No al carbone Alto Lazio

23 maggio 2008

Intervento della chiesa cristiana evangelica battista sulla riconversione a carbone di TVN


Riceviamo e con piacere pubblichiamo questo "Documento della chiesa cristiana evangelica battista di Civitavecchia (via dei Bastioni) sulla costruenda centrale a carbone di Torrevaldaliga Nord."

Dopo cinquanta anni di attività incessante delle centrali elettriche di Civitavecchia, ci saremmo aspettati una proposta politica nel segno della tregua. Civitavecchia e le altre città del comprensorio interessate in prima battuta ai veleni sputati dalle ciminiere, avrebbero bisogno di sentire allentata la morsa dei prodotti di combustione che inquinano aria e terra. L'effetto cumulo di cinquanta anni di produzione di energia elettrica segnati da un incessante sbuffo di gas velenosi, particelle e nano particelle dannose alla salute, ha contribuito a trasformare lo stesso significato cultu ale della terra nell'immaginario comune. Da risorsa per la vita, dalle viscere della quale vengono da sempre i frutti e il nutrimento per gli umani e gli animali, a sinistro contenitore di veleni, che miete vittime, inquinando la vita con dosi quotidiane.
Ci saremmo aspettati una tregua e in un tempo in cui, quasi ogni giorno, si pubblicano studi che dichiarano la insostenibilità di questo modello di
sviluppo, ci saremmo attesi una svolta ecocompatibile. Invece, nel 2000, è arrivata la proposta, da subito passata in fase operativa, di convertire una delle centrali elettriche a olio combustibile, quella di Torrevaldaliga nord, a carbone.
Uno sviluppo insostenibile promosso con verità insostenibili, come quella che il carbone sarebbe ormai "pulito", garantito dalle nuove tecnologie di combustione. Non era forse venuto il momento di allentare la morsa su questo territorio e su questa popolazione? Non era forse venuto il momento di ripensare alla politica energetica complessiva valorizzando per davvero le forme di produzione a più basso impatto ambientale e promuovendo efficacemente un uso davvero più sobrio della energia?
Non si è neppure tenuto conto né del primo referendum del giugno 1989, né del secondo più recente (2003), in cui una stragrande maggioranza della popolazione ha affermato che questa centrale era "troppo", non la si voleva, e si era pronti a cercare soluzioni alternative.
Quando la politica non sa più ascoltare la voce dei cittadini e non sa sostanziarla di scelte conseguenti, che senso ha rammaricarsi della crisi della democrazia e biasimare coloro che mostrano disaffezione verso i partiti? Ma la cosa più crudele è il tentativo tuttora in corso, che appare deliberato, di scaricare sui cittadini che hanno espresso in forme nonviolente la loro resistenza a questa centrale, il carico morale e psicologico della eventuale perdita di posti di lavoro delle maestranze che operano nella centrale.
Questa insinuazione è paradossale e non tiene conto di cambiamenti epocali nella politica industriale del nostro paese. Inoltre, secondo questa logica, il nostro Paese non avrebbe neppure dovuto mostrare indignazione rispetto alla produzione, ad esempio, di mine antiuomo, che hanno avvelenato di violenza la terra di tanti paesi. Non c'erano anche lì in ballo tanti posti di lavoro di cittadini del tutto onesti? Non possiamo accettare la logica della guerra tra i poveri, lasciandoci intrappolare da tranelli ideologici mirati a separare e dividere i cittadini, per poi, più facilmente controllarne le scelte. Noi esprimiamo la nostra solidarietà alle maestranze che operano a Torrevaldaliga nord e la nostra lotta, deve essere intesa anche in difesa della loro salute esposta più che quella di altri ai veleni della centrale nonché ai posti di lavoro che necessitano contestualmente anche di una riconversione.
La nostra lotta non è contro i lavoratori, ma in difesa della vita e di un modello di sviluppo più umano e sostenibile. La nostra comunità cristiana evangelica si è interrogata sull'argomento. Abbiamo dibattuto già da molto tempo sul tema della centrale e molti membri e amici della comunità, già da anni, si battono nel movimento ambientalista nominato no-coke. Questa lotta per la difesa del territorio ci riguarda? Interroga anche la nostra fede? La svolgiamo con la miopia di chi vorrebbe semplicemente spostare un po' più in là il problema? Abbiamo una parola alta e disinteressata da dire? Di recente, anche per effetto delle iniziative di occupazione della sala consiliare di Civitavecchia, da parte del movimento no-coke, si è fatta più stringente la necessità di rispondere a queste questioni. Non si contano ormai più i documenti ecumenici prodotti da assemblee delle chiese su "Giustizia, pace e salvaguardia della creazione" a partire da Basilea (Assemblea Ecumenica Europea 1989), Seul (Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese 1990), fino ai tempi più recenti Accra (Assemblea dell'Alleanza Riformata Mondiale 2004), che con analisi puntuali hanno focalizzato il nesso che esiste tra l'impegno dei cristiani per la giustizia e quello per la salvaguardia del creato. La giustizia sociale, la difesa dei diritti dei più deboli, deve coniugarsi con una giustizia che renda possibile la vita su questo pianeta anche per il futuro.
Il Signore chiama le chiese tutte a stringersi in un patto comune per una "diaconia della terra". E' necessario che nel recupero della dimensione teologica del limite della nostra esistenza, abbandoniamo modelli di sviluppo voraci di energia, deliranti nei consumi e che minacciano l'ecosistema. La questione perciò non è più semplicemente politica. Non riguarda solamente le scelte giustamente laiche della politica, mirate, come in ogni altra materia a valutare il rapporto tra costi e benefici. La questione diviene anche spirituale. L'ambiente, la natura, per noi è la buona creazione di Dio. Essa è stata data agli umani non perché ne sfruttassero irresponsabilmente le risorse, ma perché ne fossero i custodi (Genesi 2). Per noi l'ambiente è la Creazione, e l'essere umano ha il compito di dar voce e poi ascoltare il gemito della creazione che aspetta la manifestazione della gloria dei figli di Dio (Romani 8). Riteniamo quindi, in tutta coscienza, che la nostra comunità abbia un debito di testimonianza verso la terra. Siamo convinti che sia nostro dovere declinare la nostra fede evangelica anche per richiamare noi stessi e gli altri al rispetto del pianeta. Tutto vive in equilibrio. E la condizione della vita prima del peccato, nel giardino di Eden, era armonia nelle relazioni tra Dio, gli esseri umani e la creazione tutta. La frattura di una sola di queste relazioni, produce un turbamento anche in tutte le altre. Questo è il potere letale del peccato. I conflitti che contrappongono e avvelenano i rapporti tra gli umani e l'ambiente, sono, da un punto di vista teologico, della stessa natura di quelli che alimentano le guerre tra i popoli e le discordie tra le persone. Ci teniamo a dichiarare però che questa nostra opzione per l'ambiente, come quella per i poveri, non la proclamiamo da una cattedra di superiore giustizia o infallibilità. Sappiamo di essere parte del problema. Conosciamo le nostre contraddizioni e i nostri piccoli e grandi egoismi, coi quali abbiamo alimentato la crisi. Confessiamo perciò il nostro peccato. Desideriamo però manifestare i segni del ravvedimento. Desideriamo, con l'aiuto di Dio, ricercare stili di vita più sobri, tesi a valorizzare quel che è essenziale e mettendo al bando lo spreco e la logica dell'usa e getta. Desideriamo sperimentare modelli educativi e di formazione, che valorizzino il riciclaggio, e quindi la raccolta differenziata dei rifiuti, una netta diminuzione del consumo energetico, e quindi una preferenza al trasporto pubblico sull'uso smodato delle auto; una maggiore attenzione alle tecnologie che consentono risparmio energetico mediante, ad esempio, un più efficace isolamento termico delle abitazioni; una incentivazione all'uso anche domestico del solare.
Vogliamo dunque cominciare da noi, ma non possiamo rinunciare al livello politico che ha gli strumenti perché questa nuova sensibilità ecologica si affermi in maniera capillare per tutti. Con questo spirito quindi, desideriamo dare, ufficialmente, il nostro sostegno alla iniziativa presa già da diversi membri di questa chiesa a favore del movimento no-coke. L'idea di organizzare un digiuno a staffetta per mantenere alta l'attenzione pubblica sul problema e contribuire alla campagna dei no-coke dei comuni del comprensorio, ha la nostra approvazione e desideriamo sostenerla, unitamente ad altre iniziative che la nostra creatività ci consentirà via via di prendere.
"Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo?
7 Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne?
8 Allora la tua luce spunterà come l' aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del SIGNORE sarà la
tua retroguardia." Isaia 58:6-8

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