No al carbone Alto Lazio

24 dicembre 2010

Per ricordare il 2010 e prepararsi al 2011

In rete gira qualche immagine irriverente sulle faccende di Civitavecchia e dintorni, la pubblichiamo volentieri.

Nuovo Calendario 2011, il cielo sulla "Perla del Tirreno"

enel fa le feste ai cittadini dell'Alto Lazio

no comment (in foto: Gianni Moscherini sotto la ciminiera di TVN)

Il sindaco di Civitavecchia Gianni Moscherini, noto filantropo

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Serene Festività

Cari amici e amiche,
in qualunque modo decidiamo di festeggiare, l'augurio è che possiamo sfruttare questi giorni come un'ottima, sacra scusa per stringerci con i nostri affetti e sospendere almeno per un attimo quanto ci accorcia il fiato nei giorni ordinari.

Come piccolo regalino per i nostri lettori abbiamo aggiornato qualche aspetto del sito e arricchito una cartella tra i Materiali con ottimi articoli da Le Scienze (traduzione italiana di Scientific American), per scaricarli cliccate qui.

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Civitavecchia, le mani sulla mia città

Da UnoNotizie.it

Concordiamo con il Sindaco e con il suo novello e fedele portaborse Perello: "la realizzazione del Terminal Cina è un' autentica svolta storica per la città e per il comprensorio".
Una svolta negativa, però, che, al contrario di quanto da questi affermato, costituirà il definitivo affossamento del nostro territorio, seppellendo sotto una colata di cemento l’ultimo tratto di costa fruibile di Civitavecchia dopo averlo regalato ai grandi privati e sancendo la catastrofe ambientale che ne sarà la ovvia e naturale conseguenza.

E’ ormai un dato di fatto che purtroppo mai si senta questa Amministrazione proporre, discutere e ragionare di progetti sostenibili per la popolazione e la citt, che ne valorizzino caratteristiche e potenzialità, mentre è ormai costante l’impegno su progettualità iperboliche, avulse dai piani di programmazione vigenti, che devastano il territorio e ne peggiorano la qualità della vita e dell’aria con argomentazioni che ne mistificano il reale impatto ambientale nonché la valenza economica a favore di interessi privati, spesso oscuri e poco chiari.

Non è infatti un segreto, essendo stato oggetto di un' approfondita inchiesta anche su un giornale di levatura nazionale come l’Espresso, che la società “Centrale Finanziaria Generale”, con la quale il sindaco ha firmato l’ormai famigerato accordo per il megaprogetto, naviga in cattive acque finanziarie, tanto che il suo Presidente Giancarlo Elia Valori, nello spiegare il deficit di 3,6 milioni di euro, ha dovuto presentare un nuovo piano di aziendale basato sulla dismissione di molte delle attività in essere e sulla realizzazione, in accordo con il gruppo cinese HNA, del progetto di ammodernamento del porto di Civitavecchia con nuovi terminal e attrattive turistiche.

Un' operazione di risanamento del bilancio aziendale di una grande, quanto discussa, società privata (...all’inizio degli anni ottanta la Centrale era stata al centro delle operazioni condotte da Roberto Calvi per scalare la Rizzoli e il Correre della Sera. L’epilogo era stato tragico, con il banchiere trovato morto sotto un ponte di Londra, il fallimento del suo Banco Ambrosiano e una serie di misteri mai chiariti (Espresso 09.09.2010); a questo viene ridotto il nostro territorio.

Spiace poi prendere atto che un giovane politico come Perello, sostenitore della necessità di progetti per il territorio, faccia finta di non vedere e sapere che la realizzazione del Terminal Cina lungo la costa e la pineta della Frasca comporterà la definitiva e completa distruzione dell’ultimo tratto di mare fruibile, portando solo uno sviluppo/non sviluppo inquinante e non sostenibile.

In qualità di associazioni che da anni si battono per la tutela del territorio e per la salvaguardia della salute della popolazione, ribadiamo la nostra ferma contrarietà a progetti folli e faraonici che nulla hanno a che vedere con la comunità locale che ha invece bisogno di una progettualità che contemperi le esigenze di tutta la cittadinanza in armonia con l’ambiente circostante in un’ottica proiettata alla sostenibilità.

Civitavecchia ha già da tempo pagato un prezzo altissimo agli incantatori di serpenti che spacciano la cementificazione come opera necessaria allo sviluppo. Con la realizzazione del Terminal Cina, in un’area peraltro già sottoposta ad una notevole pressione industriale e tutelata anche per questo da vincoli di natura ambientale e archeologica, (tanto da essere inserita nel Piano Territoriale Provinciale Generale (PTPG), approvato recentemente, (nell’elenco delle aree protette in quanto “area meritevole di tutela per la quale è in corso la procedura d’istituzione”), la qualità della vita di Civitavecchia subirà un ulteriore tracollo.

Questa è la svolta buia che attende la città ed a cui il sindaco Moscherini e i suoi novelli portaborse vorrebbero condannarla.

A questo ci opporremo con tutte le nostre forze.

Forum Ambientalista
Sezione Civitavecchia
La responsabile
Simona Ricotti

ItaliaNostra
Sez. Asfodelo- Gruppo Civitavecchia
La Presidente
Roberta Galletta

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Assemblea nazionale "Uniti e Diversi", comunicato

Riceviamo da www.unitiediversi.it, e pubblichiamo:

“Uniti e Diversi”, questa è la denominazione di un progetto politico del tutto inedito che ha preso il suo avvio a Bologna, sabato 18 dicembre, nella Facoltà di Scienze della Formazione (gc) dell'Università di Bologna.
Come chiarito nella relazione introduttiva di Maurizio Pallante, comincia un percorso che, nella intenzione dei promotori, dovrà sfociare nella creazione di un nuovo soggetto politico, del tutto esterno ai partiti esistenti, capace di proporre un governo della transizione verso una nuova società non più costruita sul consumo insensato delle risorse e sulla devastazione dell'ambiente e della stessa natura umana, del tempo vitale degli individui.
I promotori concordano sulla impossibilità pratica, materiale, di proseguire lo sviluppo nelle forme e nei modelli degli ultimi due secoli. E' necessario promuovere, a livello di larghissime masse popolari, nuovi stili di vita, di produzione, di consumo, basati sulla solidarietà e non sulla concorrenza.
Il nuovo soggetto politico non avrà connotati di destra o di sinistra, ma si rivolgerà alla gente di ogni ceto, per costruire un percorso di pace, di difesa dei territori, di democrazia partecipata, verso una nuova convivenza umana. I promotori vogliono un'Italia fuori da ogni guerra e da ogni alleanza militare.
I promotori del percorso sono la Rete Provinciale Torinese del Movimenti e Liste di Cittadinanza (RPTMLC, comprendente il Comitato di cittadinanza attiva e Lista Civica Rivalta Sostenibile, Lista Civica Alpignano, Per il Bene Comune Piemonte, Alternativa Piemonte, ANIMO Nichelino); Maurizio Pallante (MDF Movimento Decrescita Felice); Giulietto Chiesa (Alternativa); Monia Benini (Per il Bene Comune); Massimo Fini (Movimento Zero).
L'Assemblea di Bologna è stato il quarto momento di un percorso iniziato a Torino il 16 ottobre , con una assemblea a inviti promossa da RPTMLC , cui parteciparono circa 80 invitati in qualità di rappresentanti di organizzazioni e movimenti. Due successivi incontri ristretti, a Genova e Roma, hanno consentito di elaborare un ampio documento preliminare e programmatico comune, che l'Assemblea di Bologna ha ratificato.
Hanno partecipato all'evento oltre 130 presenti (provenienti da 12 regioni), tra cui alcune decine di osservatori, individuali e di gruppo. L'Assemblea, a differenza di quella torinese e dei successivi incontri, era infatti aperta alle partecipazioni esterne. Hanno preso la parola non solo coloro che avevano già sottoscritto il documento, ma anche da numerosi osservatori a titolo individuale e a nome di gruppi e movimenti.
L'Assemblea ha avuto una prima parte di discussione suddivisa in quattro gruppi generali e una seconda parte di discussione plenaria.
Le conclusioni sono state le seguenti: è stata ratificata la nomina di un Portavoce Nazionale che parlerà a nome di tutti i soggetti aderenti, nella persona di Maurizio Pallante.
E' stata ratificata la nomina della Segreteria Nazionale Operativa di cinque membri, composta da Mauro Marinari (RPTMLC), Fabrizio Tringali (Alternativa), Monia Benini (Per il Bene Comune), Maurizio Cossa (MDF), Siro Passino (Movimento Zero).
Nel corso dei prossimi due mesi si svolgeranno in ogni regione le assemblee unitarie aperte, ciascuna delle quali eleggerà due suoi portavoce nel Coordinamento Nazionale di Uniti e Diversi.
La Segreteria Operativa collaborerà con tutte le realtà locali aderenti per promuovere un calendario di incontri locali, alla presenza dei fondatori del progetto.
La Segreteria Operativa varerà a breve, in base alle indicazioni dell'Assemblea, un calendario di incontri seminariali e di laboratori nazionali tematici che avranno l'obiettivo di arricchire, precisare i temi del documento programmatico comune.

Bologna, 20 dicembre 2010

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25 anni dal referendum contro il carbone a Gioia Tauro

Da Newz.it: Legambiente, il referendum contro la centrale di Gioia serva da monito per Saline
 
"Sono trascorsi 25 anni e quella straordinaria giornata è ormai diventata una bella pagina di storia, un ricordo ma anche un monito e una lezione tornati ad essere, alla luce di recenti avvenimenti di Rossano e di Saline, fortemente attuali". Con queste parole Nuccio Barillà, dirigente nazionale di Legambiente, ha aperto l’Assemblea dei Soci del “Cigno Verde” che si è svolta ieri, mercoledì, presso la sede di via Tripepi dedicata alle riflessioni sull’impegno ambientalista a 25 anni del referendum popolare contro la centrale a carbone di Gioia Tauro. Un’occasione scelta dagli ambientalisti non solo per celebrare una data significativa, ma anche per rilanciare la battaglia contro la centrale e per lo sviluppo pulito di Saline Ioniche, diventato, suo malgrado, nuovo avamposto e simbolo della difesa del territorio. L’Assemblea, oltre alla relazione di Barillà, è stata arricchita dagli interventi di Lidia Liotta, Mariacaterina Gattuso, Marinella Arria, Paola Nasti, Antonella Politi, Mario e Carmelo De Grazia, Nicoletta Palladino. In un documento definito a conclusione dell’Assemblea, viene evidenziata l’attualità di una tappa storica e le molte analogie tra la vicenda della centrale di Gioia Tauro e quella di Saline Ioniche. Alla base della localizzazione assurda dell’impianto termoelettrico , è stato ricordato, vi fu la ghiotta opportunità fornita dal Porto, ma soprattutto la convinzione che la Calabria, costretta da una disperata condizione economica, da una fortissima emergenza occupazionale, dalla permeabilità di una classe politica ritenuta “elemosiniera” e dalla presunta fragilità e disorganizzazione della società civile, non avrebbe opposto alcuna resistenza e avrebbe ingoiato l’impianto sputa-veleno. Ciò prevedibilmente non sarebbe stato possibile in altre parti del territorio italiano. Quella volta, però, si verificò qualcosa di straordinario e sorprendente. Contro lo “schiaffo” dello Stato centrale si mobilitò quasi l’intera Calabria, sospinta dalle popolazioni direttamente interessate e dalle sue rappresentanze istituzionali e sociali. Di quella lunga lotta, durata quasi tredici anni, il referendum popolare autogestito, tenutosi il 22 dicembre 1985 in ben dodici comuni della Piana reggina e della fascia tirrenica catanzarese, fu il momento più esaltante. Schiacciante e inequivocabile la vittoria del NO, che totalizzò oltre il 97%. A favore della Centrale a carbone si espressero soltanto 933 elettori su 36.583, appena il 2,6%. L’esito dello scrutinio fu giudicato quasi unanimemente “un plebiscito, un evento straordinario, un esercizio collettivo e maturo di democrazia, un segnale di chiarezza e di speranza che va ben oltre la Calabria”. A scendere in campo nella Piana di Gioia Tauro e in Calabria, ricorda Legambiente, ci fu una popolazione variegata, il legante che tenne insieme tutti fu la paura del “mostro inquinante”, dunque la difesa dell’ambiente e della salute, quali beni assoluti e non barattabili. Fu anche, però, la presa di coscienza collettiva che una diversa via di sviluppo, scelta dal basso, capace di valorizzare, piuttosto che depredare, le risorse e di, tenere insieme le ragioni dell’ambiente e del lavoro, non solo era possibile ma era l’unica, dati alla mano, utile e proponibile per la Piana. Se il pronunciamento, corale e democratico, dei calabresi non bastò ad infrangere, subito e da solo, il muro ostinato dello Stato centrale, rappresentò il punto più alto di una lotta tenace che condusse alla vittoria finale che fece svanire l’incubo. "A distanza di 25 anni di distanza del referendum della Piana di Gioia Tauro, per un beffardo e cinico gioco non certo del destino è ancora una centrale a carbone -quella che una società privata, la SEI, vuole con complicità varie costruire a Saline Joniche, al centro dello scontro e del dibattito. Oggi come allora il confronto non è semplicemente tra chi vuole a tutti i costi imporre un impianto devastante e dannoso e chi, con ponderate ragioni, lo rifiuta. Di fronte ci sono soprattutto, due linee del tutto opposte di politica energetica e due diverse, inconciliabili, visioni della democrazia, dello sviluppo, del ruolo e del futuro della Calabria e del Sud”. La vittoria nel referendum di 25 anni fa, conclude Legambiente, è di buon auspicio perché, con la compattezza e la lotta, anche a Saline si possa allontanare l’incubo del carbone e si colga l’occasione per dare solide basi e concreti finanziamenti a uno sviluppo diverso capace di dare risposte occupazionali, rinnovabili nel tempo, e opportunità d’impresa credibili ed efficaci.

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Un po' meno carbone negli USA

Da Greenreport.it: Nel 2010 chiuse centrali per 12.000 MW

"Sierra Club, la più grande associazione ambientalista Usa, ha pubblicato il suo Outlook Dimmed for Coal 2010, il rapporto di fine anno sull'industria del carbone statunitense, che conferma che «Le prospettive per il carbone nel 2010 hanno continuato ad essere deboli, decine di proposte di nuovi impianti a carbone sono state ritirate dal tavolo e le utilities hanno annunciato il pensionamento di centrali a carbone per 12.000 MW. Mentre la legislazione federale sul clima ha avuto una fase di stallo al Congresso nel 2010, le città e gli Stati hanno preso l'iniziativa per frenare l'inquinamento pericoloso delle Big Coal e stiamo lavorando per porre fine alla morsa del carbone sulla nostra economia».

Ecco i numeri del 2010 per gli Usa: 0 nuove centrali a carbone hanno iniziato ad essere costruite; 38 nuovi progetti di impianti a carbone sono stati abbandonate o bocciati; 48 centrali a carbone per le quali è stata annunciata la chiusura (12.000 MW); 256.000 persone hanno chiesto una più forte protezione dalle ceneri tossiche del carbone (le scorie minerarie); 109 milioni di tonnellate di inquinamento da CO2 evitate; 2,6 miliardi dollari in benefici economici diretti ottenuti da impianti solari domestici.

Secondo Mary Anne Hitt, direttrice della campagna "Beyond Coal" di Sierra Club, «Il carbone è un combustibile del passato. Quello che stiamo vedendo ora è l'inizio della crescente tendenza a lasciarlo lì dove sta. E' chiaro che la via da seguire per l'America è quella dell'energia pulita e delle rinnovabili ed è quello in cui un numero crescente di utilities, sviluppatori, Stati e comunità stanno facendo i loro investimenti».
Gli ambientalisti dicono che tutta la filiera del carbone, dalla miniera, alla centrale, allo smaltimento delle scorie, non è regolamentata. Nel 2010 le proteste sono riuscite a bloccare la maggior parte dei nuovi permessi di rimozione di intere aree montane per estrarre carbone, e l'Epa, l'agenzia federale per l'ambiente, sta determinando se soddisfano i sui clean water protection standards. L'Epa ha anche chiesto di mettere il veto su una delle più grandi miniere mai proposte: Spruce mine in West Virginia.

Per Sierra Club per tutti i progetti di miniere sarà anche più difficile ottenere finanziamenti, «Ora che Pnc ed Ubs, i più grandi finanziatori del mountaintop removal mining, si sono uniti al crescente elenco di banche che attuano politiche pubbliche che limitano i loro rapporti finanziari con gli operatori che scavano il carbone all'aria aperta nelle montagne».

La corsa a costruire nuove centrali a carbone sta rallentando. Un trend iniziato nel 2001, quando è svanito il progetto di costruire più di 150 nuove centrali elettriche a carbone negli Usa. «L'opposizione dei cittadini, l'aumento dei costi e una maggiore responsabilizzazione hanno cancellato 149 di queste centrali a carbone proposte - sottolinea il rapporto - Dall' ottobre 2008, negli Stati Uniti non è iniziata la costruzione di un solo nuovo impianto a carbone negli Stati Uniti, e l'Energy Information Agency non ha attualmente nuovi progetti e nessuna nuova centrale a carbone sarà costruita fino al 2011 senza incentivi significativi».

Le preoccupazioni dell'opinione pubblica per la salute e il futuro dell'economia statunitense che le centrali a carbone sta portando un numero senza precedenti di utility Usa a chiudere gli impianti più sporchi ed obsoleti. Le 500 centrali a carbone esistenti negli Usa sono responsabili della maggior parte dell'inquinamento atmosferico, che rende pericolosa l'aria in molte aree urbane, e che contribuisce anche alla morte 24.000 americani ogni anno.

Oltre alla chiusura record di impianti per 12.000 MW di centrali elettriche a carbone, sono annunciate altre chiusure in Oregon, Arizona, Utah e Colorado, il che comporterà il ritiro di quasi il 10% dell'intera parco delle centrali a carbone nel West Usa.

La maggior parte delle centrali a carbone Usa sono state costruite prima del 1980, e in molti casi mancano moderni controlli dell'inquinamento e gli ambientalisti chiedono norme più severe.

«Il movimento di base continua a crescere e quest'anno abbiamo raggiunto il punto di non ritorno, costringendo l'industria del carbone, non solo a restare sul loro territorio, ma a cedere alle fonti energetiche più pulite - dice Verena Owen, leader dei volontari di "Beyond carbon" - L'uscita dal carbone obsoleto e sporco ha creato un enorme varco in cui è saltata l'energia pulita e sostenibile. Diversi progetti su larga scala di 'energia pulita sono stati annunciati quest'anno, creando nuovi posti di lavoro necessari e rafforzando l'economia».

Una "febbre" che ha contagiato anche le università: più di 50 campus si stanno organizzando per utilizzare energia pulita ed andare oltre il carbone. Proprio quest'anno le università di North Carolina, Illinois, Western Kentucky, Cornell e Louisville hanno assunto impegni carbon-free.

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Il gioco delle relazioni

Qualcuno parla di noi: IlCambiamento

E nel medesimo sito abbiamo trovato una interessante lettura che vi proponiamo: "Città di Transizione, intessere una rete è il punto di partenza"

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23 dicembre 2010

Ruggeri esce, Molina entra, il carbone resta

Da TrcGiornale.it apprendiamo che 
"Giuseppe Molina è il nuovo direttore della centrale di Torre Nord. Quarantadue anni, piemontese, laureato in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Torino, Molina ha ricoperto all'interno di Enel vari incarichi con crescente responsabilità. Prima di assumere la direzione della centrale di Civitavecchia ha ricoperto il medesimo ruolo presso quella di Fusina (Venezia). Molina subentra all'ingegner Ivano Ruggeri, chiamato a dirigere la centrale di Porto Tolle."

Congratulazioni e saluti a modo nostro:

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22 dicembre 2010

L'allarme arsenico resta, nonostante le deroghe alla legge.

"Arsenico nell'acqua, arriva un commissario governativo da bigNotizie

CIVITAVECCHIA - Sarà un commissario straordinario che verrà nominato dal Governo a dirimere la intricata questione relativa ai nuovi limiti dell'arsenico nell'acqua imposti dalla Comunità europea, che ha fissato il valore massimo in 10 microgrammi per litro.

Il Consiglio dei Ministri ha infatti dichiarato lo stato di emergenza su sollecitazione della presidente della Regione Lazio, Renata Polverini per 20 Comuni della Regione. E tra questi anche se la lista ufficiale non è stata ancora pubblicata, ci sarebbe per il momento anche anche Civitavecchia.
Civitavecchia pur avendo infatti concentrazioni massime che non superano in alcune zone (quelle servite dal Medio Tirreno) i 12/13 microgrammi per litro(quindi valori molto vicini alla soglia imposta dalla Ue) paga lo scotto da far parte di una Regione che chiese una deroga fino a 50 microgrammi per far fronte ed esigenze come quelle del viterbese dove l'acqua registra alte percentuali di arsenico. Deroga che è stata respinta dall'Unione europea.

Ora il neo Commissario straordinario dovrà mettere in campo azioni immediate per la salvaguardia della salute pubblica. Prima di tutto si dovrà agire sulla dearsenificazione, realizzando condutture che misceleranno acque nei limiti della normativa europea con l'acqua non a norma, in modo da abbassare la presenza media in microgrammi dell'arsenico nei limiti consentiti dall'Europa.

"In città non è però il caso di allarmarsi – ribadisce Franco Grassi del consorzio Medio Tirreno – abbiamo infatti chiesto alla Regione di scorporare Civitavecchia dall'elenco, viste le basse concentrazioni di arsenico presenti in città. In ogni modo stiamo già mettendo in atto tutte le procedure per abbattere i valori (da tempo si sta studiando un sistema per la miscelazione delle acque del Medio Tirreno prevenienti dalla Tuscia con quelle dell'Acea e del Nuovo Mignone) e daremo comunque informazioni appena di saprà qualcosa di certo a livello regionale per i provvedimenti di prendere".
Si parla comunque della possibilità, in attesa che i parametri scendano alla soglia di 10 microgrammi per litro, di vietare l'acqua per usi alimentari a donne incinte e bimbi sotto i tre anni di età.

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21 dicembre 2010

I sonetti di Giancarlo Peris. "Solo noi"

Nel teatrino della politica civitavecchiese, da sempre in larga parte subalterna agli interessi di enel, abbiamo visto in scena ripetuti spettacolini a base di dichiarazioni depistanti sulla spinosa questione della riconversione a carbone di TVN. Obiettivo: confondere e indebolire la popolazione, unita e mobilitata nella contrarietà, mediante una disinformazione mirata.
"Solo noi" è il dodicesimo sonetto in dialetto del prof. Giancarlo Peris che pubblichiamo sulle nostre pagine. Per i precedenti clicca qui.

Solo noi 21 ottobre 2001

Ha detto er Viceré, Don Craparotta,
Che la centrale elettrica a carbone,
Si nu la vo’ ‘sto popolo cojone,
In antra zona mejo la dirotta.


Indove dice che ‘n ce sarà lotta
Perché nissuno perde un’occasione
Che ‘n se presenterà er prossimo eone
A chi pe’ pranzo e cena se l’allotta.


Ma è tutto un blef perché adè tanto indegna
Que’la proposta lì pe’ la centrale
In cui er sindaco nostro se rispecchia,


Che pronto pe’ obbedi’ a que’la consegna,
In giro pe’ lo spazio siderale,
Ce sta solo er comune a Citavecchia.

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Dagli USA norme antinquinamento più severe per le centrali a carbone

Da QualEnergia.it
"La stangata dell'Epa al carbone statunitense

Un duro colpo per il carbone mentre le rinnovabili tirano un sospiro di sollievo: dagli Usa arrivano buone notizie per il clima. Al Senato è infatti passata la legge che proroga per un anno alcuni incentivi vitali per le energie rinnovabili, intanto dall'EPA (Environmental Protection Agency), l'Agenzia per la protezione dell'ambiente americana, sono in arrivo nuove regole che minacciano di far chiudere un bel po' di centrali a carbone: a rischio impianti per un totale di 50-70 GW. Una frenata brusca per questa fonte che fornisce circa metà della produzione elettrica statunitense e che ha un peso enorme in termini di emissioni e inquinamento

A colpire le centrali non sarà tanto la possibilità - contestata politicamente e dal destino non ancora certo - che l'EPA regolamenti le emissioni di anidride carbonica, cosa che impedirebbe di costruire centrali senza cattura della CO2, bensì altre norme già sul piatto dell'Agenzia. Regole che porranno standard più severi per inquinanti diffusi dalla combustione del carbone come mercurio, diossido di zolfo e altre sostanze tossiche. Norme che inoltre potranno obbligare a trattare con più rigore lo smaltimento delle ceneri del carbone, normeranno l'uso dell'acqua negli impianti e potrebbero anche imporre l'adozione di torri di raffreddamento per proteggere gli ecosistemi dalle temperature delle acque scaricate dalle centrali (su Grist.org un esaustivo dossier sulla questione).

Novità che spaventano alquanto l'industria del carbone: sono già diversi i report che quantificano l'impatto delle nuove regole. Per uno studio di FBR Capital Markets, ripreso da Reuter, a seconda del prezzo del gas naturale (sostituto ideale del carbone), entro il 2015 potrebbero essere fermate centrali per 30-70 GW di potenza. Secondo un'altra società di consulenza, Brattle Group, le nuove regole comporterebbero per l'industria investimenti fino a 180 miliardi di dollari e farebbero fermare impianti a carbone per 50 GW. Se poi passasse anche l'obbligo di dotarsi di torri di raffreddamento questo comporterebbe uno stop per altri 11-12 GW di impianti e altri 30-50 miliardi di investimenti. A chiudere poi non sarebbero solo le centrali piccole o “in età pensionabile”: un terzo di quelle che si fermeranno, secondo le previsioni, avranno meno di 40 anni e saranno di taglia superiore ai 500 MW.

Al 2020 le regole dell'EPA potrebbero nel complesso far calare del 15% la domanda di carbone (sostituita in parte da un aumento del 10% di quella di gas naturale) e comporterebbero una riduzione di emissioni di CO2 pari a 150 milioni di tonnellate (Mt). Un taglio abbastanza sostanzioso: pari ad un terzo delle emissioni del nostro paese (456,4 Mt circa al 2007) e consistente anche se rapportato alle emissioni totali degli Usa (5.838 Mt circa al 2007). E a ringraziare non sarà solo il clima: il tributo che gli Usa pagano attualmente al carbone è alto anche in quanto a danni sanitari. Un recente studio di Clean Air Task Force (qui in pdf) stima che l'inquinamento atmosferico delle centrali a carbone nel 2010 farà morire prematuramente circa 13mila statunitensi e causerà un danno di 100 miliardi di dollari.

Insomma, dall'Agenzia per la protezione ambientale – e non dagli eletti – arriva uno dei colpi più duri alle emissioni di CO2 e all'inquinamento negli Stati Uniti. Intanto, come anticipavamo, il Senato, ha votato una legge che, se non particolarmente coraggiosa, consente almeno al mondo dell'energia pulita statunitense di stare tranquillo per un altro anno. Con un provvedimento approvato nei giorni scorsi infatti sono stati prorogati una serie di incentivi fondamentali per le rinnovabili statunitensi. In particolare continuerà il "Section 1603 Treasury cash grant", introdotto con il pacchetto stimolo del 2009, che sostituisce con un finanziamento "cash" quello che prima era uno sgravio fiscale del 30% sulla costruzione di impianti a rinnovabili: una misura che ha avuto un ruolo fondamentale nel difendere il settore dalla stretta creditizia.

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