competitività delle rinnovabili.
L’allargamento all’area nord africana, considerato negli studi, per l’importazione di energia in Europa (la quota d’import è allineata e compresa tra 15 e 20%) e l’ottimizzazione geografica dello sfruttamento delle risorse disponibili, nella visione al 2050, aprono la strada verso la creazione di un mercato unificato UE-NA per un libero ed efficiente scambio di energia tra i Paesi (a oggi in UE pari al 10% del totale di elettricità consumata). Questa struttura di mercato è il risultato finale di un processo graduale e costante nel tempo di crescita organica e di unificazione dei singoli mercati regionali e tale assetto è coerente nell’ottica del superamento degli ostacoli legati alla frammentazione dei mercati nazionali e ai differenti livelli di interconnessione tra Paesi vicini.
L’internazionalizzazione del mercato e l’elevato grado di decentralizzazione della produzione d’energia in Europa favorirebbero inoltre l’aumento del numero degli operatori e riduzioni nei prezzi dell’energia, evitando allo stesso tempo atteggiamenti monopolistici di tipo price-setter e distorsioni nel mercato UE-NA.
Prerequisito chiave, comune agli studi individuati, per la transizione verso una produzione energetica al 100% basata su fonti rinnovabili entro il 2050, è lo sviluppo di un sistema di trasmissione e distribuzione dell’energia basato su Super Grid e Smart Grid. Tale approccio è fondamentale nell’ottica della decarbonizzazione del settore energetico ed è funzionale alla maggior integrazione dei mercati. Il presente assetto delle reti elettriche, progettate in una prospettiva nazionale, è concepito essenzialmente per il trasporto di energia dai grandi impianti di produzione centralizzata verso i consumatori finali. Sia la rete elettrica europea, sia quella nord africana, oggi sono basate quasi esclusivamente su tecnologia AC, presentando una limitata capacità d’interconnessione dei singoli mercati oltre a problemi di congestione
ai confini nazionali. Nonostante nella UE l’elettricità generata da rinnovabili abbia priorità rispetto alle altre fonti, quello dell’accesso alla rete rimane tuttora un forte freno allo sviluppo delle tecnologie low-carbon, specialmente a causa degli elevati costi e dei lunghi tempi richiesti per la connessione di un impianto (circa 30 mesi). Questo problema tra l’altro genera incertezza e rende gli investimenti in nuove infrastrutture meno attraenti.
La Super Grid permetterà di interconnettere impianti a fonti rinnovabili anche molto distanti tra loro e consentirà il trasferimento di grandi quantitativi di energia attraverso l’installazione di diverse migliaia di chilometri di cavi sottomarini di nuova capacità di trasmissione ad alta tensione in corrente continua (HVDC) e il rafforzamento di quella ad alta tensione in corrente alternata (HVAC).
La Super Grid ottimizzerà i flussi energetici, trasferendo energia elettrica dalle aree che si trovano in eccesso di offerta verso quelle che si trovano nella situazione opposta.
La Smart Grid offrirà la possibilità di gestire in maniera ottimale la volatilità connessa a una generazione di energia di tipo decentralizzato e basata interamente su fonti a disponibilità intermittente quali le rinnovabili. Essa concederà maggiore versatilità e flessibilità all’intero sistema energetico che nel complesso sarà in grado di far incontrare domanda e offerta di energia attraverso sistemi “intelligenti” per il controllo e la distribuzione dei flussi energetici e permetterà di individuare, grazie al ruolo attivo e partecipativo dei consumatori finali, le soluzioni costo-efficienti migliori. Un forte incremento del livello d’integrazione e d’interconnessione fra l’Europa e il NA per lo scambio di energia sono aspetti dai quali non si può prescindere anche solo ai fini del raggiungimento del livello di decarbonizzazione del sistema energetico richiesto per il 2020. Tra l’altro la possibilità di ricorrere a progetti di collaborazione per lo scambio di energia tra Paesi UE e Paesi terzi è stata già prevista dalla Direttiva 2009/28/CE in vista degli obiettivi del pacchetto “20-20-20”. Gli investimenti realizzati oggi produrranno effetti per i prossimi 50 anni ed è per questo che è importante fare ora le scelte giuste che condizioneranno il futuro del sistema energetico internazionale.
L’ipotesi della realizzazione di un sistema energetico integrato per il libero scambio di energia prodotta in maniera decentralizzata, è avvalorata dall’esistenza di diversi progetti già in corso come ad esempio Desertec, nato a luglio 2009 da una collaborazione tra Paesi europei, mediorientali (Middle East) e nordafricani (North-Africa) con l’obiettivo di installare centrali solari termodinamiche ed eoliche localizzate nei deserti della regione MENA. L’elettricità prodotta permetterà di fornire energia sia ai Paesi MENA e sia di trasportarla fino in Europa attraverso un’enorme e complessa rete trans-europea HVDC. Un altro esempio è il Piano solare per il Mediterraneo, nato a luglio 2008 che mira a installare 20 GW di nuova capacità entro il 2020 con tecnologie rinnovabili, il rafforzamento della rete elettrica, e il trasferimento di tecnologie nei Paesi dell’area mediterranea.
Infine la North Sea Super Grid Initiative avviata a dicembre 2009 da nove Paesi europei per lo sviluppo di una rete per lo sfruttamento dell’energia eolica off-shore nel Mare del Nord.
Andrea Fidanza (Ufficio Studi Enea)
17 agosto 2010
16 agosto 2010
Sulla centrale di Bastardo, in risposta a Bastioli
Comunicato stampa dal Comitato per l'Ambiente di Gualdo Cattaneo
"In risposta alle gravi affermazioni del capogruppo socialista alla Provincia Enrico Bastioli, il Comitato per l'Ambiente di Gualdo Cattaneo, associazione spontanea di cittadini che dal 1994 si occupa delle problematiche territoriali in materia di ambiente, intende puntualizzare quanto segue:
che la centrale di Bastardo non rappresenta più da almeno quindici anni una “infrastruttura fondamentale” per l'economia locale e men che meno regionale, dato che il territorio ha trovato nei settori emergenti dell'enogastronomia e del turismo la chiave di volta per uno sviluppo sostenibile e rispettoso delle sue autentiche vocazioni. La persistenza di un simile impianto, inoltre, rischia di danneggiare seriamente l'immagine del prodotto tipico locale, in primis Sagrantino DOCG ed Extravergine d'oliva DOP
che la centrale a carbone di Bastardo risulta fra le più inquinanti d'Europa, se si comparano i dati relativi ad altri impianti come ad esempio la centrale di Brindisi “Federico II”. Sarebbe stato sufficiente che Bastioli leggesse i dati ufficiali APAT del registro INES-EPER, liberamente consultabili da internet, per essere adeguatamente informato sulla realtà dei fatti. Inoltre non va dimenticato che ben due studi di biomonitoraggio ambientale commissionati dal Ministero per l'Ambiente, relativi alle annualità 2005 e 2006, hanno evidenziato concentrazioni di metalli pesanti (mercurio, cadmio, arsenico, vanadio, zinco etc.) nel territorio tali da indurre a considerare come “non buona” la qualità dell'ambiente a Gualdo Cattaneo e dintorni;
che la centrale di Bastardo è stata recentemente dichiarata “altamente inquinante” perfino da un autorevole rappresentante del Governo, per la precisione il Ministro Calderoli, il quale in un'intervista ad un quotidiano a diffusione nazionale rimarcava la necessità della sua dismissione;
che, nel 2010, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è una realtà consolidata al punto che l'eccellenza nell'innovazione tecnologica è rappresentata anche da autorevoli aziende radicate nei comuni limitrofi (vedasi Angelantoni).
Enrico Cerquiglini, Raoul Mantini
Presidente, Coordinatore del Comitato per l'Ambiente di Gualdo Cattaneo
Inquinamento da mercurio - effetti sulla salute
"Mercurio ed effetti patologici sulla salute umana" - Comunicato Medici ISDE
"Secondo il recente documento delle Nazioni Unite sul mercurio, la maggior parte delle emissione nell’ambiente di questo elemento sono causate dalle attività umane. Circa il 70 % delle emissioni antropogeniche sono provocate dall’incenerimento dei rifiuti e, soprattutto, dalla combustione del carbone (Mercury UNEP; 2010).
Il carbone può contenere fino a 150 volte la quantità di mercurio presente nell’olio combustibile (Ambient Air Pollution by Mercury (HG); Position Paper. European Communities; 2001). Il metilmercurio (derivato del mercurio), anche a dosi estremamente basse può causare disturbi dell’apprendimento, ritardo mentale, ritardo dello sviluppo neurologico, deficit del linguaggio, della funzione motoria, dell’attenzione, della memoria e un basso score in altri test cognitivi di performance (Grandjean et al. Lancet, 2006; Yager et al. Env Health Perspect, 2006; Methylmercury effects. EPA; 2009).
Un settantesimo del contenuto di un cucchiaino di mercurio può rendere il pesce che vive in un lago avente una superficie di 10.000 m2 non sicuro per l’alimentazione (Great Lakes Environmental & Molecular Sciences Center, USA. 2010).
Il mercurio, come altre centinaia di inquinanti immessi nell’ambiente dalle attività umane, ha la capacità di modificare l’espressione genetica. Vale a dire di attivare o di inibire l’attività di un gene. Tale modifica può predisporre a malattie croniche come il diabete, l’arteriosclerosi ed il cancro (Lane et al. Curr Op Ped; 2009).
In Inghilterra, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Canada ed Australia, laddove sono stati rilevati livelli pericolosi di mercurio in alcuni tipi di pesce, allo scopo di proteggere la popolazione più a rischio (bambini e donne durante la gravidanza), viene consigliato di non mangiare o limitare l’assunzione di quei tipi di pesce nei cui tessuti è stata trovata una dose
pericolosa di mercurio (Chief Medical Officier Urgent Comunication: Food Standard Agency: 14 May 2002).
In seguito alla conversione a carbone della Centrale di Torre Valdaliga Nord ci sarà un aumento del 50 % delle emissioni di mercurio (Valutazione di Impatto Ambientale. Relazione Istruttoria, pag. 39, riga 26).
Il raddoppio delle emissioni di mercurio contrasta con l’EU Legislation and Policy Relating to Mercury and its compounds, Working document, March 2004, 1.1. Regulatory area: Main rilevant Provision. In questo lavoro della Commissione Europea si afferma, infatti, l’intento di ridurre l’inquinamento da mercurio presente nell’aria, nell’acqua e nel terreno, al fine di ottenere un alto livello di protezione completa dell’ambiente.
A conferma, inoltre, delle preoccupazioni delle popolazioni per la presenza di mercurio nel pesce, nel decreto di valutazione di Impatto Ambientale della Centrale di Torre Valdaliga Nord si legge (pag. 18, riga 16): “Si esprime perplessità riguardo al fatto che le emissioni di mercurio possano essere effettivamente contenute nel valore dichiarato di 0.8 microgr/Nm3”.
Non è possibile valutare la quantità di mercurio che verrà immessa nell’aria in forma ossidata ed in forma elementare. La prima porrà un rischio di inquinamento da mercurio per le popolazioni che risiedono in un raggio di centinaia di km dalla centrale a carbone; le emissioni di mercurio in forma elementare causeranno invece un danno su scala mondiale (U.S. Department of Energy National Energy Technology Laboratory – Five Year Research Plan on Fine Particulate Matter in the Atmosphere. FY2001-FY2005, pag. 27).
Società Internazionale dei Medici per l’Ambiente - Alto Lazio
Coordinamento Nazionale dei Medici per l’Ambiente e la Salute - Lazio
Giovanni Ghirga
9 agosto 2010
Tempo di pausa
Cari amici, i gestori di questo sito vanno in ferie per una settimana. L'attività riprende lunedì 16, a meno di news importanti. Contattateci in caso di comunicazioni urgenti.
8 agosto 2010
S-concerto e contestazione a Cerano
Aggiornamento: disponibili atri due video
RepubblicaBari racconta la mobilitazione
"Accoglienza assordante, come promesso. Il popolo dei manifestanti sotto le insegne del “No al carbone”, almeno duecento, non ha mancato l’appuntamento con il concerto organizzato alla centrale Federico II di Cerano, armato di vuvuzelas, ma anche fischietti e tamburelli.
I fan di Irene Grandi e Patty Pravo, le due artiste che hanno declinato l’invito degli ambientalisti a non cantare per Enel, sono stati ricevuti dal presidio armato delle infernali trombette, già schierato intorno alle diciannove di ieri all’ingresso della centrale. Le vuvuzelas hanno continuato a suonare fino all’arrivo dell’ultimo fan. Per quelli che sono arrivati sprovvisti, ma intenzionati a ingrossare le fila dei manifestanti, nessun problema: erano in vendita su un banchetto appositamente allestito, disponibili al prezzo minimo di sette euro l’una, di contributo volontario, naturalmente.
I No al carbone hanno preso letteralmente d’assalto le auto che si approssimavano alla centrale, cariche soprattutto di famigliole e irriducibili aficionados delle due star della canzone italiana, nel tentativo di dissuadere il pubblico e dirottarlo nelle fila della protesta. Quasi tutti hanno reagito all’assalto rispondendo con un sorriso paziente malgrado il frastuono, leggendo i volantini e fermandosi a parlare con i manifestanti. Qualcun altro ha tirato dritto infastidito, premendo sull’acceleratore e aprendosi un varco nella folla, anche grazie alle forze dell’ordine, oltre l’ingresso. A questi ultimi è toccato defilarsi in mezzo a un coro di “vergogna, vergogna”, al quale si è unito anche qualche senatore della Repubblica, come Giuseppe Caforio di Italia dei Valori, in prima fila contro quella che è stata ribattezzata la “centrale della morte”.
Manifestazione numerosa, rumorosissima, ma anche pacifica, a dispetto del sarcasmo sferzante di slogan e striscioni. Gli ambientalisti, a dirla tutta, sembrano aver risparmiato la signora Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo, alla quale è toccato aprire le danze della tappa brindisina del tour “Correnti musicali”. Non si capisce se per riguardo alla lunga carriera o altro. Quella colpita al cuore dall’ironia dei No al carbone, non è stata lei. Ad avere la peggio è stata l’artista senese, ribattezzata dai manifestanti “Irenel”, con appendice di messaggi del tipo “Bruci la città”, facendo eco a uno dei refrain che hanno reso famosa la Grandi. Ma anche, in schietto dialetto brindisino: “Campagna avvelenata, no vi putimu tirare mancu li pumbitori”. Il riferimento è all’ordinanza del sindaco, che vieta la coltivazione nei campi intorno a Cerano, causa inquinamento. Di Simone Cristicchi, l’unico ad opporre il gran rifiuto di suonare per Enel, accogliendo l’invito degli ambientalisti, è rimasto solo il nome, scritto sulle magliette e le brochure in mano al service del concerto.
Di tutto questo, nessuna eco sotto il palco della centrale, dove le artiste sono state accolte da un pubblico di almeno 1.200 partecipanti. Folla delle grandi occasioni dunque, fuori ma soprattutto dentro.
Leggi anche_ Trentinoweb.it
7 agosto 2010
Organismi Geneticamente Modificati per essere infestanti
La colza Ogm resistente ai diserbanti è evasa dai campi americani. Si è diffusa spontaneamente e la si trova comunemente a bordo strada. E due diverse varietà Ogm si sono incrociate fra loro: alla faccia di chi dice che le piante geneticamente modificate non sono in grado di riprodursi ed attecchire.
Non solo contaminazione degli ecosistemi , ma anche un gran brutto problema pratico per gli agricoltori. A questa colza il diserbo chimico non fa neanche il solletico: se si insedia in un campo sono guai seri.
Varietà create e commercializzate per moltiplicare la resa e il guadagno diventano l’esatto opposto: formidabili infestanti. La storia è su Nature e negli atti del convegno dell’Ecological Society of America conclusosi ieri. Circa il 90% della colza coltivata negli Stati Uniti è Ogm. A differenza di colture come il mais, troppo “addomesticato” per crescere e moltiplicarsi senza le cure prestate dell’uomo, la colza sa cavarsela benissimo da sola. I suoi fiori gialli si vedono anche qui in Italia negli incolti e lungo le strade.
Nei mesi scorsi, ricercatori dell’Università dell’Arkansas hanno viaggiato per 5400 chilometri sulle strade del Nord Dakota. Ogni 8 chilometri hanno prelevato un campione da una delle piante di colza presenti a bordo strada.
L’86% dei campioni è risultato Ogm: un risultato senza precedenti. Possedeva il gene inserito artificialmente dall’uomo che conferisce resistenza al diserbante a base di glifosate (detto anche glifosato). Oppure il gene, anch’esso artificialmente inserito, che dà resistenza ai diserbanti a base di glufosinate.
La Monsanto – la multinazionale biotech – sottolinea che, proprio perchè le piante Ogm sono state trovate lungo le strade, esse possono essere semplicemente nate da semi caduti accidentalmente dagli autocarri.
Tuttavia i ricercatori hanno trovato due piante possedevano entrambi i geni che conferiscono la resistenza agli erbicidi. Sono dunque frutto dell’incrocio fra una varietà resistente al glifosate e una resistente al glufosinate, e non nate da un seme caduto lì per caso.
I ricercatori notano che la colza è in grado di ibridarsi spontaneamente con 10 varietà spontanee o naturalizzate negli Stati Uniti. E di trasmettere loro la resistenza ai diserbanti.
I contadini americani già non riescono a sbarazzarsi delle comuni erbacce che hanno sviluppato resistenza ai diserbanti e che prosperano sui campi in cui crescono varietà Ogm di soia, cotone e mais resistenti al diserbo.
Prima o poi, presumibilmente, dovranno vedersela anche con la colza infestante Ogm. Un bel risultato per la tecno-agricoltura.
Su Nature la colza Ogm è evasa dai campi
Dagli atti del convegno dell’Ecological Society of America diffusione della colza Ogm al di fuori dei campi
Via Oca Sapiens e Green Blog
Suini radioattivi e rapporti segreti
Due news sul nucleare che forse non hanno ricevuto l'attenzione che meritano
I cinghiali radioattivi e lo zoo nucleare
"Sta facendo molto discutere l'articolo di Der Spiegel sui cinghiali radioattivi che, un quarto di secolo dopo la tragedia nucleare di Chernobil, scorrazzano e si moltiplicano in Germania. Dal 2007 al 2009 sono quadruplicati fino a 425,000 euro gli indennizzi ai cacciatori per i cinghiali atomici con tassi di cesio nella carne che li rendono non solo immangiabili e invendibili, ma anche un rifiuto pericoloso da smaltire. Intanto la Germania..." Continua qui
Rapporto Roussely: la relazione top secret che boccia il nucleare francese
"Che periodaccio per il nucleare francese… Dopo le critiche provenienti dall’istituzionalissimo Le Figaro ai ritardi, e alla abnorme crescita dei costi, del cantiere della centrale di Flamanville ora i problemi vengono dal cosiddetto “rapporto Roussely”.
Si tratta di un rapporto, commissionato dal presidente francese Sarkozy all’ex numero uno di Edf, Francois Roussely, sulla filiera nucleare d’oltralpe. I risultati, consegnati l’undici maggio scorso e subito secretati dallo stato, dipingono una Francia nucleare tutt’altro che in salute..." Continua qui
Tragedia di Marcinelle: l'ipocrisia della commemorazione CISL
L'otto agosto di 54 anni fa 262 lavoratori perdono la vita in una miniera di carbone nei pressi di Charleroi, in Belgio. Per la maggior parte sono immigrati italiani.
Oggi la CISL commemora quelle vittime con un comunicato (leggi) che se messo in relazione con quella che è l'attuale azione politica del sindacato risulta pura ipocrisia. Infatti FLAEI/CISL (in buona compagnia di UILCEM e FILCTEM) non perde occasione per sostenere con una solerzia a dir poco sospetta, tutte le riconversioni a carbone o i progetti per nuovi impianti a carbone che vengono proposti in Italia.
Dallo stesso comunicato CISL: "...nella consapevolezza che questo dramma deve essere di monito per tutti, poiche' gli emigranti, come anche gli italiani all'estero, sono portatori di ricchezza, di valori culturali e di tradizioni. "
Chiediamo all'autore del comunicato: come mai dimentica le tante migliaia di lavoratori che muoiono ancora, ogni anno, nelle miniere di carbone, quello stesso che alimenta i "preziosi" impianti?
La risposta è tristemente scontata: sono vittime sacrificabili per il lucro dei potentati energetici; per le "morti bianche" nelle miniere di carbone attuali non c'è interesse o memoria, ricordarle striderebbe in modo evidente con l'azione del sindacato, piegato e asservito agli interessi dei padroni.