Da IlFattoQuotidiano "Riportare la rete elettrica nelle mani dei cittadini, sottraendola al controllo di un big dell’energia. E’ la visione alla base di “BürgerEnergie Berlin” (BEB), una cooperativa che intende comprare la più grande rete elettrica della Germania, quella di Berlino, 40mila chilometri di cavi gestiti oggi dalla svedese Vattenfall. E vuole farlo con l’aiuto dei cittadini: ognuno può infatti acquistare una quota e sperare così di contribuire a suo modo alla Energiewende, la “svolta energetica” che porterà nel giro dei prossimi dieci anni la Repubblica federale a spegnere tutte le sue centrali nucleari e a sviluppare ancora più massicciamente le rinnovabili. L’idea, insomma, è quello di una Energiewende dal basso. Un’idea tutt’altro che impopolare a Berlino: da alcune settimane un’iniziativa civica chiamata “Berliner Energietisch” sta raccogliendo firme per indire un referendum finalizzato proprio a rimunicipalizzare la rete elettrica della capitale tedesca. L’obiettivo è doppiare il successo del referendum sull’acqua pubblica tenutosi l’anno scorso, che puntava a svelare i contratti di privatizzazione parziale della società dei servizi idrici. “Ora o mai più”, spiegano gli iniziatori di BürgerEnergie Berlin, che si sono assicurati l’appoggio, tra gli altri, dell’organizzazione ambientalista BUND e di Naturstrom e Greenpeace Energy, due operatori alternativi specializzati nella fornitura di energia elettrica da fonti rinnovabili. La concessione comunale per Vattenfall scadrà sì alla fine del 2014, ma il Land deciderà già nei prossimi mesi a chi riassegnarla. BEB ha depositato una manifestazione d’interesse. E intanto ha iniziato a raccogliere fondi. Un milione di euro è già da parte. Quanto dovranno racimolare in tutto, in realtà, non lo sanno di preciso neanche i responsabili della cooperativa: il valore della rete berlinese oscilla infatti tra i 400 milioni (dato contenuto in uno studio commissionato dal governo regionale) e i 3 miliardi (stima di Vattenfall). In ogni caso la cooperativa dovrà investire in proprio il 40 per cento della somma (il resto potrà arrivare da altre fonti). In una settimana dalla diffusione del primo comunicato stampa la società ha raccolto una cinquantina di nuovi soci. L’intera economia energetica, ci spiega Luise Neumann-Cosel, uno dei due membri del consiglio direttivo di BEB, “deve essere organizzata in modo molto più democratico”. Come è presto detto: chiunque – non solo chi risiede a Berlino – può acquistare una quota, depositando almeno 500 euro. Chi preferisce andare sul sicuro può versare su un conto fiduciario una somma che verrà trasformata in una vera e propria partecipazione solo nel caso in cui la società si aggiudicherà la gestione della rete. Ogni socio dispone di un solo voto, indipendentemente da quanto ha investito. Gli utili verranno impiegati in due modi. In parte saranno utilizzati per lo sviluppo di reti intelligenti (smart grid), per facilitare l’integrazione delle rinnovabili nella rete e per sostenere progetti finalizzati alla Energiewende: il gestore della rete, da solo, non basta infatti a realizzare una vera e propria svolta energetica, visto che, ad esempio, trasporta ai clienti finali anche la corrente prodotta dalle centrali nucleari. L’altra parte degli utili verrà redistribuita ai soci. Il guadagno potenziale è tutt’altro che trascurabile: l’Agenzia delle Reti, responsabile in materia, fissa una rendita compresa tra il 6 e il 9 per cento. “Non vogliamo che gli utili finiscano a una grande azienda, bensì che restino qui nella regione”, nota Neumann-Cosel. Gli attuali dipendenti di Vattenfall, inoltre, non verrebbero licenziati, ma resterebbero al loro posto, in modo da trarre profitto dalla loro esperienza. Il fenomeno della “rimunicipalizzazione dal basso” si osserva anche in altri Comuni tedeschi, dove i cittadini si uniscono per acquistare la rete elettrica precedentemente privatizzata. Il caso più noto è quello di Schönau, nella Foresta Nera, dove a metà anni Novanta un’iniziativa civica ha comprato la rete locale e ha creato una società che oggi fornisce corrente ottenuta da fonti rinnovabili a 130mila clienti in tutta la Germania. Il problema: Schönau ha circa 2.400 abitanti, Berlino 3,5 milioni. Neumann-Cosel è consapevole della differenza, ma non si scompone: non siamo da soli, chiarisce, bensì ci avvaliamo delle competenze di molti partner attivi nel settore, a partire proprio da Michael Sladek, il medico “ribelle” che ha lanciato la rivoluzione di Schönau e siede nel consiglio di sorveglianza di BürgerEnergie Berlin. E poi, aggiunge Neumann-Cosel, “se riusciremo nel nostro scopo questo diventerà un progetto esemplare, con un grosso fascino anche per altri”.
5 maggio 2012
Artisti fuori dalle centrali! Tiziano Ferro: stop
Sempre dall'iniziativa "Facciamo luce su enel" di Greenpeace, un appello all'artista Tiziano Ferro affinché non si renda complice di una politica insostenibile.
"La musica di Tiziano Ferro non fa male al clima: il suo nuovo tour è a emissioni zero di anidride carbonica, cioè il consumo di energia dei suoi concerti verrà compensato con progetti di riforestazione. Un gesto concreto in difesa del Pianeta, da parte di un artista sensibile.
Quando abbiamo letto il nome dell’azienda che sponsorizza il suo impegno ambientale, però, l’entusiasmo è svanito: chi aiuta Tiziano a fare un tour a emissioni zero di CO2 è Enel, l’azienda numero uno per emissioni di anidride carbonica in Italia. Circa 27 milioni di tonnellate l’anno solo dalle sue centrali a carbone e circa 40 milioni dal suo intero parco termoelettrico. 40 milioni di tonnellate di CO2 sono quasi 4 quattro volte le emissioni annuali di Roma, Milano e Torino messe insieme. Quanti alberi dovrebbe piantare Enel per rimediare? Le emissioni di anidride carbonica distruggono il clima. I cambiamenti climatici causano tragedie anche a casa nostra, come le alluvioni che lo scorso autunno hanno colpito Genova, le Cinque Terre, Messina e che hanno causato la perdita di molte vite e la distruzione di luoghi bellissimi. Siamo convinti che i cambiamenti climatici siano una seria preoccupazione anche per Tiziano.
Per questo motivo gli chiediamo di non dare a Enel l’occasione di ripulire la propria immagine sfruttando il suo talento e la sua musica. Per di più con uno sforzo minimo, che non compensa neppure lontanamente tutti i danni che l’azienda “killer del clima n°1” causa.
Chiedi anche tu a Tiziano Ferro di non sporcarsi con Enel. Lasciagli un messaggio su Twitter. @TizianoFerro
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Dalla nostra campagna "Artisti fuori dalle centrali": Non prestare la tua faccia per rifare il trucco agli inquinatori, non aiutarli a coprire i loro abusi. Mettere la tua immagine pubblica al loro servizio ha una valenza politica, non farti usare! Non ti chiediamo di politicizzare la tua arte, ma di non prestare la tua immagine pubblica per scopi distruttivi. La musica non ha confini ma l’artista è un cittadino di questo mondo, ne condivide la sorte e le responsabilità.
29 aprile 2012
Quanto pesa sulla nostra società l'inquinamento di Enel
Riportiamo l'articolo “Il carbone dell’Enel fa un morto al giorno e costa due miliardi l’anno” da ilFattoquotidiano
Greenpeace Italia anticipa al Fatto Quotidiano il suo rapporto su Enel, basato sulle ricerche della fondazione olandese SOMO e della European Environmental Agency (EEA). Investimenti minimi nelle nuove rinnovabili, sostegno anacronistico al carbone e nucleare all’estero
“Lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili unito alla perdurante stagnazione della domanda di energia elettrica sta rendendo difficile la copertura dei costi di produzione degli impianti convenzionali, mettendo a rischio la possibilità di tali impianti di rimanere in esercizio”. L’ha dichiarato un mese fa Paolo Colombo, presidente dell’Enel, seguito a ruota dall’amministratore delegato Fulvio Conti, che ha chiesto di “correggere le forme di incentivi per le fonti rinnovabili” calibrando meglio i sussidi nel prossimo decreto allo studio del governo nazionale, per “dare impulso ad altre filiere”.
Il mondo sta cambiando, la produzione di energia è sempre più diffusa e decentrata, ma l’Enel non vuole mollare: il suo vecchio mondo, quello delle grandi centrali a gas, carbone, uranio, olio combustibile deve essere preservato. “Enel è entrata a gamba tesa sul tema dell’incentivazione alle rinnovabili – ha dichiarato a Repubblica.it il senatore del PD Francesco Ferrante – . Le cose sono due: o si tratta di disinformazione o di una sorta di confessione di chi guarda al passato e ha paura del futuro”.
15 aprile 2012
Ministro Clini: coi veleni costruiremo scuole
Inaccettabile, se ci si rende conto delle conseguenze implicate.
"Il ministro Corrado Clini presenta una legge che consente di usare rifiuti nei cementifici, anche se poco tempo fa una casa a Treviso, costruita con cemento misto a rifiuti è stata abbattuta.
Questo l'intervento del ministro al convegno Aitec Nomisma "Vareremo entro fine mese un decreto che prevede l’impiego di combustibili solidi secondari nei processi industriali, in particolare nel settore del cemento, che aiuterà anche molte regioni ad uscire dallo stato di emergenza".
La strada da seguire, secondo Clini, è l'uso come come combustibile, dei rifiuti, e non specifica quali, in centrali, cementifici e anche termovalorizzatori.
Obiettivo? Risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti, e contrastare un settore nelle mani del crimine organizzato.
Grande pensata, combattere le mafia facendole concorrenza. Si legalizza una pratica monopolizzata dalle varie, Cosa Nostra, Camorra e 'Ndrangheta, usando la monnezza e bruciandola nei cemetifici, rifiuti speciali stipati nelle ecoballe accatastate ovunque in Campania.
In pratica via libera al riciclaggio di Stato."
Fonte
8 aprile 2012
Lettera aperta: adesione a "Roma verso rifiuti zero"
Da www.diamocidafare.com, con piacere diffondiamo:
"Lo scorso 6 marzo abbiamo depositato in Campidoglio il testo della delibera di iniziativa popolare “Roma verso rifiuti zero”. Ci sono ancora poco più di due mesi per centrare l’obiettivo delle 5.000 firme al giorno per Roma.
Noi però vorremmo dare alla città un segnale più forte del “minimo legale”, un segnale che serva soprattutto a scuotere i romani dal pernicioso torpore nel quale sono sprofondati in relazione al problema dei rifiuti, nella consapevolezza che solo una mobilitazione del civismo cittadino possa imprimere al dibattito pubblico quella svolta senza la quale le cose sono destinate a peggiorare drammaticamente.
La delibera nasce da una proposta della rete Zero Waste Lazio e si inserisce nell’ambito del movimento internazionale che trae la sua origine dalle teorie di studiosi come il prof. Paul Connett, teorie che sono state applicate con successo in grandi città come San Francisco.
In Italia già molti comuni hanno ufficialmente adottato la strategia di Rifiuti Zero, primo tra tutti il comune di Capannori (http://www.rifiutizerocapannori.it/comuni-rifiuti-zero.html).
Tanti cittadini romani, riuniti in comitati, associazioni, coordinamenti di zona o a titolo individuale, hanno aderito a questa iniziativa e hanno dato il loro contributo alla stesura della delibera popolare, con i necessari adattamenti imposti dalla complessità della situazione romana, che condiziona pesantemente le sorti di altri territori nella regione.
La delibera, quindi, non è un esercizio di utopia, ma contiene proposte concrete e argomentate per cercare, anzitutto, di riportare al centro del dibattito pubblico il problema – troppo a lungo rimosso – di una corretta gestione dei rifiuti nella nostra città e chiedere che si cominci da cose semplici: rispettare la legge, fare la raccolta differenziata, salvare l’ambiente in cui viviamo.
Il percorso della delibera è appena cominciato e vi chiediamo di unirvi a noi: nella raccolta delle firme, ma soprattutto nella discussione critica dei suoi contenuti e poi nell’impegno che dovrà seguire a partire dal 6 giugno per chiedere che venga discussa e approvata dall’Assemblea capitolina.
Riteniamo che la politica abbia responsabilità immense, storiche e contingenti, per non aver saputo risolvere il problema dei rifiuti e averci portato sull’orlo del baratro.
Dal dibattito politico, purtroppo, non emergono segnali di novità. Si ripropongono invece le stesse soluzioni che ci hanno portato nell’emergenza: discariche e inceneritori.
Bisogna cambiare strada: se la politica non sa darsi un’agenda ambientale, dobbiamo imporla noi cittadini!
La delibera, quindi, è innanzitutto una proposta rivolta ai romani, che pure hanno grandi responsabilità per essersi disinteressati troppo a lungo dei rifiuti che producono ogni giorno, che ammontano a ben 5.000 tonnellate.
Vi chiamiamo a impegnarvi con noi in questo esercizio di democrazia che consiste nel raccogliere le firme, ma soprattutto nel discutere la delibera in ogni occasione possibile, nel criticarla, nel sollevare dubbi, perplessità e proposte moltiplicando le occasioni di dibattito e confronto.
PER IL COMITATO PROMOTORE
Marcello Paolozza
Informazioni su iniziativa e delibera : www.diamocidafare.com.
Per contatti e per sapere dove firmare e come collaborare : diamocidafareroma@gmail.com
Coal Rush
Da Repubblica l'intervista ai registi Lorena Luciano e Filippo Piscopo, autori del lungometraggio "Coal Rush", di cui segue il trailer
"Un film sull'America remota e poco setacciata dai media, una storia di monopolio dell'industria carbonifera nel cuore degli Appalachi, dove gli uomini e i luoghi diventano immensi come le montagne che li circondano". Per raccontare il loro documentario, Coal Rush, i registi Lorena Luciano e Filippo Piscopo partono dalla Green America, la terra del "progresso verde" contaminata dalla speculazione e dal malaffare delle grandi corporation, come la compagnia Massey Energy, accusata di aver inquinato le acque della Virginia Occidentale.
Tutto è cominciato da una notizia al telegiornale: tredici minatori rimasti intrappolati in una miniera della West Virginia, a Sago. E' il primo gennaio 2006. Lorena si trova in Italia a trascorrere le feste natalizie; suo padre è all'ultimo stadio di una malattia che non lascia scampo (la SLA, sclerosi laterale amiotrofica). "In un momento di stasi, mi sono collegata ad Internet per approfondire la notizia dei minatori e ho recuperato una serie di articoli pubblicati dalla stampa americana", spiega Lorena, affascinata dai rituali e dalla fede delle famiglie: in quelle occasioni, c'è chi si raccoglie in superficie, fuori dalla miniera, chi prepara dei tavoli, i compagni di lavoro e le mogli portano dei viveri e delle candele. Si prega, aspettando di conoscere la sorte dei minatori sottoterra.
"Inevitabilmente, il parallelo con la malattia di mio padre è molto forte, anche lui intrappolato nel suo corpo, aspettando che finisca l'ossigeno".
Appena tornati a New York, i due filmmaker cominciano a fare ricerca sulle miniere negli Stati Uniti. Prendono atto che gli USA dispongono dei più grossi giacimenti di carbone al mondo (secondo posto Russia, terzo Cina) e che quasi il 50% dell'energia americana dipende dal carbone. Adesso la percentuale si è abbassata al 42%, grazie anche alla nuova amministrazione Obama che incentiva le energie rinnovabili. "Una volta arrivati in West Virginia, abbiamo capito subito che il film che avremmo girato doveva raccontare lo stridere di questi luoghi incantati, in contrasto con la barbarie perpetrata dall'industria carbonifera".
Il viaggio nei meandri del capitalismo sfocia nel crudo, e poco garantito, diritto alla salute.
Ma "Coal Rush", che il 29 marzo sarà proiettato in anteprima al Landmark Midtown Art Cinema di Atlanta, è anche un ritratto dei vizi di certe corazzate
Lorena Luciano: "La realizzazione di questo film ci ha permesso di avvicinarci ad una realtà sociale di cui spesso nemmeno il cittadino medio americano è a conoscenza. Più che di diritto alla salute qui si tratta di un diritto umano fondamentale, quello all'acqua potabile, negato a un'intera comunità per decenni. Questa tragedia ambientale e umana poteva essere evitata con l'assunzione delle debite misure di smaltimento dei rifiuti tossici da parte di una compagnia che invece ha messo i profitti davanti a tutto. In America, come in Italia, le grandi compagnie rappresentano un grosso introito per le casse dello stato, che spesso chiude un occhio sui costi ambientali della grande industria. Inutile citare la diossina a Marghera o l'amianto di Casale Monferrato".
Il cinema si trasforma per raccontare la realtà: la vostra esperienza con il cine-documentario indipendente da dove ha origine e cosa vi ha portato ad attraversare?
Filippo Piscopo: "All'origine della nostra carriera c'è un documentario su Dario Fo (Venezia, 1998) su cui avevamo cominciato a lavorare prima del Nobel, e poi l'avventura americana con "Urbanscapes", che racconta la trasformazione feroce delle citta americane. Il cinema indipendente è una grande opportunità per scoprire e approfondire delle storie spesso solo sfiorate dai grandi media. Il documentarista diventa un esploratore, un antropologo, una lente di ingrandimento su territori geografici e umani".
Perché, tra le tante storie a sfondo ambientalista, avete scelto questa? Qual è la sua particolarità?
Lorena Luciano: "Abbiamo impiegato circa due anni per trovare la storia giusta. Siamo andati in West Virginia a più riprese, ammaliati sia dalla bellezza dei luoghi che dalla cattività rurale. Cercavamo una storia fatta di tanti piccoli eroi che potessero raccontare la complessità dell'America in modo corale. Tutti i personaggi di "Coal Rush" sono piccoli eroi del quotidiano: il pastore Larry Brown che manda avanti la sua chiesa da solo, Donetta che è sopravvissuta a mille malattie causate dall'acqua contaminata e non si stanca di dare sostegno ad altre persone, l'avvocato Kevin Thompson e tutta la sua squadra che si è battuta contro la compagnia carbonifera, ma anche i minatori che vanno in miniera tutti i giorni e sono fieri di avere un lavoro e mantenere le loro famiglie in modo dignitoso. Seppur "Coal Rush" è a suo modo una storia estrema, la sento molto più vicina alla vita reale di un generico reality show".
Quanto è costato il progetto e chi lo ha sostenuto?
Filippo: "Il budget complessivo del film è di 200.000 dollari. Non è stato facile raccogliere i fondi perché i cosiddetti documentari di denuncia non fanno grande mercato e quindi non sono facili da sovvenzionare. Co-finanziatori del progetto sono stati, tra gli altri, il New York State Council for the Arts, l'ente pubblico newyorchese che per eccellenza si occupa di finanziare le arti, e la Ben Jerry Foundation, esempio di società illuminata che reinveste parte dei suoi profitti a sfondo filantropico e in particolare su progetti a salvaguardia delle risorse idriche nazionali".
Che cosa vorreste lasciare, con 'Coal Rush', agli europei, e in particolare agli italiani?
Lorena: "L'immagine di un'America più fragile e umana di quello che si pensi".
Lo stile di "Coal Rush" ha modelli ispiratori?
Filippo: "Vittorio De Seta è stato senz'altro un maestro, oltre che un caro amico a cui eravamo molto affezionati. Quando gli abbiamo parlato di "Coal Rush", ne era molto entusiasta, ci ha incoraggiato a perseverare nonostante le difficoltà a trovare i finanziamenti. Ci aveva addirittura suggerito di contattare Brad Pitt per coinvolgerlo nella promozione. I suoi film, da "Banditi a Orgosolo" a "Diario di un Maestro", sino ai cortometraggi sui minatori e pescatori, sono dei modelli ineguagliabili di cinéma vérité. Sul fronte americano, Barbara Kopple è un riferimento importante per la sua capacità di penetrare in modo intimo la realtà dei suoi personaggi: "Harlan County USA" rimane uno dei suoi film più belli. Per non parlare di Werner Herzog e della sua affascinante commistione tra documentario e fiction".
La vicenda avrà un nuovo inizio con "Coal Rush"?
Filippo: "Dal punto di vista legale, no, perché le parti hanno raggiunto un accordo extra-giudiziale, quindi il caso é chiuso. Dal punto di vista umano, questo film ha un grande significato emotivo per i nostri personaggi che hanno lottato sette anni contro un gigante dell’energia. Ci vuole forza, audacia e una grande perseveranza per non farsi intimorire, e questo film è la testimonianza del loro coraggio".
4 aprile 2012
Carbone business macabro a norma di legge
L'articolo originale è della CNN, "A power plant, cancer and a small town's fears", qui raccontato da petrolio.blogosfere.it:
"L'impianto a carbone di Juliette, in Georgia (USA) è il più grande impianto degli States, con due ciminiere da 300 metri ciascuna. Secondo l'Environmental Protection Agency è il più grande produttore di gas serra del Paese.
I cittadini di Juliette, che vivono attorno alla centrale, si ammalano e muoiono. Il sintomo più diffuso è svegliarsi nel cuore della notte sputando sangue. I medici interpellati, regolarmente, chedono:"Lei è un alcolista?" A madri di famiglia, vecchietti, "Lei è un alcolista?". Ovviamente non lo sono mai, e altrettanto ovviamente in seguito ad analisi ed esami l'origine del male rimane misteriosa.
Come "misteriosa" rimane l'origine di tutti i casi di cancro che colpiscono ogni
famiglia.
La Georgia Power, compagnia elettrica, nega ogni responsabilità. Anche quando nelle analisi dei capelli svolte di propria iniziativa dai cittadini si trovano 68 parti per milione di uranio, sottoprodotto delle ceneri del carbone, la compagnia nega. "E' tutto sotto controllo, è tutto a norma di legge".
E' a norma di legge anche comprare case e proprietà. E infatti la Georgia Power lo sta facendo: quando una casa resta vuota perché gli abitanti sono alfine morti, la compagnia compra.
Compra, rade al suolo nottetempo, pianta un boschetto di pini e sigilla il pozzo.
Ultimamente vengono fatte offerte di acquisto per case ancora abitate, quelle abitate da gente malata. Anche lì poi, case rase al suolo e pozzi sigillati.
Gli attivisti locali sostengono che questo silenzioso chiudere i pozzi rappresenta un allarme rosso. L'acqua è inquinata, ed è l'acqua che i cittadini bevono.
Ma è tutto sotto controllo e a norma di legge. Le compagnie mentono spudoratamente, ma i cittadini sono obbligati a crederci e la stampa a far finta di crederci. Funziona così ovunque, anche qui, chiedetelo ai tarantini."
1 aprile 2012
Contro Malagrotta-bis ad Allumiere, nuova mobilitazione generale.
Resoconto della mobilitazione da Civonline.it "È partita questa mattina da Allumiere la delegazione di collinari che sta partecipando alla manifestazione a Roma presso la Prefettura insieme a tutti comitati del Lazio contro le megadiscariche e contro gli inceneritori «cancro valorizzatori». Critico Bessio (presidente dei Verdi) verso la Regione Lazio e il commissario Pecoraro: «E’ assurdo che Polverini e il commissario governativo Pecoraro si oppongano al piano di Clini. Condividiamo la posizione del Ministro Clini per quanto riguarda la differenziata e la bocciatura dello studio sui siti della regione, che è pieno di fattori escludenti; chiediamo quindi a Polverini e Pecoraro di allinearsi». Aggueriti i rappresentanti della delegazione collinare: «Tutti insieme abbiamo detto di no a discariche e termovalorizzatori. L’unica via di scampo - spiegano dal Comitato No alla mega discarica Emiliano Stefanini e Giuseppe Gori e il consigliere comunale di Allumiere, Umberto Di Pietrantonio - rimane il vincolo Zps e la distanza da Roma, ma lo studio a suo tempo sponsorizzato da Panzironi dell’Ama, la presenza dell’Aurelia, dell’Autostrada e della vecchia ferrovia Civitavecchia-Orte eliminerebbero tale ostacolo logistico oggi rassegnato dai tecnici del Ministero». A rappresentare l’amministrazione comunale di Allumiere il consigliere Di Pietrantonio con la fascia tricolore e delega scritta ufficiale. «Non potevo essere a Roma per impegni istituzionali ma io e la mia amministrazione comunale siamo a braccetto con i cittadini e con il Comitato – spiega il sindaco di Allumiere, Augusto Battilocchio – in questa lotta contro la realizzazione della megadiscarica nel nostro territorio. Continueremo con ogni mezzo a lottare cercando di far valere i diritti di questo territorio. Continuo a invocare a tutti i comuni del comprensorio alla mobilitazione e a camminare insieme». Durante la manifestazione si sono registrati tre interventi di rappresentanti di Allumiere: Emiliano Stefanini e Giuseppe Gori del Movimento ‘‘No alla mega discarica’’ e quello del consigliere comunale di Allumiere Umberto Di Pietrantonio, che hanno messo in evidenza le paure dei cittadini di questo territorio e spiegato le motivazioni che spingono il territorio a dire no alla realizzazione della discarica. Per Civitavecchia hanno presenziato l’onorevole Pietro Tidei (PD), Enrico Luciani e Ismaele De Crescenzo (Sel) e Patrizio Ghirga e il sindaco di Civitavecchia Gianni Moscherini. «La manifestazione è andata molto bene - ha spiegato Di Crescenzo (Sel) - abbiamo messo in evidenza la grave incidenza che potrebbe avere la discarica sulla salute di tutti noi cittadini di questo territorio già troppo martoriato. Noi di Sel per primi abbiamo denunciato questo pericolo. Combattendo insieme riusciremo a mettere un freno a quest’ondata speculativa che sta distruggendo il nostro territorio». Per il Comune di Cerveteri c’era Ciogli e per Tarquinia c’era invece Loretta De Simoni. «Noi c’eravamo - spiega Enrico Luciani - e siamo orgogliosi di aver partecipato e aver detto la nostra. Eravamo in tanti a dire no alla logica di risolvere il problema rifiuti creando discariche e termovalorizzatori. E’ ora che Roma e tutta la Regione Lazio dia il vita in maniera massiccia alla raccolta differenziata spinta. Su Civitavecchia e il comprensorio incombe un pericolo gravissimo». Sulla stessa linea l’onorevole Pietro Tidei: «Ho partecipato alla manifestazione per dire no al tentavo di realizzare una mega discarica nei boschi di Santa Lucia. Ero l’unico parlamentare presente. E’ altissimo il rischio che Civitavecchia e il suo comprensorio si ritrovino ad essere la pattumiera di Roma. Noi del centrosinistra siamo orientati verso uno sviluppo sostenibile che vede l’ambiente come una risorsa e come un luogo dell’identità culturale dei civitavecchiesi. Dobbiamo mantenere alta la guardia contro la possibile discarica nel comprensorio militare di Santa Lucia. Faccio perciò appello ai movimenti ambientalisti a unirsi con il centrosinistra per battere questo ennesimo scempio di un territorio già pesantemente inquinato dagli scarichi delle navi nel porto e dalle centrali a carbone. Lo dobbiamo a noi stessi, ai cittadini e alle future generazioni». Presente al sit in di protesta a Roma per dire no alla megadiscarica ad Allumiere anche il sindaco di Civitavecchia Gianni Moscherini: «Ho aderito alla manifestazione di piazza SS. Apostoli - ha spiegato il sindaco Moscherini - per ribadire a chiare lettere la contrarietà di Civitavecchia a questo progetto. Rimaniamo della convinzione che ogni comune dovrebbe occuparsi dei rifiuti di casa propria, evitando di progettare megadiscariche nelle aree limitrofe. Quella contro il sito ad Allumiere è una battaglia trasversale, che non ha colori politici ed è per questo che tutti i sindaci del comprensorio, in maniera unitaria si sono recati a Roma per far sentire la propria voce. Prima del 12 aprile, bisogna mobilitarsi, non solo nelle piazze, per impedire che Allumiere diventi uno dei siti indicati per il post- Malagrotta». Sempre questa mattina invece il Coordinamento Rifiuti Zero per il Lazio, insieme a molti comitati, ha partecipato alla manifestazione a Torrimpietra per opporsi alla costruzione dell’inceneritore e/o discarica a Pizzo del Prete, uno dei siti indicati dal Ministro Clini come compatibile. Alla manifestazione hanno partecipato circa mille persone che hanno gridato in modo deciso la loro opposizione al progetto. Esploreremo tutte le strade per fermare questa operazione e sollecitiamo il Ministro Clini ad imporre a Roma la raccolta al 65% di differenziata secondo ciò che è previsto dalla legge europea. Questa percentuale renderebbe inutile qualsiasi inceneritore nella regione Lazio. Non faremo un passo indietro: no discariche, no inceneritori, sì alla raccolta differenziata».
31 marzo 2012
Enel primo inquinatore in Italia, nei suoi piani ancora carbone
28 marzo 2012
Centrali termoelettriche e ospedalizzazione per malattie respiratorie
Dall'ARPAT Toscana: "Rapporto tra la vicinanza alle centrali termoelettriche e tasso di ospedalizzazione per malattie respiratorie"
"Pubblicati i risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti.
Lo studio è partito dall’assunto secondo cui l'inquinamento atmosferico può provocare malattie respiratorie. Diversamente dalle fonti dei veicoli a motore, le centrali termoelettriche sono stazionarie: utilizzando i dati di ospedalizzazione lo studio ha esaminato quindi il rapporto tra la vicinanza ad una centrale termoelettrica e l’aumento della probabilità di ospedalizzazione a causa di malattie respiratorie.
Sono stati stimati i tassi di ospedalizzazione per asma, infezioni respiratorie e broncopneumopatia cronica ostruttiva sulla base dei dati di ospedalizzazione tra il 1993
e il 2008 nello Stato di New York, in relazione alla vicinanza dalle centrali termoelettriche e/o da siti di rifiuti pericolosi.
A partire da variazioni per età, sesso, razza, reddito medio familiare e territorio di residenza, sono stati rilevati incrementi significativi pari a 11%, 15% e 17% nei tassi stimati di ospedalizzazione per – rispettivamente - asma, infezioni respiratorie e broncopneumopatia cronica ostruttiva, negli individui di età superiore a 10 anni che vivono in prossimità di una centrale termo elettrica rispetto ad uno che non ha centrale elettrica.
Vivere in prossimità di una centrale termo elettrica invece non modifica in modo significativo i tassi di con l’ospedalizzazione per asma o infezioni respiratorie nei bambini con meno di 10 anni di età.
Il dato di vicinanza ad una discarica di rifiuti pericolosi è stato associato ai dati di ospedalizzazione per tutti i casi in entrambi i gruppi di età e sono stati stimati gli effetti comuni.
I risultati dello studio concordano con l'ipotesi che l'esposizione all’inquinamento dovuto alle centrali termoelettriche e ai composti volatili provenienti dalle discariche di rifiuti pericolosi aumenta il rischio di ospedalizzazione per malattie respiratorie.
Clicca qui per il documento integrale
25 marzo 2012
"Uomo carbone", 200Kg di combustibile per una vita
Una rappresentazione teatrale per non dimenticare
Fonte
"Dal 1946 al 1956 il numero dei lavoratori, provenienti dall'Italia, morti nelle miniere belghe e in altri incidenti sul lavoro è di oltre seicento. A causa di un errore umano, l'8 agosto 1956 il Belgio venne scosso da una tragedia senza precedenti; un incendio, scoppiato in uno dei pozzi della miniera di carbon fossile del Bois du Cazier, causò la morte di 262 persone di dodici diverse nazionalità; fu una tragedia agghiacciante; i minatori rimasero senza via di scampo, soffocati dalle esalazioni di gas.
Le operazioni di salvataggio furono disperate fino al 23 agosto quando uno dei soccorritori pronunciò in italiano: "Tutti cadaveri!"
Fra i 136 italiani vi erano 61 minatori abruzzesi, provenienti in gran parte da Manoppello, San Valentino, Lettomanoppello e altri piccoli centri limitrofi.
La tragedia di Marcinelle, il peggiore disastro mai accaduto nelle miniere belghe, fu considerata anche il frutto di un accordo, detto “Uomo carbone”, con cui l’Italia si era impegnata nel 1946 a spingere in Belgio mille minatori a settimana ricevendo in cambio 200 chili di carbone al giorno per ogni emigrato.
Italiani che, secondo lo stesso accordo, dovevano avere un’età ancor giovane (35 anni al massimo) e un buono stato di salute; per loro, un contratto di 12 mesi.
La storia di questa tragedia sarà rievocata in una rappresentazione teatrale, organizzata dall'aquilano Federico Fiorenza e rientrante nell’ambito di interesse delle attività della Comunità Europea, domenica 18 marzo, alle ore 18.30, presso la Casa del Teatro, in P.zza Arti di Via Ficara a L'Aquila.
Dopo quasi due anni di repliche, promosse con entusiasmo da pubblico e critica e ad un anno e mezzo di distanza dal debutto pescarese, la produzione di maggior successo del Teatro Sociale di Pescara, approda nel Capoluogo abruzzese.
Durante tale percorso, sceneggiatura, personaggi ed intenzioni recitative sono stati notevolmente sviluppati, acquisendo una maturazione artistica ed una solidità che fanno di quest'ultima versione della pièce quasi il riadattamento di se stessa.
La versatilità, la dinamicità e la forte carica emozionale, sono stati certamente tra i massimi fattori di riuscita di questo spettacolo.