No al carbone Alto Lazio

8 febbraio 2009

"OtherEarth - chi siamo"

Otherearth

Premessa: chi siamo; la crisi attuale

Programma: a) al servizio dei movimenti

b) nuova cultura energetica

c) contro il ritorno del nucleare

d) piano energetico regionale


Premessa: chi siamo; la crisi attuale.

Nell’autunno scorso, in occasione della Conferenza del World Energy Council tenutasi a Roma e della Conferenza alternativa Otherearth, abbiamo pensato fosse necessario dare continuità all’impegno lì profuso, per contribuire ad innestare una riflessione più consapevole e ampia sia circa la natura della sfida di fronte alla quale ci troviamo, sia nell’identificazione dei moltissimi problemi teorici e pratici, politici e sociali, culturali, che un intento di cambiamento investe necessariamente. Dunque, per concorrere ad alimentare un confronto meno episodico e più di lunga durata circa i processi di trasformazione dei modi di produzione e di consumo, di vita, che la crisi energetica e ambientale rendono urgenti. Se, poi, ad essa si sovrappone la crisi finanziaria ed economica mondiale che è esplosa così drammaticamente negli ultimi mesi (ma di cui da tempo vi erano le avvisaglie), diventa ancora più decisivo muoversi, pensare ed agire, per contribuire a quel rinnovamento della cultura della sinistra e a quella incisività nell’azione politica che si avvertono come necessarissimi e urgentissimi. Per un pensiero che si cimenti circa le caratteristiche moderne della questione sociale e di quella ambientale e che riconosca che il benessere interviene a prezzo di uno sfruttamento durissimo delle persone e dei beni naturali, e con un uso spropositato delle fonti energetiche fossili. Per cercare di orientare gli sviluppi della crisi a favore della pace, del lavoro, dell’ambiente.

Siamo sufficientemente consapevoli dei nostri limiti perché non ci sfiori minimamente la presunzione di poter essere in grado di intervenire nel presente vuoto. Ma di citarlo sì, e di insistere perché si intervenga, anche; sollecitando la sinistra a osare nel mare aperto delle contraddizioni moderne. Le difficoltà sono immense, e pur tuttavia affrontabili, e sappiamo benissimo che tanti altri, singoli studiosi e associazioni e movimenti e iscritti a partiti e non iscritti, si stanno cimentando su questi stessi temi. Noi, Otherearth, intendiamo porci alcuni obiettivi, che sono di seguito indicati, che chiariscono l’ambito della azione che ci ripromettiamo di compiere.

S’intende che il nostro è un programma, una ricerca, di critica della società, e non solo dell’economia capitalistica, nella forma moderna che essa ha assunto. Critica dunque degli stili di vita e anche delle mutazioni antropologiche indotte dal capitalismo, nel tempo, per fondare il consenso che lo sostiene e difende. I cui tratti essenziali restano la riduzione a merce di ogni aspetto della vita produttiva e civile e delle stesse persone; un gigantesco processo di abbattimento delle diversità e di omologazione che alimenta disuguaglianze sociali e distruzione della natura. Per questo riteniamo preziosa l’esperienza di tanti movimenti, soprattutto di quelli che si sono posti il problema della pace e della libertà, dell’ambiente e del lavoro e dell’eguaglianza delle persone, e crediamo sia di rilevante valore conoscitivo, teorico oltre che pratico, la nuova consapevolezza indotta in particolare dalla cultura e dalla lotta delle donne.

Perciò non possiamo tacere e dobbiamo polemizzare seriamente con la presunta modernità del riformismo politico italiano. Ci basta sottolineare la mistificazione contenuta nell’ideologia “del fare” contrapposta alle popolazioni, o a quelle parti di esse, che si oppongono a decisioni che, in nome di un soi disant progresso, manomettono alle volte irreversibilmente le condizioni di vita. Un uomo che dice no è un uomo in rivolta, sostenne Albert Camus, e siamo d’accordo con lui; se rifiuta tuttavia è perché non rinuncia: è un uomo che dice di sì fin dal suo primo muoversi. Ne ha abbastanza di una situazione, ritiene che sia leso un suo diritto oltre il tollerabile.

L’elemento distintivo e proprio del nostro impegno può definirsi in tal modo: programmare in modi non antagonistici con le caratteristiche degli ecosistemi; pensare ed avviare processi sociali che si muovano in sintonia con la natura (lavoro e natura sono il padre e la madre della ricchezza delle nazioni, secondo Petty, ripreso da Marx con l’affermazione del “ricambio organico con la natura”) e riflettere su come l’uscita dal colonialismo, dalla servitù e schiavitù, il rispetto per l’altro da sé, la comprensione che lo sviluppo può avvenire solo nell’intreccio delle esperienze differenti, di culture diverse aventi eguale dignità, implica un’uscita positiva dal caos del mondo governato dal profitto e dall’interesse dei più forti: verso un governo alternativo delle risorse naturali, democratico e rispettoso dei diritti dei viventi e delle leggi che reggono i cicli propri degli ecosistemi. Un governo il cui scopo sia quello di diminuire sostanzialmente il contenuto di energia e di materia (in primis dell’acqua) di beni e servizi assicurando tuttavia una qualità elevata della vita. Sembrerebbe una contraddizione, ma non lo è, si tratta del cambiamento del punto di vista, della adozione di un differente paradigma conoscitivo.

Il programma

a) al servizio dei movimenti

Il primo obiettivo è quello, dunque, di affiancare e sostenere i movimenti che intendono affermare il loro diritto di capire quel che sta avvenendo e di dire la loro. Per influire sulle decisioni.

Questa attività ci sembra cruciale per due ordini di motivi: la democrazia partecipativa e l’ignoranza tecnologica.

E’ evidente che la nostra è ormai una democrazia procedurale, nel senso che almeno le procedure debbono essere condivise perché la decisione non sia sentita come un’imposizione immotivata (meglio, motivata da interessi economici o politici che non debbono essere discussi e valutati). Le procedure consistono, generalmente, in informazioni sul programma o progetto messe a confronto con informazioni sul contesto nel quale sono destinati a inserirsi. Le une e le altre sono spesso difficili da reperirsi, sia perché il decisore le centellina e non conosce per nulla o solo parzialmente il contesto, sia perché le conoscenze della popolazione non sono state fino ad allora specificamente ordinate con riferimento a quel tema. E, in definitiva, perché le conseguenze, ancor più i rischi, per loro natura non possono essere compiutamente definiti in anticipo. Perciò le valutazioni di impatto e il dibattito pubblico, previsti dalle normative europee e non solo. Perciò il nostro impegno di mettere a disposizione di comitati e movimenti informazioni ed esperienze differenti, per costruire alternative. Nella convinzione profonda che si tratti, per parte nostra, di un’azione eminentemente di servizio, poiché si ritiene che esistano, diffusi, saperi conoscenze esperienze, che assai validamente possono sostenere ragioni, emozioni, sentimenti dai quali non si dovrebbe prescindere nel “fare”. Vogliamo puntare sull’auto formazione, sul reciproco arricchimento nell’incontro e nel dialogo. Lo scopo nostro è di lavorare alla elaborazione di analisi e proposte e, per questa via, stimolare ad una partecipazione sempre più pressante, che innervi una democrazia delegata che sta ormai sempre più smarrendosi, mediante il rafforzamento del diritto di parola dei cittadini e del loro diritto di decidere sul proprio ambito di vita.

Nessuna remora deve esserci nella discussione pubblica, piuttosto è quanto mai impellente la creazione di specifici spazi pubblici nei quali vagliare problemi e soluzioni. L’unico modo per superare la tecnofilia degli esperti e del senso comune dilagante che affidano alla scienza e alla tecnologia ogni prospettiva possibile ( pur di non toccare, consapevolmente o no, l’organizzazione sociale dominante) e la parallela inversa tecnofobia di chi, di fronte ai drammi moderni, diffida di ogni proposta tecnologica. Tecnofilia e tecnofobia sono figlie di un processo mentale arrogante che esclude il principio di precauzione, che esclude cioè di non sapere, ma afferma invece di sapere. In realtà si sa assai poco e sempre molto parzialmente, in un senso e nell’altro. L’esperto lo è di un piccolissimo frammento e quindi non può essere sicuro che le conseguenze saranno proprio quelle che lui espone. Il cittadino ha accumulato un sapere che può, al limite, lasciargli soltanto presumere che i rischi saranno effettivamente quelli che l’esperienza alle sue spalle sembra indicare. L’uno e l’altro debbono applicare il principio di precauzione nelle loro analisi, previsioni e critiche, e lo debbono fare attraversando lo spazio pubblico del confronto.

Per evitare, il più possibile, le innumerevoli trappole nelle quali gli uni o gli altri possono cadere. Il punto, quindi, non è la soluzione tecnologica, ma la trasformazione sociale che essa comporta nel lungo periodo e la fuoriuscita, intanto, da ogni paradigma di crescita centrato sulla ricchezza calcolata solo in termini quantitativi (il Pil).

Se i sistemi che sostengono la vita sono pesantemente compromessi, l’acqua, l’aria, il terreno, non si può rinunciare ai benefici che potrebbero apportare tecnologie moderne per temperare questa compromissione. Ma vogliamo essere precisi, affinché non siano possibili fraintendimenti.

Per esempio, per quanto attiene alla sequestrazione della CO2, è evidente l’assurdità di produrla per sotterrarla. Altra cosa se si considera che non sarà così semplice liberarsi dalla dipendenza dalle fonti fossili. Per esempio, la produzione di energia elettrica dalla fonte nucleare non impedisce che si usi il petrolio nell’estrazione del minerale, nella costruzione delle centrali, ecc. insomma che si continui a produrre anche CO2. Ma analoghe considerazioni valgono, evidentemente, anche per le fonti rinnovabili: le pale di alluminio dell’eolico, i materiali del fotovoltaico… implicano consumi petroliferi non indifferenti (e di materie prime) per cui non è sufficiente che decollino tali energie perché ne risulti automaticamente l’emancipazione dalla dipendenza dal petrolio. Siamo quindi contrari a ritenere che la sequestrazione della CO2, una volta che ne fosse dimostrata l’intrinseca affidabilità, possa significare l’avvento dell’era del carbone o dei fossili puliti. Tutt’altro. Tuttavia dobbiamo porci il problema di quante energie fossili (sempre più in quantità decrescenti) e per quanto tempo occorreranno nel periodo della transizione, che è appunto un periodo e non un momento.

Simili considerazioni riguardano un altro grande scottante tema, l’utilizzo degli OGM. L’ostilità è dovuta alla constatazione di come l’uso massiccio di varietà geneticamente modificate abbia prodotto negativi effetti socioeconomici. Con la connessa gravissima riduzione della biodiversità (elemento cruciale per il futuro del Pianeta). Non solo la proprietà dei semi si restringe in pochissime mani, attribuendo un potere enorme, ma le nuove varietà generalmente necessitano di irrigazioni, fertilizzazioni e antiparassitari, cioè di consumi di energia, ben più rilevanti di quelli locali. Del resto, la fame nel mondo, risulta la conseguenza degli assetti sociali (compresa la distruzione dell’agricoltura locale) e di fenomeni globali, come il cambiamento climatico, la desertificazione e l’inquinamento delle acque. Altra cosa sono la ricerca chimica e medica.

In ogni caso, tutte queste azioni e questi interventi, e altre simili, quand’anche si rendessero possibili, richiedono che si abbandonino consumi così elevati e così concentrati in piccolissime porzioni del globo, a beneficio di una ridottissima parte dell’umanità. Non perché siano estesi, ma perché siano dovunque modificati, poiché già oggi restringono il possibile futuro umano. Il quale potrà svolgersi solo in sintonia con gli ecosistemi terrestri, con la loro protezione, con la conservazione della diversità. Contro il modo di produzione considerato vincente, ma in realtà momento di accumulazione di situazioni ambientalmente e socialmente insostenibili.

b) nuova cultura energetica

L’azione di contrasto svolta sul campo da forze sociali e politiche, da movimenti, comitati e associazioni, nonché i risultati di ricerche e approfondimenti scientifici e culturali si cimentano tuttavia con modi di pensare, con un senso comune, per nulla incrinati nella certezza che il futuro ed il progresso risolveranno le più critiche situazioni attuali. In un certo senso prevale la convinzione che le soluzioni verranno trovate, sia pure con una fatica e con drammi che purtroppo bisogna mettere nel conto. In altre parole, non vi è la percezione di trovarsi a un punto di svolta, almeno in Europa. Da tempo, per esempio, appare in tutta la sua tragicità la dura condizione dei lavoratori, con la sequenza impressionante delle morti sul lavoro, ma non a caso l’emozione pubblica non ha scalfito l’inazione della politica, l’arroganza delle imprese, l’afasia della società civile. E il caos del mondo, con le sue guerre e ingiustizie resta comunque sullo sfondo, sfocato.

Intervenire su questo punto va, ovviamente, troppo oltre le nostre possibilità e capacità; resta comunque un tema che deve inquietarci, spingendoci ad aprire un laboratorio che sia punto di scambio di analisi, pensieri, esperienze. Perché si riacquisti fiducia nell’azione collettiva e per far valere quella sapienza che si instaura laddove ci si riconosce nell’altro, sia pure attraverso il conflitto, e si riconosce e comprende il legame con l’ecosistema.

Due ci sembrano i versanti di intervento.

Intanto riflettere sul trovarci nel Mediterraneo, recuperando una dimensione specifica di cultura energetica, poiché qui il sole e il vento, l’acqua e l’aria, il mare e la terra, presentano aspetti e sfumature differenti da quelli di altre regioni. Nessun mito romantico della natura mediterranea, né alcun ritorno a culture idealizzate del passato. Più semplicemente la riflessione sulla propria storia può mettere capo alla elaborazione di un punto di vista, e di un modello energetico, di un sistema che accetta di dipendere coscientemente dalla natura del Mediterraneo. Che cerca di conoscerla meglio, di salvaguardarla e non di violentarla, di chiudere il cerchio con i suoi ecosistemi. Un campo di ricerca enorme, di divulgazione da parte nostra, per sprovincializzare una società omologata dall’egemonia, dal senso comune, dominanti.

Parallelamente interrogarci sulla responsabilità della scienza, tema quanto mai spinoso, soprattutto perché anche la conoscenza scientifica è stata ridotta a merce. Ad essere venduta e acquistata (i brevetti) in esclusiva pur essendo prodotta tramite un processo sociale. Da questo punto di vista non basta neppure più il principio di precauzione, prima invocato, ma vanno considerati gli interessi in gioco, soprattutto quelli dei finanziatori che ne intendono ricavare profitti e va considerata anche la temperie culturale complessiva di una determinata epoca, che influisce sul ricercatore e sui temi della ricerca, anche oltre il condizionamento imposto dal finanziatore.

Pensiamo siano cruciali la priorità della ricerca pubblica e l’urgente bisogno di uscire da schemi epistemologici che lasciano insoddisfatti perché centrati su modelli che comportano la parcellizzazione o la riduzione dei temi in esame ai soli elementi che si ritiene di poter ordinare in sequenze comprensibili. Che ne semplificano, arbitrariamente, la complessità. L’arbitrarietà non significa perdita di efficacia, ma, certo, rende fragile il sistema sulla lunga durata: il cambiamento climatico ne è un esempio eclatante. Accettare invece di fare i conti con tale complessità è probabilmente il più importante passo di quel cambio di paradigma su cui intendiamo insistere.

c) contro il ritorno del nucleare

Il governo del nostro Paese ha riproposto “il miglioramento del quadro strategico di approvvigionamento dell’energia, della sicurezza e dell’affidabilità del sistema” mediante la costruzione di nuove centrali nucleari, archiviando la contraria decisione del referendum abrogativo del 1987. Non c’è dubbio che, risalendo l’ultimo piano energetico nazionale al 1988, un tempo lontanissimo, addirittura prima della Conferenza delle NU di Buenos Aires e del protocollo di Kyoto che ne fu il “migliore” frutto, occorresse porre mano alla ridefinizione delle politiche energetiche, così come giustamente invita a fare anche l’Unione Europea, con la proposta di ridurre il consumo di energie fossili del 20%, aumentando del 20% sia il risparmio di energia che l’utilizzo di fonti rinnovabili. No! Il governo italiano, fattosi portavoce di Confindustria – e cioè di settori poco inclini all’innovazione come dimostra la scarsissima quota di investimenti da loro dedicata alla ricerca – contrasta queste decisioni sostenendone l’eccessivo costo, insopportabile afferma, per il sistema industriale del nostro Paese. Contestualmente rilancia il nucleare affermando che ne verrà il beneficio della diminuzione della produzione di CO2 e degli altri gas alteranti il clima. A parte la contraddittorietà di questo modo di fare, è sufficiente ricordare come l’estrazione del minerale, la sua trasformazione, la costruzione e la gestione delle centrali, il loro smantellamento producano CO2 perché tutte operazioni che implicano un uso massiccio di fonti fossili e di materiali (cemento, acciai speciali…) prodotti con grande loro impiego. E, poi, riflettere sulla circostanza che il nucleare attiene alla produzione di elettricità che è una quota minoritaria degli attuali consumi energetici (il 17% circa); resta scoperta la gran parte del problema energetico, riferibile ai settori dei trasporti, del riscaldamento, dell’industria, dell’agricoltura (oltre l’80% dell’energia consumata). D’altronde è utile ricordare che la Francia, lo Stato più nuclearizzato (59 centrali), è anche quello dove vi è il maggior consumo di petrolio pro capite, a dimostrazione che il nucleare non è un’alternativa all’uso dei combustibili fossili; e, inoltre, che sempre la Francia deve importare elettricità nelle ore di picco, per la scarsa flessibilità della produzione elettrica da fissione, la quale a sua volta costringe alla vendita a prezzi stracciati agli stati confinanti dell’elettricità in esubero nelle ore morte. Il prof. Angelo Baracca (L’Italia torna al nucleare?) scrive anche che la Francia “nel 2006 ha deciso di riattivare centrali termoelettriche a combustibili fossili obsolete per 2600 MW”, proprio per far fronte a situazioni di picco

Queste condizioni particolari, e la circostanza che la Francia da tempo sia una potenza nucleare sottolineano come la tecnologia della fissione dell’uranio non sia nata per produrre elettricità ma bombe (dal complesso militare ha ottenuto e ottiene i maggiori finanziamenti). Questo imprinting ha pesato enormemente nel precludere altre linee di ricerca. Inversamente, oggi è estremamente facile, per gli Stati che vogliono dotarsi di armi atomiche, iniziare con la produzione elettrica per passare successivamente, una volta acquisite le competenze, le tecnologie e organizzate le strutture, all’”atomo di guerra”. Alimentando così i rischi di guerra.

Vale la pena, ancora, di ricordare il monito di Paolo Baffi, in apertura della Conferenza dell’energia del 1987, circa il cambiamento inaccettabile che sarebbe stato indotto dalle esigenze di sicurezza e segretezza per custodire il plutonio, risorsa fondamentale per la costruzione degli ordigni nucleari. L’idea di una società militarizzata ha fatto strada, non ostante l’orrore che si pensava potesse suscitare, la Camera dei Deputati discute come sia possibile che in mancanza di un’intesa con le amministrazioni locali nel cui territorio siano localizzati i siti nucleari, debba scattare “il potere sostitutivo” dello Stato. Il quale deciderà e disporrà senza tante storie, sorvegliando i territori con le forze militari e, addirittura, localizzando le nuove centrali direttamente nelle aree militari. Con recente legge il governo ha in generale tagliato corto con tutte le possibili obiezioni statuendo che possono essere considerati siti strategici e quindi protetti dai militari e sottratti al dibattito democratico e al controllo trasparente delle popolazioni un insieme di altre strutture.

L’autoritarismo, la centralizzazione delle decisioni, le scelte concrete stanno quindi producendo una società in cui la democrazia è colpita al cuore per ridursi al puro momento elettorale (peraltro ampiamente condizionato dal controllo dei mass media): perciò la battaglia contro il nucleare si configura anzitutto come lotta per la democrazia e per la pace.

Altri argomenti ancora suffragano questa impostazione. Il fatto, per esempio, che la disponibilità del minerale uranio non vada oltre i 35-40 anni al ritmo dell’attuale utilizzo (salvo nuove scoperte e processi di fertilizzazione che possono allungarne di poco l’esistenza) implica che l’Italia dovrà vedersela con colossi come gli Usa, la Cina, l’India, il Brasile, la Russia… per contendere loro il prezioso minerale. E’ credibile uno scenario di tal fatta? E se sì, con quali rischi di guerra?

Per quanto riguarda la suscettibilità della scelta nucleare di diminuire la bolletta elettrica richiamiamo qui il problema del costo del Watt, incomparabile con quelli prodotti altrimenti, per l’inconoscibilità di molti elementi (soprattutto di quelli relativi a decommissioning e alla protezione delle scorie). Ancora, in Finlandia è in costruzione a Okiluoto dal 1998 un reattore per 1600 MW, il cui costo iniziale previsto in 3 miliardi di euro è raddoppiato e la cui realizzazione, prevista in 11 anni, è ancora lontana dalla conclusione. . Dunque, è impossibile fare un vero raffronto. Anche da queste minime considerazioni su quanto sta avvenendo oggi traspare il metodo superficiale seguito dal governo, la mancanza di un’idea precisa, che non sia il business dell’appalto per questi mega impianti. A riprova, si può ricordare che attualmente sono in costruzione nei Paesi avanzati soltanto tre centrali (Finlandia, Francia, Giappone), perché il nucleare non conviene, come ricorda addirittura Pasquale Pistorio, ex vicepresidente di Confindustria, e non certo per l’opposizione degli ambientalisti o per via del referendum italiano. Secondo Amory Lovins “il nucleare è stato ucciso da un inguaribile attacco di economia di libero mercato”, e non è stato rianimato negli Usa neppure dai consistenti incentivi introdotti dal presidente Bush.

Un problema irrisolto (essendo tale da tantissimo tempo è forse il caso di dirlo irrisolvibile?). E’ quello dei rifiuti, le cosiddette scorie, del ciclo produttivo complessivo, delle miniere, delle centrali e degli installazioni militari nucleari. La scienza generalmente ne ammette l’estrema pericolosità: minore in quelli che dimezzano in pochi anni la loro radioattività, maggiore in quelli che continuano ad essere attivi per migliaia d’anni (Plutonio 239 24100 anni; Uranio 234 245000 anni; Uranio 235 710 milioni di anni; Uranio 238 4,5 miliardi di anni). Perciò il costo per la protezione di tali scorie è effettivamente incalcolabile, si sa soltanto che è elevatissimo e, di conseguenza, con estrema disinvoltura non entra mai nei calcoli che vengono presentati all’opinione pubblica per misurare la fattibilità dei programmi. Se pensiamo che nel mondo le scorie possono aver raggiunto le 270mila tonnellate, ci rendiamo conto della gravità del problema, già oggi.
Nella attesa di trovare i famosi siti di confinamento a grandi profondità, si cercano intanto depositi di “lunga durata”, cioè pur sempre temporanei, sia pure di 2 o 3 centinaia di anni. Ma anche qui si è in alto mare, pur consapevoli che in tal modo si sta preparando un biscotto avvelenato per i nostri discendenti! Restano i depositi di “messa in sicurezza”, provvisori per definizione, sotto la Yucca Mountain nel Nevada, cui far convergere le scorie dai 131 depositi disseminati negli Stati Uniti, Sellafield In Gran Bretagna e la Hague in Francia dove si ritrattano per produrre nuovo combustibile. A Sellafield si trovano anche una parte delle scorie molto radioattive prodotte dalle centrali nucleari italiane. In Italia hanno funzionato quattro centrali (Caorso, Trino Vercellese, Latina e Garigliano), cinque impianti di ritrattamento del combustibile (Saluggia, Bosco Marengo, due a Casaccia e Trisaia), una dozzina di centri di ricerca, oltre ad una decina di piccoli depositi. In totale si dovrebbe trattare di circa 64mila metri cubi di scorie radioattive, la maggior parte dei quali (35mila) sono conservati nelle quattro vecchie centrali. Il resto è conservato negli altri siti, principalmente a Saluggia e Casaccia. L’aspetto molto grave è che l’Italia abbia affidato alla Sogin spa, finanziandone le attività con il sovrapprezzo sul kWh elettrico, la gestione delle scorie. A parte la circostanza che la Sogin non ha fatto quasi nulla, è stato anche assurdo affidare ad una spa, e non un’Agenzia pubblica, tale incombenza con l’effetto devastante della sua esclusione dai consessi internazionali, mettendo l'Italia nel più completo isolamento internazionale. Per gestire i rifiuti, occorre chiudere la Sogin e dotarsi di un sistema fondato su di un’Agenzia pubblica (da affiancare a Enea e Apat riformate) che, previa definizione degli obiettivi e dei finanziamenti da parte del Parlamento e sulla base di precisi input del Governo, stabilisca programmi, tempi e costi. L’Agenzia indipendente e autonoma opererà valutazioni e controlli, che verifichino anche il rispetto da parte di tutti gli operatori del settore degli elementi di sicurezza e protezione delle popolazioni e dell'ambiente. Essa riferirà al Parlamento e alle Regioni, sia per riceverne osservazioni e indirizzi sia per mettere al corrente le popolazioni dei problemi e delle soluzioni.

Si è costituito il Comitato oltre il nucleare, per un’alternativa energetica, basata sulle fonti rinnovabili e il risparmio. Otherearth è tra i promotori del Comitato e, intanto, sta lavorando alla fattura di un DVD che argomenti i perché dell’opposizione al nucleare e documenti su di un argomento che sembra accettato da molti sostanzialmente perché disinformati sulla sostanza.

L’alternativa da costruire è quella della elaborazione di un Piano energetico nazionale, al cui centro siano parametri differenti ( dalle energie fossili a quelle solari) che indichino le politiche entro le quali iscrivere le singole azioni: decisioni energetiche e scelte tecnologiche, riconversione ecologica delle industrie più energivore e riduzione dei rifiuti, cambiamento del peso del trasporto individuale e su gomma e protezione dell’acqua e del suolo. E’ chiaro che un piano energetico, se non vuole ridursi a una generica indicazione che avrà semmai attuazione in relazione agli incentivi volta a volta stabiliti dal governo (con criteri e scelte che potranno essere assai discutibili seppure, perché mai dubitarne? sempre motivate con l’interesse generale), per orientare i comportamenti dei consumatori, e le decisioni di investimento degli imprenditori, non può non definire gli strumenti con i quali operare. Questi sono, anzitutto la funzione di guida che possono avere aziende e agenzie che, come recita la nostra Costituzione, agiscano operando per l’utilità sociale e siano “riservate” a comunità di utenti e di lavoratori. Un piano energetico degno di questo nome deve prendere atto del grande processo di concentrazione delle imprese seguito alle decisioni di liberalizzazione; ormai, come afferma anche Alberto Clò, le concentrazioni sono il paradosso delle liberalizzazioni. Magari ci sono buone ragioni economiche, per irrobustirne la presenza sui mercati, ma certo vi sono anche decisioni politiche che interagiscono perché gli approvvigionamenti di gas e petrolio attengono direttamente alla politica estera di un Paese (e così sarà anche per l’uranio). Come abbiamo accennato, il nucleare è il simbolo di una decisione fuori mercato perché senza un adeguato sostegno nessun imprenditore si assume rischi e incertezze così rilevanti, e costi difficilmente prevedibili all’inizio di quel lungo percorso che porterà eventualmente alla realizzazione dell’impianto. Insomma, le concentrazioni seguite alle liberalizzazioni sono parte di una decisione politica che non può essere la nostra, perché riteniamo che l’universalità del servizio, la sua accessibilità, la rispondenza ad obiettivi di qualità sociale debbano prevalere sull’obiettivo di un’adeguata e rapida remunerazione del capitale, cioè sulla centralità della competitività e del profitto. Insomma è un tema, quello del Piano, che comporta impervie strade contro correnti.

d) il piano energetico regionale

Nel nostro Paese, e in Europa, sono molte le esperienze di lotta e di proposta, e notevoli le iniziative tecnologiche, decise da istituzioni, imprese, singoli, che delineano alternative di comportamenti; esse costituiscono una miniera ricchissima per cercare di realizzare itinerari di cambiamento. Perciò l’elaborazione del Piano Energetico Regionale può costituire l’anello di verifica delle posizioni nostre (della sinistra) se tentiamo di passare dalle parole di critica alla messa a punto di obiettivi e scelte: la transizione non è solo un desiderio, un dover essere, ma costituisce il fondamento di un’analisi specifica che mette capo a precisi programmi.

La redazione del PER non si deve limitare, secondo noi, all’analisi della domanda e dell’offerta, dei loro andamenti, degli elementi critici che si debbono rimuovere e della crescita che deve essere assicurata nei vari settori di produzione e di impiego. Ma da questa analisi bisogna partire per orientare la società regionale verso una prospettiva differente dall’aumento quantitativo del Pil. In un certo senso l’analisi energetica è un buon punto dal quale leggere elementi significativi della struttura della società laziale, il suo rapporto con la natura e le situazioni di crisi. Crisi ambientali e crisi economiche e sociali, che non sono adeguatamente affrontate.

Ovviamente, i fenomeni sociali e naturali sono interdipendenti tra loro e l’uno verso l’altro ed occorre una capacità di analisi intersettoriale che faccia riferimento a diversi saperi e culture (anche a differenti discipline); e ciò dovremo aver ben presente per concludere con delle proposte, in tema di energia, che ci permettano di fare un passo avanti. Un progetto integrato verso un modo di produrre, consumare e vivere complessivamente diversi è il nostro desiderio, per contribuire a imprimere una svolta non immaginaria.

Questo modo di pensare l’energia differisce dall’impostazione delle élites dominanti che vedono buio il futuro dell’Italia perché, secondo loro, la politica esita a decidersi e, quando lo fa, pasticcia. Premono a favore del carbone pulito, che non esiste, e del nucleare intanto impegnandosi in Francia o all’Est; destinano qualche euro alle rinnovabili, ma poi assimilano a queste anche il recupero dei rifiuti; con il più alto tasso di motorizzazione dell’Europa e la più ampia cementificazione del territorio, puntano ancora alla rottamazione, ai condoni, a rendere edificabili le aree agricole. L’efficienza energetica nell’industria e in agricoltura resta un obiettivo lontano, il risparmio energetico si è trasformato in un appello più che diventare pratica, l’osservanza del protocollo di Kyoto è apertamente contestata.

Al contrario, noi vogliamo enormi finanziamenti per realizzare la transizione verso un assetto differente. Non solo esattamente opposto, precisamente la civiltà solare, ma in cui l’innovazione dei processi e dei prodotti sia la parte più cospicua sulla quale investire formazione, ricerca, iniziativa economica e sociale. E in cui tutte le occasioni energetiche presenti sul territorio possano essere considerate importanti e valorizzate (non dunque la ridicola riduzione di questa ipotesi alla produzione esclusivamente su piccola scala, magari di spezzoni di energia elettrica prodotta in sovrappiù rispetto ai propri consumi).

L’uscita dalla società fondata sull’uso dei combustibili fossili è il problema energetico e sociale di oggi e se indubbiamente vi é un ampio campo per le azioni che comunque si possono già fare e una grande responsabilità anche degli individui (che tuttavia vanno educati a questo obiettivo e questa già potrebbe essere una forte iniziativa: l’educazione nelle scuole all’uso razionale dell’energia), non c’è dubbio sulla necessità di un nuovo punto di vista culturale e politico, di un nuovo paradigma energetico. A formare il quale, su quali forze intellettuali si può contare e su quali risorse, e come reperite e, in definitiva, chi sono i molteplici soggetti del cambiamento e come fare affinché diventino attivi e trainanti? Domande che premono, perché estremamente difficili nella frammentata società dei consumatori. Eppure con esse dobbiamo misurarci, individuando nel percorso di costruzione del PER un momento decisivo per tentare di non restare alla proclamazione di intenti. Il metabolismo della città di Roma, la struttura artificiale degli ecosistemi laziali, il modello dissipativo della crescita, la privatizzazione della vita, le disuguaglianze diffuse costituiscono, per esempio, tutti capitoli interdipendenti di una proposta di cambiamento che limiti i danni e inverta le tendenze in atto. La quale, come abbiamo visto considerando l’obiettivo del Pen, non potrà realizzarsi senza la dotazione in mano alla Regione di adeguati strumenti e, intanto, recuperando una dimensione pubblica nella produzione e distribuzione di energia e una capacità di assicurare alla comunità laziale forme precise di intervento nella gestione stessa delle imprese energetiche.

In qualche modo il nostro si potrebbe definire un progetto di energia politica, nel senso di una proposta di politica energetica che fondi un asse politico differente dall’attuale, in controtendenza, centrato su di un’alternativa di civiltà e non sulla crescita di beni (e di residui) che mettono a rischio l’umanità che verrà dopo di noi perché sconvolgono le condizioni della biosfera entro la quale la vita è possibile.

I promotori

Roma, 1 dicembre 2008

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"Piano energetico regionale - Appello di Otherearth ai Consiglieri dei Gruppi di sinistra della regione Lazio"

Riceviamo e pubblichiamo
Siamo vivamente preoccupati dal fatto che il Piano energetico regionale non indichi un chiaro percorso di diminuzione dell’utilizzo delle fonti fossili e di aumento dell’energia risparmiata, per maggiore efficienza dei prodotti e per innovazioni nei processi produttivi, e della quota di energia proveniente da fonti rinnovabili.

Come sapete l’Unione Europea ha indicato precise priorità, in tal senso, che non si ritrovano nella proposta in discussione nella regione Lazio, che considera essenzialmente la produzione elettrica che è una quota inferiore al 20% dei consumi energetici complessivi, riferendosi invece in via marginale ai settori di maggiore impatto (trasporti, industria, agricoltura). Riteniamo infatti che il Lazio, e più in generale il nostro Paese, avrebbe tutto da guadagnare, in termini di risalita dal declino nel quale si trova per più fattori, dall’accelerare l’adozione di processi innovativi. Non soltanto perché rinviare gli obiettivi del protocollo di Kyoto e le modifiche urgenti e mature nei settori a maggiore impatto energetico ci costerà molto di più tra qualche anno quando ci troveremo di fronte Paesi che si sono mossi per tempo su queste strade (Il Rapporto Stern indica in una percentuale oscillante intorno all’1% del Pil il costo attuale della lotta al cambiamento climatico, che salirebbe al 5-6% tra qualche anno). Ma perché, nell’immediato, implicherebbero una finalizzazione delle risorse finanziarie a favore della ricerca, della valorizzazione delle conoscenze, della qualità e quantità di lavoro impiegabile. Tutti gli scenari indicano, infatti, grandi potenzialità in tal senso, qualora si imboccasse la strada del cambiamento e si superasse la miopia e l’inerzia delle élites di Confindustria e del Governo.

La decisione, poi, del Governo di riprendere la produzione di energia elettrica con la fonte nucleare, si rivela molto poco seria, sia perché il costo del kWh nucleare è talmente elevato (se consideriamo i processi di decommissioning e la protezione dei rifiuti) da porlo fuori mercato e da richiedere massicci finanziamenti pubblici, sia perché la costruzione delle centrali richiede un tempo tale che non si può in alcun modo pensare che tale produzione influisca sulla sicurezza energetica del Paese. Sia perché l’esempio della Francia (la maggiore consumatrice di petrolio dell’Unione e lo stato con minore flessibilità e maggiori costi nella produzione elettrica) indica gi errori della scelta; senza qui richiamare l’orrore democratico della militarizzazione dei siti e dei rischi di guerra per poter disporre di un minerale che diventerà sempre più raro. L’intento del Governo serve solo a rianimare un po’ l’industria degli appalti e i produttori di cemento e acciaio. Un misero esito che richiederebbe, proprio nel PER del Lazio una decisa presa di posizione e l’apertura di un conflitto serio per evitare manomissioni irreversibili del territorio e dell’integrità fisica e della salute dei propri cittadini.

Può il Per del Lazio essere l’occasione per avviare la grande sfida della transizione dall’energia fossile e nucleare all’energia solare ?

E’ la domanda cui chiediamo si risponda.

Otherearth (un mondo altro forum energia ricerca)

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La potenzialità del solare in Italia. Perle ai porci?

Riportiamo un interessante articolo comparso su News Italia Press
"Roma - L'Italia è il secondo Paese del mondo che si candida, nel settore del fotovoltaico (ovvero lo sfruttamento dell'energia solare volto alla produzione di energia elettrica), a poter garantire elettricità realmente competitiva con le fonti fossili. È quanto ha stabilito uno studio della McKinsey Global Foundation, in cui il Bel Paese è indicato come una delle due nazioni più vicine alla cosiddetta "grid fotovoltaico1.jpgparity" fotovoltaica, cioè a quel punto di pareggio in cui una cella solare, colpita da raggi solari, riesce a produrre elettricità a costi uguali, o persino inferiori a quelli prevalenti di mercato.

Nonostante l'Italia abbia le tariffe elettriche più care del 30% rispetto alla media europea, essa ha anche un forte irraggiamento naturale, avendo una particolare esposizione al sole.
Di questi e altri temi si sta discutendo da ieri anche alla prima edizione della Conferenza dell'Industria Solare a Roma, che ha come obiettivo quello di far incontrare i più importanti operatori del settore (esperti industriali e commerciali, soggetti finanziari, associazioni, istituzioni, agenzie pubbliche, università e centri di ricerca in ambito internazionale) per fargli ampliare i confini del proprio business e condividere informazioni e innovazioni per lo sviluppo del mercato. La conferenza è stata ideata da Solarpraxis, un'azienda berlinese leader nella comunicazione della tecnologia solare in Germania, in collaborazione con Ambiente Italia, società che vanta una vasta esperienza nella ricerca e progettazione ambientale.

"La conferenza - ha dichiarato Raffaele Piria, direttore per lo Sviluppo Internazionale a Solarpraxis e vicepresidente di Estif (European Solar Thermal Industry Federation) - sta andando molto bene, abbiamo avuto più di 500 partecipanti. C'è un grande interesse sul tema in Italia. Il Bel Paese ha fatto molta strada nell'ultimo anno, sia nel solare termico che produce calore che nel fotovoltaico che produce elettricità. A livello di megawatt prodotti c'è stata una quintuplicazione negli ultimi anni ma a livello di potenza installata pro capite l'Italia è ancora indietro rispetto ad altre nazioni, ad esempio Austria e Grecia. Più di altri Paesi in tema di fotovoltaico per l'Italia ci sono però condizioni molto favorevoli, ma persistono delle difficoltà burocratiche. La previsione più rosea per il futuro è di 400-500 megawatt di nuova potenza, pur sempre quattro volte meno della Germania, dove tra l'altro le condizioni metereologiche sono più sfavorevoli. Come condizioni favorevoli in Italia intendo i contributi economici destinati al conto energia e le detrazioni a favore delle aziende".

Lo sviluppo dell'energia fotovoltaica in Italia sta avvenendo in tempi molto veloci, ma per certi aspetti il nostro Paese è ancora indietro rispetto ad altre nazioni dell'Unione europea, soprattutto a livello burocratico. Con lo scopo di agevolare il mercato italiano nel suo sviluppo è sceso in campo il GIFI, Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane. "Se confrontiamo il mercato del fotovoltaico italiano con quelli della Germania e della Spagna, fino al 2008 leader mondiali del settore - ha spiegato Federico Brucciani, Communication Officer del GIFI - esso appare in ritardo. Ma la Spagna a partire dal 2009 ha approvato una legge che penalizza gli incentivi per le energie rinnovabili e anche in Germania sono diminuite le tariffe del settore. Dunque l'Italia ad oggi sta assumendo una posizione di rilievo per il mercato fotovoltaico in Europa. Ci sarà un fiume in piena di pannelli fotovoltaici istallati e verrà aumentata anche la quota destinata alle energie rinnovabili, in linea con quanto stabilito nel Protocollo di Kyoto e nel cosiddetto "Pacchetto 20-20-20" dell'Ue su clima ed energia.

Quello del fotovoltaico italiano è un mercato in crescita, non solo a livello di vendita ma anche di produzione, distribuzione, per tutta la filiera insomma. C'è un alto interesse da parte degli investitori stranieri verso l'Italia, sono numerose le aziende straniere che vogliono aprire loro sedi nella penisola.

In Italia però ci sono ancora colli di bottiglia a livello amministrativo e burocratico. Il GIFI, Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane, sta lavorando con le istituzioni proprio per abbattere i problemi che esistono sul mercato italiano. È necessario - ha concluso Brucciani - migliorare ad esempio gli strumenti finanziari che offrono le banche per l'accesso al credito delle aziende e in questo senso Gifi e Intesa San Paolo hanno stipulato un accodo che prevede condizioni vantaggiose per le imprese. Inoltre il prossimo 5 marzo al Salone "Energethica" di Genova stiamo organizzando un convegno dal titolo "Il fotovoltaico nel 2009: prospettive di sviluppo e strumenti finanziari" che servirà a comprendere meglio quali potranno essere le strade per migliorare gli strumenti finanziari legati al settore delle energie rinnovabili e come poterli differenziare in particolare per il mercato fotovoltaico.

In tema di fotovoltaico ed energie rinnovabili si stanno muovendo anche le Camere di Commercio italiane all'estero. In molte partecipano anche per quest'anno al progetto "Sviluppo di energia da fonti rinnovabili", giunto alla quarta annualità. Il progetto nasce con l'obiettivo di sensibilizzare i Paesi esteri sul grado di sviluppo del settore energetico in Italia e aiutare le piccole e medie imprese italiane ad avviare rapporti internazionali di interscambio tecnologico e industriale. Sull'argomento sono intervenuti qualche tempo fa alcuni segretari generali delle CCIE (fonte dichiarazioni: www.assocamerestero.it), che hanno spiegato il ruolo che le imprese italiane impegnate nel settore energetico possono giocare nel territorio di loro competenza.

Come ha affermato Giovanni Aricò, Segretario generale Camera di Commercio Italiana di Madrid, "l'industria spagnola delle energie rinnovabili ha avuto, negli ultimi anni, un forte incremento anche grazie agli aiuti legislativi, in particolar modo nei sub-settori del fotovoltaico e dell'eolico. Parallelamente, la domanda in questi settori è enormemente cresciuta grazie ai numerosi investimenti realizzati dai privati, ad esempio, nell'applicazione del fotovoltaico all'edilizia. L'industria Italiana del settore ha conseguito altresì un enorme progresso sia nell'innovazione tecnologica che nella produzione attestandosi come una partner molto interessante soprattutto nel campo delle energie ottenute da biomasse e in quello della componentistica per l'assemblaggio di pannelli e strutture utilizzate nel fotovoltaico. Questa situazione ha evidenziato una certa complementarietà tra le industrie dei due paesi, per la specializzazione in funzioni diverse della stessa filiera produttiva (nel fotovoltaico), nonché per lo sfruttamento di fonti rinnovabili differenti (eolica e biomasse). Tale complementarietà, quindi, apre le porte a grandi prospettive di interscambio commerciale tra imprese italiane e spagnole nei prossimi anni".

"Anche nel Regno Unito e soprattutto in Scozia - ha aggiunto Helen Girgenti, Segretario Generale della Camera di Commercio italiana di Londra - esistono le condizioni ideali per lo sfruttamento di energia eolica e marina, proveniente dalle correnti. Le imprese italiane se da un lato possono acquisire il know how inglese per riproporre anche in Italia soluzioni simili, dall'altro possono sicuramente stipulare accordi di collaborazione con aziende private o enti inglesi per la fornitura di tecnologie".

Per Giovanni Incisa di Camerana, Segretario Generale della Camera di Commercio italiana di Lisbona "in Portogallo il settore delle energie rinnovabili ha subito un grande impulso negli ultimi anni interessando una vasta gamma di fonti possibili: eolica, fotovoltaica, biomassa, onde del mare e geotermica. Nel campo delle energie eolica e fotovoltaica, esistono in questo paese i più grandi impianti di Europa. L'APER, associazione italiana dei produttori di energie rinnovabili, ha partecipato ai seminari realizzati a Lisbona nel 2007 e nel 2008 avendo così avuto modo di verificare lo "stato dell'arte" del settore e le possibilità di collaborazione tra imprese italiane e portoghesi. Alcuni contatti tra imprese dei due paesi sono già stati realizzati nelle ultime edizioni di Ecomondo a Rimini, nonché nello scorso autunno presso la Fiera del Levante a Bari. L'Italia è già presente in Portogallo con l'ENI che detiene una quota importante nel capitale della GALP ENERGIA (33,4%) e l'ENEL che ha già realizzato investimenti nella Penisola iberica. Un esempio della collaborazione tra Portogallo e Italia ci è altresì dato dall'apertura a Milano di una filiale di un importante costruttore portoghese di impianti eolici: la Martifer. Riteniamo pertanto di poter confermare che esistono per le imprese italiane concrete possibilità di collaborazione con il tessuto imprenditoriale portoghese, soprattutto nell'ambito della ricerca e dello scambio di tecnologie".

Per la Grecia ha parlato Marco Della Puppa, Segretario Generale della Camera di Commercio italiana di Salonicco. "Nonostante qualche difficoltà burocratica ancora esistente nel Paese ellenico, che porta ritardi nell'assegnazione delle licenze in alcuni campi - ha detto - le prospettive future per l'ingresso di altre realtà italiane nel settore sono concrete. Ad oggi sono già presenti sul territorio ellenico alcune delle principali imprese italiane del settore come Edison ed Enel, direttamente o tramite joint-venture grazie ad una serie di investimenti sulla produzione d'energia da gas naturale e da fotovoltaico, mentre Eni opera nel nord della Grecia per la distribuzione del gas per uso domestico. Il ruolo di queste grandi imprese è quello di fare da apripista per altre realtà italiane per nuovi investimenti soprattutto nel campo del fotovoltaico e dell'eolico al centro di una politica energetica del Governo locale".

Andrea Lotti, Segretario Generale della Camera di Commercio italiana di Zurigo ha infine dichiarato che "la Svizzera è un paese avanzato nello sviluppo delle energie rinnovabili, aiutato non solo da un sistema imprenditoriale dinamico ma anche da un sistema di incentivi pubblici premiante per le tecniche di sviluppo sostenibile. Il Sistema Italia nel suo complesso dovrebbe, quindi, cercare di assorbire e fare sua almeno in parte l'esperienza svizzera anche sotto il profilo degli incentivi e delle politiche pubbliche di intervento tese al risparmio energetico e alla coibentazione degli edifici pubblici e privati. Sul fronte imprenditoriale è sicuramente interessante per le imprese italiane stabilire delle partnership con imprese svizzere per avviare dei rapporti di import strategico e o per la realizzazione comune di investimenti sul suolo italiano nei settori fotovoltaico, eolico, geotermico e biomasse. Interessante anche la partecipazione comune a progetti INTERREG finanziati dall'UE o a progetti transfrontalieri per migliorare la capacità di sfruttamento delle risorse idriche".

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3 febbraio 2009

Prossimi appuntamenti

MERCOLEDI' 4 FEBBRAIO - ore 18:00

Massimo Carlotto e Stefano Montanari presso libreria Feltrinelli presentano i libri
Perdas de fogu / Il girone delle polveri sottili.

Libreria Feltrinelli, via Appia nuova 427, Roma


http://www.stefanomontanari.net/index.php?option=com_content&task=view&id=1473&Itemid=1


VENERDI 6 FEBBRAIO - ore 17

Conferenza presso la Promoteca del CAMPIDOGLIO, Roma.

Interverranno i ricercatori Stefano Montanari e Antonietta Gatti, il Medico ISDE Giovanni Ghirga
e il Prof. Paul Connett.

Programma dettagliato:
http://www.sporchidamorire.com/convegnosporchidamorire/index.html

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2 febbraio 2009

"In ricordo di Chehari Behari Diouf"

Comunicato dell'Arci Civitavecchia

In ricordo di Chehari Behari Diouf

02-02-2009 14:03

"Diouf , un immigrato senegalese, è stato ucciso da una mano folle per futili motivi. Sembra una “normale” storia di violenza, ma rappresenta invece un dramma complesso che non va dimenticato ma approfondito.
Era in Italia da vent’anni, aveva trascorso metà della sua vita nella nostra città ed era amico di molti civitavecchiesi. Le circostanze della sua morte ci lasciano profondamente scossi e ci spingono ad interrogarci sui motivi che hanno innescato una reazione così violenta in chi gli ha sparato. Vogliamo che la magistratura faccia presto chiarezza su questa triste e inquietante vicenda, e che sia fatta giustizia.

L’Arci di Civitavecchia vuole esprimere la sua solidarietà e la vicinanza al dolore dei cugini di Diouf qui in Italia, della famiglia in Senegal e della comunità senegalese, ricordando chi era Chehari Behari Diouf.

Diouf era un ragazzo che aveva scelto, come tanti suoi connazionali, di emigrare dal Senegal da giovanissimo affrontando le difficoltà che questa scelta comporta. A Civitavecchia si era battuto per vivere e lavorare con onestà. Era conosciuto in città per la sua attività, che dopo aver praticato porta a porta era arrivato a gestire – finalmente - in un suo banco al mercato.

Durante il suo percorso di vita in Italia ha avuto modo, attraverso l'Arci di Civitavecchia, di dare un ulteriore senso alla sua condizione di cittadino immigrato. Partecipò infatti, alla realizzazione di iniziative per favorire sia l'integrazione che la valorizzazione dell’identità culturale della comunità senegalese ( e più in generale africana) presente nella città. Con lui nacquero il progetto “Civitavecchia Città Cosmopolita” attuato tra il 1998 e il 2002, lo Sportello Immigrati, e una serie di eventi :incontri culturali (il Griot, la Korà!), cene etniche , che hanno fatto conoscere a molti civitavecchiesi la straordinaria cultura di Diouf e dei suoi connazionali.

Ma di Diouf va ricordato l'impegno e la costanza a voler perseguire, per se e per gli altri, la ricerca di una degna condizione lavorativa e sociale. Promosse con noi decine di incontri con l'amministrazione Comunale e i rispettivi Funzionari con lo scopo di definire una più utile e onorevole collocazione degli immigrati nel mondo del lavoro autonomo, nel commercio e nell’accesso agli alloggi popolari. Collaborò affinché le esigenze dei suoi concittadini trovassero nella nostra Associazione un punto di riferimento. Lo stesso Diouf era il primo mediatore per accedere ad una rete di sostegno culturale, sociale e di assistenza legale. Era un nostro socio da 10 anni e ogni volta che poteva offriva il suo aiuto ai connazionali appena arrivati in Italia. La scelta di dare un contributo era un tratto fondamentale di Diouf; era un onesto cittadino straniero che voleva affermare la propria dignità .Questo va ricordato in aggiunta alla stima e alla simpatia che nutrivamo nei suoi confronti.

Diouf aveva una famiglia splendida con tanti figli che mandava a studiare per fargli avere un futuro diverso dal suo. Con i risparmi maturati negli anni aveva costruito una casa dignitosa in Senegal dove un giorno si sarebbe ritirato. La storia di Diouf è simile a quella di milioni di italiani che in passato sono andati per il mondo a cercare lavoro e fortuna. Ricordare chi eravamo e da dove veniamo deve farci riflettere di fronte agli stranieri oggi in Italia. Il mondo degli immigrati viene spesso presentato attraverso casi limite legati alla criminalità, alla violenza e all’emarginazione; raramente si parla dei milioni di stranieri che svolgono i lavori più duri dando un contributo fondamentale all’economia di questo Paese e delle tante famiglie che vivono integrate nelle città italiane.

Dietro ogni volto straniero c’è una storia come quella di Diouf, la storia di una persona che ha avuto il coraggio di lasciare la propria terra, pur di offrire ai propri familiari rimasti in patria la speranza di un futuro migliore. Crediamo che i cittadini stranieri meritano il rispetto che spesso non viene loro concesso.

Speriamo sinceramente che la morte di Diouf non sia legata al clima di sospetto e paura dello straniero che qualcuno vuole alimentare nel nostro Paese. Siamo convinti che questo clima sia solo in grado di perpetrare un circolo vizioso fatto di pregiudizi e atti di violenza deleteri per tutti. Crediamo inoltre che per contribuire alla costruzione di una società sana e armoniosa sia necessaria una vera conoscenza e un confronto sereno con il prossimo ed a questo ci dedicheremo con più convinzione nel futuro perché Diouf non venga dimenticato.

Occorre che la nostra comunità testimoni a Diouf ed alla sua famiglia una generosa solidarietà riconoscendogli i diritti di un cittadino esemplare. Come Arci saremo tra i promotori di una reale partecipazione al dramma della famiglia di Diouf e di tutta la comunità senegalese affinché non si sentano più soli in una terra che si dimostra troppe volte poco ospitale. Riteniamo che il Comune possa dare alla famiglia un concreto sostegno assicurandole un futuro dignitoso per il quale Diouf stava lavorando.

Sarà ricordato da chi lo conosceva come un simpatico e generoso amico che ti faceva sempre piacere incontrare."

Arci Civitavecchia

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31 gennaio 2009

"'Informiamoci': UN APPUNTAMENTO PER CONOSCERE I TEMI CHE SCOTTANO RIGUARDO A SALUTE, AMBIENTE ED ECONOMIA."

Il convegno “informiamoci” ha centrato il suo obiettivo, presentando le novità su carbone e autostrada.

In tema di accordi con Enel sono state messe a fuoco le gravi responsabilità a carico di sindaci, assessori e consiglieri, privi del coraggio di esigere con azioni concrete il rispetto delle clausole del loro contratto, come l'abbattimento del 30% degli inquinanti, faticosamente ottenuto dai comitati. Però si riempiono la bocca con la parola “monitoraggi”, cioè vendono il loro consenso a farci fare da cavie e cercano complici.


Durante l'esposizione s'è capito che per comparaggio di partito sono tutti muti, sordi e ciechi e non tutelano più la salute e l’economia di questa terra, nascondendosi dietro l'alibi delle compensazioni. Gli inquinatori azzannano questo territorio dettando la legalità imposta dal denaro. Istituzioni compromesse e incapaci di difendere le popolazioni non servono ai cittadini preoccupati che non restano a guardare e si organizzano. L’incredulità iniziale è stata velocemente sostituita dall’esigenza di agire, rispetto a tante violazioni della legalità e ai silenzi colpevoli.

Il Comitato dei Cittadini Liberi ha illustrato la diffida inviata a tutti gli amministratori del Comune di Tarquinia che ”debbono ritenersi responsabili non solo nella qualità di pubblici amministratori ma anche personalmente in proprio, sia penalmente che civilmente di tutti gli eventuali danni che potranno derivare dall’esercizio della Centrale Enel di Torre Valdaliga Nord, alla salute pubblica, all’ambiente, all’agricoltura e alla imprenditoria in genere, con obbligo di risarcire tutti i danni diretti e indiretti a tutti gli aventi diritto.” Nei prossimi giorni la diffida verrà replicata negli altri comuni snaturati da Enel.

La parte dedicata al carbone s'è conclusa elencando le illegalità scoperte in tema di accensione, limiti emissivi, scarico del carbone, mancata riduzione degli inquinanti. Argomenti che saranno oggetto di dettagliate e mirate denunce penali e arricchiranno anche il fascicolo della petizione popolare al Parlamento Europeo che sta andando avanti.

La seconda parte del convegno, dedicata all'autostrada, ha presentato la devastazione di un altro pezzo di Bella Italia, causata da un inutile nastro d'asfalto ad alta velocità, che se realizzato degraderebbe la fertile Maremma da Capalbio a Tarquinia. Ad una prima analisi, sembrava che nel tratto toscano venisse compromessa una maggiore estensione di territorio e attività agricole rispetto al tratto laziale, con un apparente minor impatto rispetto ai territori di Tarquinia e Montalto. Ma per le popolazioni laziali è come la consolazione della mamma che in guerra ha perso solo un figlio invece di due. Subito però s'è capito la disparità di trattamento verrà colmata per dare anche a Tarquinia il secondo figlio morto in guerra. Ed ecco l'atto criminale di collocare nel centro abitato di Tarquinia, un'autostrada larga 25 metri più le scarpate, progettata per velocità di 140 km/h, con flussi di traffico – auto e TIR – aumentato dagli attuali 18.000 fino a 45.000 al giorno. Una roba mai vista. Anche in questo caso dobbiamo ringraziare Marrazzo e Mazzola che invece di rispedire al ministro Matteoli una simile porcata, lo sostengono dicendo la bugia che si tratta di un tracciato imposto dal governo. Anche Matteoli dice bugie per sostenere l'autostrada, come quella che la vorrebbe l'Europa: falso!. I Tarquiniesi da sempre hanno detto sì alla messa in sicurezza dell'Aurelia, quella che non vuole la SAT ma che l'ANAS ha realizzato in pochi mesi nel tratto Montalto-Tarquinia. Rapidamente, salvando molte vite umane e poco costosa: purtroppo questi sono tutti difetti per chi governa.

I comitati che avversano il progetto dell’autostrada si trovano uniti nel ritenere che è un opera inutile e costosa che sacrificherà molte cose a noi care per un mostro di cemento.

Per le famiglie di questo territorio la sottrazione di terra, la mortificazione delle aziende agricole sottraendo l’unica fonte di reddito è come fargli perdere il posto di lavoro. Ma per i ladri di futuro queste cose valgono poco e possono essere calpestate. Il fronte del no è compatto e forte di avere dalla propria, la ragione di tutelare il territorio, contro le speculazioni di uno sviluppo legato solo alla filiera del cemento.

I comitati, anche grazie all’appoggio di personalità storicamente a difesa della Maremma, come Nicola Caracciolo e Gianni Mattioli, apriranno la strada ad una battaglia legale e di resistenza non violenta, contro l’autostrada, per la sopravvivenza di questa terra meravigliosa, LA MAREMMA.

Il convegno si è chiuso con il rilancio del prossimo appuntamento di Informiamoci, sul tema dei rifiuti, sempre piu attuale, anche per colpa delle notizie apparse sui giornali, sull’ipotesi di utilizzare TVN come inceneritore, portando da queste parti rifiuti romani e forse anche campani. Far scivolare i problemi nell'emergenza è un trucco ormai noto, è un trabocchetto in cui non cadremo.

Comitato cittadini liberi

www.cittadiniliberi.blogspot.com

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Esposto: Le operazioni di scarico del carbone a Civitavecchia sono effettuate in violazione della legge

Comunicato ai media
Esposto-denuncia deposittato in Procura dal Movimento No Coke Alto Lazio: le operazioni di scarico del carbone a TVN violano la legge(vedi anche qui)

[...]
- con decreto n.55/02/2003 del 24/12/03, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16/1/2004 il Ministero delle Attività Produttive ha autorizzato l’Enel Produzione S.p.a. ai sensi dell’art. 1 del D.L. 7/2/2002 n.7, convertito con modificazione nella legge n.55 del 9/4/2002, alla conversione a carbone della Centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord di Civitavecchia, per n.3 sezioni della potenza elettrica complessiva di 1980 MW (allegato n.1);

- tra le prescrizioni riportate nell’allegato 2 sono indicate quelle della Regione Lazio ed in particolare quella di cui al punto 8 “adozione di sistemi che impediscono la diffusione delle polveri di carbone nelle fasi di approvvigionamento, manutenzione e stoccaggio;

- nella relazione istruttoria della Commissione per la valutazione dell’impatto ambientale (VIA) è previsto a pag. 16 che il carbone venga prelevato dalle stive delle navi mediante 2 scaricatori da 2000 t/ora ciascuno e venga trasferito attraverso una tramoggia sui nastri trasportatori chiusi completamente e automatizzati per finire nei carbonili completamente chiusi; a pag. 36 viene ribadito che le apparecchiature che verranno utilizzate per la movimentazione del carbone e delle ceneri saranno dotate di accorgimenti tecnici tali da evitare gli spargimenti di polveri nell’ambiente esterno (allegato n.2)

CONSIDERATO

che ai primi di novembre 2008 l’ENEL ha provveduto al primo approvvigionamento di carbone che è stato scaricato e movimentato dalle navi alla centrale senza rispettare le prescrizioni sopra indicate, bensì trasferito, nella quantità di circa 8000 tonnellate, dalle stive della nave su autocarri, i quali utilizzando la viabilità interna della centrale hanno scaricato il combustibile all’interno del carbonile;

- che dalle notizie apparse sulla stampa (v. Il Messaggero – Civitavecchia pag. 33) del 17/1/09 risulta che la medesima operazione è stata effettuata per cinque volte e che è previsto l’arrivo di una nave da 60 mila tonnellate (allegato n.3).
CONSIDERATO ALTRESÌ

- che secondo quanto dichiarato dall'ENEL e riportato dal decreto VIA 680/2003, pag.24: “il traffico di olio combustibile pari a circa 40 navi /anno da 50.000 DWT e 20 navi/anno da 100.000 DWT sarebbe sostituito da un traffico di carbone per 35 navi/anno da 130.000 DWT”... omissis... A fronte di un incremento del numero delle navi, si avrà una riduzione (-25) del numero di navi destinate all’esercizio delle centrali che verranno manovrate con rimorchiatori nel bacino di evoluzione;”

- che il cosiddetto “bacino di evoluzione” necessario alle manovre di accosto delle navi destinate alle banchine ENEL e alla darsena energetico-grandi masse è opera ricompresa nei lavori della darsena energetico-grandi masse autorizzati con decreto VIA 455/2002;

- che le dimensioni delle navi previste richiedono per il bacino di evoluzione, del diametro di 450 mt., che i fondali siano dragati fino al raggiungimento della profondità di –18 slm;

- che i dragaggi relativi alla darsena grandi masse, e quindi al bacino di evoluzione, non hanno ancora avuto inizio;

- che rispetto alle autorizzazioni, in particolare il decreto VIA 680/2003, e a quanto disposto dal TAR Lazio, sez. I ter, con sentenza n. 4731 del 16 giugno 2006 (allegato n.4), l'ENEL non poteva e non può, nell’ambito delle opere a mare connesse alla riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord, realizzare dragaggi eccedenti il limite autorizzato di 1.227.000 mc “quand’anche relativi a dragaggi previsti dal progetto Darsena Energetico Grandi Masse”;

-che per evidenti ragioni di sicurezza deve escludersi che prima del completamento dei lavori di dragaggio del bacino di evoluzione possano utilizzarsi per l'approvvigionamento della centrale le carboniere di tipo Capesize da 130.000 DWT indicate dall’ENEL in sede di VIA;

-che anche con l'utilizzo di navi carboniere di tipo Panamax da 60.000 tonnellate, come quella annunciata, con pescaggio superiore ai 12 mt, potrebbero, in assenza dei dragaggi previsti per il bacino di evoluzione, presentarsi analoghi problemi di sicurezza;

- che l'impossibilità di utilizzare le carboniere da 130.000 DWT e il conseguente ricorso a navi di stazza minore vanificherebbe, in ogni caso, la citata previsione, riportata nel decreto VIA 680/2003, relativa alla “riduzione (-25) del numero di navi destinate all'esercizio delle centrali” con conseguente aumento delle emissioni in atmosfera collegate al traffico navale;

I sottoscritti
VOLGONO ISTANZA

al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia di verificare se nei fatti esposti ricorrono ipotesi di reato ed in caso affermativo procedere nei confronti dei responsabili anche con provvedimenti di natura cautelare a tutela della salute della popolazione e dell’ambiente e per ripristinare la legalità eventualmente violata.

Chiedono di essere avvertiti di eventuali richieste di archiviazione per esperire i rimedi consentiti dal codice di procedura penale.

Movimento No Coke Alto Lazio

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"Registro tumori: risposte e appello a tutta la società civile"

Comunicato
Il Coordinamento Nazionale dei Medici per l’Ambiente e la Salute (Lazio) e la Società Internazionale dei Medici per l’Ambiente (Civitavecchia) comunica che, in relazione alla richiesta di istituire un registro dei tumori nel comprensorio di Civitavecchia (Allumiere, Tolfa, Tarquinia, Santa Marinella, Cerveteri, Ladispoli), a tutt’oggi abbiamo ricevuto solo le seguenti chiare risposte:



Il Sindaco di Cerveteri, Gino Ciogli, plaude e ringrazia i promotori della richiesta di istituzione del registro tumori. Propone al Sindaco di Civitavecchia, sottolineandone l’urgenza in considerazione degli dati allarmanti posti a corredo della domanda, di convocare la Conferenza dei Sindaci ponendo all’OdG tale richiesta al fine di raccogliere il consenso dell’assemblea;

il Presidente dell’Ordine dei Medici di Roma e Provincia, Prof. Mario Falconi, esprime la necessità della istituzione di un registro dei tumori nell’interesse primario della tutela della salute dei cittadini;

il Direttore Generale della ASL RMF, Prof. Marco Biagini, dichiara la piena e pronta disponibilità a collaborare con il Dipartimento di Epidemiologia della ASL RM E, struttura indicata dall’Assessorato della Sanità della regione Lazio come competente a realizzare un sistema di sorveglianza epidemiologica attraverso sistemi informativi correnti ed a progettare e condurre studi ad hoc, anche attraverso monitoraggi biologici. La Regione indica che per il finanziamento di tale struttura DEVONO essere utilizzati i fondi disponibili per il programma dell’Osservatorio Ambientale di Civitavecchia.

Il Sindaco Moscherini, dal quale non abbiamo incredibilmente ricevuto alcuna risposta, DEVE mettere a disposizione le risorse economiche dell’Osservatorio Ambientale affinché possa essere intrapreso il censimento del cancro nel nostro territorio nell’interesse primario della salute della popolazione.

In Italia i tumori dell’infanzia hanno un incidenza che è il doppio di quella degli altri paesi europei ed una delle cause principali è l’inquinamento.

giovanni ghirga

Coordinamento Nazionale dei Medici per l’Ambiente e la Salute (Lazio)

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26 gennaio 2009

Seconda edizione di "Informiamoci"

Seconda edizione dell'evento "Informiamoci"
Giovedì 29 gennaio 2009
Tarquinia - Sala Sacchetti, via dell’Archetto

Programma della giornata:


ore 16,00
Cambiamenti climatici, catastrofismo e realtà.
Una “crisi” che il mondo scientifico continua a registrare.
Ormai è tempo di agire.
Raniero Maggini, presidente del WWF Lazio.

ore 16,25
L’Accordo-Quadro tra Regione, province e sin-
daci del comprensorio, ed ENEL S.p.A.
Vi diciamo ciò che i firmatari non vogliono farvi sapere.
Alessandro Manuedda, consigliere del Comune di Civitavecchia
Simona Ricotti, Forum ambientalista.

ore 16,50
Monitoraggi: perché non fidarsi.
La farsa dei controlli e dell’osservatorio ambientale.
Relazione di Ernesto Cesarini.
Un po’ di “musica e parole” con Gabriele Ripa

ore 17,15
Buon Viaggio (addio) ENEL.
Continua l’informazione
sul cambio del gestore di energia elettrica.

Ore 17,25
Accordo-Quadro.
Denuncia del “Comitato dei Cittadini
Liberi” contro il Sindaco di Tarquinia ed i consiglieri di mag-
gioranza.
Esposizione dell’avvocato Enrico Veneruso.

ore 17,45
Le industrie energetiche tra sviluppo e servitù.
Ce ne parla Mario De Giudici

Pausa e piccolo buffet

ore 18,25
Il corridoio Tirrenico.
Un tradimento verso i cittadini
e il territorio. Storia di una lotta contro un’inutile e dan-
nosa infrastruttura.
Valentino Podestà, architetto urbanista, Rete
dei Comitati per la Difesa del Territorio e Comitato Terra di Ma-
remma.

ore 18,40
Autostrada: non solo una presenza ingombrante.
Informazioni sulla relazione tra inquinamento e danno eco-
nomico per le aziende agricole interessate.
Un po’ di “musica e parole” con Gabriele Ripa

ore 19,00
Autostrada.
Il suo impatto distruttivo sul territorio ri-
chiede una grande mobilitazione.
Relazione del coordinatore
del “Comitato Amici della Maremma” di recente costituzione.

ore 19,15
Dibattito e conclusioni.

ore 19,59
Il gioco dell’uva.


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Comitato dei cittadini liberi: la verità sull'Autostrada

Comunicato, riceviamo e pubblichiamo:
Autostrada: il sindaco di Tarquinia dichiara che l'autostrada è un'imposizione governativa ma i fatti non stanno così.

L'onestà intellettuale e l'assunzione di responsabilità sono doti che distinguono il buon amministratore dal ciarlatano. Il ciarlatano rozzamente oppone la sua ignoranza alle ragioni della verità, espressa da quanti sono liberi dai condizionamenti del potere. Il ciarlatano maschera la sua codardia con frasi scomposte e assalti d'ira insensata; privo di coraggio e protetto da compagnucci della sua risma, non difende più la popolazione e la sua terra da chi la violenta. Laddove trova resistenza minaccia ritorsioni. Chiedetevi se questo profilo calza con la vostra personale esperienza e se, scevri da pregiudizi, vi riconoscete qualcuno, spendete un po' della vostra energia e del vostro tempo per impedire ulteriori danni.



È vero che la striscia d'asfalto, inutile e costosa, è nei piani del Governo Berlusconi ed è vero che il Ministro Matteoli, pubblicamente e con sfrontata arroganza, ha ammesso di contrastare l'adeguamento dell'Aurelia che se realizzato impedirebbe la costruzione dell'arteria privata.

È vero anche che la legge detta "legge obiettivo" scavalca i comuni e permette al governo centrale di approvare e cantierare l'autostrada dopo l'accordo ma solo con il consenso delle regioni interessate.

La Regione Lazio, ha sempre, bocciato l'ipotesi dell'autostrada e approvato, con il consenso delle popolazioni, la messa in sicurezza dell'Aurelia, una soluzione definitiva che aveva fermato tutte le manifestazioni popolari sull'autostrada.

Pertanto è grande anche la colpa del Presidente della Regione Lazio, in primis quella di aver tradito, ancora una volta il territorio, senza vergogna.

Comunque, senza le delibere di sostegno al brutto progetto autostradale, votate dai consigli comunali di Tarquinia e Montalto, l'ex paladino dei deboli "Marrazzo" si sarebbe ben guardato dall'assentire ad un'opera da sempre rifiutata dalla Regione che, ancora, presiede.

Per bloccare la nuova autostrada sta crescendo il movimento che si oppone allo scempio della Maremma. Il Sindaco di Tarquinia tenta di nascondere la colpa, condivisa con il Consiglio Comunale, di aver detto sì danneggiando fortemente il nostro territorio. La delibera sblocca-autostrada votata dal Consiglio Comunale di Tarquinia calpesta la storia contraria scritta da generazioni di Tarquiniesi che invece, con senso di responsabilità, da sempre sostengono l'adeguamento dell'Aurelia. Il giorno 29 gennaio presso la sala Sacchetti della STAS, dalle Ore 16.00 Alle 20.00, verranno illustrate le iniziative in atto per fermare l'autostrada che fa scempio della nostra bella terra; autostrada costosissima, inutile e antieconomica; autostrada già rifiutata dall'Europa.

Comitato dei Cittadini Liberi

comitatocittadiniliberi@yahoo.it
www.cittadiniliberi.blogspot.com

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Pestididi che trasformano le piante in killer di api

Una testimonianza shock della "superficialità con cui sono state concesse le autorizzazioni" per l'utilizzo di questo tipo di pesticidi. Come viene spiegato nel breve video visibile a questo indirizzo, i pesticidi neonicotinoidi uccidono un'ape nel giro di due minuti. E per ucciderla è sufficiente che l'insetto assuma l'acqua essudata dalla pianta che ha ricevuto il trattamento. Questo spiegherebbe in gran parte la morte del 40% delle api avvenuto negli ultimi due anni.

Chi e come ci tutela da tutto questo? Per noi che ormai conosciamo le dinamiche della politica e le conseguenze dell'ignoranza civica e del malcostume italiano, purtroppo, non c'è alcuna sorpresa.

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23 gennaio 2009

A Civitavecchia si brucia già carbone. Ma senza autorizzazioni.

CIVITAVECCHIA:TVN DAL 22 DICEMBRE BRUCIA CARBONE SPORCO.

MA E' SENZA AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE, (AIA) SCADUTA IL 24 DICEMBRE: PREANNUNCIATE DENUNCE E PRESENTATE OSSERVAZIONI PER UN ALTRO PROCEDIMENTO


Il Forum Ambientalista, il Movimento No Coke Alto Lazio, i Consiglieri Comunali Alessandro MANUEDDA (Civitavecchia), Carlo AMICI (Allumiere), Marco TOSONI (Tarquinia), Giovanni DANI e Paola ROCCHI (S. Marinella) oltre al Delegato all'Ambiente del Comune di Ladispoli, Alessandro PUTERO, hanno presentato osservazioni e rilievi sul riesame dell'Autorizzazione Unica n. 55/02/2003 relativa alla centrale di TVN di Civitavecchia.
Nel presentare le osservazioni hanno fatto presente che il procedimento di riesame in itinere è da ritenersi superato dagli eventi, in quanto non assolve all'obbligo normativo di avviare il prescritto procedimento di rinnovo dell'AIA compresa nell'autorizzazione unica n. 55/02/2003 che, essendo stata rilasciata in data 24 dicembre 2003, ai sensi dell'art. 9, comma 1, del D.Lgs. 59/05, risulta scaduta a far data dal 25 dicembre 2008, ed hanno assunto impegno a denunciare tale situazione ai competenti organi giudiziari. Nelle osservazioni si sottolinea come il riesame dovrebbe costituire occasione per sanare le evidenti carenze che rendono l'autorizzazione della centrale non coerente e pienamente garante di quanto stabilito nelle normative europee, come recepite dalla legislazione nazionale. In particolare sono stati posti in evidenza una serie di inquinanti che non sono stati presi in considerazione o per i quali sono stati stabiliti valori non congruenti e/o superiori con quanto stabilito nella normativa vigente; la necessità, al fine di garantire sia la ratio, ovvero la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, sia il dettato del D.Lgs 59/2005, che venga inserito nel decreto autorizzativo l'obbligo della comunicazione in tempo reale, agli enti di competenza, di ogni guasto che si venisse a verificare nell'area del sito di Torrevaldaliga Nord - tempo che l'ENEL, invece, vorrebbe quantificato in otto ore - e puntuali prescrizioni per le fasi diverse dal normale esercizio, nelle quali sono comprese quelle di avvio e di arresto dell'impianto e, naturalmente, al contrario di quanto sostenuto dall'Enel e Ministero dello Sviluppo Economico, anche le fasi di collaudo.

Inoltre è stato ribadito che, in dei limiti di emissioni degli ossidi di zolfo e delle polveri, tenuto conto che fase di riesame, debba venire trasformato in obbligo l'impegno, assunto dall'Enel nell'ottobre 2007, relativo alla riduzione del 30% tale aspetto è stato individuato dallo stesso Ministero dello Sviluppo Economico come "utilizzo delle migliori tecnologie disponibili".
Particolare rilevo è stato dato a come la messa in esercizio a carbone a far data dal 22/12/2008, comunicata da ENEL con nota 0046690 del 4/12/2008, si prefiguri, di fatto, come la messa in esercizio di un impianto la cui Autorizzazione all'esercizio risulta carente di misure e limiti obbligatoriamente previsti dalla normativa vigente, come d'altronde la decisione di sottoporre a riesame il decreto autorizzativo ha posto in innegabile evidenza.
Gli scriventi hanno concluso ricordando che, come rappresentato dallo stesso Ministero dell´Ambiente, nell'ambito nella Conferenza dei Servizi svoltasi il 18/03/2008 presso il Ministero dello Sviluppo Economico:

"Stante il perdurare del quadro sopra delineato, rimane elevato il rischio di esposizione a possibili procedure di infrazione a livello comunitario e della impugnazione diretta dell'autorizzazione medesima dinanzi la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, da parte di qualunque cittadino dopo la messa in esercizio dell'impianto".
Ricorso a cui gli stessi si sono riservati di dare corso in tutte le sedi competenti, giudiziarie ed amministrative, nazionali ed europee, qualora perdurassero le evidenti carenze autorizzative e procedurali sopra descritte.

Vedi il testo completo contenente le Osservazioni

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18 gennaio 2009

Contro i vergognosi CIP-6: ROMA 24 GENNAIO, NAPOLI 18-21 FEBBRAIO

Comunicato
AMBIENTEFUTURO NEWS, 15 GENNAIO 09: CONFERENZA STAMPA A ROMA DI LANCIO DELLA VERTENZA CONTRO I CIP 6. PRONTO L’INCONTRO MONDIALE DI NAPOLI.
Il 24 gennaio, ore 11, presso il Palazzo Valentini in piazza Venezia ( sede della Provincia di Roma) nella “sala della Pace” il direttivo dell’ASSOCIAZIONE “DIRITTO AL FUTURO” con la presenza del professor PAUL CONNETT e dei propri legali presenterà alla stampa le ragioni e le modalità operative della vertenza nazionale contro la “truffa” dei sussidi all’incenerimento.


A seguire si svolgerà una riunione aperta del direttivo per definire gli ultimi dettagli relativi alle iniziative pubbliche di raccolta delle richieste di rimborso della quota indebitamente sottratta ai cittadini-utenti per finanziare inceneritori e petrolieri. Ricordiamo che tutti coloro che sono interessati a questo “passaggio cruciale” e vogliono collaborare possono contattare la “sede operativa” inviando una mail a ambientefuturo@interfree.it . Per maggiori dettagli è possibile telefonare ( nel pomeriggio) a 0583331070 oppure al numero del presidente dell’Associazione 338/2866215 che ricordiamo è sostenuta dalla Rete Nazionale Rifiuti Zero.

…EPPOI NAPOLI E IL “DIALOGO INTERNAZIONALE” PROMOSSO DALLA ZERO WASTE INTERNATIONAL ALLIANCE ( con la partecipazione di GAIA international).

Da tutto il mondo sta crescendo il numero di adesioni e di registrazioni a questo meeting che già vede esperti ed attivisti provenienti da paesi extraeuropei ed europei confermare le loro presenze ( in particolare da Filippine, Tailandia, India, USA, Nigeria, Emirati Arabi, Fiandre, Belgio, Catalogna e Spagna, Regno Unito, Bulgaria ecc). Ma saranno le realtà italiane e soprattutto le realtà campane a “segnare” l’importanza di questo evento ponendovi al centro le RAGIONI VERE DEL “DISASTRO DI NAPOLI”, “illuminandole” con dettagliate proposte alternative elaborate con il prezioso supporto degli esperti che a Napoli convergeranno. Nel frattempo IL COMUNE DI CAPANNORI ( che è stato il primo Comune italiano ad aderire alla strategia Rifiuti Zero) la Rete Nazionale Rifiuti Zero e l’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEI “COMUNI VIRTUOSI” hanno lanciato un appello a TUTTI I COMUNI ITALIANI AFFINCHE’ COLGANO L’OPPORTUNITA’ DI PARTECIPARE ALL’INCONTRO. Dal programma ( in visione su www.ambientefuturo.org dove è possibile registrarsi on line) emerge l’obiettivo di LANCIARE LA STRATEGIA RIFIUTI ZERO IN EUROPA ( SCEGLIENDO NAPOLI QUALE “BANCO DI PROVA”) e di elaborare i “principi fondanti dello ZERO WASTE : NO ALL’INCENERIMENTO dei rifiuti, si’ alla loro riduzione, si’ al RIUSO E AL MASSIMO SVILUPPO DELLE RACCOLTE DIFFERENZIATE ASSUMENDO LE “BUONE PRATICHE” DEL PORTA A PORTA e del trattamento meccanico biologico del “residuo” accompagnato da uno sforzo di riprogettazione industriale di beni e merci che non sono riciclabili/compostabili.

Per scaricare il “flyer” e prendere visione del programma che per quanto riguarda l’agenda definitiva richiederà ancora qualche giorno vedi www.ambientefuturo.org

ECCO L’ITINERARIO DEL TOUR DI PAUL CONNETT

Dal 22 gennaio al 3 febbraio compreso il professore sarà ancora una volta a disposizione ( gratuita) di Comitati ed Associazioni . Questo il programma: 23 gennaio LUCCA, 24 ROMA, prima per la conferenza stampa ( vedi sopra) poi per una conferenza a FRASCATI; 26 all’università, il 28 all’università di PALERMO, il 29 a GENOVA ( per un incontro con la Commissione Ambiente della Provincia, poi il 30 ancora a GENOVA per una conferenza pubblica contro la discarica di Scarpino in cui verrà presentata anche la vertenza contro i cip6; il 31 sarà a BRESCIA e il 3 febbraio a CUNEO. Non è escluso ( viste le numerose richieste pervenuteci da SAVONA, PORTOGRUARO, da CANOSA e dall’ABRUZZO) che compatibilmente con la fattibilità degli spostamenti possano essere concordati altri appuntamenti.

Rossano Ercolini, Fabio Lucchesi, Pier Felice Ferri

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Legambiente sull' inquinamento industriale nel Lazio

civonline.it dedica un articolo alla comunicazione di Legambiente sull'inquinamento industriale nel Lazio. Da notare che sulla già gravissima situazione incombe il mostro della costruenda Torrevaldaliga Nord, con in più la psospettiva del mega-inceneritore che si staglia sul nero orizzonte.

"Alto il livello dell'inquinamento derivante dai maggiori 18 impianti industriali della Regione Lazio: ben 62 su 72 valori dichiarati per gli inquinanti locali, ovvero circa l'86%, risultano essere al di sopra della soglia fissata dalle normative. Benzene, ossidi di azoto, ossidi di zolfo e cloro, ma anche molti metalli pesanti, come cadmio, arsenico, cromo e nichel riempiono l'aria e le acque di diversi punti del Lazio. Agli inquinanti 'classici', che il traffico riversa nelle nostre città, vanno aggiunte queste sostanze chimiche, tossiche e in alcuni casi cancerogene, emesse da fonti industriali, come risulta dal Registro nazionale Ines (Inventario nazionale delle emissioni e delle loro sorgenti) tenuto dall'Ispra, relativo al 2006. E' a questo inquinamento che Legambiente dedica quest'anno il lancio di Mal'Aria, la storica campagna delle lenzuola bianche annerite per dire con forza no allo smog, presentando 'Mal'Aria industriale', il nuovo libro bianco sull'inquinamento atmosferico da attività produttive, con diverse iniziative". Lo comunica, in una nota, Legambiente Lazio. "Da cementerie a centrali termoelettriche, da cartiere a discariche, da raffinerie a industrie chimiche - prosegue il comunicato - sono tante e diversificate le fonti di emissione industriale anche nel Lazio. Tra le aree più compromesse dal punto di vista ambientale sicuramente il polo energetico settentrionale di Montalto di Castro e Civitavecchia, nonché la raffineria di Roma situata nell'area di Malagrotta e la cementeria localizzata nell'area di Guidonia". "Per tutelare la salute dei cittadini, oltre che sullo smog da traffico, bisogna intervenire per ridurre le emissioni delle industrie, il dramma della Valle del Sacco ne è la dimostrazione chiara - ha dichiarato Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio - Nel Lazio questo obiettivo è praticabile, serve un rinnovato impegno delle istituzioni ma è soprattutto il sistema industriale che, proprio in questo momento di crisi economica, deve scommettere su prodotti più innovativi, con meccanismi di produzione più efficienti e meno inquinanti, rafforzando qualità, capacità competitiva, sicurezza. In particolare nelle aree di Malagrotta, Civitavecchia-Montalto, Guidonia e nella Valle del Sacco dalla Regione Lazio attendiamo risposte forti sul monitoraggio in continuo delle emissioni, con dati validati da parte dell'Arpa Lazio, con interventi di riduzione e risanamento della qualità dell'aria, utilizzando anche di concerto con le Province la fase di rinnovo delle autorizzazioni ambientali per rinnovare gli impianti, con l'obiettivo di alleggerire gli impatti ambientali delle industrie". "Analizzando alcuni casi - continua il comunicato - la nostra attenzione si è concentrata in particolare su alcune aree. La prima, quella di Malagrotta nella Capitale, dove si concentrano non solo la più grande discarica d'Europa ma anche il nuovo gassificatore, la raffineria di Roma e numerose cave. Nell'area di Guidonia trovano invece sede non solo la cementeria, ma anche la discarica dell'Inviolata e altre cave, ed inoltre, a pochi chilometri, nella zona di Case Rosse, un inceneritore per catalizzatori. Da ultimo, la zona della Valle del Fiume Sacco, tra Roma e Frosinone, dove proprio in questi giorni sono stati resi noti i nuovi drammatici dati sulla salute dei cittadini a seguito dell'emergenza ambientale e sanitaria che si scatenò nel 2005". "I dati epidemiologici nella Valle del Sacco sono gravi ed inquietanti, oltre al previsto costante monitoraggio della salute dei cittadini, chiediamo di verificare nuovamente che nessun pezzo della catena alimentare sia oggi in alcun modo inquinato, ma anche di accelerare il lavoro di bonifica - ha dichiarato Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio -. Sul fronte regionale preoccupano i dati sul benzene a Malagrotta, ma anche i più tradizionali ossidi di azoto a Montalto di Castro e ossidi di zolfo a Civitavecchia e di nuovo a Montalto e Malagrotta, mentre nel polo energetico a nord del Lazio è seria anche la situazione per diversi metalli pesanti. Bisogna intervenire con più controlli e iniziative per ridurre le emissioni tenendo anche conto di impianti più piccoli ma non meno importanti come inceneritore per catalizzatori lungo la Via Tiburtina a Roma, dove abbiamo già richiesto alla Provincia di Roma di negare nella situazione attuale il rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia)". "Il quadro regionale - si legge nel comunicato - presenta dunque diversi aspetti su cui intervenire, sia per le emissioni atmosferiche che per quelle in acqua. Entrando nello specifico, relativamente alle prime per il benzene è la raffineria di Roma ad emettere 4.735 kg/anno, rispetto al ben più basso valore soglia di 1.000 kg/a. Preoccupano inoltre i "tradizionali" ossidi di azoto (NOx), che in 13 su 16 casi risultano oltre il valore soglia di 100 tonnellate/anno (Mg/a), con la centrale termoelettrica di Montalto di Castro (Vt) che fa registrare 2.815 t/a. Per gli ossidi di zolfo (SOx) la situazione non è migliore, con il valore soglia di 150 t/a ben superato, ancora, dalla centrale termoelettrica di Montalto di Castro (Vt) con 7.920 t/a e dalla raffineria di Roma con 2.053 t/a, nonché dalla centrale termoelettrica Torre Valdaliga Sud di Civitavecchia (Rm) con 1.283 t/a. Molto seria la situazione delle emissioni in atmosfera di diversi metalli e loro composti, per cui si fanno di nuovo distinguere le due suddette centrali. L'impianto di Torre Valdaliga Sud di Civitavecchia supera il valore soglia del Cadmio, con 23,1 kg/a (soglia 10 kg/a), del Cromo, in ben due punti, con 322 kg/a e 165 kg/a (soglia 100 kg/a) e del Nichel, ancora in due punti, con 325 kg/a e 149 kg/a (soglia 50 kg/a). L'impianto di Montalto di Castro supera molto invece il valore soglia per il Nichel con 437 kg/a (soglia 50 kg/a). Anche per le emissioni nelle acque emergono dati preoccupanti sul fronte dei metalli e loro composti, rispetto ad Arsenico, Cadmio, Cromo, Nichel, Rame e Zinco. Sul fronte degli altri inquinanti, si fanno distinguere altri composti organici BTEX, 'carbonio organico totale', fenoli fosforo e azoto"

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Civitavecchia ricettacolo di scienziati e benefattori

Comunicato
Il salvifico messaggio che il “benvenuto scienziato” Benvenuti Piergiorgio invia dalla Capitale al popolo civitavecchiese, inquinato e autolesionista, s'incentra nel medioevale "cupio dissolvi" (desidero annientarmi) motto dei mistici religiosi votati alla esaltazione spirituale divinizzante e nullificante.

Dalla Sua mente illuminata (non per nulla è Presidente di un superscientifico movimento ecologista europeo!) diffonde una verità accecante: "Invece del carbone pulito (che ora è diventato troppo costoso) bruciate nel fuoco del terzo gruppo di TVN il cdr di qualità ( …di qualità! di qualità ! - canta il nuovo Barbiere di Siviglia)... e avrete la vita eterna! E continua: "Col modico investimento di trenta milioni di euro, mamma l'Enel vi farà omaggio di un impianto specifico, a fianco di uno dei tre gruppi di TVN”. E, così, il gioco è fatto; il miracolo si compie: meno inquinamento e più risparmio!

Ma perché il Cielo ci aveva privato fino ad ora di un tal genio della tecnologia biocompatibile? Perché la buona novella, che sgorga dal mellifluo labbro dell'ineffabile Benvenuti, ci è stata per così lungo tempo nascosta? Però dobbiamo riconoscere che, contro tutte le illazioni malevole, avevamo un profeta in patria nella persona multiforme di Alvaro Balloni che, corifeo del guru Di Pietro, onusto di "valori " ...ora un pò svalutati ...dicono le cronache giudiziarie..., da tempo caldeggia l'incenerimento dei RSU tramite termo “valorizzazione” in uno dei gruppi di TVN. Eppure Il Nostro sa che la Provincia di Roma tiene in caldo, da tempo, ottocentomilioni di euro (così dicono i bene informati) per la raccolta differenziata! ...Egli sa che il Suo Di Pietro caldeggiò un intervento dell'UE contro la conversione a carbone di TVN, salvo poi dimenticarsene quando era il "sodale" del tetragono Ministro Bersani, famigerato e integerrimo fautore del carbone pulito! Per fortuna, anche i lattanti sanno che, con la raccolta differenziata, le quasi trentamila tonnellate di RSU tal quali (prodotte da Civitavecchia) si ridurrebbero a meno di diecimila tonnellate annue, che potrebbero essere conferite in discarica "protetta" e minimamente inquinante. A noi sembra chiaro che le false filosofie del carbone "pulito" e del cdr "di qualità" nascondano il vecchio gioco delle tre carte: illudere l'opinione pubblica con "false comunicazioni sociali" dipingendo le Istituzioni a valenza economicistica come Enti di beneficienza unicamente preoccupate di fornirci energia pulita, a basso costo e ad inquinamento zero. Sappiano, i nostri innumerevoli benefattori, che i nostri cervelli non sono ancora inquinati a tal punto da non comprendere che i falsi ecologisti (nostrani ed europeisti) possono svendere la loro anima al migliore offerente ma non riusciranno a svendere le nostre vite e il nostro territorio per cinici e obbrobriosi "calcoli di bottega".

Il coordinamento dei medici e dei farmacisti di Civitavecchia 17/01/2009

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14 gennaio 2009

"EFFETTI SULLA SALUTE ASSOCIATI ALLA RESIDENZA IN PROSSIMITA’ DEGLI INCENERITORI"

"PERCHE' IL CORO DI NO ALL'INCENERITORE : "DOPO 20 ANNI POTREBBERO ESSERE STATI SPESI 160 MILIONI DI EURO PER DANNI ALLA SALUTE ED ALL'AMBIENTE"

Biggeri et al. 1996, Trieste:

INCREMENTO DEL RISCHIO DI CANCRO POLMONARE

Michelozzi et al. 1998, Roma:

INCREMENTO DELLA MORTALITÀ PER ALCUNE CAUSE E RIDUZIONE DELLA SEX – RATIO ALLA NASCITA

Chellini et al. 2002, Prato:

INCREMENTO DEL RISCHIO DI CANCRO POLMONARE

Comba et al. 2003, Mantova:

INCREMENTO DEL RISCHIO DI SARCOMA DEI TESSUTI MOLLI

Biggeri e Catelan 2005, Campi Bisenzio (FI):

INCREMENTO DEI LINFOMI NON HODGKIN

Biggeri e Catelan 2006, 17 Aree della Toscana con inceneritori:

INCREMENTO DEI LINFOMI NON HODGKIN

Bianchi e Minichilli 2006, 25 comuni italiani con inceneritori:

INCREMENTO DEI LINFOMI NON HODGKIN

Tessari et al. 2006, Venezia:

INCREMENTO DEL RISCHIO DI SARCOMA DEI TESSUTI MOLLI NELLE DONNE

Ranzi et al. 2006, Forlì:

INCREMENTO DI MORTALITÀ NELLE DONNE PER TUTTE LE CAUSE, TUMORE DEL COLON E DELLA MAMMELLA, PER DIABETE E MALATTIE CARDIOVASCOLARI

Zambonetal. 2007, ASL Prov. Venezia:

INCREMENTO DI RISCHIO DI SARCOMA IN ENTRAMBI I GENERI E DI TUMORI DEL COLON E DI ALTRI TESSUTI MOLLI NELLE SOLE DONNE

·AnnIstSSanità2004;40(1):101-115

2Ann Ist Sup Sanità 2004;40(1):101-115


Rabl, Spadaro e Zougnaib, ricercatori della famosa Ecole des Mines di Parigi, hanno recentemente pubblicato sulla nota rivista internazionale Waste Management & Research un articolo dal titolo “Environmental impacts and costs of solid waste: a comparison of landfill and incineration” (1).

Lo studio, effettuato da autori di particolare rilievo ed esperienza, ha cercato di determinare i costi per la società, in termini economici, per tonnellata di rifiuti smaltiti attraverso sia il loro incenerimento che lo smaltimento in discarica. I ricercatori per la loro valutazione del danno hanno utilizzato tutta l’esperienza racchiusa nei risultati del progetto ExterneE della Commissione Europea.

Nello studio è stato rilevato che, se si escludono le spese per la produzione di gas serra quali la CO2 (ExternE 19 € per tonnellata di gas), la CH4 e gli N2O, oltre il 95 % dei costi esterni è causato da danni alla salute, in particolare dalla mortalità.

Secondo i risultati della ricerca LA COMBUSTIONE DI UNA TONNELLATA DI RIFIUTI, IN TERMINI DI DANNI ALLA SALUTE ED ALL’AMBIENTE, ARRIVA A COSTARE 21.2 euro.

L’INCENERIMENTO ANNUO DI 400.000 TONNELLATE DI RIFIUTI POTREBBE COMPORTARE UNA SPESA PER I DANNI ALLA SALUTE ED ALL’AMBIENTE DI OLTRE 8.000.000 DI EURO. DOPO 20 ANNI DI ATTIVITÀ, I COSTI POTREBBERO ESSERE PARI A 160.000.000 DI EURO.

Inoltre, inquinanti quali metilmercurio, arsenico e piombo, anche in quantità ritenute non tossiche, sono responsabili di danni al sistema nervoso in via di sviluppo che si esprimono in patologie conclamate e sintomi sempre più diffusi quali la riduzione del quoziente intellettivo, disturbi dell’attenzione, fini turbe della coordinazione motoria e modificazioni del comportamento (aggressività) che hanno recentemente spinto alcuni ricercatori della Harvard School of Public Health a lanciare l’allarme circa una “Pandemia Silenziosa” che sta lentamente minando la salute e il futuro dei nostri figli [1]. E’ quasi superfluo sottolineare che a fronte di simili rischi, concernenti le generazioni future, qualsiasi valutazione di tipo energetico o economico dovrebbe passare in secondo piano.

1)Environmental impacts and costs of solid waste: a comparison of landfill and incineration Waste Management & Research, Vol. 26, No. 2, 147-162 (2008).

Giovanni Ghirga

Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute (Lazio)

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"Richiesta di istituzione di un Registro dei Tumori nella ASL RM F e nelle altre ASL del Lazio"

Al Sindaco di Civitavecchia

Al Sindaco di Santa Marinella

Al Sindaco di Allumiere

Al Sindaco di Tolfa

Al Sindaco di Cerveteri

Al Sindaco di Ladispoli

Al Direttore Generale della ASL RM F

Al Presidente della Giunta Regionale del Lazio

All’Assessore alla Sanità della Regione Lazio

Al Presidente della Provincia di Roma

Al Direttore Sanitario della Asl RMF

Al Presidente dell'Ordine dei Medici e dei Chirurghi di Roma

Al Dirigente del Dipartimento di Prevenzione - Servizio Igiene e Sanità Pubblica - ASL RMF

Ai Dirigenti dei Servizi di Oncologia - ASL RM F

e per conoscenza

Alla PROCURA della REPUBBLICA di CIVITAVECCHIA

Alla COMMISSIONE EUROPEA

Oggetto: richiesta di istituzione di un Registro dei Tumori nella ASL RM F e nelle altre ASL del Lazio

L'Associazione Italiana dei Medici per L'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Sezione Alto Lazio);

il Coordinamento dei Medici e dei Farmacisti del Comprensorio di Civitavecchia;

il Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute (Sezione Lazio):

chiedono che sia istituito un REGISTRO dei TUMORI nella Asl RM F e nelle altre ASL del Lazio.

Il registro dei tumori rappresenta uno strumento indispensabile per sorvegliare l'andamento della patologia oncologica nel nostro territorio e per meglio attuare strategie di prevenzione, studio e ricerca.

Il registro ha la funzione di ricevere, ricercare, codificare ed archiviare tutte le informazioni riguardanti i casi di neoplasia tra i residenti. Le informazioni includono il tipo di tumore diagnosticato, i dati anagrafici dei pazienti, le condizioni cliniche, i trattamenti terapeutici e l'evoluzione della malattia.

Questi dati sono essenziali per la ricerca sulle cause del cancro, per la valutazione dei trattamenti più efficaci, per la progettazione d’interventi di prevenzione e per la programmazione delle spese sanitarie.

L'importanza di legare la raccolta dei dati alla residenza sta nel fatto che in questo modo la casistica raccolta rifletterà la reale condizione del nostro territorio e permetterà di conoscere l'incidenza, la prevalenza, la sopravvivenza e la mortalità per neoplasie di anno in anno. Le informazioni ottenute potranno essere confrontate sia con quelle delle altre regioni italiane che con i dati internazionali.

L’Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio ha messo in evidenza nel Comprensorio di Civitavecchia un Aumento della Mortalità per CANCRO AL POLMONE, alla PLEURA ed un aumento dei casi di ASMA INFANTILE e di INSUFFICIENZA RENALE CRONICA (Epidemiologia & Prevenzione Anno 30 (4-5) Luglio – Ottobre 2006).

Tuttavia, i dati sui tumori raccolti esclusivamente in base alla mortalità, anche se molto significativi, potrebbero non essere sufficienti per valutare la vera incidenza del cancro in una data popolazione perché la mortalità per neoplasie tende a diminuire sia per l’attuale maggior possibilità di una diagnosi precoce che per le nuove terapie.

Con l’istituzione di un registro dei tumori verrebbe alla luce anche l’incidenza di neoplasie come il cancro della tiroide ed il carcinoma della pelle, raramente associate a mortalità.

La patologia tumorale purtroppo è in aumento, soprattutto in età pediatrica ed in aree industrializzate. Si rende quindi indispensabile ed urgente che sia istituito questo importante strumento di monitoraggio, al momento operativo nella nostra regione soltanto nella provincia di Latina (Ass. Reg. Tumori 2007).

L’importanza dell’istituzione dei registri dei tumori è stata recentemente confermata dalla Commissione Europea: Action against cancer: European platform Brainstorming workshop organised by DG SANCO on the European Platform on Cancer Luxembourg, 29 October 2008 --- Improving cancer control in the European Union: conclusions from the Lisbon roundtable under the Portuguese EU Presidency, 2007. EJC (44), 1457-1462 (http://www.acs.min-saude.pt/wp- content/uploads/2007/12/15h45robertozanettilisbonmeeting_new.pdf and Gouveia J. et al, 2008).

La necessità di istituire un registro dei tumori nel comprensorio di Civitavecchia è inoltre messa in evidenza dal contenuto dell’interrogazione parlamentare presentata dal Senatore Fernando Rossi - Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01105 Atto n. 3-01105 - Pubblicato il 5 dicembre 2007 - Seduta n. 261 - dove si afferma il costo in centinaia di milioni di euro per la mortalità e la morbilità potenzialmente causate dall’inquinamento provocato da nuove attività industriali.

Questa richiesta è stata già inoltrata alcuni anni fa anche ai più alti livelli istituzionali (Ministero del Salute, Min. Livia Turco) incredibilmente senza alcun risultato.

Certi della vostra attenzione ed in attesa di un sollecito riscontro, vogliano gradire distinti saluti.


Dr.ssa Antonella Litta
Dr. Giovanni Ghirga
Dr. Mauro Mocci
Dr. Paolo Giardi
Dr. Gian Pio Viti
Dr. Paolo Ghirga
Dr. ssa Donatella Palomba
Dr.ssa Di Giovanni Tiziana
Dr. Bonaventura Mocci
Dr. Sandro Bartolucci
Dr.ssa Patrizia Caccamo

Associazione Italiana dei Medici per L'ambiente (ISDE - International Society of Doctors for the Environment - Sezione Alto Lazio); Coordinamento dei Medici e dei Farmacisti del Comprensorio di Civitavecchia (CMFCC); Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute (CNCMAS - Sezione Lazio)

Civitavecchia, 8 gennaio 2008

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"Lettera ai distratti e agli increduli"

A coloro che ancora non abbiano ben compreso quale sarà lo scenario di Civitavecchia e del suo comprensorio dopo l’entrata in funzione a pieno regime della centrale a “carbone pulito” di TVN, l’Enel produzione ha fornito un esempio esplicito alcuni giorni orsono.

Domenica 11 gennaio infatti, con in funzione uno solo dei tre gruppi operativi, fuoriusciva nell’atmosfera un fumo denso e nerastro che in poche ore ha formato una cappa marrone sopra la città ben visibile soprattutto dalle colline in modo particolare nel pomeriggio. A noi, che da anni ci battiamo per il diritto alla salute e in difesa di un ambiente vivibile, viene in mente la frase trionfalistica propagandata nel sito internet www.enel.it il giorno 12/05/2003 (di cui conserviamo copia): “Dalle ciminiere di TVN non usciranno fumi” (SIC!).

A questo proposito ricordiamo anche che a suo tempo l’Ente elettrico, a dimostrazione del fatto che la ciminiera non avrebbe emesso fumi neri, si era impegnato, nel progetto di trasformazione, a dipingerla completamente di bianco cosa che a tutt’oggi non è stata ancora attuata. Per dimenticanza o per qualche altra ragione a noi sconosciuta? Attendiamo fiduciosi una risposta.

Se questo è l’inizio il futuro diverrà certamente sempre più “buio”.

In tale situazione continua ad essere assordante il silenzio di tutti coloro che per legge, sarebbero chiamati a vigilare.

Noi cercheremo di essere ancora, come per il passato, la spina nel fianco delle Istituzioni, perennemente assenti, e continueremo a sollecitare le coscienze dei cittadini di buona volontà che purtroppo sembrano essere vittime della rassegnazione e del disimpegno sociale.

Civitavecchia, 14 gennaio 2009

Coordinamento dei medici e dei farmacisti.

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10 gennaio 2009

Denuncia alla Commissione Europea - agisci!

Denuncia alla commissione Europea.
Copia, firma e spedisci all'indirizzo email SG-PLAINTES@ec.europa.eu


DENUNCIA

ALLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

RIGUARDANTE INADEMPIMENTI DEL DIRITTO COMUNITARIO

DA PARTE DEL GOVERNO ITALIANO IN MATERIA DI INCENTIVAZIONE

AD ENERGIE RINNOVABILI, DIVIETO AIUTO DI STATO, DIRETTIVA RIFIUTI

Egregi Signori,


vi comunico che la Camera del Parlamento della Repubblica Italiana, in data 16 dicembre 2008 (http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0016260.pdf) ha approvato il decreto legge del n.172 del 6 novembre 2008 relativo “l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale”. Tale decreto stato definitivamente convertito in legge per mano del Senato della Repubblica con atto n. 1280 del 22 dicembre 2008.

Tale provvedimento contiene interventi, validi per altre Regioni d’Italia e non solo per la Campania, in spregio a nostro avviso alle normative europee 2001/77 relative all'incentivazioni delle fonte d'energia rinnovabili, alle norme del Trattato relative al divieto di aiuti di Stato, nonché al rispetto della gerarchia d’intervento della direttiva Rifiuti recentemente approvata dal Parlamento Europeo.

Nel d.l. 172 all’articolo 9 (incentivi agli inceneritori) vengono confermati gli incentivi cosiddetti “Cip6” all’incenerimento della parte non biodegradabile dei rifiuti ed alle cosiddette “fonti assimilate”. Gli incentivi Cip6 vengono concessi a tutti gli impianti verrà riconosciuto a tutti gli impianti in costruzione o entrati in esercizio prima del 31 dicembre 2008. Vengono altresì confermati per la quota del 51% gli incentivi sottoforma di “Certificati Verdi” a tutte le forme d’incenerimento (sia rifiuti tal quali residui da raccolta differenziata che per il cosiddetto “combustibile da rifiuti”). Questo sia che si tratti di rifiuti non biodegradabili che biodegradabili. Che si tratti d’impianti per produzione d’energia rinnovabile quindi che citato testualmente nel testo “non rinnovabile”.

Questi incentivi all’incenerimento che alterano il mercato , è stato calcolato, comporteranno una ulteriore spesa sulle bollette dei cittadini pari a 2 miliardi di euro che anziché alle fonti realmente rinnovabili andranno all’incenerimento di rifiuti anche per la parte non rinnovabile sottoforma di Cip6 e cosidetti "Certificati Verdi". Di questi contributi, circa 1.6 miliardi di euro è stato calcolato che verranno inviati per i costruendi inceneritori nella Regione Sicilia, dove si progetta di bruciare il 65% dei rifiuti solidi urbani prodotti (vi preghiamo leggere a http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2008/11/sicilia-inceneritore-sprechi.shtml ), mentre la legge nazionale italiana indica nell’obiettivo di legge del 65% la percentuale di raccolta differenziata da raggiungere entro il 2012 (il contrario) e quella europea sulla parte urbana del 50% a livello continentale sugli urbani e del 70% per gli industriali.

Nella legge in questione (articolo 9-ter) viene inoltre approvato un “Piano Nazionale Inceneritori” (l’Italia ha già 50 impianti d’incenerimento funzionanti) che ricalca la proposta presentata nel luglio 2008 dalla lobby italiana del settore (Anida-Confindustria) (Piano Nazionale Termovalorizzatori per costruire 50 nuovi inceneritori: articolo: http://matteoincerti.blogspot.com/2008/07/pnt-il-piano-anida-confindustria-per.html).

Nella stessa legge approvata definitivamente il 22 dicembre 2008, mentre l’Unione Europea discute della importante direttiva Biowaste sul riciclo, riutilizzo e recupero della parte organica dei rifiuti sia ai fini energetici (produzione di biogas) che della fertilizzazione naturale dei terreni agricoli, si prevede (articolo 9-quater) invece la possibilità di immettere in fognatura rifiuti organici “provenienti dagli scarti dell’alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili”. Tutto ciò, oltre a creare possibili problemi alle tubature e reti fognarie, porta alla creazione di migliaia di tonnellate di fanghi di depurazione (con relativo problema di smaltimento e costi aggiuntivi) ed inficia l’incentivazione della raccolta differenziata degli scarti organici urbani.

Detto ciò, ricordiamo ciò che la Commissione Europea in data 20.11.2003 (risposta E-2935/03IT all’interrogazione dell’eurodeputato Monica Frassoni) ribadì con l’allora Commissario Loyola De Palacio in tema di energie rinnovabili e loro incentivazione prevista dalla direttiva 2001/77 e cioè che "la frazione non biodegradabile dei rifiuti** non può essere considerata fonte di energia rinnovabile”.

I provvedimenti adottati dalla Camera rappresentano a nostro avviso un aiuto di Stato illegittimo che altera il mercato a favore dell’industria degli impianti d’incenerimento a discapito del settore della produzione di energie realmente rinnovabili (solare, geotermico, idrico, eolico, ecc.) come è inteso da parte della normativa europea (e quindi incentivabile) ed anche una concorrenza sleale nei confronti di chi nel settore dei rifiuti si occupa di prevenzione, riciclo, recupero e trattamento rifiuti anche con produzione d’energia diversa dalla combustione (es: raccolta differenziata domiciliare, compostaggio, digestione anaerobica con produzione di biogas, trattamento meccanico biologico, centri riciclo e recupero materiali tramite estrusione-trasformazione di materiali non riciclabili, ecc.).

Interventi - quelli di prevenzione/riduzione, riutilizzo, riciclo, recupero lo ricordiamo - che sono prioritari per la normativa UE rispetto all’incenerimento, che non rappresenta l’unica forma di trattamento e/o recupero energetico da rifiuti. L’incenerimento anche con recupero eneregetico nella gerarchia d’interventi della direttiva UE è al penultimo posto.

Vi chiediamo quindi di aprire una procedura d'infrazione verso l’Italia e annuncio altresì che come cittadino italiano chiederò di rivalermi nel caso di una sanzione economica da parte della Commissione Europea, verso i parlamentari che hanno votato tali provvedimenti.


In attesa di un vostro gentile riscontri

invio i più distinti saluti

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Lo annunciamo da anni: assieme al carbone arriva un altro regalo. 450.000 tonnellate all'anno di rifiuti trattati da bruciare dentro TVN

"La centrale di Civitavecchia funzionerà come inceneritore".
Clicca qui per leggere l'articolo di Repubblica.

Intanto a Civitavecchia parte del mondo politico e sindacale (vedi) si dice scandalizzato da questo accordo AMA - ENEL, quando noi da anni mettevamo in guardia da questo pericolo incombente. Ovvio che la maggior parte di queste lamentele, oggi, sono strumentali e false, non credibili quanto offensive. Servirà un pò di olio (ma neanche tanto) sugli ingranaggi politici giusti, e qui si arriverà a bruciare tutto il CDR del Lazio.

Dichiarazioni: UDC, De Marco, Tidei, Cgil, centumcellae.it.

Il comunicato dei Verdi Civitavecchia:
La stampa nazionale ci informa che la gestione dei rifiuti di Roma è avviata a soluzione: è già quasi pronta la grande centrale a carbone di Civitavecchia che sarà in grado di bruciare Cdr insieme al prezioso e “pulito” combustibile nero. L’Amministratore di AMA, l’azienda romana dei rifiuti, tal Panzironi, attraverso calcoli dettagliati, conclude che insomma a regime un milione e duecentomila tonnellate all’anno di rifiuti saranno smaltite nella modernissima centrale. Prima di bruciarle se ne ricaverà il combustibile da rifiuto, Cdr “di qualità”! Ben presto qualche nostro Amministratore illuminato – non solo di destra e non soltanto, ahinoi, a livello locale - farà seguire altri calcoli, altre cifre: quanti soldi incasserà la città, quanta nuova occupazione, quanta gratitudine dalla capitale, ecc. Che dunque? Non vorremo mica azzardare la sindrome Nimby?!… Quello che né Panzironi né alcun Sindaco o Governatore di Regione ci diranno, perché è calcolo arduo e pericoloso, è quanti morti in più deriveranno al nostro territorio per le emissioni gravissime di diossine e di furani, nano-particelle altamente cancerogene. Al contrario, secondo loro dovremmo considerarci fortunati: possediamo il Polo Energetico maggiore d’Europa; prossimamente vi si bruceranno oltre 4 mln di tonnellate/anno di carbone pulito; adesso si progetta per noi la combustione di Cdr ma sarà, parola di Panzironi, Cdr di qualità. Che altro pretendiamo? Metafora per metafora, anche l’esito finale, con gli auguri di Buon Anno, non sarà altro che una dolce morte. Eutanasia, appunto.

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8 gennaio 2009

"L'osservatorio ambientale è una bufala"

Concrete novità per i comitati che si battono contro il carbone e da anni denunciano l'inaffidabilità dei rilevamenti per testare il livello di inquinamento ambientale.

La Procura della Repubblica di Civitavecchia ha aperto un'inchiesta per indagare sulla reiterata omissione di atti d'ufficio da parte di funzionari pubblici incaricati di acquisire e pubblicare i dati ufficiali delle centraline di rilevamento della qualità dell'aria.

La questione riguarda l'Osservatorio ambientale di Civitavecchia, istituito in base alle previsioni prescrittive della Via di Torrevaldaliga nord, che al punto n.5 stabilisce: "si dovrà istituire un osservatorio ambientale allo scopo di analizzare lo stato ambientale del comprensorio".

L'Osservatorio ambientale, che avrebbe dovuto essere un presidio a tutela delle popolazioni, non ha prodotto un solo studio sulla reale condizione ambientale e sanitaria del comprensorio, perché è stato pianificato per non funzionare.

Se il controllato (Enel) è coinvolto in qualunque modo nella procedura di controllo è stupido ritenere che i dirigenti di Enel possano agevolare l'acquisizione regolare e corretta di dati che li potrebbero "inchiodarli".

Per comprendere che l'Osservatorio ambientale è una bufala, al pari del "carbone pulito", basta sapere che le centraline di rilevamento della qualità dell'aria appartengono a Enel Spa, che ne cura pure il funzionamento.

Anche Tarquinia è presente nella mappa dei rilevamenti, ma dove sia la centralina è da sempre un mistero.

Per capire ancora meglio che l'Osservatorio ambientale è un'autentica fregatura, è sufficiente andare sul sito web www.osservatorioambientale.org e appare subito chiaro che l'informazione rivolta agli utenti è ridicola.

Ogni dato rilevato dalle centraline dovrebbe essere liberamente accessibile sul sito, invece non esiste nulla.

Ma qualcosa si muove dopo tanti anni.

L'inquinamento prodotto non si ferma a Civitavecchia e difendere la salute dei cittadini della città portuale è difendere la salute di tutti, perché le particelle ultra fini emesse bruciando combustibili fossili si spostano molto velocemente spinte dal vento e non risparmiano nessuno.

Se fino a poco fa le responsabilità maggiori sul funzionamento dell'Osservatorio ambientale ricadevano sul sindaco di Civitavecchia, oggi la platea dei responsabili è più vasta.

Gli altri sindaci stanno cadendo nel tranello di fare comunella con il controllato.

Il grado di compromissione del sindaco di Tarquinia sta crescendo.

Grazie a lui, l'Enel, già proprietaria delle centraline che rilevano la qualità dell'aria e già finanziatrice dei monitoraggi, sarà il simbolico "padrone di casa" delle strutture che ospiteranno l'Osservatorio ambientale presso le Saline di Tarquinia.

È auspicabile che l'iniziativa della magistratura sia di monito per gli altri sindaci e i consiglieri comunali che li sostengono.

La nostra preoccupazione ora è rivolta all'evidenza delle mancanze da parte dei responsabili dell'Osservatorio ambientale, che oltre le centraline, hanno riguardato anche le indagini epidemiologiche necessarie a monitorare lo stato di salute degli abitanti del comprensorio inquinato, prima e dopo l'accensione della centrale di Torrevaldaliga nord, ma che non sono mai state fatte.

Manca del tutto lo stato sanitario prima dell'accensione dell'impianto a carbone, e i sindaci potrebbero essere responsabili di ciò che accadrà in futuro.

Rimarrà tra le mani dei quattro sindaci un cerino acceso: se i monitoraggi saranno falsi i comitati saranno i primi a dare l'allarme.

Se invece daranno risultati allarmanti, quale sindaco per primo ammetterà che il nostro territorio è compromesso?

Dato che hanno stipulato un accordo economico per l'esercizio della centrale, quando verranno diffusi i dati allarmanti sull'inquinamento cosa faranno? Chiuderanno il traffico nelle città? Se la prenderanno con le caldaie casalinghe? Se la prenderanno con gli agricoltori?

Daranno, come a Brindisi, la colpa dell'eccessivo aumento di PM10 alla combustione delle potature delle campagne?

Enel Spa li sta impacchettando.

Movimento no coke Alto Lazio

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La casa del futuro è già presente, in attesa che i dormienti...

Dal NewYorkTimes online un articolo sulle case che consumano il 95% in meno per il riscaldamento. Con un investimento iniziale più alto del 5-7% rispetto alla norma, è possibile realizzare abitazioni usando isolanti così efficienti da permettere risultati eccezionali. Vedi l'articolo cliccando qui (lingua inglese).

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