Sabato 6 Marzo ore 15:00 in Piazza Santi Apostoli a Roma
COMITATI UNITI DEL LAZIO PER LA DIFESA DELLA SALUTE, DELL´AMBIENTE E L´ AUTOGOVERNO DEI NOSTRI TERRITORI. PARTECIPIAMO TUTTI/E AL PRESIDIO
Siamo donne e uomini che in questi anni hanno resistito all'aggressione dei loro territori da parte di chi vuole far profitto sulla salute e sull'ambiente. Siamo coloro che si sono opposti alla politica piegata agli interessi dei privati, quella politica che schiaccia i bisogni e le volontà delle popolazioni per favorire industriali e imprenditori che fanno profitto con lo sfruttamento della terra e dell´ambiente.
In questi ultimi anni le istituzioni comunali, regionali e nazionali hanno imposto con arroganza e autorità: centrali turbogas e a carbone, inceneritori e nuove discariche , la privatizzazione dell'acqua , mega aeroporti , mega autostrade , la TAV e come se non bastasse oggi si riparla di energia nucleare e a questo proposito
il Lazio dovrebbe ospitare alcune centrali e siti per lo stoccaggio delle scorie.
Le popolazioni locali hanno risposto a tutto questo autorganizzandosi in Comitati e lottando in prima persona contro le multinazionali che si nascondono dietro ogni grande opera: ENEL, ENI, COLARI, CALTAGIRONE, AMA, ACEA, SORGENIA, IMPREGILO, ANSALDO...
Le nostre non sono solo battaglie in difesa della nostra salute e dell'ambiente, la nostra è una lotta per restituire il potere decisionale sui territori ai cittadini che vi abitano.
Non abbiamo bisogno di nuove centrali, inceneritori, autostrade, discariche, porti, aeroporti, centrali nucleari...
I nostri territori vanno risanati da mondezza e dai veleni, vogliamo una mobilità basata sul ferro, la nostra acqua deve essere pubblica, per questo scenderemo in piazza anche il prossimo 20 Marzo.
La volontà popolare deve essere rispettata, nulla deve essere deciso sulla nostra testa.
Per tutte queste ragioni chiamiamo le reti sociali, i coordinamenti territoriali, le assemblee permanenti, i comitati di quartiere i/le tanti/e cittadini/e che in questi anni si sono mobilitati contro le scelte sbagliate della Regione Lazio ad una
MANIFESTAZIONE UNITARIA DEI MOVIMENTI
CONTRO LE NOCIVITA´
E LE DEVASTAZIONI AMBIENTALI DEL LAZIO
Sabato 6 Marzo ore 15:00 in Piazza Santi Apostoli a Roma
Assemblea permanente NO FLY Ciampino, Comitato Fiumicino Resiste NO AL PORTO, Comitato NO COKE Alto Lazio, Comitato NO CORRIDOIO ROMA-LATINA, Comitato RISANAMENTO AMBIENTALE Guidonia, Coordinamento CONTRO L'INCENERITORE d'Albano, Rete dei Cittadini NO TURBOGAS Aprilia, Rete per la TUTELA della VALLE DEL SACCO
3 marzo 2010
6 marzo, Roma: MANIFESTAZIONE UNITARIA DEI MOVIMENTI CONTRO LE NOCIVITA´ E LE DEVASTAZIONI AMBIENTALI DEL LAZIO
1 marzo 2010
Ipocrisia nucleare
Da Greenpeace Italia
la “sindrome dell’ipocrita nucleare” - Sì al nucleare ma non nella mia Regione - ha contagiato diversi candidati alle prossime elezioni regionali. Ma abbiamo trovato la cura: un ritocco ai loro manifesti elettorali. E così abbiamo piazzato lungo le strade di Roma alcuni manifesti della Polverini, in tutto simili agli originali, ma con la scritta: “Sicuramente il nucleare. A Montalto di Castro e Latina (ma dopo le elezioni!)”.
Nei giorni scorsi, infatti, la candidata per la carica di governatore del Lazio ha espresso il suo appoggio ai piani nucleari del governo, ma ha dichiarato allo stesso tempo che il Lazio “non ha bisogno” di centrali nucleari.
Troppo comodo dire Sì al nucleare e poi dichiarare che la propria regione ne può fare a meno. Lo hanno fatto anche
Zaia (Veneto) e Formigoni (Lombardia). Nel Lazio la situazione è ancora più grave perché i tecnici dell'EDF hanno già fatto sopralluoghi a Montalto di Castro, che appare un sito certo del ritorno italiano al nucleare.
I cittadini hanno bisogno di risposte chiare sul nucleare e non meritano di essere presi in giro, né ora né dopo le elezioni.
Molti, come te, stanno partecipando attivamente alla nostra campagna sul sito Nuclear lifestyle . L’appello è arrivato quasi a quota 57mila e alla Nuclear Hotline sono stati inviati più di 400 messaggi contro il nucleare. Ascoltali su Radio Attiva e fai sentire anche la tua voce. Chiama subito il numero gratuito 800.864.884.
25 febbraio 2010
Turchia: esplosione e morti in miniera di carbone
Riportiamo da ANSA.IT
"Esplosione in miniera, almeno 17 morti. L'ennesima tragedia in un impianto nell'ovest del Paese
ANKARA - Almeno 17 uomini sono morti oggi nella Turchia occidentale in seguito ad una accidentale esplosione di gas metano in una delle gallerie di una miniera di carbone.
Lo hanno riferito le principali reti televisive. La tragedia ha avuto come teatro la miniera di Odakpy, situata nei pressi della città di Dursunbey. Al momento dello scoppio, avvenuto a una profondità di 250 metri, nei cunicoli c'erano una cinquantina di uomini. Stando alla rete televisiva Cnn Turk, 28 sono stati estratti vivi. Molti presentavano ustioni di varia gravità e almeno in 11 sono stati ricoverati in ospedale: cinque di loro, secondo fonti mediche, sono poi deceduti per la gravità delle ferite riportate. Secondo il governatore della provincia di Balikesir, Yilmaz Arslan, i corpi recuperati dai soccorritori sono almeno 12 e il bilancio della sciagura può essere considerato definitivo. "Posso dire che nella miniera non c'é più nessuno ancora in vita e le ricerche sono state sospese", ha dichiarato Arslan alla rete televisiva Ntv. "Alcuni uomini al momento dell'esplosione erano vicini all'uscita della miniera e non è stato difficile per loro mettersi in salvo, altri invece sono rimasti purtroppo intrappolati", ha detto all'agenzia turca Anadolu il titolare della licenza di sfruttamento dell'impianto, Erhan Otakoylu. In Turchia gli incidenti in miniera sono piuttosto frequenti a causa della carenza di misure di sicurezza negli impianti, dei macchinari spesso obsoleti e le alte concentrazioni di grisù nelle gallerie. Lo scorso 11 dicembre 19 minatori sono morti un'esplosione avvenuta in un'altra miniera di carbone nei pressi della città di Bursa, nella Turchia nord-occidentale, ad una profondità fra i 250 e i 350 metri. Nel maggio precedente un uomo perse la vita e altri due rimasero feriti in una analoga esplosione avvenuta in una località della provincia di Chernak in una miniera gestita da una compagnia privata. Nel febbraio del 2009, invece, due minatori sono morti nel crollo avvenuto in un condotto di una miniera di carbone nella provincia di Zonguldak, sulla costa del Mar Nero. Più indietro nel tempo, nel giugno 2006, 17 minatori morirono nel crollo di una galleria in una miniera di carbone di Odakoy nella provincia di Balikesir, mentre nell'aprile del 2005, 17 minatori ed un ingegnere restarono uccisi per un'esplosione in una miniera a Gediz, nella Turchia occidentale. Ma la più grave tragedia di tutti i tempi in una miniera di carbone turca avvenne a Kozlu il 4 marzo 1992, quando ben 263 uomini persero la vita.
USA, moratoria de facto sul carbone. "Energia del passato"
Riportiamo da Greenreport.it
Questo intervento ci è stato inviato dall'Earth policy institute di cui Lester Brown è presidente Lester Brown
WASHINGTON. Gli ultimi due anni hanno visto l'emergere di un forte movimento contrario alla costruzione di nuove centrali elettriche a carbone negli Stati Uniti. Inizialmente guidato da gruppi ambientalisti, sia a livello nazionale che locale, da allora il movimento è stato affiancato da importanti leader politici nazionali e molti governatori statali. Il motivo principale per contrastare le centrali a carbone è che stanno cambiando il clima della terra. Vi è anche l'effetto delle emissioni di mercurio sulla salute e 23.600 decessi ogni anno negli Usa dalle emissioni dell'industria dell'energia.
Negli ultimi anni l'industria del carbone ha sofferto una battuta d'arresto dopo
l'altra. Il Sierra Club, che ha mantenuto un conteggio delle proposte di centrali elettriche a carbone e dei loro destini a partire dal 2000, riferisce che 123 impianti sono stati sconfitti, con altri 51 davanti al giudice. Dei 231 impianti monitorati, solo 25 hanno attualmente la possibilità di ottenere i permessi necessari per iniziare la costruzione e, eventualmente, partire. Costruire di un impianto a carbone potrebbe presto essere impossibile.
Quello che era iniziato come una forma di resistenza locale all'energia a carbone si trasformò rapidamente in un'onda nazionale di opposizione popolare per l'ambiente, la salute, la terra, e le organizzazioni della comunità. Nonostante una campagna fortemente finanziata di annunci per promuovere il cosiddetto carbone pulito (che ricorda uno degli sforzi precedenti dell'industria del tabacco per convincere la gente che le sigarette non erano insalubri), il pubblico americano si sta muovendo contro il carbone.
Una delle prime battute d'arresto della grande industria è venuto agli inizi del 2007 quando una coalizione guidata dalla Environmental defense fund ha preso di mira il piano della Texas Pacific della Txu per 11 nuove centrali elettriche. Una repentina caduta nel prezzo dell'utility stock causato dalla tempesta mediatica spinse a $ 45 miliardi l'offerta di buyout da parte di due società di private equity.
Così, solo dopo aver negoziato un cessate il fuoco con EDF e il Natural resources defense council e la riduzione del numero di impianti proposto da 11 a 3, preservando in tal modo il valore della società, le aziende hanno potuto procedere all'acquisto. E 'stata una vittoria importante per la comunità ambientalista, che raccolse il sostegno pubblico necessario per arrestare 8 impianti a titolo definitivo e di imporre regole più severe per i restanti 3.
Nel frattempo, l'attenzione in Texas si è spostato verso le sue vaste risorse eoliche, spinto avanti della California nella generazione elettrica dal vento.
Nel maggio 2007, la Florida Public Service Commission ha rifiutato di dare il via libera a un investimento di $ 5,7 miliardi, una centrale a carbone da 1.960 megawatt perché non è stato possibile dimostrare che la realizzazione dell'impianto sarebbe stato più conveniente che investire nella conservazione, l'efficienza e le fonti di energia rinnovabili. Questo punto, portato a casa dalla Earthjustice,organizzazione giuridica ambientalista senza scopo di lucro, combinata con una forte opposizione dell'opinione pubblica a qualsiasi nuova centrale a carbone in Florida, hanno portato al ritiro di quattro proposte di altri impianti di carbone nello stato.
Anche il futuro del carbone è in sofferenza come dimostra il fatto che Wall Street gli ha girato le spalle. Nel luglio 2007, Citigroup ha declassato le azioni della società di carbone su tutta la linea e ha raccomandato ai suoi clienti di passare ad altre scorte energetiche. Nel gennaio 2008, anche Merrill Lynch ha declassato le riserve di carbone. Ai primi di febbraio 2008, le banche di investimento Morgan Stanley, Citi e JP Morgan Chase hanno annunciato che qualsiasi prestito futuro per impianti a carbone sarebbero stati valutati sulla dimostrazione che queste centrali sono economicamente sostenibili rispetto anche ai costi più elevati associati alle future restrizioni federali sulla emissioni di carbonio. Nello stesso mese, Bank of America ha annunciato di voler seguire lo stesso esempio.
Nell'agosto 2007, il carbone ha preso un colpo pesante dalla politica degli Stati Uniti, quando il leader della maggioranza al Senato Harry Reid del Nevada, che aveva combattuto contro la costruzione di tre centrali a carbone nel proprio stato, annunciò di essere contro la costruzione di centrali a carbone in tutto il mondo. Anche l'ex vice presidente Al Gore ha espresso forte opposizione alla costruzione di centrali a carbone. Così come molti governatori degli stati, compresi quelli di California, Florida, Michigan, Washington e Wisconsin.
Nel 2009 nel suo discorso sullo State of the State address, il governatore del Michigan Jennifer Granholm ha sostenuto che lo Stato non dovrebbe importare carbone dal Montana e dal Wyoming, ma piuttosto investire in tecnologie per migliorare l'efficienza energetica e sfruttare le risorse rinnovabili del Michigan, tra cui il vento e il sole. Questo, ha detto, creerà migliaia di posti di lavoro nello Stato, aiutando a compensare quelli persi nel settore automobilistico.
Uno degli oneri irrisolti che infestano il settore del carbone, oltre alle emissioni di CO2, è il "che fare" con le ceneri, quello cioè che resta della combustione del carbone e che si sta accumulando in 194 discariche e 161 laghetti in 47 Stati. Questa cenere non è un materiale facile da smaltire in quanto contengono arsenico, piombo, mercurio, e molti altri materiali tossici. Questo sporco segreto è diventato di pubblico dominio poco prima del Natale 2008 quando il muro di contenimento delle ceneri di carbone nel Tennessee orientale è crollato, rilasciando un miliardo di litri di materiali tossici.
Purtroppo l'industria non ha un piano per lo smaltimento in sicurezza dei 130 milioni di tonnellate di ceneri prodotte ogni anno, abbastanza per riempire 1 milione di vagoni ferroviari. I pericoli sono tali che il Department of homeland security ha cercato di mettere 44 delle strutture più vulnerabili di stoccaggio in un elenco classificato per non cadere nelle mani dei terroristi. La fuoriuscita di ceneri di carbone tossici in Tennessee ha conficcato un altro chiodo nel coperchio della bara dell'industria carboniera.
Nell'aprile 2009, il presidente della potente US Federal energy regulatory commission, Wellinghoff Jon, ha osservato che gli Stati Uniti non hanno più bisogno di più centrali a carbone o nucleari. Regolatori, banche di investimento, e leader politici stanno iniziando a vedere ciò che è ovvio da qualche tempo agli scienziati del clima come quello della NASA James Hansen, che dice che non ha senso costruire centrali a carbone quando dovremmo demolirle tra pochi anni.
Nell'aprile 2007, la Corte suprema americana ha stabilito che la Environmental protection agency (EPA) è autorizzata e tenuta a regolamentare le emissioni di CO2 nell'ambito del Clean air act. Questa decisione spartiacque ha spinto l‘Environmental appeals board dell'Epa nel novembre del 2008 a concludere che è l'ufficio Epa regionale che deve rubricare le emissioni di CO2 prima di rilasciare permessi di inquinamento atmosferico per una nuova centrale elettrica a carbone. Questo non solo mette un freno ai piani in questione, ma anche costituisce un precedente, interrompendo i permessi per tutti gli altri impianti a carbone proposti negli Stati Uniti. Agendo sulla stessa decisione della Corte Suprema, nel dicembre 2009, l'EPA ha emesso un accertamento finale di danneggiamento a conferma che le emissioni di CO2 minacciano la salute umana e il benessere e devono essere regolamentate, paralizzando così ovunque ogni nuovo piano per impianti a carbone.
Il punto è che gli Stati Uniti ora, in effetti, hanno fatto una moratoria de facto sulla costruzione di nuove centrali a carbone. Ciò ha portato il Sierra Club, il leader nazionale su questo tema, a inserire nella sua campagna per ridurre le emissioni di carbonio la chiusura degli impianti esistenti.
Visto l'enorme potenziale per la riduzione dell'uso di energia elettrica negli Stati Uniti, passando per l'illuminazione più efficiente e pertinente, per esempio, questa strada può essere molto più facile di quanto sembri. Se il livello di efficienza degli altri 49 Stati fossero portate a quella di New York, l'energia più efficiente dello stato, l'energia risparmiata sarebbe sufficiente a chiudere l'80 per cento delle centrali elettriche a carbone del paese. I pochi impianti rimanenti potrebbero chiudere riconvertendosi a energie rinnovabili, impianti eolici, impianti solari termici, celle solari sul tetto, geotermia per produrre energia e calore.
La fine ormai è scritta. Con il rischio che pochissime, forse nessuna, nuova centrale elettriche sarà approvato negli Stati Uniti, questa moratoria de facto invierà un messaggio al mondo. Danimarca e Nuova Zelanda hanno già vietato nuove centrali a carbone. Altri paesi potrebbero unirsi a questo sforzo per ridurre le emissioni di carbonio. Anche la Cina, che stava costruendo una centrale a carbone alla settimana, si sta portando avanti con lo sviluppo delle energie rinnovabili e presto supererà gli Stati Uniti nella generazione di energia dal vento. Questi e altri sviluppi suggeriscono che l'obiettivo del Piano B di ridurre le emissioni di carbonio al netto dell'80% entro il 2020 potrebbe essere molto più raggiungibile di quanto si pensasse.
23 febbraio 2010
6 marzo - MANIFESTAZIONE UNITARIA DEI MOVIMENTI CONTRO LE NOCIVITA’E LE DEVASTAZIONI AMBIENTALI DEL LAZIO
Il 6 marzo prossimo siamo chiamati a partecipare a una giornata di mobilitazione per uno sviluppo sostenibile.
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COMITATI UNITI DEL LAZIO PER LA DIFESA DELLA SALUTE, DELL’AMBIENTE E L’ AUTOGOVERNO DEI NOSTRI TERRITORI
Siamo donne e uomini che in questi anni hanno resistito all'aggressione dei loro territori da parte di chi vuole far profitto sulla salute e sull'ambiente. Siamo coloro che si sono opposti alla politica piegata agli interessi dei privati, quella politica che schiaccia i bisogni e le volontà delle popolazioni per favorire industriali e imprenditori che fanno profitto con lo sfruttamento della terra e dell’ambiente.
In questi ultimi anni le istituzioni comunali, regionali e nazionali hanno imposto con arroganza e autorità: centrali turbogas e a carbone, inceneritori e nuove discariche, la privatizzazione dell'acqua, mega aeroporti, mega autostrade, la TAV e come se non bastasse oggi si riparla di energia nucleare e a questo proposito il Lazio dovrebbe ospitare alcune centrali e siti per lo stoccaggio delle scorie.
Le popolazioni locali hanno risposto a tutto questo autorganizzandosi in Comitati e lottando in prima persona contro le multinazionali che si nascondono dietro ogni grande opera: ENEL, ENI, COLARI, CALTAGIRONE, AMA, ACEA, SORGENIA, IMPREGILO, ANSALDO...
Le nostre non sono solo battaglie in difesa della nostra salute e dell'ambiente, la nostra è una lotta per restituire il potere decisionale sui territori ai cittadini che vi abitano.
Non abbiamo bisogno di nuove centrali, inceneritori, autostrade, discariche, porti, aeroporti, centrali nucleari...
I nostri territori vanno risanati da mondezza e dai veleni, vogliamo una mobilità basata sul ferro, la nostra acqua deve essere pubblica, per questo scenderemo in piazza anche il prossimo 20 Marzo.
La volontà popolare deve essere rispettata, nulla deve essere deciso sulla nostra testa.
Per tutte queste ragioni chiamiamo le reti sociali, i coordinamenti territoriali, le assemblee permanenti, i comitati di quartiere i/le tanti/e cittadini/e che in questi anni si sono mobilitati contro le scelte sbagliate della Regione Lazio ad una
MANIFESTAZIONE UNITARIA DEI MOVIMENTI CONTRO LE NOCIVITA’E LE DEVASTAZIONI AMBIENTALI DEL LAZIO
Sabato 6 Marzo ore 15:00 in Piazza Santi Apostoli a Roma
Assemblea permanente NO FLY Ciampino, Comitato Fiumicino Resiste NO AL PORTO, Comitato NO COKE Alto Lazio, Comitato NO CORRIDOIO ROMA-LATINA, Comitato RISANAMENTO AMBIENTALE Guidonia, Coordinamento CONTRO L'INCENERITORE d'Albano, Rete dei Cittadini NO TURBOGAS Aprilia, Rete per la TUTELA della VALLE DEL SACCO
21 febbraio 2010
No al carbone Brindisi: denuncia alla Procura
Il comitato “NO AL CARBONE” ha depositato un esposto alla Procura della Repubblica di Brindisi
In data 16 febbario 2010 il comitato “NO AL CARBONE" ha depositato un esposto alla Procura della Repubblica di Brindisi in cui si chiede di accertare le eventuali ricadute ambientali e sanitarie dovute a uno spropositato utilizzo del carbone movimentato all'interno delle aziende energetiche presenti sul territorio.
Ad esso sono stati allegati:
• Oltre tremila firme di cittadini dell'intero territorio provinciale;
• la rivista trimestrale n.4 dell'Ordine dei Medici Brindisi Medica;
• l'Atlante delle cause di morte della regione Puglia 2000-05;
• il Registro Tumori Jonico-Salentino fatto dalle A.S.L. di Brindisi, Taranto e Lecce;
• l'Ordinanza Sindacale n.18 del 28/06/2007 a firma Domenico Mennitti che vieta la coltivazione dei prodotti alimentari nei terreni limitrofi alla centrale Federico II;
• un documento dell'ex Presidente della Provincia Michelle Errico Centrale Termoelettrica di Brindisi ENEL Sud prot.129454 datato 09/07/2007 dove si documenta la grave situazione ambientale in cui versa il territorio;
• lo studio dell'ARPA Le emissioni industriali in Puglia, rapporto sulle emissioni in atmosfera dei complessi IPPC;
• un approfondimento dell'OMS centro Ambiente e salute aree ad elevato rischio di crisi ambientale.
I documenti sopra elencati esplorano le cause dell'inquinamento e le relative conseguenze per la salute; qualora si dovessero riscontrare comportamenti illeciti, dolosi o colposi che siano, nei confronti dell'ambiente da parte di aziende ospiti sul territorio, pretenderemo che tutti i responsabili di questo disastro ne paghino le conseguenze.
Intanto però ci limitiamo a constatare che l'inadeguatezza della classe politica, attuale e passata, ha fatto si che un gruppo di liberi cittadini dovesse ricorrere alla magistratura per avere garanzie di salubrità ambientale vista la poca volontà sin qui dimostrata, anche dopo una manifestazione che ha coinvolto migliaia di cittadini sotto la duplice idea di rispetto e salute.
Ora più che mai è il momento di battere i pugni sul tavolo delle trattative e pretendere in primo luogo serietà.
Non si possono far passare degli investimenti di ambientalizzazione dovuti da diverso tempo come gentili concessioni o credere che sarà una manciata di carbone in meno a diminuire le malattie, mortali e non, che ad esso sono collegate.
Il carbone in sonetti
Proseguono le trasmissioni autogestite su TRC a cura del Coordinamento comitati NO al carbone della serie IL CARBONE IN SONETTI, le vicende passate e presenti del carbone attraverso i sonetti di Giancarlo Peris.
La repliche della la terza puntata sarà trasmessa su TRC domenica ore 21,20 circa.
18 febbraio 2010
L'acqua deve restare pubblica - Buone pratiche
Da Marco Boschini: Il progetto "Riducimballi" del Comune di Monterotondo (RM) ha permesso l'installazione di un distributore di latte alla spina nella Piazza Berlinguer allo Scalo, attiguo alla "fontana leggera" già funzionante, mentre un secondo distributore, posto accanto alla nuova fontana in costruzione, sarà collocato entro fine mese in Piazza Libertà. La doppia iniziativa punta a consolidare l'esperienza più che positiva della fontana di Piazza Berlinguer, nella quale sono stati fin qui erogati oltre 500mila litri di acqua naturale, con un risparmio di 350mila bottiglie in meno. Un'operazione, tra l'altro, a costo zero, considerato che le spese di manutenzione vengono coperte con il contributo energia dei due impianti fotovoltaici installati sulle scuole, che permettono entrate (dal gestore energetico) di oltre 8mila euro l'anno. Video L'acqua come bene comune, sottratta alle logiche di privatizzazioni e considerata di fondamentale importanza per la collettività! La testimonianza del Comune di Capannori (LU), in collaborazione con Acque spa, rafforza la linea adottata dai Comuni Virtuosi; infatti grazie al progetto "Acqua buona", dove è stato introdotto l'uso dell'acqua di rubinetto nelle mense scolastiche, ogni settimana sono 1.890 le bottiglie di plastica non emesse nell'ambiente e circa 40mila dall'inizio dell'anno scolastico, pari a 1.600 chilogrammi di plastica risparmiata. Il progetto ha un duplice significato, infatti fornisce un'educazione ambientale ai bambini e alle loro famiglie, inoltre valorizza l'eccellente bontà dell'acqua dei nostri rubinetti, come si evince dalle analisi microbiologiche compiute dall'Usl 2 dalle quali ! risulta che l'acqua di rubinetto risulta migliore dell'acqua imbottigliata, che rimane per settimane e mesi nelle bottiglie, prima di arrivare nelle nostre tavole.
In questo numero
Il Comune di Camigliano (CE) si sta imponendo sempre di più come uno dei comuni che si distingue nella salvaguardia dell'ambiente; stavolta il piccolo centro caleno ha adottato un nuovo strumento urbanistico che non prevede aree di espansione edilizia, con l'obiettivo di limitare le costruzioni all'interno del perimetro urbano, evitando nuove aree edificabili e prevedendo un piano di recupero per le tante case abbandonate nel centro storico. La proposta di dotarsi di un nuovo strumento urbanistico a crescita zero si inserisce perfettamente nella campagna nazionale "Stop al consumo di territorio" alla quale l'Associazione dei Comuni Virtuosi aderisce fin dalla sua attivazione, seguendo l'esempio del Comune di Cassinetta di Lugagnano (MI), che, proprio come Camigliano, è socio della nostra rete.
14 febbraio 2010
Istituzioni assenti nella lotta all'inquinamento
"Non entriamo nel merito degli aspetti burocratico-amministrativi della gestione “politica “ della sanità regionale. Però non si può sottacere l’evidenza della cronica incapacità degli organi gestori a tracciare un percorso snello ed essenziale – senza sprechi e sacche di passività ed inefficienza – che penalizzano il malato e le famiglie incolpevoli.
Il Direttore generale della RmF Dr. Salvatore Squarcione ha individuato la causa primaria del disservizio sanitario esprimendosi senza infingimenti politichesi: “Non si conoscono a fondo i bisogni di sanità della popolazione
...La parola d’ordine da seguire è fare prevenzione...promuovere salute e prevenzione sul territorio: questa è la via da seguire!”. La collettività civitavecchiese e comprensoriale non è disposta a subire asserzioni di principio alle quali – sistematicamente - non segue una prassi operativa efficace e decorosa.
Rammentiamo al Dr .Squarcione le seguenti ovvietà concettuali e programmatiche: le Istituzioni sanitarie (anche la RmF) non sempre rispettano le norme applicative né stimolano i propri servizi di prevenzione e profilassi per la diagnosi e la susseguente terapia per le malattie da inquinamento (diffuso e professionale); nessuna Istituzione rispetta il dovere di informare la cittadinanza dei rischi, sia cronici sia acuti, diffondendo i dati epidemiologici rilevati da organismi pubblici scientifici (ci riferiamo ai vari Osservatori regionali, provinciali e comprensoriali).
I Sindaci del nostro comprensorio sono i detentori del potere statale che li responsabilizza in prima persona rispetto alla tutela del diritto alla salute della collettività. E’ lampante la cronica omissione di questo dovere da parte delle autorità amministrative comunali verso (o contro) le quali non c’è potere repressivo che muova un dito!
Il Direttore Dr . Squarcione – invece – nella duplice veste istituzionale e professionale medica (art 5 del codice deontologico) dovrebbe pretendere a gran voce i controlli sui tassi d’inquinamento indotti dagli opifici energetici, dal traffico navale e veicolare, dalle effusioni dei depositi costieri di carburanti, dai miasmi e dai percolati delle discariche pubbliche etc..
La prevenzione delle patologie indotte dalle sostanze inquinanti inizia dalla conoscenza in tempo reale delle fonti che disseminano tossici aeriformi poi ricadenti al suolo o sui bacini idrici, percolando nel terreno e aggredendo i prodotti alimentari. Se non si monitorizza il grado della pervasività inquinante non si può iniziare nessuna vera prevenzione e si sarà travolti dalle patologie cardiorespiratorie, neoplastiche, mutagene, che richiederanno risorse economiche ingenti e spesso poco efficaci perché tardive.
La prima cura è la prevenzione. La prevenzione poggia sulla metodica conoscenza dei fattori di rischio. E’ bagaglio conoscitivo di ogni essere consapevole. E allora: perché non stimolare l’Osservatorio epidemiologico regionale e il Servizio tutela aria–energia della Provincia di Roma a fornire dati statistici sull’incidenza delle malattie da inquinamento se è vero che la Sua Asl non ha compiti specifici di controllo della qualità dell’aria o delle ricadute degli inquinanti al suolo? Perché non indagare a fondo sulla veridicità dell’assunto che “numerosi studi epidemiologici dimostrano una presenza – nella popolazione di Civitavecchia – di malattie di origine occupazionale e ambientale in eccesso rispetto alla popolazione regionale?”. Perché (se – come asserisce il nostro Sindaco Moscherini – il vero Osservatorio ambientale risiede al Tavolo della salute regionale) non si pretende dalla Regione Lazio un impegno concreto – in uomini e mezzi – per istituire centri territoriali idonei a fare prevenzione e cura delle patologie broncopneumologiche, cardiovascolari, oncologiche e genetiche scientificamente correlate alle fonti d’inquinamento?
Ci domandiamo – delusi e offesi nei nostri elementari e irrinunciabili diritti – “Chi è responsabile dei mancati controlli sull’impatto ambientale e sulla prevenzione delle malattie da inquinamento?”. Noi, che siamo parte integrante della società civile e vorremmo credere ancora nello Stato di diritto, ci appelliamo alle Istituzioni di garanzia perché vorremmo che l’art.32 della Costituzione non continui ad essere un pleonasmo giuridico o un mito per poeti e visionari.
Coordinamento dei comitati contro il carbone"
Slogan elettorali PD: "Un'altra Italia". Che facce di cul*.
Queste le immagini che compaiono nelle attuali pubblicità elettorali per il PD. Notare bene lo slogan sulle energie pulite.
Peccato che Bersani in persona nel Governo Prodi fu un convinto sostenitore della combustione del carbone come prima fonte per la produzione di energia, nel presente e nel medio termine. Non a caso gli dedicammo certe vignette.
Da civitavecchia, enel, carbone |
Da civitavecchia, enel, carbone |
Da civitavecchia, enel, carbone |
Da civitavecchia, enel, carbone |
Cos'è, Bersani ha ricevuto un'illuminazione eco-sostenibile da spendere proprio per questa tornata elettorale? O si tratta della solita truffa? PER RINFRESCARE LA MEMORIA CORTA SI SUGGERISCE UN'OCCHIATA A QUESTI DOCUMENTI CHE CERTIFICANO L'AUTENTICITA' DELLE PREOCCUPAZIONI DI BERSANI PER IL NOSTRO FUTURO IN UN MONDO VIVIBILE. CLICCA QUA E SCOPRI L' "ALTRA ITALIA" DI BERSANI raccontata da decine di documenti sull'operato dell'ex ministro del Governo Prodi.
12 febbraio 2010
Dossier di Legambiente. Carbone: vecchio, sporco e cattivo
10/02/2010 Fonte: legambiente.it
Il dossier è disponibile QUI
"Con le centrali esistenti rischio multe per l’Italia per oltre 1 miliardo di euro entro il 2012
Continua la folle marcia indietro dell’Italia verso la preistoria energetica. Dopo Civitavecchia, Vado Ligure, Fiumesanto e Porto Tolle, è atteso per domani l’ok della Commissione Via nazionale alla nuova centrale a carbone di Saline Joniche in provincia di Reggio Calabria. Superano così i 32 milioni le tonnellate di CO2 in più all’anno prodotte dagli impianti a carbone autorizzati, che diverranno 39 milioni circa con le future autorizzazioni. Un livello di emissioni altissimo che contrasta in modo evidente con l’impegno assunto dal nostro Paese in sede europea per ridurre i gas serra di 60 milioni di tonnellate entro il 2020. È questo lo scenario
delineato dal dossier di Legambiente “Carbone: vecchio, sporco e cattivo” sull’inquinamento causato dal combustibile killer del clima, presentato questa mattina a Reggio Calabria.
Il quadro che emerge dal dossier di Legambiente è quello di un’Italia che dovrà necessariamente giocare sulla produzione termoelettrica la partita strategica per la lotta ai cambiamenti climatici, visto che si tratta del settore che emette la maggior quantità di gas a effetto serra. Nel 2007 le centrali termoelettriche, infatti, hanno rappresentato il 29% circa delle emissioni totali, che sono aumentate rispetto al 1990 del 17,6%. Il carbone, propagandato come pulito ed economico, rappresenta il maggiore pericolo che il nostro Paese ha di fronte se vuole raggiungere gli obiettivi previsti dall’Unione europea che impone all’Italia una riduzione vincolante del 5,2% rispetto al 1990 da raggiungere entro il 2020. Infatti, se dovessero entrare in funzione tutti i progetti avviati e ormai conclusi (Civitavecchia), autorizzati fino ad oggi (Fiumesanto, Vado Ligure e Porto Tolle, a cui aggiungiamo Saline Joniche) o ipotizzati (Rossano Calabro), a regime si produrrebbero in più quasi 39 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 all’anno, a fronte dell’impegno europeo preso dall’Italia di ridurre le sue emissioni di gas serra di 60 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2020.
Secondo il rapporto di Legambiente, nel 2008 le 12 centrali a carbone in funzione sono stati gli impianti industriali che hanno sforato di più rispetto ai limiti sulla CO2 fissati dall’Unione europea e pertanto dovranno pagare le multe più alte. Mentre i 600 impianti termoelettrici che bruciano altri combustibili hanno superato complessivamente il limite Ets (Emission trading scheme) di “soli” 2,8 Mt, le 12 centrali a carbone hanno sforato di 7,3 Mt di CO2. Ma non solo: a fronte di emissioni di CO2 pari al 30% del totale del settore elettrico italiano, queste centrali si limitano a produrre solo il 13,5% dell’elettricità.
Nella classifica di Legambiente sul podio degli impianti a carbone a maggiore emissione di CO2 si trovano quello dell’Enel di Brindisi Sud che, con 14,9 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 ha sforato di 3,9 Mt i limiti europei Ets, la centrale di Fusina (4,8 Mt), e l’impianto Tirreno Power di Vado Ligure (4,3 Mt).
Sommando tutti i superamenti delle 12 centrali, il costo per il mancato rispetto dei limiti Ets ammonta per il 2008 a 88 milioni di euro, un prezzo che verrà interamente addebitato sulle bollette degli italiani e nei prossimi anni sarà destinato ancora ad aumentare: tra il 2009 e il 2012, infatti, il prezzo che le famiglie italiane dovranno pagare per il mancato rispetto degli impegni internazionali potrebbe superare il miliardo di euro.
“È arrivato il momento di fermare la politica energetica autolesionistica del nostro Paese - ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente - per rilanciare il sistema di produzione di energia, l’industria, i trasporti e l’edilizia, partendo dall’innovazione e dalle tecnologie pulite. Diversi paesi lo hanno già capito, ma mancano all’appello ancora paesi importanti come l’Italia. Continueremo la nostra vertenza contro il carbone nell’interesse generale, al contrario di quanto sta facendo il governo italiano che, nonostante lo spauracchio delle multe previste dai trattati internazionali, continua a prendere decisioni ambientalmente improbabili, a vantaggio di poche aziende energetiche e scaricando i costi sulla collettività”.
Ben diverso il potenziale energetico delle rinnovabili che confrontato con quello del carbone risulta di gran lunga superiore: secondo lo scenario elaborato per Legambiente dall’Istituto di Ricerche Ambiente Italia nel 2020 con le sole rinnovabili si può arrivare a produrre circa 100.000 GWh all’anno di energia elettrica contro i 50.000 GWh all’anno prodotti ipoteticamente dai progetti di nuove centrali a carbone. Con le fonti pulite è poi possibile sfruttare quasi 12 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di energia termica, mentre su questo fronte l’apporto del carbone risulta pari a zero, visto che l’energia prodotta dalle centrali verrà usata solo per produrre elettricità e non calore. A rendere ancor meno comprensibili i progetti di nuove centrali ci sono poi le enormi potenzialità che ha l’Italia nell’efficienza energetica nel residenziale, nel terziario e nell’industria, che nel 2020 potrebbe permettere di tagliare circa 91.000 GWh all’anno di energia elettrica - quasi il doppio di quanto si ipotizza di produrre con il carbone - e oltre 12 Mtep di energia termica. Impietoso è poi il confronto sulle prospettive d’impiego: mentre i progetti di nuove centrali a carbone potrebbero garantire nei prossimi dieci anni non più di 3.200 posti di lavoro si stima che le rinnovabili possano crearne 135mila.
“Oltre al non rispetto degli obblighi internazionali per la lotta ai cambiamenti climatici, con i nuovi progetti di impianti a carbone si sta consumando un pesante strappo a livello locale, soprattutto nei confronti delle Regioni che hanno un ruolo fondamentale nella pianificazione energetica, sancito dalla Costituzione - ha dichiarato Antonino Morabito, presidente di Legambiente Calabria -. Se c’è un tratto distintivo delle autorizzazioni energetiche concesse negli ultimi anni, infatti, è proprio l’assoluta centralizzazione delle decisioni, portata avanti anche a scapito di leggi, piani e pareri regionali. E’ questo il caso anche della centrale di Saline Joniche, in via di approvazione contro il parere della Regione Calabria”.
“Questo nuovo progetto – ha dichiarato Nuccio Barillà del direttivo nazionale di Legambiente – oltre a aumentare l’inquinamento locale sarebbe l’ennesimo tassello del disegno, coloniale e fallimentare di “ cattiva industrializzazione” della Calabria. Il nostro territorio, nel corso degli ultimi 35 anni, ha subito una cinica devastazione attraverso opere, di grande impatto sull’ambiente e fallimentari sul piano economico ed occupazionale. Legambiente non si limita alla contestazione di questo impianto, ma propone da tempo soluzioni alternative, concrete e realmente compatibili con gli aspetti naturalistici e culturali dell’area. Per quanto riguarda il settore energetico occorre puntare, decisamente ed esclusivamente, sull’innovazione tecnologica e le fonti energetiche alternative”.