Da 'NtaCalabria
"«Come era ampiamente prevedibile, il Ministero dell’Ambiente ha espresso parere positivo sulla Valutazione di Impatto Ambientale per la Centrale a Carbone di Saline Joniche. Questo non vuol dire che domattina arriveranno le ruspe e iniziano i lavori di costruzione, ma l’attenzione, ora più che mai, deve rimanere alta, perché il rischio concreto che i lavori partano, c’è». Federico Curatola, sindaco di Bagaladi, da sempre si è battuto contro il progetto Sei anche ultimamente quando, insieme al sindaco di San Lorenzo Sapone ha rifiutato di aderire all’iniziativa degli altri primi cittadini dell’area grecanica.
«Nelle scorse settimane sono stato oggetto di attacchi e strani messaggi per essermi rifiutato di firmare il protocollo d’intesa per incaricare il Sindaco di Montebello Jonico di nominare una Commissione di “esperti” – dichiara Curatola -per valutare il progetto e dirci se nuoce o meno alla salute. Ritengo con questo di essere stato “coerente” (vocabolo sconosciuto a tanti…) con quello che ho sempre sostenuto: il carbone non é una strada percorribile per il nostro territorio».
Curatola sposta l’attenzione alla questione nazionale ed in particolare al «Ministro Stefania Prestigiacomo che, “coerentemente” con quanto sostenuto a Copenhagen, ha dato parere positivo ad un progetto che aumenterà di 7,5 milioni di tonnellate il quantitativo di CO2 emesso nell’atmosfera dal nostro paese, in barba agli accordi di Kyoto. La signora Ministro è rimasta coerente con sè stessa e con gli ordini di scuderia impartiti dal governo».
Curatola ripercorre tutte le campagne della sua battaglia contro il carbone «iniziata nel luglio del 2008, la costituzione del coordinamento delle associazioni contrarie al progetto, la raccolta di firme (più di 2000 in un solo week-end), gli incontri, i comunicati stampa, le iniziative. Qualcuno pensava che ora, rappresentando io un’istituzione, avrei cambiato opinione o “qualcosa” mi avrebbe fatto cambiare opinione. Mi spiace avere deluso chi era convinto di ciò, ma la mia idea è che la “vita” di un territorio e di un popolo non sia “monetizzabile”».
E’ necessaria, per Curatola, «una mobilitazione di massa per contrastare dal basso un progetto che si intende calare dall’alto e nei confronti del quale tutti gli Enti, a suo tempo, si erano espressi negativamente (Regione Calabria, Provincia di Reggio, Comune di Reggio con a capo l’attuale Governatore Scopelliti, e vari Comuni interessati)».
Il giovane sindaco di Bagaladi ribadisce il suo no al carbone in quanto «64 veleni vengono sprigionati nei cieli e quello che non ricade direttamente sul suolo, ci ritorna attraverso le piogge acide. In Veneto ed in Liguria, – conclude Curatola – così come a Brindisi ed in ogni altro posto al mondo dove esistono centrali a carbone…che piaccia o no, si muore. Costruire una simile mostruosità equivale ad ammorbare un intero territorio e negare a tutti noi la possibilità di “viverci”».
28 ottobre 2010
F. Curatola, sindaco di Bagaladi, spiega il suo no al carbone a Saline Joniche
Per costruire il futuro
Una pregevolissima lettura consigliata a tutti.
"Gente che costruisce il futuro" di Andrea Masullo, docente di Sostenibilità ambientale all'Università di Camerino
"Dalla comunità scientifica internazionale giungono sempre più frequenti allarmi sulle conseguenze planetarie dell’eccessivo uso delle risorse: dai cambiamenti climatici, alla desertificazione, alle crisi idriche ed alimentari, alla ormai prossima scarsità di petrolio e di molte altre risorse minerarie su cui si basa la moderna economia. Le analisi scientifiche prevedono un aggravamento di tutte queste conseguenze negative dello sviluppo che rischiano di vanificare i progressi straordinari dell’umanità riportandoci ad una situazione simile a quella di inizio ‘900, ma senza le potenzialità allora esistenti e che oggi risultano in gran parte esaurite. Tutto sembra confermare i risultati drammatici del modello macroeconomico utilizzato da Dennis e Donella Meadows e Jorgen Randers per aggiornare il rapporto sui limiti della crescita a 30 anni dalla prima clamorosa stesura. Secondo questo aggiornamento pubblicato nel 2004 (edizione italiana “I nuovi limiti dello sviluppo”, Saggi Mondadori), le crisi delle risorse e le conseguenze sul benessere subiranno un aggravamento nel secondo decennio di questo secolo; come non vedere nell’attuale difficoltosa e non del tutto compresa crisi economica globale un segnale premonitore?
All’International Media Forum di Greenaccord svoltosi a Cuneo dal 13 al 16 ottobre con il titolo “People Building Future: confini e valori per un vivere sostenibile” scienziati provenienti da tutto il mondo si sono radunati con giornalisti di tutti i continenti per provare insieme a costruire una via per evitare le crisi incombenti e continuare a produrre benessere per l’intera popolazione che abiterà la Terra negli anni e nei secoli futuri. L’intento comune è di non rassegnarsi in modo fatalistico al peggio e trovare la via per scuotere una opinione pubblica confusa da media che fanno emergere di tanto in tanto allarmi apocalittici per poi tornare ad una comunicazione che sostanzialmente ignora le grandi questioni aperte dalle crisi globali, seguendo una classe politica che preferisce ignorare gli allarmi e proporre analisi tranquillizzanti e soluzioni contraddittorie, anzi controproducenti, come il martellante richiamo ad una ripresa dei consumi. La voce unanime emersa è che siamo davvero ad un punto di svolta in cui dobbiamo scegliere cosa portarci dietro per il cammino che ci attende e cosa relegare definitivamente al passato.
Il modello? Nè capitalismo né socialismo, ma semplicemente imitare il meccanismo che guida con successo da 4 miliardi e mezzo di anni l’evoluzione del nostro pianeta, che senza soluzione di continuità cresce qualitativamente senza limiti, ma all’interno di confini quantitativi ben precisi, verso un sempre maggiore perfezionamento ed arricchimento in termini di complessità e bio-diversità, senza produrre rifiuti né distruggere risorse, semplicemente utilizzando al meglio ciò che esiste in ciascun lembo di territorio, cercando perennemente in ogni luogo ed in ogni istante la soluzione migliore secondo una logica che guida ogni essere ed ogni specie a ricercare il proprio benessere attraverso il benessere generale dell’ambiente in cui vive e di tutte le altre specie che vivono in esso; in altri termini è necessario far evolvere l’economia dalla logica della competizione conflittuale ed egoistica, che porta alla lotta di un individuo o di un popolo per l’accaparramento per sé , alla competizione cooperativa e solidale. Liberarsi dal consumismo ottuso e fine a sé stesso che divora ambiente e persone, che dissolve le reti di relazioni sociali esaltando l’individualismo e scoprire il benessere e la felicità in una vita sobria e ricca di relazioni sociali.
I valori etici? Nulla da inventare; basta applicare la Dichiarazione Universale dei Diritti Dell’Uomo, i cui 30 articoli sono in larga parte drammaticamente ancora disattesi ad oltre 60 anni dalla sua adozione da parte dell’ONU.
La sostenibilità è quindi una vera rivoluzione da attuarsi prima che le conseguenze più nefaste dell’attuale modello si manifestino. Essa richiede un nuovo orientamento delle attività umane verso la soddisfazione del diritto ad una vita felice per ciascun individuo. La green economy può essere il ponte temporale per arrivarci. Essa consente di far durare più a lungo le risorse a disposizione migliorando l’efficienza delle tecnologie e dell’organizzazione sociale. E se oggi il consumismo e il folle mito della crescita illimitata dei consumi ancora guida la dottrina economica, già si affacciano scintille di green-economy e in parte anche di sostenibilità. Alcuni esempi concreti sono stati presentati nel Forum di Greenaccord.
- Il programma “zero waste” dell’ Interface FLOR, illustrato da Arratia Ramon, rappresenta una notizia straordinaria in quanto ci ha mostrato come una potente multinazionale che produceva moquette con un elevatissimo impatto ambientale, in pochi anni può ridurre enormemente i suoi rifiuti e le sue emissioni rendendo realistico un obiettivo di impatto zero.
- Joachim Eble ci ha mostrato come la grande architettura può cambiare profondamente lo schema urbano anche nelle grandi città della Cina, ricucendo le reti ecologiche e le reti sociali attraverso uno schema ad emissioni zero.
- Wittfrida Mitterer ci ha mostrato come anche la tragedia di un terremoto può divenire l’occasione di una rinascita sostenibile di una città, illustrandoci il suo progetto di ricostruzione di Onna, finanziato dal governo tedesco, che prevede il recupero delle antiche architetture con criteri anti-sismici, riciclando le pietre crollate, il recupero del tessuto sociale creando anche nuovi spazi di incontro; il tutto alimentato da energie rinnovabili come la geotermia e l’energia solare.
- I volontari del LVIA ci hanno descritto cooperative di sole donne che riciclano la plastica in Burkina Faso, dimostrando praticamente il legame fra ecologia della natura ed ecologia umana, attraverso la soluzione congiunta di un problema sociale, economico ed ambientale.
- La socioetà Marcopolo di Cuneo ci ha descritto semplici tecnologie che trasformano un gravissimo problema ambientale per i paesi ricchi ed anche igienico e sanitario nei paesi poveri, come quello dei rifiuti organici urbani, in un grande beneficio, producendo attraverso la biodigestione metano, per produrre energia rinnovabile, e terra fertile, con il risultato non solo di azzerare le emissioni di gas serra, ma addirittura sottraendo con la vermicoltura carbonio all’atmosfera. E’ la dimostrazione inoltre che chiudere i cicli ecologici lasciati aperti dalle attività umane comporta anche un beneficio economico, mentre le soluzioni orientate allo smaltimento come le discariche e gli inceneritori, dimostrano in Campania di creare solo altri disastri ambientali e rivolta sociale.
- Il Viceministro dell’ambiente della Costa Rica, Ana Lorena Guevara ci ha dimostrato come un paese povero di capitale finanziario possa fondare la sua economia sulla bellezza e sulla biodiversità, scoprendosi ricco di capitale naturale e di capitale umano. E’ un esempio concreto per tutti i paesi poveri, per lo più ricchi di risorse naturali, che la via della valorizzazione del capitale naturale è una via praticabile per uscire dalla povertà superando la trappola del debito che li costringe ad esportare le loro risorse.
- L’ingegnere australiano Karlson Charlie Hargroves, illustrandoci palazzi che si ispirano per la loro climatizzazione al sistema escogitato dalle termiti per mantenere condizioni di temperatura ed umidità ideali anche nel deserto più caldo, ci ha mostrato con esempi concreti come si possa sviluppare una tecnologia sostenibile semplicemente imitando la natura, e quanto siano più efficaci le soluzioni derivate da miliardi di anni di evoluzione della biosfera rispetto a quelle prodotte da 200 anni di evoluzione tecnologica.
- Esempi concreti di soluzioni socio-politiche-ambientali ci sono state illustrate abbondantemente anche nella relazione di Joan Martinez Alier che ha sollevato la questione dei diritti dei popoli indigeni di fronte alle imprese minerarie multinazionali che devastano il loro territorio e la loro vita.
L’utopia che vi propongo è che un po’ alla volta la gente acquisti consapevolezza di tutto ciò, si riappropri del proprio destino sottraendolo alle avide mani di affaristi e squallide cricche, e di quel mondo politico che sguazza in questa palude guidandoci verso un futuro incerto e foriero di catastrofi. Ognuno deve fare la sua parte per costruire un futuro sostenibile.
Vado Ligure, "Il punto sulla centrale a carbone Tirreno Power"
Da savonaeponente.com
"Dopo anni di riunioni, tavole rotonde, posizioni assunte e poi modificate, delibere, ricorsi e controricorsi, esposti e tutto quanto ha fatto – finora – spettacolo (e basta), gli abitanti di Vado e quelli di tutta la provincia di Savona si ritrovano nell’identica, precisa situazione di trent’anni fa. Anzi, sotto alcuni aspetti la situazione è addirittura peggiorata.
Un punto che verrà presentato anche all’Assessore all’ambiente regionale, dottoressa Briano, che ha promesso di “venire sul territorio” quanto prima per ascoltare il punto di vista dei comitati, delle associazioni e di tutte le realtà che rappresentano i cittadini e che quindi sono l’espressione forse meno “istituzionale”, ma sicuramente più “vera”, della democrazia.
A conti fatti e a documentazione esaminata con particolare cura ed attenzione, ad oggi risulta che:
PUNTO 1) il carbone fa ammalare/uccide decine di persone all’anno. Questa tesi è supportata da faldoni e faldoni di letteratura scientifica (intesa come scientificamente provata al di sopra di ogni ragionevole dubbio), producibile a chiunque ne faccia richiesta ed in qualsiasi momento.
Contro questa tesi si sono sentite, al contrario, solo chiacchiere e slogan propagandistici: né la Tirreno Power, né alcuna entità istituzionale (e non) si è MAI presentata con uno straccio di documentazione scientifica che confutasse le tesi esposte dalla scienza di tutto il mondo o che tentasse in qualche modo di sminuirne la portata.
Riteniamo quindi che questo punto non possa neppure più essere messo in discussione, ma che vada accettato come punto certo… almeno fino a che non verrà prodotta una letteratura scientifica contraria.
Al momento attuale, in base a TUTTA la letteratura scientifica attualmente in nostro possesso, noi sosteniamo con decisione:
a) che OGNI centrale a carbone equivalente a quella di Vado ligure provoca malattie e morti in misura direttamente proporzionale alla densità della popolazione locale (fonte: tutta la letteratura scientifica mondiale);
b) che una centrale a carbone di questo tipo, inserita in un contesto assimilabile a quello di Vado Ligure, abbia un costo sociale di ALMENO 140 milioni di euro annui (fonte: studio Externe dell’Unione Europea).
c) che i tanto sbandierati “limiti di legge”, anche qualora venissero rispettati, non sarebbero in grado di tutelare la salute dei cittadini, perché i limiti di legge italiani sono assurdamente elevati (fonte: Organizzazione mondiale della Sanità – OMS).
Più nel dettaglio:
nel 2005 (rapporto del 22/6/2005) l’OMS ha dichiarato che l’Italia, riducendo l’inquinamento atmosferico, risparmierebbe 28 miliardi di euro all’anno;
nel 2006 l’OMS ha indicato il PM2,5 come misura aggiuntiva di riferimento delle polveri sottili nell’aria. L’Europa ha recepito questa direttiva e l’Italia ha recepito a sua volta, almeno teoricamente, quella europea (il DM 60/02, sostituito da poco dal 155/10, richiedeva la misurazione del PM 2,5, pur non fissando ancora alcun limite di legge, e l’invio dei dati ai Ministeri Ambiente e Salute. Il DM 155/10 fissa invece i limiti di legge in 25 mg media annuale (per l’OMS il limite è di 10 mg) con 35 superi all’anno della media giornaliera (per l’OMS 3!).
Gli studi di Anderson HR WHO Regional Office for Europe 2004 – MISA Meta Analisi Italiana su otto grandi città italiane – Pope A.C., Journal American Association 2002 – Pope Circulation 2004 arrivano tutti alla conclusione che, per ogni incremento di 10 mg di PM 2,5, l’effetto sulla salute è il seguente:
Mortalità generale: + 6%
Mortalità per patologie cardiovascolari: +12%
Mortalità per cancro al polmone: + 14
Per questi motivi l’OMS ha abbassato i livelli di concentrazione massimi “consigliati” a 20 e 10 microgrammi/m³ rispettivamente per PM10 e PM2,5. Lo studio di POPE del 2009 dimostra che per ogni riduzione di 10 mg/m3 si avrebbe un aumento della speranza di vita media di 9 mesi: cioè, passando dai limiti italiani a quelli OMS si avrebbe un aumento di 13,5 mesi di vita medi (e scusate se è poco).
A fronte di questi dati, riconosciuti e validati dalla comunità scientifica ufficiale mondiale, IN TUTTA LA PROVINCIA DI SAVONA ESISTE UNA sola centralina per la misurazione delle PM 2,5 (e comunque per le polveri PM10 ne esistono solo 4 in tutta la provincia: mentre a Quiliano, sede della Centrale a carbone, non si misura nè il PM10, nè il benzene).
Ma ancora ci parlano di “limiti di legge”… dimenticando, forse, che gli stessi “limiti di legge” hanno permesso a decine di aziende di continuare per TRENT’ANNI ad utilizzare l’amianto, quando la medicina aveva ormai accertato la sua acclarata e conclamata cancerogenicità.
Oggi, come è noto a tutti, non solo la legge proibisce la lavorazione dell’amianto, ma prevede anche il risarcimento dei danni causati alle vittime.
Questi punti fermi siamo disposti a sostenerli in qualsiasi Tribunale, poiché ci risultano estremamente fondati ed inattaccabili.
Questi punti fermi riguardano LA COMBUSTIONE DEL CARBONE in ogni sua forma, a prescindere dalla tecnologia utilizzata: se la tecnologia è obsoleta (come nel caso dei gruppi 3-4 della centrale Tirreno Power ) il risultato sarà sicuramente più grave, ma le migliori tecnologie disponibili, allo stato attuale delle cose NON sono in grado di garantire una sufficiente tutela della salute. E lo prova tutta la scienza mondiale, mentre qualcuno dei nostri politici locali ancora sostiene che siamo “troppo allarmisti” (chi? Noi cittadini o la scienza?) e minaccia addirittura “denunce per procurato allarme”, dimenticando forse qualche sano principio che vedete espresso qui sotto:
Ma noi SAREMMO STATI BEN FELICI se qualcuno, oltre ad abbaiare alla luna, ne avesse mai presentato effettivamente una: in tal caso, infatti, sarebbe finalmente partita un’indagine seria da parte della Magistratura e si sarebbe arrivati a scoprire quella verità che noi siamo sicurissimi di conoscere già a menadito, ma per la quale veniamo costantemente additati come “fanatici” o addirittura “terroristi ambientalisti” (!) da coloro che la trovano scomoda.
Poiché questo non è mai successo, oggi sono i cittadini ad aver presentato un primo esposto alla Comunità Europea, chiedendo che si indaghi sulle evidenti mancanze istituzionali, mentre è in preparazione un secondo esposto alla Procura di Savona sulle responsabilità oggettive della stessa Tirreno Power.
PUNTO 2) L’atteggiamento della politica locale, partendo dai Comuni ed arrivando alla Regione, è sempre stato all’insegna dell’ambiguità.
Partiti e singoli politici che hanno impostato le proprie campagne elettorali sul NO forte e deciso al carbone hanno, in seguito, fatto una parziale o totale marcia indietro, o hanno completamente smesso di occuparsi del problema (rendendosi forse conto che, data la situazione attuale, l’ambientalismo non paga). Istituzioni che hanno presentato ricorsi contro il parere favorevole del Ministero all’ampliamento (basato, peraltro , su un assunto poi rivelatosi fallace, vedi punto 5), hanno oggi un atteggiamento possibilista o addirittura favorevole. Singoli professionisti (politici e non) sinceramente preoccupati per la salute pubblica si sono visti osteggiati e in alcuni casi addirittura minacciati di ritorsioni da potentati di vario genere che potevano influire – e in diversi casi hanno influito – negativamente sulla loro carriera professionale o politica.
Non possiamo fare pubblicamente i nomi perché, per assurdo, questo potrebbe nuocere ulteriormente alle stesse vittime di questi attentati alla democrazia e alla libertà di informazione, ma abbiamo prove CERTE che tutto questo sia accaduto.
Sembra ormai accertato che quasi tutti i politici locali, con rarissime eccezioni, o perché non interessati all’argomento, o perché in altre faccende (od interessi) affaccendati, o perché incapaci di comprendere anche il linguaggio scientifico più semplice, abbiano mostrato fino ad oggi una totale, completa, crassa e beata IGNORANZA (in senso letterale) del problema dal punto di vista scientifico.
Sembra lecito supporre (tesi avallata anche dalla recente dichiarazione di un’esponente della CISL) che gli amministratori locali vengano tenuti in scacco dalla possibilità di un’”emergenza rifiuti” sicuramente non lontana, data la situazione delle discariche locali, a cui si potrebbe profilare la soluzione tristemente presente nell’ultimo Piano Provinciale dei Rifiuti, ovvero quella di bruciare CDR nella centrale (con emissioni ancor più letali delle attuali, in quanto si aggiungerebbero quantità insostenibili di diossine e benzene).
Tutte le autorità locali, quando e se interrogate su questo punto, si sono sempre chiuse in un sospetto riserbo o nel totale silenzio.
In compenso si sono però dimostrate estremamente sensibili sia alle pressioni del mondo industriale (compresi gli approcci di tipo economico, dalla sponsorizzazione di eventi all’accettazione di “contribuiti” di vario tipo), sia ai ricatti occupazionali.
L’unica presa di posizione ufficiale contraria all’accettazione di questo tipo di ricatti è stata finora quella del sindaco di Savona al convegno “Ma il cielo è sempre più blu”.
I Sindaci di Vado ligure e Quiliano, che hanno basato le proprie campagne elettorali sui due NO alla piattaforma Maersk e all’ampliamento della centrale, stanno oggi accettando i “forse” e i “purché si facciano i monitoraggi”, arroccandosi dietro alla frase: “ormai abbiamo fatto il possibile, bisogna scendere a compromessi”.
Ma i cittadini NON sono più disposti ad accettare che questi compromessi vengano fatti sulla loro pelle, e per questo motivo non si ritengono sufficientemente rappresentati da istituzioni che, di fatto, appaiono condizionabili e ricattabili, oltre che non sufficientemente preparate dal punto di vista scientifico.
E a rendere noto il punto di vista scientifico dovrebbe essere stato chiamato, fin dal primo momento, l’Ordine dei Medici della Provincia, che invece:
a) è stato convocato dopo sindaci, sindacalisti, Unione Industriali e azienda stessa;
b) è stato oggetto di domande al limite del ridicolo, come “ma siamo sicuri che il carbone inquini?”, o “ma non sapete che adesso c’è il carbone pulito?”; domande degne di una discussione da bar e certamente improponibili e dequalificanti per degli uomini di scienza.
Purtroppo, ogni volta che un medico, di fronte a questo genere di domande, reagisce con sacrosanto sdegno, porge il fianco ad ulteriori accuse di “fanatismo” e/o di “incapacità di rapportarsi con le Istituzioni”.
In realtà qualsiasi essere umano di questo mondo, di fronte ad un interlocutore che manifesti il misto tra ignoranza ed arroganza mostrato in diversi occasioni da chi avrebbe il dovere istituzionale di tutelare la sua salute, non può che reagire con sdegno e furore.
Gli unici ad abbassare la testa sono i servi del potere: ma i nostri politici sappiano che non soltanto i medici, ma anche gran parte dei cittadini NON INTENDE RICOPRIRE QUESTO RUOLO e non si sente rappresentato da chi, per scelta o per forza, lo ricopre.
PUNTO 3) La stampa locale non risulta all’altezza del suo compito di garantire ai cittadini un’informazione completa ed obiettiva, condizione essenziale alla democrazia stessa. L’evidente condizionamento, legato al fatto conclamato che la Tirreno Power sponsorizzi regolarmente una lunga serie di media, crea di fatto un conflitto di interesse che spesso rende l’informazione parziale e la verità distorta.
PUNTO 4) Dopo varie riunioni ed incontri che hanno visto protagonisti sia l’Azienda stessa che le varie Istituzioni, il risultato finale sembra oggi quello di voler RICOMINCIARE DACCAPO un percorso che avrebbe dovuto essere espletato e concluso da almeno una ventina d’anni.
Ovvero, si parla nuovamente di avviare indagini epidemiologiche, di controllare lo stato dell’aria, di installare eventuali nuove centraline, insomma di tornare al punto di partenza… e non solo.
Si parla anche di affidare queste nuove (e presumibilmente lunghissime) indagini agli stessi Enti che già se ne sono occupati in passato, e cioè all’IST e all’ARPAL, già firmatari dello studio del 2007 che era stato presentato alla popolazione del savonese come estremamente tranquillizzante in diverse riunioni e conferenze stampa (sia in Provincia che in Regione), più volte amplificate dai media in modo roboante.
I risultati di tale studio erano stati presentati come prova della buona qualità dell’aria in provincia di Savona, e in particolare come prova che non esistesse una relazione importante tra centrale a carbone, inquinamento e mortalità.
PURTROPPO:
a) poche settimane fa la dottoressa Vercelli, citata dal giornalista di RAI3 Riccardo Tivegna, ha dichiarato che “l’analisi non era centrata su Vado, ma faceva la media tra le zone inquinate e non della provincia” (per i non addetti ai lavori, questo significa letteralmente che NON si trattava di un’indagine sul rapporto tra mortalità e inquinamento).
Più chiaro ancora il dottor Valerio Gennaro, l’epidemiologo dello stesso IST, che ha dichiarato di fronte alle telecamere che “non gli risulta sia mai stato eseguito alcuno studio epidemiologico eseguito nei corretti termini scientifici”.
In parole povere: lo studio IST-ARPAL non ha mai avuto modo di dimostrare alcuna correlazione tra salute ed inquinamento. Eppure ce l’hanno spacciato non solo come se l’avesse dimostrata, ma come se avesse anche assolto la centrale a carbone da ogni responsabilità.
b) a questa clamorosa rivelazione, che di fatto dimostra la malafede delle istituzioni nel presentare al pubblico lucciole per lanterne, NON è stata data alcuna rilevanza dai media. E’ passata quasi del tutto inosservata.
Ed oggi si parla di far eseguire nuovi studi a chi, già una volta, sfruttando l’ignoranza o la complicità (da stabilire) della nostra politica, HA MENTITO a tutta la popolazione del savonese.
Tra l’altro potrebbe non essere la sola volta, visto che, se da un lato l’IST ha presentato dati che NON potevano dare alcuna informazione sul rapporto inquinamento/salute, dall’altro lato l’ARPAL li ha avallati.
Ma 15 funzionari dell’ARPAL risultano al momento indagati dal pm Paola Calleri, titolare dell’ inchiesta affidata ai carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico), per ipotesi di reato che vanno dalla corruzione, alla turbativa d’asta, al falso.
In particolare il direttore generale Bruno Soracco, tuttora in carica, è indagato per falso ideologico, abuso d’ufficio e omissione, insieme ad altri dirigenti accusati di aver falsificato dati ambientali e modificato relazioni tecniche per favorire alcuni amministratori locali.
Non crediamo che si possa davvero chiedere ai cittadini di sottostare ad analisi e giudizi da parte di chi ha già dichiarato di aver mentito alla cittadinanza e da parte di entità indagate per aver falsificato dati ambientali.
Siamo tutti garantisti, ma non masochisti: PRIMA si concludano le indagini e si arrivi ad una sentenza, qualsiasi essa sia, e POI semmai si torni a dare fiducia ad Enti che, al momento, non riteniamo né affidabili, né attendibili per motivi talmente evidenti che non dovrebbe neppure essere il caso di discuterne.
Nel frattempo, o si cambiano i vertici o si cambia l’ARPAL: ma si prenda anche atto, una buona volta, di tutto quanto dichiarato al punto 1). Perché i casi possono essere solo due: o lo si contesta (e in questo caso esigiamo che vengano presentate prove scientifiche validate), oppure lo si accetta.
Ma se lo si accetta, permettere che i gruppi a carbone 3 e 4 della centrale Tirreno Power continuino a funzionare, anche per un solo giorno, significa accettare consapevolmente di mettere a repentaglio la salute e la vita dei cittadini.
PUNTO 5) Last but not least:
a) La centrale TP ha lavorato negli ultimi cinque anni in assenza di Autorizzazione Integrata Ambientale (prevista dal 2005 e richiesta dall’azienda nel 2007), potendo contare su continue deroghe governative che sono alle base del già citato esposto presentato alla UE;
b) La centrale TP ha avviato nel 2007 il gruppo a ciclo combinato, pur non ottemperando a tutte le prescrizioni previste con l’esenzione della procedura di VIA: anzi, ha ripresentato alcune di esse come nuove condizioni per ottenere il potenziamento a carbone. Lo stesso Ministero Ambiente aveva chiesto, ancora nel 2009, la verifica dell’ottemperanza a dette prescrizioni e lo stesso Comitato tecnico regionale nella seduta del 5/06/07 ha riconosciuto di non avere riscontri della completa ottemperanza a parecchie di dette prescrizioni.
Su questi ed altri argomenti sono già stati depositati esposti alla Procura della Repubblica, che risultano al momento in via di elaborazione e di indagine. Un esposto in particolare era stato accantonato dall’allora Procuratore Dr. Scolastico proprio in attesa dello studio IST/ARPAL di cui solo oggi è stata smentita la validità come rapporto tra inquinamento e salute.
Infine, l’autorizzazione V.I.A. è stata rilasciata dal Ministero dell’Ambiente basandosi sull’assunto presentato nel progetto della Tirreno Power, secondo il quale l’ampliamento avrebbe portato una diminuizione delle emissioni: tale assunto è stato smentito da una perizia giurata della ditta TERRA (perizia pagata da un’Associazione Onlus di semplici cittadini) che ha rilevato come la tematica “sia stata affrontata in modo poco trasparente. Non è stata utilizzata la situazione più metodologicamente corretta per lo scenario emissivo post operam e sono stati utilizzati dati non omogenei (essendo i due scenari riferiti a differenti ore di funzionamento) senza adeguate motivazioni”.
La conclusione è stata la seguente: “Si ritiene che non sia attendibile il miglioramento ambientale generalizzato connesso all’ampliamento e alla modifica della centrale, anzi appare che lo scenario post operam sia peggiorativo delle condizioni ambientali e sanitarie”.
A fronte di tutto questo, ci chiediamo COME SIA POSSIBILE che questo impianto operi a tutt’oggi 24h/24, in modo indisturbato, nonostante esposti, mobilitazioni, inadempienze, tra silenzi ed omertà.
La nostra conclusione può essere una sola: basta morire per gli sporchi affari altrui.
Basta carbone.
Se i nostri amministrazioni arriveranno a conclusioni diverse, dovranno motivarle e motivarle con argomentazioni ineccepibili: in caso contrario, per noi saranno colpevolmente consapevoli di non aver fatto nulla per impedire il dilagare di malattie e morti.
E dovranno renderne conto alla cittadinanza e alla giustizia, oltre che alla propria coscienza.
P.S.: questo articolo – lettera aperta verrà inviato ai media e a tutti gli amministratori locali, dai Sindaci ai Presidenti di Provincia e Regione.
Chiediamo ai cittadini che volessero sottoscriverla di dare la propria adesione nello spazio dei commenti o di inviare una e-mail a redazione@savonaeponente.com, con oggetto “Aderisco alla protesta contro la centrale a carbone” indicando il proprio nome e cognome.
Angela Napoli (FLI): fermare lo scempio del carbone a Saline Joniche
Da ReggioTv.it
"Quali urgenti iniziative intendano assumere al fine di impedire lo scempio della costruzione della centrale a carbone nell’area ex Liquichimica di Saline, anche al fine di assecondare giustamente le posizioni delle locali Istituzioni e dell’intero Consiglio regionale calabrese”, queste le richieste conclusive dell’interrogazione a risposta scritta rivolta dall’onorevole Angela Napoli ai Ministri Ambiente, Tutela del Mare e del Territorio e Sviluppo Economico.
La questione del progetto della società elvetica Sei torna a Roma ma questa volta a rispondere dovranno essere i rappresentanti di governo chiamati in causa dalla parlamentare calabrese. Nel testo dell’interrogazione, emergono le notevoli riserve espresse su un progetto che, unitamente agli altri, produrrebbe più di 39 milioni di tonnellate di CO 2 a fronte di una riduzione di 60 milioni di tonnellate entro il 2020 per cui invece lo stesso ministro Stefania Prestigiacomo si sarebbe impegnata a Copenaghen. Inoltre per la realizzazione della centrale sarebbe stata impegnata una iniziale ingente cifra di un miliardo di euro, si specifica nell’interrogazione, cui si aggiungerebbero 500 milioni di euro di investimento per le infrastrutture, più 1,7 milioni di euro all’anno per i costi di esercizio.
Aspetto degno di nota e che desta ulteriori perplessità attiene ad un secondo progetto, presentato nei giorni scorsi con grande segretezza e che non sarebbe noto a fronte di un primo datato luglio 2007, corredato dalle modifiche richieste dal Ministero dell’Ambiente, e invece visibile solo sul sito apposito.
Nonostante i pareri contrari delle istituzioni locali, ad oggi la Sei propone delle ipotesi di compensazione territoriale che non riducono i rischi legati all’utilizzo di questa fonte non rinnovabile di energia. Il carbone pulito dal canto suo, riduce solo in parte le particelle fini, ma non incide sulle emissioni delle polveri ultrafini, che rappresentano la causa più importante di incremento della mortalità, della morbilità e dell’inquinamento.
Ebbene alla luce di tutto questo quali iniziative saranno assunte dai ministeri competenti per impedire questo scempio. Lo chiede l’onorevole Angela Napoli ma in molti,tanti, attendono la risposta.
27 ottobre 2010
Sabato 30 ottobre "Giornata per la promozione della pratica del compostaggio domestico"
E' prevista la presenza dell'assessore all'ambiente della provincia Michele Civita e verranno distribuite compostiere agli abitanti del quartiere che ne hanno fatto richiesta.
26 ottobre 2010
Rossano e Saline Joniche: i progetti di riconversione a carbone nel dibattito politico calabrese
Se la Tuscia diventa una fogna a cielo aperto
Sono le nostre stesse preoccupazioni.
Da OnTuscia.it
"Di seguito una nota di Diego Piermattei, portavoce dei Verdi per la Costituente ecologista di Viterbo: “Dopo il nucleare, l’inquinamento del lago di Vico, ora arriva anche l’inceneritore. È questo lo sviluppo che ci meritiamo? I Verdi della Tuscia si opporranno a questa ennesima sciagurata scelta in ogni modo per tutelare la salute dei cittadini.
La Tuscia nei prossimi anni potrebbe essere gravata da una serie di vere e proprie bombe ambientali, quali: la centrale nucleare di Montalto di Castro, un deposito per le scorie nucleari, un’altra conversione a carbone della centrale di Civitavecchia e l’incenerimento di rifiuti in queste centrali e ora anche l’inceneritore del quale ancora non si conosce il luogo di costruzione.
Organizzeremo una manifestazione contro chi vuole deturpare e avvelenare la Tuscia e condannare i suoi abitanti, ribadendo le bugie della presidente Polverini che in campagna elettorale disse no al nucleare, mentre ora gli esponenti del centrodestra aprono all’energia atomica. Chi vince ha l’obbligo di governare e mantenere le promesse non di fare pura demagogia per raccogliere voti e subito dopo accontentare le solite lobbies che per scopi di lucro, svendono la salute delle popolazioni”.
Il Navajo vota no al carbone
"Washington, 26 ott. - (Adnkronos) - I Navajos vogliono rinunciare al carbone e convertirsi alle energie rinnovabili, l'ecoturismo e la microimpresa. Un cambiamento netto rispetto al passato che è uno dei temi centrali della elezione del presidente della nazione Navajo, la più grande riserva indiana degli Stati Uniti, dove si vota il 2 novembre contestualmente alle elezioni di midterm. La più decisa alla riconversione al solare e all'eolico è Lynda Lovejoy, che potrebbe diventare la prima donna a guidare i Navajo, e ha scelto come candidato vicepresidnete l'ambientalista Earl Tulley. Ma anche il suo avversario Ben Shelly, attuale vicepresidente, ha cominciato a pensare verde. A cavallo fra Arizona, Utah e Nuovo Messico, la riserva vive da decenni sullo sfruttamento del carbone. Le miniere e le centrali a carbone contribuiscono per un terzo al bilancio della nazione Navajo e hanno creato 1500 posti di lavoro. Ma hanno anche avvelenato l'aria e l'acqua e, ora che alcune miniere hanno iniziato a chiudere per i costi crescenti, in tanti vogliono voltare pagina. Il governo tribale uscente ha già approvato un progetto per una centrale eolica da costruire a Flagstaff (Arizona) in grado di fornire elettricità a 20mila abitazioni e ha creato una commissione apposita -la Navajo Green economy Commission- per la promozione di un'economia verde. La riconversione al solare e all'eolico, con la prospettiva di vendere all'esterno l'energia, è anche una via per garantire elettricità alle 18mila abitazioni isolate della riserva che finora ne sono prive.
Enel criticata toglie la pubblicità da "Il Fatto Quotidiano"
A seguito di un articolo critico nei confronti di enel, la società reagisce così
Fonte: IlFatto Quotidiano
"Qualche critica su Green Power e l’Enel ci cancella la pubblicità
Il momento è delicato per Enel, su due fronti: il nucleare e le energie rinnovabili. Da un lato c’è lo stallo che dura dall’uscita di scena di Claudio Scajola, che da ministro dello Sviluppo era l’unico con il peso politico necessario a dare garanzie al gruppo energetico che sull’atomo sta puntando moltissimo. Dall’altro la quotazione del ramo energie rinnovabili, Enel Green Power, l’operazione più rilevante a Piazza Affari in questi anni di crisi. Un collocamento che può portare nelle casse dell’Enel 3 miliardi di euro, in cambio di un terzo delle azioni di Green Power.
Da un punto di vista di immagine, è difficile conciliare una poderosa campagna di lobbying a favore del nucleare con la necessità di presentarsi come azienda verde che chiede ai risparmiatori di scommettere su eolico e geotermico. Enel commissiona ricerche per dimostrare l’efficienza dell’atomo e la sua necessità per rispondere alla domanda energetica degli italiani, ma sostiene anche che il futuro (ambientale ed economico, almeno per gli azionisti) è nelle rinnovabili. Si capisce quindi perché i vertici della società controllata dal Tesoro siano molto sensibili al modo in cui la quotazione di Green Power viene presentata dai giornali. La maggior parte dei titoli (e degli articoli) dedicati all’evento sulla stampa – da lunedì scorso si possono comprare le azioni – sono entusiastici o anodini. Si contano a decine le interviste, tutte all’insegna di slogan come “Così prepariamo la via di fuga alternativa” o “Gnudi tenta il popolo dei Bot”, a suggerire che l’investimento azionario sia sicuro quanto quello nei titoli di Stato.
Per questo Enel non ha gradito l’articolo in cui il Fatto Quotidiano ha raccontato l’operazione. Per l’azienda si è trattato di una feroce stroncatura e quindi ha comunicato di non voler continuare a mettere la sua pubblicità sul giornale, visto che i giudizi sulle operazioni societarie erano così critici. In realtà, l’articolo pubblicato sul numero di domenica scorsa, a firma di Giorgio Meletti, si limitava a inserire la quotazione di Green Power nel contesto. Il Fatto ha ricordato che il grosso del business di Green Power è nei settori meno avanzati delle rinnovabili, l’idroelettrico e il geotermico, mentre Enel dice di voler puntare sull’eolico, che è dove al momento si concentrano gli incentivi pubblici (al centro di numerose inchieste giudiziarie, inclusa quella sulla P3). L’andamento futuro dell’azienda, quindi, non dipenderà solo dall’abilità dei manager, ma anche e soprattutto dalla disponibilità di incentivi pubblici. Altro dettaglio non gradito: mentre le azioni di Enel valgono 7 volte i profitti, quelle di Green Power vengono offerte con un multiplo di 15 rispetto all’utile netto. Una stima che denota fiducia, ma che può anche spingere alla diffidenza visti i precedenti. Da quando l’Enel è stata quotata in Borsa nel 1999, il suo valore si è dimezzato.
I sonetti di Giancarlo Peris. "Carbone pulito"
Durante il passato Governo Prodi, quel Bersani ministro dello sviluppo economico che si distinse tra l'altro per il tentativo di zittire i medici bolognesi che si erano espressi contro gli inceneritori, fu anche un irriducibile sostenitore dell'energia prodotta col carbone (vedi la nostra denuncia contro Bersani).
Alle menzogne sue e a quelle di enel è dedicato questo nuovo sonetto in dialetto del prof. Peris. Buona lettura.
"Carbone pulito" 27 ottobre 2006
Da quello che ci ha detto mo Bersani,
Su quanto adè pulito ormai er carbone,
Aumenta solo canchero ar pormone,
E effetto serra pe’ animali e umani.
Mo i cancri, dice l’ENEL, nun so’insani,
E si se scalla er globo ‘sta regione
L’effetti azzera de la conversione
Voluta da epuloni e pescecani.
Difatti, si se squaja er ghiaccio ar polo,
A noi, de certo, ce farà der male,
Perché sarà sommerso er porticciolo,
La Madonnina, er Pincio, l’ospedale,
Ma, si Dio vole, insieme a ogni antro molo,
Sott’acqua ce va pure la Centrale.
24 ottobre 2010
Commenti sulla VIA per il progetto di centrale a carbone di Saline Joniche
La Calabria, una regione già autonoma sul piano energetico, e dall'economia a vocazione prettamente turistica ed agricola, si trova alle prese con l'incombere di due ecomostri che infliggerebbero un grave danno alle sue prospettivi di sviluppo: i progetti di centrali a carbone a Rossano calabro e Saline Joniche.
Riportiamo il commento di Tripodi (Pdci) e a seguire quello del sindaco di Reggio Calabria, Raffa:
"(ASCA) - Reggio Calabria, 23 ott - ''Il parere favorevole, espresso dalla commissione VIA del ministero dell'Ambiente sulla centrale a carbone di Saline Joniche (Rc) rappresenta la conferma, ove ce ne fosse stato bisogno, di una scelta compiuta gia' da tempo dal governo Berlusconi, che espropria la regione delle sue prerogative, penalizza, per l'ennesima volta, la provincia di Reggio Calabria, umilia un territorio che, invece di ottenere risarcimenti, subisce nuove
aggressioni e mette a rischio la salute e l'incolumita' dei cittadini del comprensorio jonico reggino''. Lo ha detto Michelangelo Tripodi, segreatrio del Pdci Calabria.
''La commissione ministeriale ha espresso il proprio parere favorevole calpestando il parere negativo - dice Tripodi - espresso due anni fa dalla Commissione VIA regionale e le continue e ripetute posizioni contrarie espresse dalla precedente Giunta Regionale e dal Consiglio regionale nella precedente legislatura, nonche' i pronunciamenti contrari della provincia di Reggio Calabria e delle altre istituzioni locali''.
''Tuttavia, nonostante questo parere favorevole ampiamente annunciato e che sembra corrispondere ad una scelta di carattere squisitamente politico, la battaglia deve continuare a tutti i livelli per impedire la realizzazione di un impianto - conclude Tripodi -che avrebbe effetti devastanti in una delle zone di maggiore pregio e qualita' della costa jonica reggina. In tal senso, un ruolo fondamentale spetta alle popolazioni e alle associazioni oltreche' alle istituzioni locali, che devono fare la propria parte fino in fondo cosi' come la fecero pienamente gli enti locali della piana di Gioia Tauro quando l'ENEL e il governo dell'epoca volevano imporre la costruzione della megacentrale a carbone di Gioia Tauro''.
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Il Sindaco Raffa si schiera contro il carbone a Saline (Newz.it)
Reggio Calabria. “L’Amministrazione comunale di Reggio Calabria è contraria alla costruzione a Saline Ioniche della centrale a carbone”. Lo afferma il sindaco della città dello Stretto Giuseppe Raffa, il quale sottolinea come questo diniego “sia in sintonia con la precedente decisione assunta dal governo cittadino guidato da Giuseppe Scopelliti di cui anch’io facevo parte. Anche quest’azione amministrativa, dunque, si inserisce nel contesto della continuità politico- decisionale con l’Amministrazione che fino all’inizio della scorsa estate ha avuto come leader l’attuale Governatore della Calabria”. Raffa evidenzia che “ben venga qualsiasi approfondimento tecnico che ci consenta, ancora di più dal punto di vista tecnico, di rifiutare insediamenti che promettono occupazione, ma che poi, come è avvenuto in passato con la Liquichimica e con gli altri programmati poli produttivi, si concretizzano in operazioni di grande speculazione che si lasciano dietro illusioni, cassintegrati e grandi utopie di industrializzazione del territorio. La Calabria ed il reggino in particolare, conclude Raffa, hanno bisogno di ben altro per creare nuovi e duraturi posti di lavoro, invertendo così una tendenza che fino ad oggi ha impedito il nostro sviluppo”