No al carbone Alto Lazio

21 dicembre 2010

I sonetti di Giancarlo Peris. "Solo noi"

Nel teatrino della politica civitavecchiese, da sempre in larga parte subalterna agli interessi di enel, abbiamo visto in scena ripetuti spettacolini a base di dichiarazioni depistanti sulla spinosa questione della riconversione a carbone di TVN. Obiettivo: confondere e indebolire la popolazione, unita e mobilitata nella contrarietà, mediante una disinformazione mirata.
"Solo noi" è il dodicesimo sonetto in dialetto del prof. Giancarlo Peris che pubblichiamo sulle nostre pagine. Per i precedenti clicca qui.

Solo noi 21 ottobre 2001

Ha detto er Viceré, Don Craparotta,
Che la centrale elettrica a carbone,
Si nu la vo’ ‘sto popolo cojone,
In antra zona mejo la dirotta.


Indove dice che ‘n ce sarà lotta
Perché nissuno perde un’occasione
Che ‘n se presenterà er prossimo eone
A chi pe’ pranzo e cena se l’allotta.


Ma è tutto un blef perché adè tanto indegna
Que’la proposta lì pe’ la centrale
In cui er sindaco nostro se rispecchia,


Che pronto pe’ obbedi’ a que’la consegna,
In giro pe’ lo spazio siderale,
Ce sta solo er comune a Citavecchia.

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Dagli USA norme antinquinamento più severe per le centrali a carbone

Da QualEnergia.it
"La stangata dell'Epa al carbone statunitense

Un duro colpo per il carbone mentre le rinnovabili tirano un sospiro di sollievo: dagli Usa arrivano buone notizie per il clima. Al Senato è infatti passata la legge che proroga per un anno alcuni incentivi vitali per le energie rinnovabili, intanto dall'EPA (Environmental Protection Agency), l'Agenzia per la protezione dell'ambiente americana, sono in arrivo nuove regole che minacciano di far chiudere un bel po' di centrali a carbone: a rischio impianti per un totale di 50-70 GW. Una frenata brusca per questa fonte che fornisce circa metà della produzione elettrica statunitense e che ha un peso enorme in termini di emissioni e inquinamento

A colpire le centrali non sarà tanto la possibilità - contestata politicamente e dal destino non ancora certo - che l'EPA regolamenti le emissioni di anidride carbonica, cosa che impedirebbe di costruire centrali senza cattura della CO2, bensì altre norme già sul piatto dell'Agenzia. Regole che porranno standard più severi per inquinanti diffusi dalla combustione del carbone come mercurio, diossido di zolfo e altre sostanze tossiche. Norme che inoltre potranno obbligare a trattare con più rigore lo smaltimento delle ceneri del carbone, normeranno l'uso dell'acqua negli impianti e potrebbero anche imporre l'adozione di torri di raffreddamento per proteggere gli ecosistemi dalle temperature delle acque scaricate dalle centrali (su Grist.org un esaustivo dossier sulla questione).

Novità che spaventano alquanto l'industria del carbone: sono già diversi i report che quantificano l'impatto delle nuove regole. Per uno studio di FBR Capital Markets, ripreso da Reuter, a seconda del prezzo del gas naturale (sostituto ideale del carbone), entro il 2015 potrebbero essere fermate centrali per 30-70 GW di potenza. Secondo un'altra società di consulenza, Brattle Group, le nuove regole comporterebbero per l'industria investimenti fino a 180 miliardi di dollari e farebbero fermare impianti a carbone per 50 GW. Se poi passasse anche l'obbligo di dotarsi di torri di raffreddamento questo comporterebbe uno stop per altri 11-12 GW di impianti e altri 30-50 miliardi di investimenti. A chiudere poi non sarebbero solo le centrali piccole o “in età pensionabile”: un terzo di quelle che si fermeranno, secondo le previsioni, avranno meno di 40 anni e saranno di taglia superiore ai 500 MW.

Al 2020 le regole dell'EPA potrebbero nel complesso far calare del 15% la domanda di carbone (sostituita in parte da un aumento del 10% di quella di gas naturale) e comporterebbero una riduzione di emissioni di CO2 pari a 150 milioni di tonnellate (Mt). Un taglio abbastanza sostanzioso: pari ad un terzo delle emissioni del nostro paese (456,4 Mt circa al 2007) e consistente anche se rapportato alle emissioni totali degli Usa (5.838 Mt circa al 2007). E a ringraziare non sarà solo il clima: il tributo che gli Usa pagano attualmente al carbone è alto anche in quanto a danni sanitari. Un recente studio di Clean Air Task Force (qui in pdf) stima che l'inquinamento atmosferico delle centrali a carbone nel 2010 farà morire prematuramente circa 13mila statunitensi e causerà un danno di 100 miliardi di dollari.

Insomma, dall'Agenzia per la protezione ambientale – e non dagli eletti – arriva uno dei colpi più duri alle emissioni di CO2 e all'inquinamento negli Stati Uniti. Intanto, come anticipavamo, il Senato, ha votato una legge che, se non particolarmente coraggiosa, consente almeno al mondo dell'energia pulita statunitense di stare tranquillo per un altro anno. Con un provvedimento approvato nei giorni scorsi infatti sono stati prorogati una serie di incentivi fondamentali per le rinnovabili statunitensi. In particolare continuerà il "Section 1603 Treasury cash grant", introdotto con il pacchetto stimolo del 2009, che sostituisce con un finanziamento "cash" quello che prima era uno sgravio fiscale del 30% sulla costruzione di impianti a rinnovabili: una misura che ha avuto un ruolo fondamentale nel difendere il settore dalla stretta creditizia.

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Alfano forza la strada verso la riconversione di Porto Tolle

La giustizia si può sospendere davanti agli interessi forti.

Fonte: ANSA "Porto Tolle: Alfano, azione disciplinare per Procura Rovigo. ROVIGO, 19 DIC - Il Guardasigilli Angelino Alfano ha deciso di esercitare l'azione disciplinare verso il Procuratore di Rovigo, Dario Curtarello, e la pm Manuela Fasolato, in relazione all'inchiesta sul progetto di riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. Nel gennaio 2010 il guardasigilli aveva inviato gli ispettori negli uffici giudiziari polesani. L'azione del ministro sarebbe motivata dalle ''interferenze'' che i magistrati avrebbero esercitato sugli organi amministrativi - ministero e commisione Via - che dovevano decidere sulla riconversione."
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Aggiornamento: della vicenda si occupa anche il FattoQuotidiano:

"Manuela Fasolato da tempo si occupa della centrale Enel di Porto Tolle. Ma Luciano Violante, che presiede una associazione fondata dalla stessa Enel non gradisce. E ora il ministro chiede sanzioni.
Nel gennaio di quest'anno il deputato del Pd si lamenta: "Il ministro della Giustizia dovrebbe fare delle ispezioni, e capire se un'autorità giudiziaria può compiere un atto di questo genere". Detto fatto, nel giro di due settimane, Alfano manda gli ispettori, capitanati da Arcibaldo Miller, il cui nome finirà poi nelle carte delle inchieste sulla P3, a controllare l'attività di Manuela Fasolato. Il magistrato da anni indaga sulla centrale Enel costruita sul delta del Po, oggi in attesa di essere riconvertita da olio combustibile a carbone. Studia le correlazioni tra le emissioni in atmosfera e le malattie degli abitanti della zona. Porta in tribunale i vertici della società. Ma per il ministero non dovrebbe lavorare, visto che gode dell'"esonero totale" dall'attività giudiziaria "in quanto componente della commissione esaminatrice nell'ambito del concorso per 350 posti da uditore giudiziario". E ora Alfano chiede alla procura generale presso la Cassazione di indagare su di lei

Qui l'articolo completo: "La pm lavora troppo, Alfano la punisce"
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Dell'interesse speciale che Violante ha per la riconversione a carbone avevamo già scritto:La Procura di Rovigo indaga sulla riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle? Violante cerca di bloccare tutto

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"Dallo zolfo al carbone" vince il Mediterraneo Film Festival

Da Siciliainformazioni
"Con la vittoria del film documentario "Dallo zolfo al carbone" del regista siciliano Luca Vullo, è calato il sipario sulla V edizione del Mediterraneo Film Festival, la rassegna cinematografica dedicata ai temi del lavoro e della migrazione andata in scena dal 15 al 19 dicembre a Carbonia, la città che ieri ha celebrato il 72° anniversario della sua fondazione. Il trentunenne regista di Caltanissetta, che ha incentrato la propria opera sul fenomeno migratorio di migliaia di giovani siciliani diretti alle miniere di carbone del Belgio, ha ricevuto il premio (una scultura e un assegno da duemila euro) dalle mani del sindaco di Carbonia, Maria Marongiu. Il secondo posto è andato a "Il sangue verde" di Andrea Segre, che racconta la rivolta dei braccianti di colore a Rosarno, in Calabria, nel gennaio 2010. Menzioni speciali a "Cargo" di Vincenzo Mineo, storia di solitudini dei marinai imbarcati su un mercantile, e a "La svolta. Donne contro l'Ilva" di Valentina D'Amico, che descrive la battaglia di sei donne di Taranto per difendere la dignità di chi lavora nella più grande acciaieria d'Europa. La giuria dei ragazzi, invece, quaranta studenti in rappresentanza di alcuni istituti superiori di Carbonia, ha assegnato il primo premio al regista Pippo Mezzapesa di Bitonto (Bari) che con il documentario "Pinuccio Lovero - Sogno di una morte di mezza estate" racconta la storia di Pinuccio che sogna da sempre di fare il becchino e, una volta assunto, aspetta il suo primo funerale che non arriva.

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Sulle nuove centrali a carbone italiane

Da reteclima.it
Gli ultimi due progetti italiani di impianti a carbone si stanno per realizzare in Calabria: una nuova centrale a Saline Joniche (RC) a cui si aggiunge la riconversione a carbone dei gruppi a olio combustibile della centrale Enel di Rossano Calabro

Si tratta di due operazioni che comporteranno emissioni aggiuntive rispettivamente per 7,5 e 6,7 milioni di tonnellate di CO2 all'anno e che stanno incontrando forti resistenze sui territori dove andranno ad essere realizzate.

Ma a fianco di questo due esempi ci sono anche altri progetti italiani nel carbone: Civitavecchia (con riconversione ormai terminata, ed ora già attiva), Porto Tolle (sul delta del Po, in fase progettuale), Vado Ligure (SV), Fiume Santo di Sardegna (con iter autorizzativo da parte del Ministro dello Sviluppo Economico già terminato).

Secondo il report di Greenpeace sui grandi inquinatori recentemente diffuso, se alla centrale di Civitavecchia -riconvertita ed ora attiva- si affiancassero tutti questi nuovi gruppi o centrali proposti le emissioni di CO2 degli impianti a carbone raddoppierebbero in pochi anni passando dagli attuali 35,9 milioni di tonnellate a 74,8: un contributo di 38,9 MtCO2 che renderebbe impossibile il raggiungimento degli obiettivi nazionali al 2020.

Dal dossier di Greenpeace: "In Italia sono attive 12 centrali a carbone che nel 2009, a fronte di una produzione di solo il 13% di elettricità, hanno emesso addirittura il 30% dell’anidride carbonica prodotta complessivamente dal settore termoelettrico, con circa 36 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 sul totale di circa 122" (quasi il 30%).

Secondo il report, tra tutte le attività coinvolte nel mercato europeo delle emissioni (EU-ETS) le centrali a carbone sono state le uniche ad emettere di più rispetto ai permessi gratuiti assegnati: mentre industria e settore termoelettrico nel complesso hanno visto ridurre significativamente le emissioni dal 2008 al 2009 e sono riusciti a rispettare gli obblighi di riduzione previsti dalla direttiva europea per il 2009 con ampi margini (rispettivamente 23 Mt e 3,5 Mt), gli impianti a carbone italiani hanno sforato di 3,6 milioni di tonnellate di CO2.

Il dossier di Greenpeace mostra come, oltre ad aggravare il problema emissioni, il carbone non serva all’Italia per risolvere i suoi problemi energetici ed anzi: "Peggiorerà la dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero, visto che già oggi importiamo più del 99% del carbone utilizzato; non abbasserà la bolletta energetica del Paese, visto che dei potenziali risparmi nell’acquisto del combustibile beneficeranno soprattutto i bilanci delle aziende energetiche e faticheranno ad arrivare nelle bollette degli italiani; peserà alla fine sulle casse dello Stato visto che ci condannerà a pagare le multe di Kyoto e del 20-20-20.

Greenpeace constata come il carbone sia un combustibile a basso prezzo solo perché, oltre non vedere incluse nel prezzo esternalità negative come i danni ambientali e sanitari, è drogato dai sussidi statali: la Commissione europea ha stimato in circa 3 miliardi di euro all’anno i sussidi pubblici che hanno sostenuto la filiera europea del carbone tra il 2007 e il 2009 (2 dei quali in Germania).

A causa dei consumi sempre più importanti da parte dei paesi con economie emergenti, a partire da Cina e India, infine le riserve di carbone stanno diminuendo con tassi davvero inaspettati.

Per lo studio di Greenpeace: "Secondo le stime di Bp se 10 anni fa la disponibilità residua di carbone rapportata ai tassi di utilizzo era valutata in 240 anni, le ultime cifre aggiornate al 2010 sono scese addirittura a 119 anni. Continuando di questo passo tra 10 anni le riserve residue di carbone diventerebbero equivalenti a quelle di petrolio e gas, esauribili in 50-60 anni".

Si deve cambiare strada, per virtù o per necessità.

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18 dicembre 2010

Saluto a Luigi Daga

Da UnoNotizie parole di commiato a Luigi Daga, uno di noi.

"Sapevamo che da tempo era gravemente malato, ma noi tutti speravamo che alla fine la sua forza di volontà e il suo carattere avrebbero vinto anche questa improba battaglia.
Invece purtroppo non è stato così. Stavolta il buon Luigi, dopo aver lungamente combattuto come suo solito, non ce l'ha fatta.

Ieri un male terribile e spietato si è portato via Luigi Daga, da sempre attivo in politica sia alla Regione Lazio, che in Provincia di Viterbo, soprattutto nella sua amata Tarquinia. Le sue battaglie contro mafia e politicanti, le sue battaglie sociali e politiche resteranno per sempre memorabili e indelebili nei ricordi di tutti noi.

Luigi Daga era stato tra i membri più illustri del Comitato No Coke Alto Lazio e del Comitato Cittadini Liberi di Tarquinia con i quali condivideva tante meritevoli iniziative in favore della salute e della legalità nella Maremma Etrusca, in particolare a Tarquinia e nella vicina Civitavecchia, dove si era fatto anche qualche nemico, soprattutto tra sindaci e sponsor politici che lui aveva ben smascherato..."

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Soldi sporchi per un greewashing dannoso: i petrolieri per le CCS

Da costituenteecologista

"La vittoria dei petrolieri: soldi per la cattura della CO2

A Cancun è passata inosservata la decisione di ammettere la Ccs tra i meccanismi finanziabili dai crediti di Kyoto. L’hanno voluta Sauditi e petrolieri anche per riciclare i pozzi.

Ventisei, tanti sono gli atti decisi nel negoziato di Cancún. Uno di questi è passato quasi inosservato, forse per gli oscuri bizantinismi della formula. Per la prima volta i Ccs sono stati inclusi nei Cdm. Dietro queste sigle si nasconde una delle vittorie del settore petrolifero al Cop16 e l’affermazione di una tecnologia fortemente controversa: quella della cattura e stoccaggio della Co2, responsabile dell’effetto serra. Ma andiamo per ordine. I Cdm, Clean Development Mechanism, sono un meccanismo finanziario per i paesi in via di sviluppo costituito a Kyoto, secondo il quale progetti che tagliano le emissioni ricevono crediti che possono essere venduti sui mercati finanziari.

I Ccs invece sono dei macchinari complicati di “Cattura e stoccaggio” della Co2 emessa durante combustione di energia fossile per produrre energia o da processi industriali, in particolare la produzione del cemento. La Co2 “sequestrata” è stoccata in depositi sotterranei per diminuire l’impatto delle centrali superinquinati. Nonostante ad alcuni i Ccs sembrino la bacchetta magica per ridurre le emissioni, a oggi questa tecnologia non era mai stata inserita nella lista delle tipologie da premiare. Perché? Troppi dubbi sull’efficacia dello stoccaggio della Co2, sia tecnici che economici. Secondo i critici, i Ccs sono una strategia per il settore dei combustibili fossili per continuare a inquinare senza sanzioni economiche e rallentare il settore delle rinnovabili.

«Le tecnologie Ccs sono economicamente costose», spiega Vincenzo Ferrara dell’Enea «riducono l’efficienza energetica degli impianti a cui vengono applicate e pongono dei problemi di rischio ambientale». A Cancún chi ha premuto per la cattura e lo stoccaggio del carbone è stata soprattutto l’Arabia Saudita, in cambio del suo assenso sulla tutela delle foreste. Da anni i sauditi investono nel settore per compensare le emissioni legate al settore estrattivo. Ora i Cdm, se confermati al prossimo negoziato, potrebbero sbloccare investimenti multimiliardari. L’accordo interessa soprattutto Masdar, la compagnia energetica di Abu Dhabi, uno dei grandi player nella cattura e stoccaggio del carbone. Ma i sauditi non sono i soli. Secondo il ministro dell’ambiente americano Steven Chu: «entro il 2019 i Ccs devono essere in grado di ridurre le emissioni delle centrali a carbone, responsabili del 40% della produzione totale di Co2».

Per l’Agenzia Internazionale dell’energia il mondo si deve dotare di almeno 100 impianti Ccs entro il 2020. E in Europa la tecnologia è stata introdotta nel pacchetto “Clima e energia”. Per capire gli interessi dell’industria petrolifera nel settore bisogna guardare ai 440 pozzi in fase terminale nel Mare del Nord. Per le compagnie petrolifere questi pozzi potrebbero essere riconverti in 440 depositi di stoccaggio della Co2 in forma liquida. Ci guadagnerebbero sull’affitto dei pozzi e sui certificati di non emissione per lo stoccaggio, mentre la gestione finale dei depositi di Co2 graverà sullo Stato. «Da questo punto di vista è evidente come mai che i più grandi supporter dei Ccs siano Bp, Shell e Total», sostiene Fabriano Fabbri, ex segretario tecnico del Ministero dell’ambiente.

Una ricerca della Duke University ha mostrato chiaramente che lo stoccaggio della Co2 può contaminare le falde sotterranee. «Il problema è che se questo modo di fare dilaga - continua Ferrara - gli affari aumentano, i problemi del clima non si risolvono, lo sviluppo economico decarbonizzato non partirà mai e, infine, ci ritroveremo con nuovi problemi ambientali associati allo smaltimento dell’anidride carbonica».

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16 dicembre 2010

Intervallo: cielo invernale su Civitavecchia

Mattina di giovedì 16/12/2010. Se siete almeno trentenni potete immaginarvela con l'arpa solista dell'"intervallo" RAI.

Grazie a un libero cittadino che ha condiviso.

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Minatori-schiavi

"Cina: operai o schiavi?" E' anche grazie alle inumane condizioni di lavoro dei minatori del carbone in molti paesi del mondo, che il prezzo dell'estrazione resta basso. Articolo da panorama.it

"Non è una novità leggere che la Repubblica popolare viene accusata di aver sfruttato oltre ogni limite migliaia di lavoratori che pur di offrire alle loro famiglie un futuro migliore accettano di subire qualsiasi tipo di prevaricazione. E’ già stato scritto molte volte che in alcune fabbriche gli operai migranti vivono in condizioni talmente disagiate da indurre i lavoratori caratterialmente più deboli a tentare il suicidio pur di cambiare vita, come è successo da Foxconn e in chissà quante altre aziende senza che i media lo abbiano saputo.

Oggi gli operai cinesi hanno imparato a scioperare, e alcuni, protestando, sono persino riusciti a strappare un salario accettabile e condizioni di lavoro più umane. Un miglioramento che, invece, chi lavora per i cinesi all’estero fa più fatica a ottenere. Lo dimostra il caso dello Zambia, dove gli imprenditori orientali continuano a sfruttare i ricavi delle miniere di carbone senza interessarsi delle condizioni in cui vivono e lavorono gli operai-schiavi da loro assoldati.

Orari massacranti, salari da fame (un centinaio di dollari al mese, circa). Niente mascherine o calzature adeguate. Solo quando alcuni imprenditori hanno risposto alle proteste dei minatori con colpi di pistola il governo ha deciso di intervenire. E’ stato negoziato un nuovo contratto che tra stipendio e benefit per i trasporti impone come minimo salariale poco meno di 150 dollari. E i due boss cinesi verranno processati a gennaio per tentato omicidio. Purtroppo, però, il governo non può fare di più: solo nel 2009, la Cina ha investito più di quattrocento milioni di dollari nelle miniere dello Zambia, e Lusaka non può permettersi di giocarsi l’amicizia di Pechino.

Quello che devono invece sperare i lavoratori e che continue proteste contro gli imprenditori cinesi possano spingere questi ultimi ad offrire fin dall’inizio condizioni di impiego più umane, senza aspettare la condanna della comunità internazionale per introdurre qualche forma di miglioramento. Una speranza, questa, in cui può essere più facile credere in giorni in cui la Cina si mobilita contro la Jiaersi Green Construction Material, nello Xinjiang, azienda accusata di aver acquistato da un’organizzazione umanitaria undici disabili mentali per poi farli lavorare come schiavi, gratis. Finalmente, la polizia ha promesso che il caso non verrà chiuso fino a quando non sarà fatta giustizia.

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13 dicembre 2010

"Tutto quadra" (purtroppo per noi)

L'analisi di Antonio Manunta

L'area coinvolta (litorale nord di Civitavecchia)

"E' impossibile non trarre le conclusioni che l'ostinazione del sindaco Moscherini a poter disporre delle zone alle spalle delle centrali elettriche e del porto, conduca oltre alla realizzazione del megaprogetto anche all'inceneritore presso la centrale Enel ed esattamente dove gli accordi prevedevano la piantumazione del bosco Enel di 40 ettari. E' la zona perfetta per la risoluzione ottimale dell'enorme problema dei rifiuti romani che essendo scarsamente differenziati sono della peggior specie sia per il presente conferimento in qualsiasi discarica che, ed è il nostro caso, per l'incenerimento. Ciò che rende più credibile ed attuabile questa soluzione è il passaggio della linea ferroviaria tirrenica esattamente lì, a ridosso delle grandi cupole deposito del carbone e al fianco dei bruciatori della centrale elettrica, con trasporto in carri ferroviari opportunamente predisposti da un punto di raccolta a Roma e convergenti con derivazioni ferroviarie e banchine in quell'enorme spazio dentro la centrale. Qualche malizioso potrebbe anche pensare che l'allarme su una megadiscarica nelle vicinanze del deposito NBCC di Santa Lucia sia un diversivo ad arte, per la sommatoria di problema trasporto, preparazione, gestione sito, impatto generale, ecc. a renderlo complicatissimo. Roma e Lazio conferiscono in discarica quasi 3 milioni di tonnellate annue, una quantità enorme di rifiuti contenenti tutta la materia fisica e chimica immaginabile, che tale rimane nonostante ripetuti proclami di aumento della differenziazione. Il trasporto è un pari problema per il numero e la circolazione di migliaia di camion sulle strade regionali e quindi il ragionamento ci porta dritti dritti e comodamente in treno, in bocca alla centrale Enel o meglio nelle caldaie dei bruciatori. Per Enel rappresenta combustibile, per Roma risparmio economico e per Civitavecchia introiti da servitù, con tutti gli attori soddisfatti ad esclusione di chi subirà il pesantissimo fattore ambientale dell'incenerimento massiccio dei rifiuti che si aggiunge a tutti gli altri inquinanti di terra, mare ed aria di cui Civitavecchia soffre. L' agire e il progettare per macrosistemi di Moscherini, con la sua convinzione che il resto si assesti da solo, a cascata, senza badare a chi e come si gestiscono i servizi aumenta questa convinzione. Egli probabilmente pensa che aumentando le entrate e i "fatturati" dell' "azienda Comune", comunque ed in qualsiasi modo avvengano, anziché ricercare un equilibrio gestionale, i problemi si auto-risolvono. La storia e l'analisi di città simili alla nostra dicono che problemi e disservizi aumentato in numero e in percentuale, e viene da chiedersi se tutte quelle persone che circondano Moscherini, quelle che lo approvano, lo adulano, lo sostengono, lo subiscono e che contrariamente a lui hanno intelligenze più terrene, con radici ed affetti in questo territorio, si fanno domande e riflettono su queste questioni.

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Allumiere, comincia la racconta porta-a-porta

Da BigNotizie.it

"Nel comune di Allumiere è partita la raccolta differenziata porta a porta. Per un uso più intelligente delle risorse a disposizione, il sindaco Augusto Battilocchio ed il suo team – assessore Enrica Artebani in primis - hanno pensato al recupero dei materiali di riciclo.

In realtà da tempo l'amministrazione collinare ha intrapreso la strada (non sempre facile) della differenziata, ottenendo anche dei premi come uno dei comuni più ricicloni del Lazio. Da oggi però il primo cittadino ha coinvolto la cittadinanza in un ulteriore passo avanti, proponendo la raccolta domiciliare.

"Impiegata in molte città sia di Italia che di Europa – ha spiegato Battilocchio, d'accordo con la Artebani – la raccolta domiciliare ha il grande vantaggio di una maggiore comodità per tutti i cittadini. Rispetto a prima, i contenitori personali sostituiranno i cassonetti stradali, mentre i bidoni per le vie saranno destinati all'uso dei soli esercizi commerciali. Con la differenziata ogni rifiuto segue strade diverse, attraverso le quali viene trasformato di nuovo in qualche oggetto e risorsa utile. Ogni materiale riciclabile dovrà essere messo nell'apposito contenitore, mentre ciò che non è riciclabile verrà smaltito con particolari procedure, in modo da provocare il minor danno possibile all'ambiente".

Per rendere più facile la nuova raccolta, è stato fornito ai cittadini un utile elenco di tutti i materiali dalla A alla Z divisi in categorie (alimentari, organici, vetro, abiti, plastica, carta e non riciclabili) ed è in funzione presso la sede locale dell'Avis un punto informativo aperto dal lunedì al venerdì mattina. Per ulteriori informazioni è possibile anche rivolgersi presso l'Ufficio Tecnico del Comune, dal lunedì al sabato dalle 11 alle 13.

I rifiuti ingombranti e particolari potranno essere smaltiti presso l'isola ecologica della Cavaccia.

Tutti i cittadini dovranno rispettare le ordinanze relative al servizio, in particolare quello delle utenze domiciliari. A tutti i trasgressori verranno applicate pene pecuniarie secondo i termini di legge.

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