No al carbone Alto Lazio

12 ottobre 2010

Quel "fare" che non si declina mai come "far bene", che non riguarda mai il bene comune

Nel video: la Maremma nelle parole di Nicola Caracciolo

Comunicato del Comitato dei Cittadini liberi - Tarquinia (via UnoNotizie)

"Nell'Italia Centrale, a nord di Roma, vi è un luogo che può emblematicamente rappresentare l'Italia dei Berlusconi, delle "cricche", dei finti comunisti e dei chierici mancati.

Si chiama Tarquinia.

E' una terra che sembrava salva dalle grinfie degli speculatori anni '70. All'epoca il Partito Comunista stampava un adesivo con una grande conchiglia e la scritta "SALVIAMO SAN GIORGIO DAL CEMENTO" invitando a sottrarre 2 chilometri quadrati delle nostre migliori terre alla speculazione edilizia.

Oggi gli stampatori sono scomparsi. Hanno altro a cui pensare.

Oggi esistono "quelli del fare". Gli interessi delle ghenghe naturalmente, che non coincidono mai con quelli della comunità che dovrebbero servire e dove vivono. E come se la intendono con eredi e pupilli della melma che diede a Tarquinia il lustro dei primi politici in galera, precorrendo "Mani Pulite".

Quando entrano in azione "quelli del fare" hanno in genere bisogno di due cose: una maggioranza che non vede, non sente e non parla e una minoranza che puo' solo fare finta d'opporsi, perché molti affari riguardano anche gente vicina a loro.

Probabilmente la storia del cementificio a Pian dei Cipressi, quello delle carte fasulle, è roba di questo tipo. "Quelli del fare" in genere usano molto la parola "sviluppo" mentre bruciano la terra dove i loro figli forse non vorranno vivere.

I loro padroni di oggi sono le compagnie elettriche, i cementieri, i novelli palazzinari di San Giorgio, le combriccole di un'autostrada inutile: lo ha detto il Ministro Matteoli poco tempo fa, che la messa in sicurezza dell'Aurelia avrebbe reso inutile la A12 e possiamo credergli; una decisione balorda quella di realizzarla comunque, un "porcellum", come la legge elettorale di Calderoli, e per Tarquinia un'autostrada tra le case.

L'assalto ai nostri beni comuni prosegue, per depredare quel po' che è rimasto: chi insozza l'aria che respiriamo, chi deturpa il paesaggio costiero, chi fa carte false per costruire il cementificio, chi ha distrutto la foce del Marta con argini inutili che l'hanno trasformata da eccezionale micro-habitat in canale di servizio di un porto che non potrà funzionare, se non a prezzo di rendere il nostro mare ancora più lurido, dando il colpo finale all'economia balneare.

Gli argini si potevano evitare, ma senza argini sarebbe più difficile far approvare il porto.

Per non restare nel vago la messa in sicurezza degli abitati e anche dell'agricoltura si sarebbe ottenuta realizzando prima quello che è stato fatto poi, cioè il ripristino delle sezioni fluviali del 1965, abbinate a una cassa d'espansione in linea senza sbarramento in alveo, per moderare le piene ma questa roba qui ai servitori dei nuovi padroni non serve.

Ernesto Cesarini

Coordinatore del Comitato dei Cittadini Liberi"

8 ottobre 2010

Nuccio Barillà: in Calabria si chiuda per sempre il capitolo carbone

Da teleReggioCalabria
“Incontri ravvicinati di quarto tipo”: così Nuccio Barillà, del direttivo nazionale di Legambiente, etichetta, ironicamente, le riunioni “off-media” che i sindaci di Montebello, Melito e di qualche altro comune di Capo Sud stanno tenendo a ritmo intensificato con la SEI, la società che continua a perseguire l’insano progetto di costruzione di una Centrale a Carbone a Saline. “E’ dello studioso di Ufo, Jacques Fabrice Vallèe – spiaga l’ambientalista- la definizione di questo particolare tipo di “incontri” come quelli “nel corso del quale i testimoni provino una sensazione di alterazione del loro senso della realtà", nonché rapimenti di natura

Leggi tutto il post...

7 ottobre 2010

Eliminare chi inquina per tagliare le emissioni (The exploding-kids climate video)

A proposito della campagna 10/10/10, c'è un video che in rete sta facendo discutere, forse più di quanto meriterebbe.
Un gruppo di attivisti inglesi ha creato e diffuso in rete un video che una parte della popolazione potrebbe trovare troppo ambiguo o scioccante, sia per reale timore di fondamentalismi vari (qualunque maglietta indossino), sia perché si tratta di una forma di humour per il palato di pochi, e infine perché, oggettivamente, lo spirito degli autori, almeno alla prima visione, si coglie solo da un certo punto in poi.

Ecco il video:


Lo stesso McKibben, ideatore della campagna 10/10/10, ha preso chiare distanze dal video, spiegando che c'è una fetta non piccola della popolazione che non coglierà l'ironia o comunque non apprezzerà. Difficile dargli torto.
Gli autori dell'opera controversa hanno chiesto scusa e rimosso il video dal loro sito, ma naturalmente questo continua a girare sulla rete. Non sono mancati quanti -talebani dalla parte opposta o semplici sciacalli- hanno colto la palla al balzo per criticare l'iniziativa tout court:
[il video]

"No Pressure" celebrates everybody who is actively tackling climate change ... by blowing up those are aren't.
In realtà il messaggio è chiaro: "No pressure" significa che non c'è molto da scherzare, non possiamo permetterci di rimandare, un'azione globale per rivedere il nostro modello di sviluppo e le nostre abitudini quotidiane. Del resto, viviamo in tempi in cui la parola d'ordine è "scioccare" per attirare l'attenzione, "fare sensazionalismo" a ogni costo.

La rivoluzione energetica vista dalla Danimarca

Fonte
"La Danimarca prepara un piano per abbandonare completamente i combustibili fossili entro il 2050. Si punterebbe su eolico - che dovrà moltiplicarsi per 5 - e biomasse. Niente nucleare e sequestro della CO2, ma fondamentali efficienza, rete intelligente e auto elettriche. Tasse pesanti sulle fonti fossili e incentivi innovativi. Tutto con un costo abbordabile per il sistema-paese.
--
Ci si può liberare completamente dalle fonti fossili entro il 2050, sia per quel che riguarda la produzione elettrica, che per i trasporti, che per i consumi termici. La settimana scorsa, riferito alla sola elettricità, era già arrivato l'annuncio del premier scozzese di voler soddisfare entro il 2025 l'intero fabbisogno con le rinnovabili. Ora - mentre il nostro governo continua a cercare di

Leggi tutto il post...

6 ottobre 2010

Vittorio Petrelli non rinnega la scelta pro-carbone e si autoappella "Paladino dello svilupo sostenibile" (aggiornamento)

Petrelli (attualmente consigliere IdV a Civitavecchia) replica alla critica di Gabriele Pedrini (Fiamma) che aveva recentemente rilevato (leggi qui) l'opacità dell'azione di Petrelli, nel 2003 uno dei responsabili politici del "via libera" alla riconversione a carbone di TVN, ma recente promotore dell'iniziativa "Salute da Civitavecchia".

Ecco la replica integrale (aggiornamento: in fondo riportiamo la risposta di Pedrini a questo intervento) : "Caro segretario della Fiamma Tricolore,


Leggi tutto il post...

"Why new coal", "Perché nuovo carbone?" Nuovo docufilm dall'India





Da un nuovo docufilm una critica al modello di sviluppo indiano e alla sua dipendenza dai combustibili fossili. Si chiama WhyNewCoal, ed è stato realizzato da Ekta Kothari e Vinay Jaju in partnership con www.SwitchON.org e http://onergy.in/

Sotto: lavoro minorile nelle miniere di carbone indiane



    L'ombra del terminal Cina sulle nostre teste. La malavita fa il tifo, Moscherini anche.

    Da TrcGiornale.it
    "Civitavecchia in competizione con Tripoli, per la realizzazione del terminal Cina. “I cinesi vogliono realizzare un grande approdo per i container, e sono due le città in lizza, Civitavecchia e Tripoli”. Lo ha detto questa mattina, a margine del consiglio comunale, l'assessore Mauro Nunzi, commentando l'approvazione del Piau, programmi innovativi in ambito urbano.

    “Uno studio di fattibilità che – ha detto sempre l'assessore – non può non tenere conto delle gradi direttrici di comunicazione di cui la nostra città rappresenta uno snodo”. In questa chiave Nunzi ha spiegato l'inserimento dello studio del

    Leggi tutto il post...

    Centrale a carbone di Bastardo: lifting in vista?

    (ASCA) - Perugia, 5 ott - ''Le anticipazioni che leggiamo dai giornali ci appaiono spudorate e preoccupanti. Pensare di rendere compatibile con l'ambiente e la salute umana un impianto obsoleto abbassando i parametri sulle emissioni sarebbe inaccettabile. Una maggiore capacita' progettuale deve farci optare per un serio progetto di riconversione, non a rimettere insieme i pezzi di quella che ormai deve essere considerata come una testimonianza di archeologia industriale ed energetica''. Cosi' il capogruppo

    Leggi tutto il post...

    5 ottobre 2010

    Cambia proprietà la centrale solare di Montalto di Castro

    "(AGI) - Roma, 4 ott. - SunPower ha venduto a Etrion Corporation, produttore indipendente di energia solare, la partecipazione azionaria delle prime due fasi del parco solare di Montalto di Castro, la piu' grande centrale solare fotovoltaica (PV) italiana, per circa 49 milioni di euro.
    L'acquisizione della prima fase del progetto, da 20 megawatt (MW), informa una nota, e' stata completata nel mese di agosto e l'acquisizione della seconda fase da 8 MW e' stata completata la settimana scorsa. SunPower riconosce cosi' la vendita della prima fase del progetto come ritorno di capitali e quella della seconda come ricavi, compresi anche quelli precedentemente differiti, relativi al contratto EPC di cui la stessa Sunpower era responsabile. "Quest'anno, con la chiusura di questa acquisizione, siamo sulla buona strada per completare

    Leggi tutto il post...

    Inceneritori, rifiuti tossici e tumori: lo Stivale dei veleni

    Fonte originale: IlSole24Ore, via

    "Lo stivale italiano dei veleni svelato 
dal super-consulente delle procure. In ufficio ci va a bordo di un kajak perennemente ormeggiato tra i canneti che dalla riva degradano lentamente fino al giardino di casa. L’uomo che scende e deposita il remo ha una barba incolta bianca e il cappello alla Crocodile Dundee. Ha scelto di vivere in un suggestivo scorcio del Lago di Mantova che gli allontana i ricordi olezzanti di discariche abusive, rifiuti tossici e industrie chimiche fuorilegge, ossia tutto ciò che nel suo lavoro affronta quotidianamente. Si chiama Paolo Rabitti, 60 anni, due lauree – ingegneria e urbanistica –, innumerevoli pubblicazioni, docenze e ricerche alle spalle. Ai suoi studi si affidano i Comuni alle prese con la Tav o i comitati di cittadini preoccupati da inceneritori e aziende chimiche. Gente con cui spesso collabora gratuitamente, così, per coscienza


    E per attenuarlo, a qualcuno è venuta l’idea di piazzare spruzzini di profumo sulle recinzioni».

    Sta scherzando?

    «Giuro. Ho qui una foto».

    Con l’intervento del Governo Berlusconi i rifiuti sono spariti d’incanto, in una manciata di giorni. E tutti si chiedono ancora oggi come sia stato possibile.

    «Beh, io commento solo ciò che ho visto. E cioè il sito di Ferrandelle: hanno accatastato circa un milione di tonnellate di rifiuti in piazzole preparate in fretta e furia su un terreno quasi paludoso e senza alcun tipo di copertura. Non mi pare esattamente la panacea che hanno dipinto».

    Resta il fatto che in alcune regioni del Sud l’emergenza si ripresenta periodicamente.

    «Perché per funzionare il ciclo dei rifiuti necessita di amministrazioni che amministrino, controllori che controllino e aziende che facciano quello per cui sono pagate. Ma se, tanto per fare un esempio ipotetico, il politico di turno decide di mandare tutto in discarica, affida la localizzazione a un emissario della camorra, il progetto al cognato che non ne ha mai vista una, la raccolta dei rifiuti a un’azienda creata solo per assumere personale, lo smaltimento a un’altra azienda che ha interessi nei rifiuti pericolosi e la discarica a chi ci fa andar dentro di tutto e se ne infischia della corretta gestione, allora, come dire, se succede tutto questo è molto probabile che si verifichino disastri».

    Per molti la soluzione starebbe nei termovalorizzatori.

    «Mah, termovalorizzatore è un termine eufemistico. Secondo le leggi nazionali ed europee si deve parlare di “inceneritori con recupero di energia”. Certamente sono impianti assai vantaggiosi economicamente ed è per questo che c’è la corsa a costruirli. Peccato che in Italia l’energia prodotta incenerendo i rifiuti sia stata fatta passare alla pari di quella proveniente dal sole e dal vento. E veniva così adeguatamente sovvenzionata finché la Comunità europea ci ha tirato le orecchie, perché è evidente che non si tratta della stessa cosa. E vorrei confutare un’altra colossale bugia: non è vero che gli inceneritori non inquinino. Anche ammesso che le emissioni rientrino nei limiti di legge, moltiplicando le concentrazioni a metro cubo degli inquinanti per il numero di metri cubi di gas che escono dai camini si trovano quantità molto rilevanti. Senza contare i delinquenti che taroccano il software di controllo per simulare emissioni inferiori a quelle reali. Alcuni casi li ho constatati di persona».

    E allora, la soluzione?

    «Il sistema migliore è, ovviamente, non produrli».

    Facile.

    «Scusi, perché se compro una fetta di formaggio al supermercato mi devo portare a casa altrettanta plastica? Costa poco produrla, ma molto smaltirla, sia in termini economici che ambientali. Oltre a ridurre bisogna cercare di recuperare e riusare, visto che ogni cosa che finisce in discarica o viene incenerita provoca un impatto ambientale».

    Un po’ utopistico.

    «Nient’affatto. A Treviso raggiungono l’80 per cento, ripeto 80 per cento di raccolta differenziata come media annuale. Così, visto che non serve l’inceneritore per rifiuti urbani, gli industriali hanno pensato bene di chiedere di costruirne due per rifiuti speciali. E sta ovviamente succedendo un putiferio, perché la gente si sente presa in giro». Una sensazione che si avverte spesso. Lei si è occupato del cloruro di vinile di Porto Marghera, uno dei più grandi scandali italiani, che vedeva al centro il colosso industriale Montedison. «Già. Scoppiò tutto perché un operaio, Gabriele Bortolozzo, volle capire il motivo per cui gli amici che lavoravano con lui nel reparto in cui si produceva polivinilcloruro (Pvc) a partire dal cloruro di vinile (Cvm) fossero tutti morti di tumore. Fu grazie alla sua personale ricerca inviata alla Procura di Venezia che iniziò l’indagine di Felice Casson. Tra le carte dell’inchiesta sul Petrolchimico di Brindisi trovai un documento del 1974 (che poi depositai agli atti del processo di Marghera) in cui un dirigente di Montedison affermava che le aziende sapevano che il Cvm fosse cancerogeno molto prima della scoperta ufficiale del 1973, ma che l’avevano tenuto segreto. E in un secondo documento del 1977 (che mi fu anonimamente imbucato nella cassetta della posta) un altro dirigente Montedison scrisse che non bisognava fare le manutenzioni agli impianti. E questi sono solo due esempi, per dare l’idea di una vicenda incredibile».

    Pare incredibile anche ciò che è accaduto con lo sversamento in mare del petrolio della BP. Barack Obama l’ha paragonato all’11 settembre…

    «È certamente un disastro ambientale di proporzioni terrificanti, ma è anche la dimostrazione che l’estrazione del petrolio comincia a essere troppo difficile. Le conseguenza sull’ambiente non sono per ora compiutamente valutabili. Si pensa che gli effetti dureranno molte decine di anni. D’altra parte, il caso americano ha fatto riemergere anche la questione dello sversamento nel delta del Niger che da decenni, nel silenzio generale, sta devastando l’ecosistema. O meglio: negli anni Ottanta il poeta Ken Saro-Wiwa si fece portavoce delle rivendicazioni della popolazione. Ma finì impiccato».

    Anche lei è tra quelli che sostengono la necessità di passare alle energie rinnovabili?

    «Credo che sfruttarle sia un dovere morale, oltre che una necessità contingente. Se, invece di riempire le tasche dei padroni degli inceneritori con i contributi destinati alle energie rinnovabili, i soldi fossero stati usati per incentivare la ricerca e l’installazione degli impianti il nostro Paese sarebbe sicuramente all’avanguardia».

    Lei non si fida del nucleare?


    «Il ministro che più spingeva per le centrali nucleari era Scajola. Veda lei».

    È degli incidenti che tutti hanno paura. In fondo qui siamo nella terra della diossina di Seveso, dell’Icmesa dei disinfettanti… Seveso, la Chernobyl italiana…

    «Posso raccontarle a questo proposito una storia cui lavoro da molto tempo? Sa, ci sto scrivendo un libro».

    Prego.

    «A seguito del disastro del 1976 all’Icmesa, la commissione della Regione Lombardia stilò un rapporto secondo il quale “sembra” che parte delle 1.600 tonnellate di materiale asportato dalla fabbrica subito dopo il disastro venne smaltita in un inceneritore del Mare del Nord, inceneritore che però non fu indicato. Scrisse proprio così, “sembra”. Il resto del materiale rimasto nel reattore, e cioè 41 fusti di diossina e triclorofenolo, fu affidato a tale Bernard Paringaux, persona che si disse legata ai servizi segreti e che avrebbe dovuto smaltirli in una discarica controllata in Francia. Paringaux li mostrò in tv, solo che i fusti erano più piccoli di diametro rispetto a quelli che erano partiti. Ne nacque un giallo che si risolse solo molto tempo più tardi, quando fu spiegato che erano stati smaltiti probabilmente vicino alle ex miniere di sale della Ddr. Probabilmente. Di fatto, nessuno seppe mai nemmeno in questo caso né dove, né se a essere effettivamente smaltiti furono i fusti partiti dalla sede dell’Icmesa. Perché la verità è questa: che nessuno sa dove siano finiti. E questo è il primo punto. Il secondo è che la diossina provoca il sarcoma, un tumore il cui tempo di latenza si aggira intorno ai dieci anni».

    E quindi?

    «Lei lo sapeva che Mantova è la città con la più elevata frequenza di sarcomi in Italia rispetto alle popolazioni della zona industriale?».

    Non seguo il paragone.

    «Ce ne accorgemmo io e mia moglie che, essendo medico di base, notò che buona parte di questi tumori colpivano pazienti che abitavano vicino al vecchio inceneritore della città. Che oggi è vecchio, ma che nel 1980 era stato inaugurato come il più moderno inceneritore per rifiuti tossico-nocivi d’Europa. Scrivemmo un report. E in effetti l’Istituto superiore della Sanità promosse uno studio approfondito, constatando che chi abitava vicino all’inceneritore di Mantova aveva una probabilità ben trenta volte superiore al resto della città di sviluppare il sarcoma. Ed è una circostanza stranissima, perché in nessun altro luogo dove è presente un inceneritore per tossico-nocivi è mai stato evidenziato un aumento dei sarcomi. Circostanza della quale infatti sono stato chiamato a relazionare poco tempo fa alla Gordon and Mary Cain Foundation a Philadelphia».

    La questione comincia a farsi inquietante.

    «All’epoca di Seveso non esistevano strumenti per capire quanta diossina potesse essere entrata nel sangue della popolazione. Ne furono congelati alcuni campioni che vennero analizzati anni più tardi dalla Cdc (Center for Diseases Control) di Atlanta, praticamente l’Istituto superiore della sanità degli Stati Uniti. Tempo dopo, per sintetizzare, fu chiesto di analizzare il sangue dei mantovani. La clinica del lavoro di Milano stilò un rapporto in cui concludeva che il livello di diossina nel loro sangue a campione era medio-basso. Invece non era vero. A seguito di un’interrogazione parlamentare di Casson, rivide drasticamente il proprio parere e in un cosiddetto “consensus report” assieme all’Istituto Superiore di Sanità sostenne che il livello di diossina era medio-alto. Ecco, il problema è questo. Che non è possibile, o almeno non c’è una spiegazione scientifica, che lo giustifichi. Visto che qui il polo chimico è chiuso da vent’anni. Come del resto l’inceneritore, sigillato nel lontano 1992. La domanda è: da dove arrivava la diossina che provoca i sarcomi nel sangue dei mantovani?».

    Sta dicendo che i fusti di Seveso vennero smaltiti da queste parti, a Mantova?

    «No. Sto facendo alcune constatazioni scientifiche su coincidenze attualmente senza risposte. La prima è che Mantova ha inspiegabilmente questa elevata concentrazione di sarcomi. La seconda è che chi abita vicino all’inceneritore ormai fermo da diciotto anni aveva inspiegabilmente probabilità trenta volte più alte di ammalarsi di sarcoma rispetto al resto della popolazione di Mantova, quasi che lì si fosse bruciata diossina. La terza è che in nessun’altra città che abbia avuto un inceneritore per rifiuti tossico-nocivi c’è mai stata correlazione statistica così diretta con i sarcomi. La quarta è l’assolutamente inspiegabile livello medio-alto di diossina nel sangue dei mantovani. E la quinta è che – purtroppo – nessuno sa che fine abbiano fatto i 41 fusti e gli altri rifiuti di Seveso: quelli che la stessa commissione della Regione Lombardia scrisse soltanto che “sembra” siano stati smaltiti nel Mare del Nord, e la cui sorte è dunque avvolta nel mistero. E poi c’è un sesto elemento…».

    Cioè?

    «I sarcomi a Mantova hanno iniziato a manifestarsi alla fine degli anni Ottanta, con i consueti dieci anni di latenza. E cioè più o meno dieci anni dopo l’incidente dell’Icmesa, a 150 chilometri da qui. Lo ricordo bene perché venni ad abitare in questa zona alla fine degli anni Settanta. E osservai nel mio giardino un fenomeno che non avevo mai visto prima e che mi colpì profondamente, anche perché non lo rividi più».

    Quale?

    «Era il mese di maggio. E dagli alberi caddero le foglie».

    Leggi tutto il post...

    Guccione (PD): in Calabria non c'è spazio per nuove centrali a carbone

    (ASCA) - Reggio Calabria, 4 ott - ''Ha ragione l'on. Nucera.

    I tentativi di realizzare centrali a carbone in Calabria (Rossano Calabro e Saline Joniche) non sono questioni che possono riguardare solo le amministrazioni locali o le popolazioni interessate, ma la Calabria intera e, soprattutto, il Consiglio regionale calabrese''. Lo afferma il Consigliere regionale del Pd, Carlo Guccione, gia' primo firmatario, insieme ad altri otto Consiglieri regionali, di una interrogazione bipartisan al Presidente Scopelliti contro la riconversione a carbone della Centrale Enel di Rossano.

    ''Nei mesi scorsi -ricorda l'esponente del Pd- abbiamo piu' volte dichiarato e ribadito la

    Leggi tutto il post...