Da Qualenergia
"Le fonti rinnovabili continuano a dispetto della crisi la loro crescita a livello globale. Nessun crollo nel 2009 e nel 2010 arrivano a coprire il 16% dei consumi finali mondiali. La stima è nel recente rapporto Renewable Energy Network (REN21) che sottolinea inoltre come circa la metà dell’intera potenza elettrica (cioè pari 194 GW) installata nell’anno appena trascorso sia da fonte rinnovabile. Anche nella prima parte del 2011 l’andamento è su questo trend. Nel 2010 le fonti rinnovabili hanno fornito quasi il 20% dell’intera offerta di energia elettrica mondiale (vedi anche Qualenergia.it, Il film dell'energia degli ultimi quarant’anni).
Il report REN21 ha evidenziato come gli investimenti in fonti rinnovabili sia balzati a 211 miliardi di dollari nel 2010 (forse 226 mld di $ includendo gli investimento non registrati in solare termico), rispetto ai 160 del 2009 e senza contare 40-45 miliardi di $ relativi a grandi impianti idroelettrici. Rispetto al 2004 la crescita negli investimenti in rinnovabili nel mondo è cresciuta di 5 volte.
Secondo Greenpeace International l’attuale crescita delle rinnovabili è dietro appena del 7% rispetto a quanto preventivato dallo studio dell’associazione, Energy [R]evolution. I dati molto significati riportati dal documento non possono comunque far abbassare la guardia, spiega Greenpeace, visto che nella battaglia contro i cambiamenti climatici ci troviamo ancora nella fase più acuta e tanta strada è ancora da percorrere, in particolare nella riduzione dei sussidi alle fonti inquinanti e agli inquinatori.
Alcuni dati di REN21 sono molto interessanti. Uno di questi riguarda il fatto che tra i 5 paesi leader in potenza installata da rinnovabili ad esclusione dell’idroelettrico vi siano Stati Uniti, Cina, Germania, Spagna e India (vedi tabella qui sotto).
Negli Stati Uniti, ad esempio, le rinnovabili coprono il 10,9% della domanda di energia primaria nazionale (il nucleare per l’11,3%), con una crescita del 5,6% rispetto al 2009. La Cina è in testa nell’installazione dell’eolico e nei sistemi solari termici. In totale il paese asiatico ha incrementato la sua potenza elettrica collegata alla rete di 29 GW da fonti rinnovabili, per raggiungere un totale di 252 GW. L’aumento sul 2009 è stato del 13%. Significativo è il dato globale che riguarda la Cina: circa il 26% della potenza elettrica installata nel 2010 è di origine rinnovabile, il 18% se guardiamo alla produzione e per quanto concerne l’offerta globale di energia la Cina è al 9%.
Anche i dati per l’Unione Europea sono rilevanti, se consideriamo che tutti gli obiettivi previsti al 2010 per eolico, fotovoltaico, solare termodinamico e pompe di calore cono stati superati. Per quanto concerne i paesi cosiddetti in via di sviluppo, il report dimostra come oltre la metà di tutta potenza da fonte rinnovabile mondiale è installata in queste nazioni.
16 luglio 2011
Le rinnovabili più forti della crisi
A Savona va in scena il voltafaccia di Burlando
"Nonostante le dichiarazioni fermamente contrarie al potenziamento espresse prima delle elezioni regionali, la Giunta regionale ha portato in conferenza dei servizi quello che di fatto è un potenziamento a carbone. Ne siamo dispiaciuti, amareggiati e preoccupati!
Comunicato di Uniti Per la Salute ONLUS
Abbiamo appreso le notizie dell’esito della conferenza dei servizi svoltasi oggi a Roma sul potenziamento della centrale.
Attendiamo di leggere il documento nella sua interezza, tuttavia da quello che si è appreso dai primi lanci dei media possiamo solo fare alcune brevi considerazioni.
Nonostante le dichiarazioni fermamente contrarie al potenziamento espresse prima delle elezioni regionali, la Giunta regionale ha portato in conferenza dei servizi quello che di fatto è un potenziamento a carbone. Ne siamo dispiaciuti, amareggiati e preoccupati!
I cittadini devono sapere che questo è avvenuto:
- Nonostante la posizione chiaramente espressa da tutto un territorio anche con le delibere contrarie di 18 comuni
- Nonostante la richiesta avanzata dai sindaci per una seria valutazione di impatto sanitario prima di ogni altra decisione,
- Nonostante la chiara posizione dell'ordine dei medici a tutela della salute dei cittadini,
- Nonostante la già problematica situazione ambientale in aria e in acqua,
- Nonostante ancora oggi si attenda documentazione ufficiale che garantisca fuor d’ogni dubbio l’ottemperanza alle prescrizioni dovute per il gruppo a turbogas entrato in funzione da ben quattro anni,
- Nonostante che lostesso Presidente regionale abbia recentemente affermato “perché forzare una popolazione a ospitare un’opera che non vuole?”
Non vengano poi a parlarci di investimenti e posti di lavoro: investimenti e posti di lavoro sarebbero senz'altro garantiti dalla metanizzazione, come richiesto anche dall'Ordine dei Medici (ricordiamo per l’ennesima voltache Ansaldo ci risulta essere leader nella costruzione di turbine a gas.)
E allora, qual è il vero obbiettivo: SALVAGUARDARE I POSTI DI LAVORO O MANTENERE (AUMENTARE!) IL CARBONE?
I cittadini e le numerose associazioni e partiti che si riconoscono sui principi della tutela del territorio e della salute non rimarranno inerti, ma adotteranno tutte le iniziative legalmente consentite per difendere strenuamente il loro territorio e il loro futuro.
Investimenti in fonti fossili, una bolla finanziaria piena di Co2
Secondo Carbon Tracker gli investimenti in fonti fossili di energia sono eccessivi rispetto alle quantità effettivamente estraibili e utilizzabili nel prossimo futuro.
Fonte: Qualenergia
Gli investimenti nelle fonti fossili potrebbero esser i nuovi subprimes. C'è un rischio sistemico profondo, ma trascurato nel mercato finanziario mondiale, che potrebbe portare danni peggiori di quelli dell'ultima crisi economica e finanziaria. Una quantità enorme di denaro è infatti impegnata in carbone, petrolio e gas che in futuro probabilmente non potranno essere estratti. Investimenti spesso a medio e lungo termine nelle fonti fossili compiuti anche da grandi fondi pensione e Stati, senza guardare al quadro macro della situazione: con le politiche necessarie a limitare il riscaldamento globale, circa l'80% delle riserve su cui si è finora investito non potrà essere sfruttato.
E' questo il sunto estremo di un interessante studio appena pubblicato da Carbon Tracker Initiative (vedi allegato). Se nel mondo crescono gli investimenti in tecnologie pulite (si veda l'ultimo report REN 21 su Qualenergia.it, Le fonti
rinnovabili, il primo driver della crescita mondiale), l'economia mondiale continua a puntare ancora molto su carbone, gas, petrolio e altri settori ad alta intensità di CO2: si pensi ad esempio al piano da 100 miliardi di dollari di Shell per aumentare l'output a 3,7 milioni di barili al giorno entro il 2014. Ma gli investitori – denuncia il report – non stanno tenendo conto dei limiti alla quantità CO2 che si potrà emettere. Quanta parte di quelle riserve su cui si sta investendo dovrà essere lasciata sottoterra?
Sono calcoli che invece il report riporta chiaramente, riprendendo quelli del Potsdam Insitute. Per ridurre fino al 20% la possibilità che la febbre del pianeta superi la soglia dei 2°C di aumento della temperatura globale, da qui al 2050 si potranno emettere 'solo' 565 miliardi di tonnellate (Gt) di CO2. Le riserve conosciute di fonti fossili se bruciate ne produrrebbero 2.795, il 65% dal carbone, il 22% dal petrolio e il 13% dal gas (vedi grafico in alto). Potremmo allora usarne solo il 20%. Le riserve in possesso delle 100 più grandi compagnie quotate nel carbone e delle 100 del petrolio ammontano ad un equivalente in CO2 di 745 Gt: 180 in più di quello che potremo bruciare fino al 2050. In aggiunta ci sono anche le riserve di proprietà degli Stati: ne emerge che, per stare sotto ai 2°C, di tutte le riserve controllate dalle grandi compagnie quotate, si potranno usare solo gas, carbone e petrolio per l'equivalente di 149 Gt CO2.
"Questo significa - denuncia lo studio – che governi e mercati globali stanno trattando come assets riserve che sono 5 volte il budget che si potrà usare nei prossimi 40 anni. Le conseguenze di poter usare solo il 20% di queste riserve non sono ancora state considerate”. Gli investitori sono esposti al rischio di possedere asset di “carbonio che non si può bruciare” che potrebbero subire una pesante svalutazione. Dato che la capitalizzazione legata alle risorse fossili su varie Borse ha un ruolo molto importante (20-30% in Borse come quella australiana, Londra, Mosca, Toronto e San Paolo), le conseguenze a catena per l'economia mondiale potrebbero anche essere catastrofiche.
Emilia Romagna, la Regione contro il carbone a Porto Tolle
...Con il contributo determinante del Movimento 5 Stelle (leggi comunicato)
Fonte: estense.com
"L’assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna ha approvato (favorevoli: Pd, Idv, Fds, Sel-Verdi, Mov5stelle; astenuti Pdl e Udc) una risoluzione, firmata da Giovanni Favia (Mov5Stelle), Liana Barbati (Idv), Marco Monari (Pd), Gian Guido Naldi e Gabriella Meo (Sel-Verdi) e Roberto Sconciaforni (Fds), che impegna la giunta ad opporsi alle decisioni della Regione Veneto, che si prepara a modificare la propria legge regionale istitutiva del Parco del Delta del Po, aprendo la strada alla riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle-Polesine Camerini; e proporre un piano alternativo per lo sviluppo economico della zona, rilanciando turismo, agricoltura e pesca, preservando l’ecosistema del Po e la qualità dell’aria nella pianura padana, puntando a una produzione energetica esclusivamente effettuata tramite fonti rinnovabili, non combustibili e soprattutto non fossili.
Per il gruppo del Partito Democratico ha preso la parola il consigliere ferrarese Roberto Montanari, che tra l’altro ha detto: “In tutti questi anni la Regione ha sempre espresso contrarietà al progetto di riconversione in centrale a carbone dello stabilimento di Porto Tolle e allo stesso tempo ha proposto alternative, rappresentando le istanze dei Comuni, delle Province di Ferrara e Ravenna e delle popolazioni”.
“Da diverse generazioni e da molti anni ci battiamo per questi obiettivi, anche recandoci sugli argini del Po per sostenere la battaglia degli abitanti di quei luoghi e impedire la riconversione a carbone, non importa da quale tecnologia sorretta e oggi ribadiamo il nostro no convinto”.
Concludendo Montanari ha chiesto “sostegno alle politiche di sostenibilità ambientale e di sviluppo del territorio del Delta del Po”.
In particolare la risoluzione del Movimento 5 Stelle sottoscritta anche dalla maggioranza di centrosinistra chiede di “esprimere la netta contrarietà della Regione Emilia-Romagna al progetto di riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, attivandosi in tal senso in ogni sede competente a proporre un piano alternativo per lo sviluppo economico della zona, rilanciando turismo, agricoltura e pesca, cercando quindi di preservare l’ecosistema del Fiume Po e la qualità dell’aria senza danneggiare, e anzi favorendo, le attività economiche”. Si chiede inoltre di “investire esclusivamente, nell’area del Parco del Delta del Po, sulla produzione energetica da fonti rinnovabili non combustibili e soprattutto non fossili”.
Nella Finanziaria la norma per imporre dall'alto le centrali a carbone
Fonte: ANSA
"Ancora una volta questo governo di centrodestra, leghista ed antimeridionalista, si prende gioco della Calabria e mostra in maniera chiara ed inequivocabile di considerare questa parte del Paese non una risorsa ma una grande pattumiera''. E' quanto denuncia il Consigliere regionale della Calabria, del Pd, Carlo Guccione.
''Il Governo Berlusconi, infatti - prosegue - ha introdotto nel collegato alla manovra finanziaria, una 'norma-vergogna', che espropria i calabresi e le istituzioni locali del diritto di poter decidere liberamente e autonomamente del destino dei propri territori''.''Per effetto di questa norma'', aggiunge, ''le Centrali Enel di Rossano e Saline Joniche, per le quali l'intera Calabria, i Comuni della zona jonica cosentina e reggina, le Province di Cosenza e Reggio Calabria e il Consiglio regionale nella sua unanimita' - dice Guccione - hanno detto no alla riconversione a carbone, potrebbero ora essere riconvertite''.
Secondo il consigliere, si tratta dell'''ennesimo tentativo di esautorare i poteri che in materia ambientale hanno proprio le Regioni e gli enti locali''.
Sullo stesso argomento anche Dima (Pdl)
Procura di Rovigo, indagine sulla centrale di Polesine Camerini
Dal Resto del Carlino di Rovigo: dieci amministratori enel coinvolti nell'indagine della Procura. Clicca qui per leggere o scaricare l'articolo
8 luglio 2011
Carbone a Porto Tolle, dove si spinge il lobbismo velenoso
Un contributo di Vanni Destro sulla scandalosa vicenda del carbone a Porto Tolle. Sul medesimo argomento anche Greenpeace e M. Scalia
"Niente da dire, il progetto di riconversione a carbone deve essere proprio buono. Talmente buono da richiedere l'impegno della Giunta, del Consiglio regionale del Veneto e addirittura del Governo in sede di Finanziaria per farlo procedere. E tutto ciò a fronte di un'indagine della magistratura a carico dei vertici Enel e di alcuni componenti delle commissioni VIA regionale veneta e nazionale per l’ipotesi di abuso d’ufficio per le procedure e i documenti che avevano permesso alle medesime di dare l’ok al
progetto di riconversione e di una sentenza del Consiglio di Stato che boccia la stessa.
Si, perché, oltre all'inutile, ai fini della riconversione, modifica dell'art. 30 della legge 36/97 istitutiva del Parco del Delta del Po, su cui si stanno avvitando in Regione Veneto perché pressati da sindacati, amministratori, politici vari e imprenditori privi di lungimiranza, ora spunta un emendamento in Finanziaria.
Riprendendo l'articolo del decreto incentivi 2010 che apriva, considerando sufficiente l'abbattimento del 50% delle emissioni rispetto alla centrale preesistente (a oliaccio combustibile, funzionante per 25 anni senza autorizzazione,dal 1980 a 2005, quando
fu posta in "riserva energetica", anche questa piena di condanne e pendenze), la strada al carbone, richiusa dal Consiglio di Stato che richiamava all'obbligo delle comparazioni con altri combustibili per definirne l'impatto, tale emendamento esonererebbe dall'obbligo
comparativo.
Non ci si dica che ciò viene proposto per i posti di lavoro, visto che nella stessa Finanziaria erano previsti tagli, fortemente voluti dal Ministro della semplificazione Calderoli, deli incentivi alle fonti rinnovabili con una perdita di 250000 posti di lavoro da qui al 2020 e
la distruzione dell'unico settore che "tira" economicamente con un giro d'affari corrispondente a quel punto di PIL che è pure la crescita prevista a livello nazionale per l'anno corrente.
Non ci si racconti che è per abbassare il costo dell'energia elettrica visto che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha appena comunicato che in Italia, a fronte di un costo superiore in bolletta rispetto al resto d'Europa (per l'industria iil 26% in più, ad
esempio), se depurato dalle tasse, il costo di produzione è in linea con la media europea.
Non è più semplice dire: li si usa il carbone perché così piace a noi e le leggi ce le tagliamo e cuciamo come vogliamo, chiaro? Anche certe leggi comunque sono impugnabili e chissà che in Regione Emilia Romagna, dove di carbone non ne vogliono sapere, qualcuno non ci stia già pensando...
Bonanni (Cisl): il carbone è pulito. E le migliaia di operai morti ogni anno nelle miniere?
La cronaca dei morti nelle miniere di carbone cinesi è un rullo ininterrotto, ordinario racconto di un business che molti continuano impunemente a definire "pulito". Persino il leader sindacale Bonanni (CISL) non ha avuto esitazioni nel definire la riconvertenda centrale di Porto Tolle come assolutamente pulita su tutti i fronti.
Purtroppo però anche oggi sono uscite notizie come queste:
Shandong: 28 minatori cinesi intrappolati a 255 metri sottoterra
Shanxi: 5 morti in un smottamento
Come per enel e per l'ex ministro Scajola in visita a TVN erano accettabili e messi in preventivo i tre operai morti nel cantiere di Torrevaldaliga (Civitavecchia), anche per Bonanni il tributo di vite dei lavoratori è scontato e accettabile, rientra nel bilancio "pulito" del funzionamento del nuovo mostro ecologico che incombe su Porto Tolle.
Non parliamo poi delle morti per cause sanitarie connesse all'inquinamento da carbone, se non quando nominarle serve a sostenere il nucleare (leggi le parole di Chicco Testa pre-referendum)
Il cambiamento climatico blocca centrale a carbone in Israele
I lavoratori di Israele elettrica Corp hanno avvertito che intere città potrebbero essere lasciate senza elettricità. E' da giorni che il sistema di filtraggio della centrale di Hadera è in crisi e stenta a smaltire le grandi quantità di meduse che vengono risucchiate dalle sue pompe. Un operaio ha spiegato che «quando le meduse arrivano a frotte, bloccano il nostro sistema di raffreddamento e si diffondono e diventano come gel e questa gelatina blocca il condensatore e interrompe la condensa del vapore. Ed eventi gravi potrebbero fermare la produzione di energia elettrica della centrale».Secondo gli scienziati israeliani, l'innalzamento delle temperature globali è il responsabile dell'esplosione demografica di queste meduse; "curioso" che sia il carbone combusto nelle centrali, il principale responsabile mondiale dell'innalzamento delle temperature.
Tencara (Cremona) progetto di centrale a carbone all'orizzonte?
Ilva, un'autorizzazione integrata ambientale (aia) assurda
Dal FattoQuotidiano "Via libera alla concessione dell’autorizzazione integrata ambientale per l’Ilva di Taranto"
“Un passaggio storico per Taranto e la Puglia”. “No, uno schiaffo alla città”. Com’era immaginabile, la decisione di concedere l’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) all’Ilva di Taranto ha scatenato reazioni opposte fra le diverse parti in campo. Fatto sta che lo stabilimento siderurgico più grande d’Europa potrà continuare le sue attività per i prossimi sei anni. Alla concessione dell’Aia farà infatti seguito un decreto del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo che garantisce la conformità degli impianti del gruppo Riva alle normative ambientali europee.
L’accordo è stato preceduto dalla polemiche e ha riacceso lo scontro fra istituzioni, comitati cittadini e associazioni ambientaliste sulla possibilità di conciliare la presenza dell’Ilva, con i suoi circa 13mila occupati, con la tutela di popolazione e ambiente che da anni subiscono i danni di questa convivenza.
“Siamo riusciti a tenere insieme le ragioni dell’ecologia con quelle dell’economia e del diritto al lavoro”, ha detto Lorenzo Nicastro, assessore alla Qualità dell’ambiente della Regione Puglia a ridosso dell’incontro che ha dato il via libera all’Aia per l’Ilva.
Conquiste insufficienti secondo comitati cittadini e gruppi ambientalisti che denunciano l’aumento della capacità produttiva di acciaio fino a 15 milioni di tonnellate annue, la mancanza di limiti alle emissioni per alcune sostanze dannose e l’inadeguatezza dei monitoraggi e dei controlli sulle emissioni e gli scarichi dell’industria. “È una Aia vergognosa perché non sono previsti limiti alla fonte di emissione per quanto riguarda sostanze dannose per la salute come il cadmio, cromo esavalente, mercurio e i metalli pesanti”, ha dichiarato il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, annunciando un ricorso del suo partito al Tar contro la concessione dell’autorizzazione.
Legambiente invece parla di “grave passo indietro”, come ha sottolineato il responsabile scientifico Stefano Ciafani che si dice “fortemente critico sul lavoro della Commissione Ippc, sempre pronta ad accogliere le richieste dell’azienda a scapito dei cittadini”.
L’associazione del cigno fa notare come la rete di monitoraggio esterno alla cokeria scomparirà, “uno strumento importantissimo per rilevare le emissioni di Ipa e del pericolosissimo benzo(a)pirene”.
Il coordinamento Altamarea ha affidato il proprio sdegno a un comunicato listato a lutto: “E’ l’ennesima ingiustizia alla città di Taranto e ai suoi abitanti”.
Il comitato Donne per Taranto invece annuncia battaglia: “Non ci fermeremo fino a quando non avremo ottenuto l’indagine epidemiologica, e fino a quando il diritto alla salute verrà tutelato. Com’è possibile concedere l’Aia a un’industria che dovrebbe essere messa sotto sequestro per le anomalie riscontrate dal Noe di Lecce?”
L’ennesima conferma dell’impatto ambiatale dell’Ilva arriva nel frattempo dagli ultimi dati dell’Arpa, resi noti proprio nel giorno della concessione dell’Aia. “La concentrazione di benzo(a)pirene sottovento nei pressi delle ciminiere è pari a 4.46 ng/m3, molto più alta di quella sopravento (0.06) e di quella con calma di vento (0.27). Se ne deduce il contributo praticamente esclusivo di Ilva”, si legge nella nota diffusa dall’Agenzia regionale per l’ambiente.
Taranto intanto veniva ripulita dall’ultima tempesta di polvere di minerali che il vento, nei primi giorni della settimana, ha ancora una volta sparso sulle case della città. Da anni i cornicioni pieni di polvere parlano chiaro, così come gli indici di mortalità e i dati sulla straordinaria diffusione di patologie gravi, anche fra i bambini, nella seconda città pugliese. E, anche se a Roma forse qualcuno fa ancora finta di non vedere, a Taranto l’emergenza continua. Anche con l’Aia.