No al carbone Alto Lazio

6 ottobre 2010

"Why new coal", "Perché nuovo carbone?" Nuovo docufilm dall'India





Da un nuovo docufilm una critica al modello di sviluppo indiano e alla sua dipendenza dai combustibili fossili. Si chiama WhyNewCoal, ed è stato realizzato da Ekta Kothari e Vinay Jaju in partnership con www.SwitchON.org e http://onergy.in/

Sotto: lavoro minorile nelle miniere di carbone indiane



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    L'ombra del terminal Cina sulle nostre teste. La malavita fa il tifo, Moscherini anche.

    Da TrcGiornale.it
    "Civitavecchia in competizione con Tripoli, per la realizzazione del terminal Cina. “I cinesi vogliono realizzare un grande approdo per i container, e sono due le città in lizza, Civitavecchia e Tripoli”. Lo ha detto questa mattina, a margine del consiglio comunale, l'assessore Mauro Nunzi, commentando l'approvazione del Piau, programmi innovativi in ambito urbano.

    “Uno studio di fattibilità che – ha detto sempre l'assessore – non può non tenere conto delle gradi direttrici di comunicazione di cui la nostra città rappresenta uno snodo”. In questa chiave Nunzi ha spiegato l'inserimento dello studio del district park e del terminal Cina, definendolo “un sogno”. Ma in consiglio l'opposizione non è stata del suo stesso avviso. Marietta Tidei (Pd) ha detto che “il progetto che ci hanno mostrato i consulenti non è quello della delibera”. Manuedda (Verdi) ha sottolineato che il progetto “travalica i limiti imposti dal finanziamento ministeriale” mentre per Piendibene “la zona a nord deve essere preservata perché è un tratto di costa assolutamente peculiare”. E anche per Petrelli “non c'è alcun bisogno di allargarsi con i container a nord di Tvn”. Di segno opposto ovviamente gli altri interventi dalla maggioranza, con Vitali (Pdl) che ha invitato l'opposizione a collaborare “perché questa è una coalizione aperta” e Balloni (Polo Civico) che invece ha chiesto l'astensione. Favorevoli al Piau anche gli ex Udc Cerrone e Mecozzi. Alla fine il Piau è passato con 22 voti favorevoli e 7 contrari, compreso Gatti (Gruppo Misto). Guerrini (Pd) era uscito. “Questa è la svolta dello sviluppo, è la nuova storia di Civitavecchia, per i prossimi venti anni”. Il terminal Cina, quindi, non è un progetto finito nel cassetto del Pincio e la Frasca non è ancora salva.

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    Centrale a carbone di Bastardo: lifting in vista?

    (ASCA) - Perugia, 5 ott - ''Le anticipazioni che leggiamo dai giornali ci appaiono spudorate e preoccupanti. Pensare di rendere compatibile con l'ambiente e la salute umana un impianto obsoleto abbassando i parametri sulle emissioni sarebbe inaccettabile. Una maggiore capacita' progettuale deve farci optare per un serio progetto di riconversione, non a rimettere insieme i pezzi di quella che ormai deve essere considerata come una testimonianza di archeologia industriale ed energetica''. Cosi' il capogruppo dell'Italia dei valori in Consiglio regionale dell'Umbria, Oliviero Dottorini, commenta le notizie relative a ''presunte iniziative mirate a far rimanere a pieno regime la centrale a carbone ''Pietro Vannucci' di Bastardo, abbassando i parametri di tutela ambientale e riproponendo progetti di combustione delle biomasse''. ''A noi preme ricordare - spiega - che il Consiglio regionale ha deciso nel 2007, approvando la mozione che ci vedeva come primi firmatari, di abbandonare il progetto di co-combustione delle biomasse e a valutare invece una progressiva riconversione dell'attuale centrale verso impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, quali fotovoltaico, solare termondinamico ed eolico, secondo i limiti posti dall'attuale Piano energetico regionale. Oggi - aggiunge - qualcuno sembra voler mettere in discussione quella deliberazione per tornare alla carica con un progetto senza futuro, incurante delle prospettive economiche e ambientali del nostro territorio e delle linee programmatiche di legislatura che fanno della green economy il cardine delle politiche regionali. Se fosse vero quanto apprendiamo rispetto alla volonta' dell'assessorato all'Ambiente - osserva Dottorini - di predisporre un piano per abbassare i parametri di legge in fatto di emissioni in modo da permettere alla centrale Enel di ottenere il rilascio della Autorizzazione integrata ambientale (Aia), si tratterebbe di un progetto che incontra la nostra ferma opposizione. La salute dei cittadini si tutela chiedendo il rispetto di parametri restrittivi e non abbassando il livello di guardia''. ''Quanto alle biomasse, - continua - sappiamo che il Piano energetico regionale non consente iniziative di queste dimensioni che comporterebbero l'importazione di materie prime da fuori regione e l'eventualita' di bruciare rifiuti. Per quanto ci riguarda, continuiamo a ritenere che l'impianto di Gualdo Cattaneo presenta enormi criticita' di carattere socio-sanitario che richiedono verifiche che non ci risultano siano state mai condotte. Cosi' come non sono pervenute risposte alle nostre numerose interrogazioni sui carbonili scoperti. Ci preoccupa il fatto che il ministro Calderoli defini' quell'impianto come altamente inquinante''.

    ''E' giunto il momento - conclude - di abbandonare progetti assurdi come quello del rilancio della centrale e porre invece finalmente sul tavolo delle politiche di governo, a fianco di una decisa opzione a favore delle energie rinnovabili, il tema della riconversione di un impianto che puo' trasformarsi nel fiore all'occhiello dell'impegno umbro per la green economy e per le energie rinnovabili''.

    pg-rg/mcc/rob

    (Asca)

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    5 ottobre 2010

    Cambia proprietà la centrale solare di Montalto di Castro

    "(AGI) - Roma, 4 ott. - SunPower ha venduto a Etrion Corporation, produttore indipendente di energia solare, la partecipazione azionaria delle prime due fasi del parco solare di Montalto di Castro, la piu' grande centrale solare fotovoltaica (PV) italiana, per circa 49 milioni di euro.
    L'acquisizione della prima fase del progetto, da 20 megawatt (MW), informa una nota, e' stata completata nel mese di agosto e l'acquisizione della seconda fase da 8 MW e' stata completata la settimana scorsa. SunPower riconosce cosi' la vendita della prima fase del progetto come ritorno di capitali e quella della seconda come ricavi, compresi anche quelli precedentemente differiti, relativi al contratto EPC di cui la stessa Sunpower era responsabile. "Quest'anno, con la chiusura di questa acquisizione, siamo sulla buona strada per completare la realizzazione e vendita di asset fotovoltaici per 85 MW in Italia", ha detto Dennis Arriola, direttore amministrativo e finanziario di SunPower. "La tecnologia leader a livello mondiale di SunPower e le sue comprovate prestazioni su oltre 225 MW di centrali fotovoltaiche operative in Europa ci ha fornito una serie di partner finanziari potenziali forti, tra cui molti nuovi partecipanti al mercato del solare". SunPower ha progettato e costruito il parco solare da 28 MW a Montalto di Castro, nel Lazio, vicino a Roma, e fornira' anche la gestione e manutenzione del parco stesso per i prossimi anni.
    La prima fase da 20 MW e' stata collegata alla rete nel novembre 2009, diverse settimane prima del previsto, ed e' stata acquistata da SunPower al momento dell'acquisizione della SunRay Renewable Energy nel maggio del 2010. Le seconda fase da 8 MW e' stata commissionata lo scorso mese. Entro la fine di quest'anno e' previsto inoltre il completamento e la vendita di ulteriori 44 MW , portando la capacita' totale del parco solare di Montalto di Castro a 72 MW confermando il suo record assoluto su scala nazionale ed internazionale. (AGI) .

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    Inceneritori, rifiuti tossici e tumori: lo Stivale dei veleni

    Fonte originale: IlSole24Ore, via

    "Lo stivale italiano dei veleni svelato 
dal super-consulente delle procure. In ufficio ci va a bordo di un kajak perennemente ormeggiato tra i canneti che dalla riva degradano lentamente fino al giardino di casa. L’uomo che scende e deposita il remo ha una barba incolta bianca e il cappello alla Crocodile Dundee. Ha scelto di vivere in un suggestivo scorcio del Lago di Mantova che gli allontana i ricordi olezzanti di discariche abusive, rifiuti tossici e industrie chimiche fuorilegge, ossia tutto ciò che nel suo lavoro affronta quotidianamente. Si chiama Paolo Rabitti, 60 anni, due lauree – ingegneria e urbanistica –, innumerevoli pubblicazioni, docenze e ricerche alle spalle. Ai suoi studi si affidano i Comuni alle prese con la Tav o i comitati di cittadini preoccupati da inceneritori e aziende chimiche. Gente con cui spesso collabora gratuitamente, così, per coscienza civica, dice. Ma il suo nome appare soprattutto nelle più importanti inchieste ambientali, chiamato come consulente dalle Procure di mezza Italia. Dai tempi di Felice Casson per il petrolchimico di Porto Marghera, ai pm di Brescia, Ferrara, Rovigo o Grosseto, giusto per citarne alcune: e sempre per smaltimento di materiali tossici, inquinamento da emissioni di Pcb dalle acciaierie, acque devastate da scarichi illeciti. Come per il Lago Maggiore: la sua perizia per il tribunale di Torino è valsa la condanna civile per 1,6 miliardi di euro alla Syndyal, responsabile dello sversamento nelle acque di quantità industriali di Ddt. 
    «Se ne accorsero gli svizzeri, poi fu vietata la pesca. E ancora oggi ci sono sul fondale quantità enormi di sedimenti inquinanti». I magistrati, alle prese con un disastro ambientale dietro l’altro, per capirci qualcosa suonano al suo campanello sempre più spesso. E non poteva non essere così anche per il caso dei rifiuti in Campania: trenta ore di testimonianza nell’aula bunker, un vero record, per spiegare che «con la gestione dei rifiuti la camorra non c’entra proprio nulla». E che per contro c’entravano istituzioni e multinazionali, per le quali è diventato una sorta di incubo, un cave hominem da cui stare alla larga visto che ogni volta che ci incappano finisce a condanne e risarcimenti per i disastri commessi. «In effetti tentano spesso di etichettarmi per un ambientalista, un’etichetta comoda se si devono nascondere gigantesche magagne». Per quelle che ha scovato in diverse città sugli affari d’oro del pattume, è stato appena nominato consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Un incarico, l’ennesimo, che svolge gratis. E che probabilmente avrà il suo fulcro proprio in ciò che accadde nell’area campana. Intorno a un tavolo in legno, sotto al pergolato, l’ingegnere inizia a ricostruirne la storia, attorniato dalla moglie Gloria Costani, di professione medico, da Smilla e Black, i suoi due cani e da un numero imprecisato di gatti. «Lì la situazione era già piuttosto compromessa, perché per decenni le industrie del centro-nord vi avevano smaltito illegalmente rifiuti pericolosi, interrandoli, sversandoli nelle acque o direttamente nelle falde. Questo per delineare il quadro. Quanto allo scandalo dei rifiuti urbani, c’è un processo per truffa ai danni dello Stato e falso alla Fibe-Impregilo. In sostanza doveva gestire i rifiuti per l’intera regione, separando carta e plastica dalla componente organica. La prima sarebbe servita per produrre combustibile da bruciare negli inceneritori. La seconda doveva essere inertizzata diventando una specie di terriccio da fiori».

    Invece?

    «Di fatto non veniva prodotto combustibile, né – tantomeno – il terriccio. E la regione si è trovata alle prese con circa dieci milioni di tonnellate di cosiddette “ecoballe”, in barba al Commissariato ai rifiuti che avrebbe dovuto controllare».

    Rifiuti uguale camorra, dicono.

    «Guardi, la camorra forse è intervenuta nel business dei trasporti dei rifiuti dagli impianti alle discariche, in qualche subappalto fatto da Fibe-Impregilo che peraltro non poteva subappaltare. E forse, ma forse, la camorra si accaparrava i terreni in cui Impregilo aveva deciso di costruire le discariche. Ma di sicuro, con la gestione dei rifiuti, la camorra non c’entra assolutamente nulla, contrariamente a quanto si lascia intendere. La responsabilità è di controllori e controllati. Ed era impossibile non vedere che nelle discariche c’era una situazione da Terzo mondo, che ancora adesso nessuno racconta».

    Tipo?

    «Progettate per accogliere materiale inerte, e cioè il terriccio, venivano invece riempite con rifiuti organici addirittura freschi che andavano rapidamente in putrefazione e producevano enormi quantità di liquido marcio (il cosiddetto percolato) e di gas. Sicché, oltre a inquinare, puzzavano da morire. Nemmeno le coprivano tutte le sere, né tentavano di limitare almeno le quantità di percolato o di captare il gas. Risultato, il percolato tracimava, l’odore era intollerabile.


    E per attenuarlo, a qualcuno è venuta l’idea di piazzare spruzzini di profumo sulle recinzioni».

    Sta scherzando?

    «Giuro. Ho qui una foto».

    Con l’intervento del Governo Berlusconi i rifiuti sono spariti d’incanto, in una manciata di giorni. E tutti si chiedono ancora oggi come sia stato possibile.

    «Beh, io commento solo ciò che ho visto. E cioè il sito di Ferrandelle: hanno accatastato circa un milione di tonnellate di rifiuti in piazzole preparate in fretta e furia su un terreno quasi paludoso e senza alcun tipo di copertura. Non mi pare esattamente la panacea che hanno dipinto».

    Resta il fatto che in alcune regioni del Sud l’emergenza si ripresenta periodicamente.

    «Perché per funzionare il ciclo dei rifiuti necessita di amministrazioni che amministrino, controllori che controllino e aziende che facciano quello per cui sono pagate. Ma se, tanto per fare un esempio ipotetico, il politico di turno decide di mandare tutto in discarica, affida la localizzazione a un emissario della camorra, il progetto al cognato che non ne ha mai vista una, la raccolta dei rifiuti a un’azienda creata solo per assumere personale, lo smaltimento a un’altra azienda che ha interessi nei rifiuti pericolosi e la discarica a chi ci fa andar dentro di tutto e se ne infischia della corretta gestione, allora, come dire, se succede tutto questo è molto probabile che si verifichino disastri».

    Per molti la soluzione starebbe nei termovalorizzatori.

    «Mah, termovalorizzatore è un termine eufemistico. Secondo le leggi nazionali ed europee si deve parlare di “inceneritori con recupero di energia”. Certamente sono impianti assai vantaggiosi economicamente ed è per questo che c’è la corsa a costruirli. Peccato che in Italia l’energia prodotta incenerendo i rifiuti sia stata fatta passare alla pari di quella proveniente dal sole e dal vento. E veniva così adeguatamente sovvenzionata finché la Comunità europea ci ha tirato le orecchie, perché è evidente che non si tratta della stessa cosa. E vorrei confutare un’altra colossale bugia: non è vero che gli inceneritori non inquinino. Anche ammesso che le emissioni rientrino nei limiti di legge, moltiplicando le concentrazioni a metro cubo degli inquinanti per il numero di metri cubi di gas che escono dai camini si trovano quantità molto rilevanti. Senza contare i delinquenti che taroccano il software di controllo per simulare emissioni inferiori a quelle reali. Alcuni casi li ho constatati di persona».

    E allora, la soluzione?

    «Il sistema migliore è, ovviamente, non produrli».

    Facile.

    «Scusi, perché se compro una fetta di formaggio al supermercato mi devo portare a casa altrettanta plastica? Costa poco produrla, ma molto smaltirla, sia in termini economici che ambientali. Oltre a ridurre bisogna cercare di recuperare e riusare, visto che ogni cosa che finisce in discarica o viene incenerita provoca un impatto ambientale».

    Un po’ utopistico.

    «Nient’affatto. A Treviso raggiungono l’80 per cento, ripeto 80 per cento di raccolta differenziata come media annuale. Così, visto che non serve l’inceneritore per rifiuti urbani, gli industriali hanno pensato bene di chiedere di costruirne due per rifiuti speciali. E sta ovviamente succedendo un putiferio, perché la gente si sente presa in giro». Una sensazione che si avverte spesso. Lei si è occupato del cloruro di vinile di Porto Marghera, uno dei più grandi scandali italiani, che vedeva al centro il colosso industriale Montedison. «Già. Scoppiò tutto perché un operaio, Gabriele Bortolozzo, volle capire il motivo per cui gli amici che lavoravano con lui nel reparto in cui si produceva polivinilcloruro (Pvc) a partire dal cloruro di vinile (Cvm) fossero tutti morti di tumore. Fu grazie alla sua personale ricerca inviata alla Procura di Venezia che iniziò l’indagine di Felice Casson. Tra le carte dell’inchiesta sul Petrolchimico di Brindisi trovai un documento del 1974 (che poi depositai agli atti del processo di Marghera) in cui un dirigente di Montedison affermava che le aziende sapevano che il Cvm fosse cancerogeno molto prima della scoperta ufficiale del 1973, ma che l’avevano tenuto segreto. E in un secondo documento del 1977 (che mi fu anonimamente imbucato nella cassetta della posta) un altro dirigente Montedison scrisse che non bisognava fare le manutenzioni agli impianti. E questi sono solo due esempi, per dare l’idea di una vicenda incredibile».

    Pare incredibile anche ciò che è accaduto con lo sversamento in mare del petrolio della BP. Barack Obama l’ha paragonato all’11 settembre…

    «È certamente un disastro ambientale di proporzioni terrificanti, ma è anche la dimostrazione che l’estrazione del petrolio comincia a essere troppo difficile. Le conseguenza sull’ambiente non sono per ora compiutamente valutabili. Si pensa che gli effetti dureranno molte decine di anni. D’altra parte, il caso americano ha fatto riemergere anche la questione dello sversamento nel delta del Niger che da decenni, nel silenzio generale, sta devastando l’ecosistema. O meglio: negli anni Ottanta il poeta Ken Saro-Wiwa si fece portavoce delle rivendicazioni della popolazione. Ma finì impiccato».

    Anche lei è tra quelli che sostengono la necessità di passare alle energie rinnovabili?

    «Credo che sfruttarle sia un dovere morale, oltre che una necessità contingente. Se, invece di riempire le tasche dei padroni degli inceneritori con i contributi destinati alle energie rinnovabili, i soldi fossero stati usati per incentivare la ricerca e l’installazione degli impianti il nostro Paese sarebbe sicuramente all’avanguardia».

    Lei non si fida del nucleare?


    «Il ministro che più spingeva per le centrali nucleari era Scajola. Veda lei».

    È degli incidenti che tutti hanno paura. In fondo qui siamo nella terra della diossina di Seveso, dell’Icmesa dei disinfettanti… Seveso, la Chernobyl italiana…

    «Posso raccontarle a questo proposito una storia cui lavoro da molto tempo? Sa, ci sto scrivendo un libro».

    Prego.

    «A seguito del disastro del 1976 all’Icmesa, la commissione della Regione Lombardia stilò un rapporto secondo il quale “sembra” che parte delle 1.600 tonnellate di materiale asportato dalla fabbrica subito dopo il disastro venne smaltita in un inceneritore del Mare del Nord, inceneritore che però non fu indicato. Scrisse proprio così, “sembra”. Il resto del materiale rimasto nel reattore, e cioè 41 fusti di diossina e triclorofenolo, fu affidato a tale Bernard Paringaux, persona che si disse legata ai servizi segreti e che avrebbe dovuto smaltirli in una discarica controllata in Francia. Paringaux li mostrò in tv, solo che i fusti erano più piccoli di diametro rispetto a quelli che erano partiti. Ne nacque un giallo che si risolse solo molto tempo più tardi, quando fu spiegato che erano stati smaltiti probabilmente vicino alle ex miniere di sale della Ddr. Probabilmente. Di fatto, nessuno seppe mai nemmeno in questo caso né dove, né se a essere effettivamente smaltiti furono i fusti partiti dalla sede dell’Icmesa. Perché la verità è questa: che nessuno sa dove siano finiti. E questo è il primo punto. Il secondo è che la diossina provoca il sarcoma, un tumore il cui tempo di latenza si aggira intorno ai dieci anni».

    E quindi?

    «Lei lo sapeva che Mantova è la città con la più elevata frequenza di sarcomi in Italia rispetto alle popolazioni della zona industriale?».

    Non seguo il paragone.

    «Ce ne accorgemmo io e mia moglie che, essendo medico di base, notò che buona parte di questi tumori colpivano pazienti che abitavano vicino al vecchio inceneritore della città. Che oggi è vecchio, ma che nel 1980 era stato inaugurato come il più moderno inceneritore per rifiuti tossico-nocivi d’Europa. Scrivemmo un report. E in effetti l’Istituto superiore della Sanità promosse uno studio approfondito, constatando che chi abitava vicino all’inceneritore di Mantova aveva una probabilità ben trenta volte superiore al resto della città di sviluppare il sarcoma. Ed è una circostanza stranissima, perché in nessun altro luogo dove è presente un inceneritore per tossico-nocivi è mai stato evidenziato un aumento dei sarcomi. Circostanza della quale infatti sono stato chiamato a relazionare poco tempo fa alla Gordon and Mary Cain Foundation a Philadelphia».

    La questione comincia a farsi inquietante.

    «All’epoca di Seveso non esistevano strumenti per capire quanta diossina potesse essere entrata nel sangue della popolazione. Ne furono congelati alcuni campioni che vennero analizzati anni più tardi dalla Cdc (Center for Diseases Control) di Atlanta, praticamente l’Istituto superiore della sanità degli Stati Uniti. Tempo dopo, per sintetizzare, fu chiesto di analizzare il sangue dei mantovani. La clinica del lavoro di Milano stilò un rapporto in cui concludeva che il livello di diossina nel loro sangue a campione era medio-basso. Invece non era vero. A seguito di un’interrogazione parlamentare di Casson, rivide drasticamente il proprio parere e in un cosiddetto “consensus report” assieme all’Istituto Superiore di Sanità sostenne che il livello di diossina era medio-alto. Ecco, il problema è questo. Che non è possibile, o almeno non c’è una spiegazione scientifica, che lo giustifichi. Visto che qui il polo chimico è chiuso da vent’anni. Come del resto l’inceneritore, sigillato nel lontano 1992. La domanda è: da dove arrivava la diossina che provoca i sarcomi nel sangue dei mantovani?».

    Sta dicendo che i fusti di Seveso vennero smaltiti da queste parti, a Mantova?

    «No. Sto facendo alcune constatazioni scientifiche su coincidenze attualmente senza risposte. La prima è che Mantova ha inspiegabilmente questa elevata concentrazione di sarcomi. La seconda è che chi abita vicino all’inceneritore ormai fermo da diciotto anni aveva inspiegabilmente probabilità trenta volte più alte di ammalarsi di sarcoma rispetto al resto della popolazione di Mantova, quasi che lì si fosse bruciata diossina. La terza è che in nessun’altra città che abbia avuto un inceneritore per rifiuti tossico-nocivi c’è mai stata correlazione statistica così diretta con i sarcomi. La quarta è l’assolutamente inspiegabile livello medio-alto di diossina nel sangue dei mantovani. E la quinta è che – purtroppo – nessuno sa che fine abbiano fatto i 41 fusti e gli altri rifiuti di Seveso: quelli che la stessa commissione della Regione Lombardia scrisse soltanto che “sembra” siano stati smaltiti nel Mare del Nord, e la cui sorte è dunque avvolta nel mistero. E poi c’è un sesto elemento…».

    Cioè?

    «I sarcomi a Mantova hanno iniziato a manifestarsi alla fine degli anni Ottanta, con i consueti dieci anni di latenza. E cioè più o meno dieci anni dopo l’incidente dell’Icmesa, a 150 chilometri da qui. Lo ricordo bene perché venni ad abitare in questa zona alla fine degli anni Settanta. E osservai nel mio giardino un fenomeno che non avevo mai visto prima e che mi colpì profondamente, anche perché non lo rividi più».

    Quale?

    «Era il mese di maggio. E dagli alberi caddero le foglie».

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    Guccione (PD): in Calabria non c'è spazio per nuove centrali a carbone

    (ASCA) - Reggio Calabria, 4 ott - ''Ha ragione l'on. Nucera.

    I tentativi di realizzare centrali a carbone in Calabria (Rossano Calabro e Saline Joniche) non sono questioni che possono riguardare solo le amministrazioni locali o le popolazioni interessate, ma la Calabria intera e, soprattutto, il Consiglio regionale calabrese''. Lo afferma il Consigliere regionale del Pd, Carlo Guccione, gia' primo firmatario, insieme ad altri otto Consiglieri regionali, di una interrogazione bipartisan al Presidente Scopelliti contro la riconversione a carbone della Centrale Enel di Rossano.

    ''Nei mesi scorsi -ricorda l'esponente del Pd- abbiamo piu' volte dichiarato e ribadito la nostra netta contrarieta' all'utilizzo del carbone nella Regione Calabria e, conseguentemente, all'approvazione del progetto di riconversione della centrale Enel di Rossano in coerenza con quanto gia' fatto dal Consiglio regionale con l'approvazione della mozione n*41 del 7 settembre 2007 e, successivamente, dalla Giunta regionale con la delibera n*686 del 6 ottobre 2008. La Calabria e' una regione a prevalente vocazione agricola e turistica. Un territorio con grandi potenzialita' nel settore dell'agroalimentare di qualita' e nel campo storico-culturale e monumentale non puo' subire i fattori di inquinamento che una centrale a carbone porta inevitabilmente con se'''.

    ''Per questa ragione -ricorda Guccione- abbiamo chiesto alla nuova Giunta regionale di esprimersi immediatamente in merito ai tentativi di aggressione che vengono da quanti vorrebbero introdurre il carbone nella nostra regione, anche per ribadire che la Calabria ha bisogno di uno sviluppo sostenibile, pienamente compatibile con le sue vocazioni''.

    ''Cogliamo l'occasione, infine -ha concluso Guccione- per ribadire, ancora una volta, con forza, il nostro ''no'' chiaro e fermo a qualsiasi tentativo di utilizzo del carbone nella nostra regione e confermiamo il nostro impegno a costruire e promuovere uno sviluppo sostenibile, pienamente rispettoso delle vocazioni e delle peculiarita' della nostra terra''.

    red-rg/mcc/ss

    (Asca)

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    4 ottobre 2010

    Tumori in Puglia: il silenzio degli ospedali

    Fonte: StatoQuotidiano, via UPLS
    "Il rapporto con l’ambiente è uno dei fattori determinanti sullo stato di salute della popolazione. L’esito dei lavori della Commissione OMS su ambiente e salute afferma: “ La salute umana è funzione della capacità delle società di gestire la integrazione tra le attività umane e l’ambiente fisico e biologico in modo tale da garantire e promuovere la salute senza incidere sulla integrità dei sistemi naturali dai quali dipendono l’ambiente fisico e biologico medesimo”. Solo tramite l’incrocio tra dati ambientali, territoriali e urbanistici, epidemiologici, di indicatori demografici che si può tracciare, per una determinata popolazione, il profilo di salute come inteso dalla definizione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La prevenzione di malattie di origine ambientale richiede un vasto sforzo che parte dagli stili di vita e alle misure istituzionali che consentono di garantire la sicurezza della popolazione.

    In Puglia esistono specifiche condizioni di criticità dovute all’inquinamento ambientale. Secondo la delibera del Consiglio dei Ministri del 30 novembre 1990, sono indicate le aree ad elevato rischio di crisi ambientale: area di Brindisi che comprende anche i comuni di Torchiarolo, San Pietro Vernotico e Carovigno; di Manfredonia e di Taranto, dove i “livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo e del sottosuolo, delle acque superficiali e di quelle sotterranee determinano un pericolo per la salute pubblica, per l’ambiente naturale o costruito” (Burp n.150 DEL 26/9/08).

    La Regione Puglia ha predisposto un elenco dei luoghi potenzialmente contaminati presenti sul territorio. Nel 2003 l’Arpa Puglia, sulla base di ulteriori segnalazioni pervenute agli Uffici del Commissario Delegato, della Regione e della stessa Arpa, ha provveduto ad aggiornare l’elenco classificando i diversi siti in base alla causa di contaminazione presunta. La tipologia di contaminazione prevalente è attribuibile alla presenza di discariche non controllate, accumuli depositi abusivi, sversamenti di oli combustibili, fanghi e rifiuti di amianto. In particolare modo il settore industriale ha esercitato un impatto sul suolo notevole, se si considerano i Siti di Interesse Nazionale (SIN), nei quali i risultati della caratterizzazione mettono in evidenza la contaminazione di suolo, sottosuolo e acque sotterranee. Nel territorio pugliese i Siti da bonificare sono: Manfredonia, Brindisi, Taranto e Fibronit-Bari. Il sito pugliese ove sono più avanzate le operazioni di bonifica è quello di Manfredonia (Focus).

    MODELLI DI SVILUPPO ECONOMICO- Si tratta di territori in cui il modello di sviluppo economico scelto dal dopoguerra con le costruzioni di imponenti insediamenti industriali a ridosso dei centri abitati ha comportato un consistente degrado delle condizioni ambientali, responsabile del deterioramento dello stato di salute delle popolazioni residenti in prossimità delle zone industriali. Gli studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che hanno indagato sullo stato di salute delle popolazioni delle aree a rischio di crisi ambientale, hanno mostrato aumenti di rischio delle comunità che risiedono in queste aree, soprattutto nel sesso maschile, della mortalità per tutti i tipi di tumore, e in particolare del tumore del polmone, della pleura, della vescica, nonché per patologie neoplastiche dell’apparato respiratorio e cardiovascolare. A questi studi si sono affiancati i progetti finanziati dal Ministero dell’Ambiente con i Piani di disinquinamento delle aree ad elevato rischio ambientale.

    OSPEDALE SAN CAMILLO DE LELLIS – Un’estenuante lista di attesa tra esclamazioni ( “é la prima volta che qualcuno ci chiede questo tipo di informazione”) e dati irreperibili per cause tecniche (computer bloccati da guasti tecnici), nonchè consuetudini burocratiche di richieste da inoltrare al Direttore sanitario dell’Ospedale San Camillo De Lellis di Manfredonia, (con addebita mancanza di fogli prestampati per l’autorizzazione agli organi di stampa), il silenzio è l’unica risposta. Da circa un mese Stato ha cercato di contattare telefonicamente il direttore sanitario, ma la richiesta di consultare un’indagine sul numero dei malati oncologici del territorio di Manfredonia condotta del defunto Dott. Furio Oronzo, è caduta nel vuoto. Un silenzio accompagnato dalla scarsa collaborazione di una struttura sanitaria che si trincera di risposte evasive per una questione che ha mobilitato diverse associazioni e istituzioni nell’ambito della ricerca universitaria, anche a livello nazionale. Contattato anche l’ufficio di epidemiologia l’indagine si arena sulla ricerca faticosa di file datati. Eppure all’interno del Servizio Sanitario Regionale la tutela e la promozione della salute collettiva è declinata ai dipartimenti di Epidemiologia e di Prevenzione, per affrontare e potenziare i fattori di benessere, tutelando la salute con l’individuazione e la rimozione delle cause e i fattori di malattia.

    MEDICINA DEMOCRATICA- Contattato telefonicamente il Dott. D’Angelo, presidente dell’Associazione Medicina democratica, conferma a Stato la presenza di un dossier di oltre 600 pagine, frutto di dati che confermano l’alta incidenza delle malattie neoplastiche sul territorio di Manfredonia causata dai fattori inquinanti presenti sul territorio. I dati di mortalità sono stati analizzati per l’insieme dei Comuni di Manfredonia, Monte Sant’Angelo e S. Giovanni Rotondo e per il solo comune di Manfredonia. Gli studi di epidemiologia evidenziano (come nelle analisi dell’OMS) gli eccessi per entità e tipologia delle malattie interessate, sono strettamente legate a importanti componenti di natura professionale e ambientale, evidenziando un gradiente di rischio che aumenta in prossimità delle sorgenti inquinanti.

    REGISTRO TUMORI REGIONE PUGLIA- Tale ente nasce sulla base di intese e collaborazioni tra l’Assessorato alle politiche della Salute, Asl, Ares (Agenzia Regionale Sanitaria), Oer (Osservatorio Epidemiologia della Regione Puglia), Arpa (Agenzia Regionale per la protezione e prevenzione ambientale) e Università degli Studi di Bari. Secondo i dati sul tasso di mortalità in Puglia tra il 1998-2004 i decessi causati dalle malattie neoplastiche sono in netto aumento. Nei maschi il fenomeno riguarda gran parte della Provincia di Foggia, mentre nelle donne la mortalità più elevata si concentra in alcuni comuni sempre nella stessa zona. Un’elevata mortalità per tumori della trachea, dei bronchi e polmoni della popolazione maschile si osserva in alcuni comuni del Gargano.

    L’inchiesta condotta da Stato anche se rallentata da fattori di inerzia burocratica, da inefficienze tecniche, rivela un sottobosco di notizie ignorate e ignote alla pubblica opinione che compromettono una corretta informazione e al tempo stesso un’efficace tutela della salute dell’intera popolazione di Manfredonia.

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    3 ottobre 2010

    I sonetti di Giancarlo Peris. "Re Mida"

    Giancarlo Peris il 25 agosto scorso in Campidoglio per il cinquantenario delle Olimpiadi Roma 1960

    Torniamo con lo spazio dedicato ai sonetti "a sonagli" del nostro Giancarlo Peris e pubblichiamo un secondo componimento, che come il precedente ("Immuni") risale al 2001.
    Buona lettura.

    Re Mida (14 luglio 2001)

    Sia sindacati e giunta comunale
    C’esortano a nun perde l’occasione
    De accoje tonnellate de carbone
    Pe’ trasmutalle in fumo a la centrale.


    Che, dice, ce farà assai meno male,
    Ce moltiplicherà l’occupazione
    E a la città darà un’evoluzione
    Che ar monno nun ce n’è ‘n’antra ch’è uguale.


    Quindi, prima ho pensato ch’è da matti
    Fa’ fa’ ‘na commissione che decida
    De guarda’ in bocca a ‘sto cavallo e poi,


    Avenno già esperienza d’antri fatti,
    Me chiesi perché un dono da re Mida
    Lo vonno fa’, fra tanti, proprio a noi.

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    2 ottobre 2010

    Moti carboniferi a Saline Joniche (RC)

    Da Ntacalabria
    "Continua il “lavoro” in gran segreto per la centrale a carbone. Infatti in questi istanti nei locali della delegazione di saline joniche si sta tenendo un incontro in gran segreto tra alcuni sindaci nella delegazione municipale di saline joniche per firmare il protocollo d’intesa finalizzato ad istituire una commissione di esperti che possa valutare la fattibilità o meno della centrale a carbone.

    Assenti i primi cittadini di Bagaladi e San Lorenzo, Curatola e Sapone, che si mostrano solidali e ribadiscono il proprio No al progetto della società svizzera."

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    Presentazione del libro “L’ANTICASTA: L’Italia che funziona”

    "Nei giorni 22 e 23 ottobre 2010 in alcuni comuni laziali si terrà, grazie all’iniziativa di diverse associazioni socio-culturali, la presentazione del libro “L’ANTICASTA: L’Italia che funziona” di Michele Dotti e Marco Boschini.

    Un appassionante viaggio – arricchito anche da un DVD - nei comuni virtuosi, alla scoperta di persone e progetti che se non fossero veri sembrerebbero incredibili. Un libro per quanti sognano ancora di “cambiare il Paese”, piuttosto che di “cambiare Paese”.

    “Uno schiaffo all'immobilismo della politica e agli sprechi della CASTA, l'esempio concreto che un altro modo di fare politica non solo è possibile, ma si sta già facendo. Realtà straordinarie dal punto di vista del risparmio energetico ed economico, della mobilità sostenibile, della produzione di energia da fonti rinnovabili, della gestione dei rifiuti, dell'acqua e del territorio...

    Successi indiscutibili che mostrano la concretezza di scelte alternative divenute possibili attraverso un grande coinvolgimento della popolazione, chiamata a partecipare attivamente alle decisioni che riguardano l'intera comunità. Migliaia di cittadini impegnati nella costruzione di un domani migliore… un'altra Italia, fatta di tante persone oneste - non solo nella società civile, ma anche nelle istituzioni locali - che si battono ogni giorno per un paese migliore e che stanno già dimostrando con i fatti che le alternative concrete esistono. Il cambiamento, ancora una volta nella storia, non può che partire dal basso. E per fortuna questo sta già accadendo!”

    Il libro contiene contributi di Alex Zanotelli, Francesco Gesualdi, Franca Rame, Maurizio Pallante, Jacopo Fo, Andrea Segré, Edoardo Salzano...

    Michele Dotti e Marco Boschini saranno venerdì 22 ottobre a Zagarolo e Albano Laziale e sabato 23 faranno tappa ad Aprilia, Labico, Genzano di Roma e Ostia.

    L’iniziativa è organizzata da Lilith, Liberidanubi, Salviamo il lago Albano, Per il bene comune, Labicocca, Rete dei cittadini per Aprilia, Amici di Beppe Grillo-Genzano, Amici del Movimento 5 Stelle XIII Municipio Roma, Ostia che cammina. Ad Aprilia l’evento sarà patrocinato dall’amministrazione comunale.

    Tutta la società civile, le istituzioni e gli organi di informazione sono invitati a partecipare e a diffondere l’iniziativa.

    Maggiori informazioni su http://www.anticasta.it, http://www.comunivirtuosi.org/

    Video trailer
    http://www.youtube.com/watch?v=ruSsOCfVWZg&feature=player_embedded

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    Ufficio stampa RETE DEI CITTADINI
    Responsabile: Tiziana D'Amico
    rdclazio@gmail.com
    www. retedeicittadini.it

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    Commissario per l'ambiente UE: dal 2014 stop ai sussidi pubblici alle miniere di carbone

    BERLIN (Reuters) - La Commissione Ue è determinata a perseguire il proprio nuovo obbiettivo di metter fine ai sussidi statali per le miniere di carbone entro ottobre 2014. Lo ha detto oggi la commissaria europea per l'Ambiente Connie Hedegaard.

    "I contribuenti europei non possono continuare a pagare un sacco di aiuti a miniere che non sono redditizie", ha detto a Reuters a Berlino.
    Gli aiuti di Stato per miniere in perdita avrebbero dovuto cessare quest'anno, ma a luglio la Commissione ha concesso al settore altri quattro anni.
    La difesa da parte della Hedegaard della scadenza del 2014 la pone contro la Germania, dove le miniere di carbone e l'energia prodotta dal carbone giocano un ruolo importante nell'attuale mix energetico, e priprio per questo Berlino ha insistito per una proroga sino al 2018.
    Migliaia di posti di lavoro nel popoloso stato del Nord-Rhine Westphalia dipendono dalle miniere e i politici, a livello locale e federale, spingono per convincere il governo e Bruxelles a rinviare la scadenza.
    Hedegaard ha ribadito che non vede spazi oltre l'ottobre 2014.
    La Commissione ha detto di voler porre fine ai sussidi perchè l'estrazione del carbone è molto meno costosa oltremare. Vuol risparmiare soldi dei contribuenti e allo stesso tempo convertire le economie Ue basate su combustibili fossili in economie che usino prevalentemente energie rinnovabili.
    "Questo (pagare sussidi oltre il 2014) semplicemente non è il nostro modo normale di gestire le cose in settori diversi, ed è anche in contrasto con tutte le belle idee mentre ci muoviamo nella direzione di società a basso uso di carbone", ha detto la Hedegaard.
    "Non posso controllare cosa diranno gli stati membri o altri ma so che è una posizione molto molto chiara della Commissione Europea", ha affermato la commissaria.

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