No al carbone Alto Lazio

23 settembre 2010

L'Italia premia chi la avvelena

Riportiamo da TerraNews.it

IL CASO. L’Unione europea da tempo chiede agli Stati membri di adoperarsi per la tutela dei cittadini dalle emissioni inquinanti. Ma il nostro governo approva un decreto che rimanda i limiti e depotenzia le sanzioni.

Altro che qualità dell’aria, vivibilità e salute. Il governo, con il provvedimento sulla qualità dell’aria in sede di conversione di una direttiva europea, approvato il 13 agosto, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 settembre scorso, ha certificato ancora una volta da che parte sta: quella della logica economica a discapito del diritto alla salute. Ma vediamo come questa deregulation ecologica, grazie alla quale si potrà derogare dai limiti di emissioni di pericolose sostanze inquinanti, ha preso forma. Gli obiettivi della politica comunitaria sono fissati nell’art. 174 del Trattato sull’Unione (Trattato di Amsterdam) e riguardano difesa, tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente, protezione della salute umana, l’utilizzazione razionale delle risorse naturali.

Una posizione centrale nel Trattato è occupata dai Principi dell’azione preventiva e da quello di precauzione. Il primo impone che un’efficace azione di tutela ambientale consista nell’evitare di creare inquinamento, piuttosto che cercare di contenerne o rimuoverne gli effetti dopo. Il principio di precauzione, poi, consiste nell’intervenire anche in assenza di una piena certezza scientifica, e di prove atte a dimostrare l’esistenza di un nesso causale tra emissioni e degrado ambientale. Il corollario del Principio di Precauzione è il Principio A.L.A.R.A. (As Low As Reasonable Achievable), secondo cui l’esposizione agli effetti potenzialmente nocivi deve rimanere al livello più basso ragionevolmente ottenibile. Nel caso del nostro governo, sono stati elusi tutti e due.

Gli strumenti operativi per raggiungere le finalità fissate dal Trattato sono dati da: la Valutazione d’Impatto Ambientale (sui progetti), la Valutazione Ambientale Strategica (su Piani e Programmi), l’Autorizzazione Integrata Ambientale (sul processo industriale), i Piani di tutela e risanamento della qualità dell’aria e dell’acqua. L’Unione Europea, con la direttiva 50 del 2008 ha voluto fortemente garantire una migliore qualità dell’aria che respiriamo ogni giorno. Il governo italiano ha recepito la direttiva attraverso il decreto legislativo 155 del 13 agosto 2010, che definisce come valore obiettivo per alcuni inquinanti quel «livello fissato al fine di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana o per l’ambiente nel suo complesso, da conseguire, ove possibile, entro una data prestabilita».

Gli inquinanti considerati sono quelli che ogni giorno avvelenano le nostre città e, in misura minore, le nostre campagne: il biossido di zolfo (circa l’85% deriva da processi di combustione nelle centrali termoelettriche e negli impianti industriali), gli ossidi di azoto (prodotti per il 50% da autoveicoli e per il 40% da processi di combustione nelle centrali e negli impianti industriali). E ancora benzene, monossido di carbonio (prodotto in tutte le combustioni), piombo (impianti di incenerimento, centrali a carbone o ad olio combustibile), polveri sottili (pm 10 e pm 2,5), arsenico, cadmio, nichel e benzoapirene (che è cancerogeno). Tutte queste sostanze possono derogare dai limiti ai sensi dell’art 9 del decreto 155 se gli interventi di riduzione comportano «costi sproporzionati». E qui scatta la “trappola”: la generica formuletta «costi sproporzionati» comporterà, di fatto, l’inapplicazione dei limiti di emissione.

Gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e che non rientrano nei limiti di emissione anche utilizzando le migliori tecnologie disponibili (applicate, naturalmente, se i costi non sono sproporzionati) possono legalmente continuare nelle emissioni di inquinanti. Le norme a tutela dell’aria dall’inquinamento e quindi della salute risalgono al Dpr 203/1988 ed emanate 22 anni dopo la prima legge cosiddetta antismog (615/1966). Eppure, il corpus normativo è ampio e specifico: sono infatti intervenute varie direttive europee tra le quali la 62 del 1996, la 30 del 1999 (su ossidi di azoto, di zolfo, piombo e pm10), la 69 del 2000 (sul benzene) e la 107 (arsenico, cadmio, mercurio, nichel e idrocarburi policiclici aromatici, Ipa).

E' sufficiente una comparazione con il dato dell’Europa a 15 di alcuni pericolosi inquinanti, tra il 1990 e il 2007, (fonte: European Community emission inventary report 1990-2007) per valutare l’inesistente azione del legislatore italiano nell’azione di tutela dell’aria dall’inquinamento e quindi della tutela della salute. Diminuiscono in Europa le emissioni di cadmio (32%), mercurio (26%), arsenico (13%), Ipa (22%), diossine (60%). In Italia il cadmio diminuisce del 5% e aumentano mercurio (4%), arsenico (70%), cromo (37%), Ipa (26%) mentre le diossine diminuiscono del 25%. Ed ora sarà festa per chi avvelena il Belpaese.

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enel festeggia il 2010 con "solI" 45 miliardi di debiti

"Solo 45 miliardi debito", l'AD Fulvio Conti brinda alla prosperità dell'energia che deturpa.

Sole 24 ore: "Enel: Conti, 2010 oltre attese, ebitda a quota 17mld"

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Tirreno Power e la tratta dei posti di lavoro a Vado Ligure

"Dopo le 10 domande rivolte all'Ing. Carlo De Benedetti sull'ampliamento a carbone della centrale tremoelettrica di Vado Ligure, è scattato in "grande stile" il pressing sull'opinione pubblica al quale i sindacati non si sono certo sottratti.
L'arma Tirrenica - la solita, la principale, la meglio collaudata - è quella del classico ricatto occupazionale: se ampliamo assumiamo; se non ampliamo chiudiamo e licenziamo.
Un classicone del bastone & carota, efficacemente applicabile con quadrupedi adibiti al tiro, meno con bipedi privi di clava ma dotati di un pur labile intelletto.

E' interessante notare come, se da una parte Sindacati & azienda brandiscano questo refrain, dall'altra, con ben altra discrezione, abbiano GIA' firmato un "Piano di incentivazione all'esodo" Continua su savonanews.it

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22 settembre 2010

Piombino: enel pensa al carbone

Da greenreport.it

Il sindaco di Piombino all'Enel: «Impraticabile la riconversione a carbone di Tor del Sale»
Durante l'assemblea annuale di Confindustria tenutasi ieri a Livorno (vedi link a fondo pagina), il vicepresidente di Enel Produzioni, l'ingegner Leonardo Arrighi, ha individuato nel carbone la possibile fonte per alimentare la centrale di Torre del Sale, escludendo di fatto ogni altra possibile riconversione, auspicata invece da associazioni ambientaliste e da alcuni politici locali, che da anni vorrebbero un passaggio dall'olio combustibile al metano, senza peraltro tentare di forzare la mano all'Enel, sia per la centrale di Tor del Sale a Piombino, sia per quella del Marzocco a Livorno (nella foto).

«Dopo le dichiarazioni rilasciate dal vicepresidente Arrighi durante la tavola rotonda dedicata all'energia - interviene oggi il sindaco di Piombino Gianni Anselmi - mi preme ribadire che le nostre posizioni sul futuro dell'impianto sono ben note. Enel sa bene che l'ipotesi del carbone è impraticabile sul nostro territorio ed è già stata respinta ripetutamente dalle amministrazioni locali».

Il sindaco piombinese dunque, rivendica la necessità di salvaguardare la valenza turistica della val di Cornia. «Siamo sulla Costa Est, un'area di pregio che abbiamo valorizzato in questi anni - continua Anselmi - Vogliamo continuare in questa direzione imprimendo anzi un'ulteriore svolta ambientale, con investimenti nell'innovazione tecnologica e nelle energie rinnovabili».

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TVN: si allarga l'indagine della Procura

Riportiamo da BiGnotizie.it

"Si allarga l'indagine sulla centrale di Torre Valdaliga Nord. La procura eseguirà controlli anche su tutte quelle prescrizioni che fanno parte del piano di monitoraggio e controllo, nella relazione tecnica del progetto preliminare e nei chiarimenti ed integrazioni di Enel al Ministero dell'Ambiente.

Oltre a queste, controlli verranno effettuati anche sui punti inseriti nella convenzione tra Enel e palazzo del Pincio. Tra queste c'è anche quella relativa alla realizzazione del bosco a ridosso della centrale, di cui si è parlato molto in questo ultimo periodo nel panorama politico cittadino.

Nel frattempo prosegue anche il lavoro dei due ingegneri, nominati dalla procura, che dovranno relazionare su tutta una serie di inadempienze, quelle peraltro evidenziate dai sopralluoghi dei carabinieri del Noe soprattutto sullo scarico del carbone in banchina e sulle dispersione dai carbonili, i famosi dome A e B."

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Torre Valdaliga Nord: il Ministero dello Sviluppo Economico diffida enel

Riportiamo da BiGnotizie.it

"Il Ministero dello Sviluppo Economico, Dipartimento per l'Energia, a firma del direttore generale Rosaria Romano, ha inviato una lettera all'Enel produzione, al Ministero dell'Ambiente, alla Spresal (Servizio prevenzione e sicurezza in ambienti di lavoro) della Asl di Civitavecchia e, per conoscenza, alla procura locale, dove segnala una serie di inadempienze relativamente alla centrale a carbone di Torre Valdaliga Nord.

E sono violazioni pesanti, come emerso dopo che i carabinieri del nucleo operativo ecologico di Roma (NOE), hanno eseguito dei sopralluoghi il 31 maggio, il 9 giugno ed il 15 luglio dell'anno in corso, su incarico della procura della Repubblica di Civitavecchia. Tutte inadempienze che, come dice il documento, non rispettano "le prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzativi".

Ecco quali sono: "il sistema di trasferimento del carbone, non realizzato interamente in depressione, con particolare riferimento alla sezione destinata al caricamento del carbone in banchina. La dispersione di polvere di carbone durante le operazioni di caricamento dalla nave, con ricadute sul molo, sulla nave e sulle attrezzature (e probabilmente in mare). Il fatto costituisce criticità sotto il profilo ambientale e per la salute dei lavoratori. Nei carbonili (Dome A e B) l'assenza di un impianto di ventilazione forzata con sistema filtrante potrebbe non assicurare la captazione/abbattimento delle polveri. Non è esclusa inoltre la fuoriuscita di polvere dall'apertura sommitale e da quelle poste alla base. Nei capannoni destinati allo stoccaggio del gesso e del calcare, l'assenza di un impianto di ventilazione forzata con sistema filtrante potrebbe non assicurare la captazione/abbattimento delle polveri. Non è esclusa inoltre la fuoriuscita di polvere dalle aperture e dalle serrande d'ingresso. Nel maggio 2010 la procedura di prelievo delle aliquote di carbone è stata eseguita con modalità diverse da quelle previste. Nell'area per ricovero carbone in emergenza sono risultati presenti cumuli di cenere pesanti". Il Ministero aggiunge inoltre che "è stato consentito ad un lavoratore di operare con pala meccanica nel capannone del gesso, ossia in ambiente chiuso e con mezzo a motore privo di captazione dei fumi di scarico. In tema di qualità dell'aria, con riferimento al piano di risanamento della qualità dell'aria della regione Lazio, è stato infine verificato che è stato utilizzato carbone con contenuto di zolfo superiore allo 0,3%, contrariamente alle norme tecniche di attuazione del piano di risanamento della qualità dell'aria del Lazio".

Il Ministero dunque, diffida l'Enel dal proseguire tutte queste attività "senza l'ottemperanza immediata delle disposizioni previste", mentre per quel che riguarda i carbonili "entro 15 giorni dalla presente (la lettera è del 17 settembre 2010) dovranno essere fornite al ministero ampie e dettagliate indicazioni che dimostrino l'adeguatezza del sistema di circolazione dell'aria e una valutazione inerente la possibile emissione nell'ambiente di polvere di carbone". Quindi conclude riservandosi di "trasmettere apposita segnalazione al sindaco di Civitavecchia, qualora a seguito degli accertamenti si configurino gli estremi di una situazione di pericolo o di danno per la salute".

A quel punto spetterà a Moscherini decidere il da farsi, in quanto in base alla convenzione firmata con l'Enel, il sindaco ha il potere di decidere di fermare la centrale qualora non siano rispettate le prescrizioni sull'inquinamento ambientale e sulla salute pubblica, come si evince piuttosto chiaramente dal documento del ministero.

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Fuoriuscite di carbone dal nastro trasportatore di TVN, indagine della procura in corso.

Riportiamo da BigNotizie.it

La procura della Repubblica di Civitavecchia ha aperto un fascicolo sulla fuoriuscita di carbone a Torre Valdaliga Nord. E' in corso infatti una perizia tecnica che stanno eseguendo già da tempo due ingegneri, incaricati dalla stessa magistratura inquirente.

I sopralluoghi dei carabinieri del Noe infatti, sono stati effettuati su incarico della procura dopo l'apertura dell'indagine. Gli stessi militari hanno poi presentato la relazione del proprio lavoro, con tanto di foto che dimostrano in modo del tutto evidente la presenza della polvere di carbone sulle banchine e in altre zone dentro la centrale. Sulla base di quella relazione, la magistratura inquirente ha poi informato il Ministero dello Sviluppo Economico, che venerdì scorso ha inviato la lettera all'Enel Produzione.

Di seguito il documento completo del Ministero dello Sviluppo Economico:

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"Ecomostri aperti" a Rossano calabro

Intrattenimento a 360° (celsius) per il popolo (bue) rossanese nell'ennesima inziativa "centrali aperte" di enel fissata per il prossimo 25 settembre, in cui ricorre la festività di San Nilo. Risponde con un comunicato stampa il Comitato per la difesa e lo sviuppo della Sibaritide



"Scherza con i fanti e lascia stare i Santi. Ecomostri aperti"
ENEL pronta ad approfittare del culto dei Santi.

San Nilo, maestro di preghiera e di cultura, figura grande ed emblematica del movimento monacale italo-greco; Santo venerato dalla Chiesa Cattolica e da quella Ortodossa, verrà celebrato nei prossimi giorni con esaltanti e solenni riti religiosi.

San Nilo, però è stato messo al servizio dei cinici mercanti di economia sterile, auto distruttiva e decivilizzante.

Diciamo NO ai bassi fini dell’ENEL legati a visite teleguidate alla Centrale di Rossano ovvero all’ecomostro da 2 milioni di metri cubi, nel nome di San Nilo, Patrono di Rossano, oltretutto con eventi di basso profilo, mediante i quali si vogliono attirare, in un tragico inganno, folle ingenue, disorientate e disorientabili in quanto afflitte dal bisogno o dalla cupidigia.

Diciamo NO ai progetti dell’ENEL che in 40 anni di lauti profitti sull’energia, non si è mai curata dei nostri bisogni. Niente per la Jonica (la strada della morte). Niente per l’Aeroporto. Niente per le ferrovie. Niente, o poco, persino per la fatiscente rete locale di distribuzione di energia elettrica.

Molto, invece, per l’inquinamento.

NO AL CARBONE.

IL SEGRETARIO Ing. Pierluigi Colletti
IL PRESIDENTE Avv. Amerigo Minnicelli

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10/10/10: festa planetaria per salvare il clima


Fonte: rinnovabili.it

"La data è di quelle che qualcuno potrebbe avere già scelto per convolare a nozze o tentare una scommessa fortunata alla lotteria, come accadde l’8 agosto del 2008. Invece per il 10/10/10 c’è già qualcuno che ha organizzato una vero e proprio “party di lavoro” ma con altissime finalità: salvare il pianeta con azioni concrete. Una data, quella del 10 ottobre di quest’anno, che sarà ricordata in tutto il mondo come la giornata del Global Work Party, il giorno in cui poter lavorare per il pianeta. L’iniziativa di scegliere una giornata in cui gli abitanti di 150 nazioni della terra potranno compiere diverse attività per la salvaguardia del pianeta e per la lotta ai cambiamenti climatici è stata di 350.org, una campagna internazionale messa in piedi dall’ambientalista usa Bill McKibben, che si propone di ridurre la concentrazione di CO2 nell’atmosfera.
Il Global Work Party del mese prossimo ha già ricevuto il sostegno di molti capi di stato, come il presidente delle Maldive Mohamed Nasheed, e soprattutto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Anche il Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki Moon, infatti ha appoggiato un’iniziativa che, stando a quello che hanno dichiarato gli organizzatori “potrebbe trasformarsi nell’evento più grande della storia in termini di attività “pratiche” che potranno essere messe in campo per contrastare i cambiamenti climatici”.

La campagna di 350.org è stata pensata per raggiungere tutti gli angoli del pianeta e per questo è stata veicolata principalmente sul web come ha sottolineato Jamie Henn, cofondatore di 350.org: “Questa campagna sarebbe impossibile senza internet. Noi usiamo il web per coordinare tutti gli eventi. Attraverso Skype chiamo in Cambogia, con i colleghi in Kenya ci aggiorniamo tramite email e grazie alle foto digitali posso vedere, ad esempio, i risultati di un evento fatto in Brasile”.
Sul sito di 350.org, è possibile registrarsi e consultare la mappa, nazione per nazione, delle attività che verranno svolte il 10/10/10. La macchina organizzativa conta già sull’allestimento di migliaia di feste lavoro nelle 150 nazioni che hanno aderito. Gruppi di studenti in Zimbabwe, ad esempio, installeranno pannelli solari in un ospedale, mentre in Pakistan saranno organizzati seminari sull’energia del sole. Per la giornata del 10 ottobre saranno in prima fila anche piccoli gruppi di giovani come ad esempio in Nepal, e allo stesso tempo anche grandi istituzioni internazionali come Greenpeace. E per chi non dovesse avere idee “abbastanza green” per mettersi a lavoro il prossimo 10 ottobre, gli organizzatori del Global Work Party hanno pensato di mettere a disposizione alcune idee da cui prendere spunto: dall’istallazione di pannelli fotovoltaici alla piantumazione di alberi e piante nel proprio giardino o in quello della propria azienda.

NDR: Per saperne di più sulla base scientifica dell'iniziativa, vedi qui: http://www.350.org/about/science

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21 settembre 2010

I costi del carbone a Vado

Il Fatto Quotidiano si occupa del progetto di ampliamento della centrale a carbone di Vado Ligure (Savona), riportiamo l'articolo:

“La centrale a carbone di Vado Ligure costerà 142 milioni di euro e oltre tremila morti”

“Costi sociali per 142 milioni di euro e 3.380 morti premature in 30 anni di funzionamento del sito”. E’ da brivido la denuncia dei medici Virginio Fadda (biologo) e Agostino Torcello (pneumologo), dell’associazione ambientalista Moda di Savona. Secondo Moda se la regione Liguria nei prossimi giorni deciderà di dare il via libera all’ampliamento della centrale a carbone Tirreno Power di Vado Ligure (Savona), controllata dalla Sorgenia di Carlo De Benedetti, i cittadini pagheranno un prezzo altissimo. Il loro studio si aggiunge alle polemiche nate nel mese di agosto: dieci domande scomode che personalità della cultura, della medicina e della politica, insieme a comitati savonesi e comuni avevano rivolto all’editore di Repubblica.

Ma quali dati si basa l’apocalittica previsione dei comitati ambientalisti? Il Moda ha paragonato le emissioni della Tirreno Power con quelle della centrale a carbone di Sempra Twin Oaks 3 in Texas (Stati Uniti) e ha fatto la stima sulla base di uno studio condotto dal Public citizens Texas office and the Sustainable energy and economic development coalition. Dal canto suo Tirreno Power replica in maniera netta: “Sono affermazioni alle quali non possiamo rispondere perchè analoghe ad un contesto diverso. Sono posizioni assolutamente estremiste al limite del procurato allarme e non sono da prendere in considerazione. Noi rispondiamo con i nostri dati ambientali perchè una centrale esercita la propria attività all’interno di un contesto normativo stringente”

“Non sono una nostra invenzione questi numeri”, spiegano Fadda e Torcello. “Le nostre stime sono state fatte attraverso i parametri della Commissione Extern dell’Unione Europea in base alla produzione media di emissioni degli ultimi anni e anche per la mortalità le stime sono prudenti perchè viene considerata una zona del Texas con una popolazione notevolmente inferiore a quella di Savona”. Per le associazioni ambientaliste è questo il motivo che spiega il basso prezzo del carbone: costa poco finchè non si considerano tutti i costi esterni.

E con gli stessi parametri l’associazione ha calcolato anche i costi totali in rapporto alla emissioni: 36,5 milioni di euro all’anno per danni alla salute, alle coltivazioni, alle cose e 106 per i cambiamenti climatici, per un conto da oltre 142 milioni di euro. Numeri che stabiliscono una relazione tra l’uso del carbone per generare energia e il suo impatto sulla salute. Perchè qui nei centri abitati più vicini alla centrale il tasso di mortalità aumenta con la vicinanza all’impianto. Sotto esame le patologie come ictus, cancro ai polmoni, alle corde vocali e infarti che superano pericolosamente la media nazionale. Questi sono i dati correlati alle dieci domande rimbalzate in rete e sui giornali locali.

I documenti e gli studi raccolti da biologi e medici dei comitati Moda, Uniti per la salute e dall’Ordine dei medici di Savona descrivono un territorio compromesso dal punto di vista ambientale e della salute pubblica e lasciano molti dubbi sulla volontà della proprietà di investire e ridurre l’inquinamento.

E stabiliscono una correlazione tra le sostanze emesse in atmosfera, come ossidi di azoto e anidride solforosa, e le morti causate. Perchè per tutti i cittadini locali la centrale è un incubo ricorrente perchè responsabile di emissioni che provocano gravi danni alla salute. E la nuova unità alimentata a carbone da 480 Megawatt è altra benzina sul fuoco delle polemiche per abitanti che vivono a poche centinaia di metri dalle ciminiere.

“E’ assodato che l’inquinamento da centrale a carbone produce sempre malattie e morti- commenta Paolo Franceschi, pneumologo ed esperto di salute e ambiente per l’Ordine dei medici di Savona -. E l’incidenza di tumori alle corde vocali, al polmone, alla vescica e altre patologie vascolari, aumentano drammaticamente quanto più ci si avvicina ad una di queste centrali”.

Gli effetti sulla salute ricadono principalmente su cittadini che risiedono entro i 50 chilometri da un sito alimentato a carbone.

Nel periodo 1999-2004 il tasso standardizzato di mortalità per tumori all’anno è maggiore nella provicia savonese: 273 decessi (uomini) ogni centomila abitanti contro i 240 della media nazionale. Le aree in cui la mortalità per tumore è aumentata corrispondono a quelle maggiormente inquinate con picchi per i maschi a Quiliano (287.8) e Vado Ligure (326.9), i due comuni più vicini alla centrale. Ancora maggiore la discrepanza tra i dati nazionali e la provincia di Savona per la popolazione femminile: rispettivamente 140 e 199. E sempre a Vado si arriva addirittura a 211.9. Anche gli ictus sono aumentati rispetto alla media regionale con un eccesso di mortalità standardizzata del 36,8% fra i maschi e del 22,6% tra le femmine.

Ma c’è di più. Franceschi è anche il medico che ha redatto la perizia (commissionata dal Comune di Spotorno) per il progetto di ampliamento della centrale di Vado dal punto di vista degli “aspetti sanitari e ambientali correlari alla salute umana”.

Un dubbio è condiviso da medici ed ambientalisti: per risparmiare si apportano solo miglioramenti marginali per l’uso di un combustibile che appartiene alla storia dell’800. Nella perizia si sottolinea che Tirreno Power nel calcolo delle emissioni non prende in considerazione l’inquinamento da polveri sottili secondarie, che costituiscono la stragrande maggioranza delle pericolose Pm 2.5 (particolato fine considerato una delle sostanze più pericolose per i polmoni).

I dati della perizia raccontano una versione precisa: contando anche le polveri sottili secondarie si avrebbe una maggiore emissione, rispetto a quelle dichiarate, del 3000 per cento passando da 158 tonnellate all’anno a 4876.

Da parte di Tirreno Power però nessun dubbio: si avanti con il progetto. E dopo l’ok del Ministero dell’Ambiente all’ampliamento ora il pallino è in mano alla Regione Liguria che nei prossimi giorni esprimerà il suo parere.

“Non abbiamo risposto alle domande – dichiara Tirreno Power – perchè sono domande a cui non è possibile rispondere”. La linea è dialogare con le istituzioni perchè c’è la disponibilità di investire 150 milioni di euro per interventi di miglioramento e aumento della potenza prodotta nell’impianto. Ma ad una condizione: “Vogliamo un ritorno economico” dichiara la proprietà.

di Curzio Rosso

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18 settembre 2010

L'autorizzazione a un sito energetico si decide tra poteri forti

Fonte: "Tatò al processo: “Berlusconi promise a Blair via libera al rigassificatore”" via No al carbone Brindisi

"BRINDISI – Il primo ministro inglese Blair voleva che si facesse il rigassificatore a Brindisi e il presidente del consiglio Berlusconi si era impegnato personalmente a che la richiesta del collega inglese andasse a buon fine. L’ha detto nella tarda mattinata odierna Francesco Tatò, amministratore delegato dell’Enel (voluto da Romano Prodi) dal 1996 al 2002, deponendo in qualità di testimone nel processo per le mazzette pagate dalla British Gas per realizzare in fretta e furia, senza la Valutazione di impatto ambientale, il rigassificatore a Capo Bianco, nel porto esterno di Brindisi.

Tatò ha fatto queste affermazioni rispondendo alle domande del sostituto procuratore Giuseppe De Nozza, pubblica accusa nel processo che si sta svolgendo dinanzi al collegio presieduto da Giuseppe Licci. A Fare queste rivelazioni a Tatò fu l’allora ambasciatore inglese in Italia. Tatò ha ricordato che, stando a quanto gli aveva riferito l’ambasciatore, Berlusconi aveva garantito che non ci sarebbero stati ostacoli nel realizzare a Brindisi l’impianto. “Era un pensiero strettamente personale – ha commentato Tatò –: io ritenevo che fare il rigassificatore a Brindisi fosse un’assurdità perché nel territorio c’erano già due centrali a carbone e un petrolchimico”.

L’interrogatorio è proseguito sui contatti tra Enel e British Gas, unite poi nella costituzione e nella partnership in Brindisi Lng. “Durante la mia presidenza all’Enel – ha ricordato – fu avviato solo un primo contatto. Dissi ai vertici di British Gas che Enel sarebbe stata disponibile a rinunciare al progetto di rigassificatore da realizzare a Taranto a patto che la Bg avesse favorito l’Enel nella distribuzione del gas in Inghilterra”. Ma su questo fronte, stando a quanto riferito da Tatò, la British Gas nicchiò, quasi non volesse prendere impegni.

L’onere economico dell’Enel per l’operazione rigassificatore a Brindisi fu enorme. Non ha fatto cifre. Ha detto: “Dovete pensare che il costo fu pari ai costi per la progettazione dei rigassificatori a Taranto, Trieste e Savona”. Nulla, invece, ha potuto dire Tatò sui motivi che hanno successivamente portato l’Enel a scendere dalla barca del rigassificatore a Brindisi.

Subito dopo Tatò è stato sentito Lorenzo Bronzi, amministratore delegato di Enel Ftl e direttore generale di Enel Trade. Lui sottoscrisse l’accordo con la multinazionale inglese. Al tribunale, rispondendo alla domanda del pm, ha detto: “L’Enel valutò i pro ed i contro. I contro di questa iniziativa erano il rischio che l’arrivo del metano in prossimità della centrale di Cerano costringesse l’Enel ad approvvigionarsi con questo combustibile, aggravando i costi per l’azienda avendo la necessità di procedere alle modifiche del ciclo produttivo. Ritenevamo che i brindisini ci avrebbero chiesto l’utilizzo del metano al posto del carbone. Io lo evidenziai assieme ad altri di cui non ricordo i nomi”. Nel 2004 l’Enel abbandonò il progetto. Come mai? ha chiesto De Nozza. “Non lo so – ha risposto -, ma posso immaginare che sia accaduto a seguito delle grane che si sono sviluppate a livello locale”.

Ennio Fano, responsabile delle Politiche ambientali dell’Enel, in proposito a spiegato: “L’interesse venne meno nell’inverno del 2002. Rammento che in quei mesi sollecitai altri incontri, conferenze di servizio, interventi necessari all’iter, interloquendo con Gilberto Dialuce del ministero delle Attività produttive. Ricevetti solo rinvii perché sosteneva che la Regione Puglia non dava la disponibilità ad una data per gli incontri”.

Massimo Romano, altro dirigente Enel, ha spiegato il motivo per cui la sua azienda, che aveva in progetto la realizzazione di un rigassificatore a Taranto, si spostò su Brindisi. “In particolare la Regione Puglia ebbe a rappresentarci che c’era una preferenza per Brindisi. Credo per motivi tecnici ma anche per volere delle istituzioni locali”. Ed a proposito della Regione Puglia ha detto: “L’interesse a farlo a Brindisi era del presidente della Regione, Raffaele Fitto”. L’udienza è stata aggiornata all’8 ottobre.Oltre ad Antonino sono imputati Franco Fassio, ex consigliere e amministratore delegato della Bg, Luca Scagliarini (all’epoca uomo ombra di Antonino, poi hanno litigato e le strade si sono divise), Fabio Fontana, Gianluca Rabitti, Antonio Manca, Mario Lorenzo Ravedati, Donato Caiulo, Alfonso Gallo, Armando de Azevedo Henriques, Giorgio Battistini, Stephen John Ricketts, David James Robottom e Gilberto Dialuce.

Già chiusa per prescrizione, invece, la posizione di Yvonne Barton, nativa di Manchester, tra il 1998 e il 2003 a capo della British Gas poi diventata Brindisi Lng, principale imputato in questo processo in quanto sarebbe stata lei a pagare la maggior parte delle mazzette ad Antonino. La posizione della Barton per un difetto procedurale, era stata stralciate e non è mai arrivata dinanzi al collegio. Il gup Valerio Fracassi dichiarò prescritti i reati contestati poiché arrivavano al 2002, per cui i sette anni e mezzo per la prescrizione erano già maturati. Parti civili sono costituiti il Comune di Brindisi, la Provincia, la Regione Puglia, Italia Nostra, Wwf, Legambiente e l’Autorità portuale.

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