Riceviamo e con piacere pubblichiamo questo contributo di Giulio Carra.
"Nell’alto Lazio la Centrale TVN di Civitavecchia (RM) non metterebbe in pericolo soltanto la salute dei cittadini e l’economia dell’intera area.
Il caso prende spunto da una conferenza stampa convocata dal Sindaco di Tarquinia alcuni giorni fa in relazione alla Centrale TVN di Civitavecchia. Ormai pressato dall’opinione pubblica, in un primo momento tutti avevano ipotizzato che il primo cittadino
volesse chiaramente prendere posizione sul problema anche alla luce degli intenti espressi di recente dall’Università Agraria e del Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca (che raccoglie oltre venti comuni del comprensorio) di partecipare alla Manifestazione di protesta indetta, per il 24 maggio prossimo, dal “Comitato Cittadini Liberi per la Difesa della Salute e dell’Economia”.
Ben presto ci si è resi conto, però, che la realtà fosse un’altra. Comunica ai giornalisti presenti che ad aprire le trattative con l’Enel, per i cosiddetti interventi compensativi, non sia stato lui (di centro-sinistra) bensì la precedente amministrazione di centro-destra esibendo un vecchio documento del 19 dicembre 2002 relativo all’esame di un protocollo d’intesa, stipulato nel corso di una riunione al Ministero delle Attività Produttive, alla quale parteciparono la Regione Lazio, la Provincia di Roma, l’Enel, i comuni di Civitavecchia, Santa Marinella, Tolfa e Tarquinia.
Tralasciando il fatto che basterebbe rileggere le cronache giornalistiche di quel periodo o, forse, in maniera più asettica, quanto affermato nella sentenza n.5481 del Tribunale Amministrativo del Lazio dove chiaramente vi è scritto che, ad eccezione del Comune di Civitavecchia, nessuno dei comuni interessati e quindi anche Tarquinia, nel successivo 2003, non ratificò mai quel protocollo di intesa, non si riesce a capire perché si sia voluto ad ogni costo, oggi, reinnescare pericolose micce politiche quando proprio il Presidente dell’Università Agraria, Antonelli (ed occorre darne atto), avesse fatto tanto per andarle a smorzare. Non volendo entrare in merito alle diatribe che poi si sono, oggi, di nuovo scatenate, crediamo che la sortita del Sindaco Mazzola non faccia altro che confermare indirettamente la presenza di approcci recenti tra Enel e Comune di Tarquinia. Altrimenti non si spiegherebbe il perché ci si affanni a dimostrare che siano stati altri ad averli di fatto iniziati prima di lui e tanto tempo fa. Non si comprende, però, come mai sia così tanto difficile doverlo dichiarare apertamente.
Ma la storia sulla quale vogliamo soffermarci non è questa e sotto certi aspetti è molto più triste.
A quella conferenza stampa fatta nel suo ufficio, nella sede pubblica del Comune, solo alcuni giornalisti sono stati invitati, altri sono stati lasciati a casa, altri ancora, addirittura, non sono stati fatti entrare prendendo a pretesto, se pur conosciuti, che non sono iscritti all’Ordine Nazionale. Che curioso paese l’Italia: c’è chi chiede a gran voce l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti e chi, invece, se ne fa scudo per comunicare soltanto, probabilmente, con chi è gradito.
Ma, fuori di quella porta, sono stati trattenuti anche alcuni rappresentanti dell’opposizione e ben presto da dentro quella stanza, invece, sono iniziate ad uscire urla e turpiloqui allorquando alcuni giornalisti, rischiando di essere materialmente cacciati, hanno iniziato a porre domande sicuramente non tanto gradite al Sindaco.
Perché parliamo di questi fatti? Purtroppo sono alcuni mesi che nell’Alto Lazio un’informazione corretta a 360 gradi sul carbone è assicurata soltanto da alcune e davvero poche testate giornalistiche telematiche, mentre per tutto il resto, e soprattutto da parte della carta stampata, radio e televisioni, si assiste ad un ignobile balletto di reticenze o, al contrario, di grandi spazi dedicati ad alcuni particolari, che in questa brutta “storia carbonara”, dovrebbero esclusivamente “filtrare” e raggiungere l’opinione pubblica.
Ora fa davvero male, nelle città dell’Alto Lazio, vedere giovani colleghi giornalisti, con gli occhi lucidi di rabbia, sfogarsi e confessare di essere stati senza scrupoli imbavagliati e censurati ufficialmente dalle redazioni centrali di blasonati giornali che invece ogni giorno, come prime donne su una passerella di una sfilata di moda, dalle loro colonne fanno sfoggio della parola “Libertà”.
Si parla di articoli scomodi mai pubblicati e di altri tagliati ad arte se non quando addirittura completamente rimaneggiati e stravolti nel senso. Non basta: ma sembrerebbe ormai certo che politici od amministratori di questa zona prendano contatto direttamente con i responsabili delle redazioni locali cercando di far rimuovere questo o quel giornalista.
Solo indebite interferenze non nuove alla storia del giornalismo italiano o dietro di esse si nascondono e celano ben altre cose?
Questa situazione mi fa ritornare indietro nel tempo di qualche decennio. Giovane cronista, rifiutai denaro, case e carriera per non tacere, e dopo essere stato redarguito anch’io dalla redazione centrale di un “bel” giornale, in pieno Consiglio Comunale, quello di Tarquinia, un’esponente dell’allora maggioranza urlò: “Cacciate Carra!”. Questo per aver dato notizia di un’inchiesta aperta dalla magistratura su alcuni esponenti politici dell’epoca. Ora determinati personaggi sono scomparsi dalla scena ed altri sono morti. Ma le tinte fosche sembrano essere, oggi, le stesse di allora.
Ho voluto ricordare questa personale storia, ormai sepolta, soltanto per dire che, purtroppo, non c’è niente di nuovo sotto il sole e per ricordare a quei giovani colleghi con gli occhi lucidi di rabbia che fortunatamente la libertà non è un articolo di legge che possa essere abrogato semplicemente con un colpo di mano. E’ un anelito dell’uomo, un principio socio-istituzionale ed allo stesso tempo una prassi che deve essere di giorno in giorno ribadita, professata, esercitata, strappata, attimo per attimo, dai vortici degli interessi particolari, costi quel che costi. Ma non ci si rassegni mai al silenzio. E’ davvero curioso che la stampa in genere sia ritornato a parlare di eventuali accordi ed incontri relativi agli interventi compensativi solo dopo una “pasquinata internettiana” a nome di un sedicente “Gasparino il Carbonaro”!
Francamente non so che tipo di 25 Aprile si sia mai festeggiato da queste parti alla luce di tali spigolature a margine.
Si avrebbe voglia di scrivere al Presidente della Repubblica, ai Prefetti di Roma e Viterbo, ma non vogliamo disturbarli per così tanto poco. In fondo la “Democrazia” è ben radicata nella coscienza del Popolo dell’Alto Lazio ovunque voti, e può anche ben sopportare colpi bassi di questa natura. Speriamo soltanto che la semplice eco delle cose che qui accadono possano giungere alle loro orecchie e che, in questa “storia carbonara”, ci siano ancora magistrati che non abbiano paura di essere trasferiti, come purtroppo è già successo. Se indagini dovranno mai essere aperte sugli iter burocratici di questa centrale e quanto altro non ci si basi sulle voci, sulle chiacchiere, sulle dicerie, sulle intercettazioni telefoniche, ma soltanto inforcando gli occhiali (perché bastano e sono sufficienti) per guardare quello che sta scorrendo davanti agli occhi di tutti.
Mettiamo a disposizione queste pagine, in ogni caso, di chi fosse censurato e volesse invece parlare, esprimendogli, al contempo, tutta la nostra solidarietà.
volesse chiaramente prendere posizione sul problema anche alla luce degli intenti espressi di recente dall’Università Agraria e del Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca (che raccoglie oltre venti comuni del comprensorio) di partecipare alla Manifestazione di protesta indetta, per il 24 maggio prossimo, dal “Comitato Cittadini Liberi per la Difesa della Salute e dell’Economia”.
Ben presto ci si è resi conto, però, che la realtà fosse un’altra. Comunica ai giornalisti presenti che ad aprire le trattative con l’Enel, per i cosiddetti interventi compensativi, non sia stato lui (di centro-sinistra) bensì la precedente amministrazione di centro-destra esibendo un vecchio documento del 19 dicembre 2002 relativo all’esame di un protocollo d’intesa, stipulato nel corso di una riunione al Ministero delle Attività Produttive, alla quale parteciparono la Regione Lazio, la Provincia di Roma, l’Enel, i comuni di Civitavecchia, Santa Marinella, Tolfa e Tarquinia.
Tralasciando il fatto che basterebbe rileggere le cronache giornalistiche di quel periodo o, forse, in maniera più asettica, quanto affermato nella sentenza n.5481 del Tribunale Amministrativo del Lazio dove chiaramente vi è scritto che, ad eccezione del Comune di Civitavecchia, nessuno dei comuni interessati e quindi anche Tarquinia, nel successivo 2003, non ratificò mai quel protocollo di intesa, non si riesce a capire perché si sia voluto ad ogni costo, oggi, reinnescare pericolose micce politiche quando proprio il Presidente dell’Università Agraria, Antonelli (ed occorre darne atto), avesse fatto tanto per andarle a smorzare. Non volendo entrare in merito alle diatribe che poi si sono, oggi, di nuovo scatenate, crediamo che la sortita del Sindaco Mazzola non faccia altro che confermare indirettamente la presenza di approcci recenti tra Enel e Comune di Tarquinia. Altrimenti non si spiegherebbe il perché ci si affanni a dimostrare che siano stati altri ad averli di fatto iniziati prima di lui e tanto tempo fa. Non si comprende, però, come mai sia così tanto difficile doverlo dichiarare apertamente.
Ma la storia sulla quale vogliamo soffermarci non è questa e sotto certi aspetti è molto più triste.
A quella conferenza stampa fatta nel suo ufficio, nella sede pubblica del Comune, solo alcuni giornalisti sono stati invitati, altri sono stati lasciati a casa, altri ancora, addirittura, non sono stati fatti entrare prendendo a pretesto, se pur conosciuti, che non sono iscritti all’Ordine Nazionale. Che curioso paese l’Italia: c’è chi chiede a gran voce l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti e chi, invece, se ne fa scudo per comunicare soltanto, probabilmente, con chi è gradito.
Ma, fuori di quella porta, sono stati trattenuti anche alcuni rappresentanti dell’opposizione e ben presto da dentro quella stanza, invece, sono iniziate ad uscire urla e turpiloqui allorquando alcuni giornalisti, rischiando di essere materialmente cacciati, hanno iniziato a porre domande sicuramente non tanto gradite al Sindaco.
Perché parliamo di questi fatti? Purtroppo sono alcuni mesi che nell’Alto Lazio un’informazione corretta a 360 gradi sul carbone è assicurata soltanto da alcune e davvero poche testate giornalistiche telematiche, mentre per tutto il resto, e soprattutto da parte della carta stampata, radio e televisioni, si assiste ad un ignobile balletto di reticenze o, al contrario, di grandi spazi dedicati ad alcuni particolari, che in questa brutta “storia carbonara”, dovrebbero esclusivamente “filtrare” e raggiungere l’opinione pubblica.
Ora fa davvero male, nelle città dell’Alto Lazio, vedere giovani colleghi giornalisti, con gli occhi lucidi di rabbia, sfogarsi e confessare di essere stati senza scrupoli imbavagliati e censurati ufficialmente dalle redazioni centrali di blasonati giornali che invece ogni giorno, come prime donne su una passerella di una sfilata di moda, dalle loro colonne fanno sfoggio della parola “Libertà”.
Si parla di articoli scomodi mai pubblicati e di altri tagliati ad arte se non quando addirittura completamente rimaneggiati e stravolti nel senso. Non basta: ma sembrerebbe ormai certo che politici od amministratori di questa zona prendano contatto direttamente con i responsabili delle redazioni locali cercando di far rimuovere questo o quel giornalista.
Solo indebite interferenze non nuove alla storia del giornalismo italiano o dietro di esse si nascondono e celano ben altre cose?
Questa situazione mi fa ritornare indietro nel tempo di qualche decennio. Giovane cronista, rifiutai denaro, case e carriera per non tacere, e dopo essere stato redarguito anch’io dalla redazione centrale di un “bel” giornale, in pieno Consiglio Comunale, quello di Tarquinia, un’esponente dell’allora maggioranza urlò: “Cacciate Carra!”. Questo per aver dato notizia di un’inchiesta aperta dalla magistratura su alcuni esponenti politici dell’epoca. Ora determinati personaggi sono scomparsi dalla scena ed altri sono morti. Ma le tinte fosche sembrano essere, oggi, le stesse di allora.
Ho voluto ricordare questa personale storia, ormai sepolta, soltanto per dire che, purtroppo, non c’è niente di nuovo sotto il sole e per ricordare a quei giovani colleghi con gli occhi lucidi di rabbia che fortunatamente la libertà non è un articolo di legge che possa essere abrogato semplicemente con un colpo di mano. E’ un anelito dell’uomo, un principio socio-istituzionale ed allo stesso tempo una prassi che deve essere di giorno in giorno ribadita, professata, esercitata, strappata, attimo per attimo, dai vortici degli interessi particolari, costi quel che costi. Ma non ci si rassegni mai al silenzio. E’ davvero curioso che la stampa in genere sia ritornato a parlare di eventuali accordi ed incontri relativi agli interventi compensativi solo dopo una “pasquinata internettiana” a nome di un sedicente “Gasparino il Carbonaro”!
Francamente non so che tipo di 25 Aprile si sia mai festeggiato da queste parti alla luce di tali spigolature a margine.
Si avrebbe voglia di scrivere al Presidente della Repubblica, ai Prefetti di Roma e Viterbo, ma non vogliamo disturbarli per così tanto poco. In fondo la “Democrazia” è ben radicata nella coscienza del Popolo dell’Alto Lazio ovunque voti, e può anche ben sopportare colpi bassi di questa natura. Speriamo soltanto che la semplice eco delle cose che qui accadono possano giungere alle loro orecchie e che, in questa “storia carbonara”, ci siano ancora magistrati che non abbiano paura di essere trasferiti, come purtroppo è già successo. Se indagini dovranno mai essere aperte sugli iter burocratici di questa centrale e quanto altro non ci si basi sulle voci, sulle chiacchiere, sulle dicerie, sulle intercettazioni telefoniche, ma soltanto inforcando gli occhiali (perché bastano e sono sufficienti) per guardare quello che sta scorrendo davanti agli occhi di tutti.
Mettiamo a disposizione queste pagine, in ogni caso, di chi fosse censurato e volesse invece parlare, esprimendogli, al contempo, tutta la nostra solidarietà.
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