Sono le nostre stesse preoccupazioni.
Da OnTuscia.it
"Di seguito una nota di Diego Piermattei, portavoce dei Verdi per la Costituente ecologista di Viterbo: “Dopo il nucleare, l’inquinamento del lago di Vico, ora arriva anche l’inceneritore. È questo lo sviluppo che ci meritiamo? I Verdi della Tuscia si opporranno a questa ennesima sciagurata scelta in ogni modo per tutelare la salute dei cittadini.
La Tuscia nei prossimi anni potrebbe essere gravata da una serie di vere e proprie bombe ambientali, quali: la centrale nucleare di Montalto di Castro, un deposito per le scorie nucleari, un’altra conversione a carbone della centrale di Civitavecchia e l’incenerimento di rifiuti in queste centrali e ora anche l’inceneritore del quale ancora non si conosce il luogo di costruzione.
Organizzeremo una manifestazione contro chi vuole deturpare e avvelenare la Tuscia e condannare i suoi abitanti, ribadendo le bugie della presidente Polverini che in campagna elettorale disse no al nucleare, mentre ora gli esponenti del centrodestra aprono all’energia atomica. Chi vince ha l’obbligo di governare e mantenere le promesse non di fare pura demagogia per raccogliere voti e subito dopo accontentare le solite lobbies che per scopi di lucro, svendono la salute delle popolazioni”.
26 ottobre 2010
Se la Tuscia diventa una fogna a cielo aperto
Il Navajo vota no al carbone
"Washington, 26 ott. - (Adnkronos) - I Navajos vogliono rinunciare al carbone e convertirsi alle energie rinnovabili, l'ecoturismo e la microimpresa. Un cambiamento netto rispetto al passato che è uno dei temi centrali della elezione del presidente della nazione Navajo, la più grande riserva indiana degli Stati Uniti, dove si vota il 2 novembre contestualmente alle elezioni di midterm. La più decisa alla riconversione al solare e all'eolico è Lynda Lovejoy, che potrebbe diventare la prima donna a guidare i Navajo, e ha scelto come candidato vicepresidnete l'ambientalista Earl Tulley. Ma anche il suo avversario Ben Shelly, attuale vicepresidente, ha cominciato a pensare verde. A cavallo fra Arizona, Utah e Nuovo Messico, la riserva vive da decenni sullo sfruttamento del carbone. Le miniere e le centrali a carbone contribuiscono per un terzo al bilancio della nazione Navajo e hanno creato 1500 posti di lavoro. Ma hanno anche avvelenato l'aria e l'acqua e, ora che alcune miniere hanno iniziato a chiudere per i costi crescenti, in tanti vogliono voltare pagina. Il governo tribale uscente ha già approvato un progetto per una centrale eolica da costruire a Flagstaff (Arizona) in grado di fornire elettricità a 20mila abitazioni e ha creato una commissione apposita -la Navajo Green economy Commission- per la promozione di un'economia verde. La riconversione al solare e all'eolico, con la prospettiva di vendere all'esterno l'energia, è anche una via per garantire elettricità alle 18mila abitazioni isolate della riserva che finora ne sono prive.
Enel criticata toglie la pubblicità da "Il Fatto Quotidiano"
A seguito di un articolo critico nei confronti di enel, la società reagisce così
Fonte: IlFatto Quotidiano
"Qualche critica su Green Power e l’Enel ci cancella la pubblicità
Il momento è delicato per Enel, su due fronti: il nucleare e le energie rinnovabili. Da un lato c’è lo stallo che dura dall’uscita di scena di Claudio Scajola, che da ministro dello Sviluppo era l’unico con il peso politico necessario a dare garanzie al gruppo energetico che sull’atomo sta puntando moltissimo. Dall’altro la quotazione del ramo energie rinnovabili, Enel Green Power, l’operazione più rilevante a Piazza Affari in questi anni di crisi. Un collocamento che può portare nelle casse dell’Enel 3 miliardi di euro, in cambio di un terzo delle azioni di Green Power.
Da un punto di vista di immagine, è difficile conciliare una poderosa campagna di lobbying a favore del nucleare con la necessità di presentarsi come azienda verde che chiede ai risparmiatori di scommettere su eolico e geotermico. Enel commissiona ricerche per dimostrare l’efficienza dell’atomo e la sua necessità per rispondere alla domanda energetica degli italiani, ma sostiene anche che il futuro (ambientale ed economico, almeno per gli azionisti) è nelle rinnovabili. Si capisce quindi perché i vertici della società controllata dal Tesoro siano molto sensibili al modo in cui la quotazione di Green Power viene presentata dai giornali. La maggior parte dei titoli (e degli articoli) dedicati all’evento sulla stampa – da lunedì scorso si possono comprare le azioni – sono entusiastici o anodini. Si contano a decine le interviste, tutte all’insegna di slogan come “Così prepariamo la via di fuga alternativa” o “Gnudi tenta il popolo dei Bot”, a suggerire che l’investimento azionario sia sicuro quanto quello nei titoli di Stato.
Per questo Enel non ha gradito l’articolo in cui il Fatto Quotidiano ha raccontato l’operazione. Per l’azienda si è trattato di una feroce stroncatura e quindi ha comunicato di non voler continuare a mettere la sua pubblicità sul giornale, visto che i giudizi sulle operazioni societarie erano così critici. In realtà, l’articolo pubblicato sul numero di domenica scorsa, a firma di Giorgio Meletti, si limitava a inserire la quotazione di Green Power nel contesto. Il Fatto ha ricordato che il grosso del business di Green Power è nei settori meno avanzati delle rinnovabili, l’idroelettrico e il geotermico, mentre Enel dice di voler puntare sull’eolico, che è dove al momento si concentrano gli incentivi pubblici (al centro di numerose inchieste giudiziarie, inclusa quella sulla P3). L’andamento futuro dell’azienda, quindi, non dipenderà solo dall’abilità dei manager, ma anche e soprattutto dalla disponibilità di incentivi pubblici. Altro dettaglio non gradito: mentre le azioni di Enel valgono 7 volte i profitti, quelle di Green Power vengono offerte con un multiplo di 15 rispetto all’utile netto. Una stima che denota fiducia, ma che può anche spingere alla diffidenza visti i precedenti. Da quando l’Enel è stata quotata in Borsa nel 1999, il suo valore si è dimezzato.
I sonetti di Giancarlo Peris. "Carbone pulito"
Durante il passato Governo Prodi, quel Bersani ministro dello sviluppo economico che si distinse tra l'altro per il tentativo di zittire i medici bolognesi che si erano espressi contro gli inceneritori, fu anche un irriducibile sostenitore dell'energia prodotta col carbone (vedi la nostra denuncia contro Bersani).
Alle menzogne sue e a quelle di enel è dedicato questo nuovo sonetto in dialetto del prof. Peris. Buona lettura.
"Carbone pulito" 27 ottobre 2006
Da quello che ci ha detto mo Bersani,
Su quanto adè pulito ormai er carbone,
Aumenta solo canchero ar pormone,
E effetto serra pe’ animali e umani.
Mo i cancri, dice l’ENEL, nun so’insani,
E si se scalla er globo ‘sta regione
L’effetti azzera de la conversione
Voluta da epuloni e pescecani.
Difatti, si se squaja er ghiaccio ar polo,
A noi, de certo, ce farà der male,
Perché sarà sommerso er porticciolo,
La Madonnina, er Pincio, l’ospedale,
Ma, si Dio vole, insieme a ogni antro molo,
Sott’acqua ce va pure la Centrale.
24 ottobre 2010
Commenti sulla VIA per il progetto di centrale a carbone di Saline Joniche
La Calabria, una regione già autonoma sul piano energetico, e dall'economia a vocazione prettamente turistica ed agricola, si trova alle prese con l'incombere di due ecomostri che infliggerebbero un grave danno alle sue prospettivi di sviluppo: i progetti di centrali a carbone a Rossano calabro e Saline Joniche.
Riportiamo il commento di Tripodi (Pdci) e a seguire quello del sindaco di Reggio Calabria, Raffa:
"(ASCA) - Reggio Calabria, 23 ott - ''Il parere favorevole, espresso dalla commissione VIA del ministero dell'Ambiente sulla centrale a carbone di Saline Joniche (Rc) rappresenta la conferma, ove ce ne fosse stato bisogno, di una scelta compiuta gia' da tempo dal governo Berlusconi, che espropria la regione delle sue prerogative, penalizza, per l'ennesima volta, la provincia di Reggio Calabria, umilia un territorio che, invece di ottenere risarcimenti, subisce nuove
aggressioni e mette a rischio la salute e l'incolumita' dei cittadini del comprensorio jonico reggino''. Lo ha detto Michelangelo Tripodi, segreatrio del Pdci Calabria.
''La commissione ministeriale ha espresso il proprio parere favorevole calpestando il parere negativo - dice Tripodi - espresso due anni fa dalla Commissione VIA regionale e le continue e ripetute posizioni contrarie espresse dalla precedente Giunta Regionale e dal Consiglio regionale nella precedente legislatura, nonche' i pronunciamenti contrari della provincia di Reggio Calabria e delle altre istituzioni locali''.
''Tuttavia, nonostante questo parere favorevole ampiamente annunciato e che sembra corrispondere ad una scelta di carattere squisitamente politico, la battaglia deve continuare a tutti i livelli per impedire la realizzazione di un impianto - conclude Tripodi -che avrebbe effetti devastanti in una delle zone di maggiore pregio e qualita' della costa jonica reggina. In tal senso, un ruolo fondamentale spetta alle popolazioni e alle associazioni oltreche' alle istituzioni locali, che devono fare la propria parte fino in fondo cosi' come la fecero pienamente gli enti locali della piana di Gioia Tauro quando l'ENEL e il governo dell'epoca volevano imporre la costruzione della megacentrale a carbone di Gioia Tauro''.
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Il Sindaco Raffa si schiera contro il carbone a Saline (Newz.it)
Reggio Calabria. “L’Amministrazione comunale di Reggio Calabria è contraria alla costruzione a Saline Ioniche della centrale a carbone”. Lo afferma il sindaco della città dello Stretto Giuseppe Raffa, il quale sottolinea come questo diniego “sia in sintonia con la precedente decisione assunta dal governo cittadino guidato da Giuseppe Scopelliti di cui anch’io facevo parte. Anche quest’azione amministrativa, dunque, si inserisce nel contesto della continuità politico- decisionale con l’Amministrazione che fino all’inizio della scorsa estate ha avuto come leader l’attuale Governatore della Calabria”. Raffa evidenzia che “ben venga qualsiasi approfondimento tecnico che ci consenta, ancora di più dal punto di vista tecnico, di rifiutare insediamenti che promettono occupazione, ma che poi, come è avvenuto in passato con la Liquichimica e con gli altri programmati poli produttivi, si concretizzano in operazioni di grande speculazione che si lasciano dietro illusioni, cassintegrati e grandi utopie di industrializzazione del territorio. La Calabria ed il reggino in particolare, conclude Raffa, hanno bisogno di ben altro per creare nuovi e duraturi posti di lavoro, invertendo così una tendenza che fino ad oggi ha impedito il nostro sviluppo”
Dite la vostra!
Sondaggio sul sito 'Nta Calabria: si chiede l'opinione dei lettori sull'opportunità di costruire una centrale a carbone a Saline Joniche:
cliccate qui
23 ottobre 2010
Gran Bretagna, stop alle nuove centrali a carbone: le CCS sono troppo costose
Da Qualenergia
"Il carbone in Gran Bretagna è in un vicolo cieco. È stata accolta con soddisfazione dagli ambientalisti britannici la decisione annunciata nei giorni scorsi da E.ON.: l'utility accantona definitivamente il progetto della nuova centrale a carbone di Kingsnorth. Già l'anno scorso l'azienda tedesca aveva annunciato la messa in stand-by del progetto (Qualenergia.it, Clima vs carbone: uno a zero?). Nei giorni scorsi è arrivata la rinuncia definitiva a costruire il nuovo impianto, che prevedeva anche di catturare e sequestrare una parte della CO2 emessa e dunque di concorrere al sostanzioso fondo governativo per lo sviluppo della carbon capture.
Non ci sono le condizioni economiche per portare avanti il progetto. Per realizzarlo - spiega l'azienda – bisognerebbe che le centrali a carbone dotate di tecnologia per la cattura e il sequestro della CO2 (CCS) ricevessero incentivi al pari di quelli per le rinnovabili.
Da anni Kingsnorth era al centro della discussione sulle politiche energetiche britanniche: sarebbe stata la prima centrale a carbone ad essere costruita dopo decenni. Il luogo, dove sorge già un altro impianto a carbone da 1,6 GW (una delle più grandi fonti di emissioni del paese e del pianeta), era diventato un simbolo per la lotta contro le emissioni.
Ogni anno vi si tiene il Climate Camp, campeggio ambientalista di protesta contro il carbone e memorabile è stato l'episodio della scritta "Gordon" (riferita all'allora premier Brown) fatta sulla ciminiera del vecchio impianto da sei attivisti di Greenpeace nel 2008. Il processo ai sei si era trasformato in una denuncia pubblica degli effetti del carbone sul clima e dei danni causati dal global warming al pianeta. La tesi della difesa, accolta dal tribunale, era che la proprietà di E.ON. fosse stata danneggiata solo per prevenire danni maggiori, cioè quelli legati al riscaldamento globale e all'inquinamento locale: una “lawful excuse”, ammessa dalla legge britannica per lo stesso principio per cui non è reato bucare la rete di recinzione del vicino per spegnere un incendio partito nel suo giardino.
Ora la rinuncia di E.ON. a costruire il nuovo impianto comporta che – almeno per una decina di anni – il Regno Unito non avrà nuove centrali alimentate con questa fonte, la peggiore in quanto ad emissioni. E significa di più: che è economicamente insostenibile - nonostante i fondi promessi dal governo britannico, tra i più generosi al mondo – realizzare un impianto a carbone che riesca anche solo in parte a catturare la CO2.
Nel 2008 infatti il governo inglese aveva imposto che tutte le nuove centrali costruite nel Regno Unito fossero dotate di tecnologia CCS. Il progetto del nuovo impianto di Kingsnorth era rimasto in campo appunto perché E.ON. l'aveva modificato prevedendo di riuscire a catturare e sequestrare circa un quarto del gas serra prodotto, entrando così nella gara per aggiudicarsi i fondi che il governo di Londra stanzierà per i nuovi progetti di CCS, cioè un miliardo di sterline.
Solo che oggi la gara per sviluppare la cattura della CO2 non sembra stimolare la partecipazione di alcuna azienda. Dalla corsa alla CCS inglese altre compagnie, come BP e RWE, si erano già ritirate dopo la rinuncia di E.ON.; l'unico progetto in gara ora resta quello di Scottish Power per applicare la tecnologia su una centrale già esistente.
A fare desistere E.ON. dal progetto di Kingsnorth vanno messe in conto la recessione e i bassi costi dell'elettricità dovuti al calo della domanda. Ma dice molto quello che l'azienda spiega a Business Green: affinché il carbone con CCS sia fattibile economicamente occorrerebbe un meccanismo di supporto come quello delle rinnovabili in grado cioè di migliorarne il ritorno economico. "Avremmo bisogno di migliori incentivi: un modello di supporto tipo il Renewables Obligation (l'obbligo di rinnovabili britannico, simile al nostro sistema dei certificati verdi, ndr) che venga allargato a tecnologie low-carbon come la CCS e il nucleare", spiega una portavoce dell'azienda.
Una proposta, quella di considerare tecnologie dagli impatti importanti come nucleare e CCS (vedi la sezione dedicata su Qualenergia.it) al pari delle fonti pulite, che molti considerano indecente. Ma che purtroppo non è nuova: specie dal fronte dell'atomo ormai siamo abituati a sentire invocare incentivi in nome della lotta al global warming (Qualenergia.it, Nucleare, Edf allunga la mano)."
Gli operatori turistici dell'Alto Jonio preoccupati per il carbone a Rossano
Da Sibaritv.it
"Il Minerva Club Resort&Golf ha ospitato la prima assemblea ufficiale del Cotaj, Consorzio degli operatori turistici dell'Alto Jonio. Lo scopo dell'incontro è stato quello di fare il punto della situazione dopo la stagione turistica appena conclusasi. Ne è uscito fuori un quadro non del tutto felice, messo bene in evidenza dal presidente del Cotaj, Natale Falsetta. «Non si è chiusa con il massimo dei risultati - queste le sue parole - perché non c'è stato il miglioramento atteso rispetto al 2009, ma si sono confermati i numeri dell'anno scorso, in fatto di presenze, mentre gli introiti economici sono diminuiti, essendo stati noi operatori costretti a svendere». L'incontro ha visto la presenza di autorità istituzionali come il direttore generale del Comparto Turismo della Regione Calabria, Raffaele Rio, l'assessore provinciale al Turismo, Pietro Lecce, quello provinciale ai Trasporti, Giovanni Forciniti, e gli assessori al Turismo dei Comuni di Corigliano e Cassano, Giuseppe Pucci e Domenico Lione. L'incontro è stato un'ulteriore occasione per mettere in evidenza le mancanze di questo territorio «come la pessima viabilità e la mancanza dell'aeroporto» e una serie di problematiche come quella legata alla Centrale dell'Enel di Rossano, la cui riconversione a carbone potrebbe significare la morte del Turismo nella Sibaritide. Per quanto riguarda il mondo politico presente, chi si aspettava risposte ben precise è rimasto deluso. Come al solito è stata promessa la solita apertura e attenzione agli operatori e ai loro problemi, nonché la volontà di programmare il futuro del turismo assieme a loro. Solo il futuro potrà dirci se si è trattato del solito «bla, bla, bla» o se le parole si tramuteranno in fatti reali."
21 ottobre 2010
Carbone a Saline Joniche (RC), la palla passa al presidente della regione.
"Centrale a carbone a Saline Joniche, la commissione Via ha detto Si" Da 'NtaCalabria
"E’ arrivato il Si della Commissione Via alla centrale a carbone di Saline Joniche. Le preoccupazioni avanzate da più parti circa il progetto della Sei hanno ricevuto un’ulteriore risposta. Infatti, nella giornata di ieri la commissione Via (Valutazione impatto ambientale) ha dato parere positivo al progetto della SEI per una nuova centrale a carbone a Saline Joniche seguendo la richiesta fatta dalla società lo scorso 19 giugno 2008.
La notizia di ieri sera è arrivata direttamente da Nuccio Barillà del direttivo nazionale di Legambiente ed ha visto l’approvazione del quarto punto all’ordine del giorno dell’Assemblea plenaria della commissione Via con tutti i voti favorevoli, tre astenuti e soltanto due contrari.
“Con questo regalo del ministero dell’ambiente, l’Italia potrà vantare altri 7 milioni e mezzo di tonnellate di emissioni di Co2 all’anno – commentano Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente e Nuccio Barillà, membro del direttivo nazionale dell’associazione -. Questi si aggiungeranno ai gravi ritardi del nostro paese rispetto agli obiettivi fissati dagli accordi internazionali per la lotta ai cambiamenti climatici”.
Un’approvazione che riapre la vicenda dopo il pronunciamento anche da parte della Regione Calabria che, insieme ad i sindaci dell’area grecanica, dichiararono il proprio No deciso in occasione della prima conferenza dei servizi tenutasi nel Ministero delle Attività Produttive a Roma. Questo portava nel mese di ottobre 2009 alla sospensione per un periodo di sessanta giorni del procedimento VIA. A gennaio del 2009 la Sei aveva provveduto ad inoltrare parte della documentazione integrativa allo studio di impatto ambientale riservandosi l’inoltro degli elaborati progettuali entro tempi brevi mentre a febbraio veniva completato l’inoltro di tutti i documenti e così viene riavviato il processo.
“Il carbone – aggiungono i due esponenti di Legambiente – è il combustibile fossile a maggior emissione specifica di anidride carbonica. Le nuove centrali garantiranno solo importanti profitti alle aziende, a fronte di pesanti multe che graveranno sulle tasche dei contribuenti italiani. Ci auguriamo che la Regione Calabria continui a opporsi al progetto di Saline, con ogni mezzo, e che il ministero per i Beni e le attività culturali confermi il suo parere negativo”.
La decisione della commissione Via sembra seguire di pari passo anche le ultime vicende che si sono verificate nel territorio grecanico con incontri privati considerati di “giunta allargata” che ha visto in campo alcuni sindaci, vedi Montebello Jonico, Melito e Roghudi, che hanno scelto la strada della firma di un protocollo d’intesa per la nomina di una commissione di esperti deputata a considerare l’impatto ambientale del progetto della Sei. La stessa società nelle scorse settimane incontrava, in due appuntamenti separati, sia gli amministratori melitesi che quelli degli altri comuni per renderli partecipi delle modifiche strutturali allo stesso.
Adesso la vicenda passa nelle mani del ministero delle attività produttive dove la Sei dovrà raggiungere l’intesa con la Regione Calabria. Qualora le posizioni dell’attuale governatore Scopelliti dovessero essere mantenute, ciò No alla centrale, la diatriba vedrebbe la parola fine. In caso contrario la Calabria si aprirebbe nel terzo millennio all’utilizzo della centrale.
Spuma Frasca
"La costa della Frasca sommersa da una coltre di schiuma" Da Centumcellae.it
"Uno spettacolo agghiacciante quello a cui si sono trovati di fronte domenica numerosi cittadini alla Frasca. Una spessa coltre di schiuma ha invaso infatti la costa per parecchi metri.(come documentato dalla foto), generando preoccupazione, allarme e sconcerto. A denunciare il fatto è il circolo cittadino del Prc che, per voce della segretaria Valentina Di Gennaro, leva alto lo sdegno dei cittadini.
“Assistiamo inermi non solo alla volontà di distruggere questa così preziosa porzione di territorio civitavecchiese, ma al suo inesorabile degrado – afferma la Di Gennaro – Un attacco quotidiano dal quale difendiamo la Frasca da anni e sui più svariati fronti. Chiediamo quindi non solo che venga fatta chiarezza sulla causa di questi riversamenti in mare, ma anche che si faccia pressione sulla Regione affinché approvi il progetto di riqualificazione ambientale dell’area presentato dall’Autorità Portuale. Uno scempio non più tollerabile, non solo per chi è nato, cresciuto e che ha vissuto la propria infanzia nella splendida cornice della Frasca, ‘con la pelle messa a sole e a sale’, per chi ancora ci torna per assaporare l’unico pezzo di costa ancora fruibile, per chi è legato a quel fazzoletto di terra, perchè vi è legato da storie di ricci, di sapori e di pesca, ma per tutti quei concittadini (e non) che non sopportano più questo degrado ambientale di un così importante e prezioso sito naturalistico e archeologico. Una pietra miliare della memoria della nostra città”.
E c’è da sperare che almeno stavolta, diversamente da quanto accade quando Tvn a carbone “pulito” sputa in aria nuvole nere e dense senza che nessuno abbia il minimo sussulto, che dalle istituzioni preposte almeno oggi qualcuno batta un colpo."
"IL CARBONE, LA PRIMA MINACCIA PER IL CLIMA DEL PIANETA"
A Savona mostra fotografica di Greenpeace, da Savona e Ponente.comDa domani, giovedì 21 ottobre, alla libreria Ubik di Savona mostra fotografica di Greenpeace Italia sul tema: “IL CARBONE, LA PRIMA MINACCIA PER IL CLIMA DEL PIANETA”.
Il carbone è il primo nemico dell’equilibrio climatico del Pianeta: oltre un terzo delle emissioni mondiali di CO2 si devono all’uso di carbone, che è il combustibile fossile con le più alte emissioni specifiche di gas serra, circa il triplo del gas.
La battaglia per salvare il Pianeta dalla crisi climatica è dunque una battaglia
contro il carbone. Tuttavia, agli attuali tassi di sviluppo, le emissioni dalla più sporca fonte fossile sono destinate ad aumentare del 60% al 2030. Se così fosse, non avremo alcuna speranza di limitare gli effetti più devastanti e irreversibili dei cambiamenti climatici!
Il momento di intervenire è ora, e il carbone è alla base del problema. Ogni nuova centrale a carbone (o ogni ampliamento, come per il caso di Vado Ligure) è un atto contro la sopravvivenza della vita stessa sul Pianeta.
Occorre abbandonare al più presto la nostra dipendenza da questo combustibile fossile, a favore di una rivoluzione energetica basata su fonti rinnovabili ed efficienza energetica.
In tutto il mondo gli uffici di Greenpeace sono dunque impegnati in attività contro l’apertura di nuove centrali, e nel denunciare i danni causati dal carbone. Dall’estrazione alla combustione, il carbone è causa di impatti devastanti per l’ambiente e per la salute delle persone. Ad esempio in Cina si stima che la combustione del carbone sia la prima fonte di inquinamento atmosferico, responsabile di 350-400 mila morti ogni anno. L’industria del carbone non sta sostenendo i costi economici di questi impatti, che ricadono sulle comunità locali e sulla società in genere.
Nel rapporto “I Veri Costi del Carbone” Greenpeace ha messo ben in evidenza che il carbone è il combustibile più economico solamente perché il suo prezzo di mercato non comprende i “costi esterni” connessi ai gravi impatti per l’ambiente e per le persone, ma solo i costi legati all’estrazione del minerale, al trasporto, tasse e profitti. (LINK al rapporto TCC)
I gravi impatti non si devono solo alle emissioni di gas serra, ma comprendono anche la deforestazione e la distruzione di interi ecosistemi per le miniere, la contaminazione di suoli e di acque superficiali e di falda, la violazione di diritti umani sia dei lavoratori che delle comunità che vivono nei pressi delle miniere di estrazione del carbone, i prodotti di scarto delle lavorazioni che veicolano nell’ambiente composti tossici come mercurio e arsenico.
Se tutti questi “costi esterni” venissero conteggiati nel prezzo di mercato del carbone, la convenienza economica di realizzare nuove centrali verrebbe meno, a vantaggio delle fonti rinnovabili. Il rapporto di Greenpeace stima che i costi esterni del carbone sono ammontati a circa 356 miliardi di euro nel 2007.
Nonostante questo, l’industria del carbone sta tentando di presentare il carbone come “pulito”, sostenendo che sarebbe possibile, con tecniche di “cattura e stoccaggio” (CCS), confinare le emissioni di CO2 sottoterra. In realtà stoccare la CO2 sottoterra è solo un’illusione. Il CCS è una tecnologia estremamente costosa, rischiosa e immatura, e non potrà essere commercialmente disponibile prima del 2030. Fino al 2030 il “carbone pulito” rimarrà una sporca bugia per consentire la costruzione di centrali che continueranno a emettere CO2 per i prossimi vent’anni.