No al carbone Alto Lazio

4 luglio 2011

Negli USA "La guerra del carbone"

Dal Manifesto del 1/7/2011, un articolo di Marina Forti

la Florida Public Services Commission (la commissione statale che valuta e approva impianti di servizio pubblico) ha rifiutato di concedere la licenza a una grande centrale elettrica a carbone - un impianto da 1.960 megawatt, 5,7 miliardi di dollari di investimento - perché l'azienda interessata non è riuscita a dimostrare che costruire quell'impianto era più economico che investire in efficienza, conservazione dell'energia e in energie rinnovabili

Segue il testo integrale
"Chiudere le centrali elettriche a carbone negli Stati uniti «potrebbe essere più facile di quello che sembra», scrive Lester Brown, fondatore del Earth Policy Institute di Washington, nell'ultimo articolo messo sul suo sito web. «Nonostante una campagna, generosamente finanziata dall'industria, per promuovere il «carbone pulito», gli americani si stanno rivoltando contro il carbone», nota Brown, e riferisce come negli ultimi anni si sia rafforzato «un movimento contro la costruzione di nuove centrali a carbone» negli Stati uniti. All'inizio sono stati alcuni casi locali di resistenza, ma è «presto diventata un'ondata nazionale di opposizione da parte di gruppi ambientali, per la salute, di agricoltori e di comunità locali». Interessante: non è il tipo di notizia che i grandi media ci riferiscono spesso da oltre oceano. E un rapporto compilato dal Sierra Club, una delle più grandi e note organizzazioni ambientaliste statunitensi, dà ragione a Brown: sul suo sito tiene un elenco aggiornato delle centrali a carbone del paese e risulta che dal 2000 a oggi 152 impianti sono stati chiusi o bocciati.
Il punto di svolta in quella che Brown chiama «la guerra del carbone» è avvenuto nel giugno del 2007, quando la Florida Public Services Commission (la commissione statale che valuta e approva impianti di servizio pubblico) ha rifiutato di concedere la licenza a una grande centrale elettrica a carbone - un impianto da 1.960 megawatt, 5,7 miliardi di dollari di investimento - perché l'azienda interessata non è riuscita a dimostrare che costruire quell'impianto era più economico che investire in efficienza, conservazione dell'energia e in energie rinnovabili (come sostenevano invece gli avvocati di EarthJustice, organizzazione di giuristi ambientalisti). Questa sconfitta «dati economici alla mano», insieme alle manifestazioni pubbliche di protesta contro nuove centrali a carbone in Florida, hanno fatto sì che dopo la prima altre quattro imprese ritirassero la propria richiesta di licenza. Poco dopo il movimento ha registrato una vittoria a Wall Street: su pressione di un'altra organizzazione ambientale, il Rainforest Action Network, nel febbraio 2008 quattro importanti banche d'investimento (Morgan Stanley, Citi, J.P. Morgan Chase e Bank of America) hanno annunciato che presteranno denaro per centrali a carbone solo se le aziende sapranno dimostrare che è economicamente redditizio alla luce dei maggiori costi dovuti alle future restrizioni federali sulle emissioni di gas di serra. L'estate scorsa le stesse banche (più Wells Fargo) hanno annunciato che non finanzieranno più l'estrazione di carbone a cielo aperto (il cosiddetto mountaintop removal, «scoperchiare la cima della montagna»), anche questo su pressione del Rainforest Action Network - e di alcune importanti battaglie che hanno coinvolto ampi movimenti locali.
Altre difficoltà per gli impianti a carbone sorgono a causa dei reflui, uno dei grandi rpoblemi irrisolti di questa industria energetica: che fare delle ceneri risultanti dalla combustione, oggi accumulate in 194 discariche e 161 vasche di contenimento in 47 stati Usa: sono ceneri piene di arsenico, piombo, mercurio e altre sostanze tossiche; l'Ente federale di protezione ambientale (Epa) ha individuato 98 siti che stanno contaminando le falde acquifere, e una nuova raffica di normative di sicurezza è in arrivo. «Ora che gli Stati uniti hanno in effetti una quasi moratoria de facto sulla licenza di nuove centrali a carbone, diversi gruppi ambientali stanno cominciando a fare campagna per la chiusura di quelle esistenti», conclude Brown - segue un elenco di impianti di cui è prevista la chiususa a breve. Del resto, fa notare, se gli altri 49 stati Usa portassero la propria efficienza energetica al livello dello stato di New York, l'energia risparmiata basterebbe a rendere inutile l'80% delle centrali alimentate a carbone in tutti gli Usa.

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2 luglio 2011

La Spezia, il clima torna caldo sul problema carbone

Il blog Speziapolis propone un doppio articolo per dar conto delle prospettive che si propongono per il futuro della centrale a metano e carbone "Eugenio Montale" di La Spezia. Clicca sui seguenti link per leggere:

  1. prima parte
  2. seconda parte
Gli scritti contengono il resoconto di un convegno tenutosi qualche giorno fa presso la sala della Provincia su questo tema,  nel corso del quale la presentazione del dott. Ghirga (medico ISDE) "La valutazione parziale del danno alla salute ed all'ambiente causato dalla combustione del carbone" ha fatto la parte del leone.

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I ghiacci si sciolgono, il riscaldamento globale è arrivato: agire entro il 2020 o catastrofe

Dal blog di Cianciullo su Repubblica
"Sembra che il tema del cambiamento climatico sia passato di moda: i governi glissano sugli impegni e lo spazio sui media è notevolmente diminuito. Eppure il trend che si ricava dai rapporti degli enti più autorevoli continua a segnare allarme rosso. L’ultimo studio è quello della National Oceanic and Atmospheric Administration, l’agenzia oceanografica degli Stati Uniti. Ci dice che i ghiacciai della Groenlandia si stanno fondendo ad una velocità mai registrata dal 1958 (battendo dell’8 per cento il record precedente), e quelli del Mar Artico hanno subito una fortissima riduzione (la terza in ordine di importanza da quando il fenomeno viene misurato). Sempre la Noaa aggiunge che il 2010 è stato il secondo anno più caldo dalla metà dell’Ottocento.
“Il rapporto mette in chiaro una cosa: il riscaldamento globale non sta arrivando, è già qui – ha commentato Edward Markey, capogruppo democratico della commissione risorse naturali – e ora dobbiamo trovare il modo di bloccare questo riscaldamento e farlo in fetta”. Resta da vedere in che modo. Dopo il fallimento politico del vertice di Copenaghen e il profilo modesto della successiva riunione Onu a Cancun, il timone della battaglia contro il caos climatico è stato sostanzialmente affidato all’industria. Che per la verità se la sta cavando piuttosto bene: i fatturati della green economy crescono in tutto il mondo e la quota di energia pulita aumenta a un ritmo fino a ieri imprevisto. Il sistema produttivo sta cambiando in senso virtuoso, ma – a causa della crescita demografica e della crescita dei consumi pro capite – l’inquinamento continua ad aumentare mentre il pericolo climatico cresce. Per quanto tempo la politica potrà ancora restare alla finestra delegando ad altri una delle sue funzioni fondamentali, garantire la sicurezza dei cittadini?

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Porto Tolle, con la modifica della legge il Parco Delta del Po a rischio

Da RovigoOggi
L'associazione Lega italiana protezione uccelli impugna carta e penna e scrive ‘indignata’ al governatore della regione, Luca Zaia, per la modifica della legge 30 del parco Delta del Po. L’associazione ambientalista è assai preoccupata per la fauna del parco naturale che, con la riconversione della centrale, ‘potrebbe’ essere seriamente compromessa.
“Il bene comune e la somma di ciò che è necessario nell'interesse di tutti - cita la nota scritta da Luciano Marangoni delegato provinciale della Lipu - gli interessi dei singoli tutti insieme non fanno il bene comune ma la somma dei singoli interessi. Il carbone non e’ necessario ed e’ anzi inopportuno sia per la salute delle persone (asma, bronchite, tumore hanno anche un enorme costo sociale), sia per le attività economiche tradizionali dell’area del Parco del Delta del Po”.
Luciano Marangoni prosegue poi ribadendo il concetto che “personalmente non mi ritengo contrario alla riconversione della centrale ma sono assolutamente convinto della necessita’ che avvenga utilizzando il gas del rigassificatore che si trova lì accanto, o meglio ancora l'avvio di una centrale fotovoltaica, sappiamo entrambi che occorre velocizzare da subito l’utilizzo di energie rinnovabili, e questa sarebbe un’ottima occasione”.

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30 giugno 2011

Ancora immagini dall'estate 2011 a Civitavecchia

CIVITAVECCHIA MARE 2011

Ecco il risultato dell'inquinamento su Civitavecchia come risultato dell'interazione tra le varie fonti di veleni. Foto diffusa in rete da liberi cittadini.

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Moscherini allo scoperto, disboscata la Frasca per far posto al Terminal Cina

Da BigNotizie
"Offensive per l'intelligenza dei cittadini. Non sono definibili altrimenti le recenti affermazioni del sindaco Moscherini in relazione alla compatibilità tra la realizzazione del terminal China/Asia e la necessità di mantenere e riqualificare la costa e la pineta della Frasca – scrivono in una nota stampa congiunta Roberta Galletta (presidente sezione locale di Italia Nostra) e Simona Ricotti (responsabile della sezione civitavecchiese del Forum ambientalista) - Probabilmente convinto che tutti i cittadini corrispondano agli stessi requisiti di narcotizzazione ed acquiescenza di quanti lo circondano, il Primo cittadino continua a propinare falsità che i cittadini oramai hanno ben capito essere tali.

Fatto testimoniato chiaramente dalle centinaia di cittadini che hanno partecipato alla manifestazione del 10 giugno scorso contro lo scellerato abbattimento di quasi 2000 pini alla Frasca, e che, chiunque non sia in malafede, ha letto come correlato, anche se indirettamente, con i progetti di cementificazione dell'intera area.

Vogliamo ancora una volta ricordare che secondo il progetto di massima circolante dal 2006 la realizzazione del Terminal Asia prevede una cassa di colmata di 3.000.000 di m3 che darebbe vita ad una banchina lunga ca. 1 Km e 700 m e larga tra i 400 e i 600 m, per una superficie di 1.000.000 di m2, coronata in mare aperto da un nuovo antemurale di ca. 2 Km e, alle spalle, da una bretella stradale di 5 KM e un tronco ferroviario di 1 Km e 600 m. Il tutto collocato immediatamente a nord di Torre Valdaliga fino a occupare per il primo tratto superstite della pineta de La Frasca che, aggredita via mare dal traffico di navi gigantesche, via terra da bretelle stradali e rotaie, finirebbe per sparire definitivamente, risucchiata in pieno ambito portuale e trasformata, per giunta in parte e a tempo determinato, in un patetico campeggio artificiale, adagiato sul "ridente" accesso nord di un porto dall'impatto devastante.

Non può che mentire - continuano - sapendo di farlo chi, come il sindaco Moscherini afferma che una tale mostruosità non andrebbe a compromettere in maniera irreversibile l'area verde della pineta (dichiarata Bene di Notevole interesse ambientale com DM del 1975 e del 1985), i fondali del mare antistante la costa nel tratto tra la centrale ENEL di Torrevaldaliga e Sant'Agostino (dichiarati Sito di Interesse Comunitario SIC IT6000005) nonché le varie preesistenze archeologiche ivi esistenti (vincolate con due decreti di vincolo archeologici rispettivamente del dicembre 2008 e dell'aprile 2009).

Ormai il giochetto degli annunci, conditi di palizzate e barbecue, non convince più nessuno; se veramente il Sindaco, l'assessore Pierfederci e quant'altri vogliono persuadere la cittadinanza di voler lavorare per la valorizzazione della Frasca si adoperino, come in loro potere, per sveltire l'iter di approvazione del progetto di riqualificazione presentato nel gennaio 2010 dall'Autorità Portuale in Regione, per il quale, peraltro, sono disponibili cinque milioni di euro, e diano il loro avallo, finora palesemente ed ufficialmente negato, alla realizzazione del Monumento Naturale.

Altrimenti abbiano il coraggio di dire ai civitavecchiesi che la Frasca deve sparire per realizzare un progetto a tutto vantaggio dell'incremento dei profitti aziendali di società private, quali la Centrale Finanziaria di Giancarlo Elia Valori (Espresso 09.10.2010), con cui il Primo Cittadino ha, peraltro già firmato, sin dal 5 marzo 2008, uno specifico protocollo d'intesa e magari, per amor di trasparenza, raccontino pure che, proprio in queste ore, la cinese HNA sta acquistando sostanziose quote societarie della stessa (Sole 24ore 08.06.2011).

Insomma - concludono Galletta e Ricotti - abbia il coraggio di dire, il Primo Cittadino, che invece di rispondere alle istanze dei civitavecchiesi, che chiaramente si sono espressi per il mantenimento della Frasca e contro la realizzazione del terminal Asia, è molto più propenso a rispondere a quelle di grandi privati e/o multinazionali straniere. Se non altro, nessuno potrebbe rinfacciargli di non essere stato chiaro.

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26 giugno 2011

Legambiente Veneto: Zaia perde il suo tempo, convinca enel a riconvertire a metano

Da LegambienteVeneto una risposta ai troppo facili proclami di vittoria delle lobby pro-carbone sulla riconversione a Porto Tolle

"In Legambiente strappa un sorriso l’eccessivo ottimismo del governatore del Veneto Zaia che dichiara: “Oggi la giunta regionale ha chiuso la partita della centrale Enel di Porto Tolle” annunciando l’approvazione in Giunta regionale di un disegno di legge che va a modificare l’articolo 30 della legge regionale n. 36 del 1997, istitutiva del Parco regionale del Delta del Po.

“Se Zaia ritiene che il problema sia risolto – dichiara Michele Bertucco, presidente di Legambiente Veneto – si sbaglia di grosso. Non solo perché la nostra opposizione non cesserà, ma soprattutto perché le ragioni che hanno portato il Consiglio di Stato ad annullare la riconversione a carbone non verranno meno”.

All’associazione ambientalista appare pura retorica, buona per tener buoni i sostenitori del carbone, l’affermazione, sempre di Zaia, che “la modifica dell’art. 30, come prevista nel provvedimento che è stato adottato, e che è stato inviato al consiglio regionale per l’approvazione definitiva, ci permetterà di recuperare quasi il 90 per cento del lavoro fatto in questi sei anni”.

Tale sicurezza cozza contro la sentenza del Consiglio di Stato dove si dice che è ammissibile “una differente alimentazione solo a condizione che siano utilizzate “fonti alternative di pari o minore impatto ambientale”. Il problema è proprio qui: Enel, salvo asserire falsità, non potrà mai dimostrare che il carbone ha “pari o minore impatto ambientale”. Oppure la Regione Veneto vorrà legiferare per alimentazioni peggiorative nel Delta del Po?

Quand’anche una eventuale nuova legge regionale riuscisse, con artifici, a ignorare tali limitazioni, resterebbe in piedi la normativa nazionale sulla VIA, scoglio difficilmente aggirabile.

Ma la sentenza non si limitava alla questione alimentazione. Richiamava il parere dell’Arpa Veneto e la decisione della Commissione Regionale Via che prospettava ad Enel, pur in un parere favorevole, alcune decine di raccomandazioni e prescrizioni. Cancellare anche le riserve dei tecnici regionali?

Potrà poi l’Enel riproporre lo stesso progetto ignorando le linee guida comunitarie relative ai grandi impianti di combustione per quanto riguarda le emissioni, così come ha rilevato il Consiglio di Stato?

“Ci permettiamo – conclude Bertucco - di consigliare al governatore Zaia, alla Giunta regionale e al Consiglio di dedicare le proprie attenzioni ed energie a convincere l’Enel a riconvertire a gas Porto Tolle. Ne guadagnerà il Delta del Po, la sua popolazione e il Veneto si avvierà sulla augurabile strada della riconversione pulita del proprio apparato energetico

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Riconversione a carbone Polesine Camerini (Porto Tolle), proposta di referendum popolare

Da IlRestodelCarlino

"L'ormai annosa questione relativa alla riconversione della centrale di Polesine Camerini sta assumendo aspetti davvero surreali". Lo scrive il coordinamento polesano della federazione della sinistra. Poi prosegue: "I difensori del carbone non vogliono nemmeno sentir parlare di altre soluzioni, che permetterebbero maggior attenzione per il territorio e la salute della popolazione, nonché il rispetto della legge. Si difendono a spada tratta le indicazioni di ENEL, anche se da 10 anni a questa parte (ricordiamo la vicenda dell'orimulsion) quest'azienda non ha dimostrato particolare rispetto per questo territorio".

"Dall'altra parte c'è chi, preoccupato per i danni all'ambiente, alla salute e alle attività economiche legate al Parco, quali la pesca, l'agricoltura, il turismo e il commercio, dice no al carbone e propone alternative diverse, tra cui il metano.Come uscire positivamentedaquesta situazione? Modificando frettolosamente la Legge Regionale sul Parco per cercare di rendere quasi inutile la sentenza del Consiglio di Stato? Cosa probabimente inutile, perché tale sentenza dice chiaramente che l'unico problema non è costituito dalla legge regionale, ma da normative superiori e da un'incompatibilità sostanziale del carbone con quest'area. Senza contare la pessima immagine che la legge si piega all'interesse dei potenti".

"Che ricorda un po' le classiche situazioni all'italiana in cui, quando si riscontrano superamenti dei parametri ambientali in una data area, anziché intervenire sugli inquinanti... si alzano i parametri! Il modo migliore, insomma, per far perdere ulteriore fiducia nelle Istituzioni da partedei cittadini. Piuttosto, visto che, fortunatamente, siamo ancora in democrazia, invece di forzature perlomeno discutibili, invece di affrettare audizioni in cui si darà inevitabilmente ragione a chi "conta" di più a livello economico e politico, perché non si chiede il parere ai cittadini, che con quella centrale dovranno convivere?"

"Si promuova subito un referendum che coinvolga, oltre alla popolazione polesana, anchegli abitanti del Basso Veneziano e del Delta del Po Ferrarese. Chiediamo a loro se sono d'accordo nel modificare la legge sul Parco, ovvero se sono disponibili ad accettare combustibili più inquinanti del metano per compiacere agli azionisti ENEL.Potremmo anche porre il quesito sotto forma di due alternative: volete che la centrale sia riconvertita a carbone o a metano? O, meglio ancora, volete che la centrale sia riconvertita a carbone o che diventi un polo di ricerca, sviluppo e prosuzione di energie rinnovabili?Alla volontà popolare chiediamo a tutti di inchinarsi, ENEL e governo compresi.E se dal referendum l'ipotesi carbone dovesse risultare sconfitta, il governo dovrebbe costringere ENEL (che in parte è anche sua!), nell'interesse nazionale, ad avviare una riconversione che metta insieme l'esigenza di un approvvigionamento energetico sicuro e sostenibile con lo sviluppo e la salvaguardia di un'area che potrebbe diventare strategica per il Paese."

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25 giugno 2011

L'Ass. "Fare ambiente" propone l'eliminazione di ogni limite di emissioni dalla legge del parco Delta del Po

"Fare ambiente" si chiama, ma si legge "Lobbismo mascherato". Ovvero come un soldatino dei poteri forti indossa una falsa maglietta ambientalista per servire il padrone.

"Renzo Marangon, in qualità di coordinatore di Fare Ambiente di Rovigo, ma anche ex assessore regionale all'urbanistica, propone l'abrogazione completa del primo comma dell'articolo 30 della legge costituiva l'Ente parco Delta del Po, quello che il DDL di Zaia intende modificare per spiianare la strada all'approvazione della riconversione a carbone di Porto Tolle.

La delibera di giunta secondo Marangon è infatti "troppo artificiosa" (SIC).

Fonte: Rovigooggi

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Modifiche all'art. 30 della legge regionale 8 settembre 1997, n. 362 Norme per l'istituzione del parco regionale del Delta del Po

Ecco come il presidente della Regione Veneto Zaia si è mosso per modificare quella Legge che impedisce alla riconversione a carbone di Porto Tolle di essere approvata.

Nell'Allegato A al DDL "Modifiche all'art. 30 della legge regionale 8 settembre 1997, n. 362 Norme per l'istituzione del parco regionale dei Delta del Po" si legge:

"Il presente disegno di legge risponde all'esigenza di aggiornare la nomiativa regionale relativa alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica nell'ambito delle aree afferenti ai comuni ricadenti nel Parco regionale del Delta del Po a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 3107 dei 2011 riguardante la realizzazione della centrale termoelettrica di Porto Tolle, alimentata a carbone e biomasse vergini.

La decisione del Consiglio di Stato, che ha annullato il giudizio di compatibilità ambientale sul progetto di trasformazione a carbone della centrale termoelettrica di Porto Tolle, rilasciato dal Ministero dell'Ambiente nel 2009, si fonda sulla previsione dell'articolo 30, della legge regionale 8 settembre 1997, n. 36, che, a parere del giudice, "si limita ad esprimere - in considerazione delie esigenze di protezione die la specificità del territorio considerato evidentemente pone - un'opzione del legislatore regionale di preferibilità per gli impianti alimentati a gas metano, ammettendo una differente alimentazione solo a condizione che siano utilizzate fonti altemative di pari o minore impatto ambientale".

E noto che il gas metano è tra i combustibili fossili meno inquinanti, se non il meno inquinante di tutti, date le sue basse produzioni di diossido dì carbonio e di ossido di nitrogeno e le basse emissioni di particelle solide e di ceneri; risulta pertanto evidente la difficoltà di applicare la nomnativa regionale laddove si vogliano utilizzare, come prevede l'articolo 30, altre fonti alternative al gas metano purché di pari o minore impatto ambientale. Peraltro, trattasi di disposizione di legge datata nel tempo che non tiene conto delle nuove tecnologie di abbattimento degli inquinanti per impianti diversi dal metano.

Stante quanto sopra, si propone pertanto un'integrazione alla normativa ìn parola che, pur mantenendo le previsioni di particolare restrizione per i nuovi impianti, consenta, ove vi siano impiantì già esistenti, di poter applicare una disciplina meno rigida ma altrettanto garantista del rispetto delle emissioni in atmosfera e della qualità ambientale, in osservanza alle nonne statali già esìstenti.

Va, infine, rilevato come il presente disegno di legge sia il frutto, a seguito di un percorso concordato con le partì socialì/sindacali/istituzìonali, di un approfondimento operato dalle competenti strutture regionali costituite in Gruppo dì Lavoro ex Dgr n. 711 del 24 maggio 2011, con le direzioni dei competenti Ministeri."

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Porto di Savona, nuvole di polvere di carbone invadono l'aria

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Fenomeno già osservato anche da noi a Civitavecchia, dove sul litorale da qualche anno, periodicamente le imbarcazioni ormeggiate vengono sporcate da polvere nera di indubbia provenienza.

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